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Alessandria di Egitto

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Academic year: 2021

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(1)

Alessandria di Egitto

Fondata nel 331 a.C da

Alessandro Magno diviene un importante centro culturale.

È capitale dell’ Egitto durante il regno dei Tolomei (la dinastia di origine macedone che governa l’Egitto ellenistico dal 303 a.C fino alla conquista romana del 30

a.C.) .

La dinastia prende il nome del

capostipite (Tolomeo Sotere Eordia

o Eordaia 367/366 - 282 a.C.) che si

autoproclama re.

(2)

In effetti in questa dinastia tutti i re si chiamano Tolomeo e le regine che

spesso sono sorelle del re si chiamano Cleopatra.

L’ultima regina della dinastia è Cleopatra VII meglio nota come Cleopatra.

A Tolomeo I si deve l’inizio dei lavori della costruzione del faro di Alessandria (una delle 7 meraviglie del mondo antico).

Il faro fu progettato dall’architetto greco Sostrato di Cnido secondo

Plinio il Vecchio, mentre per Strabone Sostrato fu il finanziatore….[il ben noto problema delle fonti, ndA]. I lavori furono ultimati dal figlio e

successore Tolomeo II.

Il faro di Alessandria, alto circa 134 metri, e visibile secondo Giuseppe Flavio (storico romano di origine ebraica nato a Gerusalemme nel 37 e morto a

Roma nel 100 ca) da 48 km di distanza rimase per molti secoli l’edificio più alto mai realizzato dall’uomo. Il suo efficiente sistema di specchi di bronzo

ideato per riflettere la luce lo rendeva visibile in pieno giorno, mentre di notte

la luce era prodotta da un fuoco che veniva acceso in una fornace localizzata

sulla cima della torre.

(3)

Il faro funzionò per circa 16 secoli e fu danneggiato e distrutto dai terremoti del 1303 e 1323.

Contestualmente all’ avvio dei lavori del faro (290 a.C.) Tolomeo I diede inizio alla costruzione del Museo e della Biblioteca ad essa annesso.

Il Museo era dedicato alle Muse (divinità protettrici delle Arti e delle Scienze).

[ Modernamente si definisce museo (ignorandone l’etimologia) un luogo ove sono raccolte collezioni d’arte, reperti archeologici ma più in generale oggetti che hanno una matrice comune (museo della scienza, museo della Grande Guerra, museo della civiltà contadina ecc.) ndA]

La biblioteca ultimata da Tolomeo II riuscì a raggiungere molto presto mezzo milione di libri e rotoli.

Tolomeo II aveva promulgato un editto (detto fondo delle Navi) in virtù del quale tutte le navi che giungevano ad Alessandria ed avevano a bordo dei libri (di qualsiasi genere) dovevano lasciarli ricevendo in cambio (non

sempre!) delle copie. Le persone addette alla copiatura dei libri erano anche mandate in giro per “il mondo” a recuperare libri. Potevano

acquistarli oppure copiarli e poi li portavano alla biblioteca.

(4)

La biblioteca era il luogo in cui era custodito tutto il sapere dell’epoca, mentre Il Museo era un luogo di incontro fra dotti e di insegnamento.

Alessandria divenne così il centro letterario, matematico e scientifico dell'antico mondo occidentale e mediorientale, ruolo che precedentemente era stato di Atene.

Tolomeo II commissionò anche la prima traduzione della Bibbia (Antico

Testamento) dall’ebraico al greco in modo che la biblioteca potesse ospitare anche questo testo importante (è la Bibbia dei 70, tradotta da 72 saggi ebrei, 6 per ogni tribù di Israele [...controverso il fatto che le cose siano andate

realmente in questo modo…] tuttora utilizzata dalla Chiese ortodosse orientali :Siria, Armenia, Egitto, Etiopia Eritrea).

La biblioteca di Alessandria ha subito diversi danneggiamenti nel corso dei secoli ed è stata definitivamente distrutta, ma la sua fine è ancora avvolta nel mistero.

Nel 48 a.C. in concomitanza con la spedizione di Giulio Cesare in Egitto un incendio distrusse parte dei libri.

L’episodio è controverso: chi non ne fa cenno (Cesare, Cicerone,Strabone+

altri 7), chi riferisce dell’incendio fornendo stime diverse in relazione alla distruzione dei libri (Seneca + altri 4) chi (Plutarco) accusa Cesare

dell’incendio.

