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Academic year: 2021

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CAPITOLO II

Le Sinergie nei processi d’aggregazione

Il punto centrale di questo scritto, come ormai evidente, risulta essere il

fenomeno sinergico che, come precedentemente specificato, può svilupparsi ogni qual volta l’entità risultante dalla somma di due distinte, generi un plus-valore. Di seguito la trattazione andrà concentrandosi sulle sinergie derivanti da processi di trasferimento aziendale.

Un punto interessante di riflessione concerne l’analisi dello stretto legame che intercorre tra acquisizione e disinvestimento, entrambi operazioni che implicano un trasferimento ma, l’una prevede di inglobare ciò che viene ceduto mentre l’altro enuclea un entità da far acquisire.

Ogni operazione di crescita esterna, infatti, coinvolge due soggetti economici che operano all’interno della medesima negoziazione con motivi ed obbiettivi differenti : “ciò che è acquisizione per l’uno diventa cessione per l’altro”.1

Acquisizioni e cessioni rappresentano le due facce della stessa medaglia, poiché l’una non può avvenire in assenza dell’altra; tuttavia, non bisogna dimenticare

1 CONCA, Acquisizioni, op. cit., pag. 26.

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che le motivazioni e le strategie di gestione sono assolutamente distinte qualora ci si ponga nell’ottica dell’acquirente o di quella del venditore.

Nel seguente capitolo s’intende quindi presentare gli effetti sinergici rilevati nell’ottica dell’acquirente dell’operazione, mentre nel successivo si esplicheranno quelli riferiti a chi cede.

1. L’ acquisizione: specificazioni e tipologie

Definire la crescita per via esterna come acquisizione pare troppo generico poiché il termine riassume una molteplicità di operazioni che, seppur in modo quanto più sintetico possibile, mi sembra opportuno specificare.

In via generale ci si riferisce a tutte quelle operazioni in cui si preveda di acquisire quote azionarie o attività di altre imprese il cui controllo passa quindi a un nuovo soggetto economico, l’acquirente.

Una prima fondamentale distinzione è se l’operazione preveda un obbiettivo d’integrazione tra le due strutture o lasci immutata l’autonomia gestionale dell’impresa acquisita.

Di qui la differenziazione terminologica tra operazione di acquisizione e

operazione di fusione.

La prima si configura come il trasferimento del controllo di un’attività mediante un passaggio di proprietà; la seconda può essere considerata come lo strumento tecnico che sancisce, a livello formale, l’integrazione.

Eppure l’unicità dell’assetto proprietario rappresenta una condizione fondamentale per un’attività di collaborazione ed eventuale integrazione quindi, di fatto, si può affermare che nella maggior parte dei casi l’acquisizione anticipa la fusione.

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Inoltre, ai fini della nostra analisi, non avrebbe senso considerare operazioni prive d’integrazione, poiché andrebbero a mancare quei vantaggi (o svantaggi) sinergici, oggetto principi della trattazione.

Posta quindi l’ipotesi che ogni implicazione giuridica e di assetto societario delle imprese coinvolte risulta alquanto superflua nella nostro caso, i due termini possono, essere usati come sinonimi se non addirittura definiti unitariamente come Merger and Acquisition (M&A). 2

Riferendosi alla operazioni di cui sopra andremo quindi ad individuare negoziazioni afferenti:

• pacchetti azionari o quote rappresentative di capitale; • rami d’azienda;

• l’azienda;

Una seconda classificazione dipende dal settore di appartenenza delle imprese coinvolte nell’operazione. Si parla in tal senso di acquisizioni correlate o non

correlate.3

Si definiscono correlate quando i settori in cui operano le due unità considerate presentano collegamenti più o meno stretti sotto il profilo tecnologico, produttivo e/o di mercato.

In tal senso si specificano tre tipologie: le acquisizioni orizzontali, se le imprese operano nello stesso mercato o settore realizzando quindi prodotti simili; acquisizioni verticali, se interessano aziende appartenenti a due stadi congiunti della stessa filiera produttiva. L’integrazione può avvenire a monte nei casi in cui si acquisisca un fornitore o a valle nei casi in cui sia acquisita un azienda cliente; acquisizioni concentriche se, pur presentando collegamenti sul piano

2Tale definizione unitaria è stata attinta da: CONCA, Acquisizioni, op. cit., pag. 25-26.

3L’esplicazione delle due categorie risulta da una sintesi di: GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pag.

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tecnologico, produttivo e/o di mercato, le due unità operano in settori differenti e non sono legate da un rapporto cliente-fornitore.

Si definiscono invece non correlate o di diversificazione conglomerale quando tra le imprese coinvolte vengono a mancare i collegamenti suddetti.

La rilevanza delle classificazione sta nel fatto che le sinergie potenziali ottenibili dall’operazione cambiano in relazione alla tipologia di acquisizione intervenuta; non avrebbe però senso specificarle adesso in quanto non è stata ancora esposta la differenziazione del fenomeno sinergico; rimandiamo quindi al paragrafo inerente le tipologie di sinergie realizzabili.

