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Academic year: 2021

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CAPITOLO 1

Lo sviluppo di un tessuto nervoso: la

Polarizzazione Neuronale e l’Axonal

Pathfinding

1.1 Cenni alla biologia dei neuroni

Il sistema nervoso è formato essenzialmente da due tipi di cellule, i neuroni e le cellule gliali [1].

I neuroni rappresentano l’unità funzionale del sistema nervoso e sono coinvolti nel

processing dell’informazione: ricevono ed elaborano le informazioni provenienti dai

recettori sensoriali o da altri neuroni e trasmettono informazioni a neuroni o ad organi effettori. Nel cervello umano sono presenti circa 1012 neuroni.

Di contro, le cellule gliali o neuroglia, hanno all’interno del sistema nervoso principalmente un ruolo di sostegno, metabolico e strutturale; sembrano non partecipare direttamente al processing dell’informazione, sebbene ad oggi la loro funzione non sia ancora pienamente compresa. 10 volte più numerose dei neuroni, le cellule gliali adempiono allo svolgimento di diversi compiti: servono da supporto strutturale, occupando lo spazio extracellulare tra i neuroni; regolano l’ambiente chimico esterno ai neuroni; provvedono al nutrimento delle cellule nervose, ancorandole ai vasi sanguigni; etc.

I neuroni agiscono da canale di trasmissione dell’informazione su lunghe distanze e la modalità di trasmissione che adottano è l’uso di segnali elettrici. Come tipicamente accade in qualunque sistema biologico in cui la forma rimanda alla funzione e la funzione alla forma, il modo in cui i neuroni svolgono il compito che la natura ha loro assegnato fa capo a quella che è la struttura base di una qualunque cellule neuronale.

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• un corpo cellulare, il soma, che contiene il nucleo e un apparato biosintetico destinato alla produzione delle sostanze chimiche necessarie alle funzioni delle cellule nervose;

• i dendriti, processi minori che hanno principalmente funzione recettoriale e che in alcuni neuroni possono raggiungere lunghezze pari ad 1 mm;

• una lunga arborizzazione chiamata assone, che può arrivare a coprire distanze pari anche a diverse decine di centimetri. Gli assoni sono variabili in lunghezza e possono ramificare in diversi rami o collaterali, attraverso cui l’informazione potrà essere distribuita tra destinazioni differenti. Assoni e dendriti vengono indicati con il nome generico di neuriti.

Figura 1.1: Struttura di un neurone multipolare 1.

La struttura appena descritta è quella di un neurone multipolare che è tipico del sistema nervoso di organismi complessi, come i mammiferi, ma non è l’unica forma che una cellula neurale può assumere. Sulla base delle caratteristiche morfologiche, infatti, i neuroni possono essere classificati anche come bipolari, pseudo-unipolari e unipolari (Figura 1.2).

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Neurocognitive Application Protocols – Articles and Essays http://www.fmengert.net/id5.html

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Figura 1.2: Rappresentazioni schematiche di neurone bipolare (a), pseudo-unipolare (b) e unipolare (c) 2.

Di fatto, a determinare quella che sarà la forma assunta dalla cellula neurale è il citoscheletro, costituito da sistemi filamentosi che offrono supporto strutturale.

Nei neuroni ci sono tre tipi di strutture filamentose predominanti: microtubuli, microfilamenti di actina e neurofilamenti; sono localizzati in punti distinti della cellula neurale, hanno proprietà meccaniche diverse e diverse funzioni biologiche [2].

• I microtubuli sono strutture polimeriche fondamentali per la maturazione e il mantenimento dei processi neurali: permettono di conservare la forma cellulare e servono da canali per il trasporto di proteine motrici. Le subunità dei microtubuli sono dimeri di α-tubulina e β-tubulina organizzati in array lineari, i protofilamenti. Ciascuna subunità ha una struttura polare; al momento dell’assembleggio, tutte le molecole di α-tubulina saranno esposte ad un’etremità della catena polimerica in fase di formazione mentre le molecole di β-tubulina andranno a collocarsi all’estremità opposta: lo stesso polimero risulterà quindi polarizzato. Le pareti di un microtubulo sono formate da 13-15 protofilamenti che si riuniscono in una struttura cilindrica dal diametro esterno di circa 25 nm.

