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Academic year: 2021

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1. CHRÉTIEN IN PICCARDIA

L‟alto numero di manoscritti piccardi contenenti uno o più romanzi di Chrétien de Troyes non è semplicemente, come spesso avviene per numerose opere antico-francesi, un fatto naturale e fisiologico dovuto all‟abbondante produzione di codici da parte degli atelier della regione, ma va sicuramente anche inteso come conseguenza del quasi certo soggiorno in Fiandra dell‟autore champenois, che con ogni probabilità avrà incentivato la diffusione delle proprie opere, oggetto di un largo consenso anche dopo la sua morte.

Il successo dei suoi romanzi nelle regioni nord-orientali fu infatti imponente e duraturo e favorì, come si vedrà nella seconda parte di questo capitolo, una vasta produzione di letteratura arturiana, curata da atelier specializzati e alimentata dal forte interesse dei signori di Fiandra e Hainaut, che in quanto successori di Filippo d‟Alsazia si sentirono i depositari naturali dell‟opera dello champenois.

Chrétien infatti scrisse, per sua stessa ammissione, l‟ultimo romanzo, il Perceval, per il conte Filippo ed è quindi probabile che presso di lui, o comunque nelle sue terre, trascorse l‟ultima parte della sua vita. Lo stretto rapporto con Filippo è esplicitamente dichiarato nel prologo del romanzo in questione, che, secondo Tony Hunt, già a partire dal proverbio iniziale, «reflects the condition of an author under patronage, and particularly the reward component (harvest) in this relationship»1.

L‟idea di una possibile permanenza di Chrétien in Fiandra non è cosa nuova, ma poiché dagli studiosi viene ora rifiutata in maniera sbrigativa e ora data fin troppo per scontata, è bene fare chiarezza sulla questione. Ogni incertezza deriva dal fatto che non esistono né documenti né testimonianze di alcun tipo che attestino di un passaggio di Chrétien nella contea di Fiandra. Ogni dato viene ricavato dall‟opera stessa dell‟autore, in particolare da alcuni passi significativi.

Filippo d‟Alsazia o Filippo I di Fiandra2

, conte di Fiandra dal 11573 e di Vermandois dal 1167 per matrimonio4, era uno dei personaggi più in vista della seconda metà del

1 T. HUNT, “The Prologue to Chrestien‟s Li Contes del Graal”, in «Romania», XCII (1971), p. 363. 2 L‟appellativo d‟Alsazia, data per la prima volta al padre Teodorico, deriva dai dominî considerevoli

che egli deteneva in quella regione (J. STIENNON, “Bruges, Philippe d‟Alsace, Chrétien de Troyes et le Graal”, in Chrétien de Troyes et le Graal. Colloque arthurien belge de Bruges, a cura di J. de Caluwé, Nizet, Parigi, 1984, p. 11).

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XII secolo5. Figlio di Teodorico d‟Alsazia (1128-1168) e di Sibilla d‟Angiò, egli era discendente del re di Gerusalemme per parte di madre6, cugino dell‟imperatore Federico Barbarossa (1155-1190) per parte di padre7 e parente dei Plantageneti per via del suo primo matrimonio8. Amico di Thomas Becket9, fu confidente di Luigi VII (1137-1180) durante gli ultimi anni di regno e quindi tutore di Filippo Augusto (1180-1223)10, condizione che lo mise in relazione spesso tumultuosa con la corona inglese e con la corte di Champagne11.

Era uno dei signori più potenti d‟Europa e l‟economia delle sue terre era molto fiorente. Queste si estendevano in tutto il dominio di nostro interesse, giungendo, a sud, fino all‟Artois e, ad est, fino allo Hainaut12. Nel complesso comprendevano un‟area più vasta di quella controllata dal re di Francia, di cui tuttavia Filippo era vassallo13. Anzi,

Sulla figura di Filippo si vedano R. R. BEZZOLA, Les origines et la formation de la littérature

courtoise en Occident (500-1200), Champion, Parigi, 1963, vol. 2, pp. 411-6; STIENNON, “Bruges” cit.,

pp. 12-15.

3 Da questa data, durante un‟assemblea dei più grandi feudatari riuniti ad Arras, suo padre l‟associò al

governo delle Fiandre, designandolo ufficialmente come suo successore (STIENNON, “Bruges” cit., p. 13). Quando ereditò ufficialmente la contea dal padre nel gennaio 1168 aveva quindi già governato, insieme al genitore, per un decennio (cfr. DUGGAN, The Romances cit., p. 19).

4 Il matrimonio con Isabella di Vermandois portò alla formazione di un grande stato feudale a nord di

quello reale.

5 M. VAUTHIER, “Les paradoxes du Prologue du Conte du Graal. Vers de nouvelles perspectives”, in

Prologues et épilogues dans la littérature du Moyen Âge, a cura di A. Petit, «Bien Dire et Bien

Aprandre», XIX (2001), p. 231.

6 Sibilla era figlia di Folco V d‟Angiò, re di Gerusalemme dal 1131 al 1143. 7

Federico Barbarossa aveva sposato nel 1156 Beatrice di Borgogna, pronipote di Teodorico d‟Alsazia in quanto figlia di Rinaldo III di Borgogna (1127-1148) e Agata di Lorena, figlia del fratello (e non fratellastro come si dice di solito, cfr. G. POULL, La Maison ducale de Lorraine devenue la Maison

impériale et royale d‟Autriche, de Hongrie et de Bohème, Presses Universitaires de Nancy, Nancy, 1991,

p. 28) di Teodorico, Simone I di Lorena (1115-1139). Filippo era dunque cugino acquisito di Federico (cfr. VAUTHIER, “Les paradoxes” cit., p. 231 n. 19).

8 La moglie Elisabetta o Isabella di Vermandois era nipote di Eleonora d‟Aquitania e cugina di

Riccardo Cuor di Leone e Giovanni Senza Terra in quanto figlia di Rodolfo I il Prode (1102-1152) e Petronilla d‟Aquitania, seconda figlia di Guglielmo X (1126-1137).

9 Filippo giocò un ruolo fondamentale nella riconciliazione, di breve durata, tra Enrico II e Thomas

Becket nel 1170. Nel 1184 fece quindi visita alla tomba del santo a Canterbury (cfr. DUGGAN, The

Romances cit., p. 20).

10

Guglielmo il Bretone attribuisce al conte, nella sua Philippide, le funzioni di tutor, didascalus,

patrinus e doctor custosque fidelis di Filippo Augusto, che alla morte del padre aveva solo tredici anni

(STIENNON, “Bruges, Philippe d‟Alsace” cit., p. 14). All‟incoronazione del nuovo re, tenutasi nel giorno di Ognissanti del 1179, Filippo portò in processione la spada regale e, durante la festa che si tenne subito dopo, servì alla mensa regale, privilegio del siniscalco e compito di grande onore. Nel 1180 fu nominato siniscalco di Francia e, l‟8 giugno, addobbò cavaliere il giovane sovrano durante un torneo ad Arras (DUGGAN, The Romances cit., p. 20).

11 VAUTHIER, “Les paradoxes” cit., p. 231.

12 J. W. BALDWIN, “Chrétien in History”, in A Companion cit., p. 5. 13 VAUTHIER, “Les paradoxes” cit., p. 231.

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dal regno di Baldovino V (1035-1067), il conte di Fiandra era al contempo soggetto al re di Francia e all‟imperatore germanico14

.

Filippo fu anche il primo conte di Fiandra conosciuto ad avere incoraggiato la produzione letteraria. Presso la sua corte pare che fossero molto noti i romanzi dell‟antichità, d‟Enéas e de Troie, talmente popolari da essere tradotti in olandese per coloro che non comprendevano il francese15. Ciò non sorprende se si considerano la sua buona educazione, dovuta alla madre Sibilla, donna colta16, e l‟interessamento per l‟amore cortese manifestato dalla prima moglie Isabella, che viene addirittura menzionata da Andrea Cappellano nel De amore insieme a Eleonora d‟Aquitania, sua zia, e Maria di Champagne, sua cugina. Anzi, sarebbe proprio incoraggiamento di lei che fiorì presso la corte di Fiandra la lirica cortese, se è vero che vi operarono Gautier d‟Arras e Conon de Béthune, che come Chrétien avevano scritto per Maria di Champagne, sebbene nessuno di loro citi esplicitamente Filippo come patrono17. Gli studiosi, senza fornire neanche in questi casi evidenti prove, hanno inoltre parlato di Gautier d‟Espinal, di Huon d‟Oisy, del Castellano di Coucy e di Guiot de Provins, il quale nomina Filippo e suo fratello Matteo, conte di Boulogne (1159-1173), tra i suoi benefattori18.

