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La Ricerca in Italia

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Academic year: 2021

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G It Diabetol Metab 2012;32:138-140

L’espansione di cellule Th17 e la presenza di cellule T regolatorie con un difetto funzionale sono due importanti caratteristiche immunologiche dei linfonodi pancreatici dei pazienti con diabete di tipo 1

Ferraro A1,2,3, Socci C4, Stabilini A1,2, Valle A1,2, Monti P5, Piemonti L1, Nano R1, Olek S6, Maffi P7, Scavini M1, Secchi A3,7, Staudacher C3,4, Bonifacio E5, Battaglia M1

1Istituto di Ricerca sul Diabete, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano; 2Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica, Milano; 3Università Vita-Salute San Raffaele, Milano; 4Dipartimento di Chirurgia, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano; 5Center for Regenerative Therapies Dresden, Dresden, Germany;6Epiontis GmbH, Berlin, Germany;7Dipartimento di Medicina Generale Trapianti, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano Diabetes 2011;60:2903-13

A quale particolare problema si è rivolta la ricerca svolta?

Quasi tutta la ricerca immunologica sul diabete di tipo 1 nell’uomo realizzata sino a oggi è stata condotta studiando il sangue periferico dei pazienti. Tuttavia quello che accade nel sito bersaglio dell’autoimmunità nell’uomo (pancreas e linfonodi drenanti) è praticamente completamente sconosciuto.

Il nostro studio si è prefissato di superare questo grosso limite degli studi di immu- nologia umana nel T1D. Specificatamente, il nostro lavoro ha avuto lo scopo di analizzare i linfociti T effettori e regolatori presenti nei linfonodi drenanti il pancreas dei pazienti con T1D rispetto a quelli isolati dai soggetti sani.

Qual era lo stato delle conoscenze precedentemente al vostro lavoro?

Le conoscenze dell’immunologia pancreas-specifica sono in genere estrapolate dai risultati ottenuti in modelli animali. Il modello murino NOD ha permesso, per esempio, di definire che il pancreas e i linfonodi drenanti negli animali con T1D sono caratterizzati dalla presenza di cellule T autoreattive, per lo più CD8+, e di cellule T regolatorie CD4+Foxp3+ non perfettamente in grado di controllare la risposta autoimmune.

Non sempre però ciò che accade nell’animale si verifica anche nell’uomo.

Sintesi dei risultati ottenuti

Abbiamo raccolto e analizzato a livello immunologico i linfonodi drenanti il pancreas (PLN) e il sangue periferico di 19 pazienti con T1D e 63 donatori non diabetici.

Abbiamo trovato che i PLN, ma non il sangue periferico, dei pazienti contengono un alto numero di linfociti potenzialmente patogenici (definiti cellule CD4+Th17) e un numero fisiologico di linfociti potenzialmente tollerogenici (definiti cellule CD4+ Utilità dell’alto rapporto

trigliceridi/colesterolo HDL per identificare fattori di rischio cardiometabolico e segni preclinici di danno d’organo in una popolazione pediatrica ambulatoriale

Di Bonito P1, Moio N2, Scilla C2, Cavuto L2, Sibilio G2, Sanguigno E3, Forziato C3, Saitta F3, Iardino MR4, Di Carluccio C4, Capaldo B5

1Dipartimento di Medicina,

2Dipartimento di Cardiologia,

3Dipartimento di Pediatria,

4Dipartimento di Patologia Clinica, PO “S. Maria delle Grazie”, Pozzuoli;5Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Università Federico II, Napoli

Diabetes Care 2012;35:158-62

A quale particolare problema si è rivolta la ricerca svolta?

È stata valutata l’utilità dell’alto rapporto trigliceridi/colesterolo HDL (Tg/HDL) nell’i- dentificazione di bambini con peggiore profilo di rischio cardiometabolico e con segni preclinici di danno epatico e cardiaco.

Qual era lo stato delle conoscenze precedentemente al vostro lavoro?

Nell’adulto un alto rapporto Tg/HDL è associato a un elevato rischio cardiovasco- lare. Nella popolazione pediatrica pochi studi condotti solo in bambini obesi hanno analizzato l’utilità di tale rapporto in relazione al profilo lipidico; la relazione di tale rapporto con altri fattori di rischio o con il danno d’organo è inesplorato.

