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3. Aspetti agroambientali del Parco delle Cinque Terre

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Academic year: 2021

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3. Aspetti agroambientali del Parco delle Cinque Terre

La zona delle Cinque Terre, rappresenta un’area di elevato pregio sia paesaggistico che ambientale (Parco Nazionale e Patrimonio Mondiale dell’umanità – UNESCO-SIC-AMP), caratterizzata da un paesaggio agrario terrazzato plurisecolare. Le Cinque Terre ad oggi, sono in pericolo, basta guardare vecchie foto della costa per rendersi conto di come il processo di degrado ambientale stia avanzando. In questa zona le problematiche di tipo ambientale che causano il degrado del territorio, riguardano differenti aspetti. Le cause principali di questa situazione sono: l'abbandono delle terre coltivate, la diminuzione della popolazione. Altre cause sono, inoltre, da ricercare nelle caratteristiche orografiche e la fragilità idrogeologica del territorio , nell'aumento dell'urbanizzazione e delle infrastrutture, l'eccessivo sfruttamento delle risorse,

l'inquinamento di ogni genere, nella pressione esercitata dal turismo

e l'introduzione di specie esotiche ed invasive negli ecosistemi (cinghiali) . Il paesaggio delle Cinque Terre con le sue colline coltivate a terrazzamenti è un paesaggio costruito dall'uomo, richiede manutenzione e lavoro. Purtroppo coltivare la vigna in questo territorio non è ne facile e spesso poco redditizio. Quello che per secoli è stato l'unico modo per procurasi da vivere si è via via trasformato in un hobby del weekend e poco a poco nel graduale abbandono. Le nuove generazioni non lavorano più nei campi. Ne risulta che ogni anno franano chilometri di muretti che nessuno ricostruisce. La popolazione delle Cinque Terre sta invecchiando e diminuendo esponenzialmente. Questo perché i giovani non trovando lavoro in loco e quindi si trasferiscono.

La tutela del territorio in generale, dell'ambiente agricolo e delle produzioni agroalimetari, sono fondamentali per mantenere intatte le caratteristiche di questo territorio (Storti M. 2007).

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3.1 Abbandono del territorio

Oggi, l’emigrazione e l’abbandono dell’attività agricola stanno provocando una rottura di questo biosistema, dove viene meno la presenza dell’uomo, paradossalmente, il degrado è immediato e la macchia prende il sopravvento. Infatti, i terrazzamenti hanno contribuito in maniera decisiva alla stabilità idrogeologica dei versanti e dei centri abitati e hanno creato un paesaggio unico al mondo. Nelle Cinque terre il processo di abbandono dei versanti a terrazzamento agricolo (principalmente vigneti) mette in evidenza gli importanti significati ambientali che questi rivestono nella stabilità dei versanti attraverso il controllo dell’erosione e la gestione delle acque meteoriche. In corrispondenza di intensi eventi meteorici, sempre più frequenti negli ultimi anni, si è osservato che i fenomeni erosivi e i dissesti colpiscono in particolare le coltri detritiche tra cui gli ex coltivi (le aree in abbandono). Tale aspetto, unitamente ai sopracitati caratteri ambientali, ha comportato ed ha favorito il progressivo degrado dei versanti attraverso lo sviluppo di sempre più estesi fenomeni erosivi e gravitativi. In particolare, le precipitazioni dell’evento estremo del 25 ottobre 2011, hanno innescato fenomeni di dissesto accentuati e diffusi, con colate detritiche che molto velocemente si sono accumulate negli alvei e sono defluite verso valle sin dentro ai centri abitati. Una proposta c'è ed è semplice, ci sono tantissimi terreni agricoli incolti e abbandonati, perchè non sollecitare i proprietari che sono interessati a metterli a disposizione?Questi terreni potrebbero essere gestiti e utilizzati da qualsiasi persona o gruppo che voglia mantenerli produttivi. L’idea fondante proposta da 'terraxchange' è quella di creare una rete di protezione verso aree degradate per arginare la perdita di terreni produttivi, ma anche l’incuria del proprio territorio, una delle cause principali di dissesti idrogeologici. Secondo i promotori del progetto non esistono terreni “improduttivi”. Ogni spazio privato e libero ha un valore che va oltre alle valutazioni economiche, ogni terreno merita protezione e cura. Quindi tramite il portale terraxchange.it, si può trovare un coltivatore per ogni spazio agricolo disponibile. Questa potrebbe essere una proposta valida per risolvere il problema legato all'abbandono.