Ultima distinzione che andiamo a considerare è quella tra acquirente finanziario e acquirente strategico.4

Alla prima categoria appartengono operatori istituzionali che agiscono con una logica prettamente speculativa : l’obbiettivo è la massimizzazione del ritorno economico in termini di dividendi e capital gain;

nel secondo caso, invece, il soggetto (individui o società), interpreta l’acquisizione come strumento d’implementazione della strategia di crescita; l’obbiettivo principale è quindi realizzare benefici sinergici dall’integrazione delle due attività.

La specificità degli obbiettivi e la natura delle motivazioni sottostanti alla due tipologie rende tale differenziazione quanto mai fondamentale in vista di arginare il nostro campo d’indagine.

Come è ovvio solo la seconda fattispecie risulta d’ interesse per la trattazione poiché analizzare la prima sarebbe solo un inutile divagazione dalla tematica centrale.

4 Tale ottica di analisi risulta da una sintesi di: GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pag. 133-134;

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2. Tipologie

Benché già in precedenza è stata messa in luce tale distinzione, sembra d’obbligo rimarcare su una questione quanto più fondamentale: differenza tra sinergie in un contesto di acquisizione e sinergie in un contesto di cessione.

Quando si parla d’integrazione tra aziende o parti d’azienda, il riferimento è a

sinergie potenziali, la cui manifestazione non è certa ma solo stimata; di contro

in un contesto di disaggregazione, sia nel caso di cessione di un intera azienda da parte di un gruppo sia di cessione di una parte di una singola azienda, il riferimento è a sinergie già in atto che, a seguito dell’enucleazione vengono meno; manca quindi completamente la dimensione probabilistica temporale che invece contraddistingue le prime.

Una seconda distinzione da fare nell’esposizione dell’impatto di un’operazione di acquisizione o fusione sulla redditività aziendale è tra effetti sinergici positivi ed effetti sinergici negativi.

Come già accennato nel primo paragrafo benché la parola sinergie abbia ormai assunto, nell’uso comune, una connotazione quanto più positiva, l’evidenza empirica ci dimostra come molteplici possono essere gli effetti scaturenti dal consolidamento di due o più unità aziendali distinte, ma ciò non toglie che, dalla loro unione, si conseguano non solo benefici ma anche svantaggi.

In prima approssimazione si può affermare che le sinergie positive si manifestano sotto due vesti: aumento di ricavi o riduzione di costi a carico della nuova entità risultante; viceversa, nel caso di sinergie negative.

Una terza classificazione riguarda il fatto che le sinergie siano realizzabili da acquirenti generici o specifici. A tal fine si individuano: sinergie universali e

sinergie speciali5.

5

Tale classificazione è stata tratta da: L.GUATRI,M.BINI, Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende,

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Le sinergie universali riguardano i benefici realizzabili da qualsiasi soggetto operativo che acquisendo l’impresa ne rafforzi la capacità di reddito, mediante un miglior sfruttamento delle risorse e/o di una migliore combinazione delle risorse stesse con business correlati. Per esempio, in un settore dove sono rilevanti le economie di scala, le sinergie universali riguardano la riduzione di costo di cui l’impresa target può beneficiare post-acquisizione per effetto del raggiungimento della dimensione ottimale. E ancora: laddove si sta realizzando una convergenza tecnologica che consente lo sfruttamento di una stessa base di clienti da parte di imprese di settori contigui, le sinergie universali riguardano il maggior valore della base di clientela conseguente allo sfruttamento di un’offerta congiunta dei prodotti/servizi dell’acquirente e dell’acquisita appartenenti ai due settori correlati.

Le sinergie speciali, invece, riguardano i benefici realizzabili solo da uno specifico soggetto acquirente, in virtù dell’integrazione delle attività dell’acquisita nella propria sfera di attività; per esempio, se l’acquirente è l’impresa leader di settore e acquisisce il suo concorrente più forte, dall’integrazione possono scaturire sinergie non fruttabili da altri soggetti industriali.

Una quarta distinzione attiene alla circostanza che le sinergie generino benefici in capo all’acquisita ovvero in capo all’acquirente. Al riguardo si distingue tra

sinergie divisibili e sinergie indivisibili6.

Le sinergie divisibili riguardano i benefici che sorgono in capo all’acquisita e dunque contribuiscono ad accrescere il valore per tutti gli azionisti(di maggioranza e di minoranza). Le sinergie divisibili accrescono il valore fondamentale en bloc riferito al 100 per cento del capitale aziendale.

Le sinergie indivisibili riguardano i benefici cosiddetti privati che sorgono in capo all’acquirente e dunque non contribuiscono ad accrescere il valore

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dell’acquisita, ma che rafforzano in capo all’acquirente la convenienza dell’acquisto.

Ultima classificazione, anche se più che classificazione potremo definirla precisazione, è in base la fonte dei possibili effetti sinergici, seppur evidente; non tutte le sinergie infatti si manifestano in ogni operazione, ma la probabilità di verifica varia in relazione alle caratteristiche delle imprese coinvolte e di conseguenza al tipo di acquisizione compiuta.

Si ritiene quindi utile riportare in forma schematica le possibili manifestazioni del fenomeno sinergico scindendolo per tipologie di acquisizioni, mentre si lascia alla trattazione successiva l’esposizione di eventuali esempi ad essa collegabili. Lo schema già riporta l’articolazione che è stata scelta per trattare nel dettaglio gli effetti sinergici. La letteratura in questione è quanto mai ampia e ciascun autore scinde e raggruppa gli effetti seguendo criteri differenti. A mio avviso, suddividere le sinergie in operative, di mercato, finanziarie e fiscali ne permette una trattazione chiara e dettagliata.

