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2.4 Illusioni aptiche

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Academic year: 2021

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2.4 Illusioni aptiche

2.4.1

I sensi ingannati dal tempo e dallo spazio

Il sistema sensoriale e percettivo umano non è esente da errori ed è portato a dare interpretazioni fallaci in determinate condizioni di stimolazione. Tutti i sensi hanno (differenti) capacità di distinguere due stimoli susseguentisi in rapida successione e solitamente il sistema d’interpretazione di questi segnali si serve di questa feature temporale per trarne interpretazioni spaziali: un esempio è dato dall’interpretazione dell’intensificazione del suono prodotto da un oggetto in movimento per dedurne l’avvicinamento, o il già citato1 espediente di arricchire la visione stereoscopica con lo spostamento del punto di vista dell’osservatore per meglio valutare, con immagini colte in tempi successivi, la posizione relativa dell’oggetto dell’osservazione. La vista è, infatti, il canale sensoriale che consente la miglior precisione nell’individuare la posizione di un oggetto nello spazio.

L’udito è il senso con la migliore risoluzione temporale, essendo capace di distinguere due suoni successivi a 0.02 s, ma con il solo senso dell’udito non è facile individuare la direzione dalla quale proviene il suono. La vista associa un’ottima definizione spaziale con una, come detto, meno buona definizione temporale.

Il tatto, come al solito, sta in mezzo: va abbastanza bene sia con la definizione spaziale (ma limitata nella distanza a quanto fisicamente raggiungibile con gli arti) che con quella temporale.

La capacità risolutoria temporale propria di alcuni dei sensi può venire intenzionalmente ecceduta per indurre in errore il sistema percettivo, sfruttando

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il meccanismo di persistenza della sensazione: è il caso della persistenza dell’immagine sulla retina (circa 0.04 s) grazie alla quale il sistema percettivo fa sì che crediamo in movimento le immagini ferme di una pellicola cinematografica.

Ci sono strette similitudini fra i funzionamenti della pelle (intesa come recettore di stimoli tattili) e della retina: in entrambi i casi si può distinguere con ragionevole precisione il punto (o i punti diversi) in cui viene stimolata e gli eventuali spostamenti della stimolazione, ma immancabilmente con qualche errore [14].

2.4.1.a

La saltazione e il fenomeno phi

Se provate a farvi pungere con una matita per poi indicare il punto esatto dove siete stati toccati scoprirete che è molto facile sbagliare. Se poi vi sottoponete ad un giochino un po' più piccante, facendovi pungere in due punti in successione, vedrete che il vostro errore aumenta. Passando a tre colpetti la cosa si fa seria: indichiamo i tre punti con P1, P2, P3.

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P1 e P2 si susseguono, con un intervallo temporale costante, nello stesso punto; P3 tocca, pochissimo tempo dopo P2, una zona posta ad una certa distanza da P1.

Poniamo che la distanza P1-P3 sia di 10cm e l'intervallo fra P2 e P3 sia inferiore a 0.25s: si avrà l'impressione che il contatto P2 sia ad una distanza intermedia fra P1 e P3. Riducendo l'intervallo P2-P3 si avrà l'impressione che P2 si sposti verso P3. Al di sotto di 0.02s P2 sembrerà coincidere con P3. Decidiamo ora di raddoppiare la distanza P1-P3: a 20 cm non funziona più. Inoltre non funziona bene dappertutto: ci sono delle zone che manifestano a questa illusione, da Geldard denominata “saltazione”, disposte principalmente lungo gli arti, sui polpastrelli e sul palmo della mano ma che non attraversano MAI la linea mediana del corpo. Provando un'illusione saltatoria sulla fronte, o sul petto si avvertiranno sempre i colpetti estremi e mai il colpetto fantasma, forse a causa della separazione del sistema nervoso centrale nelle due metà destra e sinistra. È interessante notare che se si anestetizza la zona fra P1 e P3 l'illusione continua a sussistere: ciò significa che il meccanismo di tale illusione non risiede in un difetto di funzionamento dei sensori della pelle e che la sede della saltazione è il sistema nervoso. Ad ulteriore dimostrazione valga il fatto che la retina è soggetta alle medesime illusioni e che si può ingannare l'udito con esperimenti analoghi.

Il fenomeno della saltazione illude dunque il sistema percettivo, facendo avvertire uno stimolo tattile in una posizione intermedia a quella delle due aree effettivamente stimolate.

Con modalità molto simili si può ottenere l'impressione del movimento continuo. Il fenomeno phi è un’illusione osservata per la prima volta studiando la percezione visiva. Analogamente alla saltazione, viene provocato da stimoli distinti nello spazio e in rapida successione nel tempo. Nel fenomeno phi gli stimoli sono solo due (anche in questo caso l’effetto vale per distanze ridotte fra i punti stimolati), l’intervallo temporale dev’essere minore di 0.1s (quindi all’interno degli intervalli necessari alla saltazione) e l’effetto avvertito è

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l’illusione di un movimento continuo anziché un contatto in uno o più punti della cute.

Il fenomeno phi provoca una falsa sensazione di movimento sulla pelle e si verifica con intervalli inferiori ai 0.1s in qualunque zona del corpo [13].