• I microfilamenti di actina hanno molteplici ruoli strutturali e funzionali, legati soprattutto ai meccanismi coinvolti nella motilità cellulare. Si compongono di 2 catene di monomeri di actina, avvolte a formare una struttura a doppia elica.

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Hanno un diametro di circa 8 nm e al pari dei microtubuli sono strutture polarizzate.

• I neurofilamenti (che negli elementi non-nervosi prendono il nome di filamenti intermedi) costituiscono l’impalcatura del citoscheletro. Sono gli elementi fibrillari più abbondanti negli assoni e, diversamente da microtubuli e microfilamenti di actina, si compongono di subunità proteiche dalla forma allungata e non globulare. Sono costituiti da fibre che si dispongono a spirale le une attorno alle altre e che portano alla formazione di strutture le cui dimensioni sono intermedie tra le dimensioni dei microtubuli e quelle dei microfilamenti.

Si è già accennato al fatto che i neuroni sono capaci di trasmettere l’informazione sotto forma di segnale elettrico; il meccanismo che utilizzano per propagare rapidamente l’informazione prende il nome di potenziale d’azione [2]. Un potenziale d’azione è una variazione rapida del potenziale della membrana cellulare che si propaga lungo tutta la cellula nervosa.

Oltre a preservare l’integrità della cellula, la membrana cellulare contribuisce infatti al

signalling elettrico. La membrana cellulare consente la compartimentalizzazione delle

differenti specie chimiche, il cui risultato è la presenza di un diverso stato di carica tra ambiente intracellulare ed extracellulare. Questa condizione di squilibrio a cavallo della membrana cellulare corrisponde ad una differenza di potenziale chiamata potenziale di membrana. Il potenziale di membrana è dell’ordine di -75 mV, ovvero l’interno della cellula ha un valore di potenziale che è circa 75 mV più basso rispetto al valore di potenziale dello spazio extracellulare .

Le cellule possono inoltre regolare il proprio potenziale di membrana: hanno infatti la capacità di manipolare gradienti transmembrana di ioni (i più importanti sono Na+, K+, Ca2+ e Cl-) grazie alla presenza di numerose proteine transmembrana che agiscono da pompe ioniche e da canali ionici.

In presenza di uno stimolo chimico, elettrico e meccanico, il valore locale del potenziale di membrana può allontanarsi dal suo valore di equilibrio come risultato di un cambiamento transiente della permeabilità della membrana e un flusso concomitante di ioni attraverso di essa. Il potenziale d’azione consiste nella propagazione di questa variazione del potenziale di membrana lungo tutta l’estensione della cellula nervosa. Questo disturbo localizzato spazialmente ha l’effetto di disturbare la concentrazione ionica e il valore di potenziale delle regioni vicine, alterandone la permeabilità e il potenziale di membrana. Il verificarsi

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di questi eventi in cascata fa si che il potenziale d’azione si muova sequenzialmente lungo tutto l’assone.

Nel dettaglio, quando viene generato un potenziale d’azione il potenziale di membrana prima diminuisce (la membrana si depolarizza) e supera un valore critico, quindi supera la soglia dello zero e la polarità della membrana si inverte fino a raggiungere valori di picco intorno ai +50 mV [1]. Successivamente, il potenziale di membrana torna verso il valore di equilibrio, quasi con la stessa velocità con cui si è depolarizzato. Si osserva infine una iperpolarizzazione transitoria.

Il potenziale d’azione si propaga lungo la cellula nervosa ad una velocità che varia nel range di 10-100 m/s.

Intorno al 1950, Hodgkin e Huxley dimostrarono che il potenziale d’azione nell’assone di calamaro è dovuto alle variazioni di permeabilità della membrana agli ioni Na+ e K+ e in particolare all’aumento sequenziale delle conduttanze agli ioni Na+ e K+ .

Osservarono che la conduttanza al Na+aumenta molto rapidamente durante la fase di ascesa del potenziale d’azione, raggiunge il valore massimo circa nello stesso istante in cui il potenziale d’azione raggiunge il valore di picco e poi decresce piuttosto rapidamente. La conduttanza al K+ raggiunge invece il valore massimo circa alla metà della fase di ripolarizzazione e ritorna più lentamente al valore di riposo. L’aumento della conduttanza di ciascuno ione aumenterà la sua capacità di portare il potenziale di membrana verso il proprio potenziale di equilibrio, +65 mV per lo ione Na+ e -100 mV per lo ione K+.