Il patronato di Filippo sembra che fosse in ogni caso più limitato di quello di Maria e che, tenendo presso di sé valorosi cavalieri e poeti, egli mirasse essenzialmente ad

14 Ibidem; BALDWIN, “Chrétien in History” cit., p. 5.

Sotto Baldovino V la contea di Fiandra si estese a comprendere anche Aalst, i Quatre-Métiers e le isole della Zelanda, terre dell‟impero (J.-G. GOUTTERBROZE, “Chrétien de Troyes prédicateur: structure et sens du prologue du Conte du Graal”, in Amour et chevalerie dans les romans de Chrétien de Troyes, a cura di D. Quéruel, Les Belles Lettres, Parigi, 1995, p. 33 n. 9).

Alla condizione di vassallo dell‟imperatore sembra fare riferimento anche Chrétien nel prologo del

Perceval quando definisce Filippo lo plus prodome / qui soit en l‟empire de Rome (vv. 11-12).

L‟interpretazione di questi versi è comunque discussa (a proposito si veda VAUTHIER, “Les paradoxes” cit.). Per esempio Tony Hunt (HUNT, “The Prologue” cit, p. 364 n. 1) li considera un semplice elemento convenzionale dell‟iperbole.

L‟edizione di riferimento è Le Conte du Graal ou Le Roman de Perceval, édition et traduction de Ch. Méla d‟après le manuscrit Berne 354, in CHRÉTIEN DE TROYES, Romans cit., pp. 937-1211.

15 M. D. STANGER., “Literary Patronage at the Medieval Court of Flanders”, in «French Studies» XI

(1957), p. 214.

16 BEZZOLA, Les origines cit., vol. 2, p. 412.

17 MCCASH, “Chrétien‟s Patrons”, in A Companion cit., p. 17; W. van HOECKE, “La littérature

d‟inspiration arthurienne dans les anciens Pays-Bas”, in Arturus Rex, I, a cura di W. van Hoecke, J. Janssens e M. Smeyers, Leuven University Press, Lovanio, 1987, p. 192; cfr. BEZZOLA, Les origines cit., vol. 2 p. 412 n. 3.

Gautier d‟Arras cita nelle sue dediche numerosi nomi illustri quali Tebaldo V di Blois, Maria di Champagne e l‟imperatrice Beatrice di Borgogna, ma mai quello di Filippo. La Stanger (STANGER, “Literary Patronage” cit., p. 215) tuttavia ritiene che «he was probably an official in his service».

(5)

impressionare i contemporanei grazie all‟atmosfera quasi regale della sua corte19

. Non a caso soltanto un altro autore oltre a Chrétien proclama apertamente di scrivere sotto la sua protezione. Si tratta dell‟anonimo compilatore dei Proverbe au vilain, di cui lo champenois utilizza nei suoi romanzi quattordici detti20.

Dal canto suo Chrétien afferma espressamente di avere scritto il suo ultimo romanzo, il Perceval, per comando di Filippo, di cui nel prologo cita il nome per ben due volte (vv. 13 e 51)21. L‟opera rimase incompiuta, probabilmente a causa della morte dell‟autore ˗ se si prende per buono quanto dice intorno al 1220 Gerbert de Montreuil, l‟ultimo dei continuatori del romanzo22

˗ avvenuta più o meno nello stesso giro di anni di quella di Filippo, morto di febbre ad Acri il 1° giugno 1991.

Il conte aveva molto da apprezzare nel Perceval, che non a caso coincide con il periodo della sua maggiore influenza politica23. L‟evoluzione del protagonista da giovane ignorante ad autentico paladino gli sarebbe infatti risultata molto gradita, impegnato com‟era nell‟educazione cavalleresca e quindi pronto ad identificarsi facilmente nelle figura di Gornemant de Goort, l‟esperto cavaliere che insegna a Perceval l‟uso delle armi24.

Inoltre l‟avvicinamento, compiuto nel romanzo, della milizia profana a quella di Dio sarebbe stata ben appropriato per la corte di Fiandra, che aveva visto vari conti, a cominciare dallo stesso Filippo, partire, anche più di una volta, per il pellegrinaggio in Terrasanta25. Si potrebbe addirittura creare una connessione tra la storia del Graal così come raccontata da Chrétien e la vicenda personale del conte che, dopo essere già stato oltremare nel 1777, prese la croce ancora una volta nel 1190 in occasione della Terza Crociata. Per esempio, il re di Gerusalemme Baldovino IV (1174-1185)26, cugino di Filippo, era costretto, poiché lebbroso, ad essere trasportato su una lettiga come il re

19 STANGER, “Literary Patronage” cit., p. 216.

20 MCCASH, “Chrétien‟s Patrons” cit., pp. 17-8; STANGER, “Literary Patronage” cit., p. 214. 21 VAUTHIER, “Les paradoxes” cit., p. 227.

I vv. 11-13 recitano: Il le fait por lo plus prodome / qui soit en l‟empire de Rome / c‟est li cuens

Felipes de Flandres; ai vv. 49-51 invece si trova: Don sachiez bien de verité / que li don son de charité / que li boens cuens Felipes done.

22 MCCASH, “Chrétien‟s Patrons” cit., p. 23.

Il riferimento a Chrétien si trova ai vv. 6984-87: Ce nous dist Crestiens de Troie / qui de Percheval

comencha, / mais la mors qui l‟adevancha / ne li laissa pas traire affin (l‟edizione di riferimento è

GERBERT DE MONTREUIL, La Continuation de Perceval, a cura di M. Williams e M. Oswald, 3 voll., Champion, Parigi, 1922-1975).

23 Ibidem.

24 Ivi, p. 216; cfr. MCCASH, “Chrétien‟s Patrons” cit., p. 24. 25 BEZZOLA, Les origines cit., vol. 2, p. 429.

26

Il padre infatti era Almarico I di Gerusalemme (1162-1174), che era, in quanto figlio di Folco V d‟Angiò, fratellastro della madre di Filippo, Sibilla.

(6)

Pescatore27, mentre il padre di Filippo aveva riportato nel 1150 di ritorno dalla Seconda Crociata qualche goccia del sangue di Cristo, reliquia tutt‟oggi venerata a Bruges con festa solenne28. Sebbene una lettura dell‟opera condotta in questo modo non sia garantita da alcuna prova, le analogie rimangono «intriguing»29.

In ogni caso Chrétien parla del conte nel prologo30 e lo fa in maniera entusiastica. Stando alla McCash, lo champenois si lancerebbe, rispetto a quanto faccia per Maria di Champagne nel‟esordio del Lancelot, in un elogio più generoso, «direct, expansive and unequivocal», lasciando inoltre trasparire la maggiore libertà creativa di cui avrebbe goduto nella stesura dell‟opera31

.

Filippo viene infatti presentato come modello di liberalità (vv. 27-39)32 e carità (vv. 40-54)33, virtù cristiana per eccellenza. Per questo si rivela persino superiore ad Alessandro Magno (vv. 14-16)34, considerato all‟epoca «le référence idéale de bonté»35, di cui in questo caso si denunciano invece i vizi, il peggiore dei quali è proprio l‟indifferenza alla caritas (vv. 18-20, 55-58)36

.

27 H. ADOLF, “An Historical Background for Chrétien‟s Perceval”, in «Publications of the Modern

Language Association of America», LVIII (1943), p. 601; cfr. MCCASH, “Chrétien‟s Patrons” cit., p. 24.

28 Ibidem; STIENNON, “Bruges” cit., pp. 11-12; HUNT, “The Prologue” cit., p. 220; HOECKE, “La

littérature” cit., p. 193; cfr. MCCASH, “Chrétien‟s Patrons” cit., p. 24.

Oltre a queste importanti coincidenze William A. Nitze (W. A. NITZE, “The Bleeding Lance and Philip of Flanders”, in «Speculum», XXI (1946), p. 306) notò come il ritrovamento della lancia di Longino avrebbe potuto destare l‟interesse del conte, collezionatore di reliquie, nei confronti della storia del Graal.

29 MCCASH, “Chrétien‟s Patrons” cit., p. 25.

30 Sul prologo si vedano HUNT, “The Prologue” cit.; GOUTTERBROZE, “Chrétien de Troyes

prédicateur” cit.; R. DRAGONETTI, La vie de la lettre au Moyen Âge (Le Conte du Graal), Seuil, Parigi, 1980, in particolare le pp. 101-132.

31 MCCASH, “Chrétien‟s Patrons” cit., pp. 23-4.

32 Ai vv. 28-30 si legge: S‟est plus larges quë en ne set, / qu‟il done selonc l‟evangile / sanz ypocresie

et sanz guile.

33

Ai vv. 49-51 si legge: Don saichiez bien de verité / que li don sont de charité / que li boens cuens

Felipes done.

34 Il conte miax valt ne fist Alisandres, / cil que l‟en dit que tant fu boens (vv. 14-15).

Secondo Hunt (HUNT, “The Prologue” cit., p. 365), l‟allusione di Chrétien ad Alessandro potrebbe derivare da un‟influenza dello stesso Roman d‟Alexandre, che «combines unprecedented emphasis on Alexander‟s liberality with the earliest reference to a „grail‟ which we have in French romance». In realtà la scelta di Alessandro potrebbe anche venire dall‟amore di Filippo per i cavalli ˗ in questo caso il riferimento sarebbe a Bucefalo ˗, o dal nome stesso del conte, uguale a quello del padre del condottiero macedone, o ancora dal fatto che Alessandro era uomo di lettere come Filippo (Ivi, p. 377; DRAGONETTI,

La vie de la lettre cit., p. 116).

