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2.2 Fase Analitica Nella seguente sezione, verranno presi in considerazione tramite un accurata analisi le parti presenti all’interno d

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2.2 Fase Analitica

Nella seguente sezione, verranno presi in considerazione tramite un accurata analisi le parti presenti all’interno del conflitto e le issues, ovvero le ragioni e le motivazioni, che vengono poste dai primi, alla base del medesimo.

Entrambi gli aspetti sono di estrema importanza all’interno del conflict mapping, in quanto analizzare dettagliatamente gli attori - sia principali sia secondari - il rapporto che intercorre fra di essi, le loro azioni e il comportamento assunto all’interno del contesto conflittuale è la base per ogni possibile proposta futura di risoluzione del conflitto.

La possibilità di aprire un tavolo per il negoziato fra le parti, ad esempio, è fattibile unicamente a seguito di tale operazione; solamente, cioè, dopo aver condotto uno studio approfondito degli attori protagonisti o influenti nel conflitto, si può generare un’efficace gestione di esso.

Ad esso però si aggiunge il principale problema riguardante l’analisi degli attori: in uno studio di conflict mapping, prendere in considerazione determinati attori piuttosto che altri, può portare ad uno studio limitato del conflitto. Una selezione troppo restrittiva degli attori può desumere una limitata visione complessiva delle motivazioni alla base del conflitto sulle quali agire successivamente; viceversa una eccessiva selezione degli attori coinvolti può portare lo studioso a smarrirsi all’interno dell’indagine.

In aiuto allo studioso, sono stati idealizzati una serie di modelli e di schemi al fine preciso di indirizzarlo in una efficace delinea degli attori presenti all’interno del contesto preso in esame. In questa sede, in linea con la visione sistematica del conflict mapping scelto, si prediligerà l’utilizzo di un modello a cerchi concentrici per individuare gli attori e il rapporto che essi hanno fra loro e all’interno del conflitto preso in esame.

Nello sviluppo riguardante lo studio di un conflitto c’è stato inoltre, un crescente interesse nell’analisi delle parti interessate all’interno, questo spesso per due motivi: per quanto concerne l’aspetto della qualità senza dubbio perché con il coinvolgimento degli attori si ottiene un’ analisi dettagliata e approfondita; per l’aspetto dell’efficienza e dell’impatto, come detto poc’anzi, il coinvolgimento e l’analisi di solamente un gruppo ristretto di attori, da origine ad un procedimento superficiale 1.

1 D. Newton, Civil Society Dialogue Network Background Paper Conflict analysis and assessment:

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Le parti che vengono analizzate sono per lo più, coloro che hanno interessi e ragioni di ogni tipo all’interno del contesto. Data la generalità posta dalla medesima definizione, alcuni autori preferiscono delimitare gli attori includendo solamente coloro con effettivi interessi o pretese e includervi dentro individui, comunità, gruppi sociali e organizzazioni, che agiscono in direttamente o indirettamente all’interno del conflitto. Spesso difatti una prima categorizzazione degli attori viene fatta suddividendoli in primari e secondari, per delineare appunto se essi sono direttamente colpiti o se al contrario sono direttamente influenti nel sistema. Una seconda categorizzazione riguarda, invece, il luogo in cui svolgono la propria azione: vengono distinti coloro che operano all’interno di confini ristretti da coloro che agiscono dall’esterno, contribuendo a incrementare gli scontri 2 attraverso una partecipazione indiretta.

In genere, a queste due categorizzazione ne viene aggiunta da parte degli studioso, una terza, rappresentata da coloro che si pongono in maniera neutrale rispetto al conflitto e che potrebbero però, intervenire al fine di facilitare la risoluzione di esso 3.

Molti approcci, basati sullo studio condotto da J. P. Lederach ed utilizzati dagli esperti distinguono, gli attori in tre livelli che si fondano a loro volta sulle attività poste in essere. Troviamo ad esempio, coloro che vengono posti alla base, al livello intermedio e a quello più elevato. In particolare, la teoria della trasformazione dei conflitti riserva molta importanza agli attori posti nella parte intermedia, facendoli assumere anche un ruolo catalitico, in quanto in stretta relazioni con coloro che sono posti al vertice e alla base. Per quanto riguarda gli attori posti al vertice, sono secondo l’autore, i leader nazionali facenti parte del governo, delle forze armate o dell’opposizione. Essi sono caratterizzati dalla loro considerevole posizione di potere che risulta al contempo vantaggiosa e svantaggiosa per le negoziazioni, in quanto la loro situazione non permette una maggiore flessibilità. Nella sezione mediana troviamo invece, posti quegli attori di importanza solo nazionale e che grazie alla loro visibilità costruiscono strette relazioni con il vertice e la base. Per questa ragione si ritiene importante la loro individuazione. Alla base dei livelli invece si pongono quegli attori importanti a livello

2 J. Mayers, Stakeholder power analysis, March 2005. Power Tools, IIED.

3 P. Wehr, "Conflict Mapping" , Beyond Intractability. Eds. Guy Burgess and Heidi Burgess.

Conflict Information Consortium, University of Colorado, Boulder. Posted: September 2006 <http://www.beyondintractability.org/essay/conflict-mapping>.

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locale, più vicino alla vita quotidiana del conflitto. Essi spesso sono direttamente interessati dalle conseguenze del conflitto, riguardanti la sicurezza o i bisogni primari 4. Ad ogni modo, è importante considerare le relazioni fra gli attori o gruppi di essi nei vari livelli e come essi riguardano le dinamiche generali di conflitto.

Particolare attenzione viene posta inoltre, agli spoiler - ovvero specifici gruppi caratterizzati dal principale interesse del mantenimento dello status quo del conflitto in corso. Se non presi in considerazione e posti nella giusta collocazione delle strategie di prevenzione, essi possono divenire un ostacolo all’interno delle iniziative di pace. Similarmente è altrettanto importante identificare all’interno della rosa degli attori, l’esistenza di potenze istituzionali per la pace (institutional capacities for peace), organizzazioni o istituzioni finalizzate nella gestione dei conflitti e dei differenti interessi, in modo da riuscire a delineare e valutare il possibile ruolo adottato in relazione alla loro capacità di gestione del conflitto 5.

Il conflict mapping, utilizzato anche in questa sede, è una tecnica adoperata per rappresentare graficamente il conflitto, metterne in relazione le parti, sia nei confronti del problema sia fra di loro. Lo scopo di tale raffigurazione riguarda sostanzialmente il comprendere meglio la situazione da analizzare, le relazioni che sussistono fra le parti, la presenza di alleanze o potenziali di esse, il luogo del potere ed infine l’individuazione di possibili spazi di manovra per eventuali interventi ed azioni concrete.

Alcuni fondamentali concetti - che si ricollegano agli attori e alla loro definizione di persone, gruppi o organizzazioni che sono capaci di prendere decisioni ed azioni con una strategia coordinata 6 - sono le percezioni, gli obiettivi e le risorse le quali compongono l’azione delle diverse parti. La combinazione di tali fattori conduce gli attori: le risorse vengono utilizzate dalle parti, ma gli obiettivi determinano se il risultato delle azioni è utile all’attore stesso, mentre, le percezioni vengono utilizzate per indicare se l’attore riconosce tale collegamento tra l’uso delle risorse e la realizzazione degli obiettivi.

4 John Paul Lederach, Building Peace: Sustainable Reconciliation in Divided Societies. Washington,

D.C.: United States Institute of Peace Press, 1997.