Il potenziale d’azione è un processo “all-or-nothing” in quanto la sua genesi è vincolata al superamento di una valore soglia da parte del potenziale della membrana [2]. Se lo stimolo che eccita la cellula nervosa non è sufficiente a far si che il potenziale di membrana superi la soglia, non verrà generato alcun potenziale d’azione; una volta invece che la soglia è superata, il potenziale d’azione avrà coma ampiezza un valore costante, che non dipende dalle caratteristiche dello stimolo.

La velocità della conduzione del potenziale d’azione è determinata dalle proprietà elettriche del citoplasma e della membrana che circonda la fibra [1]. Nella maggior parte dei casi uno strato lipidico, la guaina mielinica, ricopre l’assone isolandolo dall’ambiente circostante; la guaina mielinica è prodotta dalle cellule di Schwann e il suo compito è quello di consentire una più rapida propagazione dell’impulso nervoso. La guaina mielinica presenta interruzioni periodiche chiamate nodi di Ranvier.

Di fatto, gli impulsi nervosi “saltano” da un nodo al nodo successivo e per questo il processo di propagazione del potenziale d’azione prende il nome di “conduzione

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saltatoria”. Ciò è dovuto sia al fatto che la resistenza al flusso degli ioni attraverso la guaina mielinica è molto elevata sia al fatto che i canali ionici, che partecipano alla genesi del potenziale d’azione, sono particolarmente concentrati a livello dei nodi di Ranvier. Quando il potenziale d’azione invade le terminazioni nervose, a livello del sito sinaptico si ha fusione delle vescicole e il rilascio di specifici agenti chimici in esse immagazzinati, i neurotrasmettitori. I neurotrasmettitori diffondono attraverso il gap di separazione tra elementi pre- e post-sinaptico, inducendo la depolarizzazione della membrana della cellula

target e consentendo la trasmissione dell’impulso nervoso.

1.2 Uno sguardo ad alcuni dei meccanismi che sottendono la

formazione dei circuiti nervosi

Tra le caratteristiche più affascinati delle cellule nervose c’è la capacità di dar luogo alla formazione di reti di connessioni in cui le arborizzazioni degli elementi cellulari coinvolti si intrecciano le une con le altre; il pattern così ottenuto può assumere forme estremamente complesse. Tale complessità trova spiegazione in quelli che forse sono i due processi biologici più importanti nello sviluppo di un tessuto nervoso, la polarizzazione neuronale e l’axonal pathfinding.

1.2.1 La crescita neuritica e l’establishment della polarità neuronale

Il sistema nervoso comincia a svilupparsi in una delle ultime fasi dell’embriogenesi [3]. Una volta formatisi i tre foglietti embrionali endoderma, mesoderma ed ectoderma, da quest’ultimo si origina la placca neurale che va poi a ripiegarsi nel tubo neurale, la struttura anatomica in cui verranno generati neuroni e cellule gliali.

A questo punto hanno inizio alcuni dei processi di differenziazione del sistema nervoso: la proliferazione, la migrazione e l’aggregazione cellulare, la maturazione neuronale, la formazione di connessioni, la morte cellulare e infine la mielinizzazione. È nelle fasi che immediatamente precedono o seguono la migrazione neuronale che si stabilisce la polarità neuronale, ovvero la capacità che i neuroni hanno di formare compartimenti cellulari strutturalmente e funzionalmente distinti come assoni e dendriti.

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I meccanismi che regolano la polarizzazione neurale sono rimasti sconosciuti per molto tempo fino a che, circa vent’anni fa, gli esperimenti eseguiti da Banker et al. su colture cellulari di neuroni ippocampali embrionali hanno svelato la dinamica dei processi in gioco [4] mentre solo successivamente è diventata nota l’identità di alcuni dei fattori coinvolti [5-6].

Nel 1988, Banker et al. [4] svilupparono un sistema per lo studio della polarità neuronale partendo da colture di neuroni ippocampali embrionali: oggetto di indagine era l’analisi della catena degli eventi morfologici attraverso cui i neuroni ippocampali si trasformano da neuroblasti apolari a cellule polarizzate, provviste di assoni e dendriti.

Assoni e dendriti sono strutture neuritiche che differiscono tra loro per morfologia, capacità di sintesi proteica, componenti citoscheletrici e della membrana plasmatica. I dendriti sono corti e spessi, contengono poliribosomi ed esprimono la proteina MAP2 il cui compito è quello di stabilizzare la polimerizzazione dei microtubuli. Gli assoni invece sono lunghi e sottili; relativamente uniformi per diametro non contengono poliribosomi né MAP2 ma esprimono proteine sinaptiche associate a vescicole.

