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Capitolo 6 – La tutela del legittimo affidamento e i profili di responsabilità dell’amministrazione finanziaria

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Capitolo 6 – La tutela del legittimo affidamento e i profili di

responsabilità dell’amministrazione finanziaria

6.1- Cosa s’intende per legittimo affidamento

In senso generale, il legittimo affidamento è quando si ripone fiducia in qualcosa o in qualcuno. Invece dal punto di vista giuridico, il termine serve ad invocare il principio

che presiede alla tutela di detto stato psicologico564.

In relazione all’ordinamento pubblicistico, è affermato che l’affidamento legittimo costituisce una situazione soggettiva di fiducia avente per oggetto il contegno del legislatore e della pubblica amministrazione; contegno che dovrebbe essere improntato alla correttezza e dunque al rispetto del dovere di non venire contra

factum proprium565. Il consociato, da un lato farebbe affidamento sul fatto che il

legislatore e la pubblica amministrazione si comportino sempre correttamente, e dall’altro, che il loro atteggiamento sia coerente con le proprie precedenti

determinazioni, in modo da non violare le sue legittime aspettative566.

Nel diritto amministrativo il principio di legittimo affidamento viene a realizzarsi in tutte le ipotesi nelle quali una situazione giuridica favorevole al soggetto viene a creare

un determinato grado di stabilità nella sfera giuridica del destinatario567.

La tutela del legittimo affidamento si ricollega al principio di correttezza e buona fede che, in ambito tributario, informa i rapporti tra Fisco e contribuente a norma dell’art.

10 dello Statuto dei Diritti del Contribuente568. Esso è volto quindi ad evocare, nel

rapporto tra contribuente ed amministrazione finanziaria, regole di correttezza che impongono un comportamento di lealtà da entrambe le parti.

564 Della Valle E., Affidamento e certezza del diritto tributario, Giuffrè Editore, Milano, 2001, pag. 38 565 Significa che l’amministrazione finanziaria deve comportarsi in modo coerente e non contraddittorio

al proprio precedente orientamento e tutelare il legittimo affidamento del privato sulla stabilità della situazione giuridica attribuitagli da un provvedimento della pubblica autorità.

566 Della Valle E., Affidamento e certezza del diritto tributario, Giuffrè Editore, Milano, 2001, pag. 39 567 Tar Lazio n. 76 del 10 gennaio 2007 in Giustamm.it, 2007, n. 3, pag. 1-4

568 Art. 10 comma 1 Statuto: “I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati

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La tutela del legittimo affidamento, così come disciplinata all’art. 10 dello Statuto, è un

principio che trova origine negli art. 3, 23, 53 e 97 della Costituzione569 espressamente

richiamati dall’art. 1 del medesimo Statuto. Il legittimo affidamento è “immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico e costituisce uno dei fondamenti dello Stato di diritto

nelle diverse articolazioni, limitandone l’attività legislativa e amministrativa”570.

Il problema della tutela dell’affidamento non riguarda solo il diritto tributario, poichè tale problema riguarda tutti i rapporti tra pubblica amministrazione e privato. La tutela dell’affidamento riveste, tuttavia, una particolare importanza nel diritto tributario a causa dell’incertezza normativa legata ai continui mutamenti e ritocchi in conseguenza della politica economica del Paese e in conseguenza alla moltiplicazione delle fonti cognitive (interne, internazionali, comunitarie) che disorientano il contribuente. La tutela dell’affidamento svolge, dunque, anche in materia tributaria,

l’importante funzione di limitare e arginare eventuali comportamenti arbitrari da parte del legislatore e dell’amministrazione finanziaria ed è, pertanto, volta ad assicurare coerenza e certezza del diritto in un sistema macchinoso e contorto, come quello fiscale.

In linea generale, il principio dell’affidamento viene individuato quale vincolo alla retroattività delle norme tributarie in pejus e quale limite al mutamento degli orientamenti interpretativi dell’amministrazione finanziaria attraverso l’uso di

circolari e risoluzioni con soluzioni contrastanti571.

6.2- Il legittimo affidamento: vincolo alla retroattività delle norme tributarie in pejus Il primo profilo del principio di affidamento da analizzare, riguarda la conservazione nel tempo degli effetti giuridico - tributari conseguenti a un determinato fatto o atto.

569 La sent. Cass. sez. Trib. n. 17576 del 10 dicembre 2002 il fisco, 2003, fasc. 1, pag. 1-137stabilisce

infatti che il principio di legittimo affidamento, buona fede e collaborazione sono principi generali dell’ordinamento tributario e non possono essere derogati o modificati da leggi speciali.

570 Sent. Cass. n. 21513 del 17 aprile 2013 in www.ilsole24ore.com

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In linea generale, il carattere della norma (il suo presentarsi, cioè, come un dovere

nei confronti dei destinatari) implica, secondo l’art. 11 delle preleggi572, che essa

non possa disporre che per l’avvenire573.

L’irretroattività della legge costituisce un principio generale del nostro ordinamento che, pur non essendo contemplato, ad eccezione della materia penale, a livello

costituzionale574, rappresenta comunque una regola fondamentale del sistema.

Tale regola vincolata l’attività del legislatore, fatte salve deroghe ragionevoli e cause

giustificatrici575, in quanto la inviolabilità dei rapporti passati costituisce un indubbio

cardine di civile convivenza e di tranquillità dei cittadini576.

Una legge retroattiva, cioè una disposizione che estende la propria efficacia anche al tempo precedente a quello della sua emanazione o della sua entrata in vigore,

stravolge le previsioni del singolo che ha agito e operato in funzione di un assetto

giuridico rivelatosi poi differente rispetto a quello in cui aveva confidato577.

572 Art. 11 Preleggi:”La legge non dispone che per l'avvenire: essa non ha effetto retroattivo.

I contratti collettivi di lavoro (Cod. Civ. 2067 e seguenti) possono stabilire per la loro efficacia una data anteriore alla pubblicazione, purché non preceda quella della stipulazione.”

573 In alcune ipotesi esigenze particolari inducono il legislatore a prevederne l’applicazione

retroattiva.

574 Tale principio è infatti previsto nell’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile( c.d.

preleggi). Secondo Della Valle E., Affidamento e certezza del diritto tributario, Giuffrè Editore, Milano, 2001, pag. 55 e seg. Il principio di irretroattività assolve all’importante funzione di dettare un canone di interpretazione della norma giuridica e non a quella di porre un principio generale e assoluto di irretroattività vincolante per il legislatore ordinario. Dal carattere

interpretativo riconosciuto all’art. 11 delle preleggi non deriva per il legislatore ordinario un divieto di produrre norme retroattive, sul presupposto che l’applicabilità della legge solo per il futuro non implica l’impossibilità di emanare una norma che operi nel passato.

