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Capitolo 7

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Capitolo 7

Manufatti e Verifica delle Tubazioni

7.1-Il Trasporto Solido del Fiume Ombrone. In questa parte andiamo a visionare il comportamento di alcuni manufatti, in particolar modo in questi primi due paragrafi, vediamo il comportamento del canale di collegamento fra l’alveo del fiume e l’impianto di rilancio del sistema idraulico. Dato che il trasporto solido del fiume Ombrone è importante, sia per quello solido di fondo che per quello in sospensione, è necessario capire quanto materiale viene convogliato verso il sistema. Tale valore deve essere limitato in quanto il passaggio di materiale attraverso l’impianto di rilancio e le varie tubazioni possono dar luogo, con l’andare del tempo, a usure eccessive delle parti meccaniche e quindi a costi aggiuntivi di gestione; inoltre eccessivo accumulo creano un trasporto di materiale all’interno della distribuzione, con problemi negli organi di erogazione, che hanno dei diametri molto piccoli e facilmente otturabili.

Per attuare uno studio accettabile dell’organo di sedimentazione è necessario verificare il trasporto solido del corso d’acqua in questione, ossia del fiume Ombrone. Tale fiume è noto per il suo trasporto solido, che risultava importante tanto da determinarne l’uso per effettuare la bonifica per colmata della pianura grossetana. Dal Grafico 7.1 vediamo come il trasporto solido in sospensione, alla stazione di misura di Sasso d’Ombrone, del corso d’acqua è variato nel tempo:

Grafico 7. 1: trasporto solido del fiume Ombrone, suddiviso per trienni, dal 1953 al 1991, a Sasso d’Ombrone.

Dal Servizio Idrografico ci hanno fatto sapere che i dati torbiometrici del fiume Ombrone si fermano all’anno 2000; di questo trasporto solido conosciamo il legame con la portata media del fiume, ottenuto andando ad interpolare i dati storici effettuati dal SIR, nel Grafico 7.2:

0 500 1.000 1.500 2.000 2.500 3.000 3.500 Tr as p o r to S o li d o (10^ 3 to n ) Trienni

(2)

200

Grafico 7. 2: correlazione portata solida-portata liquida a Sasso d’Ombrone (dati Servizio Idrografico 1953-1990).

Si vede come la relazione sui dati storici è pari a:

Q = 0,1542 ∙ Q ,

Si hanno i dati della Tabella 7.1:

Mesi

Portata Media Mensile

Portata Solida Media Mensile

Peso Totale del Materiale Solido Portata Solida Media Mensile Impianto m3/s kg/s t kg/s Gennaio 35,21 70,53 188.897 - Febbraio 34,33 67,52 163.348 - Marzo 31,76 59,06 158.196 - Aprile 26,49 43,23 112.052 - Maggio 19,72 26,02 69.695 1,320 Giugno 9,7 7,68 19.905 0,792 Luglio 3,51 1,34 3.580 0,381 Agosto 2,71 0,86 2.294 0,316 Settembre 6,65 4,01 10.399 0,603 Ottobre 16,05 18,26 48.908 - Novembre 40,37 89,23 231.281 - Dicembre 42,95 99,26 265.862 - Totale 1.274.417

(3)

201 Nel nostro caso, per i mesi irrigui abbiamo valori portate medie mensili, dove solo la quota di

1,00m3/s viene addotto per scopi irrigui. Quindi se andiamo a calcolare la portata solida sul letto del

fiume, la quota che viene deviata nel sistema irriguo è pari alla percentuale di portata che viene addotta rispetto alla portata globale del fiume. Si nota come il valore di trasporto totale che abbiamo è abbastanza in linea con i valori riportati nel Grafico 7.1.; nell’elaborazione precedente sono state fatte due semplificazioni abbastanza importanti: la prima è che la correlazione, ottenuta con le portate nella sezione di Sasso d’Ombrone, sia valida anche nella sezione di Poggio Cavallo, mentre le seconda riguarda l’applicazione del legame alle portate medie mensili e non su quelle istantanee. La prima semplificazione è quella più importante, dato che ho la possibilità di avere un mutamento delle caratteristiche dell’alveo, quelle legate a trasporto solido, che mi possono far mutare il legame fra portata solida e portata liquida, accentuandone o diminuendone la correlazione. Per quanto riguarda la frazione granulometrica del trasporto in sospensione abbiamo la seguente curva granulometrica:

Grafico 7. 3: curva granulometrica del trasporto solido sospeso del fiume Ombrone.

Si ricorda che il trasporto di fondo non viene considerato dato che difficilmente è ipotizzabile che tale pezzatura possa abbandonare l’alveo fluviale e convogliarsi verso il canale di immissione alla rete, ma, visto che la spinta del corso d’acqua tenderà a diminuire, il materiale si depositerà prima. 7.2-Dimensionamento del Canale di Derivazione e Sedimentazione. Nel calcolo del processo di sedimentazione si fa sempre la semplificazione di considerare la sedimentazione della singola particella come non influenzata dalla presenza di altre particelle circostante. Su tale base si assume valida la legge di Stokes; tale legge si ottiene andando a considerare le forze che

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 0,01 0,1 1 P e r c e n tu al e (% )

Log10Diametro Particelle (mm)

(4)

202 agiscono sulla singola particella, assunta di dimensioni sferiche per semplicità, e sulla quale abbiamo una forza di trascinamento verso il basso pari a:

F = (ρ − ρ ) ∙ g ∙ V

Dove ρs e ρw sono rispettivamente la densità dell’elemento solido e dell’acqua, che moltiplicati per

g, che è l’accelerazione di gravità, forniscono il peso specifico, per V che è il volume della sfera; ad essa si oppone il fluido attraversato:

F = C ∙ A ∙ρ ∙ v

2

Figura 7. 1: configurazione di un carpo in caduta all'interno di un fluido.

Dove A è la sezione retta della particella, Cd è il coefficiente di Newton e v è la velocità della

particella; proprio quest’ultima vogliamo ricercare e, in condizioni di stazionarietà del moto, per l’equilibrio, abbiamo:

v = 4 ∙ g ∙ (ρ − ρ ) ∙ d

3 ∙ C ∙ ρ il coefficiente di Newton è pari a:

C = 24

R +

3

R + 0,34

Per bassi numeri di Reynolds, quelli relativi al campo della sedimentazione, abbiamo la semplificazione della espressione, dato che il 2° e 3° addendo possono essere trascurati; quindi alla fine, sostituendo e ricordandoci l’espressione del numero di Reynolds, abbiamo:

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203

v = g ∙ (ρ − ρ ) ∙ d

18 ∙ μ

espressione nota come legge di Stokes. Parte della seguente trattazione fa capo alle considerazioni svolte nell’ambito della Ingegneria Sanitaria Ambientale, dove vengono studiati dissabbiatori e sedimentatori sfruttando proprio la legge di Stokes.

Nella tecnica del trattamento delle acque, il processo di sedimentazione viene sempre condotto in continuo, con modalità che differiscono da quella di una singola particella come sopra esaminata. Infatti, se il liquido non è in quiete, alla particella compete una velocità che è determinata dalla composizione vettoriale della velocità di sedimentazione v e dalla velocità di trasporto V dovuta al movimento del liquido. Si considera il caso in cui il materiale sospeso sia di natura granulosa ed in cui la concentrazione di particelle non sia tanto elevata da determinare il fenomeno di sedimentazione di massa.

Ragionando su di una vasca ideale a flusso orizzontale, assimilabile al nostro canale derivatore, con velocità di trasporto V data da un vettore orizzontale, quindi a pianta rettangolare, si possono individuare 4 zone. La prima, di ingresso, e la seconda, di uscita, in cui la sedimentazione è disturbata dalla vicinanza dei dispositivi di immissione e di scarico; la terza, indicata come zona del fango, in cui si raccolgono le parti sedimentate; ed infine la quarta, di sedimentazione vera e propria, in cui la velocità di trasporto del liquido si mantiene costante e nella cui sezione iniziale si ammette che la concentrazione.

Figura 7. 2: schema di caduta all'interno del canale di sedimentazione di una particella solida.