Nei neuroni ippocampali i dendriti sono esclusivamente post-sinaptici e gli assoni sono invece elementi pre-sinaptici.

Sulla base di queste considerazioni, quello che Banker et al. osservano è un processo a cinque stadi (Figura 1.3).

Le conclusioni sperimentali riportate da Banker valgono in termini generali: i cambiamenti morfologici a cui i neuroni immaturi vanno incontro possono variare a seconda del tessuto preso in considerazione e a seconda che l’analisi sia fatta in vitro o in vivo.

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Figura 1.3: Stadi del processo di polarizzazione neuronale in neuroni ippocampali embrionali e intervalli temporali approssimativi tipici di ogni stadio 3.

Banker et al. [4] osservano che, una volta adesi al substrato, i neuroni ippocampali formano numerosi filopodia sottili (stadio 1); a distanza di ore dal soma emerge un certo numero di neuriti immaturi che vengono chiamati processi minori (stadio 2): questi sono approssimativamente uguali per morfologia e subiscono cicli ripetuti di estensione e retrazione.

Successivamente uno di questi processi minori altera il suo comportamento e diventa più lungo degli altri, trasformandosi in un assone (stadio 3).

Nel frattempo, i neuriti che sono rimasti immaturi continuano per circa una settimana ad estendersi e ritrarsi verso il corpo cellulare fino a che assumono la forma di dendriti maturi (stadio 4). Nel tempo i dendriti cominciano a sviluppare le spine dendritiche, che rappresentano la sede delle afferenze sinaptiche, e diventano più spessi e più corti dell’assone (stadio 5). Quando il processo di maturazione è terminato i neuroni formano i contatti sinaptici necessari alla trasmissione dell’attività elettrica.

Dalle osservazioni fatte risulta che i neuroni ippocampali stabiliscono la loro polarità entro 2 giorni dall’inizio della coltura; trascorse circa 48 h infatti dal soma emergono un singolo

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Arimura N., Kaibuchi K., “Neuronal polarity: from extracellular signals to intracellular mechanisms”, Nature Reviews Neuroscience, vol. 8, 2007.

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assone e parecchi processi di lunghezza inferiore che successivamente si trasformeranno in dendriti maturi.

Analizzando nel dettaglio i cambiamenti morfologici che accompagnano la polarizzazione, Banker individua tre fasi:

• numerosi lamellipodia si formano tutt’attorno al soma o semplicemente in alcune zone di esso, estendendosi e ritraendosi in successione e cambiando continuamente forma;

• dal corpo cellulare protrudono processi minori simili ai neuriti e contemporaneamente si assiste alla perdita progressiva dei lamellipodia. I processi minori sono molto differenti dai lamellipodia sia per morfologia che per comportamento; mentre i lamellipodia sono strutture piatte, i processi minori hanno forma cilindrica. Una volta maturati, i processi minori sono abbastanza stabili: possono aumentare o diminuire la loro lunghezza ma comunque persistono per diversi giorni. Le regioni dotate di motilità sono confinate a microspike laterali e alle estremità distali durante l’estensione. I processi minori contengono inoltre array di microtubuli orientati parallelamente all’asse principale mentre i lamellipodia si compongono soprattutto di filamenti di actina;

• uno di questi processi minori si trasforma in assone. Il suo aspetto rimane fondamentalmente lo stesso mentre aumenta il suo rate di allungamento.

La dinamica di estensione e retrazione dei neuriti è controllata dai fattori molecolari che diffondono dentro la cellula e che alterano il comportamento delle strutture filamentose contenute nel citoscheletro [5]: una spiegazione plausibile alla polarizzazione potrebbe essere quella che l’azione cooperativa e l’instaurarsi di relazioni di feedback positivo o negativo tra questi fattori portino ad una situazione di disequilibrio, il cui risultato è una crescita asimmetrica del neurite.

La crescita di un neurite è un processo a più stadi:

• nuovi tratti di membrana plasmatica vengono aggiunti tramite reclutamento e fusione di vescicole;

• seguono l’aumento e l’attivazione della concentrazione locale di molecole di

signalling;

• la dinamica dei filamenti di actina aumenta;

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Avvenuta una modesta crescita la situazione si capovolge: i microtubuli collassano e si assiste a diminuzione della dinamica dei filamenti di actina.