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3.2 Impatto da eccessivo turismo

Il turismo è una delle fonti più redditizie dell'economia delle Cinque Terre. Si tratta di forme di turismo molto varie e particolari, che vanno dal classico turismo balneare soprattutto nella località di Monterosso, Manarola, Vernazza e Riomaggiore, in cui vi è la possibilità di accedere direttamente al mare, a forme di turismo sempre più nuove legate alla cultura locale e alla possibilità di praticare sport in un territorio abbondante di ricchezze naturali. Monterosso in primis è una struttura recettiva molto attrezzata per l'accoglienza del turismo balneare, ma lungo la costa sono presenti tipiche spiaggette sul fondo di piccole insenature naturali; una di queste è la spiaggia di Guvano. Molto sviluppato è anche il turismo enogastronomico, in virtù delle produzioni tipiche della terra locale e della pesca, ma recentemente si sono sviluppate possibilità turistiche legate alle attività sportive come la pesca subacquea, il trekking e le escursioni in mountain bike. Il turismo selvaggio, quello dei grandi numeri, investe le Cinque Terre nel periodo estivo, strutturalmente incapaci di smaltire un così grande flusso di turisti. Si parla di milioni di visitatori, purtroppo concentrati in 3-4 mesi. Per via dell'afflusso turistico, il numero degli abitanti delle Cinque Terre moltiplica anche di 10 volte. I paesi (tranne Monterosso) non sono muniti di depuratore: una tubazione via mare scarica i liquami delle case ad 1-2 chilometri dalla costa. La distanza dello scarico e le forti correnti della zona sembrano sufficienti, quantomeno nella stagione invernale, a non alterare la qualità di uno dei mari più puliti. L'impatto ambientale del turismo provoca un forte degrado a livello della zona costiera e lungo i sentieri, in termini di rifiuti e inquinamento in genere, perciò si auspica ad un turismo intelligente, magari confinato, circoscritto e più responsabile.

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3.3 Erosione e dissesti idrogeologici

Le maggiori problematiche di tipo ambientale delle Cinque Terre sono legate al suolo, alle caratteristiche orografiche e morfologiche aventi eccessiva declività; tali caratteristiche conferiscono all'intero ambiente una poca stabilità, causando ingenti problematiche di tipo ambientale come: alluvioni ed erosioni del territorio

Il 25 Ottobre 2011 un nubifragio ha investito la parte nord delle Cinque Terre, colpendo Monterosso e Vernazza, causando un'alluvione che ha seriamente danneggiato i due borghi. Citando l'articolo in merito presentato dal quotidiano l'Unità:

'Il 25 Ottobre 2011, una violenta alluvione e le successive frane portano alla morte di

