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2.1 Definizione, epidemiologia e caratteristiche cliniche 2. INTRODUZIONE

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2. INTRODUZIONE

 

   

L’ileo post-operatorio è una condizione clinica che si osserva frequentemente nei

pazienti sottoposti a intervento chirurgico, soprattutto negli interventi laparotomici a livello

addominopelvico; la durata e l’intensità di tale condizione sono associate a un prolungamento

del decorso post-operatorio con un conseguente aumento della morbilità e dei costi

concernenti l’assistenza sanitaria.

2.1 Definizione, epidemiologia e caratteristiche cliniche

 

Con il termine “ileo” s’intende l’arresto della regolare motilità del tratto

gastrointestinale come risposta a insulti di tipo meccanico e non meccanico; in particolare per

l’ileo post-operatorio s’intende l’arresto transitorio della motilità intestinale conseguente a

intervento chirurgico. Questa reazione è caratterizzata da una peristalsi inefficace, che può

essere ridotta o assente, e che, se prolungata nel tempo, comporta un accumulo di materiale e

secrezioni all’interno del canale gastrointestinale con successiva comparsa di distensione

addominale, nausea e vomito. L’ileo post-operatorio può essere considerato una reazione

dell’organismo a un evento stressante, infatti, è di frequente riscontro non solo nei pazienti

sottoposti a chirurgia addominale, ma anche in pazienti sottoposti a interventi in altri ambiti

chirurgici.

Al momento in letteratura non è presente una definizione condivisa d’ileo

post-operatorio, soprattutto quando si deve distinguere una condizione “fisiologica” di normale

intervallo tra l’intervento chirurgico e la ripresa della peristalsi, da una condizione

“patologica” prolungata nel tempo, che richiede ulteriori cure e può predisporre all’insorgenza

(2)

seconda del tratto intestinale preso in considerazione: 0-24 ore per l’intestino tenue, 24-48 per

lo stomaco e 48-72 per il colon (1). Rimane tuttavia difficile definire quali siano i limiti

temporali che definiscono “fisiologico” l’ileo post-operatorio, oltre i quali, prolungandosi,

diventa una complicanza stessa dell’intervento chirurgico influendo negativamente sulla

morbilità del paziente, sui costi e sulla durata della degenza ospedaliera (2, 3). Molti autori

considerano fisiologica una durata di 2-4 giorni per interventi laparotomici con una riduzione

di due giorni per gli interventi laparoscopici (4) e come prolungato l’ileo post-operatorio che

permane per un periodo maggiore di tre giorni o addirittura, secondo altri autori, per oltre sei

giorni (5). Queste differenze e l’utilizzo inappropriato del termine rendono difficile la stima

affidabile dell’effettiva incidenza d’ileo post-operatorio che varia dal <10 % nei pazienti

sottoposti a chirurgia addominale (6) fino al 32 nei pazienti sottoposti ad resezione intestinale

(7,8). In accordo con quanto pubblicato nel 2006 nel “Post-operative ileus management

council” (9), Bragg definisce l’ileo post-operatorio come un arresto transitorio, dopo un

intervento chirurgico, della motilità intestinale coordinata a livello di tutto il tratto

gastrointestinale cui consegue il transito inefficace del contenuto intestinale o l’intolleranza

all’alimentazione per via orale (10). L’ileo post-operatorio è suddiviso in tre tipi in base alla

porzione del tratto gastrointestinale coinvolta: il primo tipo interessa diffusamente tutto il

tratto gastrointestinale con comparsa di nausea, vomito e assenza di passaggio di feci e gas.

Nel secondo tipo è coinvolto solo l’alto tratto gastrointestinale con nausea e vomito ma con

presenza di peristalsi intestinale. Infine il terzo tipo interessa solo il basso tratto

gastrointestinale con assenza di peristalsi a livello intestinale e conseguente ritardo nel

passaggio di feci e gas in assenza di nausea o vomito. L’ileo post-operatorio è definito

prolungato se questa situazione permane per un periodo maggiore di tre giorni dopo chirurgia

laparoscopica e maggiore di cinque giorni per la chirurgia laparotomica. Infine, si definisce

(3)

ileo post-operatorio come secondario a altre complicanze post-operatorie quali sepsi o

deiscenze (9,11) ( Tabella 1).

Dal punto di vista economico infine, l’ileo post-operatorio comporta un notevole

aumento delle spese ospedaliere per le cure necessarie lungo tutta la durata della degenza

ospedaliera. Infatti, si stima che la presenza d’ileo-postoperatorio incrementi del 29% la

durata della degenza e del 15% i costi ospedalieri con una spesa annuale stimata di 1.5

miliardi di dollari negli Stati Uniti d’America (2,8).

 

Tabella  1.  Definizione  e  classificazione  dell’ileo  postoperatorio  (9,11)  

 

Definizione  

Arresto  transitorio  della  motilità  intestinale  coordinata  in  seguito  ad  intervento  chirurgico,   con  transito  intestinale  inefficace  e  incapacità  all’alimentazione  orale.  

Primario   Relativo  alla  risposta  dell’organismo  all’intervento  chirurgico   Secondario   Insorto  o  mantenuto  nel  tempo  per  la  presenza  di  altre  complicazioni  

concomitanti  (p.e.  deiscenza,  sepsi)  

Ricorrente   Insorgenza  dopo  apparente  risoluzione  dell’ileo  postoperatorio  primario   Prolungato   >  3  giorni  in  chirurgia  laparoscopica  

>  5  giorni  in  chirurgia  laparotomica  

Sotto-­‐classi   1.  Interessamento  di  tutto  il  tratto  gastro  intestinale   2.  Interessamento    dell’alto  tratto  gastrointestinale   3.  Interessamento  del  basso  tratto  gastrointestinale  

 

2.2

Eziopatogenesi

 

In condizioni fisiologiche, la funzionalità intestinale è il risultato dell’attività

coordinata della motilità intestinale, del sistema di trasporto e scambio della mucosa e dai

riflessi della defecazione regolati da un complesso sistema d’interazioni nervose e

bioumorali(6). I meccanismi d’azione, esogeni o endogeni, attraverso cui si altera la

regolazione della motilità intestinale possono essere principalmente suddivisi in neurogeni,

infiammatori, bioumorali e farmacologici (12-16).

Da un punto di vista temporale l’ileo post-operatorio è costituito da due fasi (Figura

(4)

chirurgico e si esaurisce circa un’ora dopo, dovuta all’irritazione peritoneale, seguita da una

fase più prolungata che inizia circa 3 ore dopo l’intervento chirurgico che si mantiene nei

giorni successivi fino alla risoluzione completa, determinata da una risposta di tipo

infiammatorio.

 

Figura  1.  Rappresentazione  schematica  delle  due  fasi  temporali  dell’ileo  post-­‐operatorio.  La  prima  fase  

neurogena  inizia  contemporaneamente  all’intervento  chirurgico  e  si  esaurisce  in  poco  tempo.  La  seconda  fase   infiammatoria  inizia  3-­‐4  ore  dopo  l’intervento  chirurgico  e  permane  più  a  lungo  (Boeckxstaens  GE,  de  Jonge  WJ.   Neuroimmune  mechanisms  in  postoperative  ileus.  Gut  2009;  58:1300-­‐11  

 

 

Inoltre, l’ileo post-operatorio può essere influenzato da una componente di tipo

farmacologico; infatti è stato dimostrato come l’utilizzo perioperatorio di oppiodi a scopo

analgesico influisca negativamente sulla motilità intestinale, ritardando ulteriormente la

ripresa della motilità intestinale (6,17). Sebbene attraverso meccanismi d’azione differenti, le

componenti neurogena, infiammatoria e farmacologica hanno come obiettivo comune

l’attivazione dei recettori µ per gli oppioidi, i quali, inibendo il rilascio di acetilcolina dal

plesso mesenterico, porterebbero ad un’alterazione della peristalsi con contrazioni intestinali

scoordinate e non propulsive (18 ).