L’alternarsi delle fasi di crescita e demolizione risulta in un movimento guizzante che è tipico dei processi minori.

Fino a questo momento la polarizzazione neuronale non si è ancora stabilizzata e ciò farebbe pensare ad una situazione in cui tutti segnali, positivi e negativi, sono in perfetto equilibrio. Appena però un segnale positivo rompe l’equilibrio, inizia un fenomeno di autoattivazione in cui uno tra i processi minori si allunga e diventa un assone; contemporaneamente segnali di feedback negativo vengono inviati agli altri processi per impedire che si trasformino in assoni.

Questa situazione non è però definitiva: i neuriti conservano infatti la capacità di modificare il loro destino durante lo sviluppo, adattandosi alla condizione in cui la cellula si viene a trovare.

Le molecole coinvolte nel processo di polarizzazione vengono in prima istanza distinte in molecole extracellulari e intracellulari [5-6].

Tra i segnali extracellulari, la proteina di secrezione UNC-6 in Caenorhabditis elegans (conosciuta come netrina nei mammiferi) e la proteina WNT sono in grado di stimolare e orientare la crescita asimmetrica dei neuriti, mentre i fattori chemiotrofici quali il fattore di crescita neuronale (NGF), il fattore di derivazione cerebrale (BDNF) e il fattore neurotrofina 3 (NT3) sono ad oggi candidati ad essere considerati agenti di orientamento della polarità.

Il fatto che i neuroni embrionali in assenza di un gradiente extracellulare sono in grado di polarizzare ugualmente ha portato inoltre a supporre il coinvolgimento di meccanismi di

signalling intracellulari in processo.

Sono state identificate diverse proteine che influenzano la polarizzazione, ad esempio la proteina PI3K, la proteina GSK3β, i membri della famiglia RAS; la loro attività produce effetti diversi a seconda che venga sovra- o sotto-regolata: comparsa di assoni multipli, ritardo nella polarizzazione, variazioni nel numero e nella lunghezza dei neuriti protrusi,

etc.

Nonostante i progressi fatti negli ultimi anni, rimangono ancora molti punti da chiarire nella comprensione dei meccanismi che regolano la stabilizzazione della polarità neuronale e nella valutazione dei fattori molecolari coinvolti; resta ferma la consapevolezza che

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l’establishment della polarità neuronale sia uno dei processi fondamentali per il corretto funzionamento di un qualunque tessuto nervso.

1.2.2 Il processo dell’axonal pathfinding e le strategie di guida degli assoni

Una volta che la polarità neuronale si è stabilizzata, l’assone protruso dal soma attraversa una fase di crescita che lo porta a dirigersi verso un target cellulare specifico: questo processo è noto come axonal pathfinding [7].

I neuroni emettono assoni che si trovano a percorrere distanze talvolta considerevoli e ad attraversare molti siti a cui potrebbero connettersi sinapticamente: l’assone li oltrepassa e raggiunge con grande precisione il sito sinaptico di destinazione, estendendosi in maniera stereotipata e con pochi errori di navigazione.

Al pari della polarizzazione, la precisione con cui un qualsiasi circuito nervoso viene tracciato è senza dubbio di fondamentale importanza per il funzionamento del sistema nervoso.

La spiegazione di come un processo così complesso si verifichi è apparentemente molto “semplice”: durante il suo tragitto l’assone riceve dall’ambiente extracellulare che lo circonda i “segnali” necessari al raggiungimento del target (Figura 1.4) [7]; il riconoscimento di questi segnali da parte dei recettori assonali permette al neurite di direzionare la sua crescita e di individuare il punto esatto in cui il contatto sinaptico va realizzato.

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Figura 1.4: Rappresentazione schematica del processo di axonal pathfinding 4.

Esperimenti embrionali, colture tissutali ed esperimenti genetici indicano che gli assoni rispondono essenzialmente all’azione coordinata di quattro tipi di segnali, segnali attrattivi e repulsivi, segnali a lungo raggio e a corto raggio, che rimandano a quattro diversi meccanismi guida (Figura 1.5): la chemioattrazione e la chemiorepulsione in cui sostanze secrete dal target diffondono a grande distanza; i meccanismi contact-mediated in cui sono coinvolte molecole della matrice extracellare (ECM) e molecole di superficie cellulare non-diffusibili [7].