Secondo Cipollina S., Osservazioni sulla politica, in Riv. dir. fin., 1995, p. 786 è consentito disciplinare situazioni trascorse, ma sempre per il futuro attraverso l’aggancio o richiamo circostanziato a fatti in precedenza non regolamentati. Secondo Fantozzi A., Diritto tributario, Utet, Torino, 2013, pag. 303 è stato evidenziato che l’imperativo contenuto nell’ art. 11 delle preleggi sia inidoneo a limitare in maniera effettiva la retroattività e ciò non solo per la sua (mera) forza di legge, ma anche e soprattutto per l’indeterminatezza del suo contenuto.

575 Secondo Marongiu G., Dubbi di legittimità costituzionale sulla nuova disciplina fiscale degli

ammortamenti finanziari, in Dir. e prat. trib., 2000, pag. 14 la deroga al divieto di retroattività sarebbe ammessa solo in ipotesi eccezionali e in presenza di una valida ed effettiva causa giustificatrice che trovi fondamento in principi costituzionali. Secondo Contrino A., Consenso, equità e imparzialità nello Statuto del contribuente, (a cura di) Bodrito A. e Marcheselli A., Giappichelli Editore,Torino, 2012, pag. 85 al di fuori dei siffatti casi eccezionali, ammettere che il legislatore sia libero di applicare a situazioni passate norme sopravvenute significherebbe spezzare “l'equilibrio sapientemente configurato dalla Costituzione” e far prevalere l'interesse fiscale sui diritti del contribuente.

576 Così Corte cost. sent. n. 155 del 4 aprile 1990, in Giur. Cost.,1992, pag. 952.

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L’esigenza della certezza del diritto, quale ratio alla base del principio di irretroattività, prevarrebbe sulle esigenze economiche pubbliche e sull’evoluzione del fenomeno sociale portando all’istituzione di nuovi tributi con nuove legge e non con leggi retroattive.

Secondo la costante giurisprudenza costituzionale578, in assenza di un divieto espresso

in proposito, quale quello previsto per le leggi penali (art. 25, comma 2, della Costituzione), dovrà in via generale ammettersi che le norme possano essere dotate di efficacia retroattiva, purché ovviamente, per tale via non venga a infrangersi alcun

principio di ordine costituzionale. La giurisprudenza costituzionale579 ha infatti

chiarito che il legislatore ordinario può, nel rispetto del limite stabilito dall’art. 25

della Costituzione580, emanare norme retroattive, purché “la retroattività trovi

adeguata giustificazione nell’esigenza di tutelare principi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti motivi imperativi di interesse generale”.

Con specifico riferimento al diritto tributario, è da evidenziare che la retroattività delle norme in questo settore, in cui il contribuente dovrebbe essere tutelato nel suo diritto alla prevedibilità della tassazione, mina infatti alle fondamenta la certezza del diritto

ed è sintomatica dell’incertezza dell’ordinamento581.

Il divieto di retroattività troverebbe la sua ragion d’essere nello stato di continua incertezza e perplessità in cui altrimenti verserebbe il contribuente. Esso sarebbe privo di tutela qualora un fatto, considerato dalla legge tributaria in un determinato

578 Corte costituzionale sentenza n. 118 del 8 luglio 1987, in Foro it., 1957, pag. 1133.

579 Sent. Corte Cost. n. 170 del 4 luglio 2013, in www.cortecostituzionale.it. Con sent. Corte Cost. n. 69

del 2 aprile 2014, n. 103 del 22 maggio 2013, n. 78 del 14 febbraio 2012, in

ww.cortecostituzionale.it sono stati individuati una serie di limiti generali all’efficacia retroattiva delle leggi attinenti alla salvaguardia di principi costituzionali e di altri valori di civiltà giuridica, tra i quali sono ricompresi: -il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; - la tutela

dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto;- la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico; -il rispetto delle funzioni

costituzionalmente riservate al potere giudiziario.

580 Art. 25 Cost: “Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. Nessuno può

essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.

581 Logozzo M., La tutela dell’affidamento e della buona fede del contribuente tra prospettiva

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modo, venisse valutato in maniera pressoché differente da una successiva disposizione legislativa582.

Le problematiche sorgono non solo nelle ipotesi in cui l’intervenuta modifica

normativa incida in maniera sfavorevole sulle posizioni giuridiche dei destinatari, ma anche nel caso in cui la legge retroattiva produca benefici effetti nei

confronti di questi. In tale ultima ipotesi, difatti, potrebbero sorgere problemi di giustizia, ad esempio, nel riparto del prelievo. Nel diritto tributario però, è la retroattività sfavorevole a creare maggiori disagi sotto il profilo della violazione del principio dell’affidamento e, più in generale, della fiducia dei consociati.

Il problema delle norme tributarie retroattive è stato posto anche sotto lo specifico aspetto della compatibilità delle prescrizioni retrorilevanti con il principio della

capacità contributiva di cui all’art. 53 della Costituzione583.

Come precedentemente osservato, la retroattività della norma impositiva è

costituzionalmente vietata ogni qualvolta il suo concreto atteggiarsi determini la violazione di una norma costituzionale. Circostanza quest’ultima, che si verificherebbe con riferimento all’art. 53 Cost., ogni qual volta il presupposto di fatto del tributo o della maggiorazione di un tributo pregresso (o anche la perdita di

un’agevolazione), venisse dalla legge fatto risalire talmente indietro nel tempo da non potersi razionalmente presumere che esso possa valere come indice di capacità contributiva attuale.

Infatti la norma tributaria retroattiva assumerebbe tratti d'incostituzionalità, allorquando individua un presupposto del tributo così significativamente arretrato rispetto alla entrata in vigore della norma, tale per cui non è più possibile ritenere che l'atto o il fatto assunto a presupposto, costituisca necessariamente un indice attuale di ricchezza584.

582 Moschetti F., Il principio di capacità contributiva, Padova, 1973, pag. 325.

583 Della Valle E., Affidamento e certezza del diritto tributario , Giuffrè Editore, Milano, 2001, pag. 71 e

seg.

584 Corte cost., sentenza 23 maggio 1966, n. 44, in Foro it., pag. 996 In particolare, se è trascorso troppo

tempo tra il momento di accadimento del predetto atto o fatto e la introduzione della nuova norma, è altamente probabile che, di quella stessa ricchezza a suo tempo manifestata, il contribuente non sia più titolare al tempo della introduzione della prescrizione retroattiva. Infatti, è altamente

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La Corte Costituzionale585 ha comunque in alcuni casi giustificato imposizioni

retroattive in quanto il contribuente aveva la facoltà di prevedere l’imposizione di tali

fattispecie e di conseguenza di mantenere la propria capacità contributiva586.

Come precedentemente detto, la Costituzione non contempla in maniera espressa il divieto di retroattività delle norme, se non con riferimento esclusivo a quelle penali. Pertanto ogni qual volta il problema della retroattività di norme tributarie si poneva, il solo referente normativo veniva individuato nell’art. 11, comma 1, delle preleggi. Solo in tempi più recenti, il legislatore è intervenuto sul tema, con lo Statuto del contribuente, il cui art. 3, comma 1, sancisce la regola della irretroattività. L'approvazione dello Statuto, con un'espressa previsione del principio di

irretroattività delle disposizioni tributarie non ha, tuttavia, agevolato il ruolo dell’interprete e ciò alla luce, soprattutto, della particolare forma, legge

ordinaria, assunta da tale testo normativo e, quindi, dai conseguenti dubbi sulla reale tenuta dei suoi principi, tra cui quello di irretroattività.