35 La generosità era vista come fonte dei valori cortesi e il modello regolarmente invocato era

Alessandro, esempio di largesce nell‟accezione cortese (DRAGONETTI, La vie de la lettre cit., p. 102). Cfr.

supra.

36 VAUTHIER, “Les paradoxes” cit., pp. 227-8.

Ai vv. 55-58 si legge: Don vaut mielz cil que ne valut / Alixandres cui ne chalut / de charité ne de nul

bien. / Oïl, n‟en dotez ja de rien.

La magnificenza di Filippo è frequentemente segnalata anche nell‟Histoire de Guillaume le Maréchal ai vv. 2465, 2667, 2715 e 3688 (l‟edizione di riferimento è L‟Histoire de Guillaume le Maréchal, Comte

(7)

Chrétien quindi sceglie, per esaltare la figura del dedicatario, le qualità maggiormente pertinenti con la sua attività letteraria, che non erano soltanto un tema topico ma anche un attributo storicamente celebrato del conte, grazie alle quali aveva attratto alla sua corte giullari e poeti37. Il rapporto che ne emerge sembra così quello di un patronato a tutti gli effetti, nel quale l‟autore riceve dal suo protettore non solo l‟indicazione della materia da trattatare, ma addirittura il libro da cui ricavarla (v. 65). Celebrando di Filippo le virtù della generosità e della carità, il poeta sembra anche alludere in maniera velata ai premi che gli potevano venire dal compiere una tale opera, tratteggiando un rapporto reciproco di dare e avere che non poteva che avere luogo che alla corte di Fiandra.

In effetti un altro passo dell‟opera attesterebbe l‟effettivo soggiorno del poeta champenois nelle terre del suo ultimo protettore. Si tratta del lungo episodio in cui Chrétien racconta dell‟insurrezione dei borghesi e di tutta la popolazione di un comune contro Galvano, sorpreso nel castello del re d‟Escavalon a scambiare tenerezze con la di lui sorella (vv. 5831-6013). Al belga Maurice Wilmotte l‟episodio, benché ambientato in Galles, ha ricordato molto da vicino la situazione della Fiandra38, anche per il fatto che le autorità del luogo sono le maior et les eschevins (v. 5834), che si presentano circondati da autres borjois a foison (v. 5835)39. Per lo studioso, «ces honorables bourgeois ont le tempérament des communiers, qui devaient un siècle plus tard, à

de Striguil et de Pembroke, Régent d‟Angleterre de 1216 à 1219. Poème français, a cura di P. Meyer,

Laurens, Parigi, 3 voll., 1891-1901).

L‟elogio di Filippo secondo gli stessi termini di Chrétien si trova anche nella Chronique rimée di Phillippe Mouskès, il quale, sempre all‟interno di un paragone con Alessandro, presenta Filippo come «grand expert en tournois» e «parfait donateur courtois» (DRAGONETTI, La vie de la lettre cit., p. 102).

Da quanto emerge dalla Continuatio bruxellensis della Flandria generosa sembra che il paragone del conte con Alessandro fosse tipico dell‟esaltazione della sua persona: Philippus filius eius primogenitus

propter illustres actus et militie strnuitatem, qua pre cunctis mortalibus pollebat, Alexandro Magno Grecorum regi ab ystrionibus et ab omnibus viris qui eumdem noverant, non immerito comparatus, patri suo successit in Flandrie comitatu (Flandria Generosa (Continuatio Bruxellensis), MGH SS IX, p. 325).

Secondo Bezzola (BEZZOLA, Les origines cit., vol. 2, p. 409) questo passo ci attesterebbe «toute une poésie panégyrique, peut-être en langue vulgaire [...], qui ne nous est pas parvenue».

37 HUNT, “The Prologue” cit., p. 376; STANGER, “Literary Patronage” cit., p. 214.

38 Nelle parole dello studioso (M. WILMOTTE, Le poème du Graal et ses auteurs, Droz, Parigi, 1930,

p. 99): «Le sujet est traité avec un réalisme si précis, et dans des termes si peu ambigues, que, dès la première lecture, je me suis senti en Belgique».

39 Si riportano per intero i vv. 5831-37: Et cil defors s‟an fu alez, / s‟ot trové seant lez et lez / une

maisniee de voisins, / le maior et les eschevins / et autres borjois a foison, / qui pas n‟avoient pris poison, / qu‟il estoient et gros et gras. Le stesse autorità vengono citate anche ai vv. 5860-61: Tantost s‟est li maires levez / et tuit li eschevin aprés. E ancora ai vv. 5984-85 nelle parole di Guinganbrésil: Sire, molt vos ont fait grant honte / vostre maire et votre eschevin. Al maior poi si rivolge il re d‟Escavalon

affinché riporti all‟ordine tutto il comune, pronto ad ubbidire ai suoi ordini: Au maior dist que il s‟an

voise / et que la commune en remeint. / Cil s‟an vont, que nus n‟i remaint, / des puis que il au maior plut.

(8)

Courtai, faucher impitoyablement la brillante cohorte des chevaliers français aux éperons d‟or»40

. Quindi Chrétien, ospite di Filippo d‟Alsazia, sarebbe stato testimone di una di quelle sollevazioni popolari di cui la Fiandra fu teatro dal XII al XV secolo41.

La tesi di Wilmotte fu ripresa con entusiasmo da Frappier, al quale sembrò che Chrétien s‟ispirasse a una «chose vue», riuscendo a rendere magistralmente nella descrizione della città, situata su un braz de mer (v. 5681) e brulicante di attività e commerci (vv. 5680-5713), l‟atmosfera indaffarata di un porto di Fiandra42. L‟ipotesi fu in seguito sostenuta anche da Fourrier, per il quale Chrétien non avrebbe assolutamente potuto assistere ad agitazioni siffatte in Champagne perché in quella regione il movimento comunale era pressappoco inesistente. Lo studioso pensò allora a Bruges, città al tempo molto florida e una delle resedenze favorite di Filippo d‟Alsazia43

. Si trovò ugualmente d‟accordo anche la Lejeune, a cui il brano ricordò invece le rivolte di Gand, Saint-Quentin, Péronne ed Hesdin avvenute tra il 1178 e il 117944.

Più di recente Jacques Stiennon, basandosi su una lettera di Giovanni di Salisbury al vescovo di Poitiers, pensa di potere rapportare questo passaggio del Perceval con la rivolta avvenuta nel 1177 del comune di Cambrai, situato nel territorio dell‟impero ma

40 WILMOTTE, Le poème du Graal cit., p. 99. Il riferimento è alla Battaglia degli speroni d‟oro (o

battaglia di Courtrai) che l‟11 luglio 1302 vide scontrarsi Filippo IV il Bello (1285-1314) e le milizie delle città fiamminghe insorte contro il suo dominio. La vittoria fu di quest‟ultime.

41 Ivi, pp. 99 e 101; cfr. STIENNON, “Bruges” cit., p. 11. Della loro stessa opinione è anche Fourquet

(J. FOURQUET, “Chrétien entre Marie de Champagne et Philippe d'Alsace. Deux œuvres sur commande:

Lancelot et Perceval”, in Amour et chevalerie cit., p. 28).

Per avvalorare la sua congettura Wilmotte (ivi, p. 101) comparava l‟episodio così come lo racconta Chrétien con la versione che ne fornisce Wolfram von Eschenbach concludendo, per quanto riguarda quest‟ultimo, che «la vie seigneuriale, dont son œuvre est le reflet exact, ne lui permettait pas de concéder au populaire le rôle significatif qu‟il joue, dès le XIIe siècle, dans nos grandes communes».

42 FRAPPIER, Le roman breton, Chrétien de Troyes, Perceval ou le Conte du Graal, Centre de

Documentation Universitaire, Parigi, 1953, p. 22.

Si riportano i vv. 5684-5691: Et esgarde la vile tote / puplee de molt bele gent, / et les changes d‟or et

d‟argent / trestoz coverz et de monoies, / et voit les places et les voies / toutes plaines de bons ovriers / qui fasoient divers mestiers, / si com li mestier sont divers.

43 A. FOURRIER, “Remarques sur la date du Conte del Graal de Chrétien de Troyes”, in

«Bibliographical Bulletin of the International Arthurian Society», VII (1955), p. 100; ID., “Réponse à Mme Rita Lejeune à propos de la date du Conte del Graal de Chrétien de Troyes”, in «Bibliographical Bulletin of the International Arthurian Society», X (1958), pp. 83.

Fourrier (ibidem), tenendo conto che non vi furono sollevazioni a Bruges nel periodo considerato, concluse che non bisogna credere che Chrétien assistette realmente a una di queste rivolte perché avrebbe anche solo potuto sentirne il racconto una volta in Fiandra. Oppure avrebbe potuto spostare l‟ambientazione di un fatto accaduto altrove.