almeno 7 persone. I comuni più colpiti sono Monterosso e Vernazza. Il 24 settembre 2012 una frana causata dallo staccamento di un costone di roccia travolge quattro turisti australiani sulla Via dell'Amore. Strage del maltempo: 5 morti "Monterosso non c'è più". Una catastrofe. Sale a nove il bilancio delle vittime dell'alluvione che ha colpito la Liguria e la Toscana. In particolare, spiega la Protezione Civile, nello Spezzino, le persone decedute sono sette, sei a Borghetto vara e una a Monterosso mentre in provincia di Massa Carrara, ad Aulla, le vittime sono due. L'ultimo corpo recuperato è quello del volontario di Monterosso, nelle Cinque Terre, che martedì era stato travolto dall'alluvione che ha colpito il Levante ligure. "Monterosso non c'è più", dice il sindaco della perla delle Cinque Terre, Angelo Betta. Sei persone sono decedute a Borghetto Vara, piccolo paesino dello Spezzino che è stato letteralmente distrutto dall'esondazione dell'omonimo fiume. Due vittime invece ad Aulla, Massa Carrara, dove sono circa 300 le persone evacuate a causa del maltempo e ospitate al palasport della cittadina della Lunigiana. Una cinquantina di esse sono state tratte in salvo dai vigili del fuoco, intervenuti con gommoni. Strade interrotte, ponti crollati, viadotti danneggiati. I collegamenti in Lunigiana e nella bassa val di Magra sono particolarmente difficili. Squadre di soccorso sono al lavoro incessantemente da questa notte, per rimuovere i numerosi detriti causati dalle frane. Molte località sono ancora isolate e irraggiungibili se non con gli elicotteri. Squadre dei vigili del fuoco stanno anche utilizzando particolari gommoni, rinforzati, abitualmente in uso da chi pratica rafting. Nella notte salvate oltre 50 persone aggrappate agli alberi. Le autorità locali non si sbilanciano sul numero dei dispersi e degli sfollati. "L'emergenza maltempo, con vittime, esondazioni, frane, è un film visto troppe volte. Purtroppo i problemi agroambientali non sono stati affrontati alla radice e puntualmente va in scena il

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22 disastro". Lo sottolinea Confagricoltura in relazione alle avversità atmosferiche che stanno colpendo il nostro Paese. E intanto cinque sciacalli sono stati bloccati dai carabinieri ad Aulla.'

Fig. 7 Paesaggio alluvinato

Questo evento meteorologicoha causato la piena dei fiumi Vara e Magra e dei torrenti

affluenti nelle zone colpite, con inondazione di diverse entità in tutta la Val di Vara e la Val di Magra. I centri più colpiti sono quelli di Borghetto di Vara, Brugnato,Bonassola, Levanto, Monterosso, Vernazza, per la provincia di La Spezia, in provincia di Massa-Carrara, Aulla. Ad oltre una settimana dall'evento alluvionale, in previsione di una nuova e massima allerta meteo in tutta la regione (classificata come "Allerta 2" dal centro funzionale meteo-idrologico di Protezione civile della Regione Liguria, prevista dalle ore 22 del 3 novembre alle 18 del 6 novembre nei bacini liguri marittimi di Ponente, Centro, Levante e Padani di Ponente), sono state predisposte dai rispettivi sindaci di Vernazza e Borghetto di Vara ordinanze di evacuazione della popolazione a scopo precauzionale.

Uno dei fattori di esasperazione della cittadinanza colpita è stata la recidività di questi eventi sul territorio: l'alluvione del 25 ottobre 2011 ha segnato il punto massimo di tre anni catastrofici dove ad ogni pioggia sopra la media ne conseguirono disastri incalcolabili tra alluvioni e frane.

L’effetto combinato del riscaldamento globale e della modificazione dell’uso del suolo in tempi recenti, l'abbandono di tali aree, hanno portato ad una situazione di aumento del rischio alluvionale, peggiorata dalla crescente probabilità di eventi di notevole intensità.

