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Elastografia ARFI pre e post-trattamento HIFU: studio di fattibilità su phantom e su tessuti ex-vivo

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Academic year: 2021

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(1)

Scuola Di Ingegneria

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Biomedica

Elastografia ARFI pre e post-trattamento

HIFU: studio di fattibilit`

a su phantom

e su tessuti ex-vivo

Relatori:

Prof.ssa Arianna Menciassi Dr.ssa Selene Tognarelli Dr. Andrea Cafarelli Controrelatore: Prof. Luigi Landini

Autore: Giulia Mosconi

(2)
(3)

Indice delle Figure viii

Indice delle Tabelle x

Abbreviazioni xi

1 Introduzione 1

2 Ultrasuoni: Principi Fisici e Applicazioni 5

2.1 Grandezze Fisiche di Interesse . . . 5

2.2 Tipi di Onde . . . 7

2.2.1 Onde Longitudinali . . . 8

2.2.2 Onde Trasversali . . . 8

2.2.3 Onde Superficiali . . . 9

2.2.4 Onde Flessurali . . . 10

2.3 Propagazione degli Ultrasuoni . . . 10

2.3.1 Attenuazione . . . 11

2.3.2 Rifrazione e Riflessione . . . 13

2.3.3 Diffusione . . . 16

2.4 Ultrasuoni in Medicina . . . 16

2.4.1 Imaging ad Ultrasuoni . . . 16

2.4.2 Principi Fisici per la Produzione di Onde Ultrasoniche . . . 17

2.4.3 Trasduttori . . . 18

2.4.3.1 Campo di Pressione . . . 20

2.4.4 Formazione delle Immagini . . . 22

2.5 Elastografia . . . 24

2.5.1 Elastografia Tradizionale . . . 25

2.5.2 Elastografia a Risonanza Magnetica . . . 27

2.5.3 Elastografia a Onde Trasversali . . . 28

2.5.4 Elastografia ARFI . . . 29

2.5.5 Panoramica Finale sull’Elastografia . . . 30

3 Approccio Robotico per la Terapia con US Focalizzati 32 3.1 Terapia ad Ultrasuoni . . . 32

3.1.1 Ultrasuoni Focalizzati ad Alta Intensit`a . . . 34

3.1.2 Effetti degli Ultrasuoni sui Tessuti . . . 35

(4)

3.1.3 Effetti della Temperatura sulla Struttura Proteica dei Tessuti . . . 37

3.2 Risonanza Magnetica vs Ultrasuoni per la Guida del Trattamento . . . 40

3.3 Il Progetto FUTURA . . . 41

3.3.1 Architettura . . . 42

3.3.2 Funzionamento . . . 44

4 ARFI Pre-Trattamento 46 4.1 Phantom per Ultrasuoni . . . 46

4.2 Phantom per Elastografia . . . 48

4.2.1 Preparazione del Phantom . . . 49

4.2.2 Propriet`a dei Materiali . . . 50

4.2.3 Caratterizzazione Acustica e Meccanica . . . 51

4.3 Set up di Misura per i Test ARFI . . . 54

4.4 Processing dei Dati . . . 56

4.4.1 Parametri di Post-Processing . . . 56

4.5 Acquisizioni e Risultati . . . 58

4.5.1 Risultati su Phantom . . . 59

4.5.2 Risultati su Tessuti ex-vivo . . . 61

5 ARFI Post-Trattamento 65 5.1 Phantom con Lesione . . . 65

5.1.1 Preparazione del Phantom . . . 66

5.2 Acquisizioni e Risultati . . . 67

5.2.1 Risultati su Phantom con Lesione . . . 68

5.2.2 Risultati su Tessuti ex-vivo . . . 69

5.3 Elastografia Commerciale vs ARFI . . . 74

5.3.1 Elastografia Commerciale su Phantom . . . 75

5.3.2 Elastografia Commerciale su Tessuti ex-vivo . . . 76

5.3.3 Confronto fra le Tecniche . . . 78

(5)

2.1 Campo di frequenza delle onde sonore. . . 6

2.2 Onde Longitudinali. . . 8

2.3 Onde Trasversali. . . 9

2.4 Onde superficiali. . . 9

2.5 Tipi di interazioni fra gli US e il mezzo nel quale si propagano. . . 11

2.6 Andamento dell’attenuazione ultrasonica all’interno di un mezzo. . . 12

2.7 Esempio di incidenza di un fascio ultrasonico su una superficie di separa-zione tra due mezzi. . . 14

2.8 Trasduttore piezoelettrico. . . 17

2.9 Trasduttore Lineare. . . 19

2.10 Trasduttore Settoriale. . . 19

2.11 Trasduttore Curvilineo. . . 20

2.12 Immagini B-Mode derivate dai diversi tipi di trasduttori. . . 20

2.13 Zona di Fresnel e di Fraunhofer. . . 21

2.14 Angolo di divergenza e lobi laterali del fascio. . . 21

2.15 Esempio di immagine A-Mode. . . 22

2.16 Esempio di immagine B-Mode. . . 23

2.17 Esempio di immagine M-Mode con sopra il relativo B-Mode. . . 24

2.18 Modulo elastico di alcuni tessuti. . . 25

2.19 Elastografia tradizionale. . . 26

2.20 Elastografia a risonanza magnetica. . . 27

2.21 Elastografia a onde trasversali. . . 28

2.22 Acquisizione ARFI. . . 29

3.1 Litotrissia. . . 33

3.2 Trattamento HIFU su tumore al fegato. . . 35

3.3 Al diminuire della temperatura, il tempo di esposizione necessario per raggiungere la necrosi termica aumenta esponenzialmente. . . 36

3.4 Lesione HIFU su un petto di pollo. . . 36

3.5 Schema descrittivo del fenomeno della cavitazione acustica. . . 37

3.6 Modifiche termiche del modulo di taglio del muscolo bovino e confronto con soglie di temperatura teoriche di denaturazione delle proteine. [42] . . 39

3.7 Evoluzione del modulo di taglio normalizzato lungo le fibre muscolari durante il riscaldamento di sette muscoli bovini. [42] . . . 40

3.8 Sonalleve MR-HIFU, Philips Healthcare. . . 41

3.9 I bracci robotici e il manichino usato per le simulazioni. . . 42

3.10 La piattaforma FUTURA. . . 43

(6)

4.1 Tratto lineare in un diagramma sforzo-deformazione. . . 48

4.2 Schema di lavoro per la caratterizzazione acustica del phantom. . . 52

4.3 Trasduttore e idrofono. . . 52

4.4 Campioni utilizzati per la caratterizzazione acustica. . . 52

4.5 Campioni utilizzati per la prova di trazione. . . 53

4.6 Campioni utilizzati per la prova di compressione. . . 54

4.7 Mappe costruite con componentSize variabile. . . 57

4.8 Mappe costruite con kernel variabile. . . 57

4.9 Mappe costruite con scale variabile. . . 58

4.10 Immagine B-Mode del phantom. . . 59

4.11 Immagine B-Mode del petto di pollo. . . 59

4.12 Mappa del displacement misurato con A= 35% e t variabile. . . 60

4.13 Mappa del displacement misurato con A variabile e t=10 ms. . . 61

4.14 Fegato di suino su cui sono stati eseguiti i test. . . 61

4.15 Test su petto di pollo: mappa del displacement misurato con A variabile e t = 10 ms. . . 62

4.16 Test su petto di pollo: mappa del displacement misurato con t variabile e A = 35%. . . 62

4.17 Test su fegato: mappa del displacement misurato con t variabile e A = 35%. . . 63

4.18 Test su fegato: mappa del displacement misurato con A variabile e t = 10 ms. . . 63

5.1 Lesione simulata. . . 67

5.2 Phantom con lesione simulata. . . 67

5.3 Immagine B-Mode del phantom con lesione. . . 68

5.4 Immagine B-Mode del fegato. . . 68

5.5 Mappa del displacement misurato con A= 35% e t variabile. . . 69

5.6 Test su petto di pollo: mappa del displacement misurato prima e dopo uno sparo HIFU. . . 70

5.7 Test su petto di pollo: mappa del displacement misurato prima e dopo uno sparo HIFU. . . 70

5.8 Test su petto di pollo: mappa del displacement misurato prima e dopo uno sparo HIFU. . . 71

5.9 Variazione del modulo di Young in base al tempo e alla temperatura per le proteine del siero di latte[63]. . . 71

5.10 Test su petto di pollo: mappa del displacement misurato dopo una serie di spari HIFU. . . 72

5.11 Test su fegato: mappa del displacement misurato prima e dopo uno sparo HIFU. . . 74

5.12 Indicatore del livello di pressione esercitata fornito dalla macchina. . . 75

5.13 Elastografia commerciale su phantom con lesione. . . 75

5.14 Elastografia e imaging B-mode su phantom con lesione. . . 76

5.15 Elastografia e imaging B-mode su fegato dopo una serie di tre spari HIFU in punti distinti. . . 77

5.16 Elastografia e imaging B-mode su petto di pollo dopo una serie di spari HIFU. . . 77

(7)

2.1 Propriet`a acustiche di alcuni materiali. . . 7

4.1 Effetti del latte evaporato sulle propriet`a acustiche e meccaniche del phantom [6]. . . 50

4.2 Propriet`a acustiche e meccaniche dei phantom e dei tessuti. . . 51

4.3 Valori del modulo di Young ricavati dalla prova di trazione. . . 53

4.4 Valori del modulo di Young ricavati dalla prova di compressione. . . 54

5.1 Parametri impiegati nei set di test eseguiti con HIFU. . . 72

5.2 Parametri impiegati nei set di test eseguiti con HIFU. . . 73

(8)

US Ultra Sound

ARFI Acoustic Radiation Force Impulse HIFU High Intensity Focused Ultrasound FUS Focused Ultrasound Surgery

SWI Shear Wave Imaging

SWE Shear Wave Elastography MRI Magnetic Resonance Imaging MRE Magnetic Resonance Elastography

FUTURA Focused Ultrasound Therapy Using Robotic Approaches TAC Tomografia Assiale Computerizzata

PET Positron Emission Tomography

(9)

Introduzione

In campo medico l’utilizzo degli ultrasuoni per diagnostica e terapia `e in costan-te crescita. Lavorare con onde ultrasoniche `e semplice e a basso costo, oltre che innocuo per la salute sia dell’operatore che del paziente. Infatti, a differenza di tecniche quali la TAC, la PET o la radioterapia, gli ultrasuoni non fanno uso di alcun tipo di radiazione ionizzante.

