Rassegna stampa
Tre anni per totalizzare Sole 24 Ore, Il
28/01/2008
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME PROFESSIONISTI data: 2008-01-26 - pag: 33 autore:
Previdenza. Le frazioni inferiori a 36 mesi non sono incrementabili con versamenti volontari
Tre anni per «totalizzare»
I periodi coincidenti devono essere valutati soltanto una volta DOMANDE INVIATE IN RETE
Domenico Fabrizio De Ritis
Le nuove disposizioni sul cumulo di contributi per conseguire il diritto alla pensione – introdotte con la legge di riforma del Welfare (legeg 247/07) –hanno suscitato particolare attenzione.
Alle tante domande giunte sul tema della totalizzazione, ecco quali sono le principali preoccupazioni pratiche sul meccanismo del "cumulo" cui si è cercato di dare risposte concrete.
Frazioni inutilizzabili
La durata minima delle frazioni di contribuzione da utilizzare nel cumulo è stata ridotta da sei a tre anni. Disattesa, pertanto,l'aspettativadi Massimo Miglio di utilizzare l'accredito inferiore a 3 anni nella gestione collaboratori: i 36 mesi non possono essere raggiunti con versamenti volontari e il loro utilizzo può avvenire solo con la ricongiunzione nella Cassa dei dottori commercialisti in cui è iscritto o con liquidazione di quota supplementare una volta che la Cassa professionale ha concesso l'assegno.
L'alternativa
La nuova legge non ha variato le altre restrizioni previste dal decreto legislativo 42/06, quali il divieto di cumulo per chi già fruisce di una pensione conseguita con requisiti autonomi e la liquidazione contributiva delle varie quote di pensione. La presenza, al momento del cumulo, di un diritto autonomo in una gestione fa salva però la liquidazione secondo l'ordinamento stesso dell'ente. La pensione con il cumulo può essere conseguita a 65 anni di età e in presenza di 20 anni complessivi di contributi, o anche con 40 anni di accrediti, prescindendo dall'età anagrafica. Nella contribuzione Inps sono validi gli accrediti per servizio militare.
Luigi Colombo (59 anni, 15 anni di contribuzione Inps e 27 di Inarcassa) Vittorio Viganò ( 62 anni, 19 anni di Inps e 24 nella Cassa forense) e Lanfranco Guidi (59 anni, 6 anni di contributi Inps, quale consulente del lavoro, e 26 alla Cassa ragionieri) e Gianfranco
Uberti (8 anni di Inps e 32 pressola Cassa dottori commercialisti) hanno tutti superato 40 anni con diritto alla pensione, prescindendo dall'età.
La domanda deve essere inoltrata alla Cassa privata in cui i professionisti sono iscritti e tutte le quote di pensione saranno liquidate con calcolo contributivo.
Gli interessati possono però evitare la pensione così ridotta, ritardando la richiesta sino al perfezionamento del diritto autonomo nella Cassa nella quale sono iscritti, ottenendo una quota, a carico dell'ente stesso, di importo maggiore. Nei primi due casi, al compimento dei 65 anni, maturerà anche la pensione retributiva Inps. Angela Morini perfeziona a 60 anni la pensione autonoma Inps e a 65 anni quella in forma autonoma alla Cassa dei consulenti del lavoro (Enpacl). Ha diritto anche a veresi liquidata la pensione con 40 anni di contributi prima dei 65 anni, ma solo se subordinata alla mancata liquidazione della pensione Inps a 60 anni. La pensione maturata con i 40 anni comporta la rendita della Cassa in forma contributiva. Per la signora può essere più conveniente ottenere le
pensione in forma autonoma dall'Inps a 60 anni e dalla Cassa a 65, rinunciando al cumulo.
Periodi non coincidenti
Nella totalizzazione i periodi coincidenti sono computati una sola volta. Maria Grazia Russo può, pertanto, utilizzare solo otto anni del periodo di iscrizione all'Enpacl, con inizio dal 1977: gli altri otto coperti anche da contribuzione in un altro ente restano esclusi. La pensione anticipata potrà essere perfezionata prima dei 65 anni, anche con la contribuzione ridotta alla Cassa, a condizione che non chieda a 60 anni la pensione Inps.