Detta allora v0 la velocità di caduta che, in base alla legge di Stokes compete alle più piccole delle

particelle di cui si vuole ottenere la separazione, abbiamo per ciascuna particella una traiettoria di caduta. Intuitivamente le particelle che hanno dimensioni maggiori, e quindi maggiori velocità di caduta, sedimenteranno nelle zone più prossime all’ingresso, e poi, successivamente, le particelle

H

L

Zona del Fango

Zo

n

a

d

i

U

sc

it

a

Zo

n

a

d

i

En

tr

at

a

V

V

v

0

v

e

d

c

a

b

(6)

204 più fini sedimenteranno via via. Se Q è la portata che entra nella vasca e B è la larghezza di essa, avremmo la relazione

Q = V ∙ B ∙ H Per la similitudine dei triangoli rettangoli abbiamo:

Q = v ∙ B ∙ L = v ∙ A Alla fine si ottiene:

v = Q

A = C

Ciò sta a indicare che, per una determinata portata, il valore v0, e quindi la percentuale di rimozione

delle sostanze sospese, dipende dalla superficie e non dalla profondità della vasca: quindi il processo non è influenzato dal tempo di permanenza. Il rapporto Q/A, che ha le dimensioni di una

velocità, è indicato come carico idraulico Ci.

Dei solidi sospesi dotati di una velocità di sedimentazione v<v0, possono invece essere eliminati

solo quelli che entrano nella zona di sedimentazione al di sotto del punto b della figura. Gli altri, invece, muovendosi secondo traiettorie indicate, raggiungono la zona di uscita. La percentuale di rimozione z delle parti sospese che abbiamo una velocità di caduta v è allora:

bc ac = v v⁄ ⁄ E ricordando che:

z = v ∙A

Q

formula che esprime la legge di Hazen. Le considerazioni precedenti consentono di calcolare

teoricamente il rendimento di sedimentazione, per un preassegnato carico idraulico Ci, quando sia

conosciuta la distribuzione delle velocità che competono ai solidi sospesi. Infatti tutte le particelle per cui v≥ Ci sono eliminate( sia 1-Z la percentuale in peso di tali particelle sul totale). Per le

particelle cui compete una velocità v<Ci, la frazione rimossa è v/Ci. Il rendimento totale di

eliminazione vale quindi:

η = (1 − Z) + v

C dz

Per il canale di derivazione e sedimentazione si considerano le seguenti dimensioni: L = 170,0 m

B = 16,5 m

In realtà il valore di B è relativo alla base maggiore di un trapezio e, per semplicità, si considera un valore di 6,5 metri di base minore, con i 10 metri restanti che vengono considerati solo per metà valore. Quindi abbiamo che:

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205 A = B∗∙ L = 11,5 ∙ 170 = 1.955 m C = Q A= 1,00 1.955= 0,00051 = 1,84 m h⁄

Questa rappresenta la velocità limite di sedimentazione, per cui le particelle che hanno la velocità di sedimentazione superiore ad essa sedimentano tranquillamente all’interno del canale; quindi, seguendo quanto riportato all’interno della tabella 6.2. Nel calcolo della velocità di sedimentazione bisogna ricordare i valori dei parametri di calcolo, per i quali si sono assunti i seguenti valori:

γ = g ∙ ρ = 1.700 kg m⁄

γ = g ∙ ρ = 1.000 kg m⁄

μ = 0,000103 kg ∙ sec m⁄

Fascia

Frazione Granulometrica Diametro Velocità di

Sedimentazione

minimo massimo medio minimo massimo medio v0

% % % mm mm mm m/h 1 0 10 5 0,000 0,018 0,009 0,11 2 10 20 15 0,018 0,019 0,019 0,47 3 20 30 25 0,019 0,022 0,021 0,57 4 30 40 35 0,022 0,025 0,024 0,75 5 40 50 45 0,025 0,030 0,028 1,03 6 50 60 55 0,030 0,040 0,035 1,67 7 60 70 65 0,040 0,050 0,045 2,75 8 70 80 75 0,050 0,065 0,058 4,49 9 80 90 85 0,065 0,105 0,085 9,82 10 90 100 95 0,105 0,300 0,203 55,74

Tabella 7. 2: caratteristiche della curva granulometrica nei confronti della velocità di sedimentazione.

Ad esempio per la fascia 3 abbiamo:

v = g ∙ (ρ − ρ ) ∙ d 18 ∙ μ = (1.700 − 1.000) ∙ 0,0211.000 18 ∙ 0,000103 = 0,000158 m s⁄ v = 0,000158 ∙ 3.600 = 0,57 m h⁄

Confrontando le velocità di sedimentazione con il carico idraulico abbiamo che le fasce granulometriche 6,7,8,9 e 10 sedimentano completamente.

(8)

206

Grafico 7. 4: confronto fra velocità di sedimentazione e percentuali, al fine di calcolare il rendimento di sedimentazione.

Più precisamente, se riportiamo su di un grafico il valore delle velocità di sedimentazione e delle frazioni granulometriche che corrispondono fra loro possiamo tracciare l’intercetta con il carico

idraulico e determinare la percentuale rimossa; infatti, per Ci pari a 1,84 m/h abbiamo:

Z = 0,57 → 1 − Z = 1,00 − 0,57 = 0,43

Per le frazioni più fini abbiamo il problema che non tutto il materiale sedimenta, così come abbiamo già detto, per cui bisogna applicare Hazen al grafico sopra riportato:

Percentuale Velocità di Sedimentazione

max min ΔZ V (m/h) ΔZ· V 0,57 0,55 0,02 1,80 0,036 0,55 0,53 0,02 1,60 0,032 0,53 0,50 0,03 1,40 0,042 0,50 0,47 0,03 1,20 0,036 0,47 0,42 0,05 1,00 0,050 0,42 0,32 0,1 0,80 0,080 0,32 0,16 0,16 0,60 0,096 0,16 0,10 0,06 0,40 0,024 0,10 0,05 0,05 0,20 0,010 0,05 0,00 0,05 0,00 0,000 TOT 0,406

Tabella 7. 3: percentuali e velocità di sedimentazione per calcolare il rendimento della sedimentazione.

Quindi il rendimento totale sarà pari: 0 10 20 30 40 50 60 70 80 0,00 1,00 2,00 3,00 4,00 5,00 6,00 7,00 8,00 P e r c e n tu al e G r an u lo m e tr ic a (% ) Velocità di Sedimentazione (m/h)

Rendimento di Sedimentazione

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207

η = (1 − Z) + 1

C ∙ v ∙ ΔZ = 0,43 +

0,406

1,84 = 0,65 → 65%

Il rendimento può considerarsi accettabile, anche se comunque una quota di particelle solide riesce a raggiungere le parti meccaniche delle pompe di rilancio; la portata solida che entra nella condotta sarà pari a:

Mesi

Portata Solida Media Mensile Impianto

Rendimento di Sedimentazione

Portata Solida Media Entrante Impianto kg/s % kg/s Maggio 1,320 65,0 0,462 Giugno 0,792 65,0 0,277 Luglio 0,381 65,0 0,133 Agosto 0,316 65,0 0,111 Settembre 0,603 65,0 0,211

Tabella 7. 4: valori delle portate solide entranti nel circuito d'irrigazione.

Il quantitativo di materiale solido che si andrà ad accumulare nel canale sedimentatore verrà ripetutamente allontanato mediante uno scarico di fondo che permette di sfruttare il carico idraulico su di esso; in questo modo si evitano i dragaggi del canale, che risultano oltremodo costosi.

7.3-Apparecchiature di Servizio e di Gestione. Per un buon funzionamento delle condotte, sia adduttrici che distributrici, risulta necessario inserire apparecchiature speciali all’interno di appositi manufatti, facilmente accessibili dall’esterno, costituiti da semplici pozzetti in muratura interrati, muniti di chiusino di accesso. Le funzioni principali sono quelle di permettere l’evacuazione e il rientro dell’aria nelle tubazioni; di intercettazione, per poter isolare tronchi di condotte o altre apparecchiature per la manutenzione o la riparazione; di regolazione della portata o della pressione.

 Presenza di aria nelle condotte – Sfiati e Scarichi

La presenza di aria all’interno delle condotte in pressione può dar luogo a una serie di inconvenienti che possono ostacolare la continuità del flusso, se non interromperlo; bisogna fare in modo di limitare l’entrata di aria ma anche di togliere quella all’interno. Le principali cause di ingresso d’aria sono dovute a un carico insufficiente all’imbocco, imbocchi delle tubazioni non ben raccordati, mancanza di tenuta per tronchi funzionanti in depressione, turbolenze dovute alle fasi di riempimento e transitorie. C’è da dire che comunque l’acqua contiene un certo quantitativo di gas disciolto, dovuto al contatto dell’atmosfera; nelle zone dove ho aumento di temperatura o diminuzione di pressione, per la legge di Henry, si può avere una separazione fra l’aria e il liquido. Il problema principale è che l’aria, unendosi in bolle sempre più grosse, viene trascinata e ristagna in determinati punti, creando sezioni parzializzate e quindi creando parzializzazione di flusso, e creando punti di perdite puntuali. La presenza di aria può innescare anche fenomeni corrosivi lungo le pareti del tubo, soprattutto sui materiali metallici.