Attualmente le metodiche d’indagine ad ultrasuoni permettono di avere informa-zioni dettagliate sui tessuti molli, attraverso l’impiego di procedure non invasive e non dolorose per il paziente, e sono diventate una delle modalit`a d’immagine prediletta in un’ampia variet`a di contesti clinici (si pensi ad esempio all’uso del-l’ecografia in gravidanza).

Grazie ai continui studi ingegneristici e alle molteplici innovazioni tecnologiche, la qualit`a delle immagini ultrasoniche ha fatto grandi progressi negli ultimi anni. In particolare le immagini ottenute con questi dispositivi sono in grado di fornire un livello di dettaglio maggiore rispetto al passato; questa caratteristica li rende fruibili per l’impiego in una vasta gamma di applicazioni cliniche.

Anche le terapie ad ultrasuoni trovano un sempre pi`u largo campo di applicazione, andando dal trattamento di tumori alla riabilitazione fisioterapica. Nello specifi-co, gli ultrasuoni focalizzati ad alta intensit`a (High Intensity Focused Ultrasound, HIFU) sono sempre pi`u impiegati per l’ablazione di varie tipologie di tumori (pro-stata [1], pancreas [2], reni [3], fegato [3, 4]), grazie al loro approccio minimamente invasivo e alla notevole riduzione dei costi che questo tipo di terapia comporta rispetto alla chirurgia tradizionale.

Questo lavoro di tesi ha l’obiettivo di studiare l’elastografia ARFI (Acoustic Radia-tion Force Impulse), una nuova metodologia di imaging che sfrutta gli ultrasuoni per individuare variazioni locali nelle propriet`a meccaniche dei tessuti molli [5]. Si

(10)

tratta di un metodo di palpazione acustica a distanza, dove un ultrasuono foca-lizzato viene utifoca-lizzato per applicare una forza di radiazione localizzata all’interno del tessuto per brevi periodi. I conseguenti spostamenti tissutali sono mappati utilizzando metodi basati sulla correlazione ultrasonica. L’entit`a dello spostamen-to `e inversamente proporzionale alla rigidit`a del tessuto.

Esistono altre tecniche elastografiche che si occupano di indagare le variazioni delle propriet`a elastiche dei tessuti. La prima ad essere scoperta ed utilizzata `e stata l’elastografia statica, una tecnica semplice e a basso costo, ma dipendente dal-l’operatore e qualitativa. Per superare queste due limitazioni `e stata introdotta l’elastografia a risonanza magnetica, probabilmente la pi`u accurata fra le tecniche elastografiche ma anche la pi`u costosa; ci`o la rende inutilizzabile nella maggior parte dei contesti clinici. Molto promettente `e l’elastografia a onde trasversali. Questa tecnica permette di ottenere immagini real-time di buona qualit`a e indi-pendenti dall’operatore. Purtroppo per eseguirla sono necessari appositi scanner ultrasonici con frame rate elevatissimo che non rientravano nell’equipaggiamento a disposizione per questo lavoro. Anche l’elastografia ARFI permette di ottenere immagini di tipo quantitativo, in tempi brevi e non operatore-dipendenti; inoltre per eseguirla `e sufficiente un qualsiasi trasduttore e sistema di imaging ad ultra-suoni.

Lo scopo di questa tesi `e validare l’ARFI come metodica pre e post-trattamento HIFU; nel primo caso l’utilizzo dell’ARFI permetterebbe di individuare il fuoco in cui l’ultrasuono focalizzato andr`a a concentrare la sua potenza prima di procedere con il trattamento completo e quindi di evitare di trattare zone non patologiche. L’uso dell’ARFI dopo il trattamento consentirebbe invece di confermarne la riu-scita e di valutare l’estensione della lesione. Attualmente tali funzioni di verifica e controllo vengono eseguite sfruttando una guida a risonanza magnetica o l’imaging B-mode. Nel primo caso `e possibile ottenere immagini di elevata qualit`a, a scapito per`o dei costi e della portabilit`a del sistema. Nel secondo caso costi e dimensioni del sistema sono inferiori e si ha un’elevata risoluzione temporale. D’altra parte, le onde ultrasoniche hanno difficolt`a a penetrare ossa e interfacce gassose e non permettono di ottenere immagini di alta qualit`a. Essendo a sua volta una tecnica ad ultrasuoni, l’ARFI non pu`o certo ovviare al primo di questi due problemi, ma `

e interessante andare a vedere se, a parit`a di altri pregi e difetti, `e in grado di fornire immagini a pi`u alta risoluzione.

Lo studio si `e inserito all’interno del progetto FUTURA (Focused Ultrasound Therapy Using Robotic Approaches), realizzato dall’Istituto di Biorobotica della Scuola Sant’Anna di Pisa in collaborazione con l’Universit`a di Dundee, IBSmm Engineering, Image Guided Therapy, Camelot Biomedical Systems e S.M. Scienzia

(11)

Machinale. Si tratta dello sviluppo di una piattaforma robotica che mira ad au-mentare, rispetto alle procedure attuali, l’accuratezza, la sicurezza e la flessibilit`a del trattamento con ultrasuoni focalizzati.

Per valutare la fattibilit`a degli obiettivi che ci si `e preposti sono stati eseguiti dei test prima su phantom, poi su tessuti ex-vivo. L’elastografia ARFI `e una tecnica ad ultrasuoni che misura il livello di rigidit`a dei tessuti, quindi `e stato necessario costruire un phantom che mimasse sia i parametri acustici che meccanici dei tes-suti biologici. A tal fine, partendo dalla ricetta di un phantom con caratteristiche simili a quelle desiderate [6], sono state studiate le propriet`a dei materiali coinvolti e sono state apportate alcune modifiche. L’obiettivo era giungere a valori parago-nabili a quelli dei tessuti molli sia in termini di modulo di Young che di velocit`a del suono e attenuazione. I test su phantom hanno fornito risultati positivi sia nell’individuare il punto di fuoco che nel valutare il trattamento HIFU. Tuttavia, essendo il phantom una condizione di lavoro ottimizzata e ideale, si `e deciso di ripetere i medesimi test su tessuti ex-vivo.

I tessuti impiegati sono petto di pollo e fegato suino e bovino; il primo `e stato scelto per la sua omogeneit`a e facile reperibilit`a, il secondo perch`e il pi`u usato in letteratura per questo genere di applicazioni [7–14]. L’individuazione del fuoco nella fase di pre-trattamento ha fornito gli stessi buoni risultati dei test su phan-tom. Nella fase di verifica dell’avvenuta ablazione, le mappe ARFI hanno fornito risultati positivi, ma lo studio per giungere a tali conclusioni si `e rivelato molto complesso. A causa della mancanza di una bilancia di spinta, strumento in grado di misurare la conversione di potenza elettrica in potenza acustica, si `e dovuto ricorrere ad un’analisi di tempi e temperature di ablazione per avere la certezza di poter necrotizzare il tessuto con gli strumenti a disposizione. Nonostante alcune limitazioni nell’hardware in termini di potenza e durata di sparo, si `e riusciti a decretare l’effettiva riuscita della procedura e le immagini sembrano indicare con elevata precisione la posizione della lesione.

Infine si `e posta a confronto la tecnica ARFI con l’elastografia commerciale integra-ta nella sonda per imaging 3D guidaintegra-ta dal sistema di acquisizione della piatintegra-taforma FUTURA. Le immagini risultanti hanno evidenziato pari capacit`a da parte dei due metodi di individuare lesioni di grandi dimensioni ed elevata rigidezza. In caso per`o di piccole lesioni o di variazioni minime del modulo di Young, l’elastografia commerciale non si `e rivelata in grado di registrare tali cambiamenti, contraria-mente all’ARFI che ha fornito anche in queste condizioni indicazioni corrette. La presente Tesi `e strutturata come segue. Il Capitolo 2 riporta la teoria e la fisica delle onde ultrasoniche, i trasduttori che le generano e i metodi di imaging per visualizzarle. Qui si descrive l’elastografia in ogni sua configurazione, da quella

(12)

statica a quella a risonanza magnetica. Nel Capitolo 3 sono presentate le appli-cazioni degli ultrasuoni in terapia, concentrandosi nello specifico sugli ultrasuoni focalizzati ad alta intensit`a e sui loro effetti sui tessuti. Viene descritta, sia a livello di architettura che di funzionamento, la piattaforma robotica FUTURA, impiegata per questo studio. Il Capitolo 4, oltre a definire i protocolli impiega-ti per i test, raccoglie e commenta i risultaimpiega-ti di una campagna di elaborazioni e analisi elastografiche, effettuate utilizzando i phantom e i tessuti sopraccitati. Nel Capitolo 5 sono ripetuti e descritti i medesimi test, svolti per`o dopo un’ablazione HIFU a danno dei materiali interessati, con l’obiettivo di valutare la riuscita della procedura. Le conclusioni tratte da questo lavoro sono presentate nel Capitolo 6.