 

2.2.a Fase precoce dell’ileo post-operatorio

L’attività peristaltica gastrointestinale è frutto di una fine regolazione tra la via

nervosa intrinseca del tratto intestinale e la via nervosa estrinseca. Il sistema nervoso

(5)

intestinali che svolge la propria attività attraverso l’azione di neuropeptidi come la sostanza P,

il neuropeptide intestinale vasoattivo (VIP) e l’ossido nitrico (NO) (19-21). Il sistema nervoso

estrinseco è costituito da una componente afferente costituita da fibre di tipo vagale e

splancnico responsabili della regolazione della motilità, dell’attività secernente e di

assorbimento, e dai nervi afferenti spinali che regolano la risposta nocicettiva e

infiammatoria; la componente efferente estrinseca invece è mediata dalle fibre simpatiche

toraco-lombari, ad azione inibitoria, e dalle fibre parasimpatiche del tratto dei rami cranio

sacrali, ad azione eccitatoria (figura 2).    

Studi recenti hanno dimostrato come la sola incisione cutanea laparotomica determini

l’immediato arresto della motilità gastrointestinale (6) attivando una risposta periferica di tipo

adrenergico e una risposta centrale di tipo vagale. Inizialmente lo stimolo nocicettivo, portato

dalle vie afferenti attraverso i gangli prevertebrali, giunge alle radici dorsali del midollo

spinale dove attiva la via adrenergica inibendo immediatamente la motilità intestinale. Infatti

studi sperimentali hanno dimostrato che la delezione di queste vie adrenergiche previene

l’interruzione della normale motilità intestinale (22-25). Tuttavia la prolungata e diffusa

paralisi intestinale a seguito della manipolazione delle anse intestinali in fase intraoperatoria

può essere determinata solo parzialmente dalla risposta adrenergica. Alcuni studi dimostrano

un coinvolgimento da parte dei nuclei del tratto solitario a livello pontino e dei nuclei

sovraottico e paraventricolare dell’ipotalamo (26-28) dovuto al rilascio di corticotrophin-

releasing factor (CRF); è stato ipotizzato che il CRF, rilasciato in seguito all’evento

stressante, stimoli i neuroni a livello ipotalamico i quali inviano segnali di attivazione ai

neuroni presenti a livello spinale e a livello della corda toracica dove sono localizzati i

neuroni pregangliari di tipo simpatico. L’attivazione di questi ultimi quindi determina

un’inibizione della peristalsi a livello di tutto il tratto gastrointestinale, mediata non solo dalle

vie adrenergiche ma anche dalle vie vagali (29). L’azione chirurgica perciò determina una

(6)

 

Figura 2. Schema riassuntivo delle vie nervose coinvolte nell’inibizine della motilità gastrointestinale in seguito a incisione laparotomica (A) e alla stimolazione nocicettiva durante la manipolazione intestinale (B). (Boeckxstaens GE, de Jonge WJ. Neuroimmune mechanisms in postoperative ileus. Gut 2009; 58:1300-11

 

 

2.2.b Fase tardiva dell’ileo post-operatorio

La fase tardiva dell’ileo post-operatorio inizia dopo 3-4 ore dall’intervento chirurgico

ed è provocata da una reazione di tipo infiammatorio che origina dall’attivazione dei

macrofagi presenti a livello dei plessi mioenterici della muscularis mucosae e dai mastociti

(7)

difesa del sistema immunitario (Figura 3). È stato osservato che la manipolazione delle anse

intestinali provocherebbe l’attivazione delle cellule immunitarie le quali, tramite il rilascio di

chemochine e citochine proinfiammatorie, aumenterebbero la permeabilità tissutale

richiamando un gran numero di leucociti con la conseguente comparsa di edema a livello

delle pareti intestinali e alterazione della peristalsi. L’entità della risposta infiammatoria

sembrerebbe essere proporzionale all’intensità della manipolazione chirurgica e questo

potrebbe spiegare il motivo per cui, a seguito d’interventi chirurgici più complessi, l’ileo

post-operatorio sia più prolungato (33).

I mediatori del passaggio dalla risposta neurogena a quella infiammatoria sono i

mastociti. Queste cellule possono essere considerate delle vere e proprie sentinelle della

cavità addominale in quanto svolgono un ruolo fondamentale nel richiamo di neutrofili e

nell’eliminazione dei batteri. Studi in vivo hanno dimostrato la presenza di mastociti nel

liquido di lavaggio peritoneale all’inizio dell’intervento chirurgico (34). I mastociti sono

presenti a livello peritoneale, in particolare sono localizzati adiacenti alle fibre nervose

afferenti, a livello della sierosa che riveste i vasi prima che penetrino nella parete intestinale

(35). L’esatto meccanismo di attivazione dei mastociti nella risposta infiammatoria dell’ileo

post-operatorio non è ancora stato chiaramente definito; tuttavia sembra che, in seguito allo

stimolo nocicettivo, le fibre afferenti rilascino dei neuropeptidi, come il neuropeptide P e il

peptide correlato al gene della calcitonina i quali attivano i mastociti presenti attorno alle fibre

nervose stesse. Una volta attivati, i mastociti rilasciano sostante infiammatorie vasoattive in

cavità peritoneale che, diffondendosi facilmente attraverso le pareti dei vasi mesenterici, ne

aumentano la permeabilità consentendo a un numero maggiore di leucociti e altri mediatori

dell’infiammazione di raggiungere le pareti intestinali attivando i macrofagi presenti in situ.

L’aumento della permeabilità tissutale inizia 3-4 ore dopo l’intervento chirurgico e si

(8)

mantenimento dell’ileo post-operatorio nelle ore successive mediate dall’azione dei

macrofagi.

 

Figura 3. Successione temporale dell’attivazione dei differenti processi infiammatori coinvolti durante l’intervento chirurgico addominale. (Boeckxstaens GE, de Jonge WJ. Neuroimmune mechanisms in postoperative ileus. Gut 2009; 58:1300-11

     

Quindi le cellule coinvolte nel mantenimento della risposta infiammatoria sono i

macrofagi localizzati a livello dei plessi mienterici della muscularis mucosae (figura 4). La

loro attivazione è determinata sia dai mediatori dell’infiammazione rilasciati dai mastociti che

raggiungono le pareti intestinali, sia da due tipi di molecole liberate in seguito alla

manipolazione chirurgica delle anse intestinali: gli antigeni legati a molecole patogene di

origine esogena o batterica (PAMPs) e gli antigeni legati a molecole rilasciate in seguito a

danno cellulare (DAMPs). L’attivazione dei macrofagi avviene circa un’ora dopo la

manipolazione (36,37) e consiste nella produzione e rilascio di citochine e mediatori

pro-infiammatori come l’interleuchina 1B (IL1B), l’interleuchina 6 (IL6), l’interleuchina 8 (IL8) e

tumor necrosis factor alfa (TNF-α). Queste chemochine sono responsabili della up-regulation

dei fattori di adesione endoteliale che porta ad un progressivo aumento dell’afflusso di

(9)

dopo la manipolazione fino 24 ore dopo l’intervento chirurgico (6,44). Studi in vivo hanno

dimostrato l’afflusso di leucociti radiomarcati a livello intestinale in pazienti sottoposti a

interventi di chirurgia laparotomica ma non in quelli sottoposti a laparoscopia (34). Inoltre è

stato riscontrato un incremento della concentrazione di IL 6, IL8 e TNF-α nel liquido

peritoneale e nel sangue di pazienti sottoposti a intervento chirurgico e un aumento della

concentrazione di leucociti nel tessuto intestinale sano asportato in seguito a resezione

intestinale (34,45,46) eseguita durante intervento chirurgico successivo a complicanza

post-operatoria.

Figura 4. Scherma riassuntivo sui meccanismi atraverso cui viene attivata la risposta immuno-mediata alla manipolazione intestinale. (Boeckxstaens  GE,  de  Jonge  WJ.  Neuroimmune  mechanisms  in  postoperative  ileus.   Gut  2009;  58:1300-­‐11  

   

Un’ulteriore conseguenza dell’attivazione dei macrofagi è la sintesi di enzimi come

iNOS e cicloossigenasi-2 che, liberando in circolo ossido nitrico e prostaglandine

contribuiscono in modo incisivo nell’alterazione della motilità intestinale (47-49).