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Il forte abbandono delle coltivazioni, l'incuria dei sottoboschi, la malattia di piante non autoctone, è stata la causa di fattori aggravanti della situazione climatica: diminuzione della resistenza geotecnica delle terre, formazione di materiale detritico organico e inorganico, occlusioni delle regimazioni delle acque. Convinzioni popolari sostengono che i fiumi sarebbero sovralluvionati dal materiale di sedimentazione, tuttavia esiste uno studio commissionato dall'Autorità di bacino interregionale del fiume Magra, elaborato dalla Facoltà di Ingegneria Civile dell'Università degli studi di Firenze, secondo il quale i tratti vallivi dei fiumi non hanno aumentato il livello del sedimento, anzi risultano incisi. Un altro punto importante pare essere lo stato di mancata manutenzione dei corsi d'acqua secondari e degli affluenti dei fiumi Vara e Magra. Secondo alcune testimonianze, nel comune di Follo, colpito dall'alluvione nella piana, pare che l'acqua non fosse direttamente proveniente dal letto del fiume, bensì dall'incapacità dei torrenti affluenti di defluirvi.

Le cause degli eventi alluvionali sono stati oggetto di procedimenti giudiziari:

 La procura della Spezia ha aperto fascicoli contro ignoti, con l'ipotesi di

omicidio colposo, per ogni vittima dell'alluvione.

Dal giorno del disastro risultarono decedute 13 persone.

I danni economici sono stati inizialmente valutati intorno ad 1 miliardo e mezzo di euro. Il 19 novembre 2011 è stato reso noto che le domande protocollate sono 947 per un importo complessivo di danni denunciati pari ad 116.213.535 euro. A queste denunce andranno aggiunte le domande che perverranno nei giorni seguenti per effetto della proroga al 30 novembre e quelle delle imprese agricole ricevute dall’Ispettorato Agrario.

Per le somme urgenze, cioè interventi realizzati nell'immediato, Vernazza aveva preventivato un ammontare di i 50,9 milioni, Monterosso di 35, Brugnato di 17,9, Borghetto 12,9, Sesta Godano di 4,1, Beverino di 6, Calice di 4,1, Ameglia di 2,1.

Le aziende spezzine che hanno chiesto aiuti, in seguito ai danni provocati dall’alluvione risultano,1.481, di cui 269 sono imprese agricole, per un complessivo indennizzo di 169 milioni di euro: 203 le richieste giunte da Monterosso, 145 da Brugnato, 109 da Vernazza e 80 da Borghetto.

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Fig. 8 Il paese dopo l’alluvione In linea generale non risulta particolarmente significativo l'impegno nella messa in salvaguardia del territorio, con lavori fatti in somma urgenza, mancanza di interventi in ambito di pianificazione, continui rilasci di permessi di costruire per grandi opere estremamente invasive. Un esempio sconcertante diventa il crollo di una frana sulla Via dell'Amore a Riomaggiore, in seguito a poche ore di pioggia.

3.4 Tutela dell'ambiente agricolo

La tutela dell’ambiente agricolo e la sua biodiversità in questo territorio, è promossa nell’ambito della politica di sviluppo rurale, dalla Comunità che offre una serie di misure. In particolare, vengono promosse misure agroambientali che prevedono il superamento delle consuete buone pratiche agricole ed altre misure che tendano, incentivando pratiche agricole di gestione sostenibile del territorio, a mantenere e far proseguire le attività agricole nelle zone svantaggiate. I regimi agroambientali sono stati introdotti nella politica agricola della UE verso la fine degli anni Ottanta, come strumento per sostenere determinate pratiche agricole finalizzate a contribuire alla tutela dell'ambiente e alla salvaguardia del paesaggio. La riforma della PAC del 1992 ha reso obbligatoria l’attuazione di programmi agroambientali da parte degli Stati membri nell’ambito dei loro Programmi di Sviluppo Rurale. La riforma della PAC del 2003 ha confermato l’obbligatorietà dei regimi agroambientali per gli Stati membri e la facoltatività degli stessi per gli agricoltori.

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Gli agricoltori che si impegnano, per un periodo minimo di cinque anni, ad adottare tecniche agricole rispettose dell'ambiente, che vadano oltre le consuete buone pratiche agricole, ricevono in cambio aiuti a titolo di compensazione dei costi supplementari e delle perdite di reddito dovute al fatto di aver modificato le pratiche agricole.

