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Cause e origini delle ribellioni nel III sec.: il ruolo della popolazione locale e della pressione militare esterna

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CAPITOLO III

Cause e origini delle ribellioni nel III sec.:

il ruolo della popolazione locale e della pressione militare

esterna

1. A proposito di herrschende Gesellschaft

Prima di affrontare le ribellioni nel corso del III secolo, è opportuno accennare alla questione della composizione etnica all’interno dell’impero seleucide. L’identificazione della cosiddetta «società regnante» e della sua composizione etnica, infatti, rappresenta un tema controverso a cui noi dobbiamo accennare proprio in vista della nostra analisi successiva. Vista la nostra ancor più scarsa conoscenza riguardo alla popolazione esterna al gruppo dirigente, ci resta infatti come unica possibilità lo studio della conformazione etnica di quest’ultima. Quest’analisi ci può infatti fornire un quadro, seppur parziale, della società entro la quale le nostre ribellioni hanno avuto luogo.

Christian Habicht, nel suo contributo del 1958 riguardo alla società regnante in epoca ellenistica, afferma:

Höchst bedeutsam ist zunächst ihre nationale Geschlossenheit: die Angehörigen dieser Gesellschaft sind fast ausnahmslos „Hellenen“, Griechen in vorherrschender Zahl und neben ihnen Makedonen […]. Einheimische, wie Ägypter, Syrer, Juden, fehlen durchaus, aber eben auch Angehörige der qualifizierten alten Herrenschicht der Perser und der übrigen Iraner; […]. Sie machen im Seleukidenreich […] nie mehr als etwa 2,5% aus (die Zahl ergibt sich aus einem Material von mehreren Hundert Personen) und begegnen vor allem als Befehlshaber einheimischer Herreskontingente, dagegen kaum einmal in Schlüsselstellungen am Hofe oder im Reich.1

Questa chiusura della società, in opposizione netta rispetto all’opera di Alessandro Magno,2

sarebbe stata determinata dall’elemento ellenico che intendeva mantenere il monopolio del

1 Habicht (1958) p. 5. 2 Su questo v. n. 20 p. 55.

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potere.3 Gli indigeni, la cui presenza nelle cariche pubbliche raggiungeva la percentuale molto bassa del 2,5, erano, secondo lo studioso, principalmente attivi nel settore militare, come comandanti di contingenti dell’esercito formati da compatrioti.

A sostenere questa tesi sarebbe anche lo storico Schmitt,4 il quale individua nella mancanza di una continuità tra la politica matrimoniale di Alessandro Magno nei confronti degli indigeni iraniani e il disinteresse mostrato invece dai Seleucidi, la prova di una volontà di creare una società dirigente completamente greco-macedone.

L’analisi approfondita di Carsana5 al riguardo porta invece a risultati, se non opposti,

per lo meno discordanti. Il suo studio è composto di due parti: nella prima abbiamo l’analisi delle percentuali di greci, macedoni e indigeni presenti nei vari ruoli (grandi governatori, personale diplomatico, funzionari locali, comandanti militari e persone attive a corte), nella seconda 143 schede prosopografiche di personaggi di origine nota (o supponibile) attivi tra Seleuco I e Antioco IX; il tutto è inserito all’interno di un quadro storico nel quale un momento di cesura fondamentale è rappresentato dalla battaglia di Apamea nel 188.

Quest’analisi è evidentemente più dettagliata rispetto a quella di Habicht, il quale non ci informa riguardo alle fonti da cui avrebbe dedotto il numero di persone a cui fa riferimento.

Vediamo ora in maniera più approfondita com’è strutturato il lavoro di Carsana. Per quanto riguarda grandi governatori e satrapi,6 nonostante lo scarso dato in nostro possesso per il secolo e mezzo che va dall’inizio del III alla seconda metà del II secolo (solo 28 satrapi e strateghi), possiamo dire che 2 di essi erano imparentati con la famiglia reale, 11 erano di origine macedone, 7 orientali (5 iranici e 2 giudei) e i rimanenti di altri gruppi non appartenenti a uno dei due nuclei dominanti (macedone o orientale). Questi 8 restanti erano stati quasi tutti nominati dopo Apamea, segno questo di un indebolimento della struttura del potere. Il reclutamento degli orientali nel periodo precedente, infatti, sembra collegato al migliore servizio che loro, rispetto a un macedone, potevano fornire nel paese di provenienza. Il solo caso in cui un uomo d’origine orientale non ebbe un ruolo di responsabilità all’interno del suo territorio è particolarmente interessante per noi, perché coinvolge un governatore di

3 Musti (1966) p. 137 ritiene quest’ultima affermazione di Habicht soggettiva. Egli crede che si debba ammettere

che ci sia stato un processo evolutivo grazie al quale l’apertura verso la popolazione indigena è aumentata invece di diminuire e che essa doveva essere più forte nell’ambito economico e della gestione politica locale. Proprio a causa della minore importanza degli incarichi affidati agli indigeni, è normale che le attestazioni pervenute siano minori.

4 Schmitt (1964) pp. 100-101. 5 Carsana (1996).

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cui abbiamo già sentito parlare in relazione al papiro di Gurob. È infatti Aribazo, stratego della Cilicia,7 ma il cui nome suggerisce un’origine iranica. Secondo la studiosa, l’eccezione sarebbe motivata dal fatto che egli, in base a ciò che ci viene detto dal papiro, doveva rivestire un ruolo di fiducia particolare.

Il personale diplomatico8 non fu mai un corpo fisso ed il reclutamento fu piuttosto dettato dalle singole situazioni. Si può tuttavia notare come la composizione dei 23 ambasciatori di cui abbiamo notizia fosse nettamente orientata in senso greco: 14 sono i funzionari greci, 3 quelli macedoni e 3 Ἀντιοχεῖς (tutti e sei del tempo di Antioco III), ovvero inviati provenienti da Antiochia probabilmente legati all’ambiente di corte e quindi da considerare al pari dei macedoni. I tre rimanenti fanno invece parte di un gruppo eterogeneo non indigeno. Lampante è dunque la totale mancanza di indigeni nel campo delle relazioni internazionali.

Diverso è il discorso per i funzionari locali,9 ovvero per l’insieme eterogeneo di responsabili operanti all’interno delle πόλεις greche come nelle nuove fondazioni e nelle città non greche all’interno del regno di Babilonia, Uruk e Gerusalemme. Dei 25 nomi a nostra disposizione, nessuno è macedone, mentre la maggior parte sono indigeni. Inoltre, ben 8 provengono da

πόλεις greche tradizionali e 4 sono cittadini di colonie di fondazione seleucide.

Per l’analisi dei comandi militari,10 Carsana si rifà all’opera di Launey,11 dalla quale si evince

che Lagidi e Seleucidi dovettero sempre più spesso far fronte alla componente indigena per sopperire alla mancanza di uomini macedoni e greco-continentali. Dai 59 nomi di cui abbiamo notizia risulta chiara l’importanza dei componenti macedoni (15), i quali occupano posizioni chiave. Anche i personaggi non greci erano un numero discreto (10/14) e si trattava di iranici, arabi, galati, traci e indigeni d’Asia Minore.12 Otto sono gli ufficiali provenienti dalla Grecia continentale, 10 i militari graduati originari delle città greche dell’Asia Minore (tra cui 6 milesi), 4 infine gli isolani (tra cui 2 di Rodi).

Discorso più complesso è quello riguardante le cariche di corte13 e la loro evoluzione. Si può qui semplificare dicendo che dei 46 personaggi analizzati (con cariche onorifiche di diverso tipo o del tutto privi di esse), quelli provenienti dalle colonie orientali o di fondazione

7 Carsana (1996) pp. 20-21 e per scheda prosopografica di Aribazo p. 104 A6. 8 Carsana (1996) pp. 29-41.

9 Carsana (1996) pp. 43-52. 10 Carsana (1996) pp. 53-68.

11 M. Launey: Recherches sur les armées hellénistiques (Paris 1949-50 + addenda a cura di Y. Garldand, P.

Gauthier, C. Orrieux, 1987).

12 Pur essendo molti, secondo Carsana (1996) p. 59 essi non rappresentano il 70% riscontrato da Launey. 13 Carsana (1996) pp. 69-86.

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seleucide sono quasi tutti legati al periodo successivo ad Apamea, quando il regno aveva subito una diminuzione notevole e verosimilmente il reclutamento di macedoni e greci era meno facile.

Lo studio della Carsana provocò un grande dibattito all’interno del mondo accademico, suscitando anche delle durissime critiche, come quelle presenti nella recensione di Savalli-Lestrade.14 La studiosa contestò non solo i risultati a cui Carsana era arrivata, non giudicandoli totalmente attinenti alla sua stessa analisi, ma anche il fatto che questo fosse in realtà uno studio sociologico che non teneva contro dei fattori politici, economici, giuridici, dell’evergetismo reale e dei culti civici, risultando quindi un passo indietro nella ricerca sul mondo ellenistico. Anche chi decise di accettare l’assunto di base della studiosa, come ad esempio Orth,15 ritenne necessario sottolineare i due problemi principali dello studio. In primo luogo, considerare l’onomastica come scienza a cui fare riferimento in modo sicuro è rischioso. In secondo luogo, i risultati a cui lo studio giunse non possono essere considerati con la certezza con cui Carsana li espose. Per esempio, per un periodo di 200 anni, la ricerca fornisce soltanto 28 nomi di governatori: se pensiamo che da App. Syr. 42, 328 sappiamo che le satrapie in tutto il regno erano 72, ci rendiamo conto che le nostre informazioni al riguardo sono veramente scarse.