Studi sperimentali hanno dimostrato come una risposta infiammatoria di tipo

localizzato possa inibire l’attività peristaltica a livello di tutti i segmenti del tratto

(10)

manipolazione intestinale provocasse un ritardo nello svuotamento dello stomaco senza

evidenza d’infiammazione a livello gastrico; il successivo blocco neuronale dei gangli

paravertebrali con guanetidina invece normalizza lo svuotamento gastrico suggerendo che

l’infiammazione intestinale locale potesse inibire la peristalsi in altre aree distanti attivando le

vie adrenergiche inibitorie (50) (Figura 5).

Figura 5. Schema riassuntivo sulla diffusione a tutto il tratto gastrointestinale dell’inibizione della contrattilità mio enterica a seguito di un insulto localizzato. (Boeckxstaens GE, de Jonge WJ. Neuroimmune mechanisms in postoperative ileus. Gut 2009; 58:1300-11

2.2.c Componente farmacologica dell’ileo post-operatorio.

Se la manipolazione in fase chirurgica è considerata la prima causa d’ileo

post-operatorio, la seconda sembra essere il tipo di analgesia.

I farmaci oppioidi sono comunemente usati come analgesici in fase peri-operatoria,

sebbene interferiscano con la motilità gastrointestinale prolungando significativamente la

durata dell’ileo post-operatorio.

A livello dei circuiti inibitori delle fibre nervose motorie presenti nel plesso mioenterico e

nella muscolare circolare intestinale, sono stati identificati i recettori delta, mu e kappa per gli

oppioidi. Studi in vitro e in vivo hanno dimostrato che gli oppioidi esogeni ed endogeni,

legandosi ai recettori δ e µ, inibiscono il rilascio di NO e altri neurotrasmettitori inibitori non

colinergici e non adrenergici (VIP) e di acetilcolina modificando la contrattilità intestinale in

(11)

oppioidi sia esogeni sia endogeni, soprattutto attraverso i recettori mu e delta, provochino

un’inibizione degli stimoli inibitori degli strati muscolari. In questo modo viene meno la

normale alternanza di contrazione e rilassamento della muscolatura liscia necessaria per un

movimento propulsivo del contenuto intestinale e per una peristalsi efficace. Gli oppiacei

inoltre svolgono un’azione inibitoria anche sulla secrezione a livello delle mucose intestinali

provocando un indurimento del contenuto intestinale, rendendone ancor più difficile il

passaggio all’interno del lume (15,53). Altri studi hanno inoltre evidenziato come la durata

dell’ileo post-operatorio sia strettamente dipendente alla dose totale di morfina utilizzata in

fase peri operatoria (54). Gli oppioidi svolgono anche un’azione immunomediata; i recettori

per gli oppioidi sono stati identificati livello dei leucociti, dei fagociti e delle cellule

endoteliali (55-59). Tuttavia i meccanismi di azione degli oppioidi a livello delle cellule

infiammatorie non sono stati chiaramente delineati e sembrano essere differenti e opposti a

seconda del tipo di recettore con cui interagiscono.

Per diminuire l’intensità e gli effetti dell’ileo post-operatorio l’utilizzo di FANS come

il ketorolac è andato progressivamente aumentando. In uno studio randomizzato sono stati

messi a confronto un gruppo di pazienti a cui veniva somministrato ketorolac con un gruppo

di pazienti trattati con morfina per via intravenosa o intramuscolare. Il gruppo di pazienti che

assumeva ketorolac manifestava un recupero post-operatorio più rapido e una durata dell’ileo

post-operatorio più breve (mediana 3 giorni) rispetto al gruppo di pazienti che avevano

assunto morfina (mediana 4 giorni); tuttavia il 30% dei pazienti aveva ritenuto insufficiente

l’effetto analgesico del solo ketorolac e aveva richiesto la somministrazione di oppioidi (60).

In conclusione gli oppioidi rimangono una terapia di scelta nella gestione del dolore

postoperatorio; considerando che la via di somministrazione di tali farmaci influisce

notevolmente sull’intensità di azione a livello del tratto gastrointestinale, la via parenterale è

la via di somministrazione da preferire.

(12)

2.3 Fattori di rischio e gestione clinica.

 

Negli ultimi venti anni è aumentato progressivamente l’interesse sulla gestione ottimale

perioperatoria del paziente e sono stati pubblicati numerosi studi. Per quanto riguarda l’ileo

post-operatorio, è stato dimostrato che il trattamento migliore consiste nella sua prevenzione;

è quindi importante riuscire a individuare le cause per adottare le misure necessarie per

minimizzare i fattori di rischio. I più importanti fattori di rischio includono: chirurgia

laparotomica addominale o pelvica, permanenza del sondino nasogastrico e ritardo

nell’alimentazione per via orale nel decorso post-operatorio, infezioni intra-addominali

(peritonite, sepsi), eccessivo sanguinamento intra- e post-operatorio con necessità di

trasfusioni ematiche, utilizzo di oppioidi, elevato indice di massa corporea (10).

La scelta dell’approccio chirurgico è fondamentale e la chirurgia mini-invasiva ha

dimostrato avere una significativa riduzione della durata e dell’intensità dell’ileo

post-operatorio. Numerosi studi hanno dimostrato che la chirurgia laparoscopica riduce

significativamente i tempi di ripristino della peristalsi, della canalizzazione e della ripresa

all’alimentazione per via orale rispetto alla chirurgia laparotomica (61,62). Uno studio in vivo

ha dimostrato che i livelli di triptasi, una molecola rilasciata dai mastociti presenti in cavità

addominale, sono più elevati durante gli interventi laparotomici rispetto a interventi

laparoscopici o vaginali (34). Tuttavia non sempre è possibile scegliere il trattamento

chirurgico meno invasivo e per determinate patologie, soprattutto di tipo oncologico,

l’approccio laparotomico rimane il trattamento di prima scelta.

Nella gestione del dolore post-operatorio, l’analgesia epidurale (AE) permette un

ottimo controllo del dolore riducendo gli effetti sul tratto gastrointestinale. Inoltre l’AE

inibisce il rilascio di ormoni a effetto catabolico come cortisolo, glucagone e catecolamine,

aumenta la sensibilità all’insulina e riduce l’espressione di citochine in fase perioperatoria

(13)

post-operatorio inibendo le vie afferenti simpatiche del sistema gastrointestinale (16). Nel

2000 la Cochrane ha confrontato l’effetto dell’EA con anestetici locali con l’utilizzo di

oppioidi intravenosi in pazienti sottoposti a chirurgia addominale laparotomica; la paralisi

gastrointestinale era fortemente ridotta nel gruppo in cui era stata effettuata l’AE con una

differenza tra i due gruppi di 37 ore (19 ore vs 56 ore, p<0.001) (65). In un'altra meta-analisi è

stata osservata una significativa riduzione della durata di ileo post-operatorio nei pazienti

sottoposti a EA rispetto a quelli a cui erano stati somministrati oppioidi intravenosi; tuttavia

nessuna differenza statisticamente significativa era stata riscontrata per quanto riguarda la

durata del ricovero post-operatorio (66).

La gestione del bilancio di fluidi in fase peri-operatoria influenza in modo rilevante il

decorso post-operatorio e l’entità dell’ileo. Infatti, il sovraccarico di fluidi durante interventi

di chirurgia elettiva sembra essere associato a un intervallo più lungo per la canalizzazione ai

gas, per la ripresa del normale svuotamento gastrico e l’alimentazione per via orale. Un

eccessivo apporto di fluidi determina la comparsa di edema che può provocare distensione

intestinale alterando i sistemi di trasmissione neuromuscolari della muscolatura liscia (13).

Recenti studi hanno ipotizzato che l’utilizzo di emoderivati sia associato a un decorso

negativo in ambito sia clinico sia chirurgico (6); in particolare è stato osservato come l’ileo

post-operatorio sia più frequente nelle pazienti sottoposte a trasfusioni ematiche (67). Sembra

che l’anemizzazione e l’iponatriemia siano associate a un ileo post-operatorio prolungato

(68), probabilmente per il maggiore utilizzo di cristalloidi in seguito ad un’abbondante perdita

ematica (69).