(13)

Ultrasuoni: Principi Fisici e

Applicazioni

Gli ultrasuoni sono un tipo di onde meccaniche caratterizzate da una frequenza superiore a quella udibile dall’orecchio umano, che `e in grado di percepire suoni nell’intervallo di 20Hz − 20kHz.

A differenza delle onde elettromagnetiche, che viaggiano nel vuoto, gli ultrasuoni necessitano di un mezzo attraverso il quale propagarsi. Le modalit`a di propaga-zione dipendono dalle forze elastiche che legano tra loro le particelle dei materiali attraversati, siano essi solidi, liquidi o gassosi. Le onde ultrasoniche sono quindi originate da moti oscillatori delle molecole del mezzo in cui si propagano. Le gran-dezze fisiche che caratterizzano tali moti sono la frequenza, la lunghezza d’onda, la velocit`a di propagazione, l’impedenza acustica, l’intensit`a e la pressione acu-stica [15–17]. Inoltre, analogamente alle onde luminose, quelle ultrasoniche sono soggette a riflessione e rifrazione sulla superficie di separazione di due mezzi con differente impedenza acustica, mentre all’interno del materiale subiscono fenomeni di diffrazione e diffusione.

2.1

Grandezze Fisiche di Interesse

Il parametro che principalmente distingue gli ultrasuoni dai fenomeni acustici or-dinari `e la frequenza, compresa in un campo molto al di sopra delle frequenze acustiche, da cui il termine ultrasuono. In Figura 2.1 `e mostrato il range dei suoni in relazione alla frequenza con l’indicazione di una possibile applicazione.

La frequenza f `e definita come il numero di cicli (oscillazioni) che avvengono

(14)

Figura 2.1: Campo di frequenza delle onde sonore.

nell’unit`a di tempo; si misura in Hertz (Hz). Poich`e il periodo (T ), `e definito come il tempo che impiega l’onda acustica per compiere un ciclo completo, vale la relazione:

f = 1 T. L’unit`a di misura del periodo `e il secondo (s).

La lunghezza d’onda invece rappresenta la distanza percorsa dal fascio ultrasonico in un periodo T , alla velocit`a v; si misura in metri (m) e risulta inversamente proporzionale alla frequenza:

λ = v f.

Gli ultrasuoni utilizzati in diagnostica per immagini, presentano frequenze elevatis-sime (dell’ordine del MHz) e hanno, di conseguenza, lunghezza d’onda cortissima (dell’ordine dei µm). Questo rappresenta il principale requisito al fine di ottenere una buona risoluzione spaziale dell’immagine; pertanto, maggiore `e la frequenza, minore `e la lunghezza d’onda e maggiore `e la risoluzione spaziale ottenibile [16]. La velocit`a di propagazione v, misurata in m/s, `e la distanza percorsa dall’onda nell’unit`a di tempo; dipende in maniera inversamente proporzionale dalla densit`a e dalla compressibilit`a del mezzo attraversato. Le onde sonore si propagano meglio e pi`u velocemente nei liquidi piuttosto che nell’aria, quindi i tessuti molli, che sono costituiti per la massima parte di acqua, si prestano in maniera particolare allo studio ecografico.

Tuttavia ogni mezzo oppone una certa resistenza alla propagazione di un’onda sonora. L’impedenza acustica Z rappresenta la resistenza al passaggio del fascio ultrasonico nel mezzo ed `e espressa dalla relazione:

Z = ρv

in cui ρ rappresenta la densit`a del mezzo, misurata g/cm3. Si tratta, quindi, di un parametro strettamente legato al particolare mezzo in cui avviene la propagazio-ne, oltre che alla tipologia di propagazione degli ultrasuoni, poich`e la velocit`a di propagazione cambia in base al tipo di onde (longitudinali, trasversali, superficiali o flessurali). L’importanza dell’impedenza acustica in diagnostica ad ultrasuoni

(15)

`

e data dal fatto che in corrispondenza delle superfici di separazione tra mezzi ad impedenza acustica diversa (interfacce acustiche), hanno luogo i fenomeni di ri-flessione e di diffusione da cui originano gli echi alla base della formazione delle immagini ecografiche. In Tabella 2.1 `e riportata l’impedenza acustica di alcuni materiali in funzione della velocit`a di propagazione longitudinale.

Materiale Densit`a (g/cm3) Velocit`a (m/s) Impedenza (Mrayl) α (dB/cm/MHz)

Aria 0.001 330 0.4 · 10−3 >10 Acqua 1.000 1480 1.5 0.002 Grasso 0.900 1450 1.3 0.6 Muscolo 1.080 1585 1.7 1.5 Polmone 0.220 900 0.2 30 Sangue 1.030 1570 1.6 0.18 Osso 1.850 4000 7.4 8 Tabella 2.1: Propriet`a acustiche di alcuni materiali.

La pressione acustica p, misurata in Pascal [N/m2], rappresenta l’ampiezza

del-l’onda ultrasonica ed `e legata all’intensit`a acustica, cio`e alla quantit`a di energia che attraversa la superficie nell’unit`a di tempo, dalla relazione:

I = p

2

2Z.

L’intensit`a del suono pu`o essere misurata in W/m2(potenza per unit`a di superficie)

o in Pascal, ma pi`u comunemente l’intensit`a di un’onda acustica viene misurata in Bel (B), o meglio, nella sua sottounit`a decimale, il deciBel. Il deciBel `e un’unit`a ”comparativa” dell’intensit`a di due suoni, espressa su base logaritmica 10, che prende come punto di riferimento la soglia dell’udibilit`a.

2.2

Tipi di Onde

La propagazione delle onde ultrasoniche dipende sia dal mezzo in cui essa avviene, sia dal modo in cui l’onda `e generata. All’interno dei solidi, dotati di reticolo cristallino, la propagazione pu`o avvenire tramite onde longitudinali, trasversali, superficiali e flessurali. Nei liquidi e nei gas, privi del reticolo cristallino, avviene solo attraverso onde longitudinali.

In generale, una volta che la sorgente emette il fascio, questo, urtando con il mezzo di propagazione, mette in vibrazione le particelle che lo compongono: il moto di ciascuna particella causa quello della particella adiacente, permettendo la propa-gazione del fascio [17]. In definitiva si pu`o dire che, a seguito delle sollecitazioni, le particelle subiscono uno spostamento dalla loro posizione di equilibrio e per

(16)

la reazione elastica del materiale tendono a ritornare alla loro posizione iniziale. Tutto ci`o rimane valido a condizione che le sollecitazioni siano contenute entro i limiti elastici del materiale.

In base alla modalit`a di vibrazione delle particelle distinguiamo tra: • Onde longitudinali (o di compressione);

• Onde trasversali (o di taglio); • Onde superficiali (o di Rayleigh); • Onde flessurali (o di Lamb). 2.2.1 Onde Longitudinali

Nelle onde longitudinali la direzione di vibrazione delle particelle coincide con quel-la di propagazione del fascio ed `e perpendicolare al piano emittente della sonda (Figura 2.2). La distanza tra due massimi di spostamento consecutivi rappresenta la lunghezza d’onda λ. Questo tipo di onde `e caratterizzato da fasi alterne di espansione e compressione delle particelle del mezzo, in seguito ad una sollecita-zione esterna alternata, che si propaga con un certo ritardo, proporzionale alla distanza dalla sorgente.

Figura 2.2: Onde Longitudinali.

2.2.2 Onde Trasversali

Nel caso di onde trasversali, come mostrato in Figura 2.3, l’oscillazione delle parti-celle nella materia `e normale al senso di propagazione del fascio ultrasonico, ossia ogni piano di particelle vibra parallelamente a se stesso essendo sottoposto a una tensione di taglio. In questo caso non `e possibile associare all’onda una pressione, essendo questa definita come la forza esercitata perpendicolarmente sull’unit`a di superficie, mentre la tensione di taglio `e la forza esercitata sull’unit`a di superficie parallelamente a questa. La distanza tra due massimi di spostamento consecutivi

(17)

Figura 2.3: Onde Trasversali.

rappresenta la lunghezza d’onda λ del fascio.

Le onde trasversali si propagano solo nei solidi poich`e le sollecitazioni tangenziali si sviluppano solo grazie alla viscosit`a che nei liquidi e nei gas `e estremamente bassa (eccezionalmente alcuni tipi di liquidi e grassi ad altissima viscosit`a consentono alle onde trasversali di propagarsi in essi per pochi millimetri, seppure con enorme attenuazione).

2.2.3 Onde Superficiali

Le onde superficiali, dette anche onde di Rayleigh (dal nome del fisico che per primo le scopr`ı), sono onde sonore rivelabili alla superficie di separazione fra due mezzi diversi, derivanti dalla composizione di onde longitudinali e di onde trasver-sali; il moto ondoso pu`o essere rappresentato come in Figura 2.4. Esse si propagano

Figura 2.4: Onde superficiali.

soltanto lungo un sottile strato superficiale del solido, avente profondit`a dell’ordine di una lunghezza d’onda.