La richiesta di sicurezza alimentare e di protezione dell’ambiente, che proviene da parte dei consumatori e dei contribuenti europei, è in continua crescita e sempre più attuale. Per fornire risposte adeguate alle esigenze della collettività, i nuovi indirizzi della politica agricola comune europea prevedono che gli agricoltori, per beneficiare dei pagamenti diretti volti a preservare la stabilità dei redditi, devono rispettare un insieme di requisiti ambientali minimi ("condizionalità”); un altro principio basilare della strategia comunitaria di integrazione delle problematiche ambientali nella PAC prevede che qualora la società esiga dagli agricoltori servizi ambientali che superano i requisiti minimi, tali servizi dovrebbero essere finanziati mediante le misure agroambientali.

3.5 La tutela della biodiversità

Il primo censimento della ricchezza della natura in Italia è lo studio che il ministero dell’Ambiente ha dedicato ai parchi (“Parchi nazionali: dal capitale naturale alla contabilità ambientale”) basato su “un’analisi della biodiversità condotta in termini di specie animali e vegetali, comunità, habitat ed ecosistemi”, che dà conto di un “eccezionale capitale naturale”. Per la prima volta, viene censita “la ricchezza di piante, animali, ecosistemi e paesaggi” per contribuire alla Strategia nazionale della biodiversità, in Italia . I 23 parchi nazionali sono ritenuti come: degli “scrigni” in cui custodiamo i gioielli verdi dell’Italia su una superficie pari al 4,8 per cento del territorio con 56mila specie di animali, il numero più alto in Europa, per il 98 per cento insetti e invertebrati. In questa porzione di territorio vive il 21 per cento della flora e il 67 per cento della fauna tutelata in Italia. Il 7,1 per cento dei parchi è rappresentato da fiumi e laghi. Nelle aree protette ci sono 124 varietà di ambienti sui 149 presenti in Italia: foreste per il 36 per cento, rocce e grotte (18 per cento), torbiere e paludi (28 per cento). L'aumento dell'urbanizzazione e delle infrastrutture, l'eccessivo sfruttamento delle risorse, l'inquinamento di ogni genere e l'introduzione di specie esotiche negli ecosistemi hanno un impatto negativo enorme sulla biodiversità: nel continente europeo sono minacciati il 42% dei mammiferi, il 15% degli uccelli e il 52% dei pesci d'acqua dolce; inoltre, quasi 1 000 specie vegetali sono gravemente minacciate oppure in via di

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estinzione. Per proteggere la biodiversità e combattere l'estinzione delle specie animali e vegetali, l'Unione europea ha dato vita a 'Natura 2000'; una vasta rete di siti protetti, e annovera la tutela della biodiversità tra i principali obiettivi del Sesto programma di azione in materia di ambiente. Per tanto la tutela della biodiversità è un argomento molto ampio, che riguarda tutte le forme viventi presenti i un determinato luogo, inquanto le une sono strettamente correlate alle altre, quindi anche il minimo intervento potrebbe cambiare completamente l'intero aspetto di un ecosistema. Nel caso del territorio delle Cinque Terre, questo probabilmente si presentava ricoperto da boschi di querce fino all'inizio del Medioevo e le attività umane, in primis la realizzazione di terrazzamenti per l'uso agricolo, il taglio dei boschi per l'utilizzo del legname, l'ampia utilizzo del castagno come materiale da costruzione, il rimboschimento a conifere, gli insediamenti abitativi, la realizzazione delle vie di collegamento, hanno prodotto significativi effetti sulle comunità vegetali e sulla flora.

