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Capitolo 3

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Academic year: 2021

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Capitolo 3

L’Accensione nei Motori S.I.

3.1 Introduzione

Nei motori S.I. (spark ignition engines) il sistema che permette di innescare la scintilla fra gli elettrodi della candela è un elemento fondamentale per il corretto funzionamento del motore stesso. Infatti, affinché si abbia l’innesco della combustione occorre che ci sia una scarica di energia sufficiente a superare il valore critico di accensione. Inoltre l’istante d’innesco della combustione deve avvenire in un determinato punto del ciclo, situato verso la fine della fase di compressione, affinché la massima quantità di energia termica liberata dalla combustione possa essere convertita in lavoro utile.

I sistemi di accensione per i motori ad accensione comandata hanno subito una evoluzione nel corso degli anni che è stata dapprima funzione delle disponibilità di nuove soluzioni tecnologiche e quindi dall’avvento dell’elettronica, e successivamente anche strettamente legata alla riduzione dell’impatto ambientale per via delle stringenti normative.

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3.2 Sistemi di Accensione Elettronici [7]

Allo stato attuale i sistemi di accensione sono esclusivamente elettronici e non hanno niente in comune con i vecchi sistemi elettromeccanici (accensione a spinterogeno o a magnete) ed hanno permesso di eliminare i difetti che li caratterizzavano.

I primi sistemi di accensione elettronica sono stati i sistemi induttivi, risalgono agli anni ’60 e la loro diffusione è stata favorita grazie alla disponibilità dei transistor di potenza al silicio. Successivamente sono stati ideati i sistemi a scarica capacitiva, nei quali il componente elettronico di potenza tipicamente non è un transistor ma un SCR. In seguito, grazie all’evoluzione dell’elettronica sono stati ideati sistemi sempre più complessi e innovativi con l’obbiettivo di migliorare le prestazioni del motore e ridurre le emissioni inquinanti.

Sono così comparse le accensioni breakerless, i correttori d’anticipo statici e la soluzione

distributorless, ossia sistemi che utilizzando più bobine a doppia uscita, o addirittura una

bobina per ogni candela (accensione diretta), non avevano più bisogno del distributore.

3.2.1 La Candela

La candela costituisce un elemento importante in un sistema di accensione per motori SI, influenzandone le prestazione in base alle sue caratteristiche.

La struttura tipica di una candela è costituita da (Fig.3.1):

• un corpo metallico, filettato nella parte inferiore per l’avvitamento nella testata; • un elettrodo centrale (realizzato con leghe di Nichel, Platino o Iridio) che

attraversa l’isolante;

• una parte centrale in porcellana isolante, che evita che la corrente si scarichi sulle pareti metalliche e consente di smaltire rapidamente il calore prodotto dalla corrente che attraversa l’elettrodo centrale;

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Figura 3.1 Struttura di una Candela di accensione: 1) Terminal nut, 2) Al2O3 ceramic insulator, 3) Case, 4) Heat-shrinkage zone, 5) Conductive galss, 6) Seal, 7) Compound center electrode Ni/Cu, 8) Ground Electrode

Per garantire che le candele possano autopulirsi, è necessario che la punta dell’isolante delle candele si mantenga a temperature tra 400°C e 850°C. Infatti solo oltre 400°C i depositi carboniosi ed oleosi vengono bruciati. Si evita di superare gli 850°, in quanto si preferisce lasciare un margine di sicurezza rispetto alla temperatura di 1000°C (o poco più), alla quale le candele divengono punti d’innesco di preaccensione.

Tra le varie tipologie di candele si distinguono le candele calde, ossia a basso smaltimento di calore, e le candele fredde nel caso opposto. Questa caratteristica è indicata con un numero detto grado termico. Poiché le condizioni termiche della camera di combustione variano da motore a motore, il grado termico delle candele deve essere adatto allo specifico motore nelle diverse condizioni d’esercizio.

Gli elettrodi realizzati con leghe di metalli nobili, permettono alle candele di nuova generazione di durare molto a lungo.

3.2.2 Sistemi a Scarica Induttiva (T.C.I.)

Il principio di funzionamento dei sistemi a scarica induttiva è analogo a quello dei sistemi elettromeccanici, in entrambe l’energia necessaria per far scoccare la scintilla viene accumulata induttivamente ( 2

2 1

I L

E= ⋅ , valore tipico 50 mJ). Ciò che differenzia i

sistemi di accensione induttiva elettronica è il fatto che il ruttore meccanico è rimpiazzato da un transistor di potenza. In Fig.3.2 sono riportati lo schema di principio e lo schema elettrico equivalente di un sistema convenzionale di accensione induttiva, mentre Fig.3.3 mostra lo schema elettrico di un semplice sistema di accensione a transistor. In entrambe i sistemi le bobine sono realizzate da un nucleo ferromagnetico intorno al quale sono avvolti

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l’avvolgimento primario, a basso numero di spire, e quello secondario, ad elevato numero di spire (il rapporto spire è tipicamente circa 100).