Tipi di operazione Sinergie di mercato Sinergie operative Sinergie finanziarie Sinergie fiscali Correlate

Orizzontali Possibile Molto

probabile Possibile possibile Verticali Assente Molto

probabile Possibile Possibile

Concentriche Improbabile Possibile Possibile possibile

Conglomerali Assente Assente Possibile possibile

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Di seguito verranno analizzate nello specifico le singole categorie.

2.1. Sinergie di mercato

Tra le fonti di valore potenzialmente presenti nei processi di concentrazione tra le imprese, le sinergie di mercato sono quelle che, tradizionalmente, hanno suscitato maggior interesse, non solo in via teorica, ma anche ad opera delle autorità preposte alla tutela della concorrenza.7

S’identificano in benefici incrementali legati alla possibilità di aumentare prezzi applicabili, quantità prodotte e coefficiente di crescita, che vanno ad incidere positivamente sull’entità del fatturato.8

Di fatto interviene in special modo nel caso di acquisizione di tipo orizzontale ossia, tra aziende che operano nello stesso settore e quindi realizzano gli stessi prodotti o prodotti altamente fungibili; in tal caso la riduzione della pressione concorrenziale e il conseguente aumento del potere di mercato permettono di applicare prezzi più elevati, con evidenti effetti sulla redditività.9 Non mancano comunque casi di sviluppo anche in acquisizioni di tipo verticale o concentrico. Per “potere di mercato” s’intende la possibilità di esercitare un grado di controllo sui propri mercati di sbocco tale da consentire di praticare prezzi più elevati di quelli che si formerebbero in un regime di concorrenza perfetta. I prezzi praticati incorporano quindi una porzione più o meno consistente di profitti oligopolistici. Da precisare però che l’acquisizione non sempre contribuisce ad accrescere il potere di condizionamento e di controllo che l’imprese esercita sul mercato, ma sono necessarie la sussistenza di altre condizioni :

7 Si veda: CAPASSO, Acquisizioni aziendali, op. cit., pag. 87.

8 L’affermazione riporta tata deriva da un esplicitazione dello schema presente in: ZANETTI, Valutazione

delle acquisizioni, op. cit., pag. 174.

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• che, per effetto dell’operazione, l’impresa raggiunga una quota di mercato talmente alta da esercitare, di fatto, un potere monopolistico;

• che il numero delle imprese operanti nel settore si riduca a poche unità per cui, l’elevato grado d’interdipendenza fra le politiche di produzione e di prezzo delle singole imprese, può indurre a espliciti o taciti comportamenti collusivi, che consentono loro di praticare prezzi artificiosamente alti. 10

D’altra parte però, l’effettivo incremento del potere di mercato può inoltre essere influenzato da altre variabili che rendono le condizioni precedenti, insufficienti ai fini del raggiungimento di un maggior “pricing power”11.

A tal fine occorre approfondire l’analisi della struttura competitiva dei mercati in cui operano le imprese coinvolte.

In primo luogo, la presenza di poche imprese che competono nello stesso mercato non implica necessariamente lo sviluppo di comportamenti collusivi; in secondo luogo la presenza o meno di barriere all’entrata rappresenta un altro fattore fondamentale ai fini della sostenibilità del potere di mercato potenzialmente raggiungibile.12

Non dimentichiamo però che acquisizioni di tal tipo, presupponendo l’integrazione sui mercati di attuale presenza, si ripercuotono positivamente non solo sui prezzi ma anche sui volumi prodotti; l’eliminazione di un diretto concorrente comporta un incremento certo della mole prodotta almeno per la quota precedentemente accreditata alla target.

La possibilità, infine, d’intervenire in mercati scarsamente presidiati o inaccessibili a causa delle elevate barriere in entrata, fa si che, in taluni casi, le

10Per ulteriori approfondimenti vedi:CAPASSO, Acquisizioni aziendali, op. cit., pag. 88.

11A. DAMODARAN, Damodaran on valuation. Security analysis for investment and corporate finance,

Wiley Finanza, Second edition, 2006, pag. 560.

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sinergie di mercato s’identifichino anche nella possibilità di incrementare le proprie potenzialità di crescita entrando in nuovi network.13

Come evidente si tratta di sinergie di ricavi, per questo definite tra le più difficili da raggiungere e misurare ex-ante.

A fini chiarificatori mi sembra opportuno riportare di seguito alcuni esempi: 1) sinergie di mercato si possono manifestare nel caso in cui l’impresa target

sia dotata di brand o canali distributivi strategici fortemente competitivi, particolarmente appetibili per l’acquirente;14

2) altro caso, quando l’impresa target detiene profittevoli risorse invisible derivanti da relazioni instaurate con azienda partner operanti in un determinato network;15

3) infine, come già detto in precedenza, seppur le sinergie di mercato si presentano in genere a seguito di operazioni di acquisizione omogenea, possono intervenire anche negli altri casi d’acquisizione correlate; prova di ciò la possibilità, in caso di diversificazione collaterale, di consentire all’acquirente di usufruire della rete distribuitiva della target in modo da sviluppare una presenza più capillare sul mercato di sbocco, aumentando i volumi di vendita e/o presupponendo un’offerta con caratteri di unicità per il quale il cliente sia disposto a pagare un premium-price.16

Come ormai specificato più e più volte in precedenza, non sempre però l’integrazione di due complessi distinti genera unicamente benefici, ma spesso può essere accompagnata da inaspettati effetti negativi in termini di economicità, che identificano quelle che, a fini definitori, sono state nominate sinergie negative.