Più nello specifico, vediamo quali sono le difficoltà con cui ci si scontra quando si faccia affidamento all’onomastica. I nomi indigeni o orientali non implicano solitamente dubbi sull’identità della persona perché non è attestata in nessun luogo la tendenza da parte greca di adottare nomi orientali. Tale fenomeno è invece ampiamente provato in senso opposto, con l’assunzione di nomi greci da parte degli indigeni.16

Complessa è l’identificazione anche dei macedoni, ovvero di coloro che erano discendenti dei militari venuti in oriente con Alessandro Magno. L’etnico μακεδών, infatti, non è prova sufficiente dell’origine, in quanto è spesso usato come titolo generico per i soldati all’interno di un contingente armato alla macedone17 e anche i nomi propri macedoni venivano spesso adottati dalle popolazioni indigene.

14 Savalli-Lestrade (1998) pp. 308-322. 15 Orth (1997) pp. 371-374.

16 Carsana (1996) pp. 9-10. 17 Carsana (1996) p. 10.

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D’accordo con l’analisi generale di Carsana fu anche Mehl,18 che affrontò da un'altra prospettiva il problema del doppi nomi. Come abbiamo già accennato, l’individuazione degli indigeni al potere è resa ardua dal fatto che spesso il nome indigeno non compare: abbiamo più di un esempio di funzionari dotati di nomi doppi (come Anu-Uballit/Nikarchos), nomi che raramente vengono usati entrambi, soprattutto nei testi greci dove compare solo quello greco. Secondo Mehl questo non sarebbe voluto in vista di un processo di ellenizzazione degli indigeni, quanto piuttosto: «sein einziges Ziel mag der Umgang mit Menschen gewesen sein, deren Namen er sich unschwer merken und aussprechen konnte, und das mag ebenso das Ziel seiner Kanzlei gewesen sein».19

È verosimile dunque credere che gli indigeni che occupavano ruoli di potere all’interno del regno seleucide fossero più di quanto l’analisi di Habicht facesse credere.

Il problema della divisione di poteri e dei ruoli dei vari funzionari è estremamente complesso e la sua analisi non è qui necessaria.20

Ancora più difficile è indentificare il rapporto tra popolazione greco-macedone e indigeni a livello più basso ed anche in questo caso possiamo dire che nella nostra analisi risulterebbe marginale in quanto, dalle notizie a nostra disposizione, non possiamo in nessun modo capire quale ruolo abbia avuto questa parte della popolazione nelle ribellioni. Più in generale possiamo dire che, almeno per quel che riguarda le ribellioni del III secolo, anche il ruolo della popolazione all’interno della classe dirigente appare davvero marginale se messo a confronto con le azioni volute e pilotate dalla famiglia regnante stessa.

Nel prossimo paragrafo proveremo allora a vedere quali siano le diverse interpretazioni che gli studiosi hanno dato delle ribellioni del III secolo.

18 Mehl (2003) pp. 150-151: l’assunto di base gli pare infatti convincente, mentre ritiene che vada un poco

ridimensionata la portata del fenomeno. Dello stesso parere Asheri (1999) pp. 612-613.

19 Mehl (2003) p. 152.

20 Sotteso alla nostra analisi sul ruolo degli indigeni all’interno dell’impero seleucide, è naturalmente l’immenso

dibattito riguardante la politica di Alessandro nei loro confronti ed in particolare nei confronti della nobiltà iraniana. Un contributo importante al riguardo è quello di Bosworth (2006) pp.14-16. Egli rifiuta la storica tesi di Droysen, che vedeva nella decisione di Alessandro, a seguito dell’ammutinamento di Opis (Arr. VII, 6, 1; Diod. Sic. XVII, 108, 3), di concedere cariche e nomi tipicamente macedoni agli Iraniani, così come nelle nozze di Susa del 324 a.C. tra Macedoni e Iraniane (Arr. VII, 4, 4-7; Ath. XII, 538b-539a; Plut. Alex. LXX, 2, Mor. 338 c; Diod. Sic. XVII, 107, 6), una ferma volontà di «Verschmelzung» tra popoli. Secondo Bosworth, al contrario, la politica di Alessandro non intendeva in nessun modo aumentare la partecipazione degli indigeni e tutte quelle azioni che vengono riconosciute come tali facevano in realtà parte di un progetto politico ben preciso che aveva come classe dirigente sempre e solo Macedoni. Questa rivalutazione della politica di Alessandro fa sì che lo storico non riconosca uno scarto tra il suo comportamento e quello dei diadochi e dei loro successori: la presenza degli indigeni è sempre stata marginale.

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2. Fedeltà o convenienza?

Chi voglia analizzare le ribellioni non solo nel corso del III secolo ma anche di quelli successivi, non può fare a meno di interrogarsi su quale ruolo abbia giocato in esse il rapporto tra sovrano e popolazione.

Il tema si fa naturalmente molto più interessante quando ci si trova ad affrontare quelle rivolte che hanno portato effettivamente a un cambio di regnante, come per gli eventi descritti dal papiro di Gurob, in seguito ai quali Seleucia rimase in mano ai Tolomei per molti anni. Sorge dunque la domanda del perché la città abbia ceduto al re nemico.

Naturalmente queste riflessioni sono state fatte dagli storici anche in relazione ad altre ribellioni, le quali, pur essendo di portata maggiore, sono esterne al nostro lavoro, come ad esempio per la ribellione di Molone (222-220 a.C.).

La costante attenzione rivolta a questo tema è principalmente legata al tentativo di trovare una motivazione della longevità dell’impero seleucide, nonostante la grande varietà di popoli al suo interno.

Così Bevan21 scriveva all’inizio del ‘900 che a far fallire la ribellione di Molone era bastata la

vista sul campo di battaglia del sovrano (Antioco III), la quale aveva causato il dileguamento dell’esercito: «The rebellion had been shipwrecked on the respect which the royal name commanded in the popular heart throughtout the Greek east».22

Più tardi sarà Walbank23 a porre l’enfasi sulla centralità della fedeltà al re come mezzo per mantenere il potere. Se da una parte l’attenzione per la diffusione del culto del sovrano fu fondamentale, d’altra parte «[…] above all it was by his control of the army that he reigned, and through its loyalty that he could maintain his rule». Questa fedeltà il sovrano l’avrebbe ottenuta grazie a ufficiali pagatori, grazie all’assegnazione dei territori alle truppe e soprattutto grazie al carisma, l’arma migliore contro i suoi nemici.

Se tuttavia questo fosse vero, numerose città non sarebbero passate così facilmente da una parte all’altra.24 Secondo Grainger infatti: «Loyalty to the dynasty is a historian’s myth».25

Nemmeno i re l’avrebbero davvero pretesa ed è per questo che istituirono un sistema

21 Bevan (1966) [1902] p. 308 vol. I. 22 Bevan (1966) p. 309.

23 Walbank (1984² b) p. 74.

24 Ci sono molti esempi di questo in Asia Minore: Austin (2004) p. 124 cita l’esempio di Mileto, prima di

Seleuco I, poi di Tolomeo II, poi ancora di Seleuco II. Per quanto riguarda il nostro tema invece possiamo rifarci solo a Seleucia in Pieria.

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assolutamente rigido di controllo territoriale. Se alcune ribellioni fallirono – continua Grainger – la causa non è certo da attribuire alla figura del re, quanto piuttosto agli interessi interni alle classi dirigenti cittadine greco-macedoni: evidentemente queste classi preferirono in molti casi che il dominio rimanesse in mano ai Seleucidi piuttosto che passasse a qualcun altro (ribelli o Tolomei che fossero).

A sostenere questa tesi, sono anche Ehling26 e Austin.27 Il cambiamento di fronte da un parte o dall’altra sarebbe allora dovuto a mero opportunismo: la previsione di beneficiare di un benessere maggiore (per esempio passando dalla parte dei Tolomei), poteva essere motivo sufficiente. Non ci sarebbe stata infatti nessuna ragione particolare per sentirsi in dovere di essere fedeli nei confronti di un potere formatosi da poco, per cui l’equilibrio si ricreava di volta in volta a seconda di quello che un sovrano poteva offrire alla popolazione. Per quanto riguarda poi specificatamente le ribellioni in Siria, Ehling28 ipotizza che il principale elemento di tensione dovesse essere proprio la consapevolezza che i Tolomei potevano sempre rappresentare una valida alternativa al potere seleucide.