CONDENSATORE SULLE PUNTINE RS DISTRIBUTORE OUT IN BATTERIA CONTATTO DI ACCENSIONE (a) Cp (b) Cp Cs SPARK_PLUG GN D IN BOBINA V2 12Vdc V1 12Vdc RP PUNTINE Vsec

Figura 3.2 Schema di principio (a) e Schema elettrico (b) di un sistema convenzionale di accensione induttiva. In (b) le resistenze Rp ed Rs rappresentano le resistenze dell’avvolgimento primario e secondario rispettivamente. Il condensatore Cs invece rappresenta la capacità equivalente sul secondario dovuta alle capacità del distributore, delle candele e ai fili di collegamento.

Q1 TRANSISTOR DI POTENZA Q2 DISTRIBUTORE OUT IN BATTERIA SPARK_PLUG GN D IN BOBINA V3 12Vdc REISTENZA DI LIMITAZIONE

Figura 3.3 Schema elettrico di un semplice sistema di accensione induttiva a transistor

Per effetto dell’apertura del ruttore (Fig.3.2), si genera una brusca variazione di corrente nel primario della bobina, in questo modo nel nucleo si produce una repentina variazione di flusso magnetico, che, concatenandosi con le numerose spire del secondario, consente di generare una tensione elevata di 15 ÷ 20 kV. Il condensatore presente in parallelo ai contatti del ruttore ha lo scopo di evitare la generazione di archi elettrici tra di essi. Il valore della capacità di tale condensatore va scelto opportunamente in quanto influenza il tempo di salita della tensione sul secondario.

Sostituire il ruttore con un transistor comporta diversi vantaggi: • l’interruzione della corrente sul primario è rapida e ripetibile;

• le puntine platinate non sono più soggette ad usura, in quanto, essendo adesso utilizzate per pilotare il transistor, sono sottoposte a basse correnti;

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• migliorano le prestazioni per frequenze di scintilla elevate, in quanto, potendo mantenere chiuso il circuito primario più a lungo di quanto era consentito dal ruttore meccanico, è possibile saturare il circuito magnetico .

In Fig.3.4 sono confrontati gli andamenti delle tensioni in uscita al variare della velocità del motore per un sistema a scarica induttiva convenzionale ed un sistema a transistor.

Figura 3.4 Confronto tra andamento della tensione d’uscita di un convenzionale sistema di accensione induttiva e un sistema a transistor

3.2.3 Sistemi a Scarica Capacitiva (C.DI.)

A differenza dei sistemi a scarica induttiva, in questi sistemi l’energia necessaria alla scarica viene accumulata in un condensatore ( 2

2 1

V C

E = ⋅ , valore tipico 10 mJ). Fig.3.5

mostra lo schema a blocchi e di un sistema CDI.

Una delle armature del condensatore viene inizialmente portata ad una tensione di qualche centinaio di volt (300 ÷ 600 V) mediante un convertitore DC – DC. Successivamente la stessa armatura è rapidamente messa a terra da un SCR, in modo tale che l’altra armatura, connessa con il primario di una bobina a bassa induttanza, venga portata a tensione negativa. A questo punto il condensatore si scarica attraverso l’avvolgimento primario permettendo di ottenere sul secondario l’alta tensione richiesta per l’accensione.

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I sistemi di accensione a scarica capacitiva hanno il vantaggio di avere tempi di salita della tensione d’uscita maggiori ( 3 ÷ 10 kV/μs ) rispetto ai sistemi a scarica induttiva (300 ÷ 500 V/μs). Questo permette di assicurare l’accensione della miscela anche con candele sporche o umide, in quanto si riduce l’energia dispersa per imperfetto isolamento.

CONVERTITORE DC_DC GND IN OUT-OUT+ CONTATTO DI ACCENSIONE BATTERIA V5 12Vdc Cp CIRCUITO_INNESCO VIN INT OUT DISTRIBUTORE OUT IN SPARK_PLUG GN D IN BOBINA Q5

Figura 3.5 Schema a blocchi di un sistema C.D.I.