Una caratteristica peculiare di questo tipo di onde consiste nel fatto che, a differen-za delle precedenti onde capaci di propagarsi soltanto in linea retta, esse seguono nella loro propagazione le eventuali concavit`a e convessit`a della forma del soli-do. Poich`e non si disperdono in grandi volumi, queste onde possono propagarsi ad elevate distanze con attenuazione relativamente bassa, ma vengono riflesse da

(18)

bruschi ostacoli superficiali, come spigoli e incisioni. In questa tipologia di onde, la direzione di vibrazione delle molecole `e perpendicolare alla superficie del mezzo.

2.2.4 Onde Flessurali

Le onde flessurali o di Lamb (dal nome dello studioso che le osserv`o per primo) si propagano nei materiali il cui spessore `e comparabile con la lunghezza d’onda del fascio ultrasonoro e, pertanto, si propagano nell’intero spessore. Anche se per una data larghezza si hanno infiniti modi di vibrare, in base al modo di oscillazione si pu`o distinguere tra due tipi fondamentali di onde di Lamb:

• Onde di modo simmetrico • Onde di modo antisimmetrico.

L’ottenimento delle suddette forme, per una data profondit`a del mezzo e per una data frequenza degli ultrasuoni, si ha variando l’angolo di rifrazione del fascio ge-nerato.

A differenza dei tipi di onde considerate in precedenza, le onde di Lamb si propa-gano con una velocit`a di fase dipendente non solo dalle caratteristiche del mezzo, ma anche dalle caratteristiche dell’onda stessa, cio`e dal modo e dall’ordine della vibrazione.

2.3

Propagazione degli Ultrasuoni

Le interazioni fondamentali che intervengono tra un fascio di ultrasuoni ed il mezzo in cui si propaga sono (Figura 2.5):

• Riflessione: fenomeno per cui l’onda che si propaga lungo l’interfaccia tra differenti mezzi, cambia di direzione a causa di un impatto con un materiale riflettente;

• Rifrazione: deviazione del fascio ultrasonico che si verifica quando un’onda si trova a superare la superficie di separazione tra due mezzi con propriet`a diverse;

• Diffusione (o scattering): diffusione in tutte le direzioni che l’onda ultrasonica subisce quando incontra una superficie irregolare o tante piccole superfici orientate in modo diverso;

(19)

• Assorbimento: trasformazione di energia acustica in energia termica che il fascio ultrasonico subisce nell’attraversare i tessuti.

Figura 2.5: Tipi di interazioni fra gli US e il mezzo nel quale si propagano.

2.3.1 Attenuazione

Durante l’attraversamento delle varie strutture di un materiale, l’energia (l’inten-sit`a) posseduta dal fascio ultrasonico verr`a progressivamente attenuata allontanan-dosi dalla sorgente, fino ad estinguersi. L’attenuazione dipende fortemente dalle caratteristiche fisiche del mezzo in cui si propaga l’ultrasuono ma anche dall’am-piezza iniziale e dalla frequenza dello stesso. In generale, una volta penetrato nel secondo mezzo, l’ultrasuono si attenua secondo la seguente legge:

A = A0e(−αz)

dove α `e il coefficiente di assorbimento. Esso dipende, oltre che dal materiale, dalla frequenza, secondo la seguente relazione:

α = Kf

con K costante di proporzionalit`a dipendente dal mezzo. Tale andamento `e rap-presentato in Figura 2.6.

L’attenuazione degli ultrasuoni `e il risultato di due fenomeni indipendenti: • Attenuazione geometrica;

(20)

Figura 2.6: Andamento dell’attenuazione ultrasonica all’interno di un mezzo.

Se si analizza l’andamento di un fascio ultrasonico emesso da un trasduttore, si nota che l’energia di tale fascio si irradia su aree via via maggiori con l’aumentare della distanza percorsa. Dalla geometria si ha che le aree trasversali del cono sono proporzionali al quadrato dello spazio percorso, ossia l’intensit`a del fascio nel campo lontano va riducendosi col quadrato della distanza. `E importante precisare che il segnale emesso dal trasduttore `e proporzionale alla pressione acustica e di conseguenza, nel campo lontano, essa va riducendosi secondo la legge 1

r. Questo fenomeno, del tutto indipendente dal materiale, prende il nome di attenuazione geometrica.

Il secondo tipo di fenomeno sopra citato, `e dovuto all’attenuazione che un fascio ultrasonico subisce da parte del mezzo che sta attraversando. La diminuzione della pressione acustica con la distanza, causata da questo tipo di attenuazione, `e di tipo esponenziale. A seconda del materiale di propagazione e della frequenza, `

e possibile ottenere un coefficiente di attenuazione lineare espresso in Decibel. L’attenuazione fisica nei mezzi utilizzati nel campo degli ultrasuoni, `e dovuta a due fenomeni distinti:

• Assorbimento di energia dovuto allo smorzamento del movimento molecolare e la successiva trasformazione dello stesso in calore;

• Diffusione, da parte di minuscole irregolarit`a, che sottrae energia dal fascio ultrasonico per disperderla in altre direzioni.

L’attenuazione del fascio ultrasonoro avviene secondo la relazione: 1dB/cm/M Hz, per cui l’attenuazione aumenta all’aumentare del percorso e all’aumentare della

(21)

frequenza. Da ci`o consegue che pi`u `e alta la frequenza pi`u `e superficiale il campo di vista. La diffusione `e legata alle caratteristiche fisiche del materiale, in particolare alla pi`u o meno marcata eterogeneit`a, ed agisce disperdendo il fascio ultrasonico in pi`u direzioni, generandone attenuazioni lungo l’asse di propagazione. Quando un mezzo `e formato da pi`u componenti che presentano dimensioni confrontabili con la lunghezza d’onda del fascio ultrasonico, l’energia delle onde di propagazione, incontrando una disomogeneit`a, viene dispersa in tutte le direzioni, riducendosi sempre di pi`u lungo il cammino, prima di essere captata dalla sonda ricevente. Nell’assorbimento la dipendenza tra l’attenuazione e la frequenza del fascio ul-trasonico `e legata alla velocit`a di oscillazione, crescente con la frequenza. Nella diffusione, al crescere della frequenza, aumenta l’interazione del fascio ultrasonico con il mezzo, generando una dispersione del fascio stesso. Quindi l’assorbimento e la rifrazione dipendono dal tipo di tessuto ed aumentano con l’aumentare della frequenza.

2.3.2 Rifrazione e Riflessione

Quando un’onda acustica incide obliquamente all’interfaccia tra due mezzi con caratteristiche elastiche diverse, hanno luogo fenomeni di riflessione e rifrazione. Le caratteristiche dell’onda riflessa o rifratta dipendono dall’onda incidente, dal-l’angolo d’incidenza, dalla superficie riflettente e dalle impedenze caratteristiche dei mezzi.

Ogni variazione di qualit`a del mezzo su cui corre l’onda, genera una riflessione del-l’onda stessa (eco), cio`e per ogni variazione di impedenza acustica incontrata dal fascio, una parte dell’onda viene riflessa e torna indietro, mentre la parte restante prosegue il suo percorso. La quantit`a di energia acustica riflessa `e proporzionale al quadrato dell’ampiezza dell’onda sonora riflessa. La riflessione avviene con un angolo che sar`a equivalente a quello incidente dell’ultrasuono. Tuttavia, i tessuti presentano delle superfici di interfaccia complesse e di dimensioni inferiori a quelle della lunghezza d’onda, per cui, oltre alla riflessione principale, vi saranno multipli piccoli echi riflessi secondo multipli angoli (echi diffusi), la maggior parte dei quali non ritorna verso la sonda e quindi, non viene registrata. Gli ultrasuoni residui o non riflessi proseguiranno il loro percorso nei tessuti con un’intensit`a ridotta (trasmissione) e con angolo leggermente modificato (rifrazione).

La direzione di propagazione delle onde trasmesse non coincide con quella delle onde incidenti. Le onde trasmesse piegano verso la normale o si allontanano dal-la normale aldal-la interfaccia a seconda dei valori deldal-la velocit`a del suono nei due

(22)

mezzi. Questo fenomeno `e denominato rifrazione del suono. Con riferimento alla Figura 2.7, si consideri un ultrasuono che incide su un punto della superficie di se-parazione tra due mezzi con un certo angolo θi rispetto alla normale alla superficie

di separazione z. Si definisce piano di incidenza il piano formato dalla direzione di propagazione dell’ultrasuono ki e la normale alla superficie di separazione z.

Indichiamo con θr e θt gli angoli di riflessione e rifrazione rispettivamente.

Figura 2.7: Esempio di incidenza di un fascio ultrasonico su una superficie di separazione tra due mezzi.

Definiamo coefficiente di riflessione il rapporto tra l’intensit`a acustica riflessa Ir e

quella incidente Ii legato alle impedenze acustiche dalla seguente formula:

Γ = Ir Ii

= (Z1− Z2) (Z1+ Z2)2

.

Il rapporto tra l’intensit`a acustica trasmessa It e quella incidente `e invece per

definizione il coefficiente di trasmissione, legato alle impedenze nel seguente modo: T = It

Ii

= (4Z1Z2) (Z1+ Z2)2

.

Tra coefficiente di trasmissione e coefficiente di riflessione sussiste il seguente legame:

T = 1 + Γ.

Sottolineiamo che le relazioni tra coefficienti e impedenze sono state date nel caso particolare di incidenza normale (θi =

π

2) per semplicit`a, ma bastano per le con-siderazioni che verranno fatte a breve.