Diversa è infine l’opinione fornita da Mittag,29 il quale analizza però il tema da un punto di

vista molto più ristretto, ovvero quello del ruolo della popolazione delle due capitali Antiochia e Alessadria30 nel corso del III secolo.

Sulla base di quello che viene descritto, ad esempio, dal papiro di Gurob, si potrebbe dire che la popolazione sentiva un forte legame con la famiglia regnante (ed in questo caso dunque con Berenice in quanto era la regina residente ad Antiochia), sulla base del quale cercava di assecondarne ordini e voleri. Le ribellioni avvenivano proprio nei momenti di vuoto di potere (morte di un re o lontananza di esso a causa di una spedizione) ma rientravano non appena la situazione era stata ristabilita dall’unica autorità riconosciuta, ovvero il re stesso. Al ritorno di Seleuco II, infatti, la rivolta di Stratonice fallì, quasi a voler sottolineare la mancanza totale di coscienza politica da parte dei rivoltosi.

Questo naturalmente riguarda il III secolo in quanto, secondo lo studioso, tale coscienza sarebbe andata aumentando nei secoli successivi.

26 Ehling (2003) pp. 332-336. Per la diversa classificazione delle ribellioni in Siria, Cilicia e Fenicia da lui

fornita v. pp. 90-92.

27 Austin (2004) pp. 123-124. 28 Ehling (2003) p. 306. 29 Mittag (2000) pp. 424-425.

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Nonostante l’apparenza, il risultato a cui Mittag arriva non dev’essere visto così lontano da quello degli studiosi che non credono nella fedeltà al re. Quello infatti che possiamo notare riguardo ad Antiochia nel III secolo, è che la città non ha ancora un potere politico autonomo definito e di conseguenza segue ciò che viene imposto dal regnante.

In questo senso si può arrivare a una terza interpretazione, estranea tanto alla fedeltà quanto alla convenienza: la necessità.

Per quanto riguarda le ribellioni del III secolo che abbiamo trattato infatti, a giocare un ruolo importante sembra piuttosto la necessità di piegarsi agli eventi imposti dall’alto.

Rivediamo ora più da vicino le ribellioni, analizzandole dal punto di vista del loro significato storico alla luce di quanto è stato detto.

3. Analisi storica della ribellioni

3.1 Il silenzio di OGIS 219

Se per alcune delle fonti che analizzeremo verrà dato un quadro delle possibili ragioni e dei contesti che hanno portato a ribellioni e sedizioni, per quanto riguarda OGIS 219, invece, questo lavoro risulta impossibile.

Le informazioni che ci mancano sono esattamente tutte quelle che ci potrebbero essere utili per fare qualche ipotesi:

- Non sappiamo cosa significhi esattamente che in Seleukìs ci sia stata una ribellione, ovvero non possiamo con sicurezza definire né il territorio entro cui la ribellione ebbe luogo né in cosa consistette questa ribellione.

- Non possiamo identificare con certezza i soggetti della ribellione e nemmeno chiarire se si tratti di aggressori esterni o interni, di più aggressori o di uno solo.

- Non conosciamo le cause di questa ribellione.

- Non possiamo essere sicuri della datazione degli eventi.

Senza identificare un funzionario, un membro della casa reale o un nemico che avrebbe creato la situazione di tensione nella regione descritta dall’epigrafe, non possiamo naturalmente

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nemmeno immaginare i motivi che hanno portato a questo avvenimento. Bisogna infatti tenere presente che esiste una differenza tra il dire che l’azione di pacificazione del re è avvenuta in Seleukìs e l’affermare che la regione stessa si è ribellata. È possibile che siano state le città del nord della Siria a ribellarsi, possibile ma non detto chiaramente dalla nostra fonte.31 Le città infatti potrebbero aver ad esempio subito un’invasione nemica o essere state luogo da cui un gruppo ribelle ha deciso di iniziare la sua offensiva, senza per questo aver appoggiato l’azione di esse.

Per quanto riguarda la datazione poi, bisogna ammettere che anche la principale prova a favore di Antioco I non è esente da critiche: molte città dell’Asia Minore32 cambiarono fronte numerose volte senza per questo essere punite o accusate di tradimento, fornendoci un esempio di come potesse essere diversa l’idea di lealtà e di appartenenza a un regno.

L’unica ipotesi che è possibile non escludere, ma che non deve nemmeno essere ritenuta scelta obbligata, è che i Tolomei abbiano in qualche modo giocato un ruolo all’interno di questi avvenimenti:33 questo tuttavia non significa dover necessariamente accettare la tesi di

Otto sulla «Syrische Erbfolgekrieg».

3.2 Il Pap. di Gurob

3.2.1 Il rapporto tra il papiro e la battaglia di Andro

Il papiro di Gurob si può definire una doppia fonte, in quanto contiene al suo interno sia una ribellione in favore di Tolomeo III, sia l’uccisione di un funzionario. Entrambi i fatti potrebbero suggerire una risposta della popolazione e della classe dirigente alla forte pressione esercitata dalla presenza militare tolemaica dalla costa di Cipro34 o più in generale dagli interventi militari in Asia Minore e nel Mar Egeo, avvenuti negli anni subito precedenti o in contemporanea a quanto narrato dalla nostra fonte.

31 Ehling (2003) p. 304.

32 Ricordiamo qui ancora una volta l’esempio di Mileto, Austin (2004) p. 124. Essa doveva essere seleucide sotto

Seleuco I (per via del santuario di Apollo a Didima) ma passò poi sotto il controllo di Tolomeo II (RC 14) per essere di nuovo seleucide durante il regno di Seleuco II (RC 22). Nonostante questi numerosi cambi di fronte, ciò non viene rimarcato nelle lettere dei sovrani.

33 Ehling (2003) p. 304 e p. 333. L’autore inserisce questa ribellione, pur sottolineando a più riprese che si tratta

solo di una supposizione, all’interno del gruppo di quelle avvenute a causa di una simpatia nei confronti dei Tolomei.

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A differenza dell’uccisione della moglie e dei figli di Ermia, provocata in parte dal comportamento del sovrano nei confronti di quest’ultimo, in parte, se seguiamo quanto ci dice Polibio, dalla grossa insofferenza creata nella popolazione dal comportamento del cancelliere, in questo caso non sembra di poter identificare in Aribazo un personaggio odiato dalla popolazione. È possibile d’altra parte ipotizzare che l’enfasi messa nel sottolineare la partecipazione della popolazione alla cattura e all’uccisione del satrapo sia in realtà un elemento di propaganda tolemaica.

Assai complicato è invece cercare di spiegare l’accoglienza di Tolomeo III ad Antiochia e Seleucia alla luce di questa ipotetica pressione militare: è stata un’offensiva ad ampio spettro a spingere queste città a consegnarsi al re senza ribellioni?

La complessità dell’analisi è tanto maggiore in quanto si scontra con una delle più grandi questioni irrisolte della storia ellenistica del III secolo, ovvero la datazione della battaglia navale di Andro: «Celle-ci [Anadros] demeure la plus énigmatique du siècle».35

Nell’affrontare il problema dovremo dunque non solo prendere come punto di riferimento le altre fonti che potrebbero confermare questa ipotesi, ma anche cercare di ricostruire il complesso dibattito sulla possibile datazione della battaglia navale avvenuta ad Andro,36

l’isola greca più settentrionale dell’arcipelago delle Cicladi.

La tesi di Lehmann e Buraselis, i quali sostengono che la battaglia si possa mettere in stretta relazione con la III guerra siriaca e dunque con il nostro papiro, è la prima da cui partiremo, per poi considerare quali sono le pecche di essa e i presupposti incerti su cui si basa.

Secondo Lehmann37 il papiro di Gurob è certamente da considerare come una descrizione di una parte degli eventi e delle azioni militari che coinvolgono la prima parte della terza guerra siriaca e, come tale, esso non deve essere preso come puntuale descrizione di tutte le operazioni avvenute. Questo naturalmente è il primo presupposto per chi voglia credere che Tolomeo stesse portando avanti operazioni militari parallele, di cui però le nostre fonti non ci danno testimonianza.

35 Will (1966), vol. I p. 209.

36 Una prima bibliografia essenziale del dibattito, allora già assai ampio, è data da Momigliano (1950) p. 107 n.

1. Inoltre v. Buraselis (1982) p. 120 n. 41 e Lehmann (1998) pp. 93-94 n. 21.

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A riprova del fatto che le fonti non trattano di tutte le azioni avvenute durante una campagna militare, ci sarebbe la descrizione della spedizione in Asia di Tolomeo, presente nel

Monumentum Adulitanum.38

Quest’iscrizione contiene una descrizione puntuale delle forze militari in campo e dei territori raggiunti e conquistati, che si vanno ad aggiungere ai territori già ereditati dal padre, Tolomeo II (ll. 5-8). Tolomeo si sarebbe impossessato di tutto il territorio dal nord della Siria all’Eufrate e allo stesso tempo della Cilicia, Panfilia, Ionia, Ellesponto, Tracia poi, con una seconda ondata di espansioni, dopo aver attraversato l’Eufrate, avrebbe esteso il suo controllo sopra Mesopotamia, Babilonia, Susiana, Persia, Media e su tutti gli altri territori fino alla Battriana (ll. 13-32).