Sulla rilevanza di quanto disposto dall’art. 3 dello Statuto, si sono manifestate due distinte correnti di pensiero.

Un primo filone, facendo leva sull’aspetto formale della norma, attribuisce una portata svalutativa al principio di irretroattività. Una legge successiva allo Statuto, può infatti derogarvi e questo verrebbe confermato dalla stessa formulazione letterale della norma comma 1 art. 3. Tale norma non prevede un divieto assoluto di irretroattività, bensì relativo il che porrebbe il legislatore nella condizione di derogarvi a patto che abbia l'accortezza di fornire una giustificazione espressa, qualunque essa sia.

probabile che siano nel frattempo intervenute spese, consumi, alienazioni, spossessamenti, i quali per un verso sono a loro volta soggetti ad imposizione per lo più indiretta, e per altro verso fanno sì che sia venuta meno alla radice la ragione giustificatrice della imposizione, cioè appunto la capacità contributiva. In dottrina: Falsitta G., Manuale di diritto tributario, Cedam, Padova, 2012, pag. 381

585 Sent. Corte Costituzionale n. 410 del 27 luglio 1995 in banca dati fìsconline

586 Corte cost., sent. n. 315 del 20 luglio 1994, in Corr. trib., 1994, n. 2379. Nella fattispecie è

stata dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11, comma 9, della legge n. 413/1990, perché la norma impositiva delle plusvalenze, realizzate con l’indennità corrisposta per l’espropriazione, ancorché retroattiva, non disattende il principio di capacità contributiva, tenuto cono del breve lasso di tempo entro il quale la retroattività è destinata a operare e di una (presunta) prevedibilità dell’imposizione. In tal senso questo criterio di

prevedibilità è stato criticato in quanto c’è l’indeterminatezza dei parametri idonei ad individuare il requisito della prevedibilità si veda Tabet G., Successione dei tributi nel tempo e retroattività delle disposizioni transitorie, in Riv. Dir. Trib., 1971, pag. 615

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L'esigenza di assicurare un gettito all'Erario in una situazione di emergenza, dunque, potrebbe astrattamente assurgere, secondo questa visione, a canone ordinario di

derogabilità del principio di irretroattività587.

Contrariamente a questo filone, si è invece sviluppato un orientamento588 di tipo

garantista che individua nell'art. 3 dello Statuto un principio posto alla base del nostro sistema tributario, dotato di una forza di resistenza particolare rispetto a

successive modificazioni589.

Nonostante i due suddetti diversi orientamenti sull’effettiva portata dell’art. 3 dello Statuto, non v'è dubbio che la positivizzazione del principio di irretroattività della legge tributaria ad opera dello Statuto, abbia colmato una lacuna evidente

dell’ordinamento fiscale.

La suddetta tesi che svaluta il principio della irretroattività, sembra mal conciliarsi con la ratio dello Statuto. Vi è una stretta connessione tra la predetta norma e l'art. 1, comma I, dello Statuto stesso, il quale contiene, come noto, l'autoqualificazione della legge quale provvedimento attuativo della Costituzione, le cui norme

costituiscono “principi generali dell'ordinamento tributario e possono essere derogate

o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali”.Lo Statuto può essere,

quindi, qualificato come lo strumento attraverso cui il legislatore ordinario ha inteso dare univoca attuazione a taluni fondamentali principi costituzionali.

6.3- Il legittimo affidamento quale limite al mutamento degli atti interpretativi L’ulteriore profilo che viene preso in considerazione riguardo il principio

dell’affidamento è quello relativo all’attività interpretativa dell’amministrazione

587 De Mita E., Lo Statuto dei diritti del contribuente tra la valorizzazione che ne fa la Cassazione e le

violazioni del Parlamento, in Boll. trib., 2008, 1642 seg., e Tesauro F., Istituzioni di diritto tributario. Parte generale, Utet, Milano, 2012, pag. 18

588 Amatucci F., L'efficacia nel tempo delle norme tributarie, Giuffrè Editore, Milano, 2005, pag. 121,

che riconosce che il divieto di retroattività sancito dall'art. 3 sarebbe vincolante per il

legislatore successivo allo Statuto, per effetto della specialità della disciplina recata dallo Statuto.

589 La possibilità di deroga deve perciò intendersi come eccezionale e sorretta da una motivazione

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finanziaria che si inserisce nell’esercizio dei poteri di direttiva, di programmazione e di coordinamento.

Tale attività viene tradizionalmente esercitata ed esternata soprattutto mediante circolari e, più in generale, mediante atti interpretativi (note, risoluzioni, pareri e risposte fornite su interpello del contribuente), che contengono indicazioni e direttive in merito all’interpretazione delle disposizioni disciplinanti il rapporto impositivo. La tutela del legittimo affidamento ha quindi un ruolo centrale in conseguenza dell’affidamento che il contribuente ripone nei suddetti atti interpretativi, nelle indicazioni e nelle direttive offerte dalla stessa amministrazione riguardo l’interpretazione delle disposizioni.

Il principio dell’affidamento, in questo caso, fà quindi riferimento alla conoscibilità del precetto normativo, impedendo in questo modo che a tale precetto possa essere attribuito un significato diverso da quello in cui hanno legittimamente confidato i consociati590.

L’intervento interpretativo e chiarificatore dell’amministrazione finanziaria è spesso necessario in campo tributario a causa della difficile interpretazione della norma o a causa della difficile individuazione della norma applicabile ad una determinata fattispecie da parte del contribuente. Il diritto tributario è infatti, per stessa

ammissione del legislatore, un diritto estremamente incerto591 . Questa incertezza è

prevalentemente legata ai continui mutamenti e ritocchi che la legge tributaria subisce

a causa della politica economica del Paese592. Se si considera infatti il tributo uno

strumento di politica economica, esso dipenderà dalle mutevoli situazioni finanziarie dello Stato593.

590 Della Valle E., Affidamento e certezza del diritto tributario , Giuffrè Editore, Milano, 2001, pag. 114 591 Della Valle E., Affidamento e certezza del diritto tributario , Giuffrè Editore, Milano, 2001, pag. 38 592 Considerando il tributo come strumento di politica economica esso dipende dalla situazione

finanziaria dello Stato. La previsione di cui all’art. 81 della Cost. secondo il quale con la legge di approvazione del bilancio non possono essere stabiliti nuovi tributi e nuove spese a partire dagli anni ’70 viene di fatto elusa con l’espediente della legge finanziaria da approvare poco prima della legge di bilancio ed utilizzare per introdurre modifiche nei tributi esistenti.

