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L’obiettivo dell’intervento consiste nella rimozione completa della neoplasia con possibile salvaguardia di quelle strutture la cui lesione è causa di complicanze quali l’incontinenza e il deficit erettile

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4 INTRODUZIONE

• La prostatectomia radicale retropubica: cenni di anatomia e di tecnica chirurgica.

La prostatectomia radicale retropubica (PRR) è oggi considerata il trattamento più efficace per il carcinoma prostatico clinicamente localizzato

1,2

.

L’obiettivo dell’intervento consiste nella rimozione completa della neoplasia con possibile salvaguardia di quelle strutture la cui lesione è causa di complicanze quali l’incontinenza e il deficit erettile

3,4

.

L’incidenza dell’incontinenza urinaria riportata in letteratura dopo PRR varia dal 2,5% all’87%. Queste significative variazioni possono essere spiegate dalla differente lunghezza del follow-up, dalla differente definizione di “continenza” e dal fatto che esistono pochi studi prospettici che utilizzano metodi oggettivi di valutazione della continenza come il PAD test in 1 h o nelle 24 h e/o indagini urodinamiche

5,6,7

. Inoltre la maggior parte degli studi sono comunque retrospettivi e spesso non considerano separatamente l’incontinenza dopo PRR e dopo resezione endoscopica

5

.

Altri fattori incidono sul tasso di incontinenza quali l’età dei pazienti

8

, la

lunghezza funzionale dell’uretra

9

, i precedenti interventi di resezione

transuretrale della prostata

9,10

, la preparazione dell’apice prostatico, la

(2)

5 preservazione dei fasci neurovascolari

11

e del collo vescicale nonché l’esperienza del chirurgo

9,10,12,13,14

.

Le cause di incontinenza sono da attribuirsi ad incompetenza sfinterica associata o meno ad instabilità del detrusore

15,16,17

e diminuita compliance vescicale

18

.

Nell’uomo ci sono tre meccanismi che giocano un ruolo importante per garantire la continenza, con una stabile funzione detrusoriale: lo sfintere prossimale (collo vescicale), la prostata, lo sfintere uretrale distale (striato) o rabdomiosfintere che circonda ad “omega” l’uretra membranosa

5,19

.

Il fatto che l’intera uretra posteriore, dal collo vescicale fino all’area posta distalmente rispetto al veru montanum, rappresenti un effettivo meccanismo di continenza è avvalorato dai profili di pressione uretrale che evidenziano tipicamente una curva continua di pressione in aumento dal collo vescicale fino allo sfintere striato. La lunghezza di questo intero segmento costituisce la lunghezza funzionale dell’uretra.

L’alterazione chirurgica del collo vescicale e dell’uretra posteriore accorcia la lunghezza funzionale dell’uretra stessa e incide pertanto sulla continenza

20

.

È fondamentale durante l’intervento chirurgico di PRR eseguire una

corretta sezione dell’uretra, evitando da un lato di lasciare possibili residui

prostatici, dall’altro incidendo troppo distalmente, di sacrificare un tratto di

uretra funzionalmente importante ai fini della continenza. Ciò nonostante si

(3)

6 verifica comunque una perdita di continuità della muscolatura liscia vescico-uretrale ed una perdita variabile della copertura fasciale dell’uretra membranosa e del muscolo elevatore dell’ano.

Facendo un breve richiamo di anatomia con riferimento ai lavori originali del gruppo di Walsh

21

, possiamo dire che l’apporto ematico arterioso della prostata arriva attraverso l’arteria vescicale inferiore che si divide, dopo aver dato alcuni rami alle vescichette seminali, nelle arterie centrali e capsulari.

L’arteria uretrale è di fatto quella che irrora la porzione del collo vescicale, la porzione dell’uretra peri-collo-vescicale e l’iniziale tratto di uretra intraprostatica, mentre parte dell’arteria capsulare irrora la porzione periferica della ghiandola prostatica.