44 R. LEJEUNE, “Encore la date du Conte du Graal de Chrétien de Troyes”, in «Bibliographical

Bulletin of the International Arthurian Society», IX (1957), p. 98. Questa coincidenza serviva alla studiosa anche per avvalorare la sua proposta di spostare la composizione del Perceval proprio in quelli anni contro la datazione più tarda (1182-1183) proposta da Fourrier. Cfr. cap. 2 del presente lavoro.

(9)

dipendente ecclesiasticamente dall‟arcidiocesi di Reims. Per sedarla Teodorico d‟Alsazia inviò con un folto contingente di cavalieri proprio suo figlio Filippo45

.

Estelle Doudet ha infine notato come l‟autore champenois, benché provenisse da uno dei centri commerciali più importanti di Champagne, fino a quel momento si fosse sempre astenuto dal trattare nei suoi romanzi la vita urbana, che invece acquista un ruolo di tutto rilievo nell‟ultimo46

.

Inoltre, stando ancora una volta a Wilmotte, nel passo in questione (vv. 7452-3), al fine di ottenere maggiore realismo, Chrétien avrebbe addirittura raffigurato il conte di Fiandra in persona nel personaggio del signore del luogo, che vediamo scusarsi della mancanza alle usanze cortesi di cui il cavaliere è stato vittima, del «traitement brutal infligé par la vilenaille “à un noble chevalier”»47.

Altri elementi indicativi della permanenza di Chrétien nelle Fiandre vengono inoltre dalla sua conoscenza di alcune opere locali. In primo luogo egli dimostra una certa familiarità con la compilazione di espressioni proverbiali scritta alla corte di Filippo e conosciuta con il nome di Li proverbe au vilain, di cui, come già detto, Chrétien utilizza almeno quattordici massime48.

Invece la distinzione stabilita nel prologo tra l‟atto oggettivo del donare e lo spirito con cui lo si compie (vv. 28-36)49 riprende la formulazione contenuta nel Moralium

dogma philosophorum, tradizionalmente attribuito a Guglielmo di Conches, che era un

compendio morale profondamente debitore del De officiis ciceroniano piuttosto popolare in Fiandra e nella regione del basso Reno, dove più tardi si conobbe una traduzione in francese50.

Il successo di Chrétien in Fiandra non sarebbe quindi per nulla inatteso se quanto sembra emergere dalla sua opera corrispondesse al vero, cioè che lo champenois

45 STIENNON, “Bruges” cit., p. 11.

46 DOUDET, Chrétien de Troyes cit., p. 240. 47

WILMOTTE, Le poème du Graal cit., p. 100.

48 HUNT, “The Prologue” cit., p. 363. Hunt si rifà ad una tesi di dottorato di Margery Ellis dal titolo A

Catalogue of the Proverbs of Chrétien de Troyes discussa all‟Università di Chicago nel 1927, citata anche

da NITZE, “Or est venuz qui aunera: A Medieval Dictum”, in «Modern Language Notes», LVI (1941), pp. 405-09.

In generale, sull‟utilizzo dei proverbi da parte di Chrétien si veda anche E. SCHULZE-BUSACKER, “Proverbes et expressions proverbiales dans les romans de Chrétien de Troyes”, in Chrétien de Troyes et

le Graal cit., pp. 107-119.

49

(Filippo) s‟est plus larges quë en ne set, / qu‟il done selonc l‟evangile / sanz ypocresie et sanz guile

/ qui dit: ne saiche la senestre / lo bien quant le fera la destre. / Cil lo saiche qui lou reçoit / et Dex qui toz les secrez voit / et set toutes les repotailles / qui sont ou cuer et es entrailles (vv. 28-36).

50 HUNT, “The Prologue” cit., p. 368.

Si veda anche R. A. GAUTHIER, “Les deux recensions du Moralium dogma philosophorum”, in «Revue du Moyen Âge Latin», IX (1953), pp. 171-260.

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effettivamente soggiornò nella regione, legato da stretti rapporti col conte Filippo. Certamente questo pensa anche Duggan quando afferma, accettando la proposta di Luttrell di datare il Perceval agli anni 1189-1190, che il poeta possa addirittura averlo accompagnato in Terrasanta, subendone la stessa sorte51. Una tale ipotesi deriva senza dubbio dalla considerazione della vicinanza cronologica che unisce la morte dei due personaggi e dall‟interesse che i successori del conte mantennero costantemente per Chrétien. Portando infatti avanti il patronato letterario del loro predecessore, questi si sentirono sempre i depositari legittimi del Perceval, che appunto sotto di loro, e non alla corte di Champagne, fu continuato e infine dotato di una conclusione, così che l‟intero ciclo del Graal si rivela strettamente connesso con la corte di Fiandra52. Come se non bastasse, Chrétien e la sua intera opera furono fatti oggetto da parte dei signori di quella corte di un‟appropriazione culturale «vigoreuse» e «bruyante»53, che fornirebbe un‟ulteriore spiegazione alla quantità significativa di testimoni piccardi per le opere di Chrétien che ci è giunta.

Tra l‟altro, proprio uno dei codici contenente il Perceval (British Library, Add. 36614), secondo la convincente ipotesi avanzata da Patricia Stirnemann e poi ripresa da numerosi studiosi, è appartenuto a uno degli immediati discendenti di Filippo, la contessa Giovanna di Costantinopoli, sua nipote, dimostrando anche il valore privato che l‟opera di Chrétien aveva per i membri di quella dinastia54

. Si tratta peraltro della stessa contessa che commissionò a Manessier la terza Continuazione del Perceval e per la quale scrisse molto probabilmente, senza che però si possa dimostrarlo in maniera incontrovertibile, anche Wauchier de Denain, autore della seconda Continuazione.

L‟attività dei successori di Filippo si colloca in quella che la Stanger, nel suo fondamentale studio sull‟argomento, chiama «the „golden age‟ of literary patronage at the early medieval court of Flanders», considerabile anche come lo scenario in cui venne copiata la maggior parte dei manoscritti piccardi di Chrétien55.

51 DUGGAN, The Romances cit., p. 21. 52

BEZZOLA, Les origines cit., vol. 2, p. 428

53 DOUDET, Chrétien de Troyes cit., p. 275. 54 STONES, “General Introduction” cit., p. 6. 55 STANGER, “Literary Patronage” cit.

Questo è l‟articolo generalmente citato da tutti gli studiosi, ma sull‟argomento si vedano anche O. COLLET, “Littérature, histoire, pouvoir et mécénat: la cour de Flandre au XIIIe siècle”, in «Médiévales», XXXVIII (2000), pp. 87-110; ID., “La littérature en Flandre et en Hainaut au XIIIe siècle”, in Jeanne de

Costantinople comtesse de Flandre et de Hainaut, a cura di N. Dessaux, Samogy, Parigi, 2009, pp.

125-133; HOECKE, “La littérature” cit.; D. B. TYSON, “Patronage of French Vernacular History Writers in the Twelfth and Thirteenth Centuries”, in «Romania», C (1979), pp. 180-222.

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Il periodo in questione si estende, più o meno, dal 1170 al 130056, cioè dal tempo di Filippo d‟Alsazia e del suo successore Baldovino VIII di Fiandra e V di Hainaut (1171-1195), marito di sua sorella Margherita, che del predecessore condivise l‟amore per i banchetti e i tornei, ma che pare avesse anche un interesse verso la storia, la filosofia e letteratura57, fino alla triste fine di Guido di Dampierre, che trascorse i suoi ultimi giorni prigioniero a Compiègne, quando Filippo il Bello appoggiò il rivale Giovanni d‟Avesnes (1280-1304) nella lotta che opponeva le due famiglie rivali di Fiandra e di Hainaut58.

In entrambe le contee la letteratura arturiana, comprese le opere di Chrétien, rimase a lungo in voga, per l‟appunto grazie all‟interesse dei signori locali, che per esempio furono, nelle persone di Roberto III di Fiandra (1305-1322) e Giovanni I d‟Avesnes, i possessori di alcuni dei parecchi manoscritti del grande ciclo del Lancelot-Graal provenienti dalle regioni nord-orientali59.

Uno dei momenti di massima popolarità della materia di Bretagna in Fiandra si ebbe sotto la contessa Giovanna (1205-1244), come dimostrano anche le numerose traduzioni in olandese60. Sotto di lei furono scritti un Roman van Perchevael e un Lancelot sul modello di Chrétien; Jean de Nesle, il castellano di Bruges che fu balivo di Fiandra e Hainaut fino al 1222, possedette una copia del Perlesvaus che gli era stata presentata dal signore di Cambrin; e Jacob van Maerlant adattò, nei suoi Histoire van den Grale e

Merlijn, le versioni in prosa delle opere di Robert de Boron61. In aggiunta, alla contessa dovrebbe essere ricollegabile anche il primo romanzo in olandese, Van den vos

Reynaerde, traduzione del Roman de Renart contenente anche episodi originali non

56 STANGER, “Literary Patronage” cit., p. 227. 57 Ivi, p. 216.

58

Ivi, p. 227.