(23)

Questi coefficienti sono importanti per calcolare la quantit`a di energia che vie-ne riflessa e trasmessa rispettivamente, noto ovviamente il valore dell’intensit`a dell’onda incidente. L’ampiezza di queste onde non `e l’unica caratteristica che bisogna calcolare, perch`e, mentre il fascio di partenza incide con un angolo θi, i

fasci generati dall’impatto con la superficie di separazione si propagano secondo direzioni diverse, formando angoli diversi con l’asse z (θr e θt). Ci`o si spiega

ri-cordando che la direzione di propagazione del fascio ultrasonoro k dipende dalla velocit`a con cui il fascio si propaga secondo la relazione:

k = ω v dove ω `e la pulsazione dell’ultrasuono.

Quando cambia il mezzo varia la velocit`a dell’ultrasuono e quindi la direzione di propagazione; quello che non cambia `e la sua frequenza. Proprio da questa considerazione discende la cosiddetta legge della riflessione:

θi = θr.

Dunque, fascio incidente e fascio trasmesso hanno la stessa direzione di propaga-zione.

Per determinare, invece, la direzione di propagazione del fascio trasmesso nel se-condo mezzo, che invece viene deviato o riflesso, si utilizza la legge di Snell della rifrazione:

sin θi

v1

= sin θt v2

dove v1 e v2 sono le velocit`a di propagazione del fascio nel primo e nel secondo

mezzo rispettivamente e θi e θt gli angoli tra la normale alla superficie di

separa-zione tra i due mezzi e la diresepara-zione del fascio ultrasonico nel mezzo 1 e nel mezzo 2.

Rispetto a queste leggi generali possono presentarsi dei casi limite:

• Riflessione totale: quando si passa da un mezzo pi`u denso a uno meno denso (Z1 > Z2), per cui il rapporto Z1/Z2 tende all’infinito e di conseguenza

anche il coefficiente di riflessione Γ. In realt`a questo fenomeno si verifica anche quando l’angolo di incidenza supera un certo angolo, detto angolo critico, per cui tutte le onde vengono riflesse e nessuna viene trasmessa oltre l’interfaccia e l’angolo di rifrazione risulta pari a π2;

• Assenza di riflessione: quando il rapporto Z1/Z2 tende ad uno (Z1 = Z2), `e

(24)

2.3.3 Diffusione

Il fenomeno della diffusione, detto anche ”scattering”, si verifica ogni volta che un fronte d’onda incontra una minuscola discontinuit`a (piccolo riflettore) con di-mensioni pari a λ o minori; in questi casi l’ostacolo investito ridistribuisce parte dell’energia dell’onda in varie direzioni, nello spazio circostante. Quindi, non c’`e pi`u un fronte d’onda che si propaga regolarmente, perch`e subisce delle distorsioni. La quantit`a di energia diffusa dipende dalle condizioni della rugosit`a della superfi-cie su cui le onde elastiche incidono, dal valore della lunghezza d’onda e dall’angolo di incidenza.

La diffusione si verifica per la differenza di impedenza acustica tra due mezzi, in prossimit`a dell’interfaccia tra difetto e materiale. La presenza di discontinuit`a pu`o essere sia occasionale, come per le porosit`a, sia insita nel materiale, come avviene nei materiali compositi in cui esistono numerose superfici di separazione.

2.4

Ultrasuoni in Medicina

Sebbene siano stati scoperti nel 1883, ben 12 anni prima dei raggi-X, gli ultrasuo-ni hanno trovato applicazione in campo medico solo molto pi`u tardi [18]. Il loro primo utilizzo pratico `e stato durante la prima guerra mondiale per il rilevamento di sottomarini. Esistono poi diverse applicazioni tecnologiche che sfruttano onde acustiche per ottenere informazioni sulla struttura interna di manufatti, costru-zioni, strutture geologiche e altro ancora.

L’impiego degli ultrasuoni in medicina `e iniziato negli anni cinquanta del secolo scorso. La prima applicazione introdotta `e anche la pi`u nota e diffusa: l’ecografia diagnostica in ostetricia. In seguito gli ultrasuoni sono stati impiegati nei pi`u vari campi della medicina [19] (per l’addome, per le pelvi, in cardiologia, oftalmologia, ortopedia, etc.) sia come sistema di imaging che come sistema per terapia (si pensi agli ultrasuoni focalizzati ad alta intensit`a o al drug delivery [21]). Nei paragrafi e capitoli successivi si approfondiranno entrambi questi utilizzi.

2.4.1 Imaging ad Ultrasuoni

Le tecniche imaging ad US sono ampiamente utilizzate per applicazioni diagnosti-che. Infatti, gli ultrasuoni sono comunemente impiegati per visualizzare strutture corporee sottocutanee tra cui tendini, muscoli, articolazioni, vasi e organi interni,

(25)

per l’individuazione di possibili patologie o lesioni. La frequenza tipica dei raggi ultrasonori nelle applicazioni diagnostiche varia da 3 a 10 MHz e permette di osser-vare oggetti con dimensioni di circa 1 mm. Gli ecografi solitamente utilizzano una sonda manuale (denominata trasduttore) che viene posizionata direttamente sulla parte interessata del paziente e spostata su di essa. Un gel a base di acqua viene utilizzato per favorire l’accoppiamento tra gli ultrasuoni prodotti dal trasduttore e la pelle del paziente.

A met`a degli anni ’80 sono stati sviluppati dispositivi per l’imaging clinico ad alta frequenza (30 - 100 MHz) che forniscono immagini di strutture sottosuperficiali con risoluzione microscopica. Questo tipo di ultrasuoni ad altissima frequenza viene utilizzato per l’osservazione della camera anteriore dell’occhio e sta diventando di crescente importanza per applicazioni mini-invasive endoscopiche e o nell’utilizzo di cateteri [20].

2.4.2 Principi Fisici per la Produzione di Onde Ultrasoniche

Ad oggi, le sonde ultrasoniche maggiormente utilizzate, sono trasduttori in grado di trasformare segnali elettrici in vibrazioni meccaniche e viceversa (Figura 2.8). I principi fisici alla base della costruzione di questo tipo di sonde sono la piezoe-lettricit`a e la ferroelettricit`a.

Figura 2.8: Trasduttore piezoelettrico.

La piezoelettricit`a `e un fenomeno caratteristico di alcuni cristalli, detti cristalli piezoelettrici, che, sottoposti a forze di trazione o compressione in un’opportu-na direzione rispetto agli assi cristallografici, producono delle cariche sulle facce, fornendo quindi una differenza di potenziale. L’energia meccanica trasferita al cri-stallo attraverso la deformazione viene cos`ı trasformata in energia elettrica. Tale

(26)

particolarit`a `e presente in natura in alcuni quarzi, ma pu`o essere indotta artificial-mente nei materiali ceramici o nelle pi`u diffuse ceramiche piezoelettriche, indicate con l’acronimo PZT. Tale fenomeno `e del tutto reversibile, in quanto applicando alle facce del cristallo una tensione elettrica esterna, si produce una deformazio-ne meccanica, dando origideformazio-ne alla trasformaziodeformazio-ne edeformazio-nergetica inversa. La frequenza d’oscillazione `e una caratteristica del cristallo; `e tuttavia possibile ottenere una variazione della frequenza agendo sullo spessore del cristallo.

La ferroelettricit`a `e un fenomeno del tutto simile alla piezoelettricit`a e sfrutta materiali ferroelettrici o piezoceramici. Per ottenere un materiale piezoceramico, si parte da piastrine di materiali ceramici polarizzate mediante tensione elettrica continua. Queste, se sottoposte ad un campo elettrico, vibrano meccanicamente con la frequenza propria dovuta alle caratteristiche fisiche ed allo spessore della piastrina iniziale. Anche per questo tipo di materiali il fenomeno `e assolutamente reversibile.

Sono di pi`u recente sviluppo, e ancora in fase di sperimentazione, le sonde ultraso-niche basate sull’effetto foto-acustico. La fotoacustica si basa sulla generazione di onde acustiche tramite eccitazione del trasduttore con sorgenti laser; si rende per-tanto necessario un cablaggio a fibre ottiche. Queste ultime assolvono alla duplice funzione di guida del fascio laser e di vincolo per l’onda meccanica. Parametri come la frequenza e la larghezza di banda dipendono dalla durata dell’impulso laser.

2.4.3 Trasduttori

Come anticipato nel paragrafo precedente, un trasduttore `e un dispositivo utilizza-to per convertire una forma di energia in entrata in una diversa forma di energia in uscita e, per quanto riguarda le ecografie, la sonda corrisponde ad un trasduttore che trasforma energia elettrica in energia meccanica sotto forma di ultrasuoni e viceversa, per mezzo di un effetto piezoelettrico inverso e diretto.

La sonda ecografica funziona sia da emittente del fascio ultrasonoro che da riceven-te dell’eco. Dopo un primo impulso inviato si dovr`a aspettare prima di emettere un nuovo impulso, attendendone prima la risposta. Pi`u sono profonde le strutture da esplorare, maggiore sar`a il tempo di ascolto e minori gli impulsi che potranno essere inviati per unit`a di tempo.

In base alla tipologia di scansione adottata, le sonde si dividono in meccaniche ed elettroniche. Le prime effettuano la scansione degli elementi attivi tramite un sistema di ingranaggi gestiti da motori elettrici; nelle seconde, le emissioni degli

(27)

elementi piezoelettrici vengono controllate elettronicamente.

Inoltre, a seconda della struttura, le sonde ecografiche si distinguono in mono-cristallo e multimono-cristallo. I trasduttori monomono-cristallo sono composti da un unico elemento piezoelettrico e sono usati prevalentemente per applicazioni M-mode (che descriveremo in seguito). I trasduttori multicristallo invece sono formati da pi`u cristalli elettricamente indipendenti, e possono quindi acquisire gli echi provenienti da un volume maggiore. In base alla disposizione dei cristalli, `e possibile avere sonde [23]:

• lineari, con formato dell’immagine rettangolare (Figura 2.12), in cui i cristalli sono disposti in linea (Figura 2.9);

Figura 2.9: Trasduttore Lineare.