5 APFO, CECORE, CHA, FEWER, International Alert, Saferworld, Conflict-sensitive approaches to

development, humanitarian assistance and peacebuilding. Capitolo 2, Conflict analysis. Gennaio 2004.

6 Burns, 1985. Citato in L. Hermans, Actor Analysis for Water Resources Management: Putting the

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Un altro fattore altrettanto estremamente importante, ricollegabile alle parti selezionate nell’esamine precedentemente, è lo studio acuito delle cause che vengono poste alla base del quadro preso in esame.

Si desume la sua importanza, in quanto sarà proprio la base delle considerazioni future e conclusive per una risoluzione del conflitto.

Esse si pongono alla base delle relazioni conflittuali che possono successivamente caratterizzare le azioni all’interno di un conflitto.

Le issues in un conflitto possono riguardare le divergenze di interessi o di obiettivi, che producono una dicotomia win- lose all’interno delle posizioni assunte dalle parti durante il conflitto.

Altre cause derivano dalla differente natura dei rapporti e delle relazioni, dei valori, e del controllo di risorse scarsamente distribuite. Tra questi ultimi si inseriscono anche i conflitti di territorio – o meglio definiti da Burton - conflitti classici.

Ma tra la rosa delle cause che possono contraddistinguere un conflitto si possono inserire anche i diritti e privilegi, il potere politico e/o l’esistenza stessa dei disputanti. Ulteriormente importante dal punto di vista analitico è anche lo studio e l’analisi di quegli aspetti di minor evidenza che altresì possono essere il presupposto per la progettazione e l’attuazione di un intervento.

Importanti, sono anche tutti quei conflitti che si basano sulla “misattributed”, ossia quelle cause poste dai leader politici per ottenere un appoggio all’interno del proprio territorio da parte dell’opinione pubblica, in maniera tale da salvaguardare il proprio potere.

Un’altra tipologia di causa di fondo dei conflitti, sono anche quelle basate sulla differente classificazione data alla contro- parte per giustificare le azione intraprese per il raggiungimento dei propri obiettivi. Ad esempio possiamo riscontrare azioni di

Fights, Games e Debates (combattimenti, giochi e dibattiti): nella prima, le parti

definiscono l’altro come un nemico da distruggere; nella seconda, l’altro viene definito come oppositore da superare utilizzando ingegno ed astuzia; mentre, nel terzo gruppo, le parti vedono l’altro come un avversario da persuadere o convertire al proprio punto di vista.

Il significato che le parti utilizzano rispetto alle proprie azioni per raggiungere i propri scopi, riflettono anche i loro orientamenti che caratterizzano in maniera successiva il conflitto e la sua risoluzione.

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Data la complessità della maggior parte dei conflitti a livello internazionale e la loro difficoltà nel rintracciare le cause e le condizioni – gli analisti o le eventuali parte terze incaricate di studiarne la situazione, dovrebbero prestare attenzione anche alle potenziali origini del conflict operative (conflitto operativo) che possono riguardare l’individuo (biologico, psicologico e fisiologico), la società (politico, economico e sociale) o infine essere di tipo, internazionale o globale. Ciò che rende tale la complessità è il fatto che le cause poste alla base sono di tipo multi- livello, le quali impongono uno studio coerente e completo di esso.

A tal proposito, l’autore Dennis J.D. Sandole evidenziò una serie possibili cause e condizioni di conflitti violenti operative nei quattro livelli sopra indicati – derivando la propria teoria generica composita dall’idea che i meccanismi fisiologici che attivano comportamenti aggressivi e conflittuali derivano sia da elementi conoscitivi, sia da elementi razionali che aumentano la probabilità di risposte violente a quelle percepite 7. Oltre ai diversi comportamenti assunti dalle parti in conflitto, responsabili dei differenti stili conflittuali assunti nel conflitto, esse sono caratterizzati anche da risposte guidate da fattori emozionali, cogniti e psicologici. Lo studio di questi fattori fondamenti, inoltre, può indurre lo studioso ad una migliore potenziale risoluzione della controversia in atto. Le risposte emotive, sono i sentimenti che si basano sulle esperienze, spesso sono fonte di fraintendimento: le persone tendono a credere che gli altri provano le medesime loro sensazioni. Le risposte cognitive, sono le idee e i pensieri circa il conflitto che contribuiscono allo sviluppo di risposte comportamentali ed emozionali. Le ultime, le risposte psicologiche svolgono un ruolo importante nella capacità per la parti di soddisfare i propri bisogni ed esigente all’interno di un conflitto.

Un ruolo di principale importanza all’interno di un conflitto è svolto dalle percezioni che qualificano le singole parti, esse possono derivare dalle differenze di background culturali ed etnici, oppure possono derivare dalle differenti conoscenze, esperienze passate o comprensioni di un messaggio comunicativo proposto.

Per capire un dato contesto è fondamentale le cause sia esistenti che potenziali, così come i fattori che possono contribuire alla pacificazione. Le cause del conflitto possono essere definite come quei fattori che contribuiscono alle recriminazioni; o ancor meglio

7 Dennis J.D. Sandole, A Comprehensive Mapping Of Conflict And Conflict Resolution: A Three

Pillar Approach, consultato on line http://www.gmu.edu/programs/icar/pcs/sandole.htm#N_1_ il 6

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come: cause strutturali - fattori pervasivi che abitano le politiche, le strutture e il tessuto sociale e possono creare le pre-condizioni per lo scoppio della violenza; cause dirette - fattori che contribuiscono ad un clima di violenza o alla sua escalation, talvolta

sintomatici di un problema più profondo e infine, cause scatenanti - singoli atti, eventi, o loro anticipazioni che fanno scoppiare o produrre escalation il conflitto.

I conflitti che si protraggono nel tempo tendono a generare nuove cause - proliferazione di armi, economia di guerra, cultura della violenza -, che contribuiscono a farlo durare ancora più a lungo.

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2.2.1 Attori e parti del conflitto

A seguito della breve descrizione posta sopra riguardante l’importanza dell’individuazione e dello studio degli attori, possiamo ora delineare all’interno del conflitto siriano, preso in esame, almeno un paio di schieramenti con caratteristiche, storia e obiettivi differenti: da un lato troviamo coloro che si pongono a contrasto del governo siriano di al-Assad, la Coalizione nazionale Siriana; e dall’altro lato, per l’appunto, la Repubblica Araba di Siria a cui fa capo lo stesso al-Assad. A questi due schieramenti di base si aggiunsero durante gli anni, anche forze internazionali e nazionali a sostegno.

Come sottolineato da Lakhdar Brahimi, inviato della Lega Araba e dell’Onu, attualmente due sono i rischi maggiori causati dal protrarsi della guerra, vale a dire la trasformazione della Siria in un terreno di competizione per attori statali e non statali antagonisti e la regionalizzazione della guerra civile 8.

Possiamo anche affermare che in Siria, sono presenti due conflitti separati in atto: da una parte la guerra civile fra l’esercito di al-Assad e i ribelli; dall’altra la guerra contro lo Stato Islamico, un conflitto quasi completamente separato 9.

In questa unità verranno presi in considerazioni solamente gli attori situati nel “primo conflitto”, posticipando l’analisi del secondo in una sezione dedicata caratterizzata da una contestualizzazione a livello globale della situazione conflittuale.

Le figure riportate di seguito, ad ogni modo, possono aiutare a comprendere meglio la situazione appena accennata.

8 F. Ezzahra Ez Zaitouini, L’interventismo iraniano in Siria, in Geopolitica. Rivista dell’istituto di

alti studi in geopolitica e scienze ausiliarie, del 4 Aprile 2016. Consultato on line, http://www.geopolitica-online.com/31676/linterventismo-iraniano-in-siria il 4 Maggio 2016.