L’arteria pudenda interna contribuisce alla maggior parte dell’apporto vascolare a livello dei corpi cavernosi, così come i suoi rami di divisione, le arterie capsulari contribuiscono in parte all’erezione.

L’aspetto più noto degli studi anatomici di Walsh è la definizione del

plesso di Santorini. La vena dorsale esce al di sotto della fascia di Buck,

supera il diaframma urogenitale, penetra all’interno dello scavo pelvico e il

tronco comune che qui si trova, si divide in due vene laterali ed una vena

dorsale superficiale. Quest’ultima si trova al di fuori della fascia pelvica; le

altre due strutture vascolari che si portano lateralmente, coperte dalla fascia

pelvica, pongono dei problemi nel momento in cui si incide la stessa. I due

(4)

7 rami laterali del plesso venoso scendono verso il basso, si anastomizzano con la vena emorroidaria media e con la vescicale e vanno a formare la vena vescicale inferiore insieme ai rami provenienti dalla vena otturatoria.

Per quanto riguarda l’anatomia nervosa, l’elemento cardine è il plesso pelvico che è responsabile dell’innervazione autonoma ed è costituito da fibre parasimpatiche viscerali pregangliari che nascono dal centro sacrale S2-S4 e dalle fibre simpatiche pregangliari, che prendono origine dal centro toraco-lombare T11-L2 e che si vanno a fondere nel plesso. Il plesso ha una struttura triangolare il cui apice viene a trovarsi a ridosso dell’apice delle vescichette seminali. Da qui in avanti i nervi decorrono lungo la porzione postero-laterale della ghiandola prostatica, estremamente a ridosso delle strutture vascolari capsulari.

Walsh, descrivendo la sua tecnica di PRR retrograda, presta una particolare attenzione all’area anatomica tra l’uretra e il complesso venoso dorsale, dimostrando con una serie di studi, prima autoptici poi sul paziente, la possibilità di creare un piano attraverso cui passare un clamp ad angolo retto che consenta di avere un isolamento anatomico delle vene per poterle legare e sezionare riducendo i rischi di lesione

22

.

L’altro elemento cardine nell’approccio al complesso dorsale è la

percezione da parte di Walsh che all’interno dei legamenti pubo-prostatici

non c’è apporto vascolare, per cui incidendo esclusivamente il legamento,

che ha una struttura fibrosa, si può avere un’agevole esposizione del

(5)

8 complesso venoso dorsale, averne un controllo e legarlo evitando così un sanguinamento importante, difficile da controllare in questa sede.

Lo stesso Walsh ha provato a non suturare il complesso dorsale a scapito di possibili importanti sanguinamenti, pertanto tuttora la sua tecnica prevede la legatura generalmente in sutura continua dello stesso

23

.

L’emostasi del plesso venoso del Santorini secondo Myers può essere effettuata mediante la “bunching technique” che utilizza un clamp di Babcock e punti transfiggenti in Dexon o Polisorb 2-0 con ago curvo.

L’ulteriore emostasi, essenzialmente venosa, viene ottenuta mediante una sutura continua in Monocryl 3-0 posta sui margini esterni dello sfintere striato e del complesso venoso.

In alcuni casi possono essere presenti in corrispondenza del margine posteriore del complesso dorsale, alle ore 5 e 7, alcune vene circonflesse che devono essere incluse nella sutura.

È comunque teoricamente sconsigliabile l’affastellamento delle strutture apicali per il conseguente stiramento dei fasci dell’elevatore dell’ano.

Legato il complesso dorsale si passa poi alla sezione dell’uretra.

Mentre la prostata viene dislocata cranialmente in modo da evidenziare la giunzione prostato-uretrale, vengono sezionati i 2/3 anteriori dell’uretra.

Questa viene incisa preservando il collicolo seminale. A questo punto

possono essere posizionati sull’uretra dei punti di sutura in Polysorb 3-0; si

possono passare prima i punti anteriori, mentre i punti posteriori vengono

(6)

9 posizionati una volta rimossa la prostata sulla guida di un catetere semirigido.