3.2.4 Accensione Breakerless

Questi sistemi rappresentano l’evoluzione dei precedenti sistemi di accensione induttiva. Le puntine platine del ruttore sono sostituite da sensori di fase basati su induzione magnetica, effetto Hall oppure optolettura. Il grosso vantaggio di questi sistemi è quello di ridurre gli errori di fasatura presenti nei precedenti sistemi a causa dell’usura delle puntine.

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In Fig.3.6 è mostrato un sistema che utilizza un dispositivo elettromagnetico, mentre in Fig.3.7 un sistema che utilizza un sensore ad effetto Hall. In entrambi i casi è riportato l’andamento dei segnali generati.

Figura 3.7 A Sinistra: Effetto Hall (B Densità di flusso del campo magnetico, IH Corrente di Hall, Iv Corrente di alimentazione, UH Tensione di Hall, d Spessore ) A Destra: Generatore di Hall all’interno del distributore

3.2.5 Sistemi di Accensione Moderni

Negli attuali sistemi di accensione non viene più utilizzato il distributore per indirizzare l’alta tensione alle candele, l’accensione delle candele stesse viene gestita elettronicamente (sistemi distributorless). Inizialmente si sono diffusi i sistemi con bobina a doppia uscita in grado di garantire l’accensione a due cilindri distanti di fase metà ciclo. Questi sistemi sono anche definiti a “scintilla persa” in quanto essendo il primario della bobina unico ad ogni scintilla utile per uno dei due cilindri nell’altro ne scoccherà una inutile, causando una maggiore usura degli elettrodi.

Figura 3.8 Sistema di accensione diretta: 1) Terminale a bassa Tensione, 2) nucleo di materiale ferromagnetico, 3) Avvolgimento primario, 4) Avvolgimento secondario, 5) Connessione interna alta tensione, 6) Candela di accensione

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Successivamente è diventata più comune la soluzione ad accensione diretta. In questi sistemi ogni candela ha la sua bobina e queste sono montate direttamente a contatto con le candele (Fig.3.8), eliminando così anche l’utilizzo di cavi di alta tensione.

Nei sistemi odierni è inoltre possibile gestire in maniera molto più efficiente l’anticipo di accensione, grazie alla sostituzione dei correttori d’anticipo di tipo meccanico (centrifugo – pneumatici ) con sistemi elettronici digitali. Con questi sistemi è possibile valutare l’istante di accensione più opportuno con maggiore precisione, stabilità e ripetibilità, e tenendo in considerazioni diversi parametri che influenzano il funzionamento del motore. I primi sistemi elettronici erano sistemi ad anello aperto ossia sistemi in grado di valutare l’anticipo di accensione esclusivamente in funzioni delle informazioni mappate nella memoria della centralina e ricavati empiricamente sul banco di prova facendo lavorare il motore in diverse condizioni di funzionamento. Fig.3.9 mostra un esempio di mappa dell’anticipo di accensione.

Figura 3.9 Esempio di una mappa d’anticipo di accensione (Ignition-Advance Map)

Successivamente grazie all’utilizzo di sensori è stato possibile realizzare sistemi ad anello chiuso in grado di valutare la corretta fasatura di accensione, in funzione dei dati rilevati dai sensori e di quelli memorizzati nella centralina. I sensori più diffusi sono quello di

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detonazione, di pressione e di rilevamento della corrente ionica. Fra i tre, i sensori di pressione e corrente ionica sono quelli che forniscono più informazioni sul funzionamento del motore (inclusa la detonazione). In particolare i sensori di pressione hanno lo svantaggio di aver un costo elevato, di avere prestazioni non stabili e di influenzare la combustione a causa della presenza fisica del sensore. La rilevazione della corrente ionica è stata invece una delle ultime innovazioni introdotte per migliorare le prestazioni dei motori e soprattutto ridurne le emissioni inquinanti. Un sistema basato sulla corrente ionica ha il vantaggio di utilizzare la candela stessa come sensore e quindi è necessario solo adattare il sistema di accensione per poterla utilizzare come tale. Il principio su cui si basa è legato alla formazione di ioni, in prossimità degli elettrodi della candela, in seguito rilascio di energia durante la combustione. Questo comporta un cambiamento delle proprietà elettriche del gas, all’interno della camera. L’idea è quindi quella di utilizzare la conducibilità del gas come parametro diagnostico per la combustione.

Fig.3.10 mostra lo schema di principio del sistema di accensione con rivelazione della corrente ionica prodotto dalla Delphi Corporation [8]. Durante la scarica il condensatore C1 viene caricato ad una tensione di circa 80 V. Avvenuta la scarica tale condensatore viene utilizzato come generatore di tensione, eliminando la necessità di aggiungere ulteriori sorgenti di alimentazione. Tramite la misura della corrente che scorre sulla candela è possibile trarre informazioni sul processo di combustione.