La querelle tra Dampierre e Avesnes prese avvio quando Margherita di Costantinopoli, dopo che il suo matrimonio con Bouchard d‟Avesnes, che era appartenuto al clero, fu annullato dal papa per intervento della sorella, la contessa Giovanna (1216), si risposò con Guglielmo di Dampierre (1223), adoperandosi per escludere dai diritti di eventuale successione i figli di primo letto. Divenuta contessa di Fiandra e di Hainaut (1244), ebbe a lottare con uno di loro, Giovanni d'Avesnes, in quella che è nota come Guerra di successione di Fiandra e Hainaut. Il conflitto ebbe fine con un compromesso, voluto da san Luigi, che riconobbe i diritti di Giovanni sullo Hainaut e dell'altro figlio Guido di Dampierre sulla Fiandra (1256).

Dal 1257 al 1280 il conflitto rimase latente ma si rianimò quando Giovanni succedette effettivamente a sua madre nello Hainaut. Nel 1290 Guido si intromise nelle ostilità tra Giovanni e il re di Francia Filippo il Bello, di cui cercò l‟appoggio nella speranza di impadronirsi di Valenciennes, ma Giovanni riuscì a riconciliarsi con il sovrano (1293), che dopo la fine del conflitto (1297) occupò la Fiandra.

59 HOECKE, “La littérature” cit., p. 194. 60 COLLET, “Littérature” cit., p. 103.

Sull‟importante figura di Giovanna e sul suo patronato letterario si veda il recente volume Jeanne de

Costantinople comtesse de Flandre et de Hainaut, a cura di N. Dessaux, Samogy, Parigi, 2009.

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presenti nella versione francese. Il suo autore, infatti, può essere identificato con il cistercense Guillaume de Boudelo, che era al servizio di Giovanna62.

Anche sotto sua sorella Margherita (1244-80), protettrice di Baudouin de Condé che peraltro ci ricorda il fervore che in quell‟ambiente circondava le leggende di Alessandro, Artù e Goffredo di Buglione, continuò il successo dei romanzi di avventura, in particolare di Parthenopeus de Blois, Amadis et Ydoine e Athis et

Prophilias, mentre Floire et Blanchefleur fu tradotto in olandese da uno dei suoi

chierici, Diederik van Assenede63.

Tuttavia, il massimo fervore intellettuale, in relazione alla «culture d‟autovalorisation et de divertissement» promossa dai conti di Fiandra, si registrò negli anni 1255-1260, segnati dal progressivo spostamento dell‟attività letteraria dalla corte di Margherita a quella del figlio Guido di Dampierre (1253-1305), «homme passionné de fêtes, de musique et de littérature, grand protecteur des gens de lettres», che amava manifestamente la materia di Bretagna64. Presso di lui, ad esempio, Adenet le Roi compose l‟Enfances Ogier65

ed egli stesso fu ispiratore del tentativo, non andato a buon fine, di mettere insieme un romanzo in prosa sulle leggende arturiane compiuto da uno dei suoi chierici, Baudouin Butor, che afferma di lavorare oltre che per Guido anche per Ugo II di Châtillion, conte di Saint-Pol (1289-1292) e poi di Blois (1292-1307)66. Inoltre uno dei figli di Guido, Guglielmo di Termonde, è stato riconosciuto come il possessore di un codice del Lancelot-Graal (New Haven, Yale University Library 229)67.

Fu comunque a Giovanna, che più di ogni altra doveva apprezzare l‟interpretazione mistica della prosa della Queste del Graal, dal momento che spesso si ritirava nell‟abbazia di Marquette vicino Lilla, che Manessier dedicò la sua Continuazione del

Perceval di Chrétien68.

62 R. MALFLIET, “La comtesse Jeanne de Costantinople et l‟histoire de Van den vos Reynaerde”, in

Jeanne de Costantinople cit., pp. 145-49.

63 COLLET, “Littérature” cit., p. 103; STANGER, “Literary Patronage” cit., p. 221. 64 COLLET, “Littérature” cit., p. 104; ID., “La littérature en Flandre” cit., p. 126.

65 L‟opera fu infine dedicata a Maria di Brabante, moglie di Filippo III l‟Ardito (1270-1285), che

influenzò anche la redazione del Cleomadès (COLLET, “Littérature” cit., p. 104 nn. 53-4).

66 COLLET, “Littérature” cit., pp. 104-5; HOECKE, “La littérature” cit., pp. 194 e 217-18.

Ugo II di Châtillion aveva sposato nel 1288 Beatrice, una delle figlie che Guido aveva avuto dalla seconda moglie Isabella di Lussemburgo.

Pare inolta che Baudouin Butor alludesse anche a Giovanni d‟Avesnes ma in maniera velata, forse per evitare di infastidire Guido (HOECKE, “La littérature” cit., p. 218).

67 HOECKE, “La littérature” cit., pp. 194 e 213. 68 STANGER, “Literary Patronage” cit., p. 220.

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Si conoscono due manoscritti che con ogni probabilità appartennero alla biblioteca della contessa. Essi sono parte di un gruppo, individuato dalla Stirnemann, che fu decorato nello stile Manerius, tipicamente champenois, e che è ricollegabile al mecenatismo della famiglia dei conti di Champagne69. Il primo è un salterio (BnF lat. 238), confezionato verso il 1210, che potrebbe essere stato offerto da Bianca di Navarra, vedova di Tebaldo III di Champagne (1197-1201) e contessa reggente di Champagne dal 1201 al 1222, a sua nipote Giovanna nel 1211, all‟epoca del matrimonio con Ferdinando del Portogallo70. Il secondo, datato agli anni 1210-1220, è invece un esemplare del Perceval (BL Add. 36614), che insieme ad altri due codici dello stesso gruppo, i frammenti di Annonay e la copia Guiot (BN fr. 794), forma, nelle parole di Busby, «a cluster of central copies marking Chrétien as an author from Champagne»71.

La Stirnemann ritiene che anche questo codice, così come il salterio, fosse un dono di Bianca a Giovanna72. Il senso del regalo andrebbe ricercato nel matrimonio dei genitori di quest‟ultima, Baldovino VI di Hainaut e Maria di Champagne, l‟omonima figlia della contessa dedicataria del Lancelot, che aveva congiunto le casate di Champagne e Fiandra73. Per Giovanna la zia Bianca avrebbe quindi pensato al manoscritto in questione come un ricordo dello zio Filippo d‟Alsazia, che aveva arrangiato l‟unione dei genitori e che era stato l‟ispiratore dell‟opera in esso contenuta, scritta per di più da un autore champenois74. Insomma un regalo perfetto, che dimostra ancora una volta l‟alto valore persino affettivo che l‟ultimo romanzo di Chrétien poteva avere per i membri della casa di Fiandra, funzionando anche come testimonianza dei loro rapporti storici con la famiglia conteale di Champagne.

69 STIRNEMANN, “Some Champenois” cit.

Lo stile prende il nome dallo scriptor Manerius di Canterbury che si identifica in un lungo colofone posto alla fine del secondo dei tre volumi di una Bibbia (Pargi, Bibliothèque Sainte-Geneviève 8-10), generalmente datata agli anni 1185-1189 e appartenuta all‟abbazia benedettina di Saint-Loup a Troyes, considerata uno dei primi manoscritti a presentare questo stile. Fiorito per circa quanrant‟anni, lo stile Manerius fu espressione regionale ed ebbe un campo di diffusione limitato all‟area compresa fra Troyes, Provins, Sens e Pointigny. Fu praticato da numerosi artisti negli ambienti più diversi, ma la sua diffusione cessò intorno alla fine del primo quarto del XIII secolo, in seguito all‟esodo degli artisti verso Parigi e all‟avvio della produzione delle bibbie moralizzate, primo grande progetto in materia di miniatura della monarchia capetingia.

70 COLLET,“La littérature en Flandre” cit.

Giovanna era figlia Baldovino VI di Hainaut e Maria di Champagne, a sua volta figlia di Enrico il Liberale e di Maria la protettrice di Chrétien. Bianca aveva sposato nel 1199 il fratello più piccolo della madre di Giovanna e quindi era sua zia.

71

BUSBY, Codex and Context cit., p. 575.

Dal punto di vista testuale BnF fr. 794 e BL Add. 26614 «are quite close, suggesting the possibility of both chronological and geographical proximity during the transmission process» (ibidem).

72 STIRNEMANN, “Some Champenois” cit., p. 269. 73

Cfr. cap. 2.

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Si potrebbe addirittura pensare che fu per l‟appunto a causa di questo manoscritto, a cui avrebbe fatto aggiungere le prime due Continuazioni, che Giovanna ordinò la terza a Manessier75. Le Continuazioni e la Vie de Sainte Marie l‟Egyptienne non avrebbero infatti fatto parte del codice nel suo stadio primitivo ma sarebbero stati aggiunti ai primi ottantasette fogli quando questo arrivò in Fiandra. Risultano infatti opera di copisti piccardi e non sono più ricollegabili per le decorazioni allo stile Manerius.76.