Il tempo successivo consiste nell’isolamento e nella preservazione dei fasci neurovascolari nei casi in cui sia possibile eseguire una tecnica “nerve- sparing”.

I fasci neurovascolari decorrono all’interno della fascia pelvica laterale

composta da due foglietti, la fascia dell’elevatore dell’ano e la fascia

prostatica, scendono poi a riunirsi sulla linea mediana a ridosso dell’apice

prostatico dove è più facile lesionarli. È necessario separare i due foglietti

suddetti iniziando dal collo vescicale e proseguendo verso l’apice

prostatico. La prostata è ricoperta a sua volta dalla fascia prostatica, una

riflessione della fascia pelvica di cui è di fatto la continuazione. Nelle

tecnica originale di Walsh si ottiene uno scollamento ed una

lateralizzazione delle strutture neurovascolari, mediante il passaggio di

clamp successivi, uno vicino all’altro e scollando il tessuto fibro-adiposo al

di sopra e lateralmente alla prostata, fino ad avere una esposizione laterale

della prostata stessa. Una volta lateralizzati i fasci neurovascolari, le

strutture nervose restano al di fuori del piano chirurgico e la divisione

successiva del collo vescico-prostatico avviene con risparmio completo sia

delle strutture nervose che di quelle vascolari. È intuitivo che, se prima di

procedere in questo tentativo di risparmio delle strutture nervose è stata

mobilizzata la fascia endopelvica, incidendola profondamente, tutto il

(7)

10 plesso erettore si innalza verso l’alto e rischia di essere coinvolto nelle manovre di dissezione. È pertanto importante, se si intende eseguire una tecnica “nerve-sparing”, cercare di preservare la fascia endopelvica.

Il passaggio cruciale in un intervento che preveda il risparmio dei plessi erettori non è lateralmente alla prostata, ma all’apice della stessa, al congiungimento dell’uretra con la prostata, dove si ha il punto di maggiore connessione del plesso erettore con l’uretra. Per non ledere i nervi erettori la sezione deve essere superselettiva: occorre isolare i peduncoli senza mai distanziarsi per più di 3 o 4 mm dalla prostata. A volte, durante questa manovra, si può verificare un discreto sanguinamento e questo è un punto su cui Walsh spesso si è soffermato: il tentativo di avere un perfetto controllo vascolare durante le prime fasi dell’intervento può portare talvolta a provocare un’involontaria lesione del plesso nervoso.

Dopo aver risparmiato o sacrificato i fasci neurovascolari, si procede alla

dissezione posteriore e alla sezione dei peduncoli laterali che si trovano tra

il margine laterale delle vescicole seminali (ricoperte dalla fascia di

Denonvilliers) e la fascia pelvica laterale. La fascia di Denonvilliers viene

incisa in corrispondenza dell’apice delle vescicole seminali. A questo punto

la base prostatica è completamente libera. Alcuni chirurghi preferiscono

isolare le vescicole seminali e separarle dai dotti deferenti in questa fase

dell’intervento. Altri invece preferiscono eseguire la loro asportazione dopo

la sezione del collo vescicale. Indipendentemente dalla tecnica utilizzata, la

(8)

11 dissezione delle vescicole seminali deve essere condotta con accuratezza, soprattutto a livello del loro margine laterale, per evitare lesioni del plesso pelvico.

La fase successiva prevede la sezione del collo vescicale. Secondo la tecnica di Walsh, una volta identificata la giunzione prostato-vescicale, si seziona il collo con bisturi elettrico, creando così un ampio orifizio che viene poi ridotto mediante punti di sutura a “racchetta” posteriore (Figura 1a). Questa tecnica è obbligatoria nei casi di pregressa resezione prostatica,

di grande lobo medio e di formazione neoplastica della base prostatica o in particolare della zona transizionale. In altri casi è possibile, a seconda delle preferenze dell’operatore, preservare o meno il collo vescicale.