13Si veda: A.DAMODARAN, On valuation, op. cit., pag. 560. 14Esempio tratto da: TALIENTO, Stima del valore, op. cit., pag. 7. 15Esempio tratto da:TALIENTO,Stima del valore, op. cit., pagg. 7-8. 16Esempio tratto da: GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pag. 227.

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Per quanto concerne le sinergie di mercato, esempi di svantaggi a carico del nuovo complesso generato sono:

• contrazione dei ricavi derivante da effetti di cannibalismo tra azienda

acquisendo e acquirente. Tale fenomeno si può accompagnare

all’implementazione di economie di scopo; in tal contesto infatti, accanto alla riduzione del costo unitario legato alla produzione congiunta di due o più beni, si può verificare cannibalismo tra i due output determinando una riduzione della domanda e del potere di mercato del complesso formatosi.17

• Peggioramento dell’immagine percepita dagli operatori presenti nei

mercati di riferimento. La sinergie negativa in questione può scaturire

da acquisizioni volte al perseguimento di obbiettivi di brand extention che però non hanno avuto un esito positivo;18

• Effetti negativi sulle vendite connesse a vigorose reazioni da parte dei competitors.19

2.2. Sinergie operative

L’idea che lo sviluppo per via esterna possa creare nuovo valore, per effetto delle sinergie ottenibili dall’integrazione fra attività operative delle imprese coinvolte, viene da sempre indicata fra le possibili motivazioni di fusioni e acquisizioni20.

Le sinergie in questione, possono interessare diverse aree funzionali (produzione, acquisti, vendite, marketing) attraverso la condivisione di risorse, capacità e competenze e si manifestano tipicamente sotto forma di

17 Esempio tratto da: GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pag. 241. 18 Esempio tratto da: GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pagg. 241-242. 19 Esempio tratto da: TALIENTO, Stima del valore, op. cit., pag. 15.

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riduzione di costi, dovuti a miglioramenti conseguiti dall’azienda sul piano dell’efficienza, in termini di condizioni organizzative e di funzionamento interno,a livelli superiori per il complesso formatosi 21.

La categoria in questione racchiude 5 fenomeni economico-aziendali:

• economie d’integrazione: scaturiscono dall’integrazione del complesso incorporante con entità che operano nella medesima filiera produttiva, in quanto, fasi situate a monte o a valle del processo produttivo, precedentemente svolte all’esterno dell’azienda da parte di fornitori o clienti, vengono internalizzate, determinando un vantaggio in termini di efficienza economica, che si traduce in minor costi, incremento dei margini di contribuzione, riduzione del rischio operativo. L’impresa si assicura così la continuità degli approvvigionamenti, nel caso di integrazione ascendente, o un miglior accesso ai mercati di sbocco, nel caso d’integrazione discendente, evitando l’alea di interruzioni dei mercati intermedi;22 inoltre, la possibilità di disporre di maggiori e migliori informazioni sui mercati di riferimento, elimina, almeno in parte, il rischio di scelte sub-ottimali dovute a informazioni incomplete o imprecise.

Infine, si possono avere ulteriori economie mediante la riduzione di costi diretti e indiretti di transazione; tale risparmio interviene ogni qual volta che, i costi eliminati, sono superiori ai vantaggi della specializzazione in singole fasi del processo produttivo; per quanto riguarda i costi diretti di transazione, l’internalizzazione elimina i costi connessi alla raccolta di informazioni, alla ricerca delle controparti, alla negoziazione di accordi contrattuali, nonché al controllo della loro corretta esecuzione da parte dei contraenti.

21 Si veda: GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pagg. 227.

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L’integrazione verticale può quindi migliorare il rendimento d’impresa nella misura in cui le risorse risparmiate possono essere vantaggiosamente impegnate in attività direttamente produttive.23Nel corso del tempo però, l’evolversi delle tecnologie e lo sviluppo di imprese, fortemente specializzate nella componentistica, hanno ridotto in alcuni settori l’importanza dell’ economie di integrazioni favorendo di contro l’esternalizzazione di fasi produttive e attività ausiliarie.24

• economie di scala: come le economie d’integrazione, sono la conseguenza di un uso più efficiente delle risorse di cui l’impresa dispone. Si manifestano sotto forma di riduzione del costo medio di produzione all’aumentare dei volumi operativi, in quanto, l’aumento della scala di produzione induce una diminuzione dei costi unitari che può scaturire sia da un miglior impiego delle risorse presenti in azienda sia dal raggiungimento di volumi di attività tali da rendere convenienti soluzioni produttive e gestionali più efficienti.25 Si suddividono in reali e monetarie: le prime registrano una più vantaggiosa suddivisione dei costi fissi sostenuti su un volume di produzione più ampio; possono riguardare sia la funzione strettamente produttiva, sia altre attività quali, ricerca e sviluppo, marketing e distribuzione, trasporto stoccaggio, logistica e gestione. Le seconde, individuano la possibilità di acquisire fattori produttivi a prezzi inferiori, in virtù dell’accresciuta forza contrattuale o potendo godere dei cosidetti “ sconti quantità” su forniture e mezzi pubblicitari.26 Poiché variano a seconda del tipo di risorse che partecipano al processo produttivo, l’importanza delle economie di scala dipenderà,