Per di più, a quanto sembra, anche la seconda Continuazione, ad opera di Wauchier de Denain77, fu composta sotto il patronato della contessa, anche se questo non è dimostrabile78. Sappiamo tuttavia quasi con certezza che l‟autore, traduttore di numerose opere latine di carattere didattico, compose per lei, probabilmente ancora adolescente, un testo agiografico, la Vie de sainte Marthe, concepito al contempo come testo edificante e racconto meraviglioso, non lontano dal romanzo di cavalleria, soprattutto in relazione all‟episodio del Tarasco79

.

In ogni caso l‟attribuzione di BL Add. 36614 alla contessa Giovanna si rivela fondamentale anche perché sarebbe una delle poche certezze all‟interno del campo molto dibattuto della committenza e proprietà dei manoscritti piccardi di Chrétien, trattato più avanti in questo lavoro. Si può comunque già notare, oltre al valore che l‟opera di Chrétien poteva avere per la storia della casa di Fiandra, l‟importante ruolo svolto nella sua diffusione, insieme a quella della letteratura volgare in genere, da parte dei suoi membri di sesso femminile, che per molto tempo assunsero il governo effettivo della regione80.

75 Roach (MANESSIER, The Continuations of the Old French „Perceval‟ of Chrétien de Troyes: The

Third Continuation by Manessier, a cura di W. Roach, University of Pennsylvania Press, Philadelphia,

1983) attribuisce la commissione del testo al periodo della prigionia del marito di Giovanna, Fernando del Portogallo, tra il 1214 e il 1227.

76 STIRNEMANN, “Some Champenois” cit., pp. 203 e 212; cfr. STONES, “L‟enluminure au temps de

Jeanne de Constantinople et de Marguerite de Flandre”, in Jeanne de Costantinople cit., pp. 177-89. Il Bliocadran invece fu inserito all‟interno del Perceval quando questo fu copiato o in una data vicina (DUGGAN, The Romances cit., p. 40).

Il manoscritto, tra l‟altro, presenta al f. 271, nello spazio bianco alla fine delle Continuazioni, due stemmi araldici di cui il primo con il leone di Fiandra. Sulla questione, piuttosto complessa, si veda R. MIDDLETON, “Additional Notes on the History of Selected Manuscripts”, in Les manuscrits cit., vol. 2, pp. 232-235.

77 C. CORLEY, “Wauchier de Denain et la deuxième continuation de Perceval”, in «Romania», CV

(1984), pp. 351-59.

78 COLLET, “Littérature” cit., p. 103; S. DOUCHET, “Sainte Marthe et Perceval: deux figures entre

example et divertissement, ou les œuvres littéraires écrites pour Jeanne de Flandre”, in Jeanne de

Costantinople cit., pp. 135-143.

79 Ibidem.

80 COLLET, “Littérature” cit., p. 98; W. PREVENIER e T. DE HEMPTINNE, “La Flandre au Moyen Âge”

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Che fossero le contesse di Fiandra le maggiori promotrici dei romanzi arturiani, incluse le opere di Chrétien, non è di per sé sorprendente, perché l‟importante funzione svolta dal patronato femminile nella diffusione delle opere in volgare è un fatto ormai assodato. Nel XIII secolo, come puntualizzato da Geneviève Hasenohr, furono per l‟appunto «les princesses des grandes maisons féodales du nord de la France» a raccogliere l‟eredità di Eleonora d‟Aquitania e Maria di Champagne81.

Infine si deve ricordare che anche la contea di Hainaut, nei periodi in cui fu politicamente separata da quella di Fiandra, fu animata dallo stesso fervore nei confronti dei romanzi cavallereschi, con particolare attenzione a quelli di Chrétien, tanto è vero che dalla seconda metà del XIII secolo nella regione furono attivi atelier specializzati nella produzione di questo tipo di letteratura82. Sempre nel corso del XIII secolo furono composti da poeti che pare fossero al servizio dei conti due romanzi arturiani, l‟Hunbaut e le Merveilles Rigomer, che nell‟unico manoscritto che ce li conserva (Chantilly, Musé Condé 472) sono per l‟appunto affiancati all‟Yvain e al Lancelot di Chrétien83.

Infine nel secondo quarto del XIV secolo lo Hainaut produsse un‟immensa compilazione arturiana in prosa, il romanzo di Perceforest, che conobbe un certo successo fino al XVI secolo, il cui anonimo autore afferma di tradurre una fonte latina su richiesta del conte Guglielmo I (1304-1337)84.

Sulla questione si veda anche MCCASH, “The Cultural Patronage of Medieval Women: An Overview”, in The Cultural Patronage of Medieval Women, a cura di J. H. McCash, University of Georgia Press, Athens, 1996, pp. 1-49.

81 G. HASENOHR, “L‟essor des bibliothèques privées aux XIVe et XVe siècles”, in Histoire des

bibliothèques françaises, a cura di A. Vernet, t. 1, Les bibliothèques médiévales. Du VIe siècle à 1530,

Promodis, Parigi, 1989, p. 248.

82 HOECKE, “La littérature” cit., p. 196. 83 Ivi, pp. 195-96.

Sul manoscritto in questione si tornerà più diffusamente nella seconda parte del presente lavoro.

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2. L’YVAIN E FILIPPO D’ALSAZIA

In Fiandra e Hainaut il Perceval, per quanto fosse senza dubbio la più apprezzata, non fu certamente l‟unica opera di Chrétien a incontrare il favore del pubblico. In maniera meno scontata, in quanto originariamente concepiti in contesti diversi da quello piccardo, anche gli altri romanzi conobbero un discreto successo, attestato del resto anche dall‟alto numero di manoscritti nor-orientali che li tramandano. Come visto nel capitolo precedente, essi trovarono posto all‟interno di un vasto e generale interesse per la letteratura arturiana alimentato da patroni e letterati pronti a raccogliere l‟eredità dell‟intera opera dell‟autore champenois.

Il richiamo suscitato da almeno un altro dei romanzi di Chrétien, l‟Yvain, potrebbe trovare una giustificazione più specifica in una recente proposta sulle ragioni della sua composizione, che porterebbe a rivederne anche la datazione. È possibile infatti che Chrétien scrivesse pure quest‟opera tenendo in mente Filippo d‟Alsazia, nel momento delle trattative finalizzate al matrimonio di quest‟ultimo con Maria di Champagne, rimasta vedova di Enrico il Liberale, ma mai andate in porto. Se così fosse, non soltanto uno ma ben due dei suoi cinque romanzi risulterebbero strettamente legati alla figura del conte. Ciò verrebbe ad ulteriore conferma della nostra tesi che la notevole consistenza assunta dai manoscritti piccardi all‟interno della loro tradizione sia conseguenza anche dei legame che Chrétien intrattenne con le regioni nord-orientali.

Qualora l‟ipotesi riguardo alla redazione dell‟Yvain non fosse veritiera, questo romanzo poteva comunque rivestirsi agli occhi del pubblico piccardo di un significato particolare dal momento che al suo interno un ruolo di rilievo è ricoperto dalla figura del leone, il cui simbolo fu assunto come proprio stemma dalla casata di Fiandra e successivamente anche da quella di Hainaut.

Per la cronologia delle opere di Chrétien si accetta di solito la proposta di Anthime Fourrier, risalente agli anni Cinquanta, di collocare l‟Erec et Enide a partire dal 1170, il

Cligès nel 1776, il Lancelot e l‟Yvain tra il 1177 e il 1181, il Perceval dopo il 11811.

1 FOURRIER, “Encore la chronologie des œuvres de Chrétien de Troyes”, in «Bibliographical Bulletin

of the International Arthurian Society», II (1950), pp. 69-88; ID., “Remarques” cit., pp. 89-101; ID., “Réponse” cit., pp. 73-85.

La datazione di Yvain e Lancelot a partire dal 1177 viene dal fatto che nel primo di questi romanzi la festa di san Giovanni (24 giugno) precede la seconda domenica dopo la Pentecoste, eventualità

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Se tuttavia la datazione si basa per i primi due romanzi su eventi storici importanti per la loro stesura2, ciò non avviene per quelli successivi. Per esempio, il tempo di elaborazione del Lancelot è stato di recente ristretto da June Hall McCash al triennio 1179-81 in corrispondenza di due eventi, avvenuti nel 1179, che «may have served as catalysts for the work»3. Il primo sarebbe la partenza di Enrico il Liberale (1152-1181) per la Terra Santa, che avrebbe spinto Maria ad assumere in maniera nuova e indipendente il ruolo di patrono letterario; il secondo il soggiorno a Troyes di Walter Map, durante il viaggio dalla corte inglese di Enrico II (1154-1189) verso Roma per partecipare al III Concilio Lateranense indetto da papa Alessandro III (1159-1181), che avrebbe fatto conoscere alla corte della contessa alcuni racconti arturiani, tra cui forse anche quello con protagonista Lancillotto4. Ciò non dovrebbe risultare troppo sorprendente se si considera che il nome di Walter Map è stato a lungo associato al ciclo in prosa incentrato appunto sull‟eroe in questione5.

