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CAPITOLO III Il controvertice

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Academic year: 2021

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CAPITOLO III

Il controvertice

In queste pagine verrà proposta una cronaca dei fatti che hanno attraversato i sei giorni che intercorsero tra Lunedì 16 e Domenica 22 Luglio 2001, data che si vedrà nel prossimo capitolo, sarà caratterizzata oltre che dalle consuete cerimonie e comunicazioni ufficiali a termine dei lavori, dalle prime stime dei danni, dalle prime notizie sui fatti della Scuola Diaz e testimonianze relative alla caserma di Bolzaneto, una delle due sedi distaccate dell’ufficio matricole della Polizia Penitenziaria.

Il racconto dei fatti, sebbene noto attraverso le cronache dei media e delle numerose pubblicazioni in merito, è utile a fissare il contesto al cui interno si è sviluppata la violenza delle parti in causa.

L’escalation cominciata due anni prima, caratterizza anche la settimana delle iniziative, fino ad arrivare al suo apice nelle giornate del 20 e 21 Luglio, sulle quali si concentrerà principalmente la narrazione.

Gli attori principali dello scenario delle giornate del G8 sono stati sicuramente gli operatori delle Forze dell’Ordine e una parte degli attivisti che, in modo premeditato o trascinati dalla concitazione del momento, hanno messo in atto una sorta di “guerriglia urbana”.1 Si vedrà come il termine “Black Bloc” con cui le frange più violente sono state identificate (termine che verrà comunque usato in queste pagine per comodità, ma a cui si cercherà di dare un’accezione diversa) hanno in alcuni casi utilizzato una tecnica dello scontro di piazza di notevole innovazione rispetto a quella utilizzata nel corso delle contestazioni agli altri vertici.

Solitamente la documentazione sui fatti del G8, compresa quella di origine giudiziaria, ha focalizzato l’attenzione su singoli momenti delle violenze o su singole porzioni della città, una metodologia di analisi condizionata dalle finalità tese ad accertare le responsabilità su episodi ben determinati (per ciò che riguarda le informazioni giudiziarie) o a denunciare particolari situazioni (nel caso delle pubblicazioni del Movimento o dei mass-media). Tuttavia è il quadro generale di “battaglia” che ha conferito a quelle giornate il carattere di evento eccezionale.

Si vedrà nella conclusione del capitolo come gli avvenimenti di quei giorni, seguendo una prospettiva di analisi che si potrebbe definire gestaltica, dove cioè la panoramica complessiva è altro rispetto alla semplice somma dei diversi episodi, travalicano i normali confini della questione di ordine pubblico.

Le giornate precedenti il 19, giorno fissato per il primo grande corteo sull’immigrazione, sono scandite da un lato da numerosi incontri e dibattiti che si tengono all’interno della cittadella (l’area cittadina in cui vennero individuate le strutture, concesse dagli enti locali, per l’accoglienza dei manifestanti e le iniziative) e dall’altro dall’attività di prevenzione e al contrasto di eventuali disordini da parte delle Forze dell’Ordine.

La dimensione di escalation verso un inasprirsi irreversibile del clima di tensione si contende lo spazio mediatico con gli avvenimenti mondani e istituzionali del G8 ufficiale, poco spazio (prossimo allo zero se si esclude un articolo della Giornalista Miriam Giovanzana, la direttrice del mensile “Altreconomia”2 viene riservato invece alle iniziative “di contenuto” realizzate dal Genoa Social Forum che in realtà occupano gran parte del tempo.3

1

Il termine “guerriglia urbana” ha subito una modifica (strumentale?) della sua accezione. Si definiva come “guerriglia urbana” sia una modalità ben precisa di affrontare il conflitto bellico all’interno delle aree urbane, sia una pratica di lotta tipica degli “anni di piombo” in cui erano coinvolte da un lato le FFOO e dall’altro formazioni clandestine anche di stampo terroristico. Nella storia recente la GU andava quindi a costituire un livello specifico dell Lotta Armata. Di recente il termine viene usato per evidenziare l’aspetto violento, e caricarlo di una connotazione criminale, del fenomeno dello scontro di piazza. Per questa ragione nel testo viene virgolettato in quanto si tratta, a parere di chi scrive, di un uso improprio e fuorviante del termine. Sulla guerriglia urbana propriamente intesa può interessare la lettura del “Piccolo manuale della Guerriglia Urbana” di Carlos Marighella (membro della Acao Libertadora Nacional, formazione lottarmatista attiva nel Brasile degli anni ‘70) disponibile anche on-line (http://www.bibliotecamarxista.org/marighella/opuscolo-marighella-2.pdf)

2“Dunque `e quasi un destino. L’inizio di questo Public Forum `e nella palestra di una scuola.Un ambiente informale, per fortuna non

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Secondo quella che potrebbe essere definita l’idea più diffusa del diritto ad esprimere il proprio dissenso, in una società democratica le manifestazioni dovrebbero essere legittime e costituzionalmente garantite, salvo eccezioni dovute a motivate esigenze di ordine pubblico.4

La preparazione del G8 di Genova ha avuto sin dall’inizio, se non altro nelle parole di chi ne ha curato i dettagli organizzativi, l’ambizione di perseguire questo obiettivo. Tale doveva essere lo scopo, si è visto dalle audizioni dei rappresentanti delle istituzioni nella Commissione parlamentare d’indagine e in quelle dei vertici della Polizia, per cui era stata predisposta la divisione della città e la fortificazione della Zona Rossa: garantire lo svolgimento sia del vertice che della relativa contestazione, dimostrare che potevano coesistere le due facce della globalizzazione e che gli esponenti dei governi avrebbero garantito e aperto il confronto al dissenso e alle istanze espresse dal movimento.

Quello che in realtà è stato percepito e registrato anche dalle fonti giornalistiche è la chiusura di un’intera città alle migliaia di persone accorse per protestare contro la riunione ufficiale. Si deve tener conto del fatto che le ragioni di sicurezza e i metodi usati per garantirla, seppure risultano familiari a chi è preposto al controllo, restano sconosciute o comunque di scarso interesse per la maggiornaza delle persone. Anzi nella maggior parte dei casi vengono lette come segno di un potere arrogante, quando non come un’ingiustificabile spesa di denaro pubblico.

Quella che era stata annunciata e dipinta dalle cronache come una città divisa prende forma e si concretizza a partire dal Lunedì precedente il G8: sbarramenti, distribuzione dei “Pass”, prime perquisizioni ai veicoli e interdizioni. Le strutture per l’accoglienza dei manifestanti tardano ad essere rese accessibili e all’organizzazione dispendiosa e capillare del vertice istituzionale fa da controaltare quella basata sul lavoro dei volontari, spontanea e radicalmente organizzata del Genoa Social Forum.

Questo il panorama cittadino (ma anche nazionale, considerati i numerosi arrivi, i treni speciali previsti, la contrattazione sull’apertura delle stazioni principali e il coordinamento tra realtà genovesi e gli altri territori che avrebbero dovuto aorganizzare il proprio arrivo in massa) all’inizio della settimana.

Non mancano le note di colore, su cui si soffermano volentieri i giornalisti, come quella sull’ordinanza comunale relativa al divieto di stendere all’esterno delle abitazioni il proprio bucato per esigenze di decoro urbano5

. Nel frattempo i lavori procedono verso la conclusione.

dell’ordinevenute da fuori per queste settimane calde). Trecento, forse quattrocento personesedute in palestra per due ore il mattino, quattro ore il pomeriggio. Non c’`e la traduzione simultanea promessa nelle scorse settimane dalla Regione, e ci si arrangia con ottimi traduttorima in consecutiva: significa che i tempi si raddoppiano. I relatori stranieri parlanoin francese, inglese, spagnolo, portoghese e i traduttori traducono, molto bravi, professionalianche se non hanno le cuffie e lavorano a braccio. E, allo stesso modo e con gli stessitempi, i relatori italiani vengono tradotti in inglese. Tutti, perch´e moltissimi tra quelli chegi`a oggi sono arrivati a Genova sono stranieri. Prendono aria accampati fuori dalla scuolaDiaz che per questo primo giorno ospita il Public Forum. E, la cosa incr edibile `e che,nonostante tutte le difficolt`a e le improvvisazioni e gli imprevisti il Public Forum c’`e e

funziona. E la gente continua ad arrivare. Tante donne. Il popolo di Seattle `e un popololargamente femminile. Forse bisogner ebbe incominciare a vederlo.” Da un articolo di Miriam Giovanzana citato in C. Gubitosa, “Genova nome per nome. Le violenze, i responsabili, le ragioni: inchiesta sui giorni e i fatti del G8”, AltraEconomia edizioni, Milano, 2003 pag.120.