• settoriali o phased-array, con formato dell’immagine settoriale (Figura 2.12), costituite da microcristalli multipli affiancati che vengono attivati con picco-lissimi ritardi l’uno dall’altro, permettendo di variare la profondit`a, il numero dei fuochi ed anche l’angolo di incidenza del fascio, senza dover modificare la posizione della sonda (Figura 2.10).

Figura 2.10: Trasduttore Settoriale.

• curvilinee, con formato dell’immagine a tronco di cono (Figura 2.12), con cristalli posizionati su una superficie curva e con il campo di vista vicino alla sonda che va ad allargarsi mentre ci si allontana da essa (Figura 2.11).

(28)

Figura 2.11: Trasduttore Curvilineo.

Figura 2.12: Immagini B-Mode derivate dai diversi tipi di trasduttori.

2.4.3.1 Campo di Pressione

Il fascio ultrasonoro fuoriesce dal trasduttore con dimensioni grossolanamente cor-rispondenti a quelle del trasduttore stesso. La regione in cui il fascio ultrasonoro presenta minore larghezza e maggiore intensit`a `e detta zona focale. Assumendo questo punto come riferimento, il fascio si divide in due parti: la zona di Fresnel (campo vicino) situata prima della zona focale, in cui il fascio ha forma cilindrica e massima capacit`a di risoluzione laterale, e la zona di Fraunhofer (campo lon-tano) situata oltre la zona focale, in cui il fascio ha un percorso divergente e la risoluzione laterale degrada fortemente (Figura 2.13).

La lunghezza della zona di Fresnel `e direttamente proporzionale al quadrato del raggio del trasduttore e inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda dell’ul-trasuono utilizzato. Oltre questa distanza, il fascio ultrasonoro si allarga, disper-dendosi (Figura 2.14). I lobi laterali sono raggi ultrasonori di bassa intensit`a che vengono proiettati lateralmente rispetto al fascio principale; sono generati dalla espansione radiale dei cristalli piezoelettrici. Si osservano per lo pi`u quando si

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Figura 2.13: Zona di Fresnel e di Fraunhofer.

usano sonde lineari.

La risoluzione spaziale `e uno dei pi`u importanti indici di qualit`a di un ecografo. Si distingue tra risoluzione assiale e laterale. La prima misura la capacit`a del sistema di distinguere oggetti posti lungo l’asse del fascio di ultrasuoni ed `e pari circa al doppio della lunghezza donda. La risoluzione laterale invece misura la capacit`a del sistema di distinguere oggetti posti perpendicolarmente all’asse del fascio ed `e pari al diametro del fascio stesso.

Figura 2.14: Angolo di divergenza e lobi laterali del fascio.

Per migliorare la risoluzione spaziale del trasduttore, oltre a regolare il diametro dei cristalli e la frequenza degli ultrasuoni generati, si deve ridurre la naturale di-vergenza del fascio con la focalizzazione, che pu`o essere ottenuta per via meccanica o elettronica. La focalizzazione meccanica prevede l’uso di cristalli piezoelettrici sagomati concavi o l’interposizione di lenti acustiche tra i cristalli e la superficie del trasduttore. Quella elettronica prevede che i singoli cristalli che compongono il trasduttore vengano eccitati in tempi diversi grazie a un’opportuna regolazione dei ritardi tra i vari impulsi. In questo modo si ottiene un fronte d’onda complessivo

(30)

che `e dato dalla sovrapposizione dei fronti d’onda indipendenti generati da ogni cristallo. La focalizzazione elettronica `e pi`u versatile di quella meccanica poich`e essa pu`o essere variata senza agire sulla forma dei cristalli piezoelettrici.

2.4.4 Formazione delle Immagini

Gli echi prodotti dagli ultrasuoni, una volta raggiunta la sonda, devono essere opportunamente amplificati, tenendo conto dello spessore dei tessuti attraversati e quindi dell’attenuazione subita. Fatto ci`o, possono essere visualizzati secondo diversi possibili formati [22]:

• Amplitude-Mode: `e stata la prima modalit`a di visualizzazione di un’eco ed era adottata, ad esempio, nei sonar. `E un tipo di rappresentazione mono-dimensionale: l’eco viene rappresentata con dei picchi che modificano una linea su un oscilloscopio (Figura 2.15). L’ampiezza dei picchi `e proporzionale all’intensit`a dell’eco, mentre la profondit`a `e proporzionale alla distanza delle interfacce che hanno generato l’eco. L’A-mode, ormai in disuso, trova ancora residuali applicazioni nell’ecografia dell’occhio.

Figura 2.15: Esempio di immagine A-Mode.

• Brightness-Mode: la visualizzazione degli echi `e sempre monodimensionale, vengono rappresentati in sequenza lungo una linea a seconda della loro di-stanza dalla sorgente (determinata sulla base del ritardo con cui ritornano alla sonda). L’intensit`a, anzich`e con dei picchi, viene rappresentata in scala di grigi: il bianco corrisponde alla massima intensit`a mentre il nero all’assen-za di echi (Figura 2.16). Le sfumature intermedie rappresentano i vari livelli di intensit`a compresi fra minimo e massimo. La serie di impulsi ricevuta da ogni singolo trasduttore viene quindi successivamente trasformata sul moni-tor in una linea di punti luminosi.

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Figura 2.16: Esempio di immagine B-Mode.

Mediante il movimento di un singolo trasduttore (sonde settoriali mecca-niche) o attraverso l’accoppiamento di pi`u trasduttori (sonde convesse) si genera un’immagine costituita da una serie di punti luminosi. Il risultato fi-nale `e la visualizzazione in scala di grigi di una sezione dell’organo in esame. Questa tecnica di visualizzazione degli echi `e la pi`u utilizzata in ecografia. Una delle principali caratteristiche che ha contribuito al successo del B-mode, `e la visualizzazione delle strutture ”in tempo reale”, cio`e in maniera dina-mica. Questo permette di ottenere, oltre a valutazioni di tipo morfologico, informazioni di tipo funzionale (ad esempio visualizzando le contrazioni car-diache) nonch`e di seguire e assistere, in tempo reale, l’esecuzione di manovre interventistiche (biopsie, ago-aspirati, cateterismi, etc.).

• Motion-Mode: il modo M `e praticamente un B-mode in cui si hanno conti-nui refresh della posizione dei vari echi che per`o, nell’immagine, non vanno a sovrapporsi ai precedenti (come avviene nel B-mode), ma si affiancano in successione l’uno all’altro (Figura 2.17). Questo fornisce informazioni sulla motilit`a della parte indagata lungo quella singola linea di scansione nel tem-po. Il principale limite di questa metodica `e che l’analisi delle varie strutture avviene lungo una linea di scansione fissa.

Una recente metodica di imaging ad ultrasuoni in grado di valutare in modo non invasivo il livello di elasticit`a dei tessuti `e l’elastografia. Essa fornisce mappe di colore quantitative o qualitative, prodotte a partire da una cross-correlazione 1D fra gli echi. Nel seguente paragrafo sar`a descritta in maniera estesa.

(32)

Figura 2.17: Esempio di immagine M-Mode con sopra il relativo B-Mode.

2.5

Elastografia

Una nuova metodologia di imaging diagnostico ad US `e l’elastografia. Il cambia-mento di elasticit`a nei tessuti `e generalmente correlato ad uno stato patologico [24]. In molti casi, nonostante la differenza di elasticit`a, le piccole dimensioni di una lesione o la sua posizione in profondit`a nel corpo, ne impediscono l’individuazione mediante palpazione. In generale, tale lesione pu`o o non pu`o possedere propriet`a ecogeniche, che la renderebbero rilevabile a ultrasuoni. Ad esempio, i tumori della prostata o del seno, potrebbero essere invisibili o appena visibili negli esami eco-grafici standard, ma essere molto pi`u rigidi rispetto al tessuto circostante.

L’elastografia `e un metodo di imaging qualitativo e/o quantitativo, per la misu-ra della deformazione dei tessuti molli e del loro modulo elastico (Figumisu-ra 2.18). Essa comporta la misurazione della deformazione locale del tessuto in risposta ad uno stress meccanico applicato. Il modo in cui il tessuto si deforma, ci for-nisce informazioni sulle sue propriet`a meccaniche. Mentre un’ecografia trasmette le informazioni relative all’energia acustica di retrodiffusione dei componenti del tessuto, un’elastogramma si riferisce alle deformazioni locali, ai moduli di Young o ai rapporti di Poisson [25]. In generale, questi parametri di elasticit`a non sono direttamente correlati con i parametri ecografici, cio`e l’elastografia fornisce nuove informazioni sulla struttura interna del tessuto e sul comportamento sotto carico, che non sarebbero altrimenti ottenibili. Questo rende l’elastografia estremamente importante, non tanto per la sua applicabilit`a come possibile modalit`a di imaging per il monitoraggio della terapia FUS (Focused Ultrasound Surgery) e la valuta-zione della lesione indotta da HIFU (High Intensity Focused Ultrasound), ma per le potenzialit`a che offre nella diagnosi del cancro. Infatti, l’elastografia `e stata te-stata per rilevare informazioni altamente specifiche sulle lesioni cancerose in molti organi come seno, prostata, tiroide, linfonodi e testicoli. La rigidit`a dei tumori `e

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Figura 2.18: Modulo elastico di alcuni tessuti.

dovuta all’aumento della densit`a cellulare che genera cambiamenti nelle propriet`a elastiche. Questo risulta positivo per l’imaging elastografico perch`e lesioni che spesso mostrano un’ecogenicit`a molto simile, possono essere distinte perch`e le loro propriet`a elastiche variano in modo significativo. Ci`o consente all’elastografia non solo di individuare la presenza di lesioni cancerose, ma anche di distinguere se tali lesioni sono benigne o maligne.

