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Academic year: 2021

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(1)

CAPITOLO 3

Tecnica delle funzioni modulanti

3.1

Introduzione

La tecnica delle funzioni modulanti è una tecnica di identificazione off-line che permette di identificare un processo a partire solamente da una misura sufficientemente lunga degli ingressi e delle uscite ( e non delle loro derivate) .Questa tecnica permette di identificare un modelli sia lineari che non lineari Risultati particolarmente apprezzabili si hanno nel caso di sistemi di tipo Hammerstein, caratterizzati da una non linearità statica seguita da una parte lineare. In questo lavoro però la tecnica viene applicata esclusivamente per trovare un modello lineare del convertitore in esame e per identificare il sistema di due convertitori in parallelo. L’identificazione lineare ci consentirà di sfruttare a pieno la fase di modellazione, permettendoci di usare i modelli ottenuti con le tecniche viste al capitolo 2 come punti di riferimento e di confronto.

Verrà qui illustrata brevemente la teoria delle funzioni modulanti e la sua applicazione ai sistemi lineari.

(2)

3.2 Le funzioni modulanti

L’idea risale all’inizio degli anni ’50, quando Shinbrot suggerì di applicare una tecnica basata su un’azione integrale per determinare i parametri in sistemi non lineari d’ordine elevato. In particolare si consideri il sistema lineare tempo invariante descritto da:

0 1 1 0 1 1 ... ... ) ( ) ( ) ( a s a s a b s b s b s U s Y s G n n n n m m m m + + + + + + = = − − − (3.1)

con nm. Passando nel dominio del tempo, il sistema è descritto dall’equazione:

n a y( )(t) bu( )(t) n m 0 i m 0 i i i i i = ≥

= = (3.2)

dove u(t),y(t) rappresentano rispettivamente il segnale di ingresso e quello di uscita che vengono presi direttamente dal sistema vero, u(i)(t),y(i)(t) sono le loro derivate, e

{

}

i i b

a ,

sono i parametri ignoti del sistema. Senza perdere di generalità si può supporre che a0 =1, e quindi i parametri da identificare diventano m+n+1. Si definisca ora un insieme di funzioni continue Φi(t),dette funzioni modulanti, con le seguenti proprietà:

[ ]

  Φ ∈ = Φ altrove T t t t 0 , 0 ) ( ) ( (3.3) n C t ∈ Φ )( (differenziabile n volte) (3.4)

(3)

0 ) ( ) 0 ( () ) ( =Φ = Φi i T i =0,1,...,n (3.5)

dove T rappresenta un intervallo temporale ed è un parametro della funzione.

Moltiplicando entrambi i membri della (3.2) per Φ(t) e integrando nell’intervallo [0,T], si ha:

( )

∑ ∫

( ) = = = n 0 i m 0 i i T 0 i T 0 i i y dt b u dt a Φ Φ (3.6)

Risolvendo con l’integrazione per parti e sfruttando l’ultima proprietà fra quelle sopra elencate si ottiene un’equazione algebrica lineare nei parametri incogniti

{

a ,i bi

}

:

=

=

= n 0 i m 0 i i i i i

b

a

α

β

(3.7) dove

( )

( )

( )

( )       = Φ − = = Φ − =

T i i i i i T i i i T u dt t u t T y dt t y t 0 ) ( ) ( 0 ) ( ~ ) ( ) ( 1 ) ( ~ ) ( ) ( 1 β α (3.8)

(4)

Per determinare tutti i parametri incogniti, sono necessarie almeno m+n+1 equazioni indipendenti come la (3.7); queste si possono ottenere usando un insieme di almeno m+n+1 funzioni modulanti diverse, oppure usando sempre la stessa Φ(t)ma variando l’intervallo di integrazione ad esempio come (0,T), (T,2T), (2T,3T),…….o anche sovrapponendo parzialmente i vari intervalli; l’importante è che le equazioni ottenute siano linearmente indipendenti, e quindi che il segnale d’ingresso sia sufficientemente eccitante. Per avere una soluzione più affidabile è preferibile avere un sistema sovradeterminato (più equazioni che incognite), che può essere risolto con il metodo dei minimi quadrati mediante la pseudoinversa:                     − ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ − =                     ⋅ ⋅                     − ⋅ − ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ − ⋅ − ⋅ 0 10 0 1 1 1 , 1 10 1 11 k m n km k kn k m n b b a a α α β β α α β β α α (3.9) Ax=bx=(ATA)−1ATb (3.10)

Le equazioni (3.8) mostrano chiaramente come il principale vantaggio di tale metodo sia la necessità di conoscere le derivate delle funzioni modulanti ma non quelle dei segnali u(t)e