3

Un elenco dettagliato, provvisto di titoli dei dibattiti, interventi e rispettivi relatori ed ospiti internazionali è ancora disponibile sul sito ufficiale del Genoa Social Forum http://processig8.org/GSF/index.html

4

Il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza recita, all’art. 18: “I promotori di una riunione in luogo pubblico [o aperto al pubblico], devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al questore. È considerata pubblica anche una riunione, che, sebbene indetta in forma privata, tuttavia per il numero delle persone che dovranno intervenirvi, o per lo scopo o l’oggetto di essa, ha carattere di riunione non privata (1 ). I contravventori sono puniti con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da € 103 a € 413. Con le stesse pene sono puniti coloro che nelle riunioni predette prendono la parola (2 ). Il questore, nel caso di omesso avviso ovvero per ragioni di ordine pubblico, di moralità, o di sanità pubblica, può impedire che la riunione abbia luogo e può, per le stesse ragioni, pres crivere modalità di tempo e di luogo alla riunione.” (da http://www.siulp.it/siulp/wp-content/risorse/2013/07/tulps.pdf ).

5

“I panni stesi ai davanzali sono molto "local", ma anche molto global. Fanno parte dell'iconografia mediterranea mondializzata dal turismo, e mica dall'altro ieri: non ci fu Grand Tour, potete scommetterci, che non impresse nella retina del viaggiatore colto, tra tante vestigia, anche quello sbandierare di vesti.[...]Vogliamo sperare, dunque, che la comica intimazione data ai genovesi dal loro sindaco -

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Per la cronaca delle giornate viene predisposto un centro stampa presso i Magazzini del Cotone, nel Porto Vecchio. Le dirette televisive, già iniziate, riguarderanno tutte le trasmissioni telegiornalistiche oltre a diversi talk show. La rete locale Primocanale riserverà al G8 un aggiornamento non-stop 24 ore su 24 per le giornate del vertice.

In piazza sono presenti anche numerosi registi per un’iniziativa dal nome “Il Cinema Italiano a Genova” da cui nasceranno numerosi dei film documentari che costituiscono anche un’importante fonte per questo lavoro e testimonieranno diversi eventi drammatici legati alle contestazioni.

Il Genoa Social Forum insedia il proprio Quartier Generale presso le scuole Diaz-Pascoli e Pertini, poco lontane dal lungomare Corso Italia e dalla stazione di Genova-Brignole. Presso di esse viene allestito un centro stampa che ospiterà numerosi giornalisti di alcune importanti testate, reporter freelance e un legal forum cui fanno capo i numerosi avvocati che si sono resi disponibili a fornire un supporto legale ai manifestanti. È presente anche un presidio composto da volontari del settore sanitario con il compito di fornire i primi soccorsi ed un’assistenza minima ad eventuali feriti, per evitare di ricorrere al servizio ospedaliero (che si prevedeva sovraccarico) in situazioni in cui sarebbe bastato un livello di assistenza di base.

Nel contempo continua l’esodo dei cittadini e delle cittadine Genovesi. Gli effetti della propaganda mediatica tesa a costruire un’atmosfera di tensione sono quelli di far prendere a Genova il volto di una citta simile a quelle teatro di operazioni belliche, i paragoni con la Sarajevo della guerra balcanica sono all’ordine del giorno fra i giornalisti con un passato da cronisti di guerra.

A controbilanciare l’esodo sarà l’affluenza di personale delle numerose delegazioni, agenti delle varie Forze dell’Ordine impegnate nei servizi di sicurezza e di ordine pubblico, personale delle Forze Armate e soprattutto migliaia di manifestanti accorsi già dai primi giorni della settimana.

Il Genoa Social Forum appronta per l’accoglienza, oltre ai punti di convergenza e le aree attrezzate, una mappa cittadina fornita di numeri e contatti utili di Bed&Breakfast, Campeggi e l’iniziativa “Adotta un manifestante” che promuove l’ospitalità nelle case dei Genovesi che danno la loro disponibilità.

Alla vigilia dell’apertura del Public Forum sono ancora da definire alcuni dettagli della logistica; restano infatti da terminare le strutture di Piazzale Kennedy che dovrebbero ospitare i dibattiti e la consegna ufficiale di alcune strutture della Provincia, definita solo a metà settimana.

3.1 Le giornate inaugurali, le prime iniziative e il clima disteso.

La settimana della protesta contro il G8, interamente organizzata e gestita dal Social Forum genovese, si apre il 15 Luglio, ma la sessione di incontri e l’assemblea plenaria di apertura ufficiale del Forum si tiene nel pomeriggio di Lunedì 16.

La mattina del 16 i lavori del Public Forum si aprono con una prima sessione tematica dal titolo “Lotta alla povertà ed alle disuguaglianze”, nel pomeriggio l’apertura ufficiale del Forum con la prima assemblea plenaria. Come accennato nell’introduzione a questo capitolo, gli eventi legati ai dibattiti ed alle iniziative politiche costruite dal Gsf non hanno catturato l’attenzione mediatica. Tuttavia nella pubblicazione già citata di Gubitosa vi è dedicato (giustamente) un ampio spazio, non solo rispetto alla sintesi ed alla successione degli interventi.

niente bucato appeso, gente, durante il G8 - abbia come causa, o perlomeno come concausa, lo sfinimento patito dal medesimo sindaco per avere avuto in groppa, ormai da settimane, il Presidente ridens, che gli diceva che cosa mettere e togliere, che cosa spostare e modificare, per suggerire infine che tutta quella biancheria appesa non era dignitosa. Così non fosse, se cioè il sindaco Per icu avesse agito, come si dice, per un suo intimo convincimento, bisognerebbe pensare che davvero tra destra e sinistra non c'è più differenza alcuna, e anzi c'è la più sintonica delle concertazioni: se la destra mal sopporta le mutande, la sinistra se le toglie.” Da “Mutande Globali”, articolo di M. Serra su “La Repubblica” del 16/07/2001

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L’autore è attento a mettere in risalto le parole d’ordine e i passaggi dei dibattiti che avrebbero potuto e dovuto occupare maggiormente le colonne dei quotidiani ed essere oggetto di analisi nei salotti televisivi.

Rispetto alla prima giornata, oltre al citato articolo della direttrice di Altreconomia, Gubitosa cita brani di diversi relatori tra i venti che prendono parola nell’incontro-dibattito della mattina e nella plenaria inaugurale del pomeriggio. Le pagine del volume meriterebbero di essere citate integralmente per la loro completezza descrittiva, ma si tratta di un lavoro davvero consistente. Inoltre in questa sede interessa maggiormente analizzare il peso che gli episodi di violenza e le dinamiche di piazza hanno avuto in quelle giornate e negli anni successivi.

Particolarmente significativo, per incisività e sintesi, è stato un passo dell’intervento introduttivo di Susan George6 nel corso dell’assmblea plenaria da lei introdotta e coordinata:

“questo `e il primo movimento di massa nella storia che non sta chiedendo assolutamente niente per se stesso, ma vuole semplicemente giustizia per il mondo intero, e questa settimana siamo a Genova per costruire questo mondo, un’altra democrazia, e per far s`ı che il G8 ci ascolti.”7

Parole che per la loro efficacia sono state riprese più volte come simbolo di ciò che il controvertice stava realmente producendo e di cosa è stato annebbiato dagli scontri di piazza.

Le parole della George sono preziose anche, a parere di chi scrive, in quanto trasmettono con immediatezza e precisione la natura del Movimento dei Movimenti e i suoi obiettivi che solo simbolicamente si riducono alla violazione della Zona Rossa nei giorni del Luglio 2001.

Altrettanto importante in questo senso è la citazione dell’intervento di Mario Agostinelli della Cgil Lombardia che, riferendosi alla tensione che ha preceduto la settimana del G8 e ne abbraccia tutto il procedere afferma:

“quando in Italia il movimento operaio `e passato dai diritti individuali ai diritti sociali e ha chiesto democrazia in fabbrica, il terrorismo ha colpito. Adesso che questo movimento chiede diritti sociali partecipati, la violenza torna ad essere un problema, e noi che abbiamo fatto il movimento operaio dobbiamo essere in grado di esorcizzarlo.”

Al di là del singolo caso della Miriam Giovanzana i quotidiani italiani ed esteri concentrano la loro attenzione principalmente sui numeri e i disagi attesi per le giornate, riservando alcune righe o qualche trafiletto alla programmazione ed allo svolgimento dei dibattiti che vengono presentati come semplici eventi culturali. Leggermente fuori dal coro è “L’Unità” del 16 Luglio, che riserva alcune pagine ai temi della contestazione. Diverso, come si è detto, è il posto occupato dalle notizie relative ad esempio ai dati numerici per le spese dedicate all’organizzazione del summit8

e l’aggiornamento sulla realizzazione della Zona Rossa che assume la sua forma definitiva nelle giornate tra il 16 e il 18.