È conveniente ritardare la richiesta, considerato che il cumulo permetterà di utilizzare per intero gli accrediti come consulente del lavoro, altrimenti insufficienti per perfezionare il diritto autonomo e quindi destinati a restare infruttiferi.
Carmelo Varrica, nato nel 1945, ha contributi Inps per 30 anni e 11 anni nella Cassa ragionieri. In tale situazione è opportuno richiedere il cumulo solo dopo aver compiuto i 65 anni: la pensione Inps sarà concessa in forma retributiva in quanto superiore a 18 anni a tutto il 1995.
L'anticipo –con il solo requisito dei 40 anni – determinerebbe la liquidazione di questa quota in forma contributiva. Il diritto autonomo presso la Cassa, invece, non potrà essere mai perfezionato. Una situazione analoga a quella di Mario Rendina, con 27 anni di Inps a tutto il 1992 e 14 anni "maturati" in una Cassa professionale.
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fondi pensione, aderisce meno del 30% - andrea greco Repubblica, La 30/01/2008
Pagina 44 - Economia Fondi pensione, aderisce meno del 30% Nel 2007 l´esodo dal Tfr sotto le stime: piccole imprese in ritardo Scimia (Covip): "Molto indietro il lavoro artigiano e il commercio.
Sono urgenti incentivi" Male i rendimenti: i Pip non coprono i costi, i fondi non battono il Tfr, che si rivaluta del 2,8% Forte incremento nei fondi dei grandi settori, come Fonchim e Cometa ANDREA GRECO
MILANO - La dinamica delle adesioni è positiva, ma "l´obiettivo 40%" posto mesi fa dal ministro del Lavoro, Cesare Damiano, è lontano dall´essere raggiunto. A fine 2007 le forme di previdenza complementare coprono il 30% del bacino potenziale dei lavoratori del settore privato, quelli che da gennaio avevano facoltà di trasferire il Trattamento di fine rapporto ai fondi pensione. Il dato si confronta con un 20,7% di adesioni a fine 2006, e un 22,4% di adesioni dopo il primo semestre di avvio della riforma. I dati ufficiali, elaborati dalla Covip vigilante, sono stati illustrati ieri ai vertici dei sindacati, e saranno pubblicati a giorni.
Proprio la mediazione dei rappresentanti dei lavoratori, nei grandi settori, ha molto contribuito ad accrescere del 42% gli iscritti totali, che a fine 2007 erano 4,63 milioni. Per dire, il fondo Cometa ha incrementato di metà le adesioni, ora pari al 47% di un milione di metalmeccanici. E quattro quinti dei chimici ormai aderiscono a Fonchim. Al contrario, gli strumenti offerti alle piccole e medie imprese, con un ampio bacino di utenza, registrano adesioni spesso inferiori al 5%. «C´è molto da lavorare, non possiamo certo dire che ci sia stato uno sviluppo eclatante – commenta Luigi Scimia, presidente della Covip – specie per l´andamento lento dei fondi negoziali di piccole o piccolissime imprese. Per questi dobbiamo trovare assolutamente degli incentivi, altrimenti l´incremento di crescita nel 2008 sarà certo più lento del 2007». Il fatto è che chi opera nelle piccole attività
commerciali o artigiane spesso ignora perfino la riforma stessa, o comunque soggiace alla volontà del datore di lavoro di preservare il Tfr, come forma di autofinanziamento. È così che, per esempio, al fondo Fonte (commercio turismo e servizi) su 2 milioni di utenti ha aderito il 6,5%, ha scelto l
´Artifond solo l´1% di 1,2 milioni di artigiani, e l´Agrifondo lo 0,3% di 600mila addetti agricoli. Né va meglio il Fundum che raggruppa un nugolo di autonomi su turismo e servizi.