In generale utilizzando sistemi ad anello chiuso è possibile ridurre il margine di sicurezza introdotto per far fronte alla dispersione ciclica e quindi è possibile far lavorare il motore in condizioni ottimali.

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3.3 Caratteristiche Elettriche [6]

Nonostante esistano diverse tipologie di sistemi di accensioni, ognuno con le proprie caratteristiche, i concetti che stanno alla base del fenomeno restano gli stessi, perciò le proprietà elettriche possono essere descritte dal circuito equivalente riportato in Fig.3.11 .

Rc 10k Cc 60pF Lc 30H 1 2 v (t) Zc Cp 10pF Rp 1k Lp 5nH 1 2 Vout(t) Spark Gap

Figura 3.11 Circuito equivalente per un generico Sistema di Accensione ( i valori riportati nello schema sono i quelli tipici di un sistema a scarica induttiva)

Per una migliore comprensione delle prestazioni di questi circuiti è sufficiente conoscere l’evoluzione della corrente e della tensione in uscita, le quali dipenderanno dai valori assegnati ai componenti del circuito di Fig.3.11 . Questo è diviso in due sezioni, di cui quella a destra rappresenta la schematizzazione della Linea ad Alta Tensione e della Candela, mentre quella a sinistra rappresenta il sistema di accensione. Ovviamente, in funzione del sistema adottato, varieranno esclusivamente i componenti della sezione a sinistra in quanto il cavo e la candela restano sempre gli stessi.

Figura 3.12 Curva caratteristica I-V nel tempo di un sistema TCI in aria a 300K, con distanza tra gli elettrodi di 1mm e energia fornita di 30 mJ

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Nelle Fig.3.12 e 3.13 sono riportati gli andamenti di tensione (V) e corrente (I) nell’intervallo di tempo in cui avviene la scintilla, per un sistema T.C.I. ed un sistema C.D.I. Analizzando tali curve si osserva che in entrambe i sistemi è possibile distinguere tre fasi che caratterizzano il fenomeno della scintilla.

Figura 3.13 Curva caratteristica I-V nel tempo di un sistema CDI in aria a 300K, con distanza tra gli elettrodi di 1mm e energia fornita di 3mJ

La prima fase, di breve durata (decine di nanosecondi), è quella che viene denominata

Breakdown, durante la quale per effetto dell’elevata differenza di potenziale fra gli

elettrodi della candela (10÷15 kV) si ha la rottura del dielettrico, facendo sì che la corrente che attraversa la candela sia dell’ ordine del centinaio di ampere.

Dopo il breakdown la tensioni ai capi degli elettrodi scende molto rapidamente a valori molto bassi e si passa immediatamente alla seconda fase, vale a dire di Arco elettrico, caratterizzata da una durata di qualche microsecondo e da correnti inferiori alla decina di ampere.

Questa fase termina con una rapida discesa dell’intensità di corrente, passando cosi alla terza ed ultima fase, denominata Scarica Luminosa. A questo punto il dispositivo utilizzato per immagazzinare l'energia necessaria per la scintilla, libera tale energia nel circuito di scarica. La corrente che attraversa la candela è molto bassa (< 100 mA), mentre la tensione tra gli elettrodi risale fino a valori di qualche centinaio di volt.

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Figura 3.14 Curva caratteristica E-P di un sistema di accensione TCI in aria a 300K (distanza fra gli elettrodi 1mm, energia fornita 30 mJ

Dal confronto delle curve I-V di Fig.3.12 e Fig.3.13 si può osservare che quest’ultima fase è quella in cui esistono sostanziali differenze fra sistemi C.D.I. e T.C.I.

In particolare nel caso di sistemi di accensione C.D.I. tipicamente la Scarica Luminosa può durare fino ad un centinaio di microsecondi, mentre nel caso di sistemi di accensione T.C.I. ha una durata dell’ordine dei millisecondi. Da questo, se ne deduce che nel C.D.I. la fase di arco sia energeticamente predominante rispetto alla scarica luminosa, mentre il contrario avviene per T.C.I.

In Fig.3.14 sono inoltre riportati gli andamenti della potenza e dell’energia per un sistema T.C.I. dal quale è evidente che la scintilla è caratterizzata da elevate potenze (anche megawatt per alcuni sistemi) durante il breakdown, mentre nelle fasi di Arco e Scarica Luminosa le potenze sono relativamente basse ma per via della maggior durate si hanno energie maggiori.