In linea con la campagna che ha preceduto la settimana centrale del mese di Luglio, le cronache insistono sugli aspetti meno politici dell’evento. Sempre sui quotidiani del 16 viene dato spazio a notizie di mobilitazioni annunciate per opporsi alla chiusura delle stazioni centrali della città ligure, in particolare quella di Brignole, che sarà quella più interessata dagli arrivi dei manifestanti nei giorni successivi.

Bloccheremo, invece, i treni dei signori, quelli degli uomini d' affari. Sarà questa, in tutte le stazioni delle più grandi città italiane, la nostra risposta alla decisione di chiudere la stazione di Brignole. Al di là del significato simbolico, non poter arrivare a Brignole creerebbe gravi problemi organizzativi, significherebbe frammentare in mille rivoli la grande manifestazione di sabato prossimo. Quella del Governo è una provocazione, è cercare a tutti i costi l' incidente, creandone i presupposti. annuncia

6 Direttrice del Transnational Institute di Amsterdam, Si tratta di un centro studi no-profit fondato in Olanda nel 1974. 7

Il passo come quello successivamente citato, sono entrambi tratti da “Genova nome per nome”, cit.

8

“Quattrocento miliardi per il vertice di Genova, Da Roma ne arrivano 176, dagli enti locali 200: ecco quanto costerà” titolo de “La Stampa” del 16/07/2001, nell’articolo si elencano le diverse voci di spesa.

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Luciano Muhlbauer, uno dei portavoce del Network per i diritti globali, il movimento che raggruppa la Confederazione Cobas, l' 80 per cento dei Centri Sociali italiani9

Notizia a cui viene affiancato il significativo confine tracciato tra i diversi approcci nei confronti della protesta annunciata per il venerdì successivo. Al di là delle considerazioni sull’intenzionalità degli effetti creati dal susseguirsi di queste cronache, di fatto emerge dalle colonne dei giornali un quadro abbastanza torbido della massa di manifestanti che si accinge ad arrivare nel capoluogo in quelle ore. L’immagine è quella di persone pronte allo scontro. Lo stesso articolo qui citato di Repubblica, dopo aver dato voce anche alla linea più morbida tenuta dal Genoa Social Forum che annuncia l’organizzazione di autobus per creare un collegamento tra le strutture d’accoglienza e le stazioni in cui eventualmente sarebbero stati fatti fermare i treni speciali messi a disposizione dalle Ferrovie dello Stato, dedica qualche riga anche alle modalità della protesta annunciate dai vari gruppi per la giornata dedicata alle piazze tematiche e all’assedio della Zona Rossa. Anche in questo caso, dopo aver sottolineato che le intenzioni del Gsf sono assolutamente di carattere simbolico e non violento, aggiunge:

Cobas e Centri Sociali annunciano una protesta molto meno simbolica: «Rispetteremo la città ed i suoi abitanti, ma non i simboli delle politiche di globalizzazione liberista, come quelle vere e proprie imprese della precarietà che sono le agenzie del lavoro interinale. E, naturalmente, non rispetteremo i presidi delle multinazionali»10

Sulle stesse dichiarazioni insistono anche “L’Unità” e “La Stampa”dello stesso giorno; nel relativo articolo del quotidiano piemontese si aggiungono particolari numerici alle dichiarazioni di Malhbauer:

“I blocchili faremo in tutti i nodi delle FS- annuncia Mulhbauer-la chiusura di Brignole è un grave atto simbolico, politico e pratico. Prima hanno visto fallire il tentativo di dividerci, ora cercano di impedire a migliaia di manifestanti di arrivare a Genova: i blocchi sono stati ideati per creare incidenti.” Il tam-tam della rivolta snocciola le cifre dell’invasione annunciata: trenta treni speciali, migliaia di pullman che convergeranno da qui al 19 mattina, su Genova [...]ad attendere quest’esercito, trentamila volontari del Genoa Social Forum [...] resta senza soluzione il “giallo” della nave che doveva salpare da [Napoli] con a bordo un migliaio di ribelli[...]11

La scelta del linguaggio è significativa: si passa dall’allusione di Repubblica ad una “protesta molto meno simbolica” per arrivare alla terminologia attinta dal linguaggio tipicamente militare della Stampa che si riferisce ai manifestanti come “ribelli, esercito” e ne annuncia l’arrivo come “invasione”.

Capita di chiedersi come sia possibile che lo sforzo organizzativo del Gsf che è riuscito a strutturare una settimana di iniziative serrate con la partecipazione di centinaia di relatori, concerti ed altre occasioni di ritrovo, senza contare l’immensa capacità di gestione degli aspetti logistici e tutto con un costo minimo per gli enti locali che si sono limitati a fornire le strutture, sia passato in secondo piano se non completamente ignorato dalle cronache. La spiegazione più probabile è che la proposta di contenuti, le argomentazioni spesso poco comprensibili ad un’opinione pubblica assuefatta al sensazionalismo mediatico e che presuppongono una grande capacità di collegare il quotidiano con una dimensione dei problemi di carattere in apparenza più evanescente, vengano superate dall’interesse che tematiche meno “alte” (e perciò più digeribili dal grande pubblico) hanno rivestito.

Ciò che spezza la monotonia delle parole e dei lunghi discorsi è la sensazione di pericolo, la ricerca di adrenalina, l’essere spettatori dell’estremo. Ecco che la violenza, o il suo timore, anche se lontana nello spazio

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Da “La Repubblica” del 16/07/2001

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Ibidem

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acquista un’attrattiva maggiore. La cronaca nera “vende” meglio, motivo per cui le prime pagine ne sono spesso ricche.

L’immagine fantastica dell’esercito di invasori si concretizza con la notizia dei primi successi ottenuti dal filtro posto in essere dalle Forze dell’Ordine sulle frontiere o all’ingresso di Genova.

Vengono effettuati i primi fermi, emessi i primi fogli di via e perquisite auto e persone12.

Ma il 16 Luglio a Genova l’apertura dei lavori del Public Forum avviene in un’atmosfera ancora più tesa a causa di un avvenimento di cui i quotidiani daranno notizia il giorno successivo: intorno alle 10:00 del mattino presso la caserma dei Carabinieri di San Fruttuoso, poco distante dalla Cittadella del Gsf, una busta anonima contenente un ordigno di fabbricazione artigianale nascosto in un portafoglio e confezionato con alcuni grammi di esplosivo al plastico, esplode tra le mani del carabiniere Stefano Storri, un ausiliario di 20 anni, che riporta gravi lesioni all’occhio destro, alle mani ed al torace.13

La sera stessa un altro allarme annuncia la presenza di un furgone sospetto parcheggiato nei pressi dello stadio Carlini che ospita l’accampamento dei Disobbedienti. All’interno del furgone è posizionato un rudimentale ordigno incendiario, composto da alcuni fili elettrici collegati ad una tanica di benzina.

Ai timori e alla tensione dei mesi precedenti si aggiunge quindi la minaccia concreta di una violenza che va al di là dei paventati disordini di strada.

Gubitosa intitola il paragrafo sulla narrazione delle prime giornate “Le bombe oscurano il Forum” proprio a significare il peso che tali avvenimenti hanno avuto sulla lettura di tutto quello che si verificherà a Genova dal 16 in poi. Ecco giustificate le allusioni, le parole utilizzate dai giornali e dalle istituzioni. Ecco il salto di qualità rispetto ai vertici precedenti. La notizia varca l’oceano e viene riportata dal NY Times:

A letter bomb went off at a police station in Genoa, where the Group of 8 summit meeting begins on Friday, wounding one officer and heightening preconference jitters. The police destroyed a suspicious van that had been parked for days in front of another police station. With tens of thousands of antiglobalization protesters expected, Italy plans to close airports, deploy thousands of soldiers and police officers and install a missile defense to secure the city.14

Alla notizia dei ritrovamenti il Gsf si esprime con un comunicato ufficiale sottolineando:

“Non è casuale che questo attentato avvenga nel giorno di apertura delle mobilitazioni del Genoa Social

Forum. Proprio oggi inizia il Public Forum con 200 ospiti, di cui oltre 50 relatori provenienti dal Sud del mondo. L'attentato cerca di chuiudere la bocca alle nostre ragioni. Non vorremmo che qualcuno volesse riproporre una strategia della tensione, che in Italia è sempre stata contro i movimenti. E' compito di tutti abbassare la tensione. Per questa ragione rinnoviamo l'appello al Governo a ripensare a tutte quelle