In più, per quanto riguarda Lancelot e Yvain, la questione è ulteriormente complicata dal problema di una possibile composizione intrecciata6. A fronte di un unico rimando nel Lacelot al futuro di Ivano7, tre passi dell‟Yvain ricordano momenti importanti della vicenda di Lancillotto8. Se tutti e tre questi richiami sono piuttosto contraddittori, ciò nonostante è indubbio che «i due romanzi condividano lo stesso spazio narrativo e lo stesso tempo fizionale»9.

presentatasi secondo Fourrier solo nel 1166, data troppo arretrata, e appunto nel 1177 (FOURRIER, “Encore la chronologie” cit., p. 86).

2 Se ne parlerà diffusamente più avanti nel capitolo. 3 MCCASH, “Chrétien‟s Patrons” cit., p. 19. 4 Ivi, pp. 19-20.

5

Ivi, p. 20.

6 Sulla questione si veda E. MULLALLY, “The Order of Composition of Lancelot and Yvain”, in

«Bibliographical Bulletin of the International Arthurian Society», XXXVI (1984), pp. 217-29.

7 Al v. 1866 Ivano viene citato tra i valorosi che saranno sepolti nel cimitero visitato dal cavaliere

predestinato: Et il meïsmes tot a tire / comança lors les nons a lire, / et trova: Ci girra Gauvains, / ci

Looys et ci Yvains (vv. 1863-6).

L‟edizione di riferimento è Le Chevalier de la Charrette ou Le Roman de Lancelot, édition et traduction de Ch. Méla d‟après le manuscrit BN fr. 794, in CHRÉTIEN DE TROYES, Romans suivis des

Chansons avec, en appendice, Philomena, a cura di M. Zink, Le Livre de Poche, Parigi, 1994, pp.

495-704.

8 Ai vv. 3689-3711 e 3909-3935 si fa riferimento all‟assenza di Galvano impegnato nella quête della

regina Ginevra; ai vv. 4734-4741 si dice invece che il cavaliere è tornato da tre giorni, insieme alla regina Ginevra e agli altri prigionieri, dal regno di Gorre: S‟avoit tierz jour que la roïne / iert de la prison

revenue / ou Melagans l‟avoit tenue / et trestuit li autre prison; / et Lanchelos par traïson / estoit remés dedens la tour.

L‟edizione di riferimento è Le Chevalier au Lion (Yvain), édition et traduction de D. F. Hult d‟après le manuscrit BN fr. 1433, in CHRÉTIEN DE TROYES, Roman cit., pp. 705-936.

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Pertanto, nella storia critica di Chrétien, si sono a lungo contrapposte l‟ipotesi di una successione Lancelot-Yvain e quella di una stesura accavallata dei due romanzi. Quest‟ultima eventualità, congetturata inizialmente da Wendelin Foerster, fu formalizzata da Fourrier, per il quale Chrétien avrebbe cominciato con lo scrivere l‟Yvain ma si sarebbe interrotto all‟altezza dell‟episodio delle sorelle di Noire Espine a favore della redazione del Lancelot. Solo dopo l‟affidamento di questo romanzo a Godefroy de Lagny, avrebbe ripreso l‟Yvain per completarlo10. Come notato da Lori Walters, una conferma dell‟anteriorità dell‟Yvain verrebbe dalla stessa tradizione manoscritta che in sei degli otto codici contenenti entrambi i romanzi lo pone prima del

Lancelot11. Anche per Keith Busby, sebbene ciò non sia per forza di cose indice dell‟ordine di composizione, questo assetto «almost certainly proceeds from some notion of a conjuncture between them, textually authorized»12.

Dopo Fourrier, l‟idea di una stesura intrecciata dei due romanzi è stata quindi appoggiata dalla maggioranza degli studiosi13. Per ultima Lucilla Spetia pensa che il progetto originario di Chrétien prevedesse una «scrittura romanzesca in cui le vicende cavalleresche di Yvain erano poste a confronto con quelle di Gauvain, secondo quanto poi parzialmente fatto nel Conte dou Graal», ma che questo piano fosse infine modificato in seguito alla richiesta di Maria di Champagne di scrivere intorno a

10 FOURRIER, “Encore la chronologie” cit., pp. 81-86; cfr. MULLALLY, “The Order” cit., p. 218. 11 WALTERS, “The Creation of a „Super Romance‟: Paris, Bibliothèque Nationale, fonds français, MS

1433”, in The Arthurian Yearbook, a cura di K. Busby, vol. 1, Garland, New York, 1991, pp. 3-26. p. 21 n. 5.

12 BUSBY, “The Manuscripts” cit., p. 68.

13 L‟incastro dei due romanzi, rigettato da Misrahi (J. MISRAHI, “More Light on the Chronology of

Chrétien de Troyes”, in «Bibliographical Bulletin of the International Arthurian Society», XI (1959), pp. 89-120), è stato sostenuto da Frappier (J. FRAPPIER, Étude sur Yvain ou le Chevalier au lion de Chrétien

de Troyes, Société d'édition d'enseignement supérieur, Parigi, 1969, p. 13), Menard (Ph. MENARD, “Note

sur la date du Chevalier de la Charrete”, in «Romania», XCII (1971), pp. 118-26, Imbs (P. IMBS, “La reine Guenièvre dans Le Chevalier au lion”, in Études de langue et de littérature du Moyen Âge offertes à

Felix Lecoy par ses collègues, ses élèves et ses amis, Champion, Parigi, 1973, p. 246), Luttrell (C.

LUTTRELL, The Creation of the First Arthurian Romance. A Quest, Arnold, Londra, 1974, pp. 26-46) e Uitti (K. D. UITTI, “Le Chevalier au Lion (Yvain)”, in The Romances of Chrétien de Troyes: A

Symposium, a cura di D. Kelly, French Forum, Lexington (KY), 1985, pp. 182-231).

Luttrell (ivi, p. 30 n. 1), supportato in questo da Hunt (T. HUNT, “Redating Chrestien de Troyes”, in «Bibliographical Bulletin of the International Arthurian Society», XXX (1978), n. 1), pone l‟interruzione dell‟Yvain dopo il verso 3478, dal momento cioè in cui avverte un aumento di religiosità nel romanzo (cfr. MULLALLY, “The Order” cit., p. 219).

Anche Shirt (D. J. SHIRT, “How Much of the Lion Can We Put Before the Chart? Further Light on the Chronological Relationship of Chrétien de Troyes‟s Lancelot and Yvain”, in «French Studies», XXXI (1977), pp. 1-17) propende per l‟incastro ma secondo una teoria a lui particolare, messa in dubbio dalla Mullally (MULLALLY, “The Order” cit.).

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Lancillotto. Chrétien avrebbe così riutilizzato parte del materiale relativo a Galvano per il Perceval14, secondo quanto già intuito da Alexandre Micha15 e Martín de Riquer16.

La studiosa italiana si è quindi cimentata in un nuovo tentativo di datazione dei due romanzi che l‟ha condotta a connetterne l‟elaborazione con alcuni avvenimenti storici ben precisi e, per ciò che più ci riguarda, a ricollegare la composizione dell‟Yvain alla Fiandra. Questa ipotesi troverebbe maggiore completezza se fosse posta in relazione con quanto Kajsa Meyer scrisse in un articolo, che la Spetia pare non conoscere, nel quale accostava anche questo romanzo alla figura di Filippo d‟Alsazia17 .

La proposta prevede di spostare la data dei due romanzi alla prima metà degli anni Ottanta del XII secolo, così da permettere l‟ampliamento dello «stretto margine temporale riservato di solito alla redazione del Cligès, datato al 1176, e quindi più realisticamente di portarlo in costruzione a partire proprio da quell‟anno», quando il vescovo Filippo di Dreux (1175-1217), fratello di Luigi VII e quindi zio di Maria di Champagne18, prese possesso della sede ecclesiastica di Beauvais, nella cui biblioteca Chrétien confessa di avere trovato la fonte per il suo romanzo19.

Tale datazione avrebbe anche il vantaggio di collocare Chrétien «al centro di un dibattito polemico intercorso attraverso i romanzi stessi sul nuovo genere letterario e le sue possibilità realizzative», a cui parteciparono anche Gautier d‟Arras e l‟anonimo del

Partenopeus de Blois20, ma soprattutto di cogliere nell‟Yvain l‟eco della vedovanza di

14 SPETIA, Li conte de Bretaigne cit., pp. 36-42.

15 A. MICHA, “Le Perceval de Chrétien de Troyes, roman educatif”, in Lumière du Graal, a cura di R.

Nelli, Cahiers du sud, Parigi, 1951, p. 127.

16 M. de RIQUER, “Perceval y Gauvain en Li contes del Graal”, in «Filologia Romanza», IV (1957), p.

135.