Per risolvere il problema ed eliminare l’aria rapidamente, è opportuno evitare tratti con pendenza nulla (orizzontali), quindi anche in pianura si assegnano leggere pendenze, a testa di sega, in modo da creare punti d’accumulo per le impurità, sul fondo, e di aria, all’apice, della tubazione. In genere

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208 si crea un tratto ascendente nel senso del moto, con pendenza minima dello 0,2-0,3%, e tratti discendenti, con pendenze più elevate e pari a 2-3%.

Figura 7. 3: scheda tecnica di uno sfiato automatico con doppio galleggiante (KSB prodotti).

Figura 7. 4: disposizione della tubazione di adduzione nel caso di attraversamento di tratti di pianura.

Bisogna notare come l’efficienza di uno sfiato è tanto maggiore quanto maggiore è la pressione di esercizio nel punto d’apice; in alcuni casi è consigliabile ubicare lo sfiato anche in prossimità del vertice inferiore, dove la pressione è maggiore. Gli sfiati sono liberi, costituiti da un tubo verticale, con un estremo collegato alla condotta e l’altro libero, simile ad un tubo piezometrico, e in pressione, più pratico e costituito da un galleggiante a forma sferica, che chiude una piccola luce, collegata con l’esterno. Lo sfiato libero disporrà il proprio livello fino al valore di pressione nel punto, motivo per cui può essere inapplicabile per sistemi ad alta pressione.

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209  Le Bocche di Introduzione

Le bocche d’introduzione, note anche col nome di scatole di prova, sono degli apparecchi che hanno lo scopo di permettere di inserire all’interno della tubazioni le apparecchiature raschiatubi per un tratto di certa lunghezza, in modo da poter levare dalle pareti del tubo i depositi, le incrostazioni e le tubercolizzazioni, quando hanno raggiunto un entità tale da dar luogo ad un abbassamento di portata eccessiva.

Le bocche d’introduzione sono costituite da un tronchetto di varie forme, munito alle sezioni estreme di flange per il collegamento ai tronchi di tubazioni adiacenti e superiormente di un coperchio imbullonato, che può essere facilmente levato per permettere l’introduzione delle attrezzature per la pulizia.

 Le Valvole

Le valvole rappresentano l’elemento più importante all’interno di una struttura acquedottistica, per la quale è necessario andare a intervenire regolando, riducendo o interrompendo il flusso, o altre caratteristiche ad esso legato. Ad esempio, nel caso delle condotte adduttrici, le quali vengono dimensionate a fine vita utile, con una rugosità maggiore rispetto alle tubazioni nuove, e dove bisogna dissipare l’energia all’interno della condotta mediante una perdita localizzata. Anche le stesse richieste idriche cambiano e mutano nell’arco della giornata, per questo vi è la necessità di andare a chiudere il flusso in certe direzioni e utenze.

Figura 7. 5: scovoli e pig per la pulizia delle condotte.

Le valvole sono di norma costituite da tre elementi fondamentali: il corpo che contiene l'organo mobile e che consente sia gli attacchi ai tubi nei quali scorre il fluido, sia il collegamento degli organi di comando; l'otturatore che è l'organo mobile, che consente l'intercettazione del fluido; gli organi di comando, che possono essere manuali, elettrici o magnetici, per mezzo dei quali si manovra l'organo mobile.

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210  Valvole Riduttrici o Regolatrici: sono disposte al fine di andare a diminuire il carico

all’interno della tubazione mediante una perdita localizzata in un determinato punto; in questo modo, durante le fasi d’esercizio si possono creare perdite per varie motivazioni: diminuire il carico in tubazioni nuove, oppure per evitare eccessive richieste di acqua, che comportano perdita di acqua per il troppo pieno dei serbatoi di compenso. Tali valvole sono in grado di dissipare carichi molto elevati, arrivando anche a 50 m. Le principali valvole riduttrici sono quelle a stella, costituita da due dischi, uno fisso e l’altro mobile, coassiali fra loro; regolando la parte mobile rispetto a quello fisso varia la perdita di carico.

Altra tipologia di valvole regolatrici sono quelle a molla, avente una strozzatura inferiore, la cui apertura viene regolata da un sistema di molle. L’organo di strozzamento è costituito da un attore equilibrato a doppia sede, collegato rigidamente a una membrana metallica; una parte dell’otturatore è sollecitato dalla pressione di valle, che tende a chiuderlo, mentre quello a monte tende ad aprirlo; l’equilibrio si raggiunge attraverso la regolazione della pressione a valle. Nello schema seguente viene riportato anche lo schema ottimale di una valvola regolatrice all’interno della tubazione.

Valvole Riduttrici a Molle

(13)

211

Figura 7. 7: schema di istallazione di una valvola riduttrice di pressione.

 Valvole di Intercettazione e di Regolazione: lungo l’acquedotto bisogna anche prevedere la presenza di valvole che permettono sia l’interruzione completa del flusso che la regolazione della portata; a volte entrambe le suddette funzioni vengono affidate a un unico apparecchio. Organi di intercettazione devono essere previsti in corrispondenza di punti particolari, quali cabine di manovra, diramazioni, attraversamenti di corsi d’acqua, di strade, di ferrovie, di serbatoi, di vasche di carico, di partitori, etc. Per le condotte adduttrici si prevedono ogni 1-2 km per sezione la condotta in più tratti; per questi tipi di valvola assumo particolare importanza le seguenti caratteristiche: perdita di carico a valvola completamente aperta, tenuta a valvola chiusa, regolarità del flusso a parziale chiusura, sforzo di azionamento durante la manovra, legge di variazione della portata con l’apertura della valvola.

All’interno di tale categoria vi sono diverse tipologie di valvole; una fra queste è la valvola a saracinesca, costituite in ghisa o in acciaio, dotate di albero a vite che fa muovere un organo otturatore, costituito da una lente circolare che va ad inserirsi in un apposita sede, in modo da ostruire totalmente o parzialmente la sezione di passaggio.

Un'altra tipologia di saracinesca è la valvola a ghigliottina, dove l’organo di parzializzazione è costituito da una semplice lamina metallica che scorre verticalmente fino a chiudere la sezione; la particolarità è nel minor ingombro rispetto alla saracinesca classica. Un'altra valvola di intercettazione è la valvola a farfalla, costituita da un disco metallico circolare, di diametro uguale a quello della tubazione, che può ruotare intorno ad un asse diametrale parzializzando la sezione. Rispetto alle saracinesche hanno un ingombro minore, di essere più semplici, di richiedere una manutenzione più facile, di essere manovrabili con sforzi molto minori in qualsiasi condizione d’esercizio. L’unico inconveniente è che, a totale apertura, abbiamo un disturbo del flusso e quindi perdite leggermente maggiori rispetto alle saracinesche. Infine vi sono le valvole a fuso, che permette di ottenere la regolazione della sezione di efflusso e quindi della portata, mediante il movimento assiale di un otturatore a pistone; la sezione di efflusso è sempre a forma di corona circolare e ciò permette alla valvola di dar luogo, in qualsiasi posizione, a perturbazioni minime della corrente. In genere è utilizzata quando sono richieste continue e precise regolazioni, in modo da aver in un determinato punto del sistema idraulico una pressione costante al variare della portata o una portata costante al variare della pressione. In realtà le differenze sono molto sottili fra tutte le tipologie di valvole: ad esempio, per carichi minimi, circa 10-15m, la dissipazione può avvenire anche mediante organi di intercettazione.

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212

Valvole a Saracinesca Valvole a Sfera

Valvole a Farfalla Valvole a Fuso

Figura 7. 8: esempi di valvole di intercettazione e regolazione.

 La Valvola di Ritegno: sono valvole che permettono il deflusso in un solo senso, chiudendosi automaticamente non appena la direzione del flusso si inverte. Vengono istallate subito a valle delle pompe, per impedire il riflusso del fluido attraverso il corpo della pompa quando questa si arresta. Esistono diversi tipi di valvole di ritegno, fra le quali la più comune è quella a battente o clapet, il cui battente metallico è collegato, tramite un braccio di leva, a una cerniera: quando il flusso è normale la spinta apre il battente, quando il flusso s’interrompe, la spinta non è in grado di sorreggere il battente e quindi la valvola si chiude. Tali valvole non assicurano la tenuta idraulica. Come valvole di ritegno abbiamo anche le valvole a fuso, dove l’otturatore è azionato da una molla interna la quale, schiacciata dalla spinta idrostatica, si mantiene aperta e al momento in cui questa cessa, l’otturatore si chiude. Un altro tipo di valvola sono quelle tipo Venturi.