(5)

Nel 271 d.C. il conflitto fra l’imperatore Aureliano e la regina Zenobia di

Palmira (che dopo aver proclamato l’indipendenza da Roma ed esteso il proprio dominio su una regione molto vasta aveva iniziato a mostrarsi in pubblico avvolta Comunque siano andate le cose la biblioteca non fu totalmente distrutta

perché esistono testimonianze della sua esistenza successive a quella data.

in un manto purpureo, a farsi chiamare Imperatrix

Romanorum, a battere monete con la propria effigie e quella del figlio, escludendo Aureliano) portò ad uno scontro violento ad Alessandria e alla possibile distruzione della biblioteca.

A destra, particolare della statua” Zenobia in catene”

realizzata nel 1862 da Harriet Hosmer, la prima scultrice statunitense professionista

(6)

Nel 392 d.C. l’editto di Teodosio sancì:

- l’interdizione dell'accesso ai templi pagani;

- la proibizione di qualsiasi forma di culto, compresa l'adorazione delle statue;

- l’inasprimento delle pene amministrative per i cristiani che si fossero convertiti nuovamente al paganesimo.

Teodosio è stato l’ultimo imperatore dell’impero unito. Alla sua morte (395 d.C.) i figli divisero l’impero: Arcadio prese quello di Oriente e Onorio quello di Occidente. Nel 380 aveva stabilito (con un editto) che l’unica religione dell’Impero doveva essere quella cristiana.

(7)

Nel 391 d.C. ad Alessandria scoppiarono dei disordini fra cristiani e pagani che portarono alla distruzione del Serapeo (il tempio dedicato al culto della divinità greco egiziana Serapide fatto costruire da Tolomeo I). Le versioni degli storici sui motivi che scatenarono i disordini sono discordanti. Secondo alcuni sarebbe stata l’autorizzazione che il patriarca di Alessandria (Teofilo) avrebbe ottenuti dall’

imperatore Teodosio di trasformare un tempio dedicato a Dioniso in una chiesa.

I pagani si sarebbero ribellati e poi rifugiati nel Serapeo che sarebbe stato distrutto dai cristiani.

Nel Serapeo erano custoditi i libri che la biblioteca di Alessandria non poteva conservare per motivi di spazio).

Nel 641 i musulmani invasero Alessandria distruggendo quello che restava della biblioteca.

Ricostruzione “fantasiosa” del Serapeo (la montagna a destra?)

Scavi archeologici al Serapeo

(8)

Pochi anni dopo, nel 415, ad Alessandria sarà brutalmente uccisa Ipazia, figlia di Teone matematico e filosofo noto per aver salvato dall’oblio gli

elementi di Euclide di cui redasse un’edizione commentata che fu utilizzata fino alla fine dell’Ottocento.

Teone, che commentò anche l’Almagesto di Tolomeo era il rettore del Museo di

Alessandria, aveva educato la figlia allo studio di astronomia, matematica e

geometria. Ella superò presto il padre scrivendo opere di cui ci sono perventuti solo i titoli: Commentario alla Aritmetica di Diofanto, Commentario al Canone

astronomico e Commentario alle sezioni coniche d’Apollonio Pergeo.

Ippazia viene letteralmente fatta a pezzi da un gruppo di fanatici cristiani che

rimarranno impuniti e 100 anni dopo (nel 519) l’imperatore Giustiniano chiuderà definitivamente la scuola di Alessandria.

Ipazia, unica donna rappresentata nell’affresco di Raffaello

(9)

Eratostene (Cirene 276 a.C., Alessandria 194 a.C. ca) fu il terzo direttore della biblioteca di Alessandria.

Una delle sue opere più importanti fu il Platonicus, un trattato sulla matematica che stava alla base della filosofia di Platone.

Il Platonicus è andato perso ma viene citato e utilizzato da Teone di Smirne (70-135 d.C. ca) nella sua opera Expositio rerum

mathematicarum ad legendum Platonem utilium che ci è pervenuta per

intero.

(10)

Teone di Smirne era un filosofo greco che subì l’influenza delle idee

pitagoriche. Nell’opera sopracitata oltre ad illustrare la teoria dei numeri descrive il legame tra numeri e musica e la

“musica delle sfere” che si ottiene assegnando particolari toni a ciascun pianeta, rifacendosi spesso al

Platonicus che afferma contenesse, oltre al e definizioni di base di aritmetica e geometria, anche le relazioni fra la matematica e la musica.