Tuttavia non si fa mai riferimento alle città dell’Asia Minore, dove verosimilmente il partito di Laodice era più forte (nonostante, poco dopo lo scoppio della guerra, Efeso stessa fosse passata nelle mani degli egiziani grazie al cambio di fronte del suo governatore Sofrone).39

Il fatto dunque che questi due documenti presentino le imprese militari senza addurre motivazioni sulla spedizione, non significa inevitabilmente che essa non fosse stata preparata e meditata da lungo tempo, come invece sembra aver pensato una parte della critica: «In der älteren Forschungsdiskussion hat sich dagegen […] weithin die Auffassung durchgesetzt, wonach der Asienzug Ptolemaios’ III. primär als Improvisation ohne festen Eroberungsplan und politischen Gestaltungswillen unternommen worden sein […]».40

La sottovalutazione del lavoro di preparazione della spedizione di Tolomeo III è ovviamente collegata ai risultati a lungo termine che essa ha portato: nessuno dei territori è stato mantenuto ad eccezione della città Seleucia in Pieria. Per quanto essa fosse uno dei centri principali del potere seleucide, questo risultato non si può che considerare scadente.

38 Dittenberger, OGIS 54. Si tratta della copia di un’iscrizione monumentale di Aduli sull’isola Massaua in

Eritrea. Il trono su cui era incisa l’iscrizione è andato perduto; a noi rimane la trascrizione di un commerciante, Kosmas Indikopleustes, che nel VI sec. d.C. la inserì nella sua opera Cosmographia Christiana.

39 Per Sofrone v. pp. 63-5 e in particolare n. 52 pp. 63-64 e n. 51 p. 63, p. 68 e pp. 71-72.

40 Lehmann (1998) p. 95. A diminuire il valore di Tolomeo III come grande condottiero e a ipotizzare che in

realtà l’allontanamento di Tolomeo da Antiochia fosse dovuto a una ribellione della città e non al progetto di conquista è Otto (1928) pp. 48-75. Secondo lo studioso anche la spedizione in Asia, presentata dalle fonti egiziane come una grandiosa conquista, andò in realtà incontro a difficoltà tali da dover coprire la ritirata con la scusa della ribellione interna scoppiata in Egitto; su questo anche Beloch (1925) IV.I pp. 674-679.

Un altro testo spesso citato come testimonianza del valore della campagna militare di Tolomeo III, di cui tuttavia non ci occuperemo, è la poesia di Callimaco sulla chioma della regina e sposa di Tolomeo III, Berenice II, scritta probabilmente dopo il ritorno del re dalla spedizione in Asia nel 246/245 a.C.; per l’edizione v. R. Pfeffer (1949)

Callimachus vol. I, fr. 110 e idem (1953) vol. II, fr. 114. La poesia ci è per lo più nota grazie alla libera versione

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Secondo Buraselis41 (seguito da Lehmann) tuttavia, a suggerire una più ampia manovra offensiva sui territori occidentali già prima dello scoppio della guerra, sarebbe il frammento n.1 del papiro Hauniensis 6:42 in esso, sulla base della lettura dei due studiosi, un personaggio chiamato Tolomeo Andromaco (ritenuto dai due studiosi figlio bastardo di Tolomeo II e dunque fratello dell’Evergete) comparirebbe a capo della flotta egiziana nella battaglia di Andro contro Antigono Gonata ed in seguito sarebbe ucciso a Efeso, verosimilmente da un gruppo di Traci. Causa dell’insidia tesa a questo Tolomeo potrebbe essere l’esito negativo della battaglia stessa.

Poiché infatti Tolomeo Andromaco aveva conquistato una parte della Tracia tra il 246 e il 242 a.C.43 e poiché Sofrone, il quale a Efeso nel 246 a.C. si era ribellato ai Seleucidi per passare dalla parte dei Tolomei, doveva anch’egli aver partecipato, allora ne deriva che lo scontro di Andro debba essere avvenuto tra il 246 e il 241 a.C.; poiché inoltre la battaglia fu vinta da Gonata, la sua datazione dev’essere collegata con i festeggiamenti del 245 a.C. (Soteria e Paneia) voluti da quest’ultimo per ringraziare gli dei delle sue vittorie. Questo significa datare la battaglia tra il 246 e il 245 a.C.44 In questo caso, sarebbe allora evidente che

l’offensiva dei Tolomei in Siria era stata accompagnata da un’azione militare a largo spettro e che le città si consegnarono a causa della pressione esercitata nei luoghi limitrofi.45

Fin qui abbiamo visto semplicemente il punto di vista dei due autori. Lasciamo da parte l’ultima argomentazione di Lehmann che si basa sulla pubblicazione di un’epigrafe caria di Blümel46 del 1992, la quale naturalmente non compare nel testo di Buraselis del 1982. La analizzeremo solo dopo aver trattato più approfonditamente quanto già esposto.

Innanzitutto bisogna dire che le battaglie di Andro, Cos ed Efeso, scontri navali a seguito dei quali i Tolomei persero il loro dominio sul mare,47 non possono essere datate con nessuna certezza in quanto mancano le informazioni necessarie per poterlo fare.48

41 Buraseils (1982) pp. 140-141.

42 Papyri Graecae Haunienses Instituti Papyrologiae Graecae Universitatis Hauniensis cura Carsten Höeg

editae, I, Literarische Texte und Ptolemäische Urkunden, a cura di T. Larsen, Hauniae 1942.

43 L’azione militare è desunta dai due autori sempre dal fr. 1 del pap. Haun. 6, il cui testo è riportato a pp. 64-65.

L’idea di un’offensiva in Tracia renderebbe più verosimile il fatto che il personaggio del papiro fosse stato ucciso da Traci (come viene ricostruito sulla base del passo di Ateneo che vedremo più tardi). Per la congettura che permette questa conclusione v. n. 56 p. 64.

44 Buraselis (1982) pp. 144-145.

45 Anche se in realtà Andro, come abbiamo già detto, non si trova in un luogo vicino, in quanto isola delle

Cicladi più vicina alla Grecia che alla costa dell’Asia Minore.

46 Blümel (1992).

47 Momigliano (1950) p. 107.

48 Ad esempio la battaglia di Andro viene datata da Droysen (1953) [1843] pp. 262-263 al 243 a.C., al 246/5 da

(13)

Per quanto riguarda la nostra battaglia, ci sono due soli autori a testimoniarci l’esistenza di questo scontro, ed in entrambi i casi in passaggi non del tutto chiari e molto brevi:

1. Trog. Prol. 27:

«Ut Ptolomaeus Adaeum denuo captum interfecerit et Antigonus Andro proelio navali Oprona vicerit».

«Così Tolomeo, avendo nuovamente catturato Adeo, lo uccise e Antigono vinse Oprona (Sofrone?) nella battaglia navale di Andro».

2. Plut. Pel. 2: «Ἀντίγονος ὁ γέρων49 ὅτε ναυμαχεῖν περὶ Ἄνδρον ἔμελλεν, εἰπόντος τινὸς ὡς πολὺ πλείους αἱ τῶν πολεμίων νῆες εἶεν, ἐμὲ δ’αὐτὸν, ἔφη, πρὸς πόσας ἀντιστήσεις».

«Quando Antigono il vecchio si accingeva a combattere sul mare nei pressi di Andro, poiché uno gli aveva detto che le navi dei nemici erano molte di più, disse: “io stesso mi contrapporrò a tale quantità”»

Per quanto riguarda Trogo,50 è congettura di Müller51 quella di leggere Sophrona invece di

Oprona. Sofrone compare in un frammento di Filarco riportato da Ateneo come governatore

di Efeso e amante di una donna vicina alla regina Laodice, la quale lo salva da una congiura che la regina voleva fare ai suoi danni, pagando il gesto verso l’amato con la sua stessa morte52. Beloch,53 essendosi basato unicamente su supposizioni e cioè sul fatto che non abbiamo notizia di uno scontro navale tra Antigono e i Seleucidi (nell’arco di tempo in cui IV.I pp. 682-683 nel 227, mentre tra quelli che hanno preso visione del P. Haun. 6, Momigliano (1950) la data al 258 a.C., Will (1966) v. I p. 211 invece rimane scettico sulla possibilità di datare la battaglia.

49 In Plut. De se ipso 545 b e Apophth. regum 183 b viene detto lo stesso ma in relazione alla battaglia di Cos e

Antioco viene definito ὁ δεύτερος (ci si riferisce quindi a Gonata).

50 Sui problemi di cronologia di questo passo all’interno della narrazione di Trogo v. Momigliano (1950) p. 108. 51 Müller (1848) vol. I, p. 339 (fr. 23). La congettura è per lo più accettata dagli studiosi e, tra gli altri, da

Momigliano (1950) p. 108; contrario invece Crampa (1969) pp. 103-4, il quale rifiuta anche che la città, per volere di Sofrone, sia passata in mano ai Tolomei con la morte di Antioco II, Crampa (1969) p. 122.