 Le Valvole di Fondo: è una particolare tipo di valvola di non ritorno che viene inserita nella posizione più bassa del tubo di aspirazione delle pompe, per evitarne lo svuotamento dopo l’arresto della pompa. È sempre munita di succhieruole per difendere le parti meccaniche dai solidi sospesi.

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213  Le Valvole di Efflusso a Galleggiante: queste valvole vengono istallate subito a monte dei

serbatoi, delle vasche di carico, per interrompere l’afflusso liquido quando tali manufatti sono pieni, evitando così inutili sprechi d’acqua che si avrebbero con l’entrata in funzionde degli sfioratori di superficie. L’interruzione avviene mediante un pistone a cui è collegato un galleggiante, che pesca nelle vasca in questione; quando il livello sale al suo interno, il galleggiante si sposta e di conseguenza l’otturatore si chiude bloccando il flusso.

Valvole Clapet

Valvole Venturi Valv. a Galleggiante

Figura 7. 9: esempi di valvole di ritegno e di efflusso.

Le valvole di regolazione, grazie alla riduzione dell’area della sezione, creano delle perdite di carico indipendentemente dalla portata richiesta; le perdite risultano essere proporzionali al quadrato della portata:

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214

il coefficiente Kc risulta essere funzione di diversi parametri geometrici dell’elemento idraulico, fra

cui la sezione ridotta, creata dall’apertura dell’otturatore. Dalle tabelle fornite dalla ditta costruttrice delle valvole è possibile risalire al posizionamento dell’otturatore. Tali tabelle forniscono, infatti, in

funzione del coefficiente Kc i valori dell’elemento caratteristico della valvola; in funzione del suo

posizionamento si risale alla perdita che la valvola è in grado di creare. Alcune ditte costruttrici forniscono anche dei nomogrammi che permettono una facile individuazione dell’angolo da dare alla valvola per ottenere una perdita di un certo valore; importante è la pressione nominale a cui deve essere applicata, perché se sottovaluta può portare a perdite eccessive nell’apparecchio, se non addirittura la sua rottura.

 I Misuratori di Portata

La conoscenza della portata è necessaria al fine di verificare se le distribuzioni siano garantite e che non vi siano perdite lungo il percorso. Tali strumenti devono essere posizionati in luoghi chiusi, in modo tale che non subiscano influenze esterne e da permettere una lettura ottimale dei dati. In genere i misuratori di portata si dividono in misuratori a caduta di pressione, come Venturimetri o diaframmi, e in misuratori elettromagnetici.

Figura 7. 10: tipologia di venturimetro classico.

La teoria su cui si basa il funzionamento del venturimetro è il teorema del Bernoulli, attraverso il quale si ottiene il valore della portata introducendo un opportuno coefficiente K, che viene valutato per via sperimentale. La formula che si ottiene è la seguente:

Q = K ∙π ∙ d

4 ∙ 2 ∙ g ∙ ∆H

il valore del salto di pressione si ottiene mediante la registrazione delle pressioni, utilizzando due manometri posizionati in due prese: una presa si trova nella gola del venturimetro, che è il tratto a raggio costante, mentre l’altro è posizionato dopo il tratto convergente. Il valore di K è definito dalla seguente relazione:

K = C

(17)

215 dove il Cv è il coefficiente di velocità, che tiene conto della differenza fra velocità teorica della

corrente e quella reale, la quale risulta minore per la presenza di perdite di carico; queste perdite sono parzialmente ridotte grazie alla particolare geometria che viene data allo strumento. Il valore m è il rapporto di strozzamento, rapporto fra i diametri della gola e della tubazione, elevato al quadrato. I valori di K sono riportati in appositi abachi, in funzione del numero di Reynolds della corrente e del rapporto di strozzamento.

Un altro misuratore di portata e il misuratore elettromagnetico. Si tratta di un dispositivo basato sulla legge di Faraday, la quale afferma che un conduttore, che si muove con una velocità v, tagliando normalmente le linee di un campo magnetico di induzione pari a B, manifesta, in corrispondenza dei due estremi, una forza elettromotrice. Nella condotta sono posizionate due placche che svolgono il compito di elettrodi i quali, chiusi con un circuito elettrico, permettono di misurare la forza elettromotrice E; il campo magnetico viene creato mediante due bobine:

Figura 7. 11: misuratore di portata elettromagnetico.

Sicuramente il vantaggio più importante di tale misuratore è che non crea dissipazioni di energia, a differenza degli strumenti a caduta di pressione I misuratori elettromagnetici sono provvisti di strumento digitale per la lettura diretta della portata e di un eventuale registratore.

 I Contattori

Gli apparecchi di misura sono di vari tipi e in ambito del procedimento irriguo la loro presenza è fondamentale; fra i più semplici utilizzati c’è quello a mulinello (Woltmann), munito di un’elica che viene messa in rotazione dal fluido in movimento. Dal numero di giri dell’elica, in un dato intervallo di tempo, che aumenta con la velocità del fluido, si risale al volume d’acqua defluito attraverso lo strumento, previa taratura. Tali apparecchi calcolano solo il volume defluito e non la portata passata attraverso esso.

(18)

216  I Manometri

I manometri permettono la misurazione della pressione attraverso la condotta; questo ci permette di verificare se il funzionamento previsto, in fase di progetto, della rete di acquedotto corrisponde nel suo funzionamento. Vi sono diversi tipi di manometri: i manometri Bourdon sono costituiti da un tubo solitamente di sezione ellittica e il cui asse è disposto lungo una circonferenza (ma può essere avvolto anche per più di 360°, e quindi assumere forma di spirale), detto appunto tubo Bourdon. Si era notato che un tubo di tale forma tende ad aumentare il proprio raggio di curvatura all'aumentare della pressione interna al tubo; la misurazione del raggio dà la misura della pressione.

Figura 7. 12:: esempio di contatore a mulinello Woltmann.

Nella pratica, il tubo è collegato ad una estremità con un punto fisso, messo in connessione con l'ambiente di misura; l'altra estremità è connessa ad un leverismo che ne amplifica lo spostamento, e lo traduce nel movimento circolare di un indice lungo una scala graduata. I manometri Bourdon costituiscono la stragrande maggioranza dei misuratori di pressione oggi usati. Vi sono i manometri a diaframma, anche detti a membrana poiché l'elemento deformabile è una membrana solitamente ondulata per accrescerne la flessibilità. La membrana separa l'ambiente di misura dall'esterno, e si gonfierà se la pressione da misurare è maggiore di quella atmosferica, e viceversa. Il leverismo, non molto diverso da quello dei manometri Bourdon, amplifica questo rigonfiamento e lo trasmette ad un indice, come per i manometri Bourdon. Vi sono molte varianti del manometro a membrana, generalmente usate come manometri differenziali. Abbiamo poi i manometri piezoelettrici che sfruttano la proprietà di alcuni materiali, detti piezoelettrici, di generare carica elettrica o differenze di potenziale quando al materiale stesso viene applicata una pressione.

 I Giunti di Dilatazione e di Montaggio

I giunti di dilatazione servono a permettere gli allungamenti e gli accorciamenti delle tubazioni che si hanno per effetto delle variazioni termiche, allo scopo di impedire che sorgano degli sforzi che potrebbero risultare molto pericolosi. È assai importante prevederli per le tubazioni esposte all’aria

(19)

217 aperta, mentre pe le tubazioni interrate non sono necessari, in quanto le variazioni termiche sono di modesta intensità. I giunti di dilatazione non sono altresì necessari quando le giunzioni tra i vari tronchi di tubazione sono di tipo elastico e vengono quindi consentite le dilatazioni di ciascun tronco.

Figura 7. 13: rappresentazione di un giunto di dilatazione, il primo con elementi corrugati, il secondo con elemento elastico di tenuta.

Un particolare tipo di giunto di dilatazione, detto compensatore di dilatazione, è costituito da una serie di elementi metallici corrugati che si deformano elasticamente quando si verificano le deformazioni; dopodiché le sollecitazioni sulla tubazione sono pressoché nulle. Il disturbo nei confronti del moto del liquido è praticamente scarso, anche perché è possibile intervenire attraverso l’inserimento di una camicia interna coassiale di materiale simile a quello utilizzato per la tubazione. La tenuta viene garantita attraverso un premistoppa o attraverso un elemento elastico di tenuta. I giunti di smontaggio vengono istallati a fianco delle varie apparecchiature al fine di rendere possibile la rimozione in caso di guasti senza dover interrompere il servizio; consentono inoltre di poter accedere facilmente all’interno delle apparecchiature stesse per la manutenzione, senza doverle smontare dalla tubazione.