9 S. Peçanha, S. Almukhtar And K.K. R. Lai, “Untangling the Overlapping Conflicts in the Syrian

War”, 18 Ottobre 2015, articolo in

http://www.nytimes.com/interactive/2015/10/15/world/middleeast/100000003973469.mobile.html?_r=1 , consultato on line il 28 Aprile 2016.

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2) Guerra contro l’ISIS

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Nella prima figura che esemplifica la guerra civile, troviamo per l’appunto, il Governo siriano di al- Assad sostenuto da Russia, Iran con le proprie milizie locali e quello Libanese di Hezbollah, combattere contro il Gruppo di Ribelli sostenuto dagli Stati Uniti, dalla Turchia e dalle nazioni Arabe. Nel fronte pro-ribelli, la Turchia è la componente più attiva, con sostegno logistico, militare ed economico dichiarato.

La seconda immagine che viene mostrata, invece, riporta la guerra contro lo Stato Islamico e i Foreign fighters suoi alleati, guidata dagli Stati Uniti e aiutati dai Curdi, dalla Australia, dal Canada, dalla Francia, dalla Giordania, dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti.

A volte passa l’idea che la guerra contro l’ISIS sia anche la guerra a favore di al- Assad e viceversa. Ma in realtà la questione è più complicata: per il presidente, lo Stato Islamico è, come lo definisce il New York Times, un «nemico secondario» che si pone in un livello separato rispetto al nemico principale, quale i ribelli 10.

A novembre del 2015, la situazione in Siria mostrava le caratteristiche riprodotte nella cartina della pagina accanto. In essa, è possibile notare, una suddivisione del territorio sulla base di diversi colori, che vengono associati ad un gruppo o ad una fazione ben specifica: il rosso indica le forze di al- Assad, il giallo di Hezbollah – il gruppo di milizia libanese al suo fianco- il nero e il grigio chiaro rappresentano l’ISIS e le città sotto al suo dominio; il grigio scuro le forze del Fronte al- Nusra e negli altri colori i diversi gruppi ribelli anti al-Assad concentrati principalmente a nord- ovest e a sud- ovest del paese. Come si evince, Aleppo è la città nella quale risiedono più gruppi e fazioni in contrasto.

A tale mappa, vanno comunque aggiunte le fazioni internazionali che supportano, come detto poc’anzi, i diversi attori. Ad esempio importante è anche l’Iran, schierato con il gruppo di al-Assad che sta conducendo operazioni militari nel sud della provincia di Aleppo, allo scopo di interrompere le linee di rifornimento utilizzate dai ribelli e di circoscrivere e racchiudere i quartieri della città presidiati dalle forze

dell’opposizione 11 . 10 Ibidem. Figura 1: http://www.nytimes.com/interactive/2015/10/15/world/middleeast/100000003973469.mobile.html?_r=1 11

S. Dagher e M. N. Alakraa, Multisided Syrian War Moves Into Critical Phase in Aleppo. The

Damascus regime and its allies, Islamic State and opposition rebel groups are all vying for an advantage,

del 3 Dicembre 2015, consultato on li ne http://www.wsj.com/articles/multisided-syrian-war-moves-into-critical-phase-in-aleppo-1449188368 il 28 Aprile 2016.

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Figura 2

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Delineato questo quadro generale del conflitto siriano in corso, possiamo definirlo - con le parole dell’Editoriale di Limes, del 2013 – come

«la prima guerra mondiale locale. Mondiale perché vi sono coinvolte le massime potenze planetarie e regionali. […]. Locale perché la guerra civile infuria in gran parte della Siria utile – la porzione centro- occidentale, settentrionale e costiera dell’ex mandato francese».

All'inizio della rivolta in Siria, il governo di al-Assad, possedeva una delle più potenti forze armate in Medio Oriente. Contava circa 1,7 milioni di combattenti, e diverse migliaia di carri armati, veicoli corazzati, aerei da caccia ed elicotteri 12. A causa della paura di defezioni, al- Assad poté dispiegare solo circa un terzo delle sue forze.

Queste furono principalmente le unità d'élite, che svolsero un ruolo fondamentale nella soppressione della ribellione (Divisione quarta armatura, Guardia Repubblicana, Guardia Speciale – composita da soldati alawita strettamente legati al presidente). Con l'eccezione delle, appena accennate, unità d'élite, la maggior parte dell'esercito di Siria è composito da soldati di leva. Normalmente in carica per trenta mesi, ma a causa della rivolta che ha avuto conseguenze anche nella riduzione della popolazione sotto il controllo del Regime, essi sono in servizio oltre il consueto periodo.

I limiti posti da una carenza di soldati, hanno per altro, obbligato il governo ad abbandonare le grandi parti del paese per difendere le aree considerate strategiche. Questo può spiegare i rapidi progressi iniziali fatti dalle forze ribelli.

La situazione di difficoltà ha anche imposto al regime di cercare rinforzi in milizie locali e combattenti stranieri, come quelli forniti da Hezbollah, la Russia e l’Iran, e per i quali la caduta del governo di al- Assad potrebbe essere un duro colpo strategico 13. Possiamo ora presentare rapidamente gli attori presi in considerazione a tal proposito che caratterizzano un versante della guerra civile.

 راش ب ظ فاح , Baššār Ḥāfiẓ al- Asad, Bashar al- Assad (Damasco, 11 settembre 1965), è l’attuale presidente siriano salito al potere a seguito della morte del padre nel 2000.

12 https://www.iiss.org/en/publications/military-s-balance

13 B. M. Jenkins, The Dynamics of Syria’s Civil War, http://www.rand.org/ del 2014. Consultato il 2

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Nella figura del presidente sono riunite formalmente anche le cariche di Capo dello Stato, comandante in capo delle Forze armate e dell’Esercito, segretariato regionale del Partito Ba’th e presidente del Fronte nazionale progressista, che riunisce i partiti alleati autorizzati 14.

La strategia utilizzata da al- Assad, al verificarsi delle prime rivolte, fu quella di non invocare la caduta del regime ma di avviare solamente una serie di procedure al fine di mutare alcune riforme politiche; con il progressivo sviluppo delle rivolte in una sanguinosa guerra civile, egli rispose agli epicentri delle proteste, servendosi dell’esercito. Nei mesi caratterizzati da violente proteste, ciò che è mancato dal regime sono state proprio le risposte politiche su scala nazionale. Incapace di fornire adeguate risposte politiche, il regime si affidò all’unico linguaggio che conosceva: la repressione militare attraverso l’uso di squadre miste di forze di sicurezza e milizie irregolari alauite (Shabīḥa), sino a giungere a schierare i reparti d’élite delle Forze armate e della Guardia repubblicana, appoggiate dalle truppe regolari dell’Esercito.

Le forze armate siriane (Marina, Aeronautica ed Esercito), che costituiscono la massima difesa del regime, sono guidate da personalità familiari al Presidente e hanno da sempre disposto di una notevole quantità di armamenti - tra cui anche armi chimiche di prima e seconda generazione - che andava a compensare la scarsa preparazione tecnica di cui erano dotati.

I compiti istituzionali prevedevano sostanzialmente la difesa territoriale da attacchi esterni, in quanto la difesa dalla ribellione interna era assai debole.

Tale difesa, infatti, fu affidata alle milizie della Shabīḥa, caratterizzati da interessi locali collegati al contrabbando e al controllo delle aree portuali 15.