Nella pratica clinica tradizionale si ritiene che mantenere il sondino nasogastrico nel

decorso postoperatorio possa avere un’azione decompressiva, prevenendo l’insorgenza di ileo

o di deiscenza di anastomosi in caso di resezione intestinale. Inoltre, inibendo la comparsa di

vomito, si pensa che il sondino naso gastrico possa svolgere un ruolo protettivo

(14)

dimostrato come l’uso profilattico del sondino nasogastrico nel decorso post-operatorio non

abbia nessun ruolo protettivo e influisca in modo negativo sulla compliance del paziente

prolungando i tempi di degenza e ritardando ulteriormente la ripresa della normale

alimentazione per via orale (70). Generalmente dopo l’intervento chirurgico, la ripresa

dell’alimentazione per via orale inizia in seguito all’avvenuta canalizzazione ai gas, iniziando

con una dieta liquida e proseguendo gradualmente fino all’assunzione di solidi. In letteratura

tuttavia non c’è nessuna evidenza che dimostri gli effettivi vantaggi di tale procedura; in

realtà studi su modello animale hanno dimostrato che la ripresa rapida all’alimentazione orale

potesse avere un ruolo protettivo sull’insorgenza di complicanze infettive, prevenendo

l’atrofia della mucosa gastrica e preservando la fisiologica flora gastrointestinale (71). È stato

dimostrato come l’alimentazione per via orale possa ridurre il rischio di deiscenza

anastomotica in quanto la pressione esercitata a livello del canale digerente porti a produrre

una quantità maggiore di collagene (72).

L’obiettivo principale del trattamento dell’ileo post-operatorio è quello di ridurre il più

possibile la sua durata, tentando di eliminare i fattori di rischio preoperatori e di facilitare il

recupero delle condizioni cliniche della paziente durante la degenza post-operatoria. In caso

di persistenza d’ileo post-operatorio è necessario per prima cosa porre una corretta diagnosi,

indagando eventuali cause secondarie con esami ematochimici e diagnostica per immagini per

escludere complicanze post-operatorie. Contemporaneamente, in caso di vomito persistente o

eccessiva distensione addominale è necessario ripristinare l’alimentazione per via parenterale

e riposizionare il sondino nasogastrico. È anche importante regolare la concentrazione

elettrolitica monitorando il bilancio dei fluidi (10) e sospendere la terapia analgesica con

oppioidi sostituendoli con FANS.

     

(15)

2.4 Ileo post-operatorio nella chirurgia del carcinoma epiteliale ovarico

 

Annualmente, ci sono circa 22.000 nuove diagnosi di carcinoma epiteliale dell’ovaio

(EOC) e circa 14.270 donne muoiono a causa di questa patologia (73). In circa il 75% dei

casi, l’EOC viene diagnosticato in fase avanzata (Stadio FIGO III-IV) con disseminazione

della malattia a livello addominale (74). Il carcinoma primitivo del peritoneo e il carcinoma

della tuba hanno caratteristiche cliniche e di diffusione della malattia simili all’EOC; perciò il

trattamento per le tre patologie è il medesimo (75,76).

Il primo approccio nel trattamento dell’EOC è di tipo chirurgico; nei primi stadi

l’obiettivo dell’intervento chirurgico è diagnostico-stadiativo della malattia (staging

chirurgico) per valutare l’effettiva estensione anatomica del tumore. Negli stadi avanzati

invece l’obiettivo della chirurgia è terapeutico, e consiste nell’asportazione di tutte le

localizzazioni tumorali visibili fino a ottenere l’assenza di malattia macroscopica

(citoriduzione); è stato infatti dimostrato che la citoriduzione ottimale, con malattia residua

assente, seguita da chemioterapia a base di platino comporta un tasso di sopravvivenza

maggiore (74,77). Il grado di diffusione e la localizzazione delle metastasi intra-addominali

sono determinanti nel modulare l’estensione e l’aggressività dell’intervento chirurgico che

può comportare la resezione parziale di organi come fegato e intestino.

In una recente analisi retrospettiva condotta da Bakkum-Gamez J.N. presso la Mayo

Clinic (67) è stata analizzata l’incidenza d’ileo post-operatorio in circa 500 pazienti affette da

EOC sottoposte a intervento chirurgico di staging e citoriduzione; è stato riscontrato che

anche nelle pazienti che non avevano subito la resezione intestinale l’incidenza di ileo

post-operatorio era del 25.9%, e la percentuale rimaneva pressoché invariata anche se venivano

prese in considerazione solo le pazienti sottoposte ad interventi chirurgici di minor

complessità. L’incidenza d’ileo post-operatorio aumentava fino al 38% nelle pazienti che

(16)

Anche la linfoadenectomia pelvica e lomboaortica possono influire negativamente

sulla motilità intestinale (78,79); anche se il meccanismo d’azione non è stato ancora del tutto

chiarito, è probabile che l’approccio transperitoneale e l’asportazione delle strutture

linfonodali possa danneggiare le fibre nervose dei plessi mesenteriali che regolano la motilità

(17)

 

3. SCOPO DELLO STUDIO

Nonostante ci siano complicanze chirurgiche di maggior entità, l’ileo postoperatorio

rimane una condizione clinica frequente che influisce negativamente sul decorso

postoperatorio e che il ginecologo oncologo deve saper gestire al fine di migliorare l’outcome

chirurgico riducendo i costi. Sulla base dell’eziopatogenesi dell’ileo post-operatorio abbiamo

quindi valutato se fosse possibile attuare, in fase intraoperatoria, delle manovre protettive a

livello intestinale per ridurre la manipolazione e l’esposizione delle anse. L’Isolation Bag

(1003 Isolation Bag - 3M™ Steri-Drape™) è una sacca in nylon utilizzata in chirurgia

addominale, all’interno della quale le anse intestinali vengono racchiuse e successivamente

esteriorizzate dalla cavità addominale per migliorare l’esposizione del campo operatorio.

Talora è utilizzato nella chirurgia dei trapianti per riporvi e conservare l’organo estratto in

attesa di reimpianto. L’utilizzo in vivo di tale dispositivo ha come obiettivo quello di

prevenire la formazione di aderenze post-chirurgiche e di mantenere in ambiente sterile le

anse intestinali (80,81). In letteratura è presente un solo articolo che riporta l’utilizzo

dell’Isolation Bag in ambito ginecologico, confermandone l’efficacia (80). La sua

conformazione e il materiale non traspirante di cui è costituito lasciano supporre che

l’Isolation Bag possa svolgere un ruolo protettivo sulle anse intestinali durante l’intervento,

tuttavia non è mai stato valutato se l’utilizzo di questo dispositivo possa influenzare

l’andamento del decorso post-operatorio e, in particolare, essendo utilizzato a scopo

contenitivo delle anse intestinali, possa migliorare o no il decorso dell’ileo post-operatorio.

L’obiettivo primario di questo studio è di valutare l’influenza di una versione

(18)

in pazienti affette da carcinoma epiteliale dell’ovaio e carcinoma primitivo del peritoneo

sottoposte a intervento chirurgico laparotomico di staging e citoriduzione primaria. Il suddetto

dispositivo verrà utilizzato come rivestimento da posizionare sulle anse intestinali prima

dell’allestimento del campo operatorio al fine di ridurre il traumatismo intestinale da

manipolazione chirurgica. Secondariamente ne valuteremo gli effetti sui tempi di degenza

(19)

4

MATERIALI E METODI

Studio caso-controllo. Tra Gennaio 2014 e Gennaio 2015, tra le pazienti ricoverate

presso l’Unità Operativa di Ginecologia e Ostetricia II dell’Azienda Ospedaliera Universitaria

di Pisa I con diagnosi di carcinoma epiteliale dell’ovaio e carcinoma primitivo del peritoneo

in stadio iniziale (FIGO I/II) e avanzato (FIGO III) e sottoposte ad intervento chirurgico di

staging e citoriduzione utilizzando l’ “ileal bag modificato”, sono stati selezionati 20 soggetti

secondo i seguenti criteri di esclusione: precedente chirurgia diagnostica o per recidiva

tumorale per via laparoscopica o laparotomica, trattamento chemioterapico neoadiuvante,

esecuzione di una o più resezioni intestinali durante l’intervento. Questo gruppo è stato

confrontato retrospettivamente, considerando gli stessi criteri d’inclusione ed esclusione, con

un gruppo di 33 soggetti ricoverati tra gennaio 2012 ed ottobre 2013 con la medesima

diagnosi di carcinoma ovarico e carcinoma primitivo del peritoneo, in stadio iniziale e

avanzato, e sottoposte a trattamento chirurgico di staging e citoriduzione senza il supporto

dell’ “ileal bag modificato”. Tutte le pazienti sono state informate e hanno acconsentito per

iscritto al trattamento chirurgico e all’utilizzo dei dati clinici a scopo scientifico.