(20)

218 7.4-La Disposizione delle Tubazioni. Un aspetto importante è rivestito dalla sistemazione della tubazione nel terreno, anche al fine del calcolo statico dovuto alla presenza di sovrastrutture. Per le tubazioni completamente interrate la trincea di scavo deve avere una larghezza alla base pari al diametro nominale della tubatura e un margine, da ambo le parti, pari a circa 20-30 cm, con un minimo di 60 cm. La generatrice superiore del tubo si deve trovare a una profondità pari, come valore minimo, a 1 m; questa quota risulta sufficiente per isolare la tubazioni dalle attività superficiali quali, soprattutto, azioni termiche che potrebbero compromettere la resistenza dell’elemento. Le pareti verticali possono presentare una lieve inclinazione , elemento che viene a mancare nei percorsi cittadini. La tubazione viene posata su un letto di sabbia indispensabile qualora sul fondo fossero presenti terreni rocciosi, ma è necessario realizzarlo sempre al fine di dare alla tubazione un piano di appoggio continuo. La tubazione viene poi ricoperta attraverso del materiale granulare sciolto, che può essere sabbia ma anche pietrisco, con un diametro molto basso.

Figura 7. 14: posizionamento della condotta nel terreno, nel caso di completo interramento.

Altrimenti è possibile sistemare le tubazioni al di sopra del livello stradale, al fine di facilitarne il posizionamento, limitando il costo e garantendo la possibilità di intervenire nel caso in cui si verificano guasti. In genere si realizza un piccolo rilevato su cui si appoggia la condotta, per poi ricoprirlo con materiale autoctono che lo ricopre per renderlo isolato dall’esterno. Si può anche evitarne il ricoprimento, anche se, in questo caso, la condotta subisce l’azione termica dell’atmosfera. Per le apparecchiature e gli strumenti in precedenza descritti, previsti lungo il percorso, sono previsti locali appositi completamente isolati; il più delle volte tale opere rappresentano un costo aggiuntivo non sostenibile, e quindi vengo realizzati solo per apparecchiature e tratti di una certa importanza.

Sabbia Terreno granulare sciolto Terreno di rinterro 1.20 m 0.10m 0.20 m DN+0.50 m

(21)

219

Figura 7. 15: sezione di una tubazione superficiale, posizionata su rilevato.

Gli sfiati delle tubazioni interrate vengono istallati in pozzetti in muratura, che sono in genere muniti di tubazione di scarico per l’allontanamento dell’acqua che fuoriesce insieme all’aria. Nel caso di moto vario è necessario che le operazioni siano molto lente, in modo da evitare pressioni molto alte che possono facilitare la miscelazione fra aria e acqua.

Figura 7. 16: locali adibiti agli sfiati degli scarichi con pozzetti di collegamento.

Per quanto riguarda gli scarichi essi sono costituiti da una tubazione collegata alla condotta dell’acquedotto mediante un collegamento a T e munita di una saracinesca di intercettazione che resta normalmente chiusa e viene aperta quando occorre procedere al vuotamento dei tronchi contigui della condotta adduttrice con vertice inferiore nel punto di scarico

Negl’altri casi si realizzano in genere pozzetti, che sono locali di dimensioni minori, completamente interrati; in altri casi si realizzano chiusini, ovvero elementi molto piccoli che collegano l’organo di manovra e l’apparecchiatura attraverso aste manovrabili a mano o elettronicamente. In questo caso si realizzano solo delle piccole strutture che garantiscono l’isolamento con il terreno circostante;

DN+0.50 m 3 2 Sabbia Terreno di rinterro Costipato Piano di Campagna Terreno granulare di fondazione 0,50 m

(22)

220 l’asta è accessibile da un apposito chiusino in ghisa e d’acciaio, provvisto di un coperchio a chiavistello.

Figura 7. 17: locali adibiti all’alloggiamento degli scarichi con pozzetti di collegamento.

Quando il piano di posa delle tubazione è molto basso e i pozzetti hanno quindi elevata profondità, la loro soletta di copertura può essere realizzata anche notevolmente al di sotto del piano di campagna; in questo caso il pozzetto sarà dotato di un collo d’accesso di dimensioni tali da permettere non solo il passaggio dell’uomo, ma anche delle apparecchiature spesso ingombranti e molto pesanti.

Figura 7. 18: chiusino con collegamento tramite aste con l’apparecchiatura in linea.

In presenza di più tubazioni convergenti in un punto la scelta è data all’impresa fornitrice delle tubazioni, le quali hanno a propria disposizione una vasta gamma di prodotti. Vengono riportati

(23)

221 alcuni esempi. Si tratta solo di raccordi fra le tubazioni distributrici e non fra distributrice e erogatrice.

In determinati punti le condotte saranno costrette ad attraversare manufatti civili che sono già presenti nel territorio; nel caso di passaggio al di sotto di un corso d’acqua abbiamo, oppure un rilevato, vengono realizzate due camere agli estremi, con il posizionamento di valvole saracinesce, che ne possono bloccare il flusso in qualsiasi momento. L’inserimento del tubo può avvenire all’interno di tunnel ispezionabile o, per opere di minor importanza, in tubi guaina o con sistemi spingi-tubo. In quest’ultimo caso possiamo andare a inserire il tubo mediante un battitore, che permette l’avanzamento del tubo, opportunamente protetto nel punto di battuta. Ovviamente questo è utile per terreni non molto compatti.

Figura 7. 19: attraversamento subalveo con tubazione posta all'interno del tubo-guaina.

Infine bisogna accennare alle prese per le utenze. Le prese delle utenze vengono realizzate quando la rete è già stata costruita e spesso quando è già in esercizio; possono essere fatte sia vuotando la tubazione che con la tubazione in carico. Se si procede per vuotamento, la presa viene realizzata facendo aderire alla tubazione un collare metallico con guarnizione di tenuta, sostenuto da una staffa e munito di un attacco filettato con giunto a bicchiere o flangia; con un apposito apparecchio si fora quindi la condotta dell’acquedotto, che viene poi collegata con la tubazione di presa.

Lungo tale tubazione, a monte del contatore dell’utenza, viene inserito un rubinetto che può essere manovrato con un apposita chiave da un pozzetto stradale munito di chiusino, il quale ha la funzione di poter separare, in caso di necessità, l’utenza dell’acquedotto. Al posto del collare si può far aderire alla tubazione, prima di forarla, un manicotto o di ghisa, per conferire alla presa resistenza e garanzia di tenuta più elevate. Quando la presa viene realizzata con l’acquedotto in carico al fine di non interrompere il servizio, il foro della tubazione viene effettuato mediante la punta di un apposito apparecchio, che deve essere introdotta a tenuta nel collare o nel manicotto di

(24)

222 presa. Eseguito il foro e ritratta la punta, si chiude il rubinetto di presa, che viene riaperto dopo aver completato l’allacciamento.

Figura 7. 20: rappresentazione di una presa diretta nei confronti della tubazione, le prime due con tubazioni vuote, l’ultima con tubazione in carico.

7.5-La Verifica Statica delle Tubazioni. I calcoli statici delle tubazioni verranno eseguiti basandosi sulle indicazioni offerte dal D.M.LL.PP. del 12.12.1985. Tali norme definiscono la

pressione d’esercizio pE come il massimo valore della pressione p che può verificarsi in asse alla

tubazione per il funzionamento idraulico più gravoso per il sistema, comprese le eventuali sovrappressioni Δp, che possono manifestarsi in presenza di fenomeni transitori, fra cui soprattutto il colpo d’ariete. In assenza di calcoli specifici, per le tubazioni fino ad un diametro di 300mm,

andrà assunto un valore di sovrappressioni pari a 2,5 Kgf/cm2.

La norma prevede la determinazione dello stato di tensione dovuto a tutte le sollecitazioni, quali il peso proprio, il peso del terreno sovrastante, i sovraccarichi accidentali esterni, etc. La pressione

generata da tutte queste componenti viene definita pressione equivalente pO , ossia la pressione

assiale che conferisce, al tubo, tensioni di trazione pari alla tensione massima suddetta. La Norma

definisce pressione nominale pN:

p = p + p

Il dimensionamento statico delle tubazioni deve essere effettuato in base alla pressione interna pari a quella nominale, definita come la somma fra la pressione interna d’esercizio e la pressione equivalente, che traduce le tensioni dovute a carichi esterni in una maggiorazione della pressione

(25)

223 interna. Il valore della pressione equivalente può essere trascurata per piccoli diametri e per materiali di tipo non flessibile mentre per casi che non rientrano in queste due categorie può risultare non trascurabile.