52 Ath./Phylar. Fr. 23, FHG vol. I p. 339:

«Δανάην δὲ τὴν Λεοντίου τῆς Ἐπικουρείου θυγατέρα ἑταιριζομένην καὶ αὐτὴν Σώφρων εἶχεν ὁ ἐπὶ τῆς Ἐφέσου· δι᾽ ἣν αὐτὸς μὲν ἐσώθη ἐπιβουλευόμενος ὑπὸ Λαοδίκης, ἣ δὲ κατεκρημνίσθη, ὡς γράφει Φύλαρχος διὰ τῆς δωδεκάτης τάδε: ‘ἡ πάρεδρος τῆς Λαοδίκης Δανάη, πιστευομένη ὑπ᾽ αὐτῆς τὰ πάντα […] ».

«E Sofrone, quello di Efeso, aveva come amante Danae, figlia di Leontio l’Epicureo: grazie a lei venne salvato da Laodice che tendeva insidie, ma lei venne gettata giù da un precipizio, come scrive Filarco nel dodicesimo libro con queste parole: “La commensale di Laodice, Danae, che era ritenuta da questa degna di fede per tutte le cose […]”».

(14)

questo scontro potrebbe aver avuto luogo) e che Sofrone, se accettiamo la congettura, appare essere un ammiraglio degli egiziani nello scontro, credette che se ne potesse dedurre che questo governatore si era ribellato ai Seleucidi e ed era passato dalla parte dei Tolomei.

Di fatto, però, la fonte non ci dice né che l’ammiraglio era al servizio degli Egiziani, né che si chiamava Sofrone.54

La difficoltà d’interpretazione del testo di Plutarco sta nel fatto che si parla di un «Antigono il vecchio», cosa che non ci permette di capire se si tratti di Monoftalmo o di Gonata, mentre esclude automaticamente Dosone, morto all’età di 42 anni.

Dubbio è invece il riferimento alla battaglia di Andro nel fr. 1 del P. Haun. 6,55 del quale analizzeremo in particolare solo le prime 13 ll.

Riportiamo quanto resta del testo delle ll. 1-13, come pubblicate da Gallo:

Πτολεμαῖο]ς ἐπ]ίκλησιν Ἀνδρομάχου ___ ε Πτολεμαῖο(ς) οὗτο̣[ς 5 ἐπίκλησιν κ̣α̣ι[̣ Ἀνδρομά- κ(αὶ) δι . . . . σ̣ας ευρα̣[ χου αἱρεῖ Κ . . νον56 κ(αὶ) πολλο̣[ επ( )ει καὶ ναυμαχήσας ἀπ.[ περὶ ]σ̣τ̣ον Ἄνδρον. 54 Momigliano (1950) p. 108.

55 Il papiro consta di 13 frammenti, i quali hanno attirato l’attenzione della critica soprattutto per la loro unicità

come componimenti storico-letterari. Segre (1944) interpretò questi frammenti come sommarie biografie dei membri della famiglia tolemaica; a distinguere le varie sezioni sarebbero i titoli, spesso messi all’interno di un ovale; Momigliano (1950) p. 116 e Fraser, che scrive un’appendice in calce all’articolo di Momigliano, sono d’accordo nell’identificare «brief biographical sketches of members of the Ptolemaic dinasty» nei frammenti in questione. Inoltre, le varie biografie sono narrate in ordine cronologico, cosa che si può dedurre dallo stesso fr. 1. Le ll. 1-13, quelle di cui cioè tratteremo, sono seguite dal riferimento (l. 14) a una spedizione di Tolomeo III oltre l’Eufrate (245 a.C.), poi dalla l. 28 si tratta di un fratello di Tolomeo IV, Maga, assassinato nel 221. Questo significa che le narrazioni biografiche sono disposte in ordine cronologico.

56 La lettura «αἱρεῖ κ…λ̣ί̣ον κ(αὶ) πολλο[̣» di Larsen era già stata messa in dubbio da C. H. Roberts, come

riportato da Momigliano (1950) n. 1 p. 110, che ha proposto la lettura Κ[αῦ]νον, la quale tuttavia, secondo Buraselis (1982) p. 127, non può essere considerata paleograficamente migliore. Gli stessi Momigliano e Fraser lasciano in sospeso la proposta e Fraser in Momigliano (1950) p. 117 preferisce pensare a un vago «C…nus». Completamente diversa è la proposta di Buraselis (1982) p. 127, il quale legge -ινον e propone di conseguenza

Αἶνον, città sulla costa della Tracia, collegando dunque in questo modo le conquiste con la morte di Tolomeo per

mano dei Traci. Alla luce di questo anche Trog, Prol. 27 darebbe una conferma dell’offensiva in Tracia nominando Adaeum, famoso dinasta tracio.

(15)

10 ]. ων vac. cm 0.3

καταστασιασθεὶς ὑπὸ τῶν [Θραικῶν μισθοφόρων εν Ἐφέσωι κατεσφάγη, δ̣α̣[μάζειν οὐ δυνηθεὶς τὴν ἐπιβουλὴν συστησαμένην.̣

Tolomeo soprannominato di Andromaco.

Costui (…)

Prende Cauno (?) e (…) molti

e in un combattimento navale (…presso) Andro.

Sopraffatto da una ribellione dei (mercenari Traci),

fu assassinato in Efeso, (non essendo riuscito ad aver ragione) dell’insidia organizzata contro di lui.57

Innanzitutto bisogna notare che le ll. 11-12 sono state integrate grazie a un passo di Ateneo appena precedente a quello che abbiamo citato in relazione a Sofrone;58 in esso si parla di un

figlio di Tolomeo Filadelfo, anch’egli chiamato Tolomeo, che a Efeso sarebbe stato ucciso dai Traci. Di questo personaggio abbiamo notizia nei papiri e nelle fonti letterarie tra il 267/6 e il 259/58,59 periodo in cui fu coreggente insieme al fratello; dopo questa data, molto probabilmente a causa della sua defezione, non compare più nelle nostre fonti.

Il problema principale è capire se in questa prima parte del fr. 1, il cui titolo – se così vanno interpretati gli ovali all’inizio – è riferito a un certo Πτολεμαῖος ἐπίκλησιν Ἀνδρομάχου,60 si

tratti, pur con un nome diverso, sempre del fratello ribelle dell’Evergete morto a Efeso (di cui verosimilmente parlano le ll. 11-13) o piuttosto di due personaggi distinti.

57 Traduzione di Gallo (1975) p. 83. 58 Ath. XIII 593a-b:

« Πτολεμαῖος τε ὁ τὴν ἐν Ἐφέσῳ διέπων φρουρὰν υἱὸς ὢν τοῦ Φιλαδέλφου βασιλέως Εἰρήνην εἶχε τὴν ἑταίραν, ἥτις ὑπὸ Θρᾳκῶν ἐν Ἐφέσῳ ἐπιβουλευομένου τοῦ Πτολεμαίου καὶ καταφυγόντος εἰς τὸ τῆς Ἀρτέμιδος ἱερὸν συγκατέφυγεν· καὶ ἀποκτεινάντων αὐτὸν ἐκείνων ἡ Εἰρήνη ἐχομένη τῶν ῥόπτρων τῶν θυρῶν τοῦ ἱεροῦ ἐπέρραινεν τοῦ αἵματος τοῖς βωμοῖς, ἕως καὶ αὐτὴν κατέσφαξαν».

«E Tolomeo, il quale, figlio del re Filadelfo, aveva il comando della guarnigione a Efeso, aveva come amante Irene, la quale, poiché a Efeso veniva tesa un’insidia a Tolomeo dai Traci ed egli fuggiva verso il santuario di Artemide, fuggì insieme a lui; e quando quelli lo uccisero Irene, aggrappata ai martelli delle porte del tempio cosparse di sangue gli altari finché non uccisero anche lei».

59 Gallo (1975) p. 91. Egli risulta addirittura cancellato da un documento, il P. Revenue (B. P. Grenfell: Revenue

Laws of Ptolemy Philadelphus, Oxford 1896).

(16)

Una possibilità è quella di ritenere Πτολεμαῖος ἐπίκλησιν Ἀνδρομάχου e l’ucciso delle ll. 11-13 – che in base ad Ateneo possiamo considerare il figlio di Filadelfo – come la stessa persona. Tuttavia bisogna prima tener conto di un altro problema, ovvero quello dello scioglimento dell’abbreviazione Πτολεμαῖº ἐπίκλησιν Ἀνδρομάχου, poiché º può essere sciolto, sulla base dei criteri paleografici, sia in ος che in ου (il secondo però con minor ricorrenza).