Quest’ultimo caso è un meccanismo guida tipico, ad esempio, del processo di fascicolazione neurale. Durante lo svilippo embrionale, quando ancora l’ambiente extracellulare è privo di sentieri neuritici, i primi assoni si trovano a dover coprire piccole distanze e lo fanno rispondendo a segnali molecolari della ECM o forniti dalle cellule con cui entrano in contatto. Questi assoni sono chiamati “pionieri” e nelle fasi successive dello sviluppo, quando le distanze da coprire saranno diventate più ampie, fanno da guida ad altri assoni che viaggiano da un punto all’altro del sistema nervoso usando proprio come supporto i circuiti nervosi dei pionieri.

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Lowery L.A., Van Vactor D., “The trip of the tip: understanding the growth cone machinery”, Nature Reviews Molecular Cell Biology, vol. 10, 2009.

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Figura 1.5: Strategie di axonal pathfinding 5.

L’effetto combinato delle strategie indicate in Figura 1.5 conduce l’assone al bersaglio cellulare specifico step-by-step: l’intero percorso viene infatti suddiviso in segmenti più piccoli e l’assone si trova così a spostarsi da un “decision point” all’altro, in cui gli verranno fornite le informazioni necessarie a raggiungere la posizione successiva.

Non tutti i segnali che l’assone recepisce sono segnali “positivi” di attrazione: esistono anche segnali di repulsione o “negativi” che spingeranno il neurite a deviare dal suo percorso e gli impediranno di entrare in zone in cui la sua presenza non è gradita.

La struttura addetta alla recezione e alla trasduzione dei segnali guida si trova all’estremità assonale [3]: si tratta del cono di accrescimento.

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Figura 1.6: Cono di accrescimento 6.

Il cono di accrescimento è una struttura sensoriale e motoria da cui protrudono processi lunghi e sottili che prendono il nome di filopodia; tra i filopodia si estendono i lamellipodia che conferiscono alla struttura un aspetto pieghettato (Figura 1.6).

Attraverso i filopodia il cono di accrescimento indaga l’ambiente extracellulare e ne capta i segnali.

Il cono di accrescimento è dotato di numerosi recettori che interagiscono con i ligandi e servono anche da trasduttori del segnale, in quanto attivano opportuni pathway di

signalling che coinvolgono secondi messaggeri, come il calcio ad esempio. I secondi

messaggeri modificano l’organizzazione del citoscheletro e regolano di conseguenza la direzione e la velocità con cui l’assone si muove nell’ambiente extracellulare.

1.2.2.1 Axon guidance: le interazioni cellula-cellula coinvolte

Una tra le prime evidenze sperimentali del coinvolgimento di popolazioni cellulari specifiche nella formazione dei circuiti nervosi viene da uno studio eseguito nel 1986 da Michael J. Bastiani e Corey S. Goodman su embrioni di cavalletta [8]. L’osservazione da cui partire è stata l’affinità selettiva che i coni di accrescimento di alcuni fascicoli assonali mostrano verso pathway assonali specifici nel sistema nervoso centrale (CNS) embrionale

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Reelin nerve cells into neocortex without glial cell hooks, Neuroscience News.com http://neurosciencenews.com/reelin-nerve-cells-into-neocortex-without-glial-cell-hooks/

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della cavalletta, affinità che ha come risultato la formazione di pattern stereotipati di fascicolazione.

Bastiani et al. [8] focalizzarono la loro attenzione sui pathway assonali stabiliti dai coni di accrescimento pionieri che entrano ed escono dal CNS dell’embrione di cavallletta. La conclusione a cui Bastiani et al. giunsero fu quella dell’esistenza di un pathway gliale preformato dislocato lungo il percorso di formazione del nervo intersegmentale (ISN), una delle principali radici nervose del CNS della cavalletta. Quando il pathway gliale viene sperimentalmente alterato con l’ablazione della segment boundary cell (SBC), i coni di accrescimento pionieri percorrono traiettorie errate, evidenziando l’importanza di questa cellula nella guida assonale.

Sulla base delle osservazioni fatte, Bastiani et al. ipotizzarono che conclusioni analoghe valessero anche per i vertebrati, in cui si ha evidenza di interazioni tra coni di accrescimento pionieri e glia durante lo sviluppo del midollo spinale, delle radici ventrali, del nervo ottico, del sistema uditivo e del corpo calloso. La glia dei vertebrati esprime molecole di superficie come le molecole di adesione cellulare neurale (NCAM) che potrebbe essere analoghe alle molecole espresse dalle cellule gliali coinvolte nell’axon

guidance negli insetti [9-10].