593 Ad esempio per l’aumento dei tributi sui consumi che ove non deliberato repentinamente,

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Le varie incertezze relative all’applicazione della norma tributaria vengono chiarite dall’amministrazione finanziaria con atti interpretativi.

Si fa riferimento innanzitutto alle circolari interpretative quali strumento privilegiato che l’amministrazione finanziaria utilizza per portare a conoscenza del contribuente il significato delle disposizioni tributarie. Le circolari assumono nel campo tributario una rilevanza più importante rispetto alla mera rilevanza di atto interno. Hanno infatti, sia pur indirettamente, una rilevanza esterna che investe i privati, in quanto gli uffici fiscali, sulla base di essi, emanano provvedimenti destinati ad incidere sulla sfera

patrimoniale del contribuente594. Notevole importanza è data anche al parere o alla

risposta fornita dall’amministrazione finanziaria a seguito di “interpello” del contribuente.

Con “interpello” si fa riferimento alle richieste del contribuente volte a sollecitare un intervento interpretativo da parte dell’amministrazione finanziaria. L’art. 11 dello

Statuto dei Diritti del Contribuente595 prevede vari tipi di interpello: - interpello

ordinario interpretativo, -interpello ordinario qualificatorio, -interpello probatorio, interpelli antiabusivo e interpello disapplicativo. Con l’interpello ordinario

interpretativo, il contribuente richiede un parere all’amministrazione finanziaria al fine di ottenere chiarimenti in materia fiscale quando sussista obiettiva incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni; con l’ interpello ordinario qualificatorio, il contribuente richiede chiarimenti quando sussistano obiettive condizioni di incertezza in relazione alla corretta qualificazione di una fattispecie; con l’interpello probatorio, il contribuente richiede un parere dell’amministrazione finanziaria circa la sussistenza delle condizioni e l'idoneità degli elementi probatori richiesti per l'adozione di un

594 Logozzo M., Legittimo affidamento e buona fede nei rapporti tra

contribuente e amministrazione, relazione al convegno tenutosi presso l’Università Luiss Guido Carli di Roma, 19 dicembre 2012, pag. 4

595 L'art.11 dello Statuto del contribuente (legge 212/2000) è stato modificato dall'art.1 del

D.lgs.156/2015. Le modifiche riguardano il diritto di interpello del contribuente nei confronti dell'Amministrazione finanziaria e decorrono dal 1° gennaio 2016. Il nuovo articolo 11, comma 1,

dello Statuto, nel dare attuazione all’esigenza di chiarezza e semplificazione razionalizza le tipologie di interpello esistenti, sistematizzandole e raggruppandole in diverse categorie, di cui sono definiti esplicitamente i presupposti applicativi. Fino al 31.12.2015 si aveva un -interpello ordinario, -un interpello CFC (Controlled Foreign Company) prima obbligatorio, ora facoltativo, a causa dell'intervenuta modifica effettuata dal D.lgs.147/2015, e inglobato nella nuova figura

dell'interpello ordinario probatorio, - un interpello antielusivo, - un interpello disapplicativo l'unico interpello a non subire modifiche dal 1° gennaio 2016 .

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determinato regime fiscale; con l’interpello antiabusivo, il contribuente richiede un parere riguardo alle operazioni che intende porre in essere per accertare se esse costituiscano o meno abuso del diritto; con l’ interpello disapplicativo, il contribuente richiedere la disapplicazione di norme tributarie che contrastano l'elusività, su

dimostrazione che l'operazione non sia elusiva596.

La risposta deve essere notificata o comunicata al contribuente, anche

telematicamente, entro 90 giorni597 dalla corretta presentazione e sottoscrizione

dell'istanza per quanto riguarda l’interpello ordinario (qualificatorio e interpretativo),

entro 120 giorni negli altri casi598. Se l'amministrazione finanziaria non si pronuncia, si

forma il silenzio assenso sulla soluzione interpretativa indicata dal contribuente. Il parere espresso dell'amministrazione finanziaria, non vincola il contribuente, il quale può decidere di non uniformarsi. Gli uffici dell'amministrazione finanziaria, invece, non possono emettere atti impositivi e/o sanzionatori difformi dal contenuto della risposta

fornita in sede di interpello 599.

Il contribuente quindi, che si è uniformato alle indicazioni date dall’amministrazione finanziaria circa l’interpretazione di una norma e circa l’applicabilità o meno della norma al caso concreto, viene ritenuto un soggetto incolpevole. La buona fede oggettiva del contribuente esclude quindi la possibilità di assoggettare a sanzioni il

contribuente600.

596 Cazzato A., Attuazione della riforma fiscale: nuova disciplina dell’interpello, in Fisco Oggi, 29

Settembre 2015

597 Termine di 90 giorni modificato dall'art.1 del D.lgs.156/2015 a partire dal 01 gennaio 2016. Fino al

31 dicembre 2015 il termine era di 120 gg.

598 Termine non modificato.

599 Voce interpello ordinario, Agenzia delle Entrate. E’ previsto poi all’art. 21 della legge n 413/1991

l’interpello antielusivo con il quale il contribuente rivolge all’amministrazione finanziaria una istanza finalizzata ad ottenere un parere sul carattere potenzialmente elusivo di alcune operazioni o sulla corretta classificazione di alcune spese (articolo 21 della legge n 413/1991). Riguarda, pertanto, casi e situazioni in cui possono trovare applicazione le disposizioni antielusive contenute negli articoli 37, comma 3, e 37-bis del Dpr 600/1973, e quando si tratta di classificare determinate spese tra quelle di pubblicità/propaganda o di rappresentanza.

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6.4- Tutela del contribuente e responsabilità dell’amministrazione finanziaria L’affidamento riposto dal contribuente negli atti interpretati dell’amministrazione finanziaria, tuttavia, non sempre appare costituire una tutela sufficiente. L’amministrazione finanziaria può tuttavia mutare orientamento interpretativo aggravando la posizione del contribuente. In particolare, potrebbero esserci casi di ripensamenti. E’ necessario analizzare se sia possibile ipotizzare in capo

all’amministrazione finanziaria, l’obbligo di non disattendere l’originario indirizzo

interpretativo nei confronti dei contribuenti che ad esso si sono conformati601 e in caso

contrario, quale sia la tutela che il contribuente può invocare.

Una prima forma di tutela per il contribuente che si sia conformato all’indirizzo interpretativo dell’amministrazione finanziaria viene stabilita dall’art. 10 comma II dello Statuto dei Diritti del Contribuente.

L’art. 10 comma II dello Statuto infatti, dispone che “non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, ancorché successivamente

modificate dall’amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’amministrazione stessa”.

La ratio della norma quindi è da ravvisarsi nella volontà del legislatore al fine di evitare che al contribuente, che ha agito nel convincimento della correttezza e coerenza dell’organo tributario , derivi, un pregiudizio che si traduca in una posizione giuridica di vantaggio dell’amministrazione, la quale verrebbe quindi a trarre beneficio dalla propria condotta “scorretta”.