Tornando ad Eratostene, questi lavorò anche sui numeri primi escogitando

quello che è noto come il crivello di Eratostene: un procedimento per il calcolo

dei numeri primi fino ad un numero prefissato N che viene ancora utilizzato da

molti algoritmi informatici.

(11)

Il termine geografia (descrizione della Terra) fu coniato da Eratostene che realizzò diverse mappe fra cui una comprendente il mondo (allora conosciuto).

Come Eratostene avrebbe ottenuto i numeri primi fino a 50. Il procedimento lo spiego a voce...

Ricostruzione della mappa del mondo di Eratostene

(12)

Strabone riferisce che Eratostene si era occupato anche delle maree e le aveva correlate al ciclo lunare. Inoltre aveva

osservato la presenza di fossili marini in luoghi lontani dal mare e aveva ipotizzato i movimenti delle linee di costa.

Nel 1956 l’opera i Catasterismi (il processo attraverso cui un eroe o una divinità viene trasformato in un astro o costellazione)

contenente i miti relativi a 42 costellazioni (e le loro descrizioni) è stata attribuita dallo studioso

francese Jean Martin ad Eratostene.

Hyginus è uno scrittore romano del I secolo d.C. il suo de Astronomia si basa sui Catasterismi di Eratostene

(13)

Eratostene ha scritto anche un poema ispirato all’ Astronomia l’ Hermes ma la ragione per cui è ricordato è la misura delle dimensioni del nostro pianeta.

A Siene (odierna Assuan) i raggi del sole

incidono perpendicolarmente a mezzogiorno in un particolare giorno dell’anno (quale e

perché ?)

La distanza fra Siene e Alessandria era di 5000 stadi. L’inclinazione dei raggi solari rispetto alla verticale ad Alessandria era pari a 7.2° ovvero 1/50 dell’angolo giro pertanto la circonferenza terrestre risultava pari 5000 * 50= 250 000 stadi assumendo che 1 stadio fosse equivalente a

157.5 m si ottiene un valore di 39375 km (sorprendentemente vicino al

valore vero 40 009 km.)

(14)

Eratostene ha ideato la sfera armillare

uno strumento formato da anelli (armille disposti in modo da rappresentare le principali orbite compiute dal moto apparente del Sole e degli astri intorno alla terra. La sfera armillare era geocentrica e fu usata per molto tempo sia come strumento didattico sia per studiare (comprendere) il moto degli astri

Riproduzione di una sfera armillare su un testo del 1700

(15)

Sfera armillare copernicana (il Sole è al centro), del 1726, donata dal

cardinale Antonio Davia all’Istituto delle Scienze di Bologna, visibile al

Museo della Specola (Bologna).

(16)

Misurando la diversa altezza del Sole ai 2 solstizi Eratostene ottenne un valore dell’obliquità dell’eclittica (23° 51’) molto vicino a quello reale (23° 27’)

Apollonio Pergeo nacque nel 262 a.C circa a Perge capitale della Panfilia (da non confondersi con la città di Pergamo,ove peraltro Apollonio trascorse un periodo della propria vita). Perge era dotata di una Accademia e di una biblioteca (seconda in ordine di importanza a

quella di Alessandria).

(17)

Quasi tutte le altre opere di Apollonio (Tangenze, Inclinazioni, Luoghi piani, ecc) sono andate perdute rimane soltanto la traduzione in arabo di Sezione di un

rapporto.

Scrisse Le Coniche, un’opera in 8 libri di cui ne sono rimasti 4 scritti nella lingua originale (greco) e 7 nella traduzione araba.

Ad Apollonio dobbiamo i nomi di ellisse, parabola e iperbole.

Apollonio visse ad Alessandria durante i regni di Tolomeo III e Tolomeo IV.

(18)

Il pianeta si muove di moto circolare uniforme lungo un piccolo cerchio (epiciclo) il cui centro ruota attorno alla Terra su un cerchio di diametro maggiore

(deferente). Scegliendo valori opportuni per le dimensioni dei 2 cerchi e le velocità di rotazione si riproducono (anche se non esattamente) i moti

retrogradi con un sistema molto meno complicato di quello di Eudosso.

Per giustificare invece le variazioni di velocità del Sole che pare essere più lento in prossimità

dell’apogeo e più veloce in prossimità del perigeo (il nostro inverno) Apollonio assunse per la Terra una posizione diversa da quella centrale (cerchio eccentrico).