Al fine di valutare le propriet`a elastiche di un tessuto, quest’ultimo deve essere eccitato da una forza esterna, in modo che si deformi. Tale deformazione dipende non solo dalla forza applicata, ma anche dal modulo di Young del tessuto indaga-to. Quindi, a partire dallo spostamento generato dalla forza nel tessuto, il modulo elastico pu`o essere calcolato e mappato in un’immagine in scala di colore in cui l’entit`a dello spostamento sar`a inversamente proporzionale al modulo elastico stes-so.

Le varie tecniche elastografiche possono essere categorizzate in base a come viene applicato lo stress o a come viene misurata la deformazione. Ad esempio, l’appli-cazione della forza pu`o avvenire esternamente tramite una sonda, o internamente attraverso un impulso di radiazione acustica; mentre la misurazione della deforma-zione pu`o essere ottenuta utilizzando la risonanza magnetica (MRI) o l’ecografia. Nei paragrafi successivi saranno descritte pi`u in dettaglio le varie metodologie.

2.5.1 Elastografia Tradizionale

La prima tipologia di elastografia studiata e praticata `e conosciuta come statica, quasi-statica o di deformazione (strain). Essa si basa sulla compressione esterna del tessuto (Figura 2.19), con successivo calcolo del profilo di deformazione lun-go l’asse del trasduttore, derivato dall’analisi incrociata delle coppie A-line pre- e

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post-compressione [26]. Il profilo di deformazione pu`o quindi essere convertito in un profilo di modulo elastico misurando le sollecitazioni applicate dal dispositivo di compressione e applicando determinate correzioni per il campo di sollecitazione non uniforme. L’immagine risultante `e chiamata elastogramma. Il campo risulta non uniforme perch`e la compressione viene applicata manualmente dal medico e quindi l’intensit`a della forza non pu`o essere perfettamente costante.

I profili di deformazione sono influenzati dal grado di compressione iniziale e dal-l’interdipendenza tra i componenti del profilo, le cui elasticit`a sono generalmente sconosciute. Lo sfondo dell’immagine tende ad essere molto pi`u uniforme rispet-to alle immagini B-Mode a causa dell’apparente mancanza o diminuzione dello speckle, un artefatto che limita la qualit`a dell’immagine ottenibile. Questa moda-lit`a di imaging pu`o essere particolarmente utile, per tutte quelle malattie in cui l’indurimento o l’ammorbidimento dei tessuti non comporta una variazione nella luminosit`a dell’immagine.

Figura 2.19: Elastografia tradizionale.

Nell’elastografia statica, la deformazione viene indotta premendo manualmente sull’anatomia con il trasduttore. Questo implica non solo una dipendenza dall’o-peratore, ma una natura qualitativa della tecnica, inadatta quindi per misurare la rigidit`a assoluta del tessuto (sebbene sia possibile correlare la rigidit`a di una lesio-ne a quella del tessuto di fondo). Inoltre, questo metodo `e limitato all’imaging di organi superficiali quali la mammella e la tiroide, pertanto, non `e adeguato per lo

(35)

studio di organi pi`u profondi. Tuttavia, ha un’elevata risoluzione spaziale, `e tempo reale e non richiede alcuna modifica all’hardware ad ultrasuoni convenzionale.

2.5.2 Elastografia a Risonanza Magnetica

L’elastografia a risonanza magnetica (MRE) `e una tecnologia in rapido sviluppo per la valutazione quantitativa delle propriet`a meccaniche dei tessuti [27]. Questa metodologia pu`o essere considerata una controparte, basata sulle immagini, della palpazione, comunemente utilizzata dai medici per diagnosticare e caratterizzare le malattie. Il successo della palpazione come metodo diagnostico si basa sul fatto che le propriet`a meccaniche dei tessuti sono spesso drammaticamente influenzate dalla presenza di processi patologici come cancro, infiammazione e fibrosi.

L’elastografia a risonanza magnetica (Figura 2.20) ottiene informazioni sulla rigi-dit`a del tessuto valutando la propagazione delle onde meccaniche in esso. I dati acquisiti consentono il calcolo dei valori quantitativi locali del modulo di taglio e la generazione di immagini che descrivono l’elasticit`a del tessuto [28]. La tecnica prevede essenzialmente tre passaggi [29]:

1. generazione di onde di taglio nel tessuto;

2. acquisizione di immagini MR che descrivono la propagazione delle onde di taglio indotte;

3. elaborazione delle immagini per generare mappe quantitative di rigidit`a del tessuto, chiamate elastogrammi.

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Rispetto all’elastografia ad US, quella MR `e una tecnica meno consolidata, con maggiori costi di attrezzatura, una durata dell’esame maggiore, assenza di por-tabilit`a e che non pu`o essere eseguita su pazienti claustrofobici. Essa pu`o per`o vantare un’accuratezza diagnostica superiore e risultati di tipo quantitativo.

2.5.3 Elastografia a Onde Trasversali

Recentemente `e stata sviluppata l’elastografia a onde trasversali (SWE); questa tecnica si basa sull’uso simultaneo di onde a ultrasuoni e di taglio, per caratteriz-zare e quantificare meglio la rigidit`a dei tessuti in una regione di interesse. Per ottenere una valutazione di questo tipo, si devono generare, monitorare e misura-re, onde di taglio all’interno del tessuto (Figura 2.21). A tal fine, devono essere utilizzate apparecchiature complesse, che garantiscano un frame rate elevatissimo (fino a 200 volte maggiore rispetto alla tecnologia a ultrasuoni convenzionale [30]). Per produrre onde di taglio di ampiezza sufficiente nell’intera regione di interesse, si genera una sequenza di impulsi di stimolazione focalizzati a diverse profondit`a. La durata di un singolo impulso `e circa 100 µs. Gli impulsi di spinta formano un raggio di spinta. Il rapido cambiamento della profondit`a focale nel raggio di spinta, con il tempo, `e equivalente a una sorgente di uscita elevata che si muove rapidamente attraverso il tessuto. Dove la velocit`a della sorgente `e maggiore della velocit`a dell’onda, si dice che la sorgente si muove a velocit`a supersonica, da qui il termine ”imaging supersonico”.

Figura 2.21: Elastografia a onde trasversali.

La velocit`a dell’onda di taglio `e direttamente correlata alla misurazione quantifi-cabile dell’elasticit`a del tessuto. In generale, pi`u rigido `e il tessuto, maggiore `e la

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velocit`a con cui un’onda di taglio viaggia attraverso di esso. Non `e necessaria alcu-na compressione per ottenere la mappa di elastografia real-time, il campo di forza viene generato all’interno del tessuto applicando un fascio ultrasonico a impulsi di elevata potenza e durata molto piccola (Acoustic Radiation Force). Questa tecni-ca elastografitecni-ca risulta sicuramente la pi`u promettente, fra quelle illustrate sinora, sebbene si avvalga di un’attrezzatura complessa e di costo non trascurabile.

2.5.4 Elastografia ARFI `

E stato dimostrato che procedure come l’ablazione hanno un profondo effetto sul modulo elastico dei tessuti. Di conseguenza `e lecito pensare che una procedura co-me l’elastografia possa individuare le lesioni dopo terapia termica. Tuttavia, coco-me osservato in precedenza (Sezione 2.5), l’elastografia `e poco affidabile a causa delle difficolt`a nel fornire una compressione controllata e riproducibile, e delle mappe quantitative.

La tecnica ARFI (Acoustic Radiation Force Impulse) `e nata proprio per superare queste limitazioni. Si tratta di un metodo di palpazione acustica a distanza, in grado di individuare variazioni locali nelle propriet`a meccaniche del tessuto. Un ultrasuono focalizzato viene utilizzato per applicare una forza di radiazione localiz-zata (dell’ordine di 2 mm3) all’interno del tessuto per brevi periodi, e tale impulso

funziona come una compressione esterna (Figura 2.22). I conseguenti

spostamen-Figura 2.22: Acquisizione ARFI.

ti tissutali sono mappati utilizzando metodi basati sulla correlazione ultrasonica. Questo fenomeno `e causato da un trasferimento di quantit`a di moto dall’onda acu-stica al mezzo di propagazione. La curva di rilassamento, che `e diversa per tessuti con propriet`a meccaniche diverse, fornisce informazioni sul tempo che il tessuto

(38)

impiega per tornare allo stato iniziale dopo l’applicazione dello stress. Da questa curva si possono dedurre le propriet`a di elasticit`a e viscosit`a del punto in cui `e stato applicato l’impulso.

La deformazione tissutale che si verifica sotto una determinata tensione (σ) `e nota come displacement (ε) ed `e correlata allo spostamento tissutale (u) come mostra la seguente equazione [31]:

ε = 1

2 ∗ [(∇u)

T

+ ∇u],

dove l’apice T rappresenta l’operazione di trasposizione e ∇u il gradiente di spo-stamento spaziale. L’entit`a dello spostamento `e inversamente proporzionale alla rigidit`a del tessuto ed `e tipicamente dell’ordine di 10 µm. Lo spostamento `e indot-to nella direzione di propagazione del fascio ultrasonico, quindi l’unica componente che pu`o essere monitorata attraverso questi metodi `e quella assiale.