12

“Non potranno essere alla manifestazione contro il G8. Anzi, per i prossimi tre anni non potranno proprio mettere piede a Geno va, pena l' arresto immediato. Succede a cinque ragazzi torinesi, il più grande di quali ha solo 26 anni. Sono un attivista dei Cobas e quattro autonomi del centro sociale Askatasuna. Ieri mattina sono stati fermati dalla polizia mentre a bordo della loro Punto uscivan o dal casello di Genova Est. Perquisendo la loro auto, gli agenti hanno trovato due taglierini, il manico di una vanga e uno striscione con una frase di Shakespeare: «Viviamo per calpestare i re». Il conducente dell' auto si è giustificato dicendo che, facendo l' edicolante, i due cutter gli servono per aprire i pacchi di giornali, mentre il bastone è usato solo per mescolare la colla dei manifesti. La polizia però non ha creduto alle loro parole e li ha denunciati per porto di strumenti atti ad offendere. Tutti e cinque, sono stati poi colpiti dal foglio di via che impone di lasciare il territorio comunale e in questo caso di non farvi ritorno per almeno tre anni.” Da “La Repubblica” del 16/07/2001 e “Sequestrati in un furgone bastoni e maschere sette giovani tedeschi rimandati in patria” da “La Repubblica” del 17/07/2001 13“[...]il 16 luglio, il carabiniere Stefano Storri è stato gravemente ferito per l'esplosione di un ordigno occultato in un portafoglio recapitato tramite il servizio postale presso la stazione di Genova San Fruttuoso. Il militare, che nella circostanza ha riportato la lesione corneale dell'occhio destro, varie fratture alla mano destra con esposizione dei muscoli e ferite al viso ed al torace, è sta to sottoposto ad intervento chirurgico e dimesso dall'ospedale San Martino di Genova, nella giornata di ieri(7 Agosto 2001, ndr), con un lungo periodo di convalescenza.”dall’audizione del Gen. Alberto Siracusa, Comandante Generale dell’Arma dei Carabnieri,presso la Commissione Parlamentare d’indagine conoscitiva, seduta n.2 dell’8/08/2001.

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iniziative (blocco delle frontiere, chiusura delle stazioni, barriere di 5 metri di altezza a chisura del centro cittadino), che sono inutili per il controllo dell'ordine pubblico e servono solo a creare un clima di esasperazione. Nessuno pensi di utilizzare questa bomba per restringere ulteriormente gli spazi di agibilità democratica.”15

Le notizie vengono divulgate dai giornali e dai servizi televisivi la mattina del 17 Luglio aprendo con una prima nota triste anche la seconda giornata che comincia alle 9:30 con la prima sessione tematica “La globalizzazione e il lavoro” a cui seguono nel corso della giornata, fino a sera, la sessione “Quali spazi pubblici per il sapere, la plenaria pomeridiana “Quali meccanismi per la democrazia globale” e la sessione tardo-pomeridiana “A chi serve la liberalizzazione del commercio? Il punto sulla prossima sessione del WTO” e “Genere e cittadinanza”. Nel corso della mattinata alcuni attivisti dell’associazione ambientalista Greenpeace contestano le politiche americane colpevoli del mancato rispetto dell’ambiente e della reticenza a sottoscrivere gli accordi internazionali relativi alla salvaguardia del Pianeta. Nel corso dell’azione di protesta si incatenano alla fiancata della petroliera “Clare Spirit”, ferma in rada nel porto di Vado Ligure, per interrompere le operazioni di scarico di 80.000 tonnellate di petrolio greggio. Il tutto avviene dopo un “arrembaggio” effettuato con tre gommoni, dei quali solo uno riesce a sfuggire al blocco della Capitaneria di porto. In un comunicato diffuso da Greenpeace si spiega che l’obiettivo della contestazione ambientalista è quello di “puntare i riflettori su chi sta manovrando per l’affossamento definitivo del protocollo di Kyoto”, e che l’azione di protesta “precede di tre giorni sia il G8 che la ripresa dei negoziati sui cambiamenti climatici di Bonn. Nel corso di questi incontri, infatti, si deciderà il destino del Protocollo di Kyoto, messo a repentaglio dal presidente Bush e dall’industria petrolifera americana”.16

Come la giornata precedente però anche quella del martedì è segnata da un aumento della tensione. Nessun pacco bomba stavolta, ma una catena di falsi allarmi paralizza parte della città e tiene impegnate le forze dell’ordine17

. La forma degli eventi si adatta al profilo delineato nelle fasi che hanno preceduto il Luglio 2001, la pista seguita dagli inquirenti per gli attentati del 16 e gli allarmi del 17 è quella anarco-insurrezionalista. Non ci sono però rivendicazioni ufficiali e chi indaga si limita a dire: “Colpiranno ancora.” Che il G8 fosse un bersaglio potenziale del terrorismo di qualsiasi matrice lo aveva già annunciato il Presidente della Commissione Parlamentare di controllo sui Servizi Segreti (cfr. Cap. 2), ma l’analisi del Gsf e di Agnoletto riportata poco sopra si dimostrò più pertinente alla realtà dei fatti.

Che anche il movimento sia politicamente sotto attacco lo dimostra la lettera anonima inviata al Sindaco di Genova Giuseppe Pericu al cui interno vi erano due proiettili calibro 38 special e due fotografie ritraenti Vittorio Agnoletto e Luca Casarini. Gli interessati vengono informati dalle autorità solo il giorno dopo. Non c’è dubbio che l’essere destinatari di una missiva dai contenuti esplicitamente rivolti alla violenza possa, specialmente in ore cariche di tensione, contribuire ad esasperare gli animi; la lettura più plausibile però è che si sia voluto far emergere una mancanza di coesione all’interno degli schieramenti e far credere che chi in quei giorni si recava a Genova non per manifestare un dissenso, ma per compiere devastazioni fosse disposto a rivolgere la violenza in ogni direzione, comprese le frange meno radicali del movimento.

15

Dal comunicato ufficiale del Genoa Social Forum, http://processig8.org/GSF/press16.htm

16

Da C.Gubitosa “Genova nome per nome”, cit.

17

“Il 17 luglio si succedono otto i falsi allarmi in varie zone della città che gettano nel panico la popolazione e hanno ampia ricaduta sui media. Gli artificieri delle forze dell’ordine, che dichiarano subito di seguire nelle loro prima indagine la pista “anarchico-insurrezionalista” intervengono, a partire dalla mattina: alla stazione ferroviaria di Principe, a Cornigliano, a via Gobetti a via Cinque Dicembre, di nuovo alla stazione di Principe, a via Giotto, di fronte alla caserma della compagnia San Martino dei Carabinieri, nei pressi dello Stadio Carlini.” Dal memoriale del Genoa Social Forum, allegato agli atti della Commissione Parlamentare d’Indagine Conoscitiva, seduta n.9 del 6/09/2001.

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Del resto tale lettura è confermata dall’affissione nei locali del Gsf in via C. Battisti di manifesti che annunciavano, in diverse lingue, la decisione di un neonato “International Genoa Offensive” di voler invadere la Zona Rossa18. Il manifesto, stando a dichiarazioni comparse sull’opuscolo “Io sono un Black Bloc” redatto da autore o autori anonimi, era stato tradotto in più lingue per poi essere affisso all’interno delle bacheche dei dormitori del Gsf. I volontari del Media Centre strapparono il comunicato. Quest’episodio sembra aver segnato l’allontanamento definitivo tra il movimento e le frange “Black Bloc” e di conseguenza la fine di ogni possibilità di mediazione sulle pratiche della protesta.

Non si può dire con certezza se esista una reale connessione tra gli ordigni del Lunedì, la lettera minatoria e gli annunci di invasione, ma il dato di fatto è sicuramente l’emersione di un divario sia di tipo metodologico, sia nelle modalità della comunicazione e nel linguaggio politico. Del resto la volontà di voler violare la Zona Rossa è l’obiettivo dichiarato da tutte le sigle che componevano il Social Forum, ognuno con i propri metodi. Il Gsf ha però sempre impostato la propria azione politica sul dialogo, anche fortemente in contrapposizione, con le istituzioni e sull’utilizzo dei mass-media vecchi e nuovi per far circolare le proprie analisi. Inoltre il metodo assembleare, articolato sia a livello internazionale e nazionale, sia nei singoli territori, è sempre stato sovrano nel ratificare le decisioni. Ovviamente ciò ha reso indispensabile la capacitàdi costruire internamente dei compromessi basati a volte su un difficile equilibrio e sicuramente ha costretto diverse componenti a rivedere le proprie modalità in vista di quelle giornate. Fatti noti a tutti, interni o no al Movimento. Alla luce di questo ragionamento l’affissione di un manifesto del genere non era altro che il tentativo di provocare e di cercare un formale distacco che, una volta realizzatosi, avrebbe tolto qualsiasi remora ad una scelta di azione più diretta. Bisogna sottolineare come dal 16 Luglio in poi si verifichino avvenimenti sempre più ravvicinati che imprimono un’ulteriore accelerazione all’escalation ormai in atto.