La precisa indicazione interpretativa dell’amministrazione è infatti, la fonte di

conoscenza maggiormente idonea a generare, per la sua provenienza e autorevolezza,

un affidamento legittimo in capo alla platea dei destinatari della norma602.

601 È un problema che concerne evidentemente le circolari di cui all’art. 11, comma 4, dello

Statuto la cui impegnatività è prevista espressamente solo nei confronti dei contribuenti istanti e non già di tutti coloro che a esse si sono eventualmente conformati.

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Anche l’erronea informazione fornita dall’amministrazione finanziaria, anche se successivamente modificata dalla stessa, è condizione sufficiente per l’applicazione

della scusante e non può portare alla irrogabilità delle sanzioni e degli interessi603 così

come previsto dallo Statuto.

Invece critica è la questione riguardo al fatto che l’affidamento del contribuente possa

spingersi fino a rendere non esigibile il tributo604. Ci si chiede quindi, se la situazione

modificata dalla nuova interpretazione da parte dell’amministrazione finanziaria, sia suscettibile di tutela anche sotto profili diversi ed ulteriori rispetto a quelli meramente sanzionatori o attinenti la debenza degli interessi moratori.

Con riferimento all’esigibilità o meno del tributo si sono registrati due distinti

orientamenti, uno sfavorevole al contribuente, l'altro volto ad assicurare allo stesso una tutela piena.

L’ orientamento605 “restrittivo” esclude che possa considerarsi illegittimo, e quindi

annullabile dal giudice, l'atto dell'amministrazione finanziaria che abbia fatto applicazione del revirement in pejus nei confronti del contribuente che si era adeguato all'indirizzo interpretativo contenuto in una precedente circolare favorevole allo stesso, ovvero che sia illegittimo l'atto dell'ufficio periferico che abbia disatteso una circolare siffatta, senza che in concreto vi sia stato alcun mutamento interpretativo a livello centrale. Tale tesi, si fonda con tutta evidenza sulla natura meramente “interna” all'amministrazione delle circolari cd. interpretative, e sulla natura vincolata della funzione impositiva esclusivamente disciplinata dalla legge. Se l'interpretazione (errata) contenuta in una circolare vincolasse l'ufficio fiscale ed in

603 Logozzo M., Legittimo affidamento e buona fede nei rapporti tra

contribuente e amministrazione, relazione al convegno tenutosi presso l’Università Luiss Guido Carli di Roma, 19 dicembre 2012, pag. 4

604 Marcheselli A., Accertamento e difesa del contribuente, Giuffrè Editore, Milano, 2010, pag.11 605 Colli Vignarelli A., Considerazioni sulla tutela dell'affidamento e della buona fede nello Statuto dei

diritti del contribuente, in Riv. Dir. Trib., 2001, pag. 675 e seg. In giurisprudenza: Sentenza Cass. Sez. trib. n. 15224 del 12 settembre 2012 in Dir. e giustizia, 19 settembre 2012; sent. Cass., sez. trib., n. 2133 del 14 febbraio 2002, in Giust. civ., 2002, pag. 243 che ha evidenziato ha evidenziato che «il mutamento del giudizio che l’amministrazione finanziaria ritenga di dover dare, nel corso del tempo [...] non è senza effetto sul rapporto giuridico tributario, ma non produce certamente una modificazione della normazione primaria». Infatti “se l’interpretazione normativa fornita in precedenza dall’amministrazione è erronea e, quindi, illegittima, l’adozione di una interpretazione diversa o addirittura opposta non può fungere da base per la pretesa dell’amministrato di ottenere comunque un provvedimento contrario alla legge, ma solo per la pretesa di non essere sottoposto a sanzioni,Cass. sez. trib. n. 19479 del 10 settembre 2009 in Giur. Imp, 2009 n. 5

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ultima analisi il giudice, il quale è tenuto ad annullarne l'atto, sino a una sua eventuale successiva modifica, ciò comporterebbe una violazione dei principi di

“irrinunciabilità della potestà di imposizione”, “inderogabilità delle norme tributarie”, “indisponibilità dell'obbligazione tributaria”. Secondo l’orientamento in questione, pertanto, realizzatosi il presupposto del tributo, l'ufficio è obbligato ad applicare la legge, senza potersi ritenere vincolato dall'interpretazione contenuta nella circolare che dichiari non dovuto il tributo stesso, venendosi altrimenti a violare il

principio della riserva di legge di cui all'art. 23 Cost.606. A conferma di questa tesi può

considerarsi l’art. 10 comma II dello Statuto che su tale questione sembra essere chiaro. L’art. 10 II comma fa infatti riferimento all’esclusione solo delle sanzioni e degli interessi moratori dovuti. L’inapplicabilità degli interessi moratori sarebbe anzi

peggiorativa rispetto al riconoscimento di una tutela piena del contribuente.

Prevedere espressamente la non debenza degli interessi significherebbe confermare legislativamente la non fondatezza della tutela piena al contribuente, legittimando l’amministrazione finanziaria ad applicare retroattivamente il revirement

interpretativo in pejus, con esclusione della richiesta (oltre che delle sanzioni) dei soli

interessi (e non del tributo)607. Il contribuente avrebbe quindi una tutela parziale

dell’affidamento limitata solo all’aspetto punitivo e a quello risarcitorio.

All’interno dello stesso orientamento, si ravvisano comunque dei riconoscimenti verso forme di tutela a favore del contribuente che, in buona fede, si sia conformato alle istruzioni o informazioni fornite dell’amministrazione e poi dalla stessa disattese. Si realizzerebbe in tal senso un’ipotesi di non debenza delle sanzioni per “obiettive

incertezze” della normativa tributaria608.

L’altro orientamento invece è volto a garantire l’affidamento del contribuente nella più ampia misura, vietando la retroattività del revirement interpretativo in pejus vietando quindi anche l’esigibilità del tributo.

606 Art. 23 Cost: ”Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla

legge”.

607 Colli Vignarelli A., Considerazioni sulla tutela dell'affidamento e della buona fede nello Statuto dei

diritti del contribuente, in Riv. Dir. Trib., 2001, pag. 675 e seg.

608 Art. 8 D.lgs. 546/1992, art. 6 comma 2 D.lgs n. 471/1997, art. 15 D.lgs. n. 74/2000, art. 10 comma 3

legge n. 212/2000. In tal senso Falsitta G., Rilevanza delle circolari interpretative e tutela giurisdizionale del contribuente, in Rass. trib., 1988, pag. 17 seg. Che ravvisa in tali casi un obbligo per il giudice tributario di dichiarare non dovute le sanzioni irrogate al contribuente.