Momigliano61 scioglie in Πτολεμαίου ἐπίκλησιν Ἀνδρομάχου ipotizzando un β]ιος a reggere il genitivo. Il questo modo ἐπίκλησιν Ἀνδρομάχου sarebbe un epiteto in riferimento alla sua partecipazione alla battaglia navale, «(vita di) Tolomeo, chiamato “colui che combatté ad Andro”». Questa interpretazione rende sicuramente più semplice l’identificazione dei due personaggi: se infatti fosse presente un nominativo Πτολεμαῖος seguito da ἐπίκλησιν

Ἀνδρομάχου «Tolomeo, detto (figlio) di Andromaco», sarebbe difficile sfuggire dall’evidenza

che Tolomeo, in quanto figlio di Andromaco, difficilmente potrà essere figlio di Tolomeo Filadelfo. D’altra parte tuttavia questa lettura ha il grande difetto di non tenere conto che alla l. 3 del fr. 3 del pap. Haun. 6 º è sicuramente da sciogliere con ος.62

Inoltre, all’interno del papiro è molto comune che una sezione inizi con il nominativo di un nome di persona e questa interpretazione comporterebbe una variante non necessaria.63

Secondo Momigliano si potrebbe trattare del fratello coreggente fino al 259 a.C. che si sarebbe ribellato insieme all’etolo Timarco.64 Egli stesso tuttavia sottolinea la difficoltà

dell’interpretazione del nome come epiteto: se si tratta di un epiteto ufficiale allora non poteva essere spregiativo e dunque, in tal caso, questo personaggio avrebbe dovuto combattere la battaglia accanto ad Antigono; se invece si tratta di un epiteto non ufficiale allora rimangono aperte entrambe le possibilità. Il nome infatti poteva essere usato sia con ironia, per sottolineare la sconfitta subita da questo, sia seriamente, per indicare la sua vittoria ottenuta accanto al nemico.

Molti altri sono gli autori che interpretano il passo, seppur con esiti diversi, come in riferimento a un unico personaggio: tra questi anche Gallo65 e Buraselis.66

Gallo fa in primo luogo leva sul fatto che non ci sia nessun elemento nel testo che possa far pensare a una divisione tra due personaggi e inoltre la parte biografica dedicata al secondo di

61 Momigliano (1950) pp. 109 e 112-113, sulla base di un suggerimento di Paul Maas. 62 Gallo (1975) p. 71.

63 Gallo (1975) p. 71.

64 Trog. Prol. 26: «Ut in Asia filius Ptolomaei regis socio Timarcho desciverit a patre». Quest’azione è da

collocare tra il 261 e il 246 a.C. secondo Huß (1998) p. 234.

65 Gallo (1975) pp. 86-92. 66 Buraselis (1982) pp. 128-140.

(17)

essi sarebbe limitata alla descrizione della morte. Dunque il Tolomeo figlio di Andromaco – Gallo ritiene più verosimile il testo Πτολεμαῖος ἐπίκλησιν Ἀνδρομάχου – potrebbe essere un figlio di un’amante di Tolomeo, moglie o ex moglie di un Andromaco.

Buraselis67 si spinge molto oltre nel tentativo di ricostruire una biografia esatta del personaggio. Secondo lo studioso, l’espressione «X ἐπίκλησιν – o. ä. Wort – des Y»68 ovvero

Πτολεμαῖος ἐπίκλησιν Ἀνδρομάχου, indicherebbe «dass X nur angeblich Sohn des Y,

tatsächlich aber Kind eines anderen ist»;69 questo tipo di espressione sarebbe stato abbastanza ricorrente per denominare i figli bastardi del re. Se infatti questo Tolomeo non facesse davvero parte della famiglia reale, non si spiegherebbe la sua presenza all’interno di una serie di frammenti che appaiono come biografie della casata.

Inoltre questo personaggio non solo sarebbe da riconoscere come il figlio di Tolomeo II morto a Efeso che compare alla fine del nostro frammento, ma anche come sacerdote eponimo di Alessandro e dei Theoi Adelphoi nell’anno 251/250 a.C.70

La prova che anche questo sacerdote era figlio del sovrano sarebbe insita nella carica stessa di cui era stato insignito.

Rifiuta invece di vedere un unico personaggio Fraser,71 il quale per altro nega che sia

presente nel testo un riferimento alla battaglia di Andro.72 Per Fraser non è sbagliato, ed anzi è molto verosimile, vedere nel primo personaggio il sacerdote a cui rimanda anche Buraselis; tuttavia, prendendo come punto di riferimento per la morte dell’altro personaggio una data molto più alta (258 a.C., ovvero vicina alla sua defezione e scomparsa dai documenti) e considerando l’ordine cronologico ovviamente interno a una biografia, non ritiene verosimile

67 Seppure la questione esuli in parte dai fini della nostra discussione, sentiamo qui la necessità di riportare un

errore trovato nel testo di Buraselis (1982) alle pp. 128-129 e p. 131. Lo studioso parte dal presupposto che la critica abbia sempre altalenato tra un Πτολεμαῖος ἐπίκλησιν Ἀνδρόμαχος e un Πτολεμαῖος ἐπίκλησιν Ἀνδρομάχου, scegliendo il più delle volte la prima alternativa. Di fatto crediamo che lo studioso abbia trasformato l’espressione con i due genitivi al nominativo per indicare il «soprannome»; tuttavia il ragionamento così condotto è assolutamente fuorviante perché sembra non tenere conto che in entrambe le ricorrenze il nome

Ἀνδρομάχου ricorre al genitivo, come si può chiaramente vedere dalle riproduzione fotografiche del papiro.

68Buraselis (1982) p. 129. 69Buraselis (1982) p. 130.

70 Il nome di Πτολεμαῖος Ἀνδρομάχου compare in numerosi papiri PCZ II 59 289, Zn. 2, 13 f.; P. Zen. Dem. 6b,

Z 2f. Vgl. PP III 5237.

71 In un’appendice all’articolo di Momigliano (1950) pp. 116-118. Sulla forte critica all’interpretazione di Freser

sia per la negazione della presenza della battaglia di Andro nel passo, sia per il riconoscimento all’interno del frammento di due diversi personaggi v. Gallo (1975) pp. 86-91.

72 Il nome vero e proprio infatti non può essere desunto dal frammento con certezza: come si può vedere dal testo

la parola è immediatamente preceduta da una lacuna, il che rende quantomeno incerto il riferimento allo scontro navale. È vero che si parla appena prima di un navarco, ma questo non basta per fornirci prove sufficienti. Per la congettura alternativa da lui fornita v. Momigliano (1950) p. 117.

(18)

che si possa trattare dello stesso personaggio. Il sacerdote Πτολεμαῖος Ἀνδρομάχου risulta infatti ancora in vita nel 250 a.C.73

Fin qui possiamo dire che le prove a favore della tesi di Buraselis sono piuttosto scarne:

- Tolomeo figlio di Andromaco o vincitore ad Andro è un personaggio la cui biografia rimane controversa e la cui identificazione con altri personaggi, ed in particolare con il figlio di Tolomeo Filadelfo, non è sicura e riconosciuta da tutti.

- Il nome Sofrone non compare effettivamente nel passo di Trogo, dove per altro non si fa nemmeno riferimento al fatto che fosse al servizio degli egiziani.

- Di conseguenza il rapporto tra Andromaco e Sofrone, le cui azioni si inserirebbero perfettamente nel quadro nella III guerra siriaca, non può essere portato come prova a favore del fatto di una determinata datazione della battaglia di Andro.

Quello che rimane da analizzare, mettendo da parte la battaglia di Andro, che a nostro avviso non può fornire a questo punto nessun dato risolutivo, è se ci siano altre fonti di un’azione militare di Tolomeo precedenti o contemporanee alla III guerra siriaca.

In questo senso è importante prendere in considerazione i resti, seppur molto frammentari, di un’iscrizione della piccola città caria di Kildara,74 a sud-ovest di Milasa.

3.2.2 Il rapporto tra il papiro e l’iscrizione di Kildara

L’iscrizione caria di Kildara venne trovata nell’agosto del 1992, grazie alla segnalazione degli abitanti della città. Le pietre contenenti l’iscrizione erano infatti state inglobate nella costruzione di un muro di una casa privata.

L’iscrizione è divisa in quattro frammenti (A-D) di cui B e C divisi in due colonne. La colonna sinistra sia in B che in C si collega ad A. Poiché sia la colonna destra di C e tutto il frammento D sono molto lacunosi e poco comprensibili, abbiamo deciso di riportare qui solo il fr. A, frammento oltretutto maggiormente significativo per quanto riguarda la nostra ricerca.