In un articolo del Corriere della Sera viene dipinto il quadro della situazione:

Don Gianni Baget Bozzo, teologo consigliere di Berlusconi, ha deciso: «Io me ne vado in montagna». È la sua resistenza «alla calata degli Unni. Non voglio vedere la mia città in preda ai barbari. Tanto nessuno ascolta il bla bla dei preti». Che cosa si aspetta? «Non vede? Mi sembra di essere tornato al 1977, c’è voglia di violenza, si respira la stessa aria che ha preceduto il terrorismo. C’è già quasi scappato il primo morto. È quello che vogliono». Le frange estremiste? «È più di una frangia, è un movimento organizzatissimo, che non ha un senso democratico e non ha voti. Un’occasione come Genova non l’avranno più...».[...] In effetti Genova ha un aspetto accogliente quanto Belfast subito prima della marcia degli orangisti. Nonostante le strade asfaltate di fresco, i palazzi rinnovati, i mosaici restaurati in Galleria Mazzini e presentati ieri dal corrucciato sindaco Giuseppe Pericu: «L’immagine della città blindata da uno schieramento così imponente rischia di rovinare tutto il lavoro di questi mesi» si lascia scappare uscendo dall’ospedale dove è andato a visitare il carabiniere ferito.[...] il sindacato autonomo di polizia che, dopo l’attentato di ieri, dichiara chiusa «forse definitivamente la fase diplomatica della vigilia del G8, militarizzando di fatto il prossimo Vertice». Per il Sap «non è credibile la presa di distanza manifestata dopo l’esplosione del pacco bomba da quegli stessi elementi che da mesi soffiano sul G8. Sta

18

“[...]vogliamo invadere la “zona rossa” perchè rifiutiamo la legittimità del G8 che si basa sulla divisione delle nazioni e sul sistema capitalistico; non vogliamo essere limitati dalle linee guida del Genoa Social Forum. Lo stato utilizza tutti i mezzi disponibili contro di noi, perci`o noi useremo tutti i mezzi disponibili per combatterlo; abbiamo creato l’International Genoa Offensive per organizzarci a modo nostro. Vogliamo lavorare da vicino con i gruppi e le organizzazioni italiane in modo da raggiungere i risultati più efficaci durante le giornate di scontro. [...] Gli anarchici presenti a Genova sono i benvenuti. L’incontro giornaliero degli anarchici si terr`a alle 20.00 al Csoa Pinelli, via Pinelli” Citato in C. Gubitosa, “Genova nome per nome”, cit.

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passando una pericolosa equiparazione fra polizia e Tute Bianche, come se fosse in gioco la supremazia fra bande rivali di un qualsiasi ghetto metropolitano».19

Anche le parole del teologo, citate nell’articolo, aggiungono sfumature al paradigma di termini utilizzati in riferimento alle mobilitazioni previste per il fine settimana. In questo caso viene definita “calata degli unni” la concentrazione di manifestanti nel capoluogo, mentre lo scenario di sfondo viene paragonato a Belfast. Una riprova quindi di come lo stato d’emergenza non dichiarato e l’atmosfera marziale che regna in città venga amplificata come percezione dall’impatto visivo del sistema di sicurezza messo in atto per fortificare i luoghi del vertice. La Zona Rossa viene terminata definitivamente il 1820.

All’alba del mercoledì lo stadio Carlini si sveglia assediato da numerosi agenti in assetto antisommossa mobilitati per eseguire una perquisizione dei locali a seguito di una segnalazione pervenuta al Sindaco dal personale di servizio dello stadio. La perquisizione viene effettuata alle 7:00 del mattino e non vengono riscontrate irregolarità. L’allarme era partito a causa dell’avvistamento all’interno della struttura di un saldatore che sarebbe servito a unire tra loro parti della recinzione, divelte allo scopo di realizzare la struttura portante delle “testuggini” difensive che sarebbero state impiegate nella giornata del 2021

. In realtà, che il materiale fosse stato divelto o meno dalle recinzioni dello stadio, i lavori di preparazione della “testuggine” erano con molta probabilità realmente in atto già dal 17 pomeriggio. Una testimonianza è riferita da Gubitosa nel più volte citato “Genova nome per nome” in cui viene riportato un brano del diario tenuto da Davide Musso, redattore della rivista “Altreconomia” che ha compiuto di propria iniziativa dei sopralluoghi nei diversi spazi adibiti all’accoglienza e scrive:

“Uno dei varchi che portano sotto gli spalti è inaccessibile: bloccato dalla rete che divide gli spalti dal

campo, e chiuso alla vista da un pannello di legno o cartone. Si sente rumore di martellate e di quella che potrebbe essere una saldatrice. L’odore è di ferro caldo. Esce un ragazzo: che succede? chiedo. “Cose personali” è la risposta. Ma vi state preparando per sabato? “No, per il 20”. Le tute bianche hanno promesso alla stampa che venerdì violeranno la zona rossa, usando solo i propri corpi. Alla stessa rete che divide dagli spalti sono state attaccate otto teste di maiale in gommapiuma: le lingue penzoloni hanno i colori delle bandiere dei G8.”22

La necessità di reperire le attrezzature “in loco” è verosimile e comprensibile, considerato che qualsiasi mezzo che trasportasse materiale sospetto comportava l’allontanamento degli occupanti e il ricorso a misure cautelari preventive (come il foglio di via comminato ai ragazzi di Torino). La perquisizione, effettuata con un gran

19 Dal “Corriere della Sera” del 17/07/2001 20

Bruno Luverà, inviato del Tg1, nel suo libro-inchiesta sui fatti del G8 cita un passo del Sociologo dell’urbanistica Agostino Petrillo che descrive lucidamente l’effetto della chiusura della città: “La grottesca imitazione di Sarajevo che si sperimenta in questi giorni è più eloquente di tante foto, di tante parole; il modello di controllo e di sorveglianza messo in atto a Genova è sicuramente meno raffinato e più brutale di quelli sofisticati, impalpabili e tecnologici su chi riflettono ultimamente gli studiosi, ma ha nondimeno una sua schiacciante efficacia. La città in frantumi, impraticabile, il conosciuto che diventa estraneo, il quotidianamente accessibile che diventa si deralmente remoto. L’assassinio della dimensione urbana, della socialità e dell’incontro: questo è il modo in cui si consuma un <<urbicidio>>, come ha scritto Bogdan Bogdanovic. La negazione della città come concatenazione di luoghi, come sistema di contiguità, di successione di spazi.” A. Petrillo, “Genova, la settimana delle meraviglie”, in Deriveapprodi, anno X, n.21 citato in Bruno Luverà, “La Trappola. Controinchiesta sui fatti di Genova e sul movimento globale”, Editori Riuniti, Roma 2002.

21“[...] i miei uffici vengono informati che nello stadio Carlini vi sarebbero alcune saldatrici con le quali alcuni dimostranti, non meglio

identificati, starebbero saldando tra loro sbarre di ferro, avendo divelto alcuni cancelli. Relativamente a tale situazione, inizialmente pensiamo di poter intervenire autonomamente mandando alcuni nostri addetti a ritirare questi materiali con il camion; po i, comprendiamo che la situazione non è così semplice e ne riferisco al prefetto. Si svolge, tra l'altro, una riunione degli add etti alla sicurezza con la presenza di rappresentanti dei carabinieri e della questura e con lo stesso questore in cui denunciamo questo evento.[...]Credo che il giorno dopo si sia svolta una perquisizione allo stadio Carlini da parte della polizia: la nostra denuncia risale alla sera del mercoledì e il giovedì, alle 5 o alle 6 del mattino.” Dall’audizione del Sindaco di Genova Giuseppe Pericu presso la Commissione Parlamentare d’indagine conoscitiva, seduta n.1 del 7 Agosto 2001, pag.27.

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dispiegamento di forze in ausilio, conferma dal canto suo come l’area della Disobbedienza Civile fosse considerata uno dei “sorvegliati speciali” all’interno del Movimento. La Dichiarazione di guerra del 26 Maggio, oltre ad aver incrinato i legami interni al Genoa Social Forum a causa del linguaggio e delle modalità con cui era stata presentata, aveva attirato le attenzioni non solo dei media e i responsabili della sicurezza del vertice dimostreranno successivamente di aver guardato sempre con sospetto alle pratiche delle Tute Bianche.