(14)

Tale orientamento è stato giustificato in base alle seguenti differenti osservazioni: a) la tutela dell'affidamento va assicurata indipendentemente dalla natura paritaria o

meno del rapporto, ed anzi va garantita a maggior ragione nel secondo caso, a

protezione della parte più debole609;

b) il principio di buona fede ha carattere generale e disciplina quindi anche i rapporti

tra fisco e contribuente, vuoi in applicazione diretta dell'art. 1175610 c.c., vuoi in

quanto espressione del dovere di solidarietà ex art. 2 Cost611., del principio di

imparzialità e/o buon andamento della pubblica amministrazione ex art. 97

Cost612., o del principio dell'affidamento nella certezza del diritto, desumibile

dal complesso delle norme costituzionali volte alla tutela della libertà e dignità

dell'uomo613;

c) quando l’amministrazione finanziaria interpreta la norma tributaria, concretizza l’enunciato legislativo in modo da vincolarsi a valutare il futuro comportamento del contribuente alla stregua di tale interpretazione; apparirebbe così fuorviante porsi un problema di conformità o meno dell’interpretazione

dell’amministrazione alla legge, dal momento che tale interpretazione

rivestirebbe per il contribuente i connotati della legge del suo rapporto614;

d) si è fatto, inoltre, riferimento all'esigenza di garantire la libertà economica del soggetto, in aderenza a quanto previsto dall'art. 41 Cost., osservandosi in proposito che “il contribuente, ove non venisse tutelato il suo affidamento nelle scelte interpretative dell'amministrazione finanziaria, sarebbe costretto ad operare le sue scelte economiche in un clima di assoluta incertezza, con

609 Colli Vignarelli A., Considerazioni sulla tutela dell'affidamento e della buona fede nello Statuto dei

diritti del contribuente, in Riv. Dir. Trib., 2001, pag. 675 e seg.

610 Art. 1175 c.c.:” Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza” 611 Art. 2 Cost.:”La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia

nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.”

612 Art. 97 Cost:” I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano

assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.”

613 Colli Vignarelli A., Considerazioni sulla tutela dell'affidamento e della buona fede nello Statuto dei

diritti del contribuente, in Riv. Dir. Trib., 2001, pag. 675 e seg

614 Bertolissi M., Le circolari interpretative dell’amministrazione finanziaria, in Rass. trib.,

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conseguente violazione dell'art. 41 della Costituzione, che assicura al privato il

diritto di intraprendere liberamente iniziative economiche”615;

e) se le informazioni fornite e pubblicizzate dall’amministrazione finanziaria non avessero alcun effetto vincolante, rimarrebbero lettera morta, prive di significato pratico616.

Analizzati questi due estremi orientamenti, l’orientamento più corretto ed adeguato è forse quello che si pone in una posizione intermedia.

L’orientamento intermedio617 è volto a garantire una tutela “rafforzata”

all'affidamento del contribuente affermando anche la possibile inesigibilità del tributo. Secondo tale orientamento, laddove sussista un grado particolarmente intenso e qualificato di affidamento del contribuente nelle determinazioni assunte

dall’amministrazione finanziaria, ingenerato da specifici atti formali in ordine al presupposto del tributo, esso conduce non solo alla inapplicabilità delle sanzioni e degli interessi ma rende altresì inesigibile il tributo.

A simili conclusioni si perverrebbe mediante una lettura del comma 2 dell’art. 10 dello Statuto coordinata con il comma 1 che prevede una vera e propria soggezione del rapporto tributario alla regola della buona fede oggettiva, regola che non si spiegherebbe se non anche in ragione dell’esigenza di tutelare situazioni di

affidamento che le parti abbiano contribuito a ingenerare618.

615 Colli Vignarelli A., Considerazioni sulla tutela dell'affidamento e della buona fede nello Statuto dei

diritti del contribuente, in Riv. Dir. Trib., 2001, pag. 675 e seg.

616 Secondo Serranò M. V., Brevi osservazioni in tema di tutela dell’affidamento del contribuente nei

confronti degli orientamenti ministeriali alla luce dei recenti interventi giurisprudenziali, in Boll. Trib., n. 3/1997 pag. 183:osserva l’inutilità di assillare i contribuenti, gli operatori commerciali, i consulenti e gli studiosi con una frenetica produzione di tali atti interpretativi se in realtà, all’obbligo di

comunicare la conoscenza, e cioè al dovere di informare, non corrisponde alcun obbligo per l’autorità emanante di rispettare gli orientamenti forniti.

617 Colli Vignarelli A., Considerazioni sulla tutela dell'affidamento e della buona fede nello Statuto dei

diritti del contribuente, in Riv. Dir. Trib., 2001, pag. 675 e seg., Sent. Cass. sez. trib. n. 17576 del 10 dicembre 2002 in il fisco, 2003, fasc. 1, pag. 1-137, Cass. sez. trib n. 7080 del 14 aprile 2004 in www. cortedicassazione.it, Cass. sez. trib. n. 21513 del 6 ottobre 2006 in www.dejure.it, sent. n. 18218 del 5 giugno 2007, in Corr. trib., 2007, pag. 3341, con commento di F. BATISTONI FERRARA, Tutela dell’affidamento e indisponibilità dell’obbligazione tributaria, sent. n. 10982 del 13 maggio 2009 , in Rass. trib., 2009, pag. 1482

618 Morongiu G., Lo Statuto e la tutela dell’affidamento e della buona fede, in Riv. dir. trib. 2008, pag.

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La tutela prevista dal secondo comma dell’art. 10 dello Statuto, costituirebbe una mera specificazione del più ampio principio di buona fede di cui al primo comma, sicché la diretta applicazione del principio generale avrebbe carattere prevalente, tale da impedire anche il recupero del tributo. Il silenzio dell’art. 10, comma 2, relativamente al recupero del tributo non corrisposto dal contribuente, troverebbe spiegazione nella scelta del legislatore di non vietare a priori l’applicazione retroattiva del revirement interpretativo facendola invece dipendere, secondo il principio di buona fede, dall’eventuale assenza nel caso concreto di una situazione oggettiva di affidamento

tutelabile. Secondo alcuni619, dovrebbe esserci anche la sussistenza di uno stato

soggettivo di affidamento da parte del contribuente.

Così facendo, il legislatore avrebbe optato per una soluzione caso per caso

(assicurata dal funzionamento del principio di buona fede oggettiva) piuttosto che una (pericolosa) assoluta vincolatività dell’interpretazione favorevole al

contribuente. Varie sentenze hanno riconosciuto620, in forza della diretta applicazione

del principio di buona fede, l’inesigibilità dell’imposta richiesta dall’amministrazione finanziaria laddove sussista un grado particolarmente intenso e qualificato di

affidamento del contribuente nelle determinazioni precedentemente assunte dall’amministrazione stessa in ordine al presupposto del tributo. In tale prospettiva, l’indisponibilità dell’obbligazione tributaria cederebbe il passo al riconoscimento, effettuato dall’amministrazione finanziaria, della non imponibilità, poi

successivamente disconosciuta dalla stessa amministrazione, capace di fondare un affidamento legittimo di una intensità tale da precludere all’amministrazione di emanare successivi atti impositivi aventi contenuto difforme rispetto alle precedenti

determinazioni rese con riguardo a casi specifici e concreti621.

alla precisione dell’informazione fornita dall’amministrazione, che impedirebbe a quest’ultima di mutare in peius il proprio orientamento, nel rispetto del principio di buona fede

619 In tal senso Colli Vignarelli A., Considerazioni sulla tutela dell’affidamento e della buona fede nello

Statuto dei diritti del contribuente, in Riv. dir. trib., pag. 693.