Un secondo pilastro su cui si è basata la strategia del regime, fu quello mediatico, costituito dalle quattro agenzie di sicurezza potenziate e trasformate in strumenti di repressione affiancate alle unità d’élite delle forze armate. Ciò di cui si servivano era di una contro- narrativa, elaborata ed espressa per negare, correggere, quanto in precedenza affermato o trapelato dai media non ufficiali.

Inoltre, ciò che caratterizzava nei primi anni le pratiche di dissuasione, personali e di massa, da parte del regime erano anche le punizioni inflitte alle città ribelli: isolate telefonicamente, da Internet e dall’uso di acqua corrente ed elettricità.

14 C. Eid, La mappa del potere degli Assad, articolo Limes. Rivista italiana di geopolitica, (Contro)

rivoluzioni in corso, Gruppo editoriale L’Espresso, Roma, 3/2011. Pp. 89-101.

15 F. Mini, Due anni dopo e un giorno prima, articolo Limes. Rivista italiana di geopolitica, Guerra

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Parallelamente, i militari e gli agenti, conducevano arresti indiscriminati per tenere in custodia i sabotatori; arrivando a commettere pratiche di tortura e uccisioni e a restituire ai familiare i corpi in fin di vita come manifestazione della conseguenza alla

ribellione 16.

Il sistema di potere di al- Assad, ha conservato la struttura che delineava il regime del padre, declinandosi in un livello formale ed in uno informale. Il primo è costituito dalle istituzioni statali visibili come parlamento, governo, magistratura, forze armate e il partito e invisibili, quali i servizi di controllo e repressione. Esse hanno effettivamente maggior peso decisionale e sono spesso considerate meri strumenti di esecuzione. Il secondo livello, quello informale, è dominato invece, da figure chiamate a decidere su questione delicate che esulano dal loro incarico formale.

E’ bene tenere a mente che, tale distinzione all’interno del potere non viene riconosciuta ufficialmente dalle autorità siriane, che sottolineano la centralità delle istituzioni e non ammettono l’intromissione dei servizi di controllo e repressione in ambito politico 17

.

Al fianco di Bashar al- Assad all’interno di tale guerra, come già ricordato, troviamo numerosi attori di supporto, fra cui anche potenze a livello internazionale:

la Russia ad esempio, in quanto il governo siriano è l’unico importante alleato in Medio Oriente dal punto di vista economico, politico e militare.

Una lealtà visibile all’interno del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, di cui la Russia ne è un membro permanente, e in un contesto nel quale dinnanzi alle risoluzioni di condanna del regime siriano, essi hanno sempre fatto vale il loro diritto di veto sostenendo pertanto la non ingerenza negli affari interni alla Siria.

L’Iran, l’unico alleato siriano in Medio Oriente che fornisce soldi, armi, consiglieri militari al governo e recluta foreign fighters da arruolare nelle sempre più numerose formazioni paramilitari 18.

16L. Trombetta, Sangue e misteri sulla via di Damasco, articolo Limes. Rivista italiana di geopolitica,

(Contro) rivoluzioni in corso, Gruppo editoriale L’Espresso, Roma, 3/2011. Pp. 70- 73.

17 L. Declich, A. Glioti e L. Trombetta, Chi comanda dove? Per una mappatura della rivolta siriana,

articolo Limes. Rivista italiana di geopolitica, Guerra mondiale in Siria, Gruppo editoriale L’Espresso SpA, Roma, 2/2013. P. 59.

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Nel territorio siriano essi hanno agito tramite Hezbollah, un gruppo sciita libanese – che ha aiutato il regime a riconquistare alcuni territori occidentali.

Hezbollah, il gruppo libanese è il terzo sostenitore del potere di al-Assad nel territorio siriano. Non si definisce solamente come una organizzazione militare, e nemmeno solo come una fazione che si occupa esclusivamente di politica; esso, da quanto si evince dal nome, è il “Partito di Dio”.

L’origine di tale gruppo viene fatta risalire al 1982, quando la Siria decise di inviare al governo rivoluzionario sciita in Iran, aiuti in termini di soldati durante la guerra in Libano al fine di combattere le ingerenze straniere nel territorio e instaurare un governo scelto dal popolo ma di fede musulmana- sciita. La maggior parte dei religiosi radicali che formavano il nucleo della leadership di Hezbollah erano stati istruiti nei seminari sciiti del sud dell'Iraq, dove la maggior parte dei leader iraniani trascorrevano l’esilio. Per tale motivo, essi hanno abbracciato il concetto di R. Khomeini del giusto

jurisconsult, la base ideologica per un governo clericale - secondo il quale, in assenza

dell’imam, ispirato direttamente da Dio, la leadership politica deve essere affidata ad un giurista musulmano, il quale - essendo esperto nella sharia - è la persona meglio qualificata per guidare la comunità 19.

Fu nel 1988 con il documento «Lettera aperta agli appressi» 20 , che venne sancita ufficialmente la fondazione del partito e nel quale apparirono all’interno dei 36 articoli, una delinea degli orientamenti intellettuali, dei principi ideologici e degli obiettivi politici che il gruppo intendeva perseguire.

Importante a tal proposito fare riferimento all’art. 7 della «Covenant of the Islamic Resistance Movement» (Convenzione del Movimento di resistenza Islamico, HAMAS), il quale sancisce che

«The Day of Judgment will not come about until Moslems fight Jews and kill them. Then, the Jews will hide behind rocks and trees, and the rocks and trees will cry out: 'O Moslem, there is a Jew hiding behind me, come and kill him» 21,

19 H. Mouzahem, L’evoluzione. Hezbollah: quando Dio si fa partito, com’è cambiato dalla nascita

con Khomeini all'intervento in Siria. Agosto 2015, consultato on line

http://www.lindro.it/hezbollah-quando-dio-si-fa-partito/il 4 Maggio 2016.

20 An Open Letter: The Hezbollah Program. Consultato on line

http://www.cfr.org/terrorist-organizations-and-networks/open-letter-hizballah-program/p30967 in data 30 Aprile 2016.

21 The Covenant Of The Hamas - Main Points. Information Division, Israel Foreign Ministry –

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ovvero, il giorno del Giudizio non verrà finché Musulmani ed Ebrei combatteranno e si uccideranno, e soprattutto fino al momento in cui gli Ebrei si nasconderanno dietro a rocce o alberi e questi grideranno ai Musulmani di ucciderli. Questo articolo è un chiaro esempio di incitamento anti- semitico che si pone in netta contraddizione con gli altri articoli contenuti all’interno.

Ad oggi, il gruppo è guidato da Hasan Nasrallah di fede sciita. Il reclutamento di miliziani, militanti e sostenitori è spontaneo e non forzato. Vengono preferiti fedeli sciiti, ma anche la forte motivazione e la disponibilità ad addestrarsi e a spostarsi possono essere – a seguito di restrittivi controllo – presupposto di affezionamento. Il sistema di finanziamento utilizzato comprende sia sistemi d’investimento, che vanno dalla gestione ed erogazione di servizi sino a quello legato all’edilizia, sia finanziamenti esterni in periodi di crisi internazionale 22.

La simbologia del Partito richiama continuamente una investitura suprema: tutti i simboli e le icone chiamate a rappresentare Hezbollah, o a indentificarne la sua vocazione e la sua attività si caratterizzano da significati di origine divina che legittima e incita all’azione.

Il rapporto fra la Siria ed Hezbollah, è stato fin da sempre descritto come un matrimonio senza amore, a causa degli interessi in comune 23.