Scimia propone il rispolvero di alcune proposte dell´ex ministro Maroni che non avevano avuto seguito, come la creazione di una cassa di garanzia – stanziando 3-400 milioni – per convincere le banche a finanziare le imprese che "perdono" il sostegno dei Tfr interni. «Su questi aspetti bisogna coinvolgere molto di più le associazioni di categoria e le banche», sostiene Scimia, che reputa tuttavia improprio paragonare l´obiettivo ministeriale del 40% all´effettivo 30% raggiunto, perché il bacino di utenti potenziali si è nel frattempo allargato, per l´introduzione di nuovi strumenti previdenziali.
C´è poi l´andamento negativo di azioni e bond, che certo ha trattenuto qualche lavoratore da investimenti più rischiosi rispetto alla rivalutazione di legge del Tfr. Purtroppo, infatti, anche le performance per ora danno torto a chi ha scelto i fondi o i Piani individuali previdenziali (Pip). Da iniziali elaborazioni della Covip emerge che questi ultimi, offerti dalle assicurazioni, hanno reso in media l´1,5-2% nel 2007, coprendo praticamente gli alti costi. E non va meglio ai fondi tout court, che vantano performance annuali tra il 2 e il 2,5%, a fronte di un rendimento netto del Tfr di circa il 2,8%.
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Operazione Tfr a quota 30% Sole 24 Ore, Il
31/01/2008
Il Sole-24 Ore
sezione: NORME E TRIBUTI data: 2008-01-31 - pag: 34 autore:
Bilancio della Covip sul conferimento ai fondi pensione Operazione Tfr a quota 30%
La Commissione di vigilanza sui fondi pensione ha reso note ieri le sue prime stime sulle adesioni alle forme di previdenza complementare, nel corso del 2007: il tasso di adesione a fondi negoziali, aperti e polizze previdenziali è salito al 29,9% dal 20,7% di fine 2006.
Il calcolo si riferisce al numero di lavoratori dipendenti privati iscritti ai fondi già
autorizzati a fine 2006 e ai preesistenti, nati cioè prima delle riforme Amato e Dini degli anni '90. La quota scende al 24,6%, se invece si considerano anche i fondi autorizzati successivamente, in linea all'incirca con le prime rilevazioni pubblicate su «Plus24» di sabato 12 gennaio che davano un tasso di adesione al 23,4 per cento. Il presidente della Covip sottolinea in particolare l'incremento complessivo delle adesioni a tutte le forme della previdenza complementare (compresi anche i vecchi Pip, circa un milione),che nell'arcodi un anno sono passati da 3,2 a 4,6 milioni a fine 2007, con una crescita del 42 per cento. Il maggior incremento si registra per i fondi negoziali, cresciuti del 64 per cento. Cometa è il maggiore, con 476mila iscritti e un patrimonio di oltre 3 miliardi di euro; segue Fonchim (166mila aderenti), sale Fonte, il fondo del commercio che diventa il terzo fondo di categoria con 130mila iscritti grazie ad un incremento del 410% delle
adesioni; poi Laborfonds il territoriale del Trentino Alto Adige (110mila) e FondoPoste, che in soli tre anni di vita ha registrato oltre 82mila adesioni, il 55% del bacino potenziale.
Ma.l.C.
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Intanto l'Europa si prepara ai fondi complementari
senza frontiere Milano Finanza
04/02/2008
Milano Finanza
Intanto l'Europa si prepara ai fondi complementari senza frontiere
In Europa il tema della portabilità dei fondi pensione sta diventando sempre più all'ordine del giorno.
C'è già una proposta di direttiva sul tema con l'obiettivo di disciplinare la trasferibilità dei diritti pensionistici perché la perdita di prestazioni previdenziali costituisce un vero ostacolo alla libera circolazione dei lavoratori. Numerosi lavoratori europei risultano penalizzati da regimi che
impongono lunghi periodi contributivi poiché mediamente il 40% degli occupati resta meno di cinque anni nello stesso posto di lavoro, come hanno sottolineato due recenti studi sulla previdenza
comunitaria.