23 Per approfondimenti si veda: CAPASSO, Acquisizioni aziendali, op. cit., pag. 95-96. 24 Tale evidenza empirica è tratta da: CAPASSO, Acquisizioni aziendali, op. cit., pag. 97. 25 Al riguardo si vedano: CAPASSO, Acquisizioni aziendali, op. cit., pag. 98; GONNELLA, Rami

d’azienda., op. cit., pagg. 229-230.

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sia dal particolare settore considerato, sia dall’evoluzione delle tecniche produttive e gestionali. Per effetto delle trasformazioni del piano strategico, in alcuni settori è rapidamente aumentata l’importanza di attività che, per poter essere svolte in condizioni di economicità, richiedono il raggiungimento di una certa massa critica, come ad esempio la R&S, la pubblicità. In altri casi, la spinta innovativa si è indirizzata verso tecnologie di produzione flessibili, che hanno spostato i termini del problema dell’ economia di scala all’ economia di scopo27.

• economie di scopo: rappresentano l’estensione del concetto di economia di scala alle imprese multi prodotto, con la differenza che, in questo caso, si tratta di sfruttare in modo più efficiente risorse che possono essere impiegate in processi di produzione di beni e servizi differenti, per cui, diviene rilevante non tanto il volume del singolo processo produttivo, quanto il volume complessivo delle attività che l’impresa pone in essere ricorrendo a risorse comuni, in ambiti diversi, senza necessità di duplicazione.28Derivano quindi dall’aggregazione di due imprese con risorse complementari, le quali, facendo ricorso a input comuni o utilizzati congiuntamente senza saturazione completa, generano un costo minore rispetto all’ipotesi di produzione disgiunta. In base alla natura delle risorse condivise si è soliti distinguere tra

tangibili o materiale e intangibili o immateriali. Le prime riguardano

la messa in comune di impianti, macchinari, fabbricati industriali; le seconde, a loro volta si distinguono in visibili, quando ci si riferisce a marchi, brevetti, diritti d’utilizzazione di opere dell’ingegno, e

invisibili, quando il riferimento è a conoscenze, competenze,

27 L’evidenza empirica riportata è stata tratta da: CAPASSO, Acquisizioni aziendali, op. cit., pag. 98. 28 A riguardo si veda: CAPASSO, Acquisizioni aziendali, op. cit., pag. 99; ZANETTI, Valutazione delle

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fidelizzazione cliente, rete distributiva, reputazione dell’azienda, immagine dei prodotti o dell’azienda stessa.29

• economie di esperienza: anche dette di apprendimento, s’identificano con la diminuzione dei costi variabili di produzione in corrispondenza di un crescita dei volumi di output; tale risparmio è da accreditare al fatto che ,l’ integrazione di due complessi, abbia permesso di acquisire capacità e competenze tali da consentire un miglior svolgimento del processo produttivo. I lavoratori dell’unità integrata potrebbero infatti aver maturato un maggior abilità nel realizzare un’attività specifica, o sviluppato una superiore capacità di selezionare e combinare risorse produttive, o ancora, appreso modalità di semplificazione dei processi svolti che, messi a disposizione del complesso integrato, ne determinano minor tempi di esecuzioni o spreco di risorse, con conseguenti vantaggi di costo.

• potenziale appropriazione di risorse critiche: l’opportunità di appropriarsi di risorse specifiche, altrimenti non disponibili, può in molti casi essere la principale determinante delle operazioni di crescita esterna. Per risorse critiche s’intende competenze distintive o risorse scarse che, nella maggior parte dei casi, non sono economicamente riproducibili o comunque sviluppabili per via interna, in un periodo di tempo contenuto. Possono essere di varia natura, materiali o immateriali, anche se, l’evidenza empirica, dimostra il maggior peso degli invisible assets, più facilmente condivisibili per la peculiare caratteristica di poter essere utilizzati in contesti diversi ripetitivamente. Esempi sono la possibilità di acquisire imprese che operano con tecnologie particolarmente avanzate, o che hanno sviluppato brevetti particolarmente innovativi; richiamando gli invisible assets si ricordano la possibilità di acquisire un’impresa per la particolare posizione occupata, per lo specifico management, per il

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mercato in cui opera, per il personale che possiede o per il tipo di relazioni che intrattiene. L’acquisizione di risorse specifiche come determinante delle strategie acquisitive presenta evidenti analogie con il fenomeno delle economie di scopo, eppure, se nella trattazione delle economie di scopo si è fatto principale riferimento alla possibilità di utilizzare le risorse in eccesso dell’impresa acquirente, in questo caso la motivazione e speculare: l’impresa acquirente trova nell’impresa obbiettivo la risorsa di cui scarseggia.30