Le caratteristiche cliniche delle pazienti sono descritte nella tabella n°2.

4.1 Tecnica chirurgica.

L’intervento di staging chirurgico è stato eseguito in accordo con le linee-guida della

Federazione Internazionale Ginecologia e Ostetricia (FIGO): incisione laparotomica mediana,

lavaggio intraperitoneale, attenta ispezione della cavità addominopelvica, esecuzione di

(20)

linfoadenectomia pelvica e lomboaortica, appendicectomia (in caso di sospetto per carcinoma

di tipo mucinoso), isterectomia totale ed annessiectomia bilaterale. In caso di desiderio di

preservazione della fertilità: biopsia endometriale ed annessiectomia monolaterale.

Il trattamento chirurgico citoriduttivo, con lo scopo di asportare tutta la patologia

tumorale macroscopicamente evidente, in accordo con le recenti evidenze della letteratura, ha

presentato una complessità chirurgica molto variabile in base al grado di estensione della

neoplasia. Tale chirurgia è stata nella maggior parte dei casi un’ovariectomia radicale tipo I o

tipo II (82), associata spesso ad ampie resezioni peritoneali a livello addominale e/o

diaframmatico.

Dopo incisione cutanea mediana xifo-pubica, la cavità addominale è stata aperta con

approccio transperitoneale. E’ stata eseguita adesiolisi quando necessario, con successivo

posizionamento del retrattore Bookwalter ( Bookwalker ® III retractor System. Symmetry

Surgical). Nelle pazienti del primo gruppo le anse intestinali sono state rivestite utilizzando

l’“ileal bag modificato” ottenuto dal modellamento dell’Isolation Bag (1003 Isolation Bag -

3M™ Steri-Drape™). Tale modifica consiste nell’aprire il sacchetto, tagliandolo da un lato,

ottenendo un unico telo privato del nastro di chiusura (fig 6-8). Le anse intestinali quindi sono

state avvolte e raccolte all’interno dell’ “ileal bag modificato” e successivamente bloccate con

le garze e le valve del retrattore (fig 9-11). Quando è stato necessario modificare l’esposizione

del campo operatorio, le anse sono state spostate en bloc mantenendole all’interno dell’“ileal

bag modificato”.

In accordo con la tecnica descritta da Benedetti Panici et al. (83,84), è stata eseguita la

derotazione bilaterale delle flessure coliche; in questo modo è stato possibile mobilizzare

l’intenstino ed esporre adeguatamente i vasi renali, i peduncoli ovarici fino alla loro origine,

l’aorta e la vena cava e procedere alla linfoadenectomia lomboaortica sistematica o

all’asportazione di linfonodi bulky negli stadi avanzati. In caso di debulking, la

(21)

omentale ed eseguire l’omentectomia radicale gastrocolica in sicurezza. La linfoadenectomia

pelvica sistematica è stata eseguita dopo individuazione del nervo genitofemorale, del nervo

otturatorio e della vena circonflessa iliaca profonda, asportando i linfonodi a livello iliaco

comune, esterno, interno ed otturatorio.

Tutte le procedure chirurgiche, inclusa la linfoadenectomia pelvica e lomboaortica,

sono state eseguite con tecnica nerve-sparing.

4.2 Gestione perioperatoria della paziente.

Tutte le pazienti hanno effettuato la preparazione intestinale con una soluzione

lassativa osmotica. Per la profilassi antibiotica è stato utilizzato cefuroxima sodica 2 g e.v. 60’

prima dell’inizio dell’intervento oppure ciprofloxacina 400 mg e.v. in caso di allergia nota

alle cefalosporine o ai betalattamici. In caso d’intervento chirurgico della durata superiore a

tre ore è stata somministrata un ulteriore dose di cefuroxima 1 g e.v. oppure ciprofloxacina

400 mg e.v. e, in caso di trasfusioni con emoderivati, la terapia antibiotica è stata continuata

nei giorni successivi all’intervento chirurgico. La profilassi antitrombotica è stata eseguita con

eparina a basso peso molecolare (EBPM), per via sottocutanea, 12 ore prima dell’intervento

chirurgico e per 30 giorni dopo. Alla paziente è stato consigliato un periodo di digiuno

antecedente all’intervento di 12 ore.

Prima dell’inizio dell’intervento chirurgico sono stati posizionati il catetere vescicale tipo

Foley 16 Fr e un sondino naso gastrico a scopo decompressivo. La necessità di procedere con

trasfusioni con una o più unità di emazie concentrate o altri emoderivati è stata valutata

dall’anestesista presente in sala operatoria sulla base della stima delle perdite ematiche.

(22)

adeguato riscaldamento per il mantenimento della temperatura corporea tramite utilizzo di

coperta termoattiva (BARRIER® EasyWarm®, Molnlycke healthcare).

Al termine dell’intervento è stato posizionato un drenaggio a livello pelvico; in caso di

intervento chirurgico ad alta complessità a livello dell’alto addome, sono stati posizionati uno

o più drenaggi in cavità addominale.

I tempi operatori sono stati calcolati dall’incisione fino alla sutura cutanea.

Tutte le pazienti hanno ricevuto un’anestesia generale di tipo bilanciato. Dopo l’intervento

tutte le pazienti hanno ricevuto la terapia analgesica post-operatoria con oppioidi e.v. con

modalità “patient-controlled analgesia” (PCA); in caso di ileo post-operatorio prolungato o

episodi di vomito veniva interrotta la somministrazione di oppioidi e sostituita con

paracetamolo 1 g /6 h e/o ketorolak 30 mg /8 h.

Nelle prime 48 ore dall’intervento le pazienti hanno ricevuto terapia infusionale con soluzione

idroelettrolitica 2000 ml/24 h e con metoclopramide 20 mg/24h e omeprazolo 40 mg/24 h per

ridurre la nausea e il vomito. Tutte le pazienti sono state incoraggiate ad assumere liquidi

nelle prime 48 ore dopo l’intervento e nelle successive 24 ore ad alimentarsi con dieta

semiliquida e poi priva di scorie al momento della ripresa della canalizzazione e in assenza di

sintomi sospetti per disfunzione gastrointestinale.

La rimozione del sondino nasogastrico è avvenuta al momento della ripresa della peristalsi.

Il catetere vescicale è stato rimosso in considerazione delle condizioni della paziente e delle

indicazioni cliniche.

Le pazienti sono state valutate per la disfunzione gastrointestinale monitorando la

comparsa di vomito, presenza o meno di peristalsi, ripresa della canalizzazione ai gas,

eventuale riposizionamento di SNG. La durata dell’ileo post-operatorio è stata calcolata in

giorni dal momento dell’intervento alla ripresa della canalizzazione ai gas, in assenza di

(23)

La durata della degenza è stata calcolata dalla prima giornata del ricovero post-operatorio fino

al giorno della dimissione.

Lo stato della paziente è stato definito febbrile qualora la temperatura corporea fosse

maggiore di 38°C per due misurazioni consecutive eseguite con un intervallo di 4 ore a partire

dalle 24 ore dall’intervento.

La dimissibilità delle pazienti era valutata secondo i seguenti criteri: apiressia (intesa come

temperatura corporea inferiore a 38°C), sutura laparotomica in via di fisiologica guarigione,

assenza di nausea o vomito, gestione del dolore post-chirurgico con l’assunzione al bisogno di

analgesici per via orale, capacità di alimentarsi regolarmente, svuotamento regolare dell’alvo,

minzione spontanea. Le pazienti sono state coinvolte nell’ambito decisionale e la dimissione è

(24)

Fig.6 Fig. 7 Fig.8

(25)

4.3 Analisi statistiche

Le caratteristiche cliniche delle pazienti, il tipo d’intervento, la complessità e i tempi

chirurgici, le perdite ematiche intraoperatorie, la durata dell’ileo postoperatorio e i giorni di

degenza sono state riassunte mediante statistiche descrittive usando Microsoft Excel 2013

(Microsoft Corp.).

