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Academic year: 2021

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Background storico

BACKGROUND STORICO

Il management dei traumatismi pelvi perineali con coinvolgimento rettale ha subito, negli ultimi decenni, sostanziali cambiamenti: similmente alle lesioni del colon, i principi del trattamento di un trauma rettale, nascono dall’esperienza maturata in ambito bellico. I primi dati disponibili riguardo all’esito di tali ferite si rileva al tempo della Prima Guerra Mondiale: il tasso di mortalità a seguito di lesioni rettali, principalmente ferite d’arma da fuoco, variava dal 60 al 75% in base alla localizzazione esatta della ferita e alla possibilità di intervento precoce1.

Storicamente il trattamento precoce dei traumi ano-rettali maggiori è stato codificato (II Guerra Mondiale), nell’esecuzione delle c.d. 4D, Diversion, Drainage, Distal washout,

Debridement e successivamente circoscritto alle 3 D’s Diversion, Drainage, Debridement, adottate per i traumi più gravi48.

Il Generale Maggiore W. Heneage Ogilvie (1887-1971), contribuì a diminuire il tasso di mortalità dei soldati durante la Campagna d’Africa insistendo nel raccomandare la diversione fecale per “All military injuries of the rectum2”; da quel momento, fino ai quattro decenni successivi, la diversione fecale diventava lo standard del trattamento3. L’efficacia del drenaggio presacrale, allo stesso modo, emergeva dai resoconti bellici: durante la Guerra del Vietnam (1964-1075), Armstrong e collaboratori4 riportavano una riduzione di complicanze settiche dal 56.5% al 22.2% con l’uso del drenaggio transperineale; al pari della diversione fecale, questo provvedimento, veniva codificato tra i principi chirurgici da adottare in caso di lesione rettale.

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Lavenson e Cohen5 nel loro articolo pubblicato nel 1971 dimostravano un calo significativo in termini di mortalità e di morbidità nei loro pazienti associando il lavaggio del colon distale alle altre procedure relative al management delle ferite rettali15: tale provvedimento è stato quello che ha suscitato nei tempi passati e, ancora oggi, i più accesi dibattiti.

Nonostante molti autori (Shannon, Moore, e altri)6 fossero concordi nel riconoscere come nei pazienti sottoposti a irrigazioni rettali le complicanze settiche avessero un tasso di incidenza più basso, altri chirurghi documentarono esattamente il contrario; con il lavaggio del colon distale le feci e i batteri sono veicolati attraverso i piani tissutali con rischio di disseminazione7.

Le complicanze infettive, a prescindere dall’epoca considerata e dalle pratiche chirurgiche adottate, rimangono, sfortunatamente, uno degli elementi che, in misura maggiore, compromette l’outcome dei pazienti con questa tipologia di trauma.

Al fine di ridurre al minimo la possibilità di infezioni, sono stati elaborati nel corso degli anni, principi diversi: è operata, in prima istanza, una resezione o debridement aggressivo della ferita con l’intento di asportare il tessuto necrotico e, fondamentale, rimane la somministrazione tempestiva di antibiotici42: grazie ai progressi farmacologici oggi si può disporre di efficaci trattamenti, attivi in particolare, sui batteri Gram-negativi. Inevitabilmente i risultati dell’esperienza bellica venivano trasferiti nella pratica civile: i protocolli di trattamento per le lesioni traumatiche del retto nella popolazione urbana, si sono evoluti parallelamente ai principi partoriti sui campi di battaglia, senza però evidenza di considerevoli benefici8.

Woodhall e Ochsner9 a Tulane nel 1951 furono i primi, dopo la guerra, a mettere in discussione il dogma della diversione fecale per tutte le lesioni colon-rettali, valutando la

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diversa natura delle ferite da proiettili a bassa velocità e da taglio tipiche dell’ambiente civile nei confronti di quelle determinate da pallottole ad alta velocità usate durante i combattimenti.

La distinzione è essenziale in quanto la lesività di qualsiasi proiettile è diretta espressione della propria energia cinetica, trasmessa poi al bersaglio al momento dell’impatto.

Si considerano armi da fuoco a bassa velocità (low velocity gun) quelle che imprimono al proiettile una velocità inferiore a 250m/sec (900km./h), ad alta velocità (high velocity

gun) quelle che raggiungono o superano i 700-1000m/sec. (oltre 3000km./h).

I traumi che intervengono nell’ambiente bellico sono cagionati da armi a canna lunga ad alta velocità (mitragliatori, Ak47-Kalashnikov, M16) e sovente da esplosioni: implicano quindi distruzione tissutale, contaminazione della ferita e lesioni associate a livello di altri organi; le risorse limitate e l’impossibilità di offrire alle vittime assistenza continuativa obbligano il chirurgo a provvedimenti di estrema urgenza e spesso la diversione fecale viene ritenuta la scelta più adatta10.

Lo scenario civile si presenta invece in modo ben diverso: risorse illimitate, in termini di emoderivati e altri fluidi, breve intervallo di tempo tra il momento dell’incidente e l’assistenza medica, monitoraggio anestesiologico continuo e di conseguenza, possibilità di valutare caso per caso la procedura interventistica migliore da impiegare.

In quale contesto e nei confronti di quale tipo di ferite dovevano essere utilizzate le “Four D’s” continuava, negli anni successivi, a fomentare controversie; Maxwell e Fabian11 suggerivano specifici criteri anatomici che, se soddisfatti, potevano candidare i malati ad un intervento di riparazione primaria senza sottoporli ad intervento di colostomia: infatti, ferite localizzate nei due terzi antero- laterali del retto devono essere

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considerate intraperitoneali e perciò trattate come si trattano le ferite del colon, mentre ferite della parte anteriore del terzo distale e della parte posteriore dei due terzi distali si valutano come extraperitoneali. Per queste ultime, non sempre la riparazione primaria può essere indicata46.

In ultima analisi, è opportuno insistere sul concetto che ogni paziente rappresenta un caso a parte e, sebbene l’intervento chirurgico debba essere pianificato in relazione alla localizzazione anatomica della ferita, assumono primaria importanza anche il quadro clinico generale e l’ eventuale presenza di lesioni associate. I protocolli operativi del management di una ferita colon- rettale nati durante l’esperienza bellica, rimangono ancora validi49-50; nonostante ciò, oggi la tendenza è verso pratiche terapeutiche maggiormente conservative12.

Il grado si distruzione tissutale nella maggior parte delle lesioni civili è minimo, e i principi da mettere in pratica devono esser diversificati26.

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