) (t

(5)

derivate dei segnali.. Di fatto però la derivazione amplifica l’effetto del rumore sul segnale e quindi le soluzioni che si troverebbero sarebbero errate soprattutto per sistemi di ordine elevato. Con l’introduzione delle funzioni modulanti , è sufficiente conoscere solo le derivate delle Φ. L’operazione di integrazione nel tempo che viene compiuta con le funzioni modulanti, equivale a fare la convoluzione fra l’ingresso o l’uscita e la funzione modulante. Questo in frequenza corrisponde a filtrare i segnali u(t), y(t) e le loro derivate con filtri passa-basso o passa-banda secondo la funzione scelta.

Per la generazione di un sistema di equazioni linearmente indipendenti ci sono due alternative:

- La stessa funzione modulante viene traslata lungo il segnale misurato e i vari integrali vengono sviluppati su diversi intervalli temporali che possono anche essere parzialmente sovrapposti; in tal caso è necessario avere fatto misure lunghe dei dati.

- Vengono usati insiemi diversi di funzioni modulanti, con le loro derivate, sugli stessi dati; allora si possono effettuare misure più brevi, con lo svantaggio che ai vari segnali vengono applicati filtri diversi e questo può influenzare i parametri stimati

3.3 Le funzioni Spline

Il metodo proposto originariamente da Shinbrot non ha mai avuto sostanziali modifiche nel corso degli anni; gli studi si sono concentrati soprattutto sulla scelta di particolari funzioni modulanti che dessero risultati migliori, alcuni esempi significativi sono:

(6)

le funzioni di Shinbrot:           = Φ altrove T t T nt sin t n 0 ] , 0 [ ) ( π (3.11)

Cahen e Loeb hanno proposto:

   − ∈ = Φ altrove T t t F t T t t n n 0 ] , 0 [ ) ( ) ( ) ( (3.12)

Con n un parametro di ordine e F(t) funzione differenziabile n-1 volte. Takaya ha suggerito:

Φ(i) =(1)ieτ/2Hi(τ) i=1,2,....,n (3.13)

dove Hi(t) è la funzione di Hermite di ordine i.

Rao in diverse pubblicazioni ha proposto l’uso di filtri di Poisson.

Più recentemente Lee e Pearson hanno usato un insieme di funzioni sinusoidali e ortogonali legate alla Fast Fourier Trasformation.

(7)

( ) ( 1) (( ) ) 0, 1,... 0 0 = ± − +     − = Φ

= m t j m k cas j k t k j j m ω (3.14) ) ( ) cos( ) ( t t sin t cas con ω = ω + ω

L’algoritmo d’identificazione usato in questo lavoro si basa sulle funzioni proposte da Maletinsky alla fine degli anni ’70 e poi sviluppate successivamente: le Spline.

Si prenda in considerazione un gruppo costituito da n+1 funzioni modulanti:

Φn =

{ }

Φn,j j=0,1,....n (3.15)

dove il primo indice si riferisce all’ordine della funzione modulante e il secondo alle volte che essa è stata derivata, ovvero data Φn,0 la Φn,j si ricava facendo:

jn j j n t ∂ Φ ∂ = Φ ,0 , (3.16)

Se il gruppo è composto dalle Spline allora:

= −     − = Φ n i i n n i iT t n t 0 , ( ) ( 1) δ( ) (3.17)

(8)

δ(t) è la funzione delta di Dirac e T è il tempo caratteristico; le altre funzioni del gruppo si ottengono per successive integrazioni, vale a dire:

( ) ... ( ) 0,1,...., [0, ] 0 0 , , t t dt k n t nT nT nT k n n j n k j n = Φ = ∈ Φ

− =    (3.18)

L’espressione analitica completa che descrive le funzioni modulanti spline è:

       = −     − − = −     − = − Φ

= = n i t jT j n n i t jT g j n t T n j j n j j ni 0 0 ) ( ) 1 ( 1 ,..., 1 , 0 ) ( ) 1 ( ) ( δ (3.19)     ∈ − − − = − − − altrove nT jT t i n t jT t jT g i n ji 0 ] , [ )! 1 ( ) ( ) ( 1 (3.20)

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- In ogni sottointervallo [iT,(i-1)T] per i=0,1,2,…,n-1 le funzioni sono polinomi d’ordine n-1.

- Le spline si comportano come dei filtri passa basso

La prima proprietà vale in quanto per la proprietà (3.5) si ha che:

Φ = −

Φ nT nT i n j j n f t dt f t dt 0 0 ) ( 0 , , ( ) ( 1) ( ) (3.21)

La seconda proprietà è messa bene in evidenza dai diagrammi di Bode; quello relativo all’ampiezza della funzione modulante è riportato in figura 3-1 .