La giornata che inizia con la perquisizione, altro fattore di tensione, è segnata da ulteriori allarmi bomba che si rivelano ben più reali di quelli del giorno precedente. Verso le tre del mattino di Mercoledì a Milano prendono fuoco le vetrine dell’agenzia di lavoro interinale “Select Italia Lavora”, l’episodio non viene rivendicato ufficialmente, unici elementi sono una stella a cinque punte disegnata sulle vetrine con una bomboletta spray e alcuni volantini recanti la scritta “Per il Comunismo-Fronte rivoluzionario”. La notizia viene riportata dai quotidiani con annesse alcune dichiarazioni degli inquirenti: “La sigla FR fin ora non era mai apparsa- dicono

alla DIGOS che sta indagando sull’attentato- ma modalità dell’azione e linguaggio del volantino fanno pensare a frange estreme dell’Autonomia.23

La seconda bomba di Milano esplode alle 12:25 nella redazione del Tg4, quando la segretaria di redazione Cristina Pastormerlo, dopo aver aperto una busta dotata di un innesco elettrico a strappo, `e investita da una lingua di fuoco che le risparmia il viso ma non le mani, entrambe ustionate. Un ordigno simile viene recapitato anche alla sede Benetton di Ponzano Veneto, in provincia di Treviso, dove gli addetti allo smistamento della corrispondenza, messi in guardia dalle vicende dei giorni precedenti, riescono ad aprire il pacco esplosivo senza danni alle persone e il bilancio dei danni si limita ad una scrivania un po’ bruciacchiata.. La terza bomba della giornata viene ritrovata a Bologna, nella centralissima via dei Terribilia, a pochi metri dalla Questura e dal Comune. All’interno di una lettera anonima inviata al Questore di Bologna Romano Argenio vengono trovate le chiavi di una bicicletta che, in base a quanto affermato nella missiva, avrebbe dovuto contenere della droga nel bauletto posteriore. Dopo un primo sopralluogo effettuato dal personale della polizia, vengono allertati gli artificieri, che sulla bicicletta non trovano sostanze stupefacenti ma una pentola a pressione caricata con una bomboletta di gas da campeggio, pronta ad essere innescata da un circuito elettrico collegato ad un flash fotografico. Prosegue parallelamente il lavoro di condivisione di analisi e dibattiti; i lavori del Public Forum per la giornata di Mercoledì 18 prevedevano due sessioni tematiche per la mattina sui temi della Pace e sul Debito Ecologico e Sociale del Nord del Mondo24, due assemblee plenarie nel pomeriggio: la prima dal titolo “Le nostre alternative alla globalizzazione economica” e la seconda sul tema “Il cibo non è una merce”.In serata altri due incontri in contemporanea: “Diritti umani e civili” e “Il controllo della finanza” Sessione Tematica. Tra la serata del 18 e l’intera giornata del 19 la tensione si spezza, come se il carico emotivo di stress accumulato nei giorni precedenti fosse in realtà immotivato. Il Mercoledì si conclude con il grande concerto in Piazzale Kennedy che vede avvicendarsi sul palco Manu Chao, 99 Posse e Meganoidi.

3.2 Il 19 Luglio: la “festa dei migranti”.

Solitamente si pensa al Giovedì 19 Luglio 2001 come una grande festa, con i cortei delle donne iraniane di mezzogiorno e il primo corteo numerosissimo e colorato dei migranti.

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Da “La Stampa” del 19/07/2001

24

Tra i relatori Oronto Douglas, (ex-difensore dello scrittore nigeriano Ken Saro-Wiwa, condannato a morte per aver sostenuto la battaglia del popolo ogoni contro il disastro ambientale provocato dalla Shell nel Delta del Niger) viene fermato in Olanda sulla via di Genova alla vigilia del Forum perchè sprovvisto del denaro necessario (500.000 Lire) per ottenere il visto d’ingresso in Europa. Il denaro viene raccolto grazie a una colletta a Genova. “C’è una lezione che ho imparato dal mio fermo alla frontiera olandese”, dice Douglas durante il Public Forum, “essere poveri è un crimine che può costare la galera.” (Da V. Agnoletto e L. Guadagnucci, “L’eclisse della democrazia. Le verità nascoste sul G8 2001 a Genova”, Feltrinelli, Milano, 2011)

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Ed effettivamente a Genova, rispetto alle premesse dei giorni precedenti, i primi due appuntamenti di piazza possono dirsi un vero successo.

“[...]la manifestazione delle donne iraniane si è svolta in modo tranquillo e pacifico. Anche in quel caso nutrivamo alcune preoccupazioni, poiché erano stati richiesti un semovente o una grossa macchina e non capivamo a cosa potesse servire. Poi, in realtà, fu una manifestazione assolutamente pacifica e non ebbe grande risalto.

Invece, la manifestazione del pomeriggio - relativamente alla quale pensavamo vi dovesse essere una presenza di circa 10-15 mila persone - registrò una presenza elevatissima. Le stime sono attestate fra le 40 e le 50 mila persone (cito dati che la polizia può confermare, anche se queste valutazioni presentano un largo margine di opinabilità). Tale manifestazione si svolse in modo totalmente pacifico e direi, anzi, con momenti anche di gioiosità. Essa attraversò un percorso molto delicato: ad un certo punto, passò proprio accanto alla questura sfiorandola.25

Il 19 luglio fu il giorno della grande manifestazione per i diritti dei migranti e dei rifugiati, con corteo da piazza Sarzano a piazzale Kennedy, che vide, oltre tutte le previsioni dello stesso GSF, circa 50 mila persone, provenienti da tutta Europa, manifestare pacificamente per 3 ore per le strade di Genova. La splendida e riuscitissima manifestazione del 19 allenta il clima di tensione a Genova”26

Il 19 è la giornata dei primi arrivi in massa nel capoluogo, i treni speciali arrivano alle stazioni e permettono a decine di migliaia di persone di recarsi nella città per partecipare alla prima delle tre giornate di manifestazioni. La mattina del 19 in programma c’è il corteo delle donne iraniane che sfilano tra file di container impilati a formare delle enormi pareti di ferro, nella zona di Piazza Tommaseo. Chi assiste al corteo descrive la manifestazione e descrive l’atmosfera. Le finestre e le persiane chiuse. Nelle strade solo manifestanti e le Forze dell’Ordine.

“A mezzogiorno di giovedì, in piazza Tommaseo, le “Donne Democratiche Iraniane”, organizzano una manifestazione descritta dalla giornalista di “Repubblica” Concita De Gregorio nel libro “Non lavate questo sangue”. La De Gregorio racconta che “agli iraniani hanno dato, per manifestare, un pezzo di strada chiusa: trecento metri. Barriere della polizia all’inizio e alla fine del percorso, le donne coi fazzoletti neri e i bambini in braccio vanno avanti e indietro mute, gli uomini con gli occhi scuri portano cartelli che dicono: ‘Il popolo iraniano chiede al G8 di condannare la violazione dei diritti umani del regime dei mullahed’. Simulano impiccagioni, hanno pupazzi appesi a una gru alta ventisette metri. Hanno riprodotto e fanno sfilare su un carro, come al carnevale di Viareggio, una macchina tagliamani inventata - dicono – dal regime. Nei palazzi che si affacciano su questa strada, dalle parti di corso Torino, non c’`e nessuno. Finestre sbarrate, tutto chiuso. Se non ci fossero quattro o cinque fotografi e un paio di tv la manifestazione non avrebbe testimoni.”27

Nel pomeriggio alle ore 17:00 sfila per le vie del centro, fino a sforare nella Zona Gialla, il primo corteo unitario, quello che è passato alla storia come corteo “dei migranti” che vede sfilare circa 50.000 persone. Il corteo è pacifico, vengono scanditi slogan contro le politiche restrittive dei governi sul tema dell’immigrazione. Quando

25

“La sera del giovedì tirammo un sospiro di sollievo, peraltro troppo anticipato perché poi le cose si sono svolte diversamente. Mi hanno riferito che la manifestazione - che avevamo ritenuto delicata e complessa e che, in realtà, aveva come tema di fondo l'immigrazione - si è svolta bene, con una grandissima partecipazione e che la città l'ha seguita con piacere. Tenete conto che, nel frattempo, la città si ritraeva. La forte pressione psicologica che vi era stata nei mesi precedenti fece sì che molti genovesi decisero di farsi una settimana di ferie sostanzialmente in quel periodo dell'anno. Molti se ne andarono e parecchi negozi furono chiusi.” Dall’Audizione del Sindaco G.Pericu presso la Commissione Parlamentare d’Indagine Conoscitiva, cit.

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Dal Memoriale del Genoa Social Forum, allegato agli atti della Commissione Parlamentare d’Indagine Conoscitiva, seduta del 9 Settembre 2001, cit.

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si parla della giornata del 19 Luglio di solito la si dipinge come una festa. La manifestazione è caratterizzata dai colori, dalla musica e dalla goliardia irriverente. “Siamo tutti clandestini” è lo slogan più urlato e sintetizza la posizione del movimento nei riguardi del problema dell’immigrazione di massa, le cui cause sono da ricercarsi (si è accennato nel primo capitolo) nel contesto geopolitico mondiale legato all’economia globale.