Sintesi dei risultati ottenuti

Un alto rapporto Tg/HDL (≥ 2,0) è associato a un’elevata probabilità di identificare bambini con: insulino-resistenza, alterata glicemia a digiuno, alti livelli pressori, alti livelli di globuli bianchi, obesità viscerale e sindrome metabolica, rispetto ai bambi- ni con rapporto Tg/HDL < 2,0, indipendentemente dai maggiori fattori confonden- ti. Inoltre, i bambini con alto rapporto hanno una probabilità più che doppia di avere elevati livelli di ALT (alanina transaminasi) quale surrogato di steatosi epatica non alcolica (non-alcoholic fatty liver disease, NAFLD) e ipertrofia concentrica del ven- tricolo sinistro.

Quali sono le prospettive di ricerca ulteriore sull’argomento?

Le prospettive di ricerca riguardano i meccanismi pro-aterogeni identificati dal fenotipo associato a un alto rapporto Tg/HDL.

Vi sono ricadute dei vostri risultati sulla pratica clinica quotidiana?

Studi successivi saranno necessari per valutare se anche nella popolazione gene- rale un alto rapporto Tg/HDL, indipendentemente dal sesso, dal genere e dell’indi- ce di massa corporea, è uno strumento utile per identificare i bambini con un ele- vato rischio di sviluppare malattie metaboliche o cardiovascolari nell’età adulta.

La Ricerca in Italia

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T regolatorie, Treg). Tuttavia le cellule Treg isolate dai PLN dei pazienti non sono in grado di svolgere la loro funzione soppressiva in vitro, mentre quelle isolate dal san- gue periferico sono perfettamente funzionali.

In che modo questi risultati hanno permesso di approfondire le conoscen- ze riguardo al problema iniziale?

Questi dati dimostrano per la prima volta che l’organo bersaglio del diabete autoimmune (il pancreas) nell’uomo è un sito altamente infiammato che promuove la generazione/espansione di cellule patogeniche potenzialmente aggressive e infi- cia la capacità soppressiva delle cellule T regolatorie. Questi nuovi dati dimostrano che lo studio del sangue periferico nell’uomo non sempre rispecchia esattamente ciò che accade a livello tessutale e hanno permesso di definire meglio le popola- zioni cellulari alterate nell’organo bersaglio del T1D.

Quali sono le prospettive di ricerca ulteriore sull’argomento?

Il nostro studio sta proseguendo mediante analisi genomica/molecolare dei subset autoreattivi e di quelli regolatori isolati dai PLN e dal sangue periferico dei pazienti con T1D e dei soggetti senza diabete. Questo tipo di analisi ci permetterà di defi- nire quali sono i meccanismi che portano a questo “disequilibrio” immunologico organo-specifico.

Vi sono ricadute dei vostri risultati sulla pratica clinica quotidiana?

Al momento non si prevedono ricadute immediate sulla pratica clinica. Tuttavia, una volta definiti i meccanismi alla base del disequilibrio immunologico trovato nei PLN dei pazienti con T1D, prevediamo la definizione di molecole ad attività tera- peutiche atte a ristabilire la corretta omeostasi immunologica.

Cellule progenitrici endoteliali che esprimono marcatori monocitari sono selettivamente anormali in pazienti con diabete di tipo 1 e retinopatia precoce Zerbini G1, Maestroni A1, Palini A2, Tremolada G3, Lattanzio R3, Maestroni S1, Pastore MR4, Secchi A4, Bonfanti R5, Gerhardinger C6, Lorenzi M6

1Unità Complicanze del Diabete,

2Laboratorio di Citofluorimetria,

3Dipartimento di Oculistica,

4Dipartimento di Medicina,

5Dipartimento di Pediatria, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano;

6Schepens Eye Research Institute and Department of Ophthalmology, Harvard Medical School, Boston, Massachusetts, USA

Diabetes 2012;61:908-14

A quale particolare problema si è rivolta la ricerca svolta?

La prevenzione sarebbe il miglior modo di curare la retinopatia diabetica. Il fatto che a oggi la patogenesi della complicanza sia nota solo in parte fa sì, da un lato, che non riusciamo a identificare in anticipo i pazienti a rischio e, dall’altro, che non è chiaro come impostare la terapia preventiva.

Qual era lo stato delle conoscenze precedentemente al vostro lavoro?

La recente scoperta che alla riparazione post-natale di vasi e capillari partecipano progenitori circolanti delle cellule endoteliali (endothelial progenitor cells, EPC) di origine midollare ha suggerito che anomalie a loro carico possano essere coinvol- te nella patogenesi della retinopatia diabetica.