3.4 Analisi dettagliata delle sottofasi dell’accensione [6]

Dall’analisi fatta nel paragrafo precedente sono state individuate tre fasi caratterizzate in funzione della tensione ai capi degli elettrodi della candela, della corrente che l’attraversa e

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della durata temporale. Di seguito invece viene riportata un’analisi più approfondita curando alcuni aspetti fisici del fenomeno della scintilla.

3.4.1 PreBreakdown

Prima dell’applicazione della tensione, il volume del gas tra gli elettrodi della candela, si comporta come un perfetto isolante. Ad un certo istante viene applicato un impulso, caratterizzato da tempi di salita differenti a seconda del particolare sistema di accensione (tipicamente dell’ordine di 10 kV/ms per i sistemi T.C.I. e 100 kV/ms per quelli C.D.I.). All’aumentare del campo elettrico che si viene ad instaurare nel gap, gli elettroni liberi presenti acquistano energia e vengono accelerati verso l’anodo. Si genera così una corrente che dipende dalla compressione del gas e dalla configurazione del campo elettrico. Se il campo elettrico ha raggiunto valori sufficientemente alti (50-100 kV/cm), gli elettroni accelerati dal campo ionizzano nuove molecole di gas creando ulteriori ioni ed elettroni che contribuiranno alla corrente precedentemente generata. Oltre a questo, accade anche che le radiazioni UV emesse dagli ioni eccitati (λ < 200 nm) generino nelle vicinanze del catodo nuovi elettroni che, energizzandosi a loro volta, permettono a questo processo di arrivare ad autosostenersi.

L’efficienza di queste radiazioni è, però, influenzata dal gap tra gli elettrodi e dalla pressione presente nella zona della candela. Infatti, se la distanza tra gli elettrodi è piccola e le pressioni sono basse (gap < 1mm, p < 1 bar), le radiazioni UV possono raggiungere direttamente il catodo e liberare un buon numero di fotoelettroni. Se invece la distanza tra gli elettrodi è notevole e le pressioni sono elevate (gap > 1mm, p > 1 bar), le radiazioni UV vengono assorbite da altre molecole circostanti e quindi solo una percentuale molto bassa di molecole nel gap viene ionizzata.

Se l’impulso di tensione iniziale ha tempi di salita troppo lunghi, allora questa fase può avere durate apprezzabili (anche minuti), inoltre può accadere che il processo non riesca ad autosostenersi. In presenza di un impulso di breve durata, invece, il meccanismo di ionizzazione è molto più efficiente, il numero di ioni ed elettroni cresce proprio come un effetto valanga.

Finchè il processo di ionizzazione sopra descritto produce meno elettroni di quelli richiesti per arrivare ad avere una scarica autosostenuta siamo nella fase di Prebreakdown.

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La temperatura del gas rimane ancora vicina al suo valore iniziale e la densità degli elettroni non supera i anche se nei singoli canali ionizzati (streamers) si possono raggiungere i 3 15 / 10 e cm 3 18 / 10 e cm 3.4.2 Breakdown

Dopo la generazione di un numero di elettroni sufficiente per avere l’autosostentamento, per effetto della ionizzazione la conducibilità del gap aumenta notevolmente e di conseguenza la corrente di scarica subisce un aumento esponenziale. In pochi nanosecondi la corrente giunge a valori che vanno da 100 a 1000 A, l’ulteriore aumento viene limitato dalla impedenza della scarica.

In questa fase la tensione ai capi degli elettrodi, e di conseguenza il campo elettrico, diminuiscono rapidamente a valori rispettivamente di 100 V e di 1 kV/cm.

La minima energia richiesta per iniziare a completare il breakdown alla pressione p = 1 bar e con 1mm di gap è di 0.3mJ.

La densità degli ioni si incrementa rapidamente sino a e questo fa sì che il processo dominante attraverso il quale gli elettroni accelerati perdono energia è lo scambio con altri ioni attraverso forze di Coulomb. Nonostante uno sfavorevole rapporto tra ioni ed elettroni, uno scambio di energia considerevole è già possibile tramite una singola collisione. L’elevato tasso di ionizzazione raggiunto ed il livello di eccitazione elettronica, comportano un aumento considerevole della temperatura del gas, che può raggiungere i 60000K.

3 19 /

10 e cm

In Fig.3.15 sono riportati gli andamenti in funzione del tempo delle grandezze che caratterizzano il breakdown.