Sempre la Spetia (SPETIA, Li conte de Bretaigne cit., p. 40) ritiene che incastonare la stesura del

Lancelot all‟interno di quella dell‟Yvain sarebbe stato per Chrétien funzionale alla creazione di «un

confronto tra un eroe che pone l‟amore al di sopra di tutto, [...] ed un altro invece che dopo l‟incontro con il leone si dedica totalmente ad adempiere ai doveri della cavalleria con benefiche ricadute sociali: Lancelot quindi è amante prima che cavaliere, mentre per Yvain si può sostenere esattamente il contrario».

17 MEYER Kajsa, “Pourquoi un Chevalier au Lion? Remarques sur l‟actualité du thème choisi par

Crestien de Troyes”, in «Bibliographical Bulletin of the International Arthurian Society», XLIV (1992), pp. 241-244.

18

Era il quarto figlio del conte Roberto di Dreux (1137-1184), a sua volta quinto figlio di Luigi VI (1108-1137) e della seconda moglie Adelaide di Savoia, e di Agnese contessa di Braine, sposata in terze nozze. Era quindi fratello del conte Roberto II di Dreux (1184-1218).

19 SPETIA, Li conte de Bretaigne cit., p. 49. Ci si riferisce ai vv. 18-21: Ceste estoire trovons escrite, /

que conter vos vuel et retraire, / en .i. des livres de l‟aumaire / mon seignor saint Pere a Beauvez.

L‟edizione di riferimento è Cligès, édition et traduction de Ch. Méla et O. Collet d‟après le manuscrit BN fr. 12560, in CHRÉTIEN DE TROYES, Romans cit., pp. 285-494.

20 SPETIA, Li conte de Bretaigne cit., p. 50.

Per la studiosa italiana (ivi, p. 52) in uno stesso passo dell‟Yvain, quello della castellana di Pesme Aventure, Chrétien regolerebbe i conti con i suoi rivali più prossimi, «da un lato sminuendo in modo

(20)

Maria di Champagne, «garantendo così a questo romanzo come agli altri un retroterra storico, altrimenti inesistente»21.

Difatti, fino a quel momento le relazioni tra le case di Blois-Champagne e di Fiandra erano state tese, dopo che, tra il 1179 e il 1181, Filippo d‟Alsazia, divenuto tutore di Filippo Augusto per volontà del padre Luigi VII, era riuscito ad allontanare la regina Adele di Champagne, terza moglie di Luigi22, e i suoi fratelli, i conti Enrico il Liberale, che era in Terra Santa, e Tebaldo V di Blois (1152-1191), dalla corte di Francia23.

In precedenza i negoziati intrapresi a partire dal 1171 al fine di concludere il matrimonio tra Enrico II di Champagne (1181-1197), primogenito di Enrico il Liberale e Maria, con Isabella figlia di Baldovino V di Hainaut e Margherita di Fiandra, sorella di Filippo d‟Alsazia, erano stati interrotti proprio a causa di quest‟ultimo che nel 1180, approfittando dell‟assenza in Terra Santa di Enrico il Liberale, preferì fare della nipote Isabella la regina di Francia concedendola in sposa a Filippo Augusto24. Fu un duro colpo per la casa di Champagne, dal momento che la nuova regina soppiantò la regina madre, Adele di Champagne, che finì per chiedere l‟aiuto di Enrico II Plantageneto. Questi preferì mediare una pace tra le due fazioni, sancita a Gisors nel 118025.

A inasprire i rapporti tra i due casati concorse infine, in occasione della seconda incoronazione a Saint-Denis del giovane re e della sua sposa, l‟usurpazione nei confronti dell‟arcivescovo di Reims, Guglielmo dalle Bianche Mani, fratello di Enrico il Liberale, del privilegio di porre la corona sul capo del sovrano, che passò all‟arcivescovo di Sens26

.

pungente il lavoro e la personalità di Gautier, dall‟altro denunciando la fallacia e l‟inutilità del tentativo quasi retro dell‟anonimo del Partenopeus di esaltare l‟ideale amoroso», dal quale lo stesso Chrétien stava prendendo le distanze.

21

Ivi, p. 53.

22 Luigi VII aveva sposato Adele di Champagne nel 1160, dopo la morte della seconda moglie

Costanza di Castiglia, alla ricerca di un‟alleanza della casa di Champagne contro Enrico II Plantageneto (1154-1189). A questo scopo egli concesse le due figlie avute dal primo matrimonio con Eleonora d‟Aquitania ai figli del conte di Champagne Tebaldo IV (1125-1151): a Enrico il Liberare spettò quindi Maria a Tebaldo, già nominato siniscalco della corte reale nel 1154, Alice. Un terzo fratello, Guglielmo, detto dalle Bianche Mani, fu fatto arcivescovo di Reims (1176-1202) (cfr. BALDWIN, “Chrétien in History” cit., p. 9).

23 BEZZOLA, Les origines cit., vol. 2, p. 422; BALDWIN, “Chrétien in History” cit., p. 9; MCCASH,

“Chrétien‟s Patrons” cit., p. 18.

24 SPETIA, Li conte de Bretaigne cit., p. 78; BALDWIN, “Chrétien in History” cit., p. 10.

Come dote della nipote Filippo d‟Alsazia concesse a Filippo Augusto l‟Artois, a condizione che potesse servirsene liberamente durante la sua vita.

25 Ibidem.

26 MCCASH, “Chrétien‟s Patrons” cit., p. 18.

Filippo era già stato consacrato il 1° novembre 1179 a Reims da Guglielmo dalle Bianche Mani (cfr.

supra). La seconda consacrazione invece si tenne il 29 maggio 1180, giorno dell‟Ascensione, in

(21)

Ben presto però si assistette ad un completo ribaltamento di fronti. Non appena Filippo Augusto si fu svincolato dalla tutela di Filippo d‟Alsazia cercando di contro l‟appoggio di Enrico II, quelli che fino a quel momento erano stati rivali decisero di incontrarsi il 14 maggio 1181 a Provins al fine di riconciliarsi. Filippo cercava infatti l‟alleanza dei conti di Champagne contro il re di Francia27

. A questo incontro partecipò anche Maria di Champagne, che qualche mese prima aveva perso il marito Enrico il Liberale28.

È in questa occasione che, per suggellare la nuova intesa tra le due case, si decisero i matrimoni di Enrico II di Champagne, non ancora quindicenne, con la piccola Yolanda di Hainaut, figlia di Baldovino V e Margherita di Fiandra, quindi sorella dell‟Isabella che aveva finito per sposare Filippo Augusto29.

A Provins si decise anche l‟unione, infine celebrata nel 1886, della piccola Maria di Champagne, sorella di Enrico II e figlia dell‟omonima contessa, con il futuro Baldovino VI di Hainaut (1195-1205), fratello di Yolanda e primogenito di Baldovino V, destinato a diventare anche imperatore di Costantinopoli (1204-1205)30.

L‟anno successivo, dopo la morte della moglie Isabella di Vermandois, fu addirittura lo stesso Filippo a maturare il proposito di sposare Maria, cominciando una corte assidua31. Il progetto era serio e il conte di Fiandra inviò anche degli emissari a Roma con l‟incarico di ottenere la dispensa papale per via di un legame parentale troppo stretto32.

Alla fine il matrimonio sfumò e Filippo finì per sposare nel 1184 Teresa (divenuta Matilde) di Portogallo, figlia di Alfonso I (1138-1185). I motivi di un ripensamento così repentino rimangono frutto di congetture. L‟unico contemporaneo a trattare l‟argomento è il cronista Guglielmo di Ardres, il quale riporta voci infamanti sui costumi della

27 Ibidem.

28 BEZZOLA, Les origines cit., vol. 2, p. 422

All‟incontro di Provins parteciparono anche Baldovino V di Hainaut, Rodolfo di Coucy (1149-1191), Tebaldo V di Blois, Stefano di Sancerre (1151-1190), Ugo III di Borgogna (1162-1192) ed Enrico I di Bar (1170-1190).

29 BEZZOLA, Les origines cit., vol. 2, p. 423; SPETIA, Li conte de Bretaigne cit., p. 78; MCCASH,

“Chrétien‟s Patrons” cit., p. 18.

30

BEZZOLA, Les origines cit., vol. 2, p. 423; SPETIA, Li conte de Bretaigne cit., p. 78.

31 BEZZOLA, Les origines cit., vol. 2, p. 422; MCCASH, “Chrétien‟s Patrons” cit., p. 18. 32 FOURQUET, “Chrétien” cit., p. 27.

Isabella di Vermandois, essendo figlia di Petronilla d‟Aquitania, sorella di Eleonora, era cugina di Maria e secondo la concezione medievale la parentela acquisita sussisteva anche dopo la morte del congiunto (FOURRIER, “Remarques” cit., p. 99).

Figura

Figura 1: BnF 12576, ff. 261v-262r
Figura 2: BnF 12576, f. 262r (particolare)
Figura 3: BnF 12576, f. 261r (particolare)

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