620 Sent. Cass. sez. trib. n. 17576 del 10 dicembre 2002 in il fisco, 2003, fasc. 1, pag. 1-137, Cass. sez. trib

n. 7080 del 14 aprile 2004 in www. cortedicassazione.it, Cass. sez. trib. n. 21513 del 6 ottobre 2006 in www.dejure.it, sent. Cass. sez. trib. n. 18218 del 5 giugno 2007, in Corr. trib., 2007, pag. 3341, con commento di F. BATISTONI FERRARA, Tutela dell’affidamento e indisponibilità

dell’obbligazione tributaria, sent. n. 10982 del 13 maggio 2009 , in Rass. trib., 2009, pag. 1482

621 Logozzo M., Legittimo affidamento e buona fede nei rapporti tra

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Tale ultimo orientamento, anche a mio avviso è maggiormente condivisibile. Il

principio del legittimo affidamento previsto all’art. 10 comma I dello Statuto dei diritti del contribuente infatti verrebbe esteso non solo alle sanzioni e agli interessi, ma anche all’inesigibilità del tributo stesso, laddove sussistano nel caso concreto, dei comportamenti univoci dell’amministrazione, concretizzati in specifici atti formali resi nei confronti del contribuente, idonei a determinare un grado particolarmente intenso di affidamento rispetto alla generalità dei casi.

E’ da rilevare, però che le più recenti sentenze della Corte di Cassazione622 su tale

questione, escludono che il legittimo affidamento possa comportare l’inesigibilità del tributo, disconoscendo pertanto sia l’orientamento intermedio sopra esposto, sia l’orientamento che garantisce una tutela piena al contribuente.

La più recente delle sentenze623 dispone infatti che: “la L. n. 212/2000, nel tutelare

l’affidamento del contribuente che si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, limita gli effetti di tale tutela alla sola esclusione delle sanzioni e degli interessi, senza incidere in alcun modo

sull’obbligazione tributaria, diversamente dall’art. 11 della medesima legge, il quale, nel disciplinare il caso in cui il contribuente si sia adeguato ad un esplicito responso dell’amministrazione finanziaria, motivatamente espresso in esito alla particolare procedura dell’interpello, prevede la nullità degli atti impositivi che siano in contrasto con l’esito dell’interpello”.

Alcuni624 autori hanno condivisibilmente sostenuto come la distinzione tra legittimo

affidamento e interpello non possa essere così nettamente tracciata. Infatti riguardo gli effetti dei due istituti essi avrebbero matrice comune: il rispetto del principio di buona fede. Apparirebbe forzato, pertanto, non estendere l’effetto tipico di inesigibilità del tributo a seguito di interpello all’ipotesi di legittimo affidamento in determinazioni puntuali e concrete dell’amministrazione finanziaria, che sembrano

di Roma, 19 dicembre 2012, pag. 13

622 Sent. Corte di Cass. n. 15224 del 12 settembre 2012, Sent. n. 21070 del 13 ottobre 2011, sent. n.

19479 del 10 settembre 2009 in Giur. Imp. 2009, n. 5

623 Sent. Corte di Cass. n. 15224 del 12 settembre 2012

624 Logozzo M., Legittimo affidamento e buona fede nei rapporti tra

contribuente e amministrazione, relazione al convegno tenutosi presso l’Università Luiss Guido Carli di Roma, 19 dicembre 2012, pag. 18

(18)

qualificabili a tutti gli effetti come un responso ad un interpello, sia pure irrituale, ma che conduce in sé la medesima esigenza di tutela piena del legittimo affidamento. Al di là dei due distinti orientamenti riguardo l’inesigibilità o meno del tributo sopra analizzati, resta da chiarire, coerentemente con quello che è lo scopo di questo lavoro, se nei casi di legittimo affidamento l’amministrazione finanziaria possa essere ritenuta responsabile, ai sensi dell’art. 2043 c.c., per i danni eventualmente causati al

contribuente a seguito di un mutamento nell’orientamento interpretativo.

Con riferimento all’eventuale responsabilità dell’amministrazione finanziaria è stato

sostenuto625 che, pur dovendo l’amministrazione finanziaria applicare

retroattivamente la nuova interpretazione più sfavorevole al contribuente

coerentemente con quello che è il disposto dell’art. 23 Cost., il contribuente sarebbe comunque legittimato ad agire giudizialmente per il ristoro dei danni subiti a causa

dell’inopinato revirement.

In sostanza, si potrebbe ritenere sussistere una responsabilità civile “da affidamento”, ex art. 2043 c.c. qualora il contribuente, destinatario di informazioni inesatte, risulti ingiustamente danneggiato. Considerare la lesione dell’affidamento quale ipotesi di risarcibilità aquiliana ex art. 2043 c.c. significherebbe considerare la lesione

dell’interesse legittimo al corretto esercizio dell’azione amministrativa626. L’illecito da

parte dell’amministrazione finanziaria si concretizzerebbe con la diffusione presso i contribuenti di informazioni a rilevanza economica inesatte. Il latore di siffatte informazioni può quindi essere ritenuto responsabile dei danni ingiustamente cagionati al terzo che su tali informazioni ha fatto affidamento. Le ipotesi di responsabilità da diffusione di informazioni inesatte aventi come protagonisti

625 Falsitta G., Rilevanza delle circolari interpretative e tutela giurisdizionale del contribuente, in

Rass. trib., 1988, pag. 13 seg. in senso contrario, Della Valle E., L'affidamento nella certezza del diritto tributario, Roma, 1996, pag. 91, secondo cui la frequente opinabilità delle diverse opzioni interpretative in materia tributaria è un dato inconfutabile, sicché il comportamento dell’amministrazione che prima sposa una certa tesi interpretativa favorevole al contribuente e poi ne cambia interpretazione non appare censurabile. L'ipotesi della risarcibilità del danno è prospettata come alternativa rispetto al riconoscimento di forme più ampie di tutela del

contribuente anche da Benatti F., Principio di buona fede e obbligazione tributaria (appunti per una discussione), in Boll. trib., n. 12, 1986, pag. 949 e nota n. 16, Sammartino S., Le circolari interpretative delle norme tributarie emesse dall’Amministrazione finanziaria, in AA. VV., Studi in onore di Victor Uckmar, Padova, 1997, pag. 1077 seg.