Nonostante le nuove e sofisticate armi in dotazione, che galvanizzano i guerriglieri e preoccupano i vicini israeliani, Hezbollah nel corso della sua guerra in Siria ha contribuito ad addestrare le nuove reclute siriane, respingendo moltissimi attacchi dei ribelli e inferendo diverse perdite ai jihadisti sunniti, ma tuttavia non si è mai reso protagonista della conquista di rilevanti territori o dell’occupazione di qualche importante centro abitato. In quanto, uno dei grandi limiti delle milizie di Hezbollah è la difficoltà ad effettuare grandi avanzate lampo, rimanendo attestati su territori facilmente difendibili, ricchi di nascondigli e ostacoli. E facendo pieno utilizzo sia di attacchi

22 W. Charara e F. Domont, Hezbollah. Storia del partito di Dio e geopolitica del Medio Oriente,

Derive Approdi, Roma, 2006.

23 G. C. Gambill and Z. K. Abdelnour, Hezbollah: Between Tehran and Damascus, Middle East

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rapidi, brevi e cruenti sia dell’arma psicologica del terrorismo, condotto attraverso l’impiego di veicoli- bomba contro basi o quartieri presidiati da forze avversarie 24

. Dal punto di vista occidentale, in particolare di Stati Uniti ed Europa - tale partito, sulla base delle azioni compiute nel corso del tempo e nei vari contesti, ha guadagnato la dicitura di movimento terroristico.

Dall’altra parte del conflitto anti al- Assad, invece, troviamo:

i Ribelli. Inizialmente rappresentati da disertori e civili armati, riuniti nella coalizione denominata Esercito Siriano Libero essi hanno progressivamente lasciato il posto a una miriade di fazioni in maggioranza di ispirazione islamista. I ribelli non sono più preponderanti se non in alcune regioni, principalmente attorno Damasco, nel Sud del Paese, in alcune aree di Aleppo, soprattutto ad Est della città.

Secondo i dati forniti dall'Osservatorio siriano sui diritti umani - a seguito, dell’alleanza con le regioni controllate dal Fronte al Nusra, controllano circa il 20% del territorio. All’interno dei gruppi di ribelli, troviamo diverse fazioni e differenti gruppi accomunati dalla medesima ideologia islamista.

Uno dei gruppi ribelli più importanti è Ahrar al-Sham (ovvero, Uomini liberi della Grande Siria), di ispirazione salafita. Istituito nel 2011 e finanziato dai Paesi del Golfo (Arabia Saudita e Qatar) e dalla Turchia, è presente soprattutto nel Nord siriano, nelle aree di Aleppo e Idlib. Esso, ha più volte affermato che i suoi unici obiettivi sono le forze governative e le milizie di regime. L'organizzazione assicura assistenza umanitaria e conforto alle comunità locali, oltre a distribuire materiale per promuovere comitati religiosi attivi nella vita quotidiana.

Il secondo, Jaysh al-Islam (Fronte Islamico), è il più importante gruppo ribelle nella regione di Damasco ed è costitutivo da un’ideologia salafita e jihadista e anch’essi non riconoscono la Coalizione Nazionale Siriana come interlocutore politico.

Il Fronte Jabhat Al-Nusra è il ramo siriano di al- Qaeda e il gruppo jihadista più importante in Siria dopo il suo rivale, lo Stato islamico. Guidato da Abu Mohammad

24 L. A. Ottoni, Milizie a confronto. Siria: esame tattico di Hezbollah, gli Hezbollah si misurano

contro i guerriglieri di Daesh. 24 Febbraio 2016, consultato on line

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Jolani, si è alleato con altri gruppi ribelli nelle province di Idlib e Aleppo ed è presente nel sud della provincia di Damasco.

Sorto nel gennaio del 2012, ha visto durante gli anni del conflitto siriano una crescita esponenziale del numero dei suoi componenti.

E' considerato da Washington e dalle Nazioni Unite un gruppo terroristico, ed inserito nelle apposite liste.

Gli Stati Uniti, che appoggiano i ribelli anti-Assad più moderati anche se in maniera limitata. L’aiuto si delinea solamente in un programma di addestramento e di rifornimento per i ribelli siriani.

La Turchia, dove i suoi nemici principali sono due: il regime di Bashar al Assad e i curdi alleati con il PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan che per anni ha agito contro il governo soprattutto nella Turchia meridionale. Dall'inizio del conflitto, essa ha permesso ai combattenti e alle forniture di fluire attraverso il suo territorio di gruppi ribelli siriani e ha permesso alcuni ribelli a rifugiarsi sul suo suolo 25.

Ed infine troviamo l’Arabia Saudita che appoggia i ribelli che combattono contro al- Assad non facendo alcuna differenza tra coloro più e meno moderati.

La sua priorità, comunque, è la caduta del regime di al-Assad, il principale alleato dell’Iran in Medio Oriente – geo politicamente più prezioso, e l’Iran è il principale nemico dell’Arabia Saudita.

L’Arabia Saudita, che all’inizio dei disordini nel territorio siriano era alle prese con un periodo di precari equilibri interni nella richiesta di riforme destinate ai sudditi e nella difficile situazione che coinvolgeva direttamente la dinastia, voleva cercare di sfruttare a proprio vantaggio tale situazione adiacente. Per tal motivo iniziò a sostenere i ribelli organizzati intorno all’Esercito Libero Siriano (FSA), fornendo armamenti e appoggio finanziario ai gruppi di combattenti salafiti provenienti dal confine iracheno e dal vicino Libano. Dal 2012, proprio queste cellule si resero protagoniste di diversi attacchi compiuti sul suolo siriano.

25 New York Times, articolo “Who Is Fighting Whom in Syria”, 30 Settembre 2015, consultato on

line http://www.nytimes.com/2015/10/01/world/middleeast/the-syria-conflicts-overlapping-agendas-and-competing-visions.html il 8 Maggio 2016.

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Tra i molti combattenti ribelli che in questi mesi hanno intrapreso diverse azioni di ritorsione contro il regime siriano e più in generale contro la comunità alawita, ramo dello sciismo a cui appartengono i membri della famiglia al-Assad e dell’establishment di potere, vi sono diversi jihadisti salafiti. La Salafiyyah è un movimento modernistico islamico nato a metà Ottocento il cui termine richiama l’era imperfettibile degli salaf; il movimento, che ha avuto in Muḥammad ‛Abduh, Giamāl ad-Dīn al-Afghānī e Rashīd Riḍā i suoi principali teorici e che mirava ad islamizzare la modernità attraverso il recupero dell’antica purezza delle origini 26

.

Il salafismo si è progressivamente evoluto passando da movimento riformista a movimento radicale nel corso del XX secolo attraverso la crescente influenza della corrente wahhabita.

Al momento diversi jihadisti si trovano in territorio siriano o nel vicino Libano e l’elemento di raccordo sarebbe costituito dal gruppo libanese guidato da Saad al-Hariri. All’interno dei gruppi salafiti vi sono molti jihadisti, veri e propri mercenari, che durante gli ultimi anni hanno operato azioni di guerriglia e attacchi terroristici in Iraq, anche contro militari nordamericani, ma soprattutto molti di loro hanno in passato combattuto proprio contro il regime saudita.

Alcuni sono discendenti della profonda frattura che colpì l’Arabia Saudita nel 1991, ma a seguito dell’attacco terroristico del settembre 2001, essa ha promosso in accordo con le autorità religiose, un processo di correzione e riabilitazione della componente salafita cercando di allontanarla dal concetto di “jihadismo” che considera l’uso della lotta armata come mezzo per rovesciare i governi laici e sostituirli con forme di Stato islamico autentiche in cui vi sia la cieca osservanza del dettato coranico - per riavvicinarla a quello di “jihad”.