Sintesi dei risultati ottenuti

Questo studio dimostra che le EPC di pazienti con diabete di tipo 1 e retinopatia non proliferante hanno un’aumentata capacità di formare colonie quando fatte cre- scere in vitro, un risultato che conferma quelli ottenuti in precedenza nella retino- patia proliferante e che suggerisce questa anomalia come uno specifico marcato- re di rischio di retinopatia.

In che modo questi risultati hanno permesso di approfondire le conoscen- ze riguardo al problema iniziale?

L’anomalia identificata a carico delle EPC potrebbe non essere solo un marcatore di retinopatia, ma essere anche direttamente coinvolta nella sua patogenesi, nel qual caso sarebbe il bersaglio ideale della prevenzione.

Quali sono le prospettive di ricerca ulteriore sull’argomento?

Lo scopo della ricerca futura sarà quello di verificare in modelli animali se, modu- lando l’integrazione retinica delle EPC, sia possibile controllare l’insorgenza/

evoluzione della retinopatia.

Vi sono ricadute dei vostri risultati sulla pratica clinica quotidiana?

La ricaduta consisterà nell’identificazione precoce dei pazienti a rischio di retinopa- tia, elemento fondamentale per un’efficace prevenzione.

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La Ricerca in Italia 140

Il rischio di persistenza di alterazioni del metabolismo glucidico dopo diabete gestazionale è aumentato in donne con sindrome dell’ovaio policistico

Palomba S1, Falbo A1, Russo T1, Rivoli L1, Orio M2, Cosco AG3, Vero R4, Capula C4, Tolino A5, Zullo F1, Colao A2, Orio F2

1Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Università Magna Graecia di Catanzaro; 2Cattedra di Endocrinologia, Università Federico II di Napoli; 3Unità Operativa di Diabetologia, Catanzaro; 4Unità Operativa di Ginecologia e Ostetricia, Catanzaro;

5Dipartimento di Emergenze Ostetrico-Ginecologiche, Università Federico II di Napoli Diabetes Care 2012;35:861-77

A quale particolare problema si è rivolta la ricerca svolta?

La ricerca ha avuto come obiettivo quello di valutare se donne affette da sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) hanno un rischio aumentato di alterazioni del metabo- lismo glucidico nel puerperio dopo diabete gestazionale.

Qual era lo stato delle conoscenze precedentemente al vostro lavoro?

Prima della nostra ricerca non vi erano dati circa gli effetti della PCOS nelle pazien- ti con precedente diabete gestazionale. Tuttavia, era noto che le donne con PCOS avevano tassi di conversione a forme più gravi di alterazioni dell’assetto glicemico più elevati rispetto a controlli non PCOS di pari età e peso corporeo.

Sintesi dei risultati ottenuti

Dopo 18 mesi dal parto, l’incidenza delle alterazioni della glicemia a digiuno e/o postprandiale era più elevata nelle pazienti con PCOS con un rischio relativo per alterazione del metabolismo glucidico del 3,45 (IC al 95% 1,82-6,58).

In che modo questi risultati hanno permesso di approfondire le conoscen- ze riguardo al problema iniziale?

Tali risultati mettono in evidenza che le pazienti con PCOS sono da considerarsi una sottopopolazione a rischio di persistenza di alterazioni del metabolismo gluci- dico dopo diabete gestazionale poiché l’iperandrogenismo, l’insulino-resistenza e la morfologia ovarica, tipici della PCOS, possono intervenire in fase puerperale riducendo i tassi di ri-conversione spontanea dello stesso diabete gestazionale.

Quali sono le prospettive di ricerca ulteriore sull’argomento?

In primo luogo, è necessario definire e determinare i reali meccanismi alla base di tali alterazioni metaboliche. In secondo luogo, sarebbe necessario definire se tem- pestivi programmi d’intervento di natura dietetica e/o comportamentale possano essere efficaci e se l’allattamento al seno, ridotto per frequenza e durata nelle pazienti con PCOS, possa avere un impatto sui risultati ottenuti.

Vi sono ricadute dei vostri risultati sulla pratica clinica quotidiana?

I nostri risultati suggeriscono che bisogna porre particolare attenzione alle pazienti con PCOS in gravidanza non solo per l’alto tasso di complicanze ostetriche e feta- li, ma anche perché, in caso di insorgenza di diabete gestazionale, avranno altera- zioni del metabolismo glicemico più frequentemente e di maggiore entità tale da necessitare interventi più tempestivi e, possibilmente, più aggressivi.

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