Il processo è concentrato inizialmente in un canale di plasma di circa 40 μm, corrispondente al diametro degli streamers nella fase di prebreakdown. Tutte particelle presenti all’interno di questo canale sono dissociate, ionizzate e fortemente eccitate, tanto che ognuna ha valori di energia potenziale dell’ordine dei 20eV e valori di energia termica dell’ordine di 5.5eV.

A causa del rapidissimo aumento della temperatura si ha un istantaneo aumento della pressione di un centinaio di bar, questo causa un’intensa onda d’urto e l’espansione ad altà velocità dei canali. Durante questa espansione il canale tende a raffreddarsi convertendo l’energia potenziale in energia termica, sostenendo il processo di espansione (Fig 3.16).

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Figura 3.15 Parametri del canale di plasma per un Breakdown in aria a 300K, pressione di 1 bar e 1mm di gap. Durata della corrente di breakdown di 10ns. energia elettrica applicata agli elettrodi; temperatura degli elettroni; temperatura del gas; densità degli elettroni; sovrapressione nel canale del plasma; diametro del canale.

el E e

T Tg n p

d

Figura 3.16 Andamento temporale della ripartizione dell’energia elettrica fornita al plasma in energia potenziale e termica

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Il prolungarsi della durata della scarica determina la nascita di un campo termoionico, per effetto di quest’ultimo vengono a crearsi delle emissioni dai punti caldi.

Questo fenomeno può essere interpretato come la fine della fase di breakdown e l’inizio della fase di arco. Inoltre si può anche assumere che la fine del breakdown coincida con una diminuzione della tensione d’innesco del 10% del suo valore iniziale.

Data la breve durata, nella fase di breakdown praticamente non si hanno perdite a livello energetico, infatti il catodo rimane freddo per tutta la durata di questa sottofase, nonostante tra gli elettrodi si sia formato un canale di plasma.

In Tab.3.1 si può osservare un bilancio energetico che permette di confrontare la fase di breakdown con le fasi di arco e scarica luminosa, in condizioni ideali, ossia considerando elettrodi molto piccoli.

Breakdown Arco Elettrico Scarica Luminosa

Radiazione persa <1% Ca.5% <1%

Calore perso per Conduzione sugli

elettrodi Ca.5% Ca.45% 70%

Perdite totali

Ca.6% Ca.50% Ca.70%

Energia Totale

trasmessa al plasma Ca.94% Ca.50% Ca.30%

Tabella 3.1 Bilancio energetico per le fasi di Breakdown, Arco elettrico e Scarica luminosa sotto condizioni idealizzate ( elettrodi molto piccoli ).

3.4.3 Arco Elettrico

Condizione necessaria affinché questa fase possa avere inizio, è che sia creata una zona ad alta conducibilità elettrica nel gas, quindi l’arco elettrico non può che essere preceduto dal breakdown.

Le correnti in gioco sono superiori a 100 mA ed hanno un massimo vincolato esclusivamente dalle impedenze del circuito di accensione, esterne a l gap. La tensione ai capi degli elettrodi è molto bassa (≈ 50 V a 1 bar in aria e 1 mm di gap) e si ripartisce in ≈15 V di caduta sul catodo, ≈10 V di tensione dell’arco, ≈25 V di caduta sull’anodo.

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La caduta sul catodo è necessaria per sostenere i numerosi punti caldi ( la temperatura del plasma è ≈3000 K, stesso ordine di grandezza della temperatura di evaporazione del materiale del catodo a pressione ambiente) costituiti da materiale fuso, con diametro di 10 – 40 μm.

Gli elettroni emessi con l’evaporazione del metallo fuso sono necessari per l’esistenza dell’arco. In questa fase, proprio a causa dell’emissione dei punti caldi, si verifica l’erosione degli elettrodi che si prolunga anche nella fase successiva.

In Tab.3.2 sono confrontati i tassi di erosione degli elettrodi relativi a tre sistemi di accensione: T.C.I., C.D.I. e B.D.I. (accensione a breakdown).

Analizzando i dati riportati, se ne deduce che nei sistemi T.C.I. e C.D.I. per le fasi di Arco e di Scarica Luminosa, la corrosione cresce all’aumentare della distanza tra gli elettrodi, mentre in un sistema B.D.I. ciò non accade in quanto un gap più ampio tende ad allungare la durata della fase di breakdown, riducendo così l’energia per la fase successiva e quindi l’arco.