Claudio Tolomeo nell’Almagesto ad attribuisce ad Apollonio l’ideazione del

modello a deferenti ed epicicli per spiegare il moto retrogrado dei pianeti.

(19)

Ipparco (Nicea 200, Rodi 120 a.C.) noto come Ipparco di Nicea (o anche Ipparco di Rodi)

Nicea è nota per essere stata sede, molti anni dopo (325 d.C.), del primo concilio ecumenico che sancirà la natura divina di Cristo, considererà eretica la posizione di Ario (monaco e teologo in Alessandria) e stabilirà la data della Pasqua cristiana (prima domenica dopo il plenilunio di primavera), slegandola definitivamente dalla Pasqua ebraica

.

Si suppone che Ipparco abbia compiuto

le sue osservazioni a Rodi e che abbia

ottenuto delle informazioni da altri

studiosi che vivevano ad Alessandria e

dagli astronomi babilonesi.

(20)

È ancora una volta Tolomeo a riferirci degli studi e delle scoperte di Ipparco

poiché anche di lui non è rimasto nulla, solo un commentario sul poema didascalico Phaenomena (di Arato di Soli, Soli 315- Pella 240 a.C. circa) che si è conservato e in cui viene messo in versi il lavoro di Eudosso [interessante n.d.A.!]

Mersin in Turchia (l’antica Soli).

Ma Arato potrebbe essere nato nella vicina Tarso.

(21)

Arato descrive in versi anche le costellazioni della zona settentrionale e

meridionale, il loro sorgere e tramontare e i circoli che dividono la sfera celeste.

Il poema si conclude con le Prognoseis (Προγνώσεις ), gli indizi che segnalano variazioni prossime del tempo, tratti da alcuni fenomeni del mondo naturale e animale.

L’elegante trasposizione in versi dell’opera di Eudosso fece dei Phaenomena

un testo per lo studio dell’ astronomia. È l’unica poesia greca rimasta viva in

Occidente per tutto il Medioevo e fu tradotta in latino da diversi autori (fra i quali

Cicerone).

(22)

Tolomeo riferisce di 3 opere di Ipparco: Sulla durata dell’anno, Sull’intercalare dei mesi e dei giorni e Sul variare dei solstizi e degli equinozi .

Ipparco chiarì che bisognava distinguere le 2 definizioni di anno e che la durata dell’anno non deve essere determinata dal ritorno delle stesse stelle (anno siderale) ma dal ritorno dello stesso equinozio o solstizio (anno tropico).

Confrontando la posizione delle stelle al solstizio d’estate (osservate nel 280 a.C da Aristarco) con quelle che osservò lui nel 135 a.C. notò uno spostamento (dovuto alla precessione degli equinozi). Nel suo Sul variare dei solstizi e degli equinozi scrisse che i punti equinoziali retrocedono regolarmente lungo l’eclittica.

L’irregolarità con cui il Sole si muove lungo l’eclittica e che produce una diversa lunghezza delle stagioni era stata notata da Callippo di Cizico ma Tolomeo attribuisce ad Ipparco il merito di aver trovato valori più accurati.

L’ottimo accordo fra i valori di Ipparco e quelli delle tavole caldee fa sorgere

qualche sospetto: erano valori derivati dalle osservazioni di Ipparco o li aveva

avuti dai babilonesi?

(23)

Il contributo originale di Ipparco sta nell’aver attribuito la ragione di questa differenza ad un orbita circolare eccentrica (cfr. il modello di Apollonio)

Ipparco compì numerose osservazioni delle eclissi di Luna e ideò (secondo Strabone) un metodo per determinare la differenza di longitudine di due luoghi sulla Terra misurando la differenza di tempo relativa al fenomeno.

Il ragionamento è semplice se l’eclissi di Luna comincia alle 22:00 in un

determinato luogo e alle 24:00 in un altro questo significa che i 2 luoghi distano 2h di tempo di rotazione (della terra) fra loro. Poiché la terra impiega 24h a fare un giro completo 1h corrisponde a 15° e 2h a 30°. La differenza in longitudine dei due luoghi risulta pertanto di 30°.

Ipparco pensava che fosse il Sole a ruotare attorno alla Terra, ma la sostanza

del ragionamento non cambia: il Sole gira attorno alla Terra in 24h.