In conseguenza il paesaggio appare molto vario e comprende una flora con caratteristiche tipiche della macchia mediaterranea. Le specie arboree tipiche sono generalmente il Pinus pinaster (pino marittimo), Pinus halepensis (pino di aleppo),

Quercus suber (quercia da sughero) e Castanea sativa (castagno). Negli ambienti

rupestri e litoranei sono presenti numerosissime specie arbustive tipiche mediterranee come il Crithmum maritimum (finocchio di mare) e la Cineraria marina e ben visibili ovunque anche arbusteti di Laurus nobilis (alloro), Rosmarinus officinalis (rosmarino),

Thymus (timo), Helichrysum (elicriso), Capparis spinosa (cappero) e Lavandula

(lavanda) o anche numerose specie arboree e piante grasse ben visibili da molti sentieri costieri. Non è raro trovare nei pressi delle abitazioni piante ornamentali tipiche come il

Pittosporum (pittosporo). Il Parco nazionale delle Cinque Terre ha redatto l'elenco

completo delle specie vegetali (Angiospermae, Gimnosperme e Pteridophyta) presenti nel suo territorio, in un elenco floristico in cui compaiono 618 specie, cioè 1/10 circa dell'intera flora nazionale e 1/5 di quella regionale. Le ragioni di tale ricchezza vanno ricercate nella varietà di ambienti presenti nel Parco determinata dai contrasti fra substrati geologici diversi e fra aree coltivate e naturali. Le presenze più significative all'interno del territorio del Parco sono riconducibili a tre categorie: specie endemiche o subendemiche, specie di interesse estetico-paesaggistico, specie rare o al limite dell'areale.

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Le entità endemiche raccolgono specie con areale molto ristretto o con distribuzione limitata alla Liguria e all'alto Tirreno, tra le quali si possono citare: la crespolina ligure (Santolina ligustica), il fiordaliso di Luni (Centaurea aplolepa lunensis), il cavolo delle rupi (Brassica oleracea robertiana) e la campanula media (Campanula medium). Alcune specie poco competitive trovano rifugio in questi ambienti “ostili” perché la concorrenza con altre specie è minore: è il caso della genista di Salzmann (Genista

salzamannii), dell'euforbia spinosa ligure (Euphorbia spinosa ligustica) e della festuca a

foglie robuste (Festuca robustifolia). Le piante di interesse estetico-paesaggistico sono spesso le più soggette a raccolta e pertanto molte di esse sono tutelate dalla legge regionale n° 9/1984. Le informazioni relative alla fauna delle Cinque Terre sono più frammentarie rispetto alle conoscenze floristiche in ragione sia della maggiore complessità dei rilevamenti faunistici sia dell'eterogeneità e abbondanza dei gruppi tassonomici. La fauna del Parco nazionale delle Cinque Terre è oggi molto diversificata e la molteplicità degli ambienti presenti, che vanno dalle rupi alla macchia, dai boschi ai torrenti, favorisce la presenza di una grande varietà di specie tra le quali si annoverano alcune con un apprezzabile valore naturalistico.

La presenza e la diversità di specie nel Parco è correlata anche alle trasformazioni dell'ambiente prodotte dall'uomo, alle attività agricole, all'attività venatoria ed alla operazioni di ripopolamenti di alcune specie.

Nel Parco sono stati introdotti animali a scopo venatorio. Verso la metà dell'Ottocento è stata introdotta la Pernice rossa (Alectoris rufa). Il cinghiale (Sus scrofa), introdotto negli anni settanta, si è probabilmente ibridato con i suini domestici. Questa specie, fortemente prolifera, in assenza di predatori naturali, tende a riprodursi senza controllo, divenendo un problema per la salvaguardia delle colture agricole, questo tema verrà approfondito in seguito, in quanto argomento della suddetta tesi. L'ambiente, favorevole allo sviluppo della vita e habitat di svariate specie animali come il gabbiano reale, il falco pellegrino e il corvo imperiale. Tra i mammiferi è presente il ghiro, la donnola, la talpa, il tasso, la faina e la volpe. Tra i rettili che nell'ambiente roccioso prosperano si possono trovare la lucertola muraiola, il ramarro e vari serpenti come il biacco, il colubro di Esculapio e la vipera, mentre attorno ai ruscelli vivono anfibi come rane e salamandre.