Le cellule gliali possono quindi comportarsi da guidepost cells ovvero cellule che, non destinate ad essere elementi pre- o post-sinaptici, sono localizzate in punti discreti del percorso assonale e forniscono l’informazione posizionale necessaria alla guida neuritica. In uno studio recente, Chao et al. [11] riportano i diversi ruoli che le guidepost cells possono avere: esse fanno da target intermedi nell’axon guidance, realizzano contatti sinaptici transienti, fanno da scaffold per la crescita e la guida assonale, localizzano spazialmente le sinapsi.

1.2.2.2 Axon guidance: i fattori diffusibili e non-diffusibili che modulano

la crescita neuritica

Esistono diverse molecole derivate dalla ECM che promuovono in vitro l’accrescimento assonale [3]: tra queste sono stati identificati proteoglicani, collagene e fibronectina ma soprattutto le laminine, eterotrimeri che sono tra i componenti principali di tutte le lamine basali di vertebrati e invertebrati. Le laminine hanno una struttura di base comune ma i segnali di posizione e fase che forniscono sono differenti.

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I neuroni posseggono recettori per le laminine che sono le integrine: la natura del legame recettore-ligando dipende in questo caso non solo dalla laminina verso cui il recettore mostra maggiore affinità ma anche dal sito molecolare in cui avviene il legame. Ad oggi sono stati isolati 14 trimeri di laminina e almeno 16 catene α e 8 catene β che partecipano alla formazione delle eterodimeri integrine. Tutte le cellule dell’organismo contengono almeno un’integrina e alcune cellule ne esprimono più di una. Ogni recettore interagisce con una classe di ligandi: il dimero α1β1 si lega a collageni e laminine; il dimero α4β1 si lega alla fibronettina; etc.

Tra le molecole che promuovono l’accrescimento neuritico per piccole distanze ci sono anche molecole che mediano l’aggregazione tra cellule come caderine e membri della superfamiglia delle immunoglobuline, responsabili rispettivamente dell’adesione calcio-dipendente e calcio-incalcio-dipendente.

La famiglia delle caderine è composta da almeno 100 glicoproteine integrali di membrana; ogni dominio extracellulare è formato da cinque segmenti correlati tra loro, che legano il calcio e ciascuno composto da circa cento amminoacidi. Le caderine tendono a formare legami omofilici, ovvero a legarsi ad altre caderine. Tra le caderine espresse dai neuroni, una delle prime ad essere stata studiata è l’N-caderina. Ad ampliare la gamma di interazioni mediate dalle caderine contribuiscono un gruppo di proteine, le proto-caderine, e diversi recettori neuronali correlati alle caderine.

I membri della superfamiglia delle immunoglobuline hanno un dominio extracellulare formato da uno o più segmenti, ciascuno composto da circa cento amminoacidi e contenenti ponti disolfuro disposti regolarmente. Queste molecole formano legami sia omofilici che eterofilici. I membri della superfamiglia delle immunoglobuline differiscono tra loro per il numero di segmenti di immunoglobulina che contengono nonché per il numero e il tipo di frammenti eterogenei che possono essere presenti all’interno della struttura molecolare. Il primo membro della superfamiglia delle immunoglobuline ad essere caratterizzato è stata l’NCAM.

Non meno importante in questi casi è il dominio intracellulare, senza cui il legame instaurato risulta debole. Infatti, oltre alla reazione recettore-ligando l’adesione è da attribuirsi ad una riorganizzazione dei componenti citoscheletrici con cui i domini intracellulari delle caderine e dei membri della superfamiglia delle immunoglobuline vanno a interagire. I domini intracellulari delle caderine sono simile tra loro e sembra che si leghino ad un gruppo di proteine, le catenine, che interagiscono con elementi del

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citoscheletro. I membri della superfamiglia delle immunoglobuline hanno domini intracellulari più diversificati, alcuni dei quali dotati di attività catalitica.

I fattori solubili promuovono l’accrescimento neuritico attraverso almeno due meccanismi distinti: trofismo e tropismo [3].