Le caratteristiche delle pazienti quali età, BMI, perdite ematiche intraoperatorie,

durata intervento chirurgico, peristalsi, canalizzazione e durata ricovero post-operatorio sono

state analizzate tramite ANOVA per evidenziare le differenze delle medie; un p<0.05 è stato

considerato statisticamente significativo.

I parametri quali la ripresa della peristalsi, la ripresa di canalizzazione, la durata del

ricovero post-operatorio sono stati divisi in due classi ciascuno (peristalsi: <2 giorni, >2

giorni; canalizzazione: <3 giorni, >3 giorni; ricovero post-operatorio: < 5 giorni, ≥ 5 giorni).

L’effetto dell’“Ileal bag modificato” è stato valutato sui diversi parametri sopra

elencati mediante test del Χ2. Per accertare eventuali effetti confondenti, è stata eseguita una

regressione logistica includendo nel modello oltre alla presenza dell’“Ileal bag modificato”

anche il tipo di intervento (citoriduzione vs staging), la durata dell’intervento (<245 minuti vs

≥245 minuti) e eventuali trasfusioni (si vs no).

Infine le precedenti analisi sono state ripetute stratificando le varie tabelle per tipo

d’intervento (citoriduzione vs staging), per durata d’intervento (<245 minuti vs ≥245 minuti)

e per trasfusioni (si vs no) mediante Mantel-Haenszel Test.

In ogni analisi e per ogni parametro sono stati calcolati l’Odds Ratio (OR), i limiti di

confidenza (95%) ed il valore del p. Un p<0.05 è stato considerato statisticamente

significativo. Tutte le analisi statistiche sono state eseguite utilizzando Stata 12 (StataCorp

(26)

La complessità chirurgica è stata suddivisa in 3 classi a seconda del punteggio ottenuto

secondo la tabella di riferimento di Aletti (74); ad ogni procedura chirurgica è stato attribuito

un punteggio e la complessità chirurgica totale dell’intervento è stata classificata come: bassa

(27)

5.

RISULTATI

Caratteristiche cliniche e analisi con ANOVA

Un totale di 53 pazienti sono state incluse nello studio; il gruppo di pazienti sottoposte

a trattamento con “ileal bag modificato” è composto da n=20 pazienti, il gruppo di controllo

da n=33 pazienti. I due gruppi considerati sono risultati omogenei per quanto riguarda età

media al momento della diagnosi (56.8+ 15.33 anni vs 59+ 10.89 anni, p>0.05) e BMI (media

26.2 mq/kg vs 25.6 mq/kg, p>0.05). Nel gruppo di pazienti sottoposte a trattamento con “ileal

bag modificato” nel 61.9% la malattia è stata diagnosticata in stadio iniziale e le stesse

pazienti sono state sottoposte ad intervento chirurgico per staging. Nel gruppo di controllo le

pazienti con diagnosi di stadio iniziale di malattia e successivo intervento chirurgico per

staging sono state il 57.6% dei casi. L’istotipo più frequentemente riscontrato in entrambi i

gruppi è stato il sieroso-papillifero (60% nel gruppo trattato e 72.7% nel gruppo di controllo),

seguito da endometrioide (20% nel gruppo trattato e 15,1% nel controllo), mucinoso (10% nel

gruppo trattato e 6.1% nel controllo), cellule chiare (5% nel gruppo trattato e 6,1% nel

controllo), mülleriano misto (5% nel gruppo trattato) e indifferenziato (6.1% nel gruppo di

controllo). La presenza di ascite è stata riscontrata in 7 pazienti del gruppo trattato (35%) e in

14 del gruppo di controllo (42%) (tabella 2). Non sono state riscontrate differenze

significative nei due gruppi per quanto riguarda la durata dell’intervento (289.28±70.61 min

vs 275.91±60.74 min; p>0.05, e le perdite ematiche (457.14±198.82 vs 462.12±180.72;

p>0.05) (tabella 3). Nel gruppo di trattamento, in tre pazienti sottoposte a intervento di

staging non è stata eseguita la linfoadenectomia lomboaortica: un caso per età avanzata (84

anni) e gli altri due casi per diagnosi istologica estemporanea di tumore borderline per cui è

(28)

sottoposta a intervento di staging chirurgico non è stata eseguita linfoadenectomia

lomboaortica per diagnosi istologica estemporanea di tumore borderline; anche in questo caso

lo staging intraperitoneale è stato associato ad un sampling linfonodale. Nelle pazienti

sottoposte a staging chirurgico con linfoadenectomia lomboaortica e pelvica non sono state

riscontrate differenze statisticamente significative e il numero totale medio di linfonodi

asportati (34.00 ± 11.90 vs 33.41±21.07, p>0.05)

Le pazienti sottoposte a intervento a bassa complessità chirurgica sono state 3 nel gruppo con

“ileal bag modificato” e 1 nel gruppo di controllo; le motivazioni sono state l’età avanzata nel

caso di una paziente di 84 anni, che è stata sottoposta a staging chirurgico intraperitoneale, e

nei 3 restanti casi la diagnosi istologica estemporanea di tumore borderline dell’ovaio, per cui

è stato eseguito lo staging chirurgico con sampling linfonodale pelvico. Gli interventi

chirurgici di moderata complessità sono stati 16 e 30 rispettivamente nel gruppo trattato con

“ileal bag modificato” e gruppo di controllo. Infine nel gruppo sottoposto a trattamento con

“ileal bag modificato”, un caso raggiungeva un punteggio di alta complessità chirurgica,

mentre nel gruppo di controllo sono stati 2 casi (Tabella 3).

Nei due gruppi non ci sono state differenze statisticamente significative per quanto riguarda la

media dei giorni di ripresa della peristalsi (1.15±0.37 vs 1.45±0.66; p>0.05); nessuna

differenza è stata evidenziata neanche confrontando i due sottogruppi di pazienti sottoposte a

staging o citoriduzione (staging: 1.15±0.37 vs 1.47±0.70; p>0.05. Citoriduzione:1.14±0.38 vs

1.43±0.65; p>0.05). La durata media di ripresa della canalizzazione invece è risultata

significativamente ridotta nelle pazienti trattate con “ileal bag modificato” (2.20±0.77 vs

3.09±1.07; p<0.002) e tale significatività si è mantenuta confrontando le pazienti dei due

gruppi sottoposte a staging (2.23±0.93 vs 3.16±1.12; p<0.02 ) e citoriduzione (2.14±0.38 vs

3.0±1.03; p<0.05). Anche la durata media dei giorni di ricovero post-operatorio è stata

significativamente inferiore in tutte le pazienti sottoposte a trattamento con “ileal bag

(29)

vs 6.16±1.42; p<0.01) sia in quelle sottoposte a citoriduzione (4.57±0.79 vs 6.0±1.52; p<0.03)

(Tabella 4).

Analisi univariata e regressione logistica

I dati relativi alla ripresa della peristalsi e della canalizzazione e alla durata del ricovero

postoperatorio sono stati analizzati secondo analisi univariata e con regressione logistica per

tipologia di intervento (staging o citoriduzione) e durata dell’intervento (<245 minuti vs ≥ 245

minuti).

Nonostante sia stato osservato un miglioramento nella ripresa della peristalsi nelle pazienti

sottoposte a trattamento con “ileal bag modificato”, non è stata raggiunta nessuna

significatività statistica, anche dopo analisi con regressione logistica (dati non mostrati).

Analizzando i dati relativi alla ripresa della canalizzazione è stato osservato che nel 41,51%

dei soggetti di controllo la ripresa di canalizzazione avveniva dopo 2 giorni dall’intervento,

mentre nel gruppo dei soggetti trattati con “ileal bag modificato” solo nel 7,55% delle pazienti

avveniva dopo 2 giorni. Al contrario nella maggior parte delle pazienti con “ileal bag

modificato” la canalizzazione avveniva prima dei due giorni (30,19% vs 20,75%, OR 0.12,

p<0.001). Dopo regressione logistica è possibile ancora evidenziare un effetto significativo

del trattamento “con ileal bag modificato”(OR 0.11, IC 95% 0.03-0.44, P<0.002).