Il concetto di jihad invece, rimanda essenzialmente ad un uso della forza della ragione, che porti il singolo individuo all’osservanza dei precetti islamici 27

.

26

M. Campanini, Islam e Politica, Il Mulino, Bologna, 2003, p. 184.

27 F. Donelli, “Le mire saudite dietro l’attivismo salafita in Siria” in Geopolitica. Rivista dell’Istituto

di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliare. 18 Luglio 2012, consultato on line http://www.geopolitica-online.com/18340/le-mire-saudite-dietro-lattivismo-salafita-in-siria il 8 Maggio 2016.

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Dalla parte delle forze di opposizione, possiamo dedurre, troviamo un caleidoscopio di attori: il gruppo dell’esercito ribelle, è composito al suo interno da molteplici unità indipendenti fra loro e raggruppate in entità più grandi, sulla base di una ideologia o una fidelizzazione nominale.

L’opposizione è disorganizzata, in grado di formare un governo ad interim nazionale solamente nelle zone di controllo. Essi non hanno un comando centrale, il comandante militare cerca il coordinamento delle azioni fra le unità che lo riconoscono.

Per questo motivo, le azioni intraprese sono localizzate, raramente di cooperazione, senza la mobilità e la logistica necessaria. Le eventuali concentrazioni di forze ribelli sono vulnerabili ad un attacco governativo sia di terra sia aereo. Gli armamenti dei ribelli sono compositi da numerose armi di piccolo calibro, e da strumenti anti carro e missili anti aereo ma non possiedono l’arsenale che permetterebbe loro di sovrastare il governo. A ciò è servito soprattutto l’aiuto proveniente dai territori esteri, che hanno portato alla vittoria tattiche di alcune battaglie.

Gli Stati Uniti difatti, procedettero con molta cautela nel fornire sostegno ai ribelli. Inizialmente attraverso assistenza umanitaria, successivamente e in segretezza anche nel fornire armamenti con la paura che questi potessero giungere nelle mani sbagliate che potrebbero riversarle contro l’Occidente 28

.

Importante infatti, è anche osservare che l’impasse internazionale non è senza conseguenze. I diversi attori alimentano il conflitto ma non sono capaci (o non hanno interessi per) fermarlo, lo influenzano ma non lo determinano perché armi e aiuti che affluiscono da ambo le parti non sono sufficienti a far vincere l’una o l’altra parte.

Una chiara rappresentazione degli attori e degli schieramenti che compongono è possibile visionarla nella figura sottostante.

28 B. M. Jenkins, The Dynamics of Syria’s Civil War, http://www.rand.org/ del 2014. Consultato il 2

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In conclusione, possiamo riportare di seguito lo schema a cerchi concentrici che si è voluto adottare per una delinea sistematica degli attori del conflitto.

Nella prima immagine ciò che viene mostrato è lo schema generale, ovvero come esso viene presentato dagli autori T. McCartney e C. Rosas, negli anni Novanta 29.

29 Encarnation, T. McCartney, and C. Rosas, 1990. The impact of concerned parties on the resolution

of parties. In G. Lindgren, G. Wallets teen and K. Nordquist (eds.) Issues in Third World Conflict

Resolution Uppsala University, Department of Peace and Conflict Research . Pp. 42-96. Marginal parties Actively influential parties Core parties Embedded parties Uninvolved parties

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Nella seconda immagine invece, si è voluto adattare tale schema alla situazione attuale riportando gli attori analizzati sopra:

Israele, EU Usa, Turchia, Arabia Saudita Al- Assad, Russia, Hezbollah, ribelli, Fronte J. al- Nusra ISIS Embedded parties

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2.2.2 Issue del conflitto

«Si dice che il minimo battito d'ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo».

The Butterfly Effect – Eric Bress, J. Mackye Gruber, 2004.

Il secondo aspetto che abbiamo delineato quale essere molto importante all’interno di una studio sistemico, simile a quello che si è voluto riportare all’interno del presente elaborato, sono le cause – dalle superficiale alle profonde- che caratterizzano ogni relazione conflittuale.

Come si deduce, ogni attore o partecipante all’interno di un conflitto porta anche la sua visione del medesimo e le motivazioni che essi attribuiscono alle proprie azioni, apparentemente possono concordarsi con quelle degli altri ma analizzate più in profondità, mostrano alcune divergenze.

Le cause all’interno di un conflitto possono inoltre, essere ulteriormente distinte in posizioni, interessi (materiali, valoriali o inter -relazionali) e bisogni.

Si cercherà in questa sede di riportare le cause e le motivazioni che si pongono alla base e che caratterizzano le azioni dei singoli attori analizzati sopra.

Tralasciando le motivazioni storiche dell’ostilità, sin dal 680 d.C., anno della battaglia di Karbala e del definitivo scisma fra le due fazioni, l’Islam sunnita e quello sciita hanno convissuto, alternando momenti di pace a quelli di aperte ostilità, all’interno dei maggiori Stati dell’area mediorientale. Nonostante alcune salde roccaforti per entrambi gli schieramenti in Arabia Saudita e in Iraq, e la netta predominanza numerica del sunnismo, le fazioni hanno sempre cercato di contrastare le reciproche influenze soprattutto sui Paesi contesi.

Per quanto sia erroneo affermare che questa divisione religiosa-culturale rappresenti la causa prima del conflitto siriano motivazioni di carattere politico ed economico accompagnano e si celano al di sotto della pure ambizioni religiose, le quali non

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possono essere trascurate soprattutto se si vuole capire l’origine dei due schieramenti attorno al quale gravitano tutti gli altri attori in causa nella guerra civile siriana 30. Tale composizione etnica, che ad oggi rimane incerta, può essere osservata meglio all’interno della presente cartina – nella quale per l’appunto, si denotato le differenti aree in cui risiedono arabi, sunniti, sciiti, curdi, cristiani... .

30 G. Lettieri, “Evoluzione e scenari della guerra civile siriana” in Rivista di affari europei del 11

Giugno 2013. Consultato on line http://www.rivistaeuropae.eu/esteri/sicurezza-2/evoluzioni-e-scenari-della-guerra-civile-siriana/ il 3 Maggio 2016.

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Un altro aspetto che spesso viene menzionato e classificato come causa primordiale della guerra civile è l’inaridimento del suolo siriano, accentuato dall’attività umana. La carenza d’acqua, avvenuta a seguito di una grave siccità nel primo decennio del Ventunesimo secolo, ha lasciato senza lavoro numerosi piccoli agricoltori e ha comportato la migrazione della popolazione rurale verso le città provocando pertanto, un innalzamento dei prezzi dei beni di prima necessità.

A seguito di uno studio condotto sui Proceedings of the National Academy of Sciences si afferma che la siccità che ha afflitto la Siria ha acuito i disordini sociali aggravando la preesistente instabilità politica.

Secondo i ricercatori angloamericani la crisi idrica, provocata dalla diminuzione delle precipitazioni invernali e dall’aumento delle temperature, è stata probabilmente resa peggiore dai cambiamenti climatici provocati dall’uomo. Molte ricerche in effetti hanno evidenziato già in passato che gli eventi climatici estremi, come picchi di temperature e siccità, possono aumentare il rischio che si verifichino episodi di violenza, sia intesi come atti isolati, sia come vere e proprie guerre. È per questo che in molti, nella comunità scientifica temono che una delle conseguenze peggiori del riscaldamento globale possa essere un’escalation di conflitti militari nelle regioni politicamente più instabili.