(24)

Ipparco è ricordato aver ideato il sistema di magnitudini

Le magnitudini sono utilizzate per classificare le stelle sulla base del loro

“splendore” . Si dividono in apparenti (dipendono dalla distanza a cui si trova l’astro) e assolute (sono magnitudini calcolate attribuendo ad ogni astro la

distanza di 10 pc. (parsec)

1 pc≃206265×150×10

6

km≃3.09×10

13

km≃3.09×10

18

cm Poiché 1 anno luce è pari a se ne

deriva che

9461×10

9

km 1 pc≃3.26 a .l .

Parsec, lo dice la parola, sta per par sec parallasse pari a 1” e corrisponde pertanto a 206265 U.A (perché 206254,7 sono i secondi d’arco di un radiante)

tg p=a/ d tg p≃sin p≃ p

a

d p

se p è piccolo

p= 1” quando d= 206265 a

p=a/d d=a/ p d= a

p 206265

Poiché 1 U.A. (a in figura) corrisponde a ca 150 000 000 km

d= 206265 a

p

(25)

Ipparco notò che le stelle avevano splendore diverso e le classificò in 6 classi dalla magnitudine 1 alla 6: attribuendo il valore 1 alle più luminose, e 6 alle più deboli e redasse anche un catalogo di 1088 stelle andato perso.

La scala delle magnitudini stabilita da Ipparco resta tuttora valida (è stata resa quantitativa nel 1850 dall’astronomo inglese Norman Robert Pogson (1829-1881) ed estesa a valori che comprendono lo 0 e i numeri negativi) e viene utilizzata dagli astronomi “ottici” (che lavorano in bande visibili o ad esse contigue,

dall’ultravioletto all’ infrarosso).

m

1

m

2

=−2.5 log f

1

f

2

f

1

e f

2

Sono detti i flussi ed esprimono la quantità di energia luminosa che

viene raccolta nell’unità di tempo e di spazio.

Se una stella emette, nell’unità di tempo, una certa energia L, questa diminuirà all’aumentare della distanza

f = L 4 π r

2

a patto che non esista

assorbimento della luce e che

l’emissione della sorgente sia

isotropa.

(26)

La relazione di Pogson ci mostra che una variazione di 100 in flusso corrisponde ad una variazione di 5 magnitudini e il motivo per cui Ipparco usò una scala così

“bizzarra” è nella risposta dell’occhio che è logaritmica e non lineare. Per restare coerente con Ipparco Pogson ha messo il segno meno e questo significa che una stella di magnitudine 2 è più luminosa di una stella di magnitudine 3.

Tornando ad Ipparco, pare che l’idea di catalogare tutte le stelle note gli sia venuta in seguito alla comparsa in cielo di una stella Nova nel 134 a.C.

L’apparizione di una Nova (o di una Supernova), come vedremo, costituiva un duro colpo all’idea che le stelle fossero fisse e immutabili.

Una Nova è una stella che appare improvvisamente nel cielo (diviene luminosissima, la sua variazione di luminosità può raggiungere le 12 magnitudini).

La Nova può essere ricorrente ossia mostrare variazioni di luminosità regolari su un intervallo di tempo oppure divenire luminosissima solo una volta.

Il vostro collega Gianmarco (Guaita) mi ha fatto notare che per come vi ho raccontato la “storia” delle magnitudini sembrerebbe che Ipparco conoscesse i logaritmi.

Ipparco non aveva nemmeno una lontana idea di cosa fossero i logaritmi, che sarebbero stati introdotti da Nepero nel Seicento, era la risposta dell’occhio umano all’intensità luminosa ad essere di tipo logaritmico e Ipparco ha semplicemente “quantificato” in modo approssimato (solo numeri interi da 1 a 6) tale risposta.

stra che una variazione di 100 in flusso corrisponde ad una variazione di 5

magnitudini e il motivo per cui Ipparco usò una scala così “bizzarra” è nella

risposta dell’occhio che è logaritmica e non lineare. Per restare coerente con

Ipparco Pogson ha messo il segno meno e questo significa che una stella di

magnitudine 2 è più luminosa di una stella di magnitudine 3.

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Rappresentazione artistica del meccanismo che è alla base del fenomeno di Nova.

Lo stesso tipo di meccanismo è invocato per spiegare l’origine di alcune Supernovae (le Sn Ia) la differenza è che la quantità di gas che cade sulla

“nana bianca” è tale da farle superare un limite (massa di Chandrasekhar 1.4 masse solari) che porta l’oggetto a collassare in “stella di neutroni”

provocando un’enorme esplosione.

(28)

La SN Ia esplosa nel 1994 in

NGC 4526 a 55 Mly (milioni di

anni luce)

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