Un’ipotesi per spiegare questi fenomeni è quella del “mascheramento retroattivo”. Tale meccanismo, esistente nella vista e nell’udito, si è tentato di estenderlo anche al tatto: si osserva quando due stimoli acustici (due vocali, ad esempio) o due forme (due lettere uguali in uno scritto) si susseguono in rapida successione; il secondo stimolo ha un effetto dominante sul secondo, tende ad incorporarlo. Questo fenomeno è stato spiegato con la sovrapposizione dei segnali nervosi in una specie di autoamplificazione dovuta alla sovreccitazione del sistema percettivo. Nella saltazione, il fatto che il secondo colpo sembri attratto dal terzo potrebbe essere interpretato come la modifica dell’ultimo segnale nervoso sul precedente. L’attività nervosa dovuta ai colpetti successivi rimodella i precedenti e persiste nella sensazione anche perché è seguita da una quiete sensoriale, nessuno stimolo viene erogato successivamente a P3. Esami successivi mostrano che il colpetto fantasma della saltazione viene avvertito come più indistinto, meno netto rispetto ai P1 e P3 in definizione spaziale e intensità, e questo quanto più l’intervallo temporale P2-P3 è ridotto.

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2.4.1.b

L'illusione aptica di Hayward

Un'affascinante risultato di una ricerca di Vincent Hayward consiste nella possibilità di percepire lo scorrimento di un risalto tramite sole forze tangenziali.

Con un semplice pettine e una matita si può sperimentare l'illusione aptica di Hayward: si tratta di poggiare un dito sui denti del pettine e far scorrere sui fianchi dei denti la matita [20]. Si ha l'impressione che un “dosso” scorra sotto il polpastrello. A dispetto del minuscolo spostamento orizzontale reale, l'impressione (falsa) di spostamento verticale è sensibile.

In figura, le frecce mostrano la distribuzione puntuale delle forze un campo di forze orizzontali. Con questo stimolo il soggetto non riceve informazioni di natura geometrica ma solo di natura meccanica eppure ciò che avverte è una forma. Qualitativamente possiamo affermare che lo spostamento verticale avvertito è circa la metà della larghezza del campo di forze laterali: con un attuatore quadrato di un centimetro si dovrebbe poter percepire un dislivello di 5 mm.

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2.4.1.c Un’illusione

macroscopica

Un meccanismo simile a quello di Hayward è quello alla base di un’altra illusione aptica più propriamente propriocettiva, che è stata riportata da Flanagan e Lederman. Partendo dagli esperimenti di Hayward [17] essi affermano che si possono ottenere informazioni di natura geometrica da un sistema di forze: è dunque possibile, col solo uso di un sistema di forze, determinare una forma geometrica. La percezione di una forma, (rilevata nel sistema percettivo aptico sulla base di informazioni fornite da sensori propriocettivi) sembra risentire più della modulazione delle forze di contatto che degli spostamenti rilevati nelle giunzioni articolari.

Abbiamo visto come un’esplorazione tattile possa mostrare seri vantaggi rispetto ad un’esplorazione solo visiva: una mano “vede” anche dietro l’oggetto quando lo percorre e in quel caso le funzioni percettive e di movimento sono strettamente connesse: i movimenti delle mani sono quelli che servono per ottenere le informazioni geometriche che si vogliono cercare. In un’esplorazione aptica il soggetto muove le mani per seguire la forma dell’oggetto ripetendo su altra scala ed in modo attivo quello che la pelle, nella zona di contatto, fa quando segue la superficie adattandosi passivamente ad essa, non essendo la pelle in grado di modificare attivamente la propria forma per aderire fedelmente all’oggetto.

Appare dunque vantaggioso poter indurre nel sistema propriocettivo, primo attore del riconoscimento delle forme in base alle informazioni dei recettori muscolotendinei e articolari, l’illusione di riconoscere una forma in realtà inesistente.

Nell’esperimento condotto da DeLaTorre e Hayward [9] i soggetti dovevano far scorrere le dita, impegnate in un ditale, su una superficie sottratta alla loro vista ed indicare se tale superficie fosse liscia oppure avesse affossamenti o dossi.

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Le mani dei soggetti sono in posizione orizzontale, il dorso verso l’alto, e vengono mosse secondo una direzione orizzontale. Pertanto le dita risultano allineate al carpo ed all’avambraccio.

I ditali utilizzati sono in grado di trasmettere forze sul piano orizzontale e grazie a questo espediente è stato possibile ricreare il sistema delle forze sul dito mentre questo percorre un dislivello. Quando il ditale percorre un dosso, le forze orizzontali prima si oppongono al movimento e poi lo accompagnano (accade il contrario se si segue una cunetta). Nel contempo le forze verticali guidano il dito nella variazione di quota.

Nel corso dell’esperimento si dimostrò che omettendo le forze verticali, il soggetto sentiva ugualmente un dislivello, che identificava comunque come dosso. Addirittura, compensando le forze verticali occorrenti nell’attraversare una cunetta reale è stato possibile far avvertire all’utente un dosso virtuale in luogo di un affossamento reale e viceversa. Da questi risultati consegue che l’informazione critica sulla forma percepita al tatto propriocettivo è fornita da un sistema di forze orizzontali, ovverosia tangenti alla pelle nella direzione d’esplorazione, la cui importanza è tale da sovrastare le evidenze geometriche dell’oggetto.

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Non è stata verificata la sussistenza di tale illusione in diversi modi di applicazione del contatto: ad esempio se il dito è poggiato sul ditale in posizione differente o se è mantenuto in una posizione più verticale rispetto alla superficie da esplorare.

Ulteriore interrogativo sta nella realizzabilità di tale illusione percettiva in condizioni diverse dall’esplorazione, come ad esempio durante una presa.

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