Come ormai evidente a seguito della trattazione dettagliata delle manifestazioni di tale categoria sinergica, le sinergie operative sono potenzialmente presenti nel caso di operazioni che coinvolgono imprese appartenenti allo stesso settore, o a settori che presentano collegamenti tecnologici, produttivi, di mercato. Possono quindi realizzarsi, con tutta probabilità, nelle acquisizioni di tipo correlato, essendo espressione di sviluppo monosettoriale, di integrazione verticale, nonché di diversificazione laterale o concentrica; mentre, per definizione, sono escluse nel caso di fusioni e acquisizioni che rispondono a una logica di diversificazione conglomerale31

Finora la trattazione si è concentrata sui benefici derivanti dall’integrazione, eppure, qualora le interrelazioni che si instaurano tra le due unità inducano riflessi negativi in termini di economicità, si assiste all’insorgenza di svantaggi da aggregazione ovvero effetti sinergici negativi.

Nell’ambito operativo, questi ultimi, insorgono qualora l’integrazione comporti duplicazione di processi o conoscenze con conseguenti inefficienze.

Esempio ricorrente è il caso in cui l’integrazione verticale generi un irrigidimento della gestione con conseguenti ritardi e costi aggiuntivi; altro caso è la necessità di trasferire presso la nuova entità inglobata risorse materiali o umane, con

30 Per ulteriori approfondimenti si veda: ZANETTI, Valutazione delle acquisizioni, op. cit., pagg. 63-65. 31 Tale concetto era stato presentato, seppur in forma schematica, nella tabella nel paragrafo 2 di questo

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conseguenti costi per il trasferimento del know-how che spesso superano di gran lunga i vantaggi conseguiti. 32

2.3. Sinergie finanziarie

L’interesse per gli aspetti finanziari della crescita esterna si deve all’esigenza di motivare, sotto il profilo teorico, operazioni conglomerali che, non presentando significativi vantaggi operativi, erano difficilmente giustificate sulla base delle sole sinergie manageriali.

Le sinergie finanziarie si producono quando l’azienda riesce a ottimizzare la struttura finanziaria o a beneficiare di maggior capacità finanziarie che sfociano in un vantaggio di tipo economico.33

Gli effetti sinergici si rilevano sia in termini di costo delle fonti del finanziamento sia in termini di reperibilità concretizzandosi in:

• riduzione del costo complessivo d’indebitamento;

• maggior capacità di credito e migliore operatività nei mercati

finanziari;

• diversificazione.

Per quanto riguarda la riduzione di costo, tre sono le modalità in cui si manifesta:  in primo luogo, ottimizzando l’uso delle risorse finanziarie è possibile

ottenere un contenimento dei costi di finanziamento.

Sfruttando infatti eventuali asincronie tra i flussi finanziari delle due unità, si ottiene una migliore gestione della liquidità con conseguente contenimento del fabbisogno finanziario complessivo.

In presenza, appunto, di più unità che manifestano andamenti complementari, la variabilità del cash flow combinato tende ad

32 Esempi tratti da: GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pagg. 238-242. 33 A riguardo si veda: CAPASSO, Acquisizioni aziendali, op. cit., pag. 109.

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equilibrarsi, grazie alla possibilità di finanziarie alcuni settori con i flussi in eccesso generati da altri.34

L’effetto che si produce è, di conseguenza, una riduzione degli oneri finanziari.

Si porta ad esempio la combinazione di un’ impresa con liquidità in eccesso e limitate opportunità d’investimento ed un’ impresa con progetti ad alto rendimento liquidità limitata.35

L’integrazione tra la due aziende in questione può portare un vantaggio non di poco conto per il nuovo complesso generato, in termini di riduzione del fabbisogno finanziario.

 In secondo luogo, la riduzione del costo del capitale di credito.

Ad effetto della crescita dimensionale è possibile infatti ottenere tassi contratti a fronte di un ridotto rischio d’insolvenza che permette il raggiungimento di un miglior rating creditizio; l’azienda risultante non solo si presenta nel suo complesso più stabile, ma interviene anche un effetto di assicurazione reciproca, detto di “coassicurazione” dei debiti, con conseguente maggior garanzia per l’intero complesso dei finanziatori.36

Alla crescita dimensionale si accompagna poi un accresciuto potere negoziale, con conseguente aumento dimensionale dei fidi.37

L’evidenza empirica dimostra che, ad un incremento del numero di fidi si assiste a riduzione del tasso applicato;

L’effetto sinergico in questione si può considerare quindi un esempio di economia di scala, ma di tipo finanziario, in quanto si assiste

34Si veda a riguardo: GARZELLA, Governo delle sinergie, op. cit., pag. 77. 35 Esempio tratto da: A.DAMODARAN, On valuation, op. cit., pag. 561.

36 Al riguardo si veda: GALEOTTI,MICHELE , La valutazione strategica nell'ipotesi di cessione

dell'azienda, Milano, Giuffrè, 1995, pag. 283.

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all’applicazione di un prezzo ridotto a fronte dell’incremento del numero delle trattazioni.38

Inoltre, possono presentarsi condizioni più favorevoli, a fronte del miglioramento dell’immagine aziendale conseguente all’integrazione. 39

 Infine, la riduzione del costo del capitale di proprietà.