Oltre al cambiamento del clima e della carenza d’acqua, nel territorio influirebbe anche la gestione insostenibile delle falde, sfruttate eccessivamente fino all’esaurimento dei pozzi di irrigazione.

Il caso siriano conferma come gli effetti del degrado ambientale e del riscaldamento globale possano influire sensibilmente sulla stabilità politica di un paese con conseguenze di portata globale. Il mondo è un’entità unica e interconnessa, non è diviso in compartimenti stagni, confini e frontiere non sono che disegni sulle mappe, guerre che scoppiano in territori lontani possono avere effetti a catena anche su altre nazioni che pensano di esserne estranee 31.

31

C. Saviano, “Siria, la siccità e il clima che cambia tra le cause della Guerra” del 25 marzo 2015, in http://www.repubblica.it/solidarieta/emergenza/2015/03/25/news/siria-110422194/

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27

Il conflitto in Siria è inoltre, iniziato come una protesta contro la corruzione che ha rovinato ogni aspetto della vita delle persone e ha creato la mancanza di libertà. La richiesta da parte della popolazione civile di riforme era dovuta alla tipologia governativa adottata sino a quel momento. La mancanza di risposta a tali rivendicazioni fu seguita da una grave e prolungata azione militare contro chi protestava, e questa violenza li spinse a chiedere aiuto ai governi stranieri.

Questa situazione di repressione che caratterizzava la Siria sotto il controllo del governo di al-Assad si è sviluppata in maniera progressiva: quando Bashar al-Assad eredita il potere alla morte del padre, nel giugno 2000, istituendo per la prima volta nel mondo arabo una “repubblica ereditaria” dà origine inizialmente a un governo aperto alla voce dell’opposizione, moderno e modernizzatore che fu gradualmente sostituito da un regime chiuso e repressivo.

Nel 2011, la frustrazione politica e sociale, le trasformazioni sociologiche strutturali, il crogiolo sociale urbano, un impero economico basato sul clientelismo e sulla corruzione, l’opposizione politica imponente ed un regime che esercitava l’arbitrio e il controllo della popolazione tramite servizi segreti hanno visto l’insorgere e la compresenza di gruppi e di individui, contribuendo a creare le condizioni per l’esperienza collettiva della mobilitazione e della resistenza 32

.

Come più volte accennato, la posizione della Siria all’interno di un contesto geopolitico, geo economico e geostrategico internazionale è rilevante, soprattutto anche per la presenza di gas e petrolio. La volontà di conquistare fonti di energia nel Mediterraneo sia fin da sempre uno dei motivi principali per cui Usa e gli alleati Europei stanno incoraggiando il cambiamento del regime di al-Assad 33.

Accanto alle rivolte portate in essere dalla popolazione - meglio definiti, ribelli- troviamo anche una moltitudine di aiuti e sostegno da parte dell’ambito internazionale e inter- regionale.

Un esempio sono gli Stati Uniti, dove il presidente Barack Obama ha affermato che salvare solamente la vita non risulterebbe un motivo sufficiente per intraprendere

32

L. Vignal, “Syria: Anatomy of a Revolution”, articolo in Books and Ideas , 21 Settembre 2012. Consultato on line http://www.booksandideas.net/Syria-Anatomy-of-a-Revolution.html il 4 Maggio 2016.

33 Luiz A. M. Bandeira, “Siria: la follia ha del metodo” , La Primavera Araba un anno dopo.

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28

un'azione militare ed il suo obiettivo dovrebbe essere quello di preservare ciò che resta della Siria.

Oltre a tali motivazioni, la campagna anti al-Assad da parte degli Stati Uniti, deriverebbe anche dal rifiuto nel 2011 da parte del Presidente siriano di consentire il passaggio di un gasdotto dal Qatar verso l’Europa. Il rifiuto di tale progetto fu giustificato in quanto andava a interferire con gli interessi dell’alleato russo, il più grande fornitore di gas naturale verso l’Europa 34

.

Le motivazioni che inoltre, caratterizzano le azioni del Fronte al- Nusra a sostegno del gruppo dei ribelli, si sintetizzano nella volontà di far cadere il regime di al- Assad e sostituirlo con uno stato sunnita islamico.

Oltre alle motivazioni di base che possono caratterizzare le azioni di attacco da parte del Presidente per salvaguardare il proprio potere all’interno del territorio siriano, vi sono quelle che riguardano i suoi sostenitori.

Le motivazioni che ad esempio, caratterizzano le azioni del Presidente Vladimir Putin rispetto al suo coinvolgimento ed aiuto ai miliziani di al-Assad – sono per lo più di tipo strategico- politico.

Come ricordato più volte, nel febbraio del 2016 le Nazioni Unite, guidate dai ministri di Stati Uniti e Russia approvarono una risoluzione che in linea di principio avrebbe dovuto far eseguire il «cessate il fuoco» all’interno della guerra nei territori siriani. Nonostante tale decisione, la Russia, guidata da Vladimir Putin decise di non ritirare le proprie truppe e i propri aiuti ad al- Assad dal territorio ma di concentrare le proprie energie per combattere – ciò che si è definita seconda guerra, quella contro l’ISIS. La strategia di Putin nell'invio di bombardieri in Siria, in una situazione internazionale che ancora risentiva degli scontri per l'annessione della Crimea e della guerra separatista nella zona est di Ucraina, fu quello di costringere l'Occidente a prendere sul serio la Russia come grande potenza e tale azione avveniva come una risposta al comportamento provocatorio dell'America e dei suoi alleati. Nella mente di Putin la rivoluzione a Kiev nel febbraio 2014 fu il risultato di un complotto occidentale per

34 Robert F. Kennedy, Jr, “Why the Arabs don’t want us in Syria. They don’t hate ‘our freedoms.’

They hate that we’ve betrayed our ideals in their own countries — for oil” in

http://www.politico.eu/article/why-the-arabs-dont-want-us-in-syria-mideast-conflict-oil-intervention/ del 23 Febbraio 2016.

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29

artiglio Ucraina lontano dalla Russia. Allo stesso modo, la guerra in Siria fu fomentata dall'Occidente con l'obiettivo di far cedere il governo di al- Assad.

Non da ultimo, la campagna siriana sta aiutando a mantenere indici di gradimento di Putin in Russia, che rimangono stabili a oltre l'80% 35, riuscendo a distrarre l’opinione pubblica dalle vicende che riguardano l’Ucraina.

Tali motivazioni di carattere internazionale si aggiungono al ruolo importante che rivestono le relazioni bilateri fra il Presidente al-Assad e Putin, soprattutto per quanto riguarda gli accordi della base navale a Tartus, sulla costa siriana, unico punto d'appoggio in Medio Oriente, e grande mercato per le armi di fabbricazione russa 36.

Acconto alle motivazioni di al-Assad e Russia, troviamo anche le motivazioni che hanno spinto l’Iran, Hezbollah e le altre numero organizzazioni paramilitari sorte a sostegno del governo a dotarsi di una forza ben equipaggiata e addestrata al fine di rendersi uno strumento indipendente e in grado di sopravvivere anche in caso di crollo del regime siriano. Considerando il breve periodo, la funzione di tali formazioni è senza alcun dubbio, l’appoggio iraniano al governo, mentre se si valutano le ragioni del lungo periodo esse costituirebbero, uno strumento in grado di facilitare la propria presenza all’interno del territorio siriano 37.

La strategia e le motivazioni dell’avvicinamento alla Siria, ruotano attorno alla ridefinizione del proprio ruolo geopolitico, della propria supremazia nella regione e della ricerca del proprio spazio vitale.