Anche per quanto riguarda la durata del ricovero post-operatorio è stato riscontrato che la

maggior parte delle pazienti dimesse prima di 5 giorni apparteneva al gruppo dell”’ileal bag

modificato” (30,19% vs 18,87%), mentre solo il 7,55 % delle pazienti del medesimo gruppo è

stato dimesso dopo 5 giorni (OR 0.11, IC 0.02-0.45; p < 0.0005); al contrario nel gruppo di

controllo le pazienti dimesse dopo 5 giorni sono state il 43,40%. La significatività statistica

era mantenuta anche dopo analisi con regressione logistica includendo tipo e durata

(30)

Analisi dei dati con stratificazione per tipologia e durata dell’intervento

Abbiamo eseguito un analisi stratificata per tipologia di intervento (staging vs

citoriduzione) dell’efficacia dell’”ileal bag modificato” su tutti i parametri già analizzati.

È stato riscontrato che l’utilizzo dell’“ileal bag modificato” favoriva una più precoce

canalizzazione nelle pazienti sottoposte a staging (OR 0.11, IC 0. 01-0.74; P<0.006

Mantel-Haenszel Test) rispetto a quelle sottoposte a citoriduzione (OR 0.12 , IC 0.01-1.78; p>0.05

Mantel-Haenszel Test). La stessa stratificazione è stata utilizzata per evidenziare l’effetto

dell’“ileal bag modificato” sui giorni di degenza post-operatoria: in questo caso sia le pazienti

sottoposte a staging che le pazienti sottoposte a citoriduzione beneficiavano del trattamento

(Staging: OR 0.11; IC 0.01-0.74; P<0.006; Citoriduzione: OR 0.09, IC 0.006-1.48; P<0.03;

Mantel-Haenszel Test). Nessun effetto è stato evidenziato sulla peristalsi.

Stratificando i dati per durata d’intervento è risultato che le pazienti con intervento della

durata ≥ 245 minuti presentavano un maggior beneficio sulla ripresa della canalizzazione (OR

0.02, 0.001-0.57; P<0.0001; Mantel-Haenszel Test) e sui tempi di ricovero post-operatorio

(OR 0.07, IC 0.01-0.55, P<0.0009; Mantel-Haenszel Test). Questo stesso gruppo di pazienti

(intervento con durata ≥ 245 minuti) presentava un certo beneficio dal trattamento con “ileal

bag modificato” anche sulla ripresa della peristalsi anche se con un p al limite per

(31)

Tabella 2: Caratteristiche cliniche delle pazienti

 

  Trattamento   Controllo   p  value   N°  pazienti     20   33   -­‐   Età  (media+  SD)     57.2+15.33   59+10.89   >0.05   BMI  (media/mediana)     26.2/25   25.6/25   -­‐     Istologia  (n  )  (%)   - Sieroso  papillifero   - Endometrioide   - Mucinoso   - Cellule  chiare   - Mülleriano  misto   - Indifferenziato         12  (60.0)   4  (20.0)   2  (10.0)   1  (5.0)   1  (5.0)   -­‐       22  (66.7)   5  (15.1)   2  (6.1)   2  (6.1)   -­‐   2  (6.1)     -­‐     FIGO  stage   Early  I/II  (%)     Advanced  III/IV  (%)       13  (65)     7  (35)       19  (57.6)     14  (42.4)     -­‐     -­‐     N  pz  con  Ascite    (%)         7  (35)    14  (42)   -­‐                            

(32)

Tabella 3. Procedure e outcome chirurgico

     

Trattamento  (n=  20)   Controllo  (n=33)   p  value  

Staging  pz  (%)     13  (65)   19  (57.6)   -­‐   Citoriduzione  pz  (%)     7(35)   14  (42,4)   -­‐   N  pz  sottoposte  a  

linfoadenectomia  pelvica  e   lombo  aortica*  (%)     N  totale  linfonodi     (media  +  SD)     10    (76.9)       34.00  ±11.90     18  (94.7)       33.41±21.07           >0.05   Complessità  chirurgica  sec.  

Score  Aletti  (n  pz  +  %)     Bassa  (<3)   Moderata  (4-­‐7)   Alta  (>8)           3  a  ,b    (15)   16      (80)   1            (5)         1    a  (3.0)   30      (90.9)   2          (6.1)         -­‐   -­‐   -­‐   Pz  sottoposte  a  procedure  

chirurgiche  aggiuntive  eseguite   durante  citoriduzione**  (%)  

 

3  (42.8)   4  (28.6)       Durata  intervento  (media±SD)  

min     Staging     citoriduzione   289.28(±70.61)       273.46(±  63.88)     315.0(±77.64)   275.91(±60.74)       268.68(±51.63)     285.71(±72.19)   >0.05       >0.05     >0.05   Perdite  ematiche  (media±SD)ml  

  Staging     citoriduzione   457.14(±198.92)     430.77(±  209.70)     500.0(±  185.16)   462.12(±180.72)     471.05(±192.44)     450.0(169.84)   >0.05     >0.05     >0.05   *comprende  solo  le  pazienti  sottoposte  a  staging  chirurgico  

**  asportazione  peritoneo  diaframmatico,  asportazione  noduli  epatici  superficiali,.  

a:  diagnosi  estemporanea  di  tumore  borderline  per  cui  è  stato  eseguito  staging  intraperitoneale  con  sampling   linfonodale  

b:  paziente  con  età  avanzata  (84  anni)  per  cui  è  stato  eseguito  unicamente  staging  intraperitoneale.  

                                 

(33)

Tabella 4. Decorso post-operatorio

 

 

Trattamento  (n=  20)   Controllo  (n=33)   p  value   Peristalsi  gg  (media±SD)     Staging     citoriduzione   1.15(±0.37)     1.15  (±0.37)     1.14(±0.38)     1.45(±0.66)     1.47  (±  0.70)     1.43  (±0.65)   >0.05     >0.05     >0.05   Canalizzazione  gg   (media±SD)     Staging     citoriduzione   2.20  (±0.77)       2.23  (±  0.93)     2.14  (±  0.38)   3.09  (±  1.07)       3.16  (±1.12)     3.0  (±  1.03)   <0.002     <0.02     <0.05   Giorni  di  degenza  

(media±SD)   Staging     Citoriduzione     4.8  (±  0.89)     4,92(±  0.95)     4.57  (±0.79)   6.09  (±1.44)     6.16  (±1.42)     6.0  (±  1.52)   <0.0007     <0.01     <0.03        

Tabella 5. Analisi univariata dell’efficacia dell’ileal bag su peristalsi, canalizzazione e giorni

di ricovero post-operatorio  

Variabili    

Odds  ratio  (95%  IC)  

P  value  

Peristalsi     0.31  (0.07-­‐1.34)   <0.09   Canalizzazione     0.12  (0.03-­‐0.55)   <0.001   Ricovero  post-­‐operatorio     0.11  (0.02-­‐  0.50)   <0.0005            

Tabella 6. Analisi multivariata dell’efficacia dell’ileal bag su peristalsi, canalizzazione e

giorni di ricovero post-operatorio. Nel modello di regressione logistica sono stati inclusi anche la tipologia di intervento (staging vs citoriduzione) e la durata di intervento (<245 minuti vs ≥ 245 minuti).