La forza di radiazione acustica `e unidirezionale e viene applicata a bersagli as-sorbenti o riflettenti lungo il percorso di propagazione dell’onda. Il contributo dell’assorbimento `e nella direzione della propagazione delle onde, mentre il contri-buto dello scattering dipende dalle propriet`a di scattering angolare del bersaglio. In un mezzo assorbente (modellato come fluido viscoso) e sotto ipotesi di onde piane, la forza di radiazione pu`o essere scritta come [5]:

F = 2αI c ,

dove F [kg/s2cm2] `e la forza di radiazione acustica, c [m/s] `e la velocit`a del suono nel mezzo, α [m−1] `e il coefficiente di assorbimento del tessuto, e I [W/cm2] `e l’intensit`a temporale media del raggio acustico in un dato punto dello spazio. Le intensit`a necessarie per indurre spostamenti rilevabili sono dell’ordine di 200 – 300 W/cm2 e il tempo richiesto inferiore a 10 ms. A causa della breve durata

dell’esposizione, questi raggi non dovrebbero provocare un riscaldamento apprez-zabile del tessuto. Il volume di tessuto a cui viene applicata la forza di radiazione `e determinato dalle caratteristiche focali del trasduttore e varia tipicamente fra 1 e 8 mm3. Per eseguire un’elastografia ARFI sono sufficienti un trasduttore diagnostico

e un qualunque sistema di imaging ad ultrasuoni.

2.5.5 Panoramica Finale sull’Elastografia

L’elastografia `e una tecnica di imaging molto promettente, adatta sia per la diagno-si dei tumori che per guidare procedure FUS. `E in grado di mostrare le propriet`a

(39)

elastiche di un tessuto, fornendo una mappa dettagliata della sua rigidit`a. Questa informazione risulta estremamente importante se si considera che l’elasticit`a di un tessuto cambia considerevolmente in caso di condizioni patologiche (presenza di tumori) o di ablazione HIFU. La mappatura della variazione del modulo di Young, in questi casi, offre quindi informazioni molto pi`u interessanti rispetto a quelle fornite dall’imaging B-mode convenzionale, che molto spesso non `e in grado di rilevare formazioni tumorali o lesioni termiche.

Per quanto riguarda l’elastografia tradizionale ci sono per`o alcune notevoli limi-tazioni: la tecnica `e operatore-dipendente e permette di avere mappe solo di tipo qualitativo. La MRE supera questi vincoli, fornendo immagini di elasticit`a quan-titative ed estremamente accurate, a scapito purtroppo dei costi (decisamente elevati) e dei tempi di lavoro. I metodi basati sulle onde di taglio sono riprodu-cibili, quantitativi e real-time. Questi vantaggi porteranno sicuramente a nuove applicazioni della SWE (Shear Wave Elastography), non solo per la diagnosi ma anche per il follow-up. Al momento per`o questa tecnica necessita di un hardware apposito che garantisca un frame rate elevatissimo (>3 kHz) e una PRF altret-tanto alta (almeno 500 Hz), e pochissimi centri ospedalieri e di ricerca possiedono questi scanner ultrasonici.

La tecnica ARFI al momento offre il miglior bilanciamento fra risultati prodotti e mezzi necessari per acquisirli. Le mappe elastografiche sono tipo di quantitativo, la tecnica non `e operatore-dipendente, per eseguirla bastano un qualsiasi trasdut-tore e sistema di imaging ad US. Le immagini che fornisce non sono accurate come quelle della MRE o della SWE, ma i tempi ridotti e i costi relativamente bassi, compensano questa lieve mancanza. A seguito di tutta questa serie di osservazioni, si `e deciso di studiare l’elastografia ARFI come mezzo per individuare il punto di fuoco di uno sparo HIFU e per valutare poi la riuscita del trattamento.

(40)

Approccio Robotico per la

Terapia con US Focalizzati

In questo capitolo verr`a brevemente introdotta la terapia ad ultrasuoni, ne saranno spiegati i metodi e gli impieghi. Si tratta di un insieme di trattamenti piuttosto diffusi, che hanno spesso l’ambizioso obiettivo di andare a sostituire i loro equiva-lenti a radiazioni ionizzanti. Verranno evidenziati nello specifico i pregi e i difetti della terapia con ultrasuoni focalizzati ad alta intensit`a. A tal proposito, sar`a descritta la piattaforma robotica FUTURA (Focused Ultrasound Therapy Using Robotic Approaches), sia a livello di architettura che di funzionamento. Si trat-ta di un progetto sviluppato dall’Istituto di Biorobotica della Scuola Sant’Anna di Pisa in collaborazione con l’Universit`a di Dundee, IBSmm Engineering, Image Guided Therapy, Camelot Biomedical Systems e S.M. Scienzia Machinale. Esso mira ad aumentare, rispetto alle procedure attuali, l’accuratezza, la sicurezza e la flessibilit`a del trattamento con ultrasuoni focalizzati.

3.1

Terapia ad Ultrasuoni

La terapia ad ultrasuoni trova il suo campo d’applicazione terapeutico in svariate patologie dell’apparato locomotore, nel trattamento dei calcoli renali (litotrissia) e nell’ablazione di alcuni tipi di tumori (soprattutto a reni, fegato, prostata e pan-creas) [32, 33].

Per quanto riguarda la prima applicazione citata, sfruttando l’innalzamento termi-co, l’azione diretta degli ultrasuoni sulle terminazioni nervose e l’oscillazione delle particelle tissutali prodotta, `e possibile ottenere molteplici risultati. Oltre ad un

(41)

effetto analgesico e miorilassante, viene svolta un’azione vasodilatatoria (che ac-celera la riparazione dei danni tissutali e la risoluzione dei processi infiammatori) e fibrolitica (che determina lo scompaginamento delle fibre collagene dei tessuti fibrotici).

Per quanto riguarda i calcoli renali, gli ultrasuoni focalizzati sono una tecnologia terapeutica non invasiva e a basso costo, col potenziale di migliorare la qualit`a della vita dei pazienti che ne sono affetti. I raggi ultrasonici sono focalizzati in modo preciso e accurato sul target in modo da non danneggiare il tessuto sano circostante. Nel punto in cui il fascio converge, si ha ablazione (distruzione ter-mica del tessuto) che permette la disintegrazione dei calcoli renali senza dover ricorrere alla chirurgia (Figura 3.1). Questa tecnica fornisce quindi un’alternativa non invasiva, ripetibile, con meno rischi e complicazioni e ad un costo inferiore, rispetto alla chirurgia tradizionale. L’unico svantaggio `e che pu`o essere impiegata per trattare solo calcoli di piccole/medie dimensioni.

Figura 3.1: Litotrissia.

Le terapie convenzionali per il trattamento del cancro prevedono chirurgia aperta, chemio e radio-terapia, che comportano una significativa morbilit`a e mortalit`a e possono essere associate a lunghi periodi di degenza e di recupero. La tecnica HIFU (High Intensity Focused Ultrasound) ha il vantaggio di essere non invasiva, non ionizzante e di avere un minor numero di complicanze post-trattamento. I principi fondamentali dell’ablazione attraverso HIFU sono:

• la necrosi termica coagulativa dovuta all’assorbimento dell’energia degli ul-trasuoni durante la trasmissione nel tessuto;

(42)

3.1.1 Ultrasuoni Focalizzati ad Alta Intensit`a

Un importante obiettivo della ricerca tecnologica e medica nella lotta al cancro, `e ridurre significativamente gli effetti collaterali locali e sistemici rispetto alle tecni-che convenzionali, e fornire opzioni terapeutitecni-che aggiuntive nei casi in cui le terapie tradizionali falliscano. Gli ultrasuoni focalizzati ad alta intensit`a (HIFU) sono una metodologia completamente non invasiva ed extracorporea per il trattamento di tumori solidi primari e metastasi [34, 35].

La chiave della tecnica HIFU `e fornire l’energia necessaria per aumentare la tem-peratura del tessuto ad un livello citotossico in maniera sufficientemente rapida, in modo tale che la vascolarizzazione del tessuto non abbia un effetto significativo sull’entit`a della morte cellulare che si vuole indurre.

La tecnologia HIFU ha i seguenti vantaggi [36] che giustificano gli sforzi della ricerca in questa direzione:

• per il paziente il dolore `e ridotto al minimo (l’operazione `e minimamente o non invasiva);

• il costo della procedura `e basso rispetto alla chirurgia convenzionale;

• non `e tumore-specifico e pertanto `e possibile mirare a un’ampia gamma di tipi di tumori;

• non lascia cicatrici;

• non vi `e alcun rischio di semina tumorale;

• il recupero `e pi`u rapido se paragonato con i tempi dei metodi chirurgici tradizionali;

• la terapia pu`o essere ripetuta, teoricamente, un numero infinito di volte, perch`e non esiste un limite di dose;

• non `e utilizzato alcun tipo di radiazione ionizzante.

Esistono tuttavia potenziali limiti sulle applicazioni cliniche del trattamento. Gli ultrasuoni non possono propagarsi attraverso viscere riempite d’aria (come i pol-moni o l’intestino), e altri ostacoli come le ossa possono assorbire o riflettere un raggio ultrasonico. Inoltre i tempi della terapia potrebbero essere pi`u lunghi di quanto desiderato. Un trattamento di un’ora per un tumore superficiale di 2 cm `

e accettabile se confrontato con l’alternativa della resezione chirurgica, ma risul-ta molto meno favorevole se paragonato con altre tecniche minimamente invasive

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