Tale decremento si fonda anch’esso su un’economia di scala che interviene però sui costi fissi di emissione.

Infatti, l’evidenza empirica, dimostra che lo spread richiesto dai sottoscrittori, diminuisce all’aumentare delle dimensioni dell’emissione, in quanto, anche per questi ultimi, si attiva una ripartizione dei propri costi, pressoché fissi, su volume maggiore di fondi.

Occorre precisare però che lo stesso risparmio di costo interviene in ogni tipo di operazione di raccolta, quindi non solo in caso di nuove emissioni azionarie, ma anche nel caso di titoli obbligazionari.40

Come precedentemente accennato le sinergie finanziarie si manifestano non solo sotto forma di un risparmio di costo, ma anche in termini di reperibilità delle risorse.

Per cui, tra le sinergie finanziarie si annovera anche una “miglior operatività nel

reperimento delle risorse finanziarie”.41

Anche tale effetto si palesa in due modi:

38 Si veda a riguardo: GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pag. 141. 39 Si veda a riguardo: GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pag. 234.

40 Per approfondimenti vedi: R.BREALY,S.MYERS,F.ALLEN,S.SANDRI, Principi di finanza aziendale,

Milano, VI ed, McGraw-Hill, 2011.

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 Primo, s’identifica nella possibilità d’incrementare la propria capacità d’indebitamento, a seguito della riduzione del rischio d’insolvenza, le cui motivazioni sono già state esposte in precedenza;

 secondo, considera la possibilità di abbattere barriere all’entrata per l’utilizzo di determinate fonti di finanziamento inaccessibili per le due unità pre-fusione.42 Si pensi, ad esempio, come l’aumento dimensionale, possa talora consentire l’accesso a fonti più vantaggiosa che in precedenza erano in accessibili, quali ad esempio la quotazione in borsa o l’emissione di obbligazioni su mercati regolamentati, le quali richiedono determinate condizioni dimensionali.

Nell’ambito delle sinergie finanziarie si richiama infine l’effetto di

diversificazione.

Attraverso un’oculata scelta della target si può infatti genera una riduzione del rischio diversificabile secondo la semplice logica di diversificazione degli investimenti.

Certo è che l’impatto di tale effetto è da considerarsi unicamente in quanto può aggiungersi alla altre tipologie sinergiche; sembra improbabile, se non illogico che la diversificazione del rischio divenga il criterio guida dell’operazione di acquisizione, poiché, nel caso della maggior parte delle imprese quotate, gli investitori possono diversificare in modo più facile e con costi decisamente inferiori rispetto alla stesse imprese.43

Nell’ambito delle sinergie finanziarie le strategie di diversificazione conglomerata sembravo avere pertanto un ruolo minore e spesso quasi trascurabile tanto da poter essere definitala fonte più controversa di tal tipo di effetto sinergico.44

42 Si veda a riguardo: GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pag. 233. 43 Tratto da: GARZELLA, Governo delle sinergie, op. cit., pagg. 77-78.

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L’esposizione delle sinergie finanziarie non risulta però ancora completa, in quanto, anche in tal caso, gli effetti che possono scaturire non si esaurisco in termini di benefici, ma possono sorgere inaspettati svantaggi.

A fini esplicativi si riportano quindi due esempi di sinergie finanziarie negative: • il complesso risultante potrebbe presentare un incremento della

rischiosità, con un conseguente peggioramento della condizioni di

accesso al credito;45

• altro caso interviene quando la nuova unità necessità di liquidità, per cui, l’azienda inglobante, vede defluire i mezzi necessari allo sviluppo di quest’ultima, rinunciando alla disponibilità degli stessi.46

2.4. Sinergie fiscali

Ultima fonte, non per importanza ma in termini espositivi, risultano essere i vantaggi connessi alle implicazioni sul piano tributario che scaturiscono dai processi di trasferimento. Tale categoria racchiude in sé ogni effetto che diminuisce il carico delle imposte che gravano sul flusso di ricchezza prodotto. Le principali forme del vantaggio fiscale sono:

• possibilità di portare in deduzione le perdite dell’incorporanda da parte dell’incorporata: i benefici fiscali sono in questo caso riconducibili alla possibilità di beneficiare di crediti d’imposta formatisi nei bilanci dell’impresa acquisita per effetto delle perdite d’esercizio;47

45 Esempio tratto da: GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pag. 242. 46 Esempio tratto da: GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pag. 242.

47 In passato, le operazioni di finanza straordinaria non raramente venivano poste in atto al solo scopo di

ottenere benefici fiscali tramite la compensazione delle perdite fiscali. Si trattava del così detto

commercio delle “bare fiscali”. Società il cui asset principale era rappresentato da credito d’imposta per perdite fiscali pregresse. Al riguardo si ricorda però che il comma 3 dell’art.84 del TUIR, proprio per

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• maggiori detrazioni per ammortamenti: conseguono la possibilità di rivalutare, in parziale o totale esenzione d’imposta, i beni delle società coinvolte nell’operazione ottenendo per gli esercizi futuri maggiori detrazioni per ammortamenti;48

• differenziale di struttura finanziaria: si riferisce a un più elevato scudo fiscale attivabile qualora l’integrazione riduca il profilo di rischio operativo aziendale e permetta di conseguenza di accrescere l’utilizzo della leva finanziaria e ridurre le uscite per il pagamento delle imposte;