L’Iran, infatti, percepisce il conflitto siriano come una minaccia alla propria sicurezza nazionale e come una lotta per l’egemonia regionale.

Dal punto di vista geopolitico, infatti, l’appoggio iraniano al regime di al- Assad e il suo interventismo sul campo di battaglia è comprensibile tenendo presente l’importanza strategica che riveste la provincia siriana per l’Iran: essa costituisce il ponte per continuare a sostenere il gruppo di hezbollah in Libano e rappresenta uno sbocco –

35

Economist, “Why would he stop now? Russian bombers have brought the regime of Bashar

al-Assad within sight of victory, but the bloodshed and dangers are growing” del 20 Febbraio 2016.

Consultato on line http://www.economist.com/news/middle-east-and-africa/21693280-russian-bombers-have-brought-regime-bashar-al-assad-within-sight il 3 Maggio 2016.

36

Economist, “A new spectacle for the masses. Vladimir Putin embarks on a risky campaign to prop

up the Syrian regime and embarrass America” del 3 Ottobre 2015. Consultato on line

http://www.economist.com/news/europe/21670061-vladimir-putin-embarks-risky-campaign-prop-up-syrian-regime-and-embarrass-america il 3 Maggio 2016.

37

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seppur dal controllo indiretto- sul Mar Mediterraneo. La perdita della sfera d’influenza su tale territorio rappresenterebbe un indebolimento a livello regionale.

Possiamo quindi affermare che se da una parte la strumentalizzazione di antichi antagonismi ideologico- religioso costituiscono potenti strumenti per il reclutamento di foreign fighters utilizzati in campo di battaglia, dall’altra si celano motivazioni di tipo strategico e geografico 38.

Oltre alla delinea degli attori proposta in questa sede, essenziale - all’interno di uno studio di tal portata – è anche risolvere la questione riguardante la caratterizzazione, la natura, lo scopo o l’equilibrio in termini di potere o accesso alle risorse degli attori individuando eventuali omogeneità o eterogeneità fra essi 39.

Nel caso concreto, possiamo affermare che la disparità fra mezzi impiegati e attori coinvolti in una guerra è al centro del concetto di asimmetria. Per certi versi possiamo ritenerla come la logica conseguente dallo scontro e confronto di differenti culture belliche.

Una forma specifica che il conflitto asimmetrico può assumere è data dal confronto fra l’ideologia occidentale nei confronti della guerra, imperniato sugli stati quali attori e sulle forze armate quali mezzo principale, e un’altra cultura bellica (che nel presente caso desumiamo come “orientale”).

Dalla fine del confronto bipolare ad oggi, il concetto di asimmetria si è posto sempre più frequentemente limitrofo a quello di guerra.

Proprio da tale vicinanza che è sorto il concetto di «guerra asimmetrica», al quale vengono associati i significati più disparati 40 che si focalizzano su aspetti differenti ma tutti essenziali.

38

Economist, “The death of a country. As Syria disintegrates, it threatens the entire Middle East. The

outside world needs to act before it is too late” del 23 Febbraio 2013. Consultato on line

http://www.economist.com/news/leaders/21572193-syria-disintegrates-it-threatens-entire-middle-east-outside-world-needs-act il 3 Maggio 2016.

39 D. J.D. Sandole, A Comprehensive Mapping Of Conflict And Conflict Resolution: A Three Pillar

Approach.

Figura 3: L. Canali, Limes on line del 23 Gennaio 2014.

40 S. Ruzza, Conflitti Asimmetrici: Un approccio multidisciplinare, «Il rapporto tra guerra e

(31)

31

La definizione che possiamo interpretare dalla U.S. Defense Advanced Research Projects Agency, sostiene che la “guerra asimmetrica è caratterizzata da azioni con pochi obiettivi di difficile individuazione, condotte con mezzi che, se paragonati agli effetti finali delle operazioni, appaiono estremamente limitati 41.

Altri autori, invece affermano che

«tale guerra è riconoscibile per diverse peculiarità che grosso modo sono: non linearità dello scontro, cioè senza fronti definiti; pianificazione fortemente condizionata da intelligence e operazioni sotto copertura; difficoltà nel distinguere i combattenti dai civili o da altri combattenti» 42.

Altre definizioni le ritroviamo nel “Dizionario Critico delle Nuove Guerre”, il quale delinea l’asimmetria all’interno della guerra, come riguardante contemporaneamente i tipi di soggetti, le risorse oggettivamente disponibili, le strategie offensive elaborate e la distribuzione dei rischi 43.

Una spiegazione più completa e definitiva viene poi fornita dalla rivista Military Review la quale afferma

«in military affairs and national security, asymmetry is acting, organizing and thinking differently from opponents to maximize relative strengths, exploit opponents’ weaknesses or gain greater freedom of action» 44.

La rivista, individua anche le dimensione che possono appartenere all’asimmetria: essa può essere positiva, quando si utilizza per ottenere dei profitti, o negativa quando la minaccia è rappresentata dalle proprie debolezze. Inoltre l’asimmetria può essere sia di tipo materiale sia di tipo psicologico, con una correlazione fra i due concetti, in quanto, un vantaggio materiale ne genera spesso uno psicologico. Infine può essere ricondotta ad un livello operativo o tecnico, derivante dal divario tecnologico delle forze contrapposte in un dato contesto.

41 A. Lodovisi, Modelli e scenari della guerra asimmetrica, in Giano, fascicolo 43, Anno 2003.

Arnolodo Mondadori Editore S.p.A, Milano, 1970. P. 86.

42 G. Turrizziani, Sicurezza industriale, in Pagine di Difesa. Giugno 2003. www.paginedidifesa.it 43 M. Deriu, Dizionario critico delle nuove guerre, Editrice Missionaria Italiana, 2005, Bologna.

P. 231.

44

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Un altro caso di guerra asimmetrica si presenta quando uno Stato o un esercito nazionale, si trovano di fronte ad entità non statali. Queste possono essere organizzazioni terroristiche, gruppi paramilitari, mercenari, fedeli a uno Stato o a gruppi secessionisti, e bande criminali, clan mafiosi con un’ingente disponibilità di denaro, e caratterizzati tutti da un’ottima preparazione militare.

In contesti come questi, le nazioni sovrane si trovano spesso in difficoltà, in quanto non adatte ad affrontare strutture decentralizzate che non osservano nessuna regola, con la possibilità di colpire ovunque, finanziate dal crimine organizzato.

Una guerra è definita asimmetrica quindi, quando i due avversari adottano metodi, tattiche di combattimento completamente diversi tra loro.

La differenza è spesso legata ai mezzi di cui si dispone, dal numero dei propri effettivi e dalla propria cultura strategica.

In guerre di questo tipo chi presenta un minor numero di uomini e mezzi, opera in modo tale da sfuggire agli attacchi frontali del nemico e da smorzare il suo impeto.

Si evince che il contendente più debole deciderà di attaccare in punti e zone che il nemico più forte non si aspetta, in modo tale da provocare contraccolpi psicologici. Il livello tecnico include le asimmetrie derivanti dal divario tecnologico delle forze contrapposte. Chi non ha i mezzi per affrontare le potenze più avanzate deve necessariamente operare ad altri livelli.

Un particolare tipo d’operazione militare che caratterizza la guerra asimmetrica è la guerriglia. Essa è preferita dal contendente più debole che non potrebbe combattere l’avversario con tecniche convenzionali.

In una guerra asimmetrica gli antagonisti non concepiscono la guerra allo stesso modo visto che le loro esperienze sono diverse 45.

45 D. L. Grange, Asymmetric Warfare: Old Method, New Concern. National Strategy Forum Review,

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