“Per gli organizzatori oggi è una piccola prova generale in vista del corteo internazionalista di sabato 21, sia per capire l’affluenza dei manifestanti, sia per capire l’atteggiamento delle Forze dell’Ordine che non esitano a farsi vedere.”28

Il corteo sfila da Piazza Carignano per le vie che lambiscono la Zona Rossa, attraversa le principali arterie del quartiere Foce e termina in Piazzale Kennedy per i comizi conclusivi. Alcune file di container, presi in prestito dalle rimesse del porto commerciale per rafforzare le difese offerte dalle grate metalliche, fiancheggiano gran parrte del percorso lungo Corso A. Saffi, a protezione della rimessa dei veicoli delle Forze dell’Ordine. Unico momento di tensione è quello che si verifica al passaggio dei manifestanti nei pressi della Questura:

Il momento più temuto con i blindati schierati, in modo nemmeno troppo serrato29, i poliziotti con casco e scudi pronti. Dallo spezzone delle tute nere partono bottiglie di acqua e 4, 5 pietre che si infrangono sugli scudi. Tutti pensano che sta per iniziare la battaglia e, invece, gli stessi anarchici, con il volto coperto si mettono a fare scudo alla polizia che nel frattempo ha indietreggiato. La tensione sale, ma il black blok capisce il segnale mandato dai loro compagni ricomincia la musica e dopo di allora tutto andrà per il meglio.30

3.2.1 Le navi greche al porto di Ancona

Si ricorderà come nel capitolo precedente, elencando le misure di prevenzione attuate dalle forze di polizia, funzionari come Arnaldo La Barbera e lo stesso direttore del dipartimento di pubblica sicurezza Giovanni De Gennaro abbiano citato il respingimento di centinaia di cittadini greci al porto di Ancona identificati come membri di organizzazioni segnalate come potenzialmente pericolose.

L’episodio, benchè avvenuto lontano dal capoluogo ligure, caratterizza negativamente la giornata del 19, che se trascorre serenamente almeno nelle ore pomeridiane, viene segnata da momenti di tensione proprio nella città adriatica.

Le navi traghetto che ospitano circa 400 attivisti di realtà politiche greche, segnalate dagli ufficiali di collegamento delle Digos italiane presenti nei maggiori porti ellenici di collegamento con l’Italia, devono affrontare i controlli previsti dal sistema di sicurezza. La prima delle due navi è la Blue Star II, che raggiunge senza problemi la banchina, ma i passeggeri vengono sottoposti all’identificazione. Di seguito la cronaca tratta da “La Repubblica”:

Il traghetto Blu Star 2 arriva in porto alle 11. Bandiere rosso nere, canto dell' Internazionale. Un mare di agenti e carabinieri, ma stanno in disparte.[...]Partono gli autobus, e i tre «segnalati»(numeri 1, 8 e 10) vengono bloccati. I centocinquanta escono dal garage della nave e si fermano sulla grande passerella di accesso. «Avanti popolo, alla riscossa», cantano in italiano. Marco Moruzzi, consigliere dei Verdi, dice che il questore è «affiancato da un funzionario del ministero» e deve attendere le decisioni di Roma. I greci, sotto un sole che spacca, annunciano che il loro ministro agli Esteri si è attivato, che ad Atene si sta preparando una manifestazione davanti all' ambasciata italiana. Quella distesa sull' acciaio della passerella sembra un' immensa classe con troppi professori e pochi studenti. Se i «pericolosi» ci sono, si mascherano bene. «Un' altra nave è bloccata davanti al porto. Duecento manifestanti stanno occupando

28 Da “Genova. Il Libro Bianco” a cura del Genoa Social Forum, pubblicato da “L’Unità”, “Liberazione”, “Il Manifesto” e “Carta”. 29

“All’altezza della Questura si ha un piccolo rallentamento dovuto alla massiccia presenza di poliziotti, all’incirca un migliaio [...]” Ibidem.

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per protesta la cabina di comando». I villeggianti in partenza, dal ponte alto, lanciano buste d' acqua e monetine. «Lasciateci partire» . Una voce si diffonde. «Nessuna trattativa. C' è il «respingimento alla frontiera». La conferma arriva alle 17,19. I poliziotti afferrano i greci sdraiati a terra, li spostano verso il garage della nave, poi partono anche le manganellate. Dieci minuti, avanti e indietro, con botte anche dentro la nave. Dal ponte alto arriva una seggiola di plastica, dal garage un estintore e bottiglie e bulloni. «Sette agenti feriti», ma solo uno è ricoverato in osservazione, prognosi di quattro giorni. Tre feriti fra i greci.31

Alla seconda delle due navi viene impedito di attraccare e i manifestanti presenti occupano simbolicamente la cabina di comando per protestare contro la decisione delle autorità italiane. A bordo sono presenti circa duecento militanti di diverse forze politiche greche a cui viene negato il permesso di sbarcare32 e la nave sarà costretta a fare nuovamente rotta verso il porto di provenienza..

La Barbera segnalerà quest’operazione come un grande successo delle operazioni di prevenzione, facendo notare come tra gli arrestati per i disordini del 20 e 21 Luglio solo due fossero cittadini greci.33

3.2.2 La notte tra il 19 e il 20 Luglio

Giulietto Chiesa, giornalista de “La Stampa” e consulente di numerose testate giornalistiche estere, presente a tutti i cortei delle giornate di Genova, nel suo libro “G8/Genova” pubblicato nell’Agosto del 2001 (numerose descrizioni di quelle giornate effettuate dall’autore risultano imprecise alla luce delle analisi di altri documenti, ma è preziosa la contemporaneità della testimonianza come vissuto personale e lucidità di interpretazione) descrive nei particolari come trascorse la notte dopo la prima giornata di festa del contro-G8. La sua descrizione accomuna i preparativi di quella notte a quelli di un esercito prima di una battaglia. Nonostante il primo grande corteo sia sfilato in modo totalmente pacifico e senza incidenti le barriere di container vengono rafforzate e ne vengono accumulati altri nelle zone interessate dalle piazze tematiche del giorno successivo:

“Quella sera me ne andai in giro per la città, che è stata anche la mia città, quanto bastò per vedere con i miei occhi i preparativi dell’ultima ora, l’estrema cosmesi bellica che gli organizzatori del disastro stavano predisponendo, nel pieno della notte, per alzare altre barriere: centinaia di container trasportati all’improvviso, piazzati strategicamente in Piazza Verdi, come se nelle centrali operative della sicurezza si fossero accorti all’ultimo momento di aver lasciato dei buchi, di non aver previsto tutto, anche l’impossibile. Poichè appariva subito evidente che ci si aspettava l’arrivo non solo e non tanto di cortei, ma di colonne corazzate, o quantomeno di ruspe, di trattori trasformati in bulldozer, di camion-testuggine.[...]Ma guardo anche passare interminabili file di mezzi della Polizia, dei Carabinieri, della

31

La Repubblica del 20 Luglio 2001

32“Mentre era ancora al largo, in attesa di attraccare, il traghetto superveloce "Fast IV" finisce anch'esso nel mirino delle forze

dell'ordine. Il timore è che a sbarcare non siano gli annunciati rappresentanti di forze politiche e sociali greche ma contes tatori violenti che intendono strumentalizzare il movimento per provocare disordini” La Stampa del 20 Luglio 2001 “Allo stesso tempo la Super Fast Ferry IV con 634 passeggeri rimane per cinque ore alle porte di Ancona, in attesa di attraccare. La ragione ufficiale è che n on c'era posto nel porto per ormeggiare la nave.” Dal quotidiano ellenico “Kathimerini” del 20 Luglio 2001

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“La direzione centrale di polizia di prevenzione, a seguito di [un] incontro, ha provveduto a sensibilizzare l'ufficiale di collegamento e ad inviare in Grecia, ai porti di Patrasso e Igoumenitsa, personale delle DIGOS, per individuare le partenze di elementi potenzialmente pericolosi. Questi ultimi, che viaggiavano a bordo di tre pullman imbarcati su di una nave, non appena giunti al porto di Ancona, nonostante le rimostranze poi avanzate da quello Stato, sono stati rimpatriati nel numero di 147. Nel frangente si sono altresì verificati momenti di tensione, con atteggiamenti di resistenza passiva e tentativi di scontro con le forze dell'ordine. In proposit o, è interessante notare come dei 302 arrestati a Genova durante le manifestazioni di controvertice, 168 siano stranieri. Di questi [...]solo due greci. Ora, considerato che in Grecia esistono forti gruppi di anarco-insurrezionalisti - come la formazione terroristica 17 novembre, responsabile in quel paese di una serie impressionante di attentati ed omicidi - che, da tempo, avevano evidenziato l'intenzione di raggiungere il capoluogo ligure per contestare in modo violento il G8, ne consegue che l'attività di controllo alle frontiere, quando è stato possibile esercitarla, ha fornito esiti soddisfacenti: nel caso di specie, come detto, i militanti di quella fazione ideologica, hanno raggiunto l'Italia a bordo di imbarcazioni ed in tal modo hanno potuto essere intercettati.” Dagli atti della Commissione Parlamentare d’Indagine Conoscitiva, seduta n. 4 del 28 Agosto 2001, audizione del Prefetto Arnaldo La Barbera, cit.