La proposta di direttiva, adottata dalla Commissione il 20 ottobre 2005, è stata trasmessa al
Parlamento europeo il 20 aprile 2007 con proposta di emendamenti. Il Parlamento ha adottato una risoluzione legislativa in prima lettura il 20 giugno 2007. La proposta punta a ridurre gli ostacoli esistenti nell'ambito di alcuni regimi pensionistici al fine di facilitare la mobilità dei lavoratori. Gli ostacoli riguardano le condizioni di acquisizione dei diritti pensionistici e le condizioni in base alle quali i diritti in questione sono presi in considerazione una volta che la persona abbia cambiato lavoro. Ma per livellare realmente il campo da gioco occorrerebbe una armonizzazione degli strumenti previdenziali anche dal punto di vista fiscale. Il nostro sistema previdenziale, per
esempio, è strutturato secondo il modello definito come Ett (Esenzione- tassazione-tassazione), vale a dire: esenzione dalla tassazione dei contributi versati a fondi pensione; tassazione (sia pur ridotta) dei rendimenti finanziari prodotti in fase di accumulazione; tassazione delle prestazioni. In quasi tutti gli altri paesi europei vige invece il sistema Eet con esenzione completa anche in fase di
accumulazione.
La portabilità dei fondi pensione è quindi ancora da scrivere, d'altronde in ambito comunitario i passi in materia di previdenza integrativa sono stati molti, spesso piccoli e fatti di frequenti stop and go, con una corsa a tappe ancora in evoluzione che è partita dall'ottobre 1991. Ma risultati importanti sono stati ottenuti. Concentrando l'attenzione sui principali provvedimenti adottati, bisogna ricordare la direttiva 2003/41/CE in tema di attività e di supervisione degli enti pensionistici aziendali o
professionali, recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 6 febbraio 2007 n. 28.
L'obiettivo è di favorire la creazione di un mercato interno dei servizi finanziari anche sul versante previdenziale, rafforzare il legame tra i regimi di sicurezza sociale e gli enti pensionistici aziendali e professionali, prevedere disposizioni prudenziali per un corretto funzionamento del sistema a
capitalizzazione, rinnovare comunque il principio di sussidiarità degli stati membri che conservano tutte le loro competenze per quanto concerne l'organizzazione dei loro sistemi pensionistici. Con il provvedimento di recepimento si rafforzano le disposizioni in materia di investimenti degli organismi
previdenziali. In particolare si prevede che, con decreto del ministero dell'economia, di concerto con il ministro del lavoro, si individuino le attività finanziarie in cui i fondi pensione possono investire fissando limiti massimi di investimento, i criteri di investimento, le regole da osservare in materia di conflitti di interesse (vi è al proposito uno specifico documento di consultazione sul sito del ministero dell'economia). Vi è anche tutta un'ampia parte del decreto che regolamenta l'attività all'estero delle forme pensionistiche complementari italiane e quella in Italia dei fondi pensione esteri.
(riproduzione riservata) Carlo Giuro
Milano Finanza
Numero 024, pag. 14 del 2/2/2008 Autore: Carlo Giuro
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Il fondo? Piace se è aziendale Sole 24 Ore, Il (Plus) 04/02/2008
Plus
sezione: ATTUALITA data: 2008-02-02 - pag: 15 autore:
Operazione Tfr. Adesioni alte nelle imprese che si sono legate a una Sgr o a una compagnia
Il fondo? Piace se è aziendale
Difficile credere ad un caso. Il lavoratore che ha un contatto diretto e prossimo al fondo pensione impara a conoscerlo e ad usarlo meglio di chi lo guarda da lontano e con diffidenza. Per
questo, nel corso del 2007, hanno raccolto un gran numero di adesioni i fondi negoziali a forte matrice aziendale (vedi tabella), continuano a rasentare tassi di adesione quasi sempre oltre il 90% molti fondi preesistenti soprattutto come quelli di UniCredit o CaRiFirenze. Allo stesso modo hanno raccolto un numero di iscrizioni superiore alla media i fondi pensione aperti ad adesione collettiva, scelti in alcune aziende per offrire una soluzione previdenziale ai dipendenti. Scartata l'ipotesi di dar vita ad un fondo interno nuovo, la via maestra è stata quella di sfruttare le potenzialità offerte dalla 252/2005 che consente i cosiddetti "accordi plurisoggettivi": convenzioni siglate dalle parti datoriali e sindacali con uno o più fondo pensione aperto che in questo modo offre in modo negoziale (tra l'altro a costi ridotti) la possibilità ai lavoratori di accantonare il
proprio Tfr oltre ad una quota volontaria più una datoriale in una pensione di scorta.