Dispositivo Gap Energia Corrosione per 106 scariche

1/mm Eel/mJ Massa/g Massa/g mJ

TCI (Scarica Luminosa, 3.4 ms, 500 V) 0.5 1.0 2.0 33 37 41 0,89 x 10-4 1,29 x 10-4 1,43 x 10-4 2,7 x 10-6 3,5 x 10-6 3,5 x 10-6 CDI (Arco a bassa energia, 100 μs) 0.5 1.0 2.0 1,6 1,76 1,17 0,25 x 10-4 0,32 x 10-4 0,29 x 10-4 15,6 x 10-6 18,2 x 10-6 24,8 x 10-6 CDI+Arco (Arco, 100 μs, 100 V) 0.5 1.0 2.0 185 115 67 333 x 10-4 242 x 10-4 150 x 10-4 180 x 10-6 210 x 10-6 223 x 10-6 CDI+Arco (Arco, 100 μs, 100 V) 0.5 1.0 2.0 278 225 236 467 x 10-4 442 x 10-4 483 x 10-4 168 x 10-6 196 x 10-6 204 x 10-6 VFZ (Breakdown, 5 ns, 20 KV 0.5 2.0 4.0 40 40 40 6,4 x 10-4 4,8 x 10-4 1,3 x 10-4 16 x 10-6 12 x 10-6 3,3 x 10-6 Tabella 3.2 Tassi di corrosione per elettrodi di ottone nelle sottofasi di Breakdown, Arco elettrico e Scarica luminosa al variare del gap tra gli elettrodi in aria a 300K e 1 bar.

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In un progetto accurato, si agirà sulla geometria degli elettrodi e sulle caratteristiche elettriche in modo tale da ridurre notevolmente la corrosione relativa alla sottofase di Arco elettrico così da portarli a valori paragonabili a quelli relativi alla sottofase di Scarica luminosa, a vantaggio di una maggior durata della candela.

I valori di densità di elettroni e della temperatura sono e 5000÷6000 K rispettivamente, e variano molto poco al variare della corrente dell’arco.

3 17 /

10 e cm

In pratica l’effetto principale dell’arco elettrico che segue un breakdown, è quello di limitare la densità di elettroni e la temperatura tipiche della fase di breakdown ai valori sopra menzionati.

A causa delle basse potenze in ingresso e della bassa densità di elettroni, solo una parte dell’energia viene scambiata tra ioni ed elettroni. Questo rende l’arco un processo di carattere puramente termico, di conseguenza il trasferimento di energia con la superficie del plasma è dovuto a conduzione del calore e diffusione della massa e non a causa di una sovrapressione.

Questo processo è relativamente lento (ordine dei μs contro le decine di nanosecondi del breakdown), inoltre diventa tanto più inefficiente quanto più aumenta la distanza tra la zona superficiale attiva e l’asse sul quale avviene la scarica. Questa fatto determina anche il profilo “gaussiano” della temperatura.

Per via del prolungato (millisecondi) contatto tra elettrodi e plasma si hanno grandi perdite di energia per conduzione.

3.4.4 Scarica Luminosa

Questa fase è analoga alla precedente dell’arco elettrico salvo per il fatto che il catodo si è raffreddato.

Gli elettroni non si generano più per effetto termoionico, ma per effetto del bombardamento della superfice del catodo con ioni positivi. Data l’inefficienza di questo meccanismo la densità di elettroni è bassa e quindi la corrente tende ad abbassarsi a valori inferiori a 100 mA, la tensione invece tende a risalire fino a valori superiori a 100 V. Temperatura e pressione queste continuano a decrescere, provocando un’usura non così marcata degli elettrodi come nella sottofase di Arco. Anche in questo caso si hanno delle perdite di energia per conduzione, dovute allo scambio di calore con gli elettrodi, che si

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protraggono per un tempo elevato (maggiori del 50 % alla pressione di 1 bar e con un gap di 1 mm).

Particolarità di quest’ultima sottofase è di non essere presente in tutti i sistemi di accensione o di esser presente soltanto in minima parte, ad esempio nei sistemi C.D.I ha una durata molto breve a differenza dei sistemi induttivi dove ha una durata dell’ordine dei millisecondi (Fig.3.12 e Fig.3.13)

Da quanto osservato se ne deduce una delle peculiarità dei sistemi capacitivi che agiscono in un tempo decisamente minore rispetto ai sistemi ad induzione.

3.5 Efficienza del Trasferimento di Energia

Dall’analisi fatta nei paragrafi precedenti, risulta evidente che il fenomeno della scarica è affetto da varie fonti di perdite energetiche, e quindi solo una parte dell’energia applicata viene utilizzata per accendere la miscela.

Le fonti di perdita più significative sono le cadute di tensioni sull’anodo e sul catodo e le perdite di calore sugli elettrodi.