(10)

100 101 -300 -250 -200 -150 -100 -50 0 50 100 A mpi ezza [d b] Frequenza [rad] 0 7

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3.4 Scelta dei parametri delle funzioni modulanti

Per effettuare un’accurata identificazione dei parametri è importante scegliere opportunamente l’ingresso con cui testare il sistema, l’ordine della funzione spline. l’ampiezza della finestra di integrazione e il tempo caratteristico.

3.4.1 Il segnale di ingresso

Il segnale di ingresso da utilizzare per la identificazione deve avere una estensione spettrale tale da sollecitare il sistema su tutta la sua banda caratteristica, in modo da ottenere informazioni su tutte le componenti della risposta armonica.

Una buona scelta, già sufficientemente sperimentata, è rappresentata da un segnale costituito dalla somma di gradini di ampiezza casuale , generalmente ottenuto mediante campionamento e tenuta di un segnale casuale (distribuzione gaussiana).

3.4.2 L’ordine n.

Se il sistema da identificare è di ordine q, per come sono costruite le spline, occorre scegliere l’ordine delle funzioni modulanti almeno pari a q; infatti Φq,0 risulta derivabile q

volte, ed è così possibile scrivere il sistema di equazioni in conformità con la (3.9). C’è comunque da considerare che, dovendo il metodo essere implementato al calcolatore con un qualsiasi algoritmo d’integrazione numerica, la funzione integranda non può essere discontinua, altrimenti non si avrebbero risultati corretti. Infatti, se ad esempio si integra la funzione di fig. 3-2 il cui valore passa da +a a –a per t=t0, il valore dell’integrale dipende

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d’integrazione deve essere fisso e il calcolo dell’integrale utilizza la regola dei trapezi, il risultato dell’integrale è sempre nullo qualunque sia t0; questo può causare un errore

notevole nel calcolo.

t2 t1

Area

t2 t1 t0

∆t

a

-a

Fig. 3.2 Una funzione discontinua e il valore del suo integrale.

Per questo motivo l’ordine della Φ è scelto almeno due volte più grande dell’ordine del sistema cioè n ≥ q + 2, e sono escluse dalla scelta delle funzioni modulanti le Φn,n e Φn,n-1

che sono discontinue poiché rappresentano rispettivamente una sequenza di delta di Dirac e un’onda simile a quella rettangolare.

3.4.3 Il tempo caratteristico T.

Le proprietà filtranti dipendono molto dalla scelta di questo parametro, infatti le funzioni modulanti sopprimono le frequenze superiori a 1/T. Per questo T è scelto come compromesso fra l’eliminazione di componenti stocastiche di disturbo e il passaggio di frequenze significative per il processo da identificare. Di solito si sceglie uguale alla

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costante di tempo dominante del sistema. Fissati l’ordine n e il tempo caratteristico T nT rappresenta la finestra di integrazione (o di identificazione).

n=1 n=2 n=3 n=4 n=5 n=6

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3.5 Il software di identificazione usato

In questo lavoro, la identificazione con funzioni modulanti e stata condotta usando una libreria di funzioni matlab realizzata da L. Sani e parzialmente modificata da D. Corsanini con l’estensione della funzione principale al caso di non linearità di tipo Hammerstein La funzione matlab principale e la seguente:

[num,den cnl]= mf_ident (T,np,nz,g,nomefile)

La descrizione dei parametri di ingresso è la seguente: T = ampiezza della finestra di identificazione;

np :numero di poli del sistema da identificare; nz: numero degli zeri del sistema da identificare,

g: grado della non linearità da identificare ( nel nostro caso sarà sempre zero dal momento che identificheremo esclusivamente modelli lineari );

nomefile: nome del file con estensione ,mat contenente i vettori f, u, t, corrispondenti rispettivamente alla misura dell’uscita, alla misura dell’ingresso e agli istanti di campionamento.

Per i parametri di uscita:

num: vettore contenente i coefficienti del numeratore della funzione di trasferimento; den. Vettore dei coefficienti del denominatore della funzione di trasferimento;

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Tale funzione compone il sistema algebrico descritto dalla (3.9), ne calcola la soluzione mediante pseudoinversa e restituisce i coefficienti trovati.

Figura

Fig. 3-1 Diagramma di Bode dell’ampiezza delle funzioni spline.
Fig. 3.2 Una funzione discontinua e il valore del suo integrale .
Fig. 3-3 I primi 6 gruppi di funzioni modulanti di tipo spline.

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