• finanziamenti agevolati: possibilità di accedere a finanziamenti agevolati in conseguenza della localizzazione dell’unità acquisita;49 • transfert pricing: si manifesta qualora le società coinvolte

nell’operazione appartengo a paesi diversi in cui si riscontra una diversa imposizione fiscale e, tra le stesse, sussistono rapporti di fornitura; in tal caso è possibile spostare quote di utile a favore della società operante nel paese a pressione fiscale minore.50

È evidente che, la categoria di sinergie in esame, assuma un minor peso relativo nei confronti delle altre tipologie di vantaggi sinergici, per cui seppur non vi sono dubbi circa l’effettiva possibilità di creare valore, sfruttando alcune norme che regolano il trattamento fiscale di fusioni e acquisizioni, sembra più difficile, salvo casi particolari, poter affermare che questa possibilità assuma un ruolo determinante nelle scelte d’espansione strategica51.

contrastare l’accennata pratica, pur ammettendo il riporto delle perdite della società acquisita,subordina la stessa al superamento del così detto test di vitalità. In GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pag. 142.

48 Tratto da: ZANETTI, Valutazione delle acquisizioni, op. cit., pag. 72. 49 Tratto da: ZANETTI, Valutazione delle acquisizioni, op. cit., pag. 177. 50 Tratto da: GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pag. 142.

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L’evidenza empirica rivela che, come per le sinergie finanziarie, le sinergie fiscali si manifestano in particolar modo nelle integrazioni diversificate”conglomerali”o non correlate.52

La bene nota distinzione tra aspetti sinergici positivi e negativi si ripropone, come ormai scontato, anche in questo caso. Per quanto concerne gli effetti sul piano tributario, lo svantaggio che potrebbe intervenire a seguito dell’integrazione è correlato all’aumento della rischiosità; in precedenza avevamo già individuato in tale effetto un caso di sinergia finanziari negativa, ovvero ridotto accesso al credito; ma a una minor capacità d’indebitamento si lega anche la riduzione dello scudo fiscale e di conseguenza un incremento delle imposte.

3. Pianificazione e gestione del processo d’integrazione post-acquisizione: costi d’implementazione

L’evidenza empirica ci dimostra che, troppo spesso siamo portati a considerare facili e a portata di mano, situazioni che, in realtà, inglobano elevate difficoltà strategico - organizzative. Esempio, sono appunto le sinergie, effetti che non sempre hanno natura spontanea, ma spesso richiedono un’apposita attività da parte del management atta ad imporre investimenti o cambiamenti strutturali necessari per l’effettiva manifestazione. Accanto quindi ai vantaggi conseguibili attraverso le interrelazioni, è opportuno ricordare come il loro sfruttamento non sia sempre automatico, ma spesso richieda un’esplicita attività di coordinamento, con conseguente impiego di risorse finanziarie e manageriali.53 L’importanza che il processo d’integrazione riveste ai fini di una corretta valutazione dei benefici dell’acquisizione, risulta evidente quando l’aumentata complessità della combinazione economica genera la necessità di sviluppare attività di coordinamento atte a superare eventuali barriere organizzative che si ergono tra

52 TALIENTO, Stima del valore, op. cit., pag. 9.

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le unità destinate a operare congiuntamente. Una parte significativa dei costi d’implementazione degli effetti sinergici si lega infatti alla comunicazione e formazione del personale, poiché, quanto più le differenze dimensionali o culturali tra le due unità sono marcate, tanto più sarà necessario trasferire o stabilire nuove regole, procedure, acquisire nuove capacità e competenze. In tali casi, la resistenza più o meno intensa della forza lavoro può di gran lunga incrementare i fisiologici costi di coesione e armonizzazione, per questo risulta quanto più necessaria la creazione di un clima favorevole all’integrazione54. Altri costi direttamente connessi all’incorporazione sono quegli legati agli effetti che si possono produrre sul piano della gestione, controllo e del trattamento dell’informazione. Solitamente, il coordinamento e l’omogenizzazione dei sistemi di Informatione Technology costituiscono un impegno assai gravoso anche in considerazione delle possibili resistenze interne al cambiamento55. Infine da non sottovalutare i tempi che l’integrazione richiede, in quanto, se da un lato l’efficacia del processo richieda tempi idonei all’apprendimento, dall’altra il ritardo degli effetti sinergici e la concentrazione esclusiva sul processo d’integrazione può comportare la perdita di opportunità a vantaggio dei propri competitors.56

Mi sembra però opportuno chiarire che, i costi appena trattati si distinguono da quegli che precedentemente sono state definite sinergie negative, in quanto, mentre i primi si sostanziano come investimenti che si manifestano una sola volta in vista dell’iniziale processo di integrazione, i secondi si identificano invece con diseconomie conseguenti alla combinazione dei due business che quindi possono

5454 Si vedano: GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pag.240; CAPASSO, Acquisizioni aziendali, op. cit.,

pagg. 219-226.

55 Al riguardo si veda: GONNELLA, Rami d’azienda., op. cit., pag. 240

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avere risvolti negativi sia sull’andamento di costi sia sull’andamento dei ricavi rispetto al trend pre-acquisizione.57

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