In Fig.3.17 sono riportati i valori dell’energia trasferita per l’arco e la scarica luminosa, in funzione dell’energia elettrica applicata agli elettrodi. Salvo ridurre il tempo di scarica drasticamente (< 10 μs) la caratteristica di trasferimento dell’energia sulla carica è indipendente sia dal tempo in cui viene valutata che dal valore della corrente.

La fase di breakdown (Fig.3.18) è caratterizzata da un altissima efficienza di trasferimento, maggiore dell’ 80 % .

Figura 3.17 Energia totale trasferita in funzione dell’energia fornita agli elettrodi per Arco elettrico e Scarica luminosa

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Figura 3.18 Energia totale trasferita per la fase di Breakdown in funzione dell’energia applicata agli elettrodi

In realtà si ha una diminuzione dell’efficienza all’aumentare dell’energia fornita in ingresso, ciò è da attribuire al fatto che un aumento dell’energia di ingresso può portare il sistema ad evolversi verso la fase successiva di arco se il sistema di accensione non è stato progettato in modo tale da rendere abbastanza veloce il trasferimento di energia, entro il breve intervallo di tempo in cui si svolge la fase di breakdown.

Per quanto riguarda il legame tra la velocità della carica e l’efficienza del trasferimento di energia, si può ritenere che nella fase di breakdown, data la sua brevissima durata, il fluido risulti praticamente fermo, cosa non vera invece per le sottofasi di arco elettrico e scarica luminosa (Fig.3.19).

Per velocità inferiori ai 15 m/s c’è uno stabile aumento della lunghezza del canale di plasma che, aumentando la superficie di contatto, favorisce l’accensione della miscela. Per velocità superiori, invece, qualora non sia avvenuta l’accensione con il Breakdown, sono necessarie più accensioni in serie per riuscire ad incendiare la carica in quanto la presenza di un’elevata turbolenza sfavorisce il trasferimento di energia tra i vari nuclei di combustibile. Difatti da molteplice prove effettuate si è dedotto che la massima efficienza di trasferimento si ha per flussi di carica con velocità intorno ai 15 m/s mentre per velocità maggiori l’efficienza può variare tra il 30 % e il 50 % per Scarica e Arco.

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Figura 3.19 Efficienza del trasferimento di energia per la fase di arco e scarica luminosa in flusso d’aria a 300K, 1 bar e 1 mm di gap

Durante l’Arco e la Scarica Luminosa il trasferimento di calore dalla zona lungo l’asse degli elettrodi verso l’esterno avviene principalmente per conduzione, ciò implica che il possibile aumento del tasso di reazione è minore rispetto ai plasmi prodotti nella fase di breakdown dove la maggior parte dell’energia è portata dai radicali. Se le condizioni sono critiche, la zona di innesco può anche ridursi virtualmente alla zona vicino all’asse di scarica dove le temperature sono più alte. In questa regione sono presenti anche i radicali liberi provenienti dalla dissociazione di ossigeno e idrocarburi anche se in concentrazioni minori rispetto a quelli presenti nel breakdown iniziale. In tal caso sarà la fase di arco che provvederà a creare condizioni più favorevoli piuttosto che la scarica luminosa grazie alla più alta temperatura dell’asse e la conseguente più alta densità di radicali.

Nelle miscele con rapporto stechiometrico, l’energia necessaria per la fase di prebreakdown è 0.3 – 1 mJ e dipende dalla tensione applicata sugli elettrodi del gap e dalla capacità di quest’ultimo.

In conclusione, l’energia della scarica è trasferita dal plasma al combustibile sia per collisione tra i radicali dotati di una certa energia potenziale (N, O, H, C) con le molecole circostanti (plasma del breakdown), sia per convezione e conduzione del calore.

In condizioni di diluizione della carica, quando le reazioni vengono rallentate a causa della natura stessa della miscela, è opportuno che il sistema fornisca più energia alla fase di breakdown perché è proprio questa fase la più efficiente per promuovere le reazioni chimiche.

Figura

Figura 3.1  Struttura di una Candela di accensione: 1) Terminal nut, 2) Al 2 O 3  ceramic insulator,  3) Case, 4) Heat-shrinkage zone,  5) Conductive galss, 6) Seal, 7) Compound center electrode  Ni/Cu, 8)  Ground Electrode
Figura 3.2  Schema di principio (a) e Schema elettrico (b) di un sistema convenzionale di  accensione induttiva
Figura 3.4  Confronto tra andamento della tensione d’uscita di un convenzionale sistema di  accensione induttiva e un sistema a transistor
Figura 3.5  Schema a blocchi di un sistema C.D.I.
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