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Le caratteristiche dei fondali e l'intensità e qualità della luce, che varia in relazione alla profondità, influenzano in modo determinante le presenze animali e vegetali dell'ambiente marino, la cui popolazione stabiliscono tra varie specie strette relazioni di interdipendenza dando luogo a diverse biocenosi marine.

L'area marina del Parco nazionale delle Cinque Terre è caratterizzata da fondali costieri essenzialmente di tipo roccioso ad esclusione delle spiagge di Monterosso e Corniglia, caratterizzata da una significativa ricchezza di specie, sia floristiche sia faunistiche tutelate con l'istituzione dell'Area marina protetta Cinque Terre, suddivisa in tre zone di tutela: riserva integrale, riserva generale e riserva parziale.

A partire dal piano sopralitorale, compreso tra il livello superiore delle maree e il più alto livello raggiunto continuamente dagli schizzi dell'acqua marina, si rileva la presenza di licheni. Nelle spiagge più incontaminate, con substrato sabbioso, si trovano pulci di mare, crostacei, numerosi insetti, ragni e i resti della poseidonia depositati sulla spiaggia dalle onde. Tra il livello di alta e bassa marea, nel piano mesolitorale, si incontrano i cirripedi, noti comunemente come "denti di cane" (Balanus perforatus,

Chthamalus stellatus, ecc.), i mitili (Mytilus galloprovincialis) e la Patella coerulea.

Il piano infralitorale, costantemente sommerso, che va da una profondità di 40 a 50 metri, è caratterizzato da un gradiente di luminosità decrescente cui si accompagna la presenza di specie diversamente sensibili alla luce: nella zona più superficiale si incontrano alghe brune tra le quali la Padina pavonica.

Molto variegata la componente animale: Echinodermi, Celenterati, Spugne. Tra i vertebrati, la cernia (Epinephelus guaza), le orate (Sparus aurata), le occhiate (Oblada

melanura) e numerose specie appartenenti alla famiglia dei Labridi. L'area marina

fornisce un ulteriore ricchezza faunistica. In una superficie di fondale relativamente ridotta, condividono lo spazio vitale numerosissime specie, alcune poco frequenti in altre località del mar Mediterraneo, come per esempio, le gorgonie Eunicella verrucosa e Paramuricea clavata e il mollusco Luria lurida.

Nell'ambiente marino è presente una vasta gamma di specie vegetali tipiche della zona tra cui la Cymodocea nodosa e la Posidonia oceanica.

Le prateria di Posidonia oceanica, diffuse soprattutto, ma non esclusivamente, su zone sabbiose, contribuiscono a creare microambienti molto ricchi di vita, grazie alla elevata produzione di ossigeno e di materia organica, assolvendo ad alcune importanti funzioni quali: il consolidamento dei fondali, proteggendoli dall'erosione provocata dal moto

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ondoso, e rifugio a numerose specie animali che si nascondono tra le sue foglie e radici. Per queste ragioni è favorita la formazione di ecosistemi particolarmente ricchi di vita nei quali si annovera la presenza di numerose specie, tra cui il cavalluccio marino (Hippocampus hippocampus). La Posidonia mostra grande sensibilità nei confronti di diversi agenti esterni, inquinamento, torbidità dell'acqua, pesca a strascico, sottrazione di substrato per edificazione, competizione con altri vegetali (Caulerpa taxifolia).

Concludendo, la biodiversità è sinonimo di ricchezza, di varietà, della coesistenza di svariate forme di vita, tutte utili reciprocamente e selezionate nel corso dei millenni. Ecco perché anche la biodiversità è indicatore e contenitore di bellezza. Essa è il pilastro della salute del nostro pianeta: se la varietà della vita è più ampia, ogni ecosistema reagisce meglio agli stimoli negativi.