L’azione che agisce sulla condotta assume un importanza diversa a seconda della condizione di posa della condotta e si differenzia il caso di tubazione flessibile o indeformabile. La Norma UNI 7517/76 considera quattro condizioni di posa:

 Posa in trincea stretta  Posa in trincea larga  Posa con rinterro indefinito

 Posa in trincea stretta con rinterro indefinito

Figura 7. 21: tipologie di posa della condotta nei confronti dello scavo nel terreno.

Le condizioni di posa in trincea stretta si hanno quando viene verificata una delle due seguenti relazioni:

H ≥ 1,5 ∙ B per B ≤ 2 ∙ D H ≥ 3,5 ∙ B per 2 ∙ D < B3 ∙ D

dove per D si intende il diametro esterno della tubazione, B la larghezza della trincea di scavo in corrispondenza della generatrice superiore del tubo e H l’altezza che intercorre tra tale generatrice e la superficie. Nel caso di trincea stretta, occorre distinguere i tubi deformabili da quelli rigidi; i primi si deformano più del terreno circostante e ciò si verifica quando è soddisfatta la:

n = E

E ∙

R

s ≥ 1

essendo Es e Et i moduli di elasticità normale rispettivamente del terreno di posa e del tubo, s lo

spessore e R il raggio mediamo del tubo:

(26)

224 Se, invece, n risulta inferiore a 1, il tubo è da considerarsi indeformabile. Per i tubi deformabili posati in trincea stretta, il terreno di ricoprimento esercita, per unità di lunghezza del tubo, un

azione verticale Pv che, secondo Marston, è data dalla:

P = c ∙ γ ∙ D ∙ B

Nella quale D e B hanno il significato visto in precedenza, γt è il peso specifico del terreno di

rinterro e c un coefficiente che è funzione del rapporto H/B e del tipo di terreno di posa (materiale granulare privo di coesione, sabbia e ghiaia, terreno vegetale saturo, argilla ordinaria, argilla satura). Tutto è rappresentato nella figura successiva:

Grafico 7. 5: coefficiente di Marston, in funzione del rapporto H/B.

Per i tubi rigidi (n<1) in trincea stretta, l’azione Pv del terreno di ricoprimento, sempre per unità di

lunghezza della tubazione, è invece data dalla:

P = c ∙ γ ∙ B

Il coefficiente c è simile al valore della formula per tubi deformabili, per cui se ne assume lo stesso

schema. Per la posa in trincea larga e per posa con rinterro indefinito, l’azione verticale Pv del

terreno di ricoprimento è data dalla:

P = c ∙ γ ∙ D

La trincea larga si ha quando non si verificano le due condizioni di trincea stretta, per cui possiamo determinarlo numericamente, mentre il tubo con rinterro indefinito è definito tale quando se ne prevede uno schema di istallazione tale, senza riferimenti numerici.

(27)

225

Grafico 7. 6: valori del coefficiente c per posa in trincea larga e per posa con rinterro indefinito.

Figura 7. 22:grandezze relative a posa in trincea larga e a posa con rinterro indefinito.

Il valore del coefficiente c può essere determinato anche mediante la seguente formula:

c = 1 − e

∙ ∙ ∙

2 ∙ K ∙ tan φ

dove Ka è il coefficiente di spinta attiva del terreno pari a:

K = tan (π 4⁄ − φ 2⁄ )

Con φ angolo d’attrito interno del terreno; φ’ è invece l’angolo di attrito tra il terreno di rinterro e quello indisturbato, che viene assunto pari a φ dato che risulta difficile assegnare valori diversi con una giusta motivazione. I valori più comuni sono:

(28)

226

Tipo di terreno Angolo d’attrito interno Peso specifico

φ (°) γf (daN/m3)

Argilla umida comune 12 2.000

Terreno paludoso torboso (terreno organico 12 1.700

Argilla plastica, argilla sabbiosa 14 1.800

Sabbia argillosa 15 1.800

Loess, loess argilloso 18 2.100

Argilla fangosa 20 2.000

Marna, argilla povera 22 2.100

Fango, polvere di roccia 25 1.800

Sabbia non compressa (terreno sabbioso non stabilizz.) 31 1.700

Misto di cava di sabbia e ghiaia 33 2.000

Misto di cava di ghiaia e ciottoli 37 1.900

Tabella 7. 5: valori dell’angolo d’attrito e del peso specifico per vari terreni.

Se il carico Pv, dato dalla formula, risulta minore del peso P del prisma di terreno che grava

direttamente sulla tubazione, e pari a:

P = γ ∙ D ∙ H

È consigliabile assumere per l’azione verticale sulla tubazione il valore di P. Il coefficiente c è

funzione del rapporto H/D e del parametro pjrs , dove pj è il rapporto di proiezione dato da pj=h/D,

che dipende dall’angolo di appoggio fra tubazione e letto di posa, e rs il tasso d’assestamento, da

assumere pari a 1 per qualsiasi terreno nella posa in trincea larga, mentre per il rinterro indefinito varia a seconda della condizione di posa:

 rs = 1 per roccia o terreno stabilizzato

 rs = 0,8 ÷ 0,5 per terreni ordinari

 rs = 0,5 ÷ 0 per terreni friabili

La posa in trincea stretta con rinterro indefinito si ha quando il tubo è posto in uno scavo stretto interrato fino al livello del terreno naturale e tale terreno è poi ricoperto con terreno di riporto ordinario fino a una certa altezza. Per tale condizione di posa si ha:

P = c ∙ γ ∙ B

(29)

227 Dove il coefficiente c’ si ricava dai grafici successivi in funzione del rapporto H/B, del parametro p’j pari al rapporto fra h’/B e del tasso di assestamento rs; in questo caso tale coefficiente è da

assumersi via via minore all’aumentare dell’assestamento del tubo, che dipende dalla deformabilità sia del tubo stesso che del terreno di posa. È consigliabile assumerlo pari a:

 rs = 0 per tubi flessibili

 rs = -0,1 ÷ -0,5 per tubi rigidi in terreni poco deformabili

 rs = -0,5 ÷ -2,0 per tubi rigidi in terreni cedevoli

i grafici riportati successivamente si riferiscono a un certo angolo d’attrito interno del terreno di rinterro, che rappresenta il parametro da cui dipende il coefficiente c; resta il fatto che, pur facendo variare il valore dell’angolo, la variazione di c è trascurabile ed è per questo che vengono comunque considerati buoni per tutte le casistiche.

Grafico 7. 7: coefficiente c’ in funzione di H/B e di rs per vari valori di pj.

Una volta calcolata l’azione verticale bisogna vedere come si distribuisce sulla tubazione. Secondo

De Saedeleer, per posa in trincea stretta la Pv si distribuisce uniformemente lungo la corda AB

superiore di tubazione, che sottende un angolo al centro di 90°, dando luogo alla pressione verticale uniforme:

p = P

D √2

Per posa con rinterro indefinito si può invece ritenere che la Pv si distribuisca su una striscia di

(30)

228

p = P

D

Per posa in trincea larga e in trincea stretta con rinterro indefinito si hanno condizioni intermedie tra

e due considerate sopra e si può assumere un valore di pv intermedio tra quelli dati, ritenendo che la

Pv si ripartisca su una striscia di ampiezza compresa fra D e D/√2 .

Figura 7. 24: distribuzioni delle azioni del carico terreno sulla tubazione, e condizioni d'appoggio: a) su calcestruzzo, b) letto in sabbia, c) su fondo della trincea.

Alla pressione pv reagisce la parte inferiore della tubazione, in maniera che dipende dalla sua

deformabilità e dalle condizioni di appoggio, che possono essere diverse. Sicuramente l’appoggio dipende dall’angolo di appoggio α della tubazione; per le tubazioni rigide si può ritenere che l’arco inferiore di tubazione reagente sia quello sotteso dall’angolo al centro α conseguente alle condizioni

di posa e che la pressione di appoggio p’v sia uniformemente distribuita sulla corda CD sottesa da

tale arco. Quindi si può dire:

p = P

CD

Per i tubi flessibili questo può valere solo nel caso di appoggio su una culla di calcestruzzo, mentre per le altre condizioni di posa si può suppore che l’arco inferiore della tubazione reagente sottenda a un angolo al centro α di 90°, per cui:

p = P

D √2

(31)

229 Per le tubazioni flessibili la reazione del terreno è quindi indipendente dal tipo di appoggio che si vuole realizzare. Altri tipologie di sovraccarico che devono essere considerate sono sovraccarichi fissi e mobili che si trovano sulla superficie e al di sopra della tubazione; un'altra suddivisione è fra carichi distribuiti o concentrati.