73 In PCZ II 59 289. 74 Blümel (1992).

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[W. Blümel, EA 20 (1992), pp. 127-133] Τληπόλεμος Κιλλαρέων | τ̣ῶι δήμωι χαίρειν· παραγενόμενοι πρὸς ἡμᾶς οἱ περὶ Ἰατροκλῆ|ν καὶ Οὐλιάδην καὶ Πίνδαρον καὶ Ἰσχυ- ρίαν πρεσβευταὶ τό τ|[ε ψήφισμα τοῦ δήμου καὶ τὰ] ξ̣ένια ἀπέδ̣ω̣κ̣[αν] καὶ αὐτοὶ διελ̣έχθησ|[αν καθὼς ἐν τῶι ψηφί]σ̣[ματι γέγραπται]· ἡμεῖς δὲ παρηκολουθη|[κότ]ε̣ς εὐνόως προσεληλυθόσι πρὸς τὰ τοῦ βασιλέως Πτολ̣|[ε]μαίου πράγ̣ματα καὶ τῆς ἀδελφῆς αὐτοῦ βασιλίσσης Βερ|[ε]νίκης καὶ βασιλέως Ἀντιόχου τοῦ ἐγ βα̣σιλέως Ἀντ|[ιό]χου καὶ βασιλίσσης Βερενίκης τοῖς τε πρεσβευταῖς ἐνετύ[χο|μ]εν φιλανθ̣ρώπως· καὶ ὅσαπερ ἠξιοῦ- [τε ]

Tleptolemo saluta il popolo di Killara; una volta giunti presso di noi gli ambasciatori Iatrocle, Uliade e Pinado e Iscuria,

consegnarono sia [il decreto del popolo sia i] doni ospitali

e loro stessi spiegarono [in base a ciò che era scritto nel decreto].

Noi poi, dopo aver capito che loro, ben disposti, si erano schierati dalla parte del governo del re Tolomeo e di sua sorella,

la regina Berenice, e del re Antioco,

figlio del re Antioco e della regina Berenice,

ci siamo rivolti amichevolmente agli ambasciatori: e come avete ritenuto giusto […]

Nel frammento C si parla di sacrifici in onore del re Tolomeo e di sua sorella, la regina Berenice,75 mentre il frammento D sembra regolare i rapporti tra egiziani e cittadini di Kildara e contiene un ulteriore invito a fare sacrifici per il re e la regina.

Dal fr. A in particolare, possiamo capire che ci troviamo davanti al testo di una lettera di un cancelliere tolemaico, Tlepolemo,76 alla città caria di Kildara. La lettera rappresenta la risposta alla richiesta di alleanza ricevuta dai quattro ambasciatori della città citati nel

75 Poiché il titolo della regina è in realtà frutto di congettura, Blümel (1992) p. 129 suggerisce che si possa qui

far riferimento non per forza alla sorella quanto alla moglie Berenice.

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frammento A. La sezione della lettera in cui viene esplicitato il cambio di orientamento politico è: «εὐνόως προσεληλυθόσι πρὸς τὰ τοῦ βασιλέως Πτολ̣|[ε]μαίου πράγ̣ματα». Blümel traduce «[…] dass sie in guter Absicht zu der Partei des König Ptolemaios[…] übertreten sind»,77 sottolineando ancora più chiaramente il cambio di fronte con il termine «partito», mentre Gauthier preferisce tradurre «προσιέναι πρὸς τὰ τοῦ βασιλέως πράγματα» con «embrasser les intérêts du roi Ptolémée».78

Secondo Blümel nella lettera si rendono esplicite le condizioni alle quali la città deve sottostare (ovvero i diritti e i doveri) per passare dalla parte dei Tolomei. Poiché viene citato il figlio di Antioco II e di Berenice, Antioco, di cui come abbiamo visto veniamo a sapere il nome qui per la prima volta, l’iscrizione deve risalire al periodo successivo (o di poco precedente) alla morte di Antioco II. Nel testo a noi rimasto non vengono addotte le motivazioni per il cambio di fronte, ma è possibile che esso fosse collegato alla situazione politica siriana. Dunque, il partito che si suppone gli abitanti di Kildara abbiano lasciato dev’essere quello dei Seleucidi o, più specificamente, quello di Laodice (nel caso la fonte faccia riferimento al periodo successivo alla morte del re Antioco II).

Se la maggior parte degli studiosi79 accoglie la visione dei fatti di Blümel, Gauthier80 non è

pienamente persuaso. Lo studioso infatti dubita che la città non fosse già nelle mai egiziane prima di questi eventi e legge in questa lettera la sola ulteriore conferma di questa alleanza, rinnovata di anno in anno.81

Nel caso in cui invece si accolga l’ipotesi di Blümel, questo documento apre, di fatto, la possibilità dell’esistenza di un fronte militare sulla costa dell’Asia Minore di cui prima non si sapeva nulla e che non è menzionato all’interno del già trattato monumento di Aduli.82

In questo caso viene fornito un parallelo interessante rispetto a quello che è successo negli stessi anni nelle città di Antiochia e Seleucia, il quale ci suggerisce quantomeno l’esistenza di una pressione militare precedente alla spedizione in Asia, la cui preparazione sarebbe stata dunque maggiore di quanto è stato ritenuto in passato dagli studiosi.

A supportare la tesi di una presenza dei Tolomei in Caria nel periodo contemporaneo allo scoppio della terza guerra siriaca potrebbe essere, secondo Kobes, anche un’altra iscrizioni

77 Blümel (1992) p. 129. 78 Gauthier (1994) p. 572.

79 Kobes (1995); Pleket, W. H./Stroud, R.S./Strubbe J.H.M. (1995); Lehmann (1998) pp. 96-101. 80 Gauthier (1994) p. 572

81 La sua ipotesi non fa leva su nessuna fonte proprio perché le informazioni che abbiamo sulla Caria del III

secolo e la sua dominazione egiziana sono molto scarse.

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caria, trovata a Mylasa. Si tratta di un’iscrizione pubblicata da Crampa83 nel 1969, nella quale uno stratega seleucide di Caria, Olimpico, conferma alla città la concessione di alcune libertà, dopo che essa è ritornata ad essere dei Seleucidi, ILabr.3, ll. 3-8:

[…]ἐπέδειξαν δὲ ἠμεῖν οἱ πρε<σ>βευταὶ καὶ χρημετισ- [μο]ὺς ἄλλους τε καὶ τὰ παρὰ Σώφρονος γραφέντα πρὸ[ς] [ὑμ]ᾶς καὶ Πτολεμ[α]ιου τοῦ ἀδελφοῦ βασιλέως Πτολε- [μ]αίου, ὁμοίως δὲ καὶ τὰ μετὰ ταῦτα οἰκονομηθέντα ὑφ’ἡ- [μ]ῶν, κα[θ’]ὃν κ[αιρ]ὸ[ν] ἔγραψεν ἡμῖν ὁ βασιλεὺς Σέλευκος [ἐ]λευ[θ]ε[ρῶσ]αι ὑμῶν τὴν πόλιν, […]

[…] gli ambasciatori ci mostrarono sia gli altri decreti sia i documenti di Sofrone per

voi sia quelli di Tolomeo fratello del re

Tolomeo, e ugualmente, dopo queste cose, le cose amministrate da noi, secondo ciò che è giusto il re Seleuco di scrisse

di rendere libera la vostra città, […]

Vediamo che anche qui ritornano i personaggi di Sofrone e di Tolomeo, fratello del re Tolomeo, di cui abbiamo già parlato. Vale qui la pena ripetere che l’editore, ovvero Crampa, crede che sia Sofrone che Tolomeo fossero funzionari seleucidi mai passati al servizio di Tolomeo, cosa che invece Kobes non crede.84

Partendo dai dati che abbiamo già considerato su entrambi i personaggi, e specificatamente riguardo a Sofrone e al suo cambio di fronte, Kobes suggerisce che in questa epigrafe si tratti di un passaggio della città in mano seleucide successivo allo scoppio della guerra e al cambio di fronte di Sofrone (246 a.C.) e precedente alla pace del 241. Sofrone sarebbe in quest’epigrafe ancora un funzionario seleucide; in seguito la città sarebbe stata sotto Tolomeo, fratello di Tolomeo III (passando quindi in mano egiziana) ed infine, prima della fine della guerra, essa sarebbe tornata dei Seleucidi. Secondo Kobes,85 in particolare, già dalla metà del 245, con la ritirata verso l’Egitto di Tolomeo III, un mantenimento dei possedimenti in Caria non sarebbe più stato possibile e Mylasa sarebbe proprio a questo punto tornata nelle mani dei

83 Crampa (1969), ILabr. 3. 84 Kobes (1995) pp. 3-4 85 Kobes (1995) p. 6.

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Seleucidi. Non sappiamo invece cosa successe a Kildara, ma lo storico suggerisce che, a causa dell’estrema vicinanza tra le due città, i cambi di reggenza dell’una e dell’altra dovessero andare di pari passo.

Anche questo parallelo con un’altra città ci fornisce un dato in più a favore della presenza di un fronte militare aperto in Asia Minore, altrimenti fino ad ora non noto. Kobes ribadisce che Kildara, come Mylasa, non sarebbe mai passata in mano tolemaica se non a causa di una forte pressione militare, in base alla quale dobbiamo credere che ci fossero delle truppe di Tolomeo III in Caria.86

Per quanto l’ipotesi ci paia convincente, bisogna tener conto che le evidenze su cui si basano queste argomentazioni, come tutte quelle viste sulla battaglia di Andro, sono molto scarse e che, in mancanza di nuove conferme, non ci possono fornire altro che tenui indizi. Tutti questi tuttavia, una volta uniti a formare un quadro completo, sembrano avvalorare l’ipotesi di un cambio di fronte di Seleucia ed Antiochia dovuto a una pressione militare tolemaica crescente.