Inquinamento, specie aliene, perdita e frammentazione degli habitat e cambiamenti climatici sono tra le cause principali della perdita di biodiversità. L’azione che più efficacemente si oppone a questo problema viene svolta nelle aree protette che rappresentano dei luoghi straordinari nei quali è possibile conciliare la tutela della biodiversità e lo sviluppo sostenibile delle economie locali. Salvaguardare e valorizzare le aree protette è un modo quindi per difendere la ricchezza naturale del nostro Paese.

3.6 La valorizzazione e tutela dei prodotti locali

Il "Paesaggio alimentare" è la manifestazione concreta degli aspetti economici, culturali, ambientali, territoriali e alimentari dell'Italia. E' un bene da difendere ed accrescere in tutte le sue componenti in quanto è la giusta connessione fra i valori dell'ambiente, del territorio e dell'alimento beni d'interesse primario della persona umana e delle comunità locali.

Racchiude un insieme di valori del Paese e per questo sono promosse idonee politiche di valorizzazione e azioni mirate di tutela.

La Costituzione difende in modo indiretto questo valore attraverso la tutela del paesaggio (art. 9), della salute (art. 32), dell'ecosistema e dell'ambiente (legge di revisione del Titolo V della Costituzione, 18 OTTOBRE 2001, n. 3).

L'Italia a livello internazionale è uno dei Paesi che possiede il più ricco e variegato patrimonio agroalimentare con produzioni tipiche nazionali di eccellenza che rappresentano un punto di forza economico del "Made in Italy".

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L'Unione europea può vantare attualmente, la registrazione di oltre 910 prodotti D.O.P, I.G.P, S.T.G. di cui 210 sono di origine italiana. L'Italia è al primo posto nella graduatoria comunitaria con il 21% circa dell'intera quota di mercato europeo. I prodotti tipici costituiscono un importante patrimonio alimentare ed economico del Paese che deve essere tutelato a difesa dei consumatori e dei produttori per assicurare la qualità dei prodotti e la legalità del mercato.

Per questo è necessaria una decisa azione di contrasto alla contraffazione dei marchi di qualità, per combattere l'agropirateria e fare deterrenza dei crimini agroalimentari. La legge del 23 luglio 2009, n. 99 "Disposizioni per lo sviluppo e

l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia", all'articolo 15 ha

introdotto nel codice penale il delitto di contraffazione di prodotti agroalimentari con indicazioni geografiche e denominazioni di origine protetta (art. 517-quater c.p.). Il legislatore ha inteso così dare una forte tutela al bene agroalimentare a indicazione geografica e a denominazione di origine dei prodotti (D.O.P., I.G.P., S.T.G.) e dei vini (D.O.C., D.O.C.G. e I.G.T.) considerando gli alti valori tutelati.

La sicurezza agroalimentare e quella ambientale rappresentano oggi esigenze primarie che devono essere garantite ai cittadini per soddisfare i bisogni di un ordinato vivere quotidiano, quali la sufficiente e sicura alimentazione, la qualità degli alimenti, la salute, la vivibilità e salubrità dell’ambiente. Risulta così necessaria la tutela dei marchi locali come nel caso del vino D.O.P. Sciachetrà, la specialità del territorio di produzione e delle qualità organolettiche fanno sì che il valore di mercato di tale vino possa raggiungere i 300 euro al litro. La produzione è limitata a un centinaio di ettari, coltivati manualmente su terreni terrazzati e la procedura per ottenere la denominazione d’origine protetta prescrive che vendemmia, appassimento, vinificazione ed invecchiamento avvengano all’interno delle Cinque Terre. Per contrastare le frodi, il Corpo forestale dello Stato controlla metodicamente ogni processo produttivo, dalla coltivazione alla messa in commercio, dalla varietà dei vitigni alle quantità annuali di uva e di vino prodotti.

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3.7 L’impatto ambientale del cinghiale

Questo aspetto, essendo l’argomento oggetto di questo elaborato, sarà trattato a parte e in modo più approfondito nel capitolo successivo.

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