Nel caso di forze concentrate dove non si specifica l’impronta del carico, si suppone che la forza si distribuisca nel sottosuolo formando un cono d’influenza; l’angolo α formato fra le generatrici del cono e la verticale passante per la forza in genere ha un valore che varia fra 40° e 45°. Il valore del carico distribuito sopra la generatrice in sommità della tubazione è pari a:

p = P

π ∙ (z ∙ tan α)

Analogamente se viene fornita un impronta rettangolare si può scrivere che:

p = P ∙ a ∙ b

(a + 2 ∙ z ∙ tan α) ∙ (b + 2 ∙ z ∙ tan α)

Una volta stabilita l’impronta della forza alla profondità z a noi interessa quella che agisce al di

sopra della tubazione, quindi alla fine avremo il prodotto fra DE per la lunghezza unitaria della

condotta. Lo stesso discorso vale per i carichi mobili, solo che devono essere moltiplicati per un coefficiente amplificativo pari a:

φ = 1 + 0,3 H⁄ per carichi stradali

φ = 1 + 0,6 H⁄ per carichi ferroviari

Dove H è il ricoprimento sopra la generatrice superiore del tubo. Si considera come sovraccarico l’azione esercitata da un carico puntuale di 10000 N che agisce su un orma quadrata di 30 cm di lato. Il comportamento della tubazione e del terreno circostante diventa abbastanza complesso. La presenza delle pressioni sovrastanti comportano delle reazioni da parte del terreno di posa. Questa duplice azione tende a dilatare la tubazione in senso orizzontale; a questa si oppone la resistenza del terreno laterale, che trasmetterà a sua volta delle pressioni orizzontali alla tubazione. Inoltre il terreno circostante si opporrà anche alla pressione trasmessa dall’acqua all’interno della tubazione. Tale comportamento viene messo in luce dalla teoria di De Saedeleer, secondo cui la reazione orizzontale uniforme q del terreno, che si ha per l’effetto delle azioni trasmesse dal tubo, è proporzionale alla deformazione Δx del terreno stesso:

q = K ∙ ∆x

dove K è un coefficiente di rigidità del terreno, pari alla pressione orizzontale che occorre applicare al terreno di rinterro per produrre una deformazione unitaria. Tale parametro varia in maniera molto

ampia ( da 5 a 120 N/cm3), in funzione della profondità e delle caratteristiche del terreno. Per i tubi

interrati, ricoperti da un altezza z rispetto all’asse del tubo variabile da 1 a 5 m circa, si può ritenere valida la seguente espressione:

(32)

230 K = (5 ÷ 25) ∙ z

Con z espresso in metri e K in N/cm3. I valori più elevati del coefficiente moltiplicativo di z sono

giustificati da rinterri molto ben costipati; in via cautelativa, anche a causa di una diminuzione del coefficiente nel tempo, si considerano valori molto inferiore a 25.

La teoria di De Saedeleer prende in considerazione le caratteristiche della tubazione e del terreno, introducendo anche aspetti deformativi del problema, e verificando che ad ogni incremento di carico verticale abbiamo una pronta risposta da parte del terreno, che crea a sua volta una deformazione del tubo ed un nuovo contatto con il terreno coprente: questo, a sua volta, rinforza il processo, incrementando la sollecitazione sul tubo. Alla fine della trattazione la reazione q laterale del terreno circostante la tubazione è pari a:

q = p

1,07 + 13,70 ∙K ∙ RE ∙ J

dove p è il carico che agisce sulla corda caratteristica della sollecitazione, E è il modulo di elasticità normale del materiale del tubo, J è il momento d’inerzia di un tratto di parete di tubazione lungo 1 cm, R è il raggio del tubo in cm e K è il coefficiente di rigidità del terreno precedentemente definito. Il J, per unità di lunghezza, assume il seguente valore:

J = s 12

Bisogna notare come il rapporto nell’equazione definisce un comportamento della tubazione, infatti se esso è particolarmente elevato, questo trasmette sollecitazioni q limitate rispetto a p e quindi si comportano come rigide; viceversa abbiamo la situazione di condotte particolarmente flessibili e di conseguenza più deformabili.

Oltre all’azione del terreno, ciò che influisce sulla pE è anche il peso proprio e l’azione dell’acqua

presente nel tubo. L’effetto del peso proprio della tubazione equivale ad un carico uniformemente distribuito, di intensità pari:

p = P

2 ∙ D

diretto dall’alto verso il basso agente sulla metà superiore della tubazione e ad un carico distribuito di uguale intensità, diretto dal basso verso l’alto, dovuto alla reazione del terreno di posa, agente sulla metà inferiore del tubo. Come per il carico del terreno, si hanno delle pressioni orizzontali da parte del terreno che, sempre secondo la teoria di De Saedeleer, sono pari a:

q = p

1 + 12,05 ∙ E ∙ J

K ∙ R

con i simboli che rappresentano quelli precedenti introdotti. La presenza del liquido all’interno della tubazione provoca delle pressioni orizzontali sulla tubazione, dove il liquido esercita delle pressioni

(33)

231 unitarie di andamento triangolare, con valore nullo in sommità e pari a γD alla base. Le sollecitazioni differiscono di poco da andamenti rettangolari di intensità pari a:

p = 1

2∙ γ ∙ D

queste pressioni devono essere diminuite dalla reazione del terreno circostante, che crea a sua volta delle pressioni orizzontali:

q = p

1 + 12,05 ∙K ∙ RE ∙ J

Importanti sono anche le spinte laterali che subisce la tubazione, dovute semplicemente alla spinta del terreno, con coefficiente di spinta attiva, e dall’acqua di falda.

A questo punto abbiamo trovato i valori di tutte le sollecitazioni agenti sulle varie tubazioni, ora ricerchiamo i valori del momento flettente M nelle sezioni verticali e orizzontali estreme, che ci vengono offerte dalla seguente figura:

Figura 7. 25: esempio di momenti dovuti ai carichi nelle due configurazioni

Per il carico q basta ruotare semplicemente la sezione; nel nostro caso la configurazione più appropriata è quella di sinistra, ossia il carico si distribuisce su di una corda invece che su tutto il diametro. I momenti sono positivi quando tendono le fibre interne.

Le verifiche di sicurezza vanno effettuate considerando la presenza dei carichi esterni fissi e mobili, agenti quando la tubazione si trova nelle seguenti condizioni:

 tubazione vuota;

 tubazione piena non in pressione

(34)

232 sicuramente la situazione più gravosa è la terza, per cui le precedenti possono essere anche trascurate. Una volta determinato il valore delle sollecitazioni, è possibili ottenere lo stato tensionale mediante il modulo di resistenza della parete del tubo, per la lunghezza di 1 cm in senso longitudinale, che vale:

W = 1

6 ∙ s

i carichi esterni e accidentali, oltre a fornire momenti ovalizzati sulla tubazione, generano una

sollecitazione circonferenziale σc di compressione, espressa da:

σ = − P + P

2 ∙ s

Dai valori delle tensioni è possibile risalire alla pressione equivalente p0 mediante la formula di

Mariotte:

s = p ∙ D

2 ∙ σ → p =

2 ∙ s ∙ σ D

quindi si ottiene i valori della pressione equivalente, a cui vanno sommate i valori delle pressioni

d’esercizio pE ; i valori ottenuti devono essere confrontati con le pressioni nominali per cui le

tubazioni sono destinate.

Oltre alla verifica alle tensioni ammissibili, occorre effettuare anche quelle relative alle massime deformazioni, che per le tubazioni interrate di tipo flessibile possono a volte risultare più critiche. L’esigenza di limitare le deformazioni scaturisce dal fatto che queste, se superano certi limiti, possono dar luogo a una riduzione non trascurabile della portata liquida e alterano lo stato di sollecitazione, col manifestarsi di tensioni superiori a quelle determinate in campo elastico; elevate deformazioni possono inoltre danneggiare qualche tipo di rivestimento. In genere l’accorciamento del diametro verticale e l’allungamento del diametro orizzontale differiscono poco fra loro, quindi basta controllare quest’ultimo. La condizione più critica si ha per tubazione vuota, in quanto l’effetto globale del liquido contenuto nel tubo si traduce in pressioni laterali dirette dall’interno verso l’esterno che riducono l’ovalizzazione. Considerando le azioni dovute al rinterro, ai sovraccarichi e al peso proprio abbiamo:

∆x = 1 K∙ p + p 1,07 + 13,70 ∙ E ∙ J K ∙ R + p 1 + 12,05 ∙ E ∙ J K ∙ R

Nel tempo il terreno tende ad assestarsi, di conseguenza la deformazione aumenta, così come variano i moduli per i materiali elastici, i quali diminuiscono di 2,5 per PVC e PVRF, fra 4÷8 per il PEAD.