È interesse delle stesse aziende offrire ai proprio dipendenti una soluzione previdenziale, che semplifichi l'onere in capo all'ufficio del personale: concentrando su un unico
interlocutore ogni adempimento sia in termini di comunicazione che di versamento. È proprio sulle spalle di queste strutture che è ricaduta la maggiore incombenza
dell'attuazione della riforma: dialogare in molti casi con una pluralità di soggetti, ciascuna con le proprie scadenze, regole e necessità. «Offrendo questa soluzione – dice Livio
Mocenigo, managing consultant di Watson Wyatt, che svolge consulenza in questo campo per le imprese – le aziende più lungimiranti svolgono anche un importante ruolo di
financial education, utilizzando la previdenza come un elemento di attrazione soprattutto per gli addetti più giovani, che sono quelli che avranno in prospettiva più bisogno di una pensione di scorta».
Per far questo è necessario che il processo di selezione sia rigoroso: «L'analisi delle
proposte è durata un paio di mesi – dice Marco Bolzoni, responsabile risorse umane di Ing Bank Italy – e abbiamo coinvolto le rappresentanze sindacali nella fase di scelta che ci ha
portato a preferire il fondo pensione Insieme di Allianz.
Abbiamo analizzato costi, rendimenti e soprattutto i servizi: la nostra priorità era di poter contare su un call center pronto a rispondere alle esigenze dei dipendenti». La previdenza come benefit aziendale, dunque, con livelli di contribuzione datoriale superiori a quanto previsto dai rispettivi contratti di categoria.
Ci sono realtà che si sono mosse già prima dell'entrata in vigore della riforma Maroni:
Cassa Depositi e Prestiti, ad esempio, ha stipulato nel 2006 un accordo con Seconda Pensione di Crédit Agricole, anche in questo caso al termine di un processo decisionale che ha visti coinvolti azienda e sindacati. Al fondo aderisce ora oltre il 92% dei quasi 400 addetti di Cdp, per un patrimonio conferito pari a 2,7 milioni di euro. Diverso il discorso riguardante la filiale italiana della Disney, in cui una parte non trascurabile di dipendenti già era iscritta a fondi pensione preesistenti:
Previndai e il Fondo Giorna-listi, tra gli altri, ma anche qualche Pip. Meno facile, dunque, considerare il fondo aperto come aziendale, anche se si è deciso ugualmente di tentare l'adesione plurisoggettiva per provare a semplificare le problematiche amministrative.
Inoltre, poco più della metà dei dipendenti della Walt Disney Company Italia, il 52,5% del totale, ha deciso di lasciare in azienda il proprio trattamento di fine rapporto maturando.
Tuttavia, oltre la metà di coloro che hanno optato per una pensione di scorta nel 2007 hanno scelto il fondo indicato dalle parti: il 28,8% sul 43,2% di previdenti in forza alle pubblicazioni multimediali di Topolino e co., versano i loro contributi a Previgen Global, il fondo aperto di Generali destinato alle adesioni collettive. Ancora diversa la scelta operata all'interno di Bmw: i fondi scelti per l'adesione collettiva sono stati due. I dipendenti italiani della casa automobilistica tedesca potevano aderire al Seconda
Pensione di Crédit Agricole o ad Arca oppure al fondo pensione di categoria, Fon. te, il negoziale del commercio. Hanno aderito al primo il 20% degli addetti di Bmw, al secondo l'8,5% e al terzo il 15%; meno della metà, il 43,5%, ha optato per mantenere il Tfr in azienda.
Marco lo Conte