(19)

pubbliche amministrazioni sono varie627. La responsabilità “da affidamento” andrebbe

qualificata come responsabilità extracontrattuale e si baserebbe sulla lettura

combinata degli art. 1338 c.c.628 relativo alla responsabilità per la conclusione di un

contratto invalido e l’art. 5 comma I629 del D.p.r. n. 224/1988 in tema di responsabilità

da prodotti difettosi. In particolare da tali articoli si ricaverebbe l’ingiustizia del danno derivante dalla lesione dell’affidamento incolpevole di un destinatario

ragionevolmente prevedibile. Vi sarebbe quindi una responsabilità ex art. 2043 c.c. da parte di chi diffonde informazioni economiche inesatte cagionando un danno ad un soggetto che, ex ante, possa ragionevolmente apparire un loro destinatario semprechè l’informazione costituisca un apposito servizio fornito dal latore. Secondo altra teoria invece la responsabilità in questione si fonderebbe invece sull’ingiustizia del danno ravvisabile nella lesione del diritto di determinarsi liberamente nello svolgimento dell’attività negoziale relativa al patrimonio.

Non sarebbe rilevante in quest’ottica, la disponibilità o indisponibilità del tributo dell’obbligazione tributaria, bensì la responsabilità dell’amministrazione nei confronti del contribuente, dato che l’erronea interpretazione fornita e poi revocata

dall’amministrazione, potrebbe indurre lo stesso a porre in essere operazioni

economiche che altrimenti non avrebbe posto in essere 630.

La tutela dell’affidamento, consistente in una situazione determinata da un precedente comportamento dell’amministrazione finanziaria, costituirebbe applicazione del

principio di buona fede. Più in particolare l’affidamento può intendersi come quella situazione di fiducia sulla stabilità del provvedimento adottato che nasce da una

627 Ad esempio si fa riferimento alla banca che fornisce informazioni inesatte o false circa le condizioni

economiche o la solvibilità di un cliente.

628 Art. 1338 c.c.: “La parte che, conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di una causa di invalidità

del contratto, non ne ha dato notizia all'altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto”.

629 Art. 5 comma I:” Un prodotto è difettoso quando non offre la sicurezza che ci si può legittimamente

attendere tenuto conto di tutte le circostanze, tra cui: a) il modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, la sua presentazione, le sue caratteristiche palesi, le istruzioni e le avvertenze fornite; b) l'uso al quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato e i comportamenti che, in relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevedere; c) il tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione.

630 Logozzo M., Legittimo affidamento e buona fede nei rapporti tra

contribuente e amministrazione, relazione al convegno tenutosi presso l’Università Luiss Guido Carli di Roma, 19 dicembre 2012, pag. 13

(20)

situazione psicologica del suo destinatario, il quale confida sulla legittimità ed opportunità dell’interpretazione in quanto proveniente da una pubblica autorità. Consideriamo ad esempio il caso del contribuente che, confidando nel rimborso del tributo promesso in una circolare che sia stata in seguito revocata, abbia assunto impegni finanziari che, per effetto del mancato rimborso, non è in grado di soddisfare. Nel suddetto caso si verserebbe in una ipotesi di responsabilità civile da affidamento ai sensi dell’art. 2043 c.c. dell’amministrazione finanziaria. In tale caso l’illecito sarebbe causato quindi dalla diffusione di informazioni rilevatesi poi infondate mentre il danno ingiusto sarebbe rappresentato dal danno patrimoniale che il contribuente è costretto a subire per l’impossibilità di far fronte agli impegni finanziaria precedentemente assunti per l’aver confidando nel rimborso del tributo.

Ad ammettere tale tutela sembrerebbe di ostacolo però il fatto che raramente il danno causato al contribuente possa essere imputato, sotto il profilo soggettivo,

all’amministrazione finanziaria. Tra i vari elementi necessari per ipotizzare una tutela aquiliana dell’affidamento, mancherebbe spesso l’elemento della colpa. Occorre infatti considerare che, riflettendosi l’oggettiva incertezza di gran parte delle disposizioni tributarie sulla relativa interpretazione, questa risulta oltremodo complessa anche per l’amministrazione finanziaria. La frequentissima opinabilità delle diverse

interpretazioni è dunque in materia tributaria, un dato inconfutabile, sicchè il comportamento dell’amministrazione finanziaria che prima sposa una tesi interpretativa favorevole al contribuente e poi si ricrede, spesso non appare

censurabile. Viceversa questa mancanza di colpa, non si verificherebbe accedendo alla tesi secondo cui la colpa è in re ipsa laddove l’informazione inesatta provenga da un

soggetto che professionalmente fornisce informazioni631.

A mio avviso la responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria può configurarsi solo nel caso in cui le erronee informazioni inizialmente fornite dall’amministrazione finanziaria siano state rese in violazione delle regole di imparzialità e di correttezza

631 Falsitta G., Rilevanza delle circolari interpretative e tutela giurisdizionale del contribuente, in

Rass. trib., 1988, pag. 13 seg., Della Valle E., L'affidamento nella certezza del diritto tributario, Roma, 1996, pag. 175. Nel senso della colpa in re ipsa parrebbe condurre la sentenze 500/1999 laddovè stabilisce che deve sussistere la colpa non del funzionario agente ma della pubblica amministrazione intesa come apparato.

(21)

alle quali l’azione amministrativa deve conformarsi, anche in forza dell’art. 10, I comma dello Statuto, ed il danno consista in un pregiudizio patrimoniale diverso dal semplice pagamento dell’imposta dovuta.

Nel caso in cui ad esempio il mutamento interpretativo si riferisca ad un tributo dovuto ritengo che l’unica tutela fornita al contribuente sia data solo dal non pagamento degli interessi e delle sanzioni così come previsto dall’art. 10 II comma dello Statuto. Il non pagamento degli interessi e delle sanzioni è correttamente giustificato dal fatto che il mancato pagamento del tributo è dovuto all’informazione data dall’amministrazione finanziaria poi modificata. In generale ritengo però che in questo caso non vi possa essere il risarcimento di un danno ex art. 2043 c.c. in quanto il contribuente, con il mutamento interpretativo, è tenuto a pagare un’imposta il cui onere economico egli avrebbe comunque dovuto sopportarlo già in precedenza, ove la norma avesse avuto sin dall’origine corretta interpretazione. Questo di per sè non comporta alcun danno risarcibile, proprio perché, una volta riconosciuta la disapplicazione delle sanzioni e degli interessi ai sensi dell’art. 10, 2° comma, dello Statuto, il pagamento dell’imposta non può ritenersi “ingiusto” ai sensi dell’art. 2043 c. c.

Con riferimento invece alla risposta fornita dall’amministrazione finanziaria a seguito di interpello l’eventuale atto di accertamento emesso in difformità alla risposta data al

contribuente è da considerarsi nullo632. C’è un dovere di autotutela da parte

dell’amministrazione finanziaria che in tal senso può essere sollecitata dal contribuente a che l’atto in questione venga annullato. In caso di mancato annullamento dell’atto illegittimo potrà configurarsi una responsabilità civile dell’amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 2043 c.c. per i danni subiti dal

contribuente. Tale ipotesi rientra nell’ipotesi di responsabilità e risarcimento del danno per mancato annullamento di un atto impositivo illegittimo analizzata nel precedente capitolo 3 a cui si rimanda.

632 La risposta è fornita dall’amministrazione finanziaria a seguito della richiesta del contribuente

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