I valori limite da rispettare, sia a breve che a lungo termine, devono rispettare un valore compreso

fra il 4 e 8% del diametro esterno DE della tubazione. Per le tubazioni metalliche il valore massimo

a lungo termine deve essere minore dell’8%, ma se sono presenti rivestimenti interni la percentuale si riduce al 4%. Per i tubi in materiale plastico viene in genere assunto un valore inferiore all’8%

(35)

233 del diametro esterno a lungo termine, e un 5% a breve termine. Per il PVRF la massima deformazione deve essere inferiore a ¼ della deformazione che crea danno al tubo, generalmente a breve termine è un valore compreso tra il 3 e il 5% di D.

Un'altra verifica è quella relativa all’instabilità elastica per depressione interna. Una tubazione

soggetta a una pressione esterna pes maggiore della pressione interna pin, quindi soggetta ad una

depressione, è soggetta a sforzi di compressione che tendono a instabilizzarla. Secondo Eulero la pressione critica è data da:

p = 2 ∙ E

1 − υ ∙

s D

Con ν coefficiente di Poisson e D è il diametro medio. In realtà, essendo il tubo non perfettamente circolare ma ovale, la pressione critica è inferiore a quella determinata con la formula sopra. Secondo Timoshenko, indicando con ΔD/D lo scarto massimo percentuale per imperfezione da

ovalizzazione, la pressione critica pcr* è data da:

p∗ = σ ∙ s D+ 1 + 1,5 ∙ ∆D s ∙ p 2 − σ ∙ s D+ 1 + 1,5 ∙ ∆D s ∙ p 2 − 2 ∙ σ ∙ s D∙ p ,

La tensione di compressione critica σcr si ricava con la formula di Mariotte:

σ = p

∙ D 2 ∙ s

Per le tubazioni interrate, ai fini della verifica all’instabilità elastica, occorre tenere conto delle fore esterne, oltre alla depressione interna. La formula di verifica diventa:

∆p ∙ D 2 ∙ s + P + P 2 ∙ s ≤ σ υ

Con νs coefficiente di sicurezza, da assumere pari almeno a 2 nelle verifiche a lungo termine e a 2,5

in quelle a breve termine. Δp rappresenta il valore della pressione idrostatica agente dall’esterno verso l’interno e può essere dovuta sia a una depressione interna, che può verificarsi durante fenomeni di moto vario, sia a un effettiva pressione esterna. Per le tubazioni in PVRF la NORMA ANSI/AWWA C950-81 fornisce la seguente espressione:

p = 1

FS∙ 32 ∙ R ∙ B ∙ E ∙

E ∙ J D

/

Con FS pari a 2,5; Rw rappresenta il fattore di spinta idrostatica, pari a:

R = 1 − 0,33 ∙h

(36)

234

Dove hw e h sono rispettivamente l’altezza del livello idrico e l’altezza del rinterro sopra

l’estradosso del tubo. B’ è un coefficiente empirico pari a:

B = 1

1 + 4 ∙ e , ∙

Mentre E’ è il modulo medio di reazione del suolo, funzione del tipo di suolo e del grado di costipamento del rinterro.

Tipo di suolo

Grado di costipamento del terreno di rinterro Scaricato alla

rinfusa <85% Proctor

85-95%

Proctor >95% Proctor

Suoli a grana fine (con plasticità da media a nessuna, con meno del 25% di particelle a

grana grossolana)

34 140 280 690

Suoli a grana fine (con plasticità da media a nessuna, con più del 25% di particelle a grana grossolana; terreni grossolani che contengono

più del 12% di fini)

69 280 690 1.380

Suoli a grana grossolana 140 690 1.380 2.070

Roccia frantumata 690 2.070 2.070 2.070

Tabella 7. 6: valori medi del modulo di reazione E’ del suolo, in N/cm2, per tipo di suolo e grado di costipamento.

I risultati della verifica statica delle tubazioni sono riportati nell’allegato C.

7.6-Verifica Colpo d’Ariete nel Sistema di Sollevamento nell’Adduzione. Un qualsiasi sistema di pompaggio può essere interessato da fenomeni di carattere transitorio, quale il colpo d’ariete. Tale situazione si genera nel momento in cui viene a mancare, in maniera istantanea, il carico, dando luogo ad un arresto della pompa; tale arresto provoca la nascita di sovrappressioni molto elevate all’interno della condotta.

Per affrontare questo tipo di problema la teoria utilizzata è quella di Mendiluce, basata su uno studio di laboratorio e su intuizioni teoriche dello studioso. Questi partì dalla constatazione che la

sovrappressione massima risulta essere funzione del tempo di manovra Tc, tempo che occorre per

passare da una situazione di regime ad un'altra. Il comportamento qualitativo del colpo d’ariete è molto complesso. A seguito della mancanza di carico da parte della pompa, si viene a creare una depressione nella condotta di mandata della pompa. Tale onda si propaga lungo tutta la tubazione, con una velocità a, che rappresenta la celerità del liquido cioè la velocità di propagazione dell’onda d’urto, ed arriva fino alla sommità della condotta; il valore della celerità risulta essere pari a 1.425 m/s nel caso di condotta indeformabile, se invece risulta deformabile il valore che assume è seguente:

a =

ε ρ 1 +D ∙ εs ∙ E

(37)

235 dove ε indica il modulo di comprimibilità del liquido, ρ la densità del liquido, D il diametro della condotta, s lo spessore della condotta ed E il modulo di elasticità lineare del materiale della condotta (PFRV). Per il diametro e lo spessore è necessario considerare un valore medio dato che la condotta presenta dei tratti non omogenei geometricamente; è stato necessario una media pesata, utilizzando come parametro la lunghezza della condotta. I valori così ottenuti sono riportati di seguito:

Modulo Comprimibilità del

Liquido

Densità del Liquido

Diametro Medio della Condotta Spessore della Condotta Modulo Elastico del Materiale ε ρ Dm s E kg/m2 kg sec2m-4 mm mm kg/m2 2,07*108 101,93 800,0 45 1,17*109

Tabella 7. 7: caratteristiche necessarie al calcolo della celerità.

Il valore che si ottiene per a, in m/s, è il seguente:

a = ε ρ 1 +D ∙ εs ∙ E = 2,07 ∙ 10 102 1 +800 ∙ 2,07 ∙ 10 45 ∙ 1,17 ∙ 10 = 696,8 m s⁄

Una volta sviluppatesi, le sovrappressioni si comportano come un onda, muovendosi avanti e indietro nella condotta; ovviamente essendo un processo irreversibile i valori delle sovrappressioni tendono a smorzarsi, fino ad annullarsi a causa delle forze d’attrito interne al liquido e quelle della tubazione. Il tempo di fase dipende essenzialmente dalla lunghezza della condotta e dalla celerità del liquido:

T = 2 ∙ L

a

Per parlare di manovra brusca è necessario che il tempo di manovra sia minore, al limite uguale, al valore T, se maggiore si parlerà allora di manovra lenta. Il valore delle sovrappressioni massime verrà fornito da due formule, molto simili fra loro, ma che tengono conto del diverso tipo di manovra, e che prendono il nome degli studiosi che si occuparono di questo problema. Le formule vengono portate qui di seguito:

T ≤2 ∙ L a → Manovra Brusca → Δp γ = a ∙ U g ( Joukowski − Allievi ) T >2 ∙ L a → Manovra Lenta → Δp γ = a ∙ U g ∙ θ ( Michaud )

dove Uo è la velocità di regime, L la lunghezza della tubazione di mandata e θ è il numero delle fasi,

Figura

Tabella 7. 1: dati sul trasporto solido medio mensile per il fiume Ombrone e per l'impianto di irrigazione
Figura 7. 1: configurazione di un carpo in caduta all'interno di un fluido.
Tabella 7. 2: caratteristiche della curva granulometrica nei confronti della velocità di sedimentazione
Tabella 7. 3: percentuali e velocità di sedimentazione per calcolare il rendimento della sedimentazione
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