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Guardia di Finanza, della Guardia Forestale. Migliaia di uomini, miliardi di spese. Una città in stato d’assedio, deserta dei suoi abitanti, impaurita. Tutto si è fermato, apparentemente, per garantire la libertà. Nel processo logico, da qualche parte, c’è stata una soluzione di continuità: partiti dalla libertà siamo arrivati nel bel mezzo di una costrizione generale, di una coazione di contrappesi. Siamo costretti a invocare unza legge valida, quella che deve mantenere l’ordine pubblico, contro una legge, altrettanto valida, che deve garantire coloro che vogliono esprimere la propria opinione, che differisce e contrasta quella dei poteri.”34

In realtà la notte tra il giovedì ed il venerdì serve ad entrambe le parti in causa per realizzare che si arriva impreparati a quella che sarà poi una vera e propria battaglia.

Nelle interviste che corredano questo lavoro emerge anche da parte degli attivisti una sensazione di impreparazione:

“[...]quando ci trovammo poi a dover capire il giorno dopo l’arrivo al campeggio, il giorno prima di Venerdì, quindi il Giovedì sera: “Ma noi, no? Come ci organizziamo? Come stiamo? Come teniamo il nostro spezzone? Quale sarà la gestione della piazza?” Noi ci trovammo davvero impreparati, tant’è che nel luogo in cui c’era il nostro...la nostra aggregazione del Network, che erano delle scuole, utilizzammo le spalliere...la sera prima...utilizzammo le spalliere delle palestre di queste scuole qua, per farci dei, diciamo, bandiere “bastonate” per il servizio d’ordine, no? Ma non era chiaro. Cioè noi avevamo in mente di andare verso la Zona Rossa, ma sicuramente il nostro limite, che però non è un limite specifico di Genova, è un limite storico, cioè se ne potrebbe parlare per ore su che cosa significava avere difficoltà a capire come materializzare, diciamo, uno scontro o un conflitto. Perchè, da un lato non si voleva essere Disobbedienti, simulando e spettacolarizzando il conflitto, ma da un lato cosa si poteva essere? Un simulacro degli anni sessanta-settanta, dove si andava in piazza a scontrarsi? Ma sapevamo bene che in qusti anni a scontrarsi erano delle conflittualità sociali che tu non è che non avevi, non le rappresentavi più. Nel senso che tu eri il corpo militante, non è che c’avevi operai e studenti in massa che si...no? Quindi, diciamo che l’essere impreparati a come stare, esattamente come andare a violare con le nostre forme, la Zona Rossa, era un essere impreparati storicamente, cioè questo derivava da un processo. Cioè: non si voleva essere Disobbedienti, tantomento, figuriamoci, pacifisti, cosa siamo e come andiamo a violare questa Zona Rossa? Si, ci mettiamo i bastoni, ci mettiamo i caschi, ci bardiamo un po, perchè vogliamo sembrare un po’ più, diciamo, veri nel conflitto, lo vogliamo produrre in maniera non spettacolare. Però poi alla fine cos’è, se non anche questo, una simulazione? O forse più che simulazione un simulacro, come ho detto prima. Forse questa è la vera differenza. Nel senso che i Disobbedienti avevano già scelto di simulare, di spettacolarizzare. Noi invece questa scelta non si è fatta, ma alla fin dei conti era questo e quindi possiamo parlare più di simulacro, che di simulazione, ma è una mia idea chiaramente. Detto questo infatti noi fummo investiti completamente dalle dinamiche di piazza che avvennero.”35

Nell’opera citata di Gubitosa si accenna ad una delle poche testimonianze “interne” alle frange estreme del Movimento, la pubblicazione “Io sono un Black Bloc”, edita da DeriveAprrodi”, al cui interno vengono fatti riferimenti rispetto alle scelte organizzative dei gruppi violenti ed alle loro sistemazioni:

“Guardando l’imponente struttura organizzativa messa in piedi per l’accoglienza dei manifestanti viene da chiedersi dove abbiano dormito tutte quelle centinaia di “black bloc” che nei giorni successivi si sono scontrate con le forze dell’ordine attaccando cose e persone. L’unica risposta a questa domanda arriva

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Giulietto Chiesa “G8/Genova”, Einaudi, Torino, 2001. Pp 13-16.

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da poche righe scritte in coda al libro “Io sono un black bloc20”, dove si legge che “come gruppo la nostra conclusione finale era di non dormire in un posto prestabilito, e permettere a tutti di rimanere dove si trovavano, oppure di scegliere dove andare indipendentemente dagli altri. `E andata piuttosto bene, dal momento che siamo riusciti tutti a ritrovarci facilmente, cos`ı la maggior parte sono finiti in un parco sul lungomare, l’Arboro21, oppure in uno stadio fuori citt`a”. Trattandosi di uno scritto anonimo, come tutti gli scritti attribuiti a sedicenti “black bloc”, anche questa testimonianza va presa con le dovute cautele. Tuttavia anche altre testimonianze concordano sul fatto che, nonostante i “black bloc” avessero scelto di “non dormire in un posto prestabilito”, nel parco di Valletta Cambiaso un numero consistente di persone si `e opportunamente “attrezzato” per vivere da protagonista gli scontri dei giorni successivi, mescolandosi ai “giovani evangelici italiani” e ad altri manifestanti pacifici[...]”36

Dell’attività di equipaggiamento estemporaneo dà notizia anche la Presidente della provincia di Genova Marta Vincenzi che descrive le richieste di intervento da parte del personale addetto alla sorveglianza delle Se.Di. di Quarto che hanno avvertito segni di attività non conformi agli accordi presi con il Gsf.

“[...]nella sera tra il 19 e il 20 cominciammo ad avvertire che la situazione non era normale, poiché la custode, il portiere ci telefonarono. La struttura era stata consegnata per poter contenere un numero di persone variabile tra ottocento e mille. Fino alle 20,30 del 19 sera questa era la situazione, avendo fatto i funzionari della provincia sopralluoghi e controlli. Intorno alle 23,30 la situazione cambiò, ma devo dire che ci spaventammo poco all'inizio perché a Genova, in quelle ore, ci fu un temporale di forte intensità; era anche abbastanza normale che coloro che avevano trovato rifugio nelle tende all'aperto - perché era una tendopoli quella nei giardini -, essendo rimasti allagati, tentassero di ripararsi. Chiamammo, intercorsero telefonate e consentimmo l'utilizzazione anche di uno spazio interno. Però, era già abbastanza evidente che il numero delle persone non era più fra le 800 e le 1.000, ma era assai aumentato, e che, di queste persone, molte non sembravano in sintonia con il resto del gruppo. Avremmo poi potuto ampiamente verificare il giorno dopo che si trattava di un numero folto di punk, di greci, che non erano stati segnalati, e di un gruppo numeroso di tedeschi, le cui macchine stazionarono per tutti i giorni del vertice, nonostante le nostre segnalazioni, di fronte ai Se.Di. di Quarto insieme con un furgone bianco, che abbiamo poi visto nelle riprese televisive essere utilizzato a supporto per trasporto di materiali ai violenti (l'abbiamo visto fotografato dall'elicottero e, senza ombra di dubbio, era quello). C'era, inoltre, un gruppo di skinhead di Catania - che non erano stati segnalati - e un gruppo abbastanza numeroso di persone, che abbiamo poi chiamato black bloc, che erano molto bene riconoscibili anche attraverso le immagini televisive, perché vestite non con quelle cose che si vedono nelle fotografie dei giornali, cioè con le magliette nere ed i pantaloni neri, ma con le tute grigio scuro, con ginocchiere e ripari, con un copricapo molto particolare ed il viso coperto. Quindi, facilissimamente riconoscibili. Li abbiamo poi riconosciuti; li abbiamo visti vestirsi dentro e li abbiamo riconosciuti in giro per le manifestazioni. [...]Tra il 19 ed il 20 si stavano armando. Questo lo comunicammo ripetutamente. Le risposte furono prima «non siamo in grado», «non ce la facciamo», poi non ci furono altre risposte[...]”37 C’è da dire che la notte tra il 19 e il 20 viene ricordata anche per il tremendo temporale che ha colpito Genova ed ha costretto tutte le strutture a prendere misure d’emergenza per far fronte alla criticità dettata dagli allagamenti di alcune aree che sono state rese inagibili dall’acqua, motivo per cui sia all’interno dello Stadio Carlini, sia

36

Da “Io sono un Black Bloc” citato in “Genova nome per nome” di C.Gubitosa, pag. 164, cit.

37

Dall’audizione della Presidente della Provincia di Genova Marta Vincenzi presso la Commissione Parlamentare d’Indagine Conoscitiva, seduta del 7 Agosto 2001, cit.

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