3.3 Stratonice, Antioco Ierace e Tolomeo III

La descrizione dell’episodio del subbuglio ad Antiochia riportato da Flavio Giuseppe nel testo

In difesa degli Ebrei (I, 205-207) rientra all’interno di un filone storico-aneddotico ragion per

cui non è possibile ricostruire un quadro storico.

L’accaduto così narrato, infatti, appare più come un capriccio di una donna rifiutata che un’azione mirata a colpire Seleuco II e a favorire Antioco Ierace.

Come abbiamo visto, il primo studioso a ipotizzare che il ruolo di Stratonice fosse marginale e subordinato alla volontà di Ierace fu Droysen.87

Poiché non esiste nessun’altra fonte in grado di aiutarci nella ricostruzione degli avvenimenti svoltisi ad Antiochia attorno al 235 a.C., l’unico mezzo a nostra disposizione per considerare la validità dell’ipotesi di Droysen è quello di analizzare le fonti inerenti alla Guerra Fraterna, quella che cioè coinvolse Seleuco II e Antioco Ierace.

86 Kobes (1995) p. 5.

(23)

La tradizione storica è rappresentata dall’Epitome di Pompeo Trogo di Giustino (a cui va confrontato il Prol. 27 di Trogo) e dal Chronicon di Porfirio/Eusebio.

Giustino, nel libro XXVII ai capitoli 1-3, affronta la guerra di Laodice e tutta la Guerra Fraterna88: dopo la conquista da parte di Tolomeo di numerose città della Siria e dell’Asia, il re era dovuto rientrare in patria a causa di una sedizione domestica (XXVII, 1); Seleuco, che aveva recuperato le simpatie delle città conquistate da Tolomeo a causa della sua sfortuna (la sua flotta aveva subito un pesante naufragio), aveva deciso allora di attaccare le truppe egiziane, riportando una pesante sconfitta che lo aveva costretto a rifugiarsi ad Antiochia (XXVII, 2, 1-6). Per far fronte alla difficile situazione, Seleuco aveva allora chiesto aiuto al fratello Antioco Ierace, promettendogli in cambio l’Asia al di qua del monte Tauro ed egli aveva accettato volentieri, vista la sua bramosia di regnare, nonostante i suoi quattordici anni (XXVII, 2, 7-9). Accortosi del patto fra i fratelli, Tolomeo concluse una pace di dieci anni con Seleuco. La pace venne però rifiutata da Antioco che, con un esercito mercenario di Galli, mosse guerra al fratello. Questi stessi Galli si rivoltarono poi contro di lui ed egli riuscì a giungere a un accordo con loro solo grazie al denaro (XXVII, 2, 10-12).

Approfittando del momento di tensione, Attalo di Pergamo89 iniziò a impossessarsi dell’Asia,

sconfiggendo ripetutamente Antioco Ierace che decise di fuggire da suo suocero Ariamene, re di Cappadocia. Scoperto che lì gli si tramavano contro insidie, fuggì di nuovo ed andò a

88 Iust. XXVII, 2, 1-12: «[II] Post discessum Ptolomei Seleucus cum adversus civitates quae defecerant ingentem

classem conparasset, repente velut diis ipsis parricidium vindicantibus orta tempestate classem naufragio amittit; [2] nec quicquam illi ex tanto adparatu praeter nudum corpus et spiritum et paucos naufragii comites residuos fortuna fecit. [3] Misera quidem res, sed optanda Seleuco fuit; siquidem civitates, quae odio eius ad Ptolomeum transierant, velut diis arbitris satisfactum sibi esset, repentina animorum mutatione in naufragi misericordiam versae imperio se eius restituunt. [4] Laetus igitur malis suis et damuis ditior redditus veluti par viribus bellum Ptolomeo infert, [5] sed quasi ad ludibrium tantum Fortunae natus esset nec propter aliud opes regni recepisset, quam ut amitteret, victus proelio non multo quam post naufragium comitatior trepidus Antiochiam confugit. [6] Inde ad Antiochum fratrem litteras facit, quibus auxilium eius inplorat oblata ei Asia intra finem Tauri montis in praemium latae opis. [7] Antiochus autem cum esset annos XIV natus, supra aetatem regni avidus occasionem non tam pio animo quam offerebatur adripuit, sed latronis more fratri totum eripere cupiens puer sceleratam virilemque sumit audaciam. [8] Unde Hierax est cognominatus, quia non hominis, sed accipitris ritu in alienis eripiendis vitam sectaretur. [9] Interea Ptolomeus cum Antiochum in auxilium Seleuco venire cognovisset, ne cum duobus uno tempore dimicaret, in annos X cum Seleuco pacem facit; [10] sed pax ab hoste data interpellatur a fratre, qui conducto Gallorum mercennario exercitu pro auxilio bellum, pro fratre hostem imploratus exhibuit.[11] In eo proelio virtute Gallorum victor quidem Antiochus fuit, sed Galli arbitrantes Seleucum in proelio cecidisse in ipsum Antiochum arma vertere, liberius Depopulaturi Asiam si omnem stirpem regiam extinxissent. [12] Quod ubi sensit Antiochus, velut a praedonibus auro se redemit societatemque cum mercennariis suis iunxit.

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rifugiarsi dal nemico Tolomeo. Essendosi reso conto che il re lo trattava più come un nemico che come un ospite, sfuggito alla vigilanza, venne poi ucciso da briganti (XXVII, 3).90

Il Prol. 27 di Trogo, che abbiamo già citato in parte in precedenza, in relazione alla battaglia di Andro, ci dice:

Septimo et vicesimo volumine continentur haec. Seleuci bellum in Syria adversus Ptolemaeum: item in Asia adversus fratrem suum Antiochum Hieracem, quo Bello Ancurae victus est a Gallis; utque Galli Pergamo victi ab Attalo Ziaelam Bithunum occiderint. […]91 Et a Callinico fusus in Mesopotamia Antiochus insidiantem sibi

effugerit Ariamenen, dein postea custodes Tryphonis: quo a Gallis occiso Seleucus quoque frater eius decesserit, maioremque filium eius Apaturios occiderit.

Nel ventisettesimo libro vengono trattare queste cose. La guerra di Seleuco in Siria contro Tolomeo: poi (quella) in Asia contro suo fratello Antioco Ierace, nella quale fu vinto dai Galli ad Ancira. E i Galli, vinti da Attalo di Pergamo, uccisero il bitinio Ziaela. […] E Antioco, sbaragliato da Callinico (Seleuco II) in Mesopotamia, fuggì da Ariamene che gli tendeva insidie, poi dalle guardie di Trifone: dopo che egli fu ucciso dai Galli, anche suo fratello Seleuco morì, e Apaturio uccise il suo figlio maggiore.

Le ulteriori informazioni utili alla nostra analisi che possiamo trarre dal prologo sono che una battaglia decisiva si combatté ad Ancira e che i mercenari Galati aiutarono Antioco a sconfiggere il fratello.

Da Porfirio,92 invece, veniamo a conoscenza di informazioni importanti riguardo alla politica di alleanze di Ierace: in primo luogo trovò sostegno in Alessandro, fratello della

90 Iust. XXVII, 3, 6-11: «[6] Vincto Antiocho cum Eumenes (in realtà Attalo) maiorem partem Asiae occupasset,

ne tunc quidem fratres perdito praemio, propter quod bellum gerebant, concordare potuerunt, sed omisso externo hoste in mutuum exitium bellum reparant. [7] In eo Antiochus denuo victus multorum dierum fuga fatigatus tandem ad socerum suum Ariamenem, regem Cappadociae, pervehitur. [8] A quo cum benigne primum exceptus esset, interiectis diebus cognito quod insidiae sibi pararentur, salutem fuga quaesivit.[9] Igitur cum profugo nusquam tutus locu esset, ad Ptolomeum hostem, cuius fidem tutiorem quam fratris existimabat, decurrit, memor vel quae facturus fratri essent vel quae meruisset a fratre. [10] Sed Ptolomeus non tam amicus dediti quam hostis fratris, adservari eum artissima custodia iubet. [11] Hinc, quoque Antiochus opera cuiusdam meretricis adiutus, quam familiarius noverat, deceptis custodibus elabitur fugiensque a latronibus interficitur».

91 Ho omesso il passo già trattato durante l’analisi del pap. di Gurob, v. p. 63.

92 FGrHist 260 F 32, 8-9. Di Porfirio riportiamo qui la traduzione in tedesco di Jacoby dall’originale armeno:

«Und nach dessen Tode folgt auf ihn sein Sohn Seleukos, dessen Beiname geheißen ward Keraunos. dieses aber <vollzog sich> folgendermaßen. Nachdem es sich begeben hatte zu Lebzeiten eben des Kal<l>inikos Seleukos, daß Antiochos der jüngere Bruder desselben sich friedlich zu verhalten und lediglich seine Sachen zu versehen nicht gewill<t> war – er hatte nämlich Bundesgenossenschaft und Unterstützung von Alexandros, der die Stadt der Sardier inne hatte, der auch der Bruder war von seiner Mutter Laodik; und hatte auch die Galater zu

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