I fattori trofici favoriscono la sopravvivenza della cellula e promuovono l’accrescimento in direzioni suggerite da altri fattori. La classe dei fattori trofici che è stata studiata in maniera più approfondita è quella delle neurotrofine; nei mammiferi sono quattro le neurotrofine che sono state isolate: l’NGF, il BDNF, il fattore NT3 e la neurotrofina 4/5 (NT4,5).

Le neurotrofine interagiscono principalmente con due famiglie di recettori. I recettori del primo gruppo sono recettori dimerici tirosin-chinasi della membrana celulare e vengono indicati con i nomi trkA, trkB e trkC. Ciascun fattore neurotrofico è in grado di interagire con uno solo o più di questi recettori. La fosforilazione del dominio citoplasmatico dei recettori trk porta al reclutamento di specifiche molecole di signalling all’interno del neurone.

Un altro recettore a cui le neurotrofine possono legarsi è il recettore p75NTR, verso cui tutte le neurotrofine hanno affinità simile; l’p75NTR è ritenuto svolgere diverse funzioni, ad esempio presenta l’NGF al recettore trk e si preoccupa di trasmettere i segnali intracellulari attraverso l’attivazione di vie di trasduzione che coinvolgono i fosfolipidi di membrana. In più, l’attivazione del p75NTR in neuroni privi del recettore trk promuove la morte della cellula nervosa.

I fattori tropici basano la loro azione sulla chemiotassi: l’assone si sviluppa in presenza di un gradiente di concentrazione che guida la crescita verso una determinata direzione. Tra questi, ci sono le netrine, glicoproteine che contengono sequenze correlate con la porzione N-terminale delle subunità γ delle laminine. Tra i recettori delle netrine ci sono la proteina unc-5H e le proteine DCC e neurogenina; questi recettori sono membri di due sottoclassi della superfamiglia delle immunoglobuline.

Ci sono molecole che inducono l’arresto e il collasso dell’assone, tra queste le efrine e le semaforine che guidano gli assoni interagendo con siti recettoriali specifici e forniscono un segnale inibitorio. .

Le efrine sono molecole associate alla membrana; vengono classificate in efrine EphA e EphB, di cui sono stati identificati rispettivamente cinque e tre membri. La distinzione viene fatta sulla base dei domini che caratterizzano la struttura molecolare. I recettori a cui

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le efrine vanno a legarsi appartengono ad un’ampia classe di molecole dotate di attività tirosin-chinasica e che vengono denominate chinasi eph.

Le semaforine sono proteine secrete e di membrana; hanno in comune un dominio extracellulare chiamato sema che è formato da circa 500 residui amminoacidici. Le semaforine sono raggruppate in otto grandi classi. Fin’ora sono state identificate 15 semaforine, tra cui la collapsina-1 che è il primo membro isolato nei mammiferi. I recettori fondamentali per le semaforine sono le neuropiline, che fanno parte della superfamiglia delle immunoglobuline, e le plexine, la cui struttura ricorda molto quella delle semaforine stesse.

Esiste dunque una grande varietà di sostanze coinvolte nell’axon guidance la cui natura molecolare tuttavia non consente una classificazione netta: alcune sostanze non sono esclusivamente attrattive o repulsive e una stessa famiglia può avere membri diffusibili e membri non-diffusibili [3].

Una caratteristica importante di questi fattori sta inoltre nel fatto che il loro effetto sullo sviluppo assonale non è assoluto: una stessa molecola infatti può agire da attrattore per un neurite e da repellente per un altro; ciò può dipendere dal corredo recettoriale del neurite o dai livelli intracellulari di messaggeri come l’adenosin-monofosfato ciclico (cAMP). In vista di tutte le considerazioni fatte, la comprensione profonda dei meccanismi che regolano l’axonal pathfinding è sicuramente una sfida di rilievo, resa ancora più complessa dalla natura cooperativa delle strategie con cui i singoli fattori molecolari si combinano insieme per guidare il neurite verso il bersaglio cellulare a cui è destinato.

Figura

Figura 1.1: Struttura di un neurone multipolare  1 .
Figura 1.2: Rappresentazioni schematiche di neurone bipolare (a), pseudo-unipolare (b) e  unipolare (c)  2
Figura 1.3: Stadi del processo di polarizzazione neuronale in neuroni ippocampali embrionali e  intervalli temporali approssimativi tipici di ogni stadio  3
Figura 1.4: Rappresentazione schematica del processo di axonal pathfinding   4 .
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