 

Variabili    

Odds  ratio  (95%  IC)  

P  value  

Peristalsi     0.31  (0.07-­‐1.30)   >0.05   Canalizzazione     0.11  (0.03-­‐0.44)   <0.002   Ricovero  post-­‐operatorio     0.08  (0.02-­‐0.35)   <0.001  

(34)

 

Tabella 7. Analisi dell’efficacia dell’ileal bag modificato su peristalsi, canalizzazione e ricovero post-operatorio stratificata per tipologia di intervento (staging vs citoriduzione) e durata intervento chirurgico (<245 minuti vs ≥ 245minuti) secondo Mantel-Haenszel Test.

variabili  

stratificazione   Odds  Ratio  

(95%  IC)

 

P  value  

peristalsi   Staging   0.31  (0.05-­‐1.98)   >0.05   Citoriduzione   0.3  (0.02-­‐3.67)   >0.05   <245   1.12  (0.13-­‐9.40)   >0.05   ≥245   0.11  (0.01-­‐1.30)   <0.03   canalizzazione   Staging   0.11  (0.01-­‐0.74)   <0.006   Citoriduzione   0.12  (0.01-­‐1.78)   >0.05   <245   0.86  (0.12-­‐6.27)   >0.05   ≥245   0.02  (0.001-­‐0.57)   <0.0001  

Ricovero  post-­‐operatorio   Staging   0.11  (0.01-­‐0.74)   <0.006  

Citoriduzione   0.09  (0.006-­‐1.48)   <0.04  

<245   0.17  (0.01-­‐2.40)   >0.05  

≥245   0.07  (0.008-­‐0.55)   <0.0009  

   

(35)

Tabella 8. Sistema valutativo della complessità chirurgica generale basata sul numero e sul

grado di complessità per singola procedura chirurgica (74).

Procedura chirurgica

punteggio

Isterectomia totale + annessiectomia bilaterale 1

omentectomia 1

Linfoadenectomia pelvica 1

Linfoadenectomia lomboaortica 1

Asportazione di peritoneo pelvico 1

Asportazione del peritoneo addominale 1

Anastomosi retto-sigmoidea termino-terminale 3

Resezione a livello del colon 2

Stripping peritoneale o resezione a livello diaframmatico 2

Splenectomia 2

Resezione/i a livello epatico 2

Resezione a livello dell’intestino tenue 1

Classificazione della complessità chirurgica

Punteggio

1. Bassa

< 3

2. Intermedia

4-7

(36)

6.

DISCUSSIONE

Il carcinoma epiteliale ovarico e il carcinoma primitivo del peritoneo sono due

patologie altamente aggressive la cui diagnosi spesso avviene in stadi avanzati (85)

Negli ultimi 40 anni, la sopravvivenza delle pazienti con diagnosi di EOC in stadio

avanzato è significativamente migliorata grazie all’associazione del trattamento chirurgico

citoriduttivo, che è progressivamente diventato sempre più radicale, e successiva

chemioterapia di prima linea con platino e paclitaxel. Infatti è stato dimostrato che le pazienti

sottoposte a citoriduzione con malattia residua assente rispondono meglio alla chemioterapia

(86-89) con una percentuale di sopravvivenza a 5 anni maggiore (90). Per raggiungere

l’obiettivo di un residuo di malattia assente è necessario un grado di complessità chirurgica

sempre più alto, che richiede anche tempi operatori molto lunghi e una notevole aggressività

chirurgica che comprende ampie resezioni peritoneali e viscerali non solo a livello pelvico ma

anche a livello dell’alto addome. Negli stadi tumorali iniziali, sebbene l’intervento di

stadiazione comporti un grado di complessità chirurgica moderato (74), le procedure

chirurgiche associate comportano comunque l’ispezione di molteplici distretti anatomici a

livello di tutta la cavità addominopelvica, determinando quindi una manipolazione diffusa di

tutto il tratto gastrointestinale.

Nello studio condotto da Bakkun-Gamez J.N. (67) su 500 pazienti è stata riscontrata

un’incidenza del 38,5% di ileo post-operatorio prolungato in pazienti sottoposte a

citoriduzione con resezione intestinale; nelle pazienti sottoposte a citoriduzione alle quali non

era stata eseguita resezione intestinale l’incidenza di ileo post-operatorio era del 25,5%,

mentre l’incidenza si manteneva stabile al 30% nelle pazienti sottoposte ad intervento

chirurgico a bassa complessità chirurgica (score < 3), suggerendo che anche la chirurgia di

(37)

evidente che la principale causa che determina la comparsa d’ileo post-operatorio sia

l’intervento chirurgico stesso (6); di conseguenza, maggiore è il grado di complessità della

chirurgia maggiore è la probabilità che l’ileo post-operatorio permanga più a lungo. Tuttavia,

nonostante la crescente radicalità chirurgica costituisca un fattore di rischio d’ileo

post-operatorio, non è possibile ridurla senza influire negativamente sul decorso della malattia.

Lo scopo del nostro studio è stato quello di valutare se l’utilizzo dell’“ileal bag

modificato” potesse migliorare il decorso post-operatorio in termini di riduzione della durata

dell’ileo post-chirurgico e dei giorni di degenza. In entrambi i gruppi del nostro studio, le

pazienti hanno manifestato un ileo post-operatorio uguale o inferiore a 5 giorni (9). Tuttavia,

la ripresa della canalizzazione è stata significativamente più precoce nel gruppo trattato,

indipendentemente dal tipo d’intervento e dalla durata dello stesso. Un risultato simile è stato

osservato per la degenza post-operatoria, significativamente inferiore nel gruppo sottoposto a

trattamento. Probabilmente la sua efficacia consiste nel fatto che, avvolgendo le anse

intestinali, il dispositivo funziona come una barriera tra le anse stesse e la manipolazione

chirurgica diretta la quale è stato dimostrato essere la principale responsabile dell’insorgenza

di ileo post-operatorio (6). Inoltre l’effetto protettivo del dispositivo è stato maggiore nelle

pazienti sottoposte a intervento di staging rispetto a quello citoriduttivo, probabilmente per la

maggiore staticità del campo operatorio nell’intervento stadiativo rispetto a quello

citoriduttivo, nel quale è necessaria una maggiore manipolazione viscerale per la

multisettorialità chirurgica dovuta alla diffusione della malattia.

Fagotti A. (78) e Fujita K. (79) hanno riportato un’alta incidenza di ileo

post-operatorio in chirurgia ginecologica oncologica dopo linfoadenectomia lomboaortica. Tra le

varie teorie avanzate per motivare tale correlazione, la più probabile ipotizza la possibile

lesione del plesso mesenterico e delle fibre simpatiche delle catene laterali che risiedono nelle

stesse strutture perivascolari dove sono presenti anche le catene linfonodali

(38)

livello provocherebbe un’alterazione nel sistema nervoso autonomo così come l’estesa

mobilizzazione del colon potrebbe causare uno stiramento delle fibre afferenti al plesso

mioenterico con conseguente ileo pseudo-ostruttivo (78). Nel nostro studio, in entrambi i

gruppi presi in esame, la linfoadenectomia lomboaortica è stata eseguita secondo la medesima

tecnica con l’obiettivo di preservare le strutture nervose presenti in quel distretto; non si sono

inoltre evidenziate differenze statisticamente significative neanche per quanto riguarda il

numero totale medio di linfonodi asportati. Tuttavia è stato riscontrato un miglior outcome in

termini di ripresa di canalizzazione e durata della degenza postoperatoria nelle pazienti

appartenenti al gruppo trattato; questo dato lascia supporre che l’utilizzo dell’“ileal bag

modificato” risulti efficace anche negli interventi in cui il rischio di danneggiare le strutture

nervose è alto.

Questi risultati lasciano presumere quindi che l’utilizzo dell’“ileal bag modificato”

migliori i tempi e la modalità di recupero post-operatorio della paziente la quale dimostrerà

una migliore compliance al trattamento chirurgico, in quanto si riducono i tempi di ritorno

alle normali attività quotidiane; una ripresa più rapida delle condizioni generali della paziente

potrebbe comportare inoltre una riduzione dell’intervallo tra chirurgia e chemioterapia

adiuvante. La degenza più breve riduce ovviamente le spese sostenute dal sistema sanitario

nazionale.

In ultima analisi tale dispositivo potrebbe avere anche un importante riscontro dal

punto di vista anestesiologico. Infatti, essendo in nylon, ridurrebbe sensibilmente la

traspirazione attraverso le anse, con conseguente riduzione della necessità d’iperidratazione

della paziente. Quest’aspetto non sarebbe di secondaria importanza poiché l’edema intestinale

da iperidratazione perioperatoria ha un impatto negativo sulla ripresa della peristalsi

post-chirurgica (10). In uno studio su modello in vitro con cellule muscolari lisce intestinali equine

è stato dimostrato che modificando la temperatura del terreno di coltura si osservava un

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