Alcuni autori preferiscono preservare il collo vescicale (tecnica bladder neck-sparing), (BNP): identificata la giunzione prostato-vescicale, si esegue una dissezione accurata della stessa per tutta la sua circonferenza, preservando la muscolatura circolare del collo, sino ad esporre la mucosa dell’uretra prossimale

12,13,14,24,25

(Figura 1b).

La mucosa uretrale viene incisa, il catetere vescicale viene rimosso e l’eversione della mucosa viene realizzata con punti staccati in Monocryl 3- 0. La cavità creata a livello del collo vescicale è generalmente di calibro piccolo ed adeguato all’uretra membranosa (22-28 Ch).

Previo posizionamento di un catetere Foley 20 Ch, si procede alla

anastomosi vescico-uretrale utilizzando i punti precedentemente passati

(9)

12 sull’uretra. Il numero di punti da passare è a tutt’oggi oggetto di dibattito;

l’importante è evitare la tensione dell’anastomosi che può causare una lacerazione o un ischemia del moncone sfinterico periuretrale e non permettere un perfetto accostamento delle due superfici, vescicale ed uretrale.

In sintesi, la continenza urinaria può essere compromessa in fasi diverse della PRR. L’apertura della fascia endopelvica e la sezione dei legamenti pubo-prostatici non dovrebbero danneggiare i nervi deputati alla continenza, potrebbe verificarsi un danno dello sfintere esterno nel caso in cui la sezione dei legamenti stessi sia troppo vicina alla sinfisi pubica.

Infatti una sezione dei legamenti a metà tra la prostata e la sinfisi pubica lascia i legamenti pubo-uretrali posteriori ed intermedi intatti. Questi ultimi forniscono un’importante supporto all’uretra poiché proteggono il rabdomiosfintere dai danni provocati da trazioni accidentali.

La manovra di isolamento, legatura e sezione del complesso venoso dorsale profondo, con conseguente esposizione dell’uretra e dell’apice prostatico, non comporta di per sé un danno al meccanismo sfinterico, tuttavia il posizionamento troppo laterale di punti di sutura, in caso di emorragia persistente, può danneggiare i nervi deputati alla continenza e devitalizzare lo sfintere.

Il punto critico per i nervi deputati alla continenza è rappresentato

dall’isolamento dell’apice prostatico e dalla sezione dell’uretra. Dall’uretra

(10)

13 si innalzano fibre muscolari molto esili che si embricano su tutto l’apice prostatico e che contribuiscono al meccanismo della continenza

25,26

.

Risulta a questo proposito delicata la fase di separazione dell’uretra dal retto, facilitata dal trazionamento verso l’alto del catetere vescicale per permettere così la sezione della restante uretra posteriore sotto visione.

Dopo la sezione dell’uretra, l’ulteriore dissezione dell’apice prostatico si accompagna ad una bassa probabilità di danno al meccanismo della continenza. Poiché i nervi decorrono al di sotto della fascia dell’elevatore dell’ano, essi non vengono alterati dalla sezione dei peduncoli prostatici laterali e del collo vescicale.

I rami del plesso ipogastrico inferiore decorrono in corrispondenza dell’apice delle vescicole seminali e possono venire danneggiati durante l’isolamento delle vescicole seminali stesse.

È stato ipotizzato che la preservazione dei fasci neurovascolari possa

incidere sulla continenza, infatti, risparmiando i nervi cavernosi potrebbero

anche essere preservati i rami nervosi somatici che raggiungono lo sfintere

uretrale, deputati alla continenza. Inoltre nel confezionamento

dell’anastomosi vescico-uretrale possono essere danneggiati i nervi

deputati alla continenza che entrano nell’uretra ad ore 5 e 7, a causa del

posizionamento in questa sede dei punti di sutura. Infatti, per i fili

posteriori, la sutura non deve superare gli 8 mm al fine di evitare ogni

traumatismo delle strutture nervose

26,27

.

(11)

14 Figura 1a.

Riduzione dell’orifizio sul collo vescicale mediante tecnica di sutura ”a racchetta” posteriore.

Figura 1b.

Tecnica Bladder neck-sparing (BNP).

Riferimenti

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