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Demografia dell’invecchiamento

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Academic year: 2021

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Capitolo 1

Demografia dell’invecchiamento

1.1 Aspetti demografici

L'Italia è un paese che invecchia. I dati dell'ultimo “Censimento generale della popolazione e delle abitazioni 2011”, pubblicati dall'ISTAT nel mese di dicembre 2012, permettono di analizzare il fenomeno negli ultimi dieci anni: la percentuale di popolazione degli ultra 65enni è passata dal 18,7% (10.645.874 persone) al 20,8% (12.384.963 persone) con un incremento del 2,1%. Nel 1991 gli appartenenti a questa fascia d’età costituivano solo il 15,3% (8.700.185 persone) della popolazione totale. Si stima che, mantenendo gli attuali livelli di crescita, nel 2043 la popolazione di 65 e più oltrepasserà il 32% del totale.

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Il grafico seguente, che riporta dati aggiornati al 2008 (per mantenere omogeneità di rilevazione con gli altri paesi UE), evidenzia che l’Italia è seconda subito dopo la Germania per quanto riguarda l'indice di vecchiaia, inteso come rapporto percentuale tra il numero di anziani ultra 65enni e i giovani con meno di 15 anni, che permette di valutare il livello d’invecchiamento degli abitanti di un territorio.

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Nei dati aggiornati al 2010 tale indice, in Italia, ha raggiunto il 144%, avvicinandoci al rapporto di 3 anziani ogni 2 giovani. La variazione dell’indice nel tempo dipende dalla dinamica sia della popolazione anziana che di quella giovane. La prima in crescita grazie alla riduzione della mortalità, conseguenza delle migliorate condizioni sociali e sanitarie, mentre la seconda si colloca ben al di sotto del livello di sostituzione delle generazioni, a causa del perdurante contenimento della fecondità.

Un dato molto rilevante è l'aumento dei “grandi vecchi”: gli ultra 85enni, infatti, passano dal 2,2% al 2,8% sul totale della popolazione residente, con un aumento del 78,2% nella classe 95-99 anni e addirittura del 138,9% in quella degli ultracentenari.

Se nel 2001 le persone di 100 anni e più erano 6.313 (1.080 maschi e 5.233 femmine), nel 2011 ne sono state censite 15.080, con una percentuale di donne pari all’83,7% (12.620 unità). Alla data del 15° Censimento undici raggiungevano i 110 anni, sette i 111 e due donne avevano compiuto 112 anni1.

In quasi tutte le regioni il numero di ultracentenari è raddoppiato ed è più che triplicato in Basilicata. Il maggior numero di ultracentenari risiede nella Lombardia (2.391, pari al 15,9% del totale), seguono l’Emilia-Romagna (1.533, 10,2%) e il Veneto (1.305, 8,6%).

Come illustrato dal grafico successivo, è la Liguria a detenere l’indice di vecchiaia più elevato, con il 234,6%, pari ad una presenza di anziani più che doppia rispetto ai giovani, seguita da Friuli-Venezia Giulia e Toscana, mentre la regione "più giovane" è la Campania che ha un indice al 96,5%, risultando l’unica area del Paese dove i giovani sono più numerosi degli anziani (indice sotto il 100%).

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Grafici ISTAT su dati aggiornati al 2010

Gli anziani crescono quindi in Italia e in Europa, non solo per il calo del tasso di natalità, ma anche grazie alla crescita della speranza di vita alla nascita che, in Italia, è giunta ormai quasi agli 80 anni per gli uomini (79,4 con un incremento in 10 anni di due anni di vita) e quasi agli 85 anni per le donne (84,5 con un incremento in 10 anni di quasi un anno e mezzo). Fatto evidentemente positivo in quanto tale indicatore si suppone conseguente allo sviluppo e alle migliorate condizioni di vita e di assistenza.

Su questo punto l'Italia si colloca ai primi posti nella graduatoria dell’Unione Europea; nel 2008 l’Italia è risultata terza per speranza di vita alla nascita sia maschile, dopo Svezia e Spagna, sia femminile dopo Spagna e Francia.

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1.2 Aspetti bio-psico-sociali

Che l’anzianità sia diventata un fenomeno generalizzato costringe una società ancora impreparata a rivedere molti suoi atteggiamenti. La senescenza o l’invecchiamento sono variabili dipendenti dalla storia individuale, familiare, sociale della persona umana: ciò dirige l’attenzione verso i livelli biologico, psicologico, clinico e sociologico.

Dal punto di vista biologico l’invecchiamento è un processo che investe tutta la vita della persona. Da un punto di vista sociale le caratteristiche dei membri di una società che vengono considerati vecchi variano a seconda del contesto culturale e da generazione a generazione; dal punto di vista etico l’anziano è una persona che vive una determinata fase della vita.

L’invecchiamento può essere definito come “un accumulo di eventi cronologici, che rende l’organismo più suscettibile agli stress della vita”2. Si può infatti parlare di una ridotta omeostasi, cioè di una riduzione del meccanismo di controllo attraverso cui viene mantenuto il normale equilibrio dinamico, indispensabile per la vita. Nello specifico, con l’avanzare degli anni, si rileva una riduzione del peso del volume degli organi, della densità minerale ossea, della forza muscolare, dell’elasticità e dell’idratazione dei tessuti, della crescita cellulare, della memoria, della funzione sensoriale, dell’equilibrio e del metabolismo basale con intolleranza al freddo3. E’ per questo che si nota una sempre maggiore fragilità verso tutti quegli elementi capaci di interferire negativamente sull’integrità psicofisica come agenti patogeni, squilibri

2 R.G. Martin, G.T. Baker III, “Aging and aged”, W.T. Reich, Encyclopedia of Bioethics, McMillan, New York, 1995

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familiari, sociali, economici ed ambientali. Questa fragilità si fa più evidente dopo i settantacinque anni.

Quindi, se è vero che la vecchiaia non è sinonimo di malattia è anche realistico affermare che con l’aumentare dell’età aumenta l’incidenza di patologie, soprattutto croniche, che richiedono interventi.

La complessità del processo di invecchiamento è avvalorata dall’esistenza di numerose teorie che tentano di darne una spiegazione scientifica. Tali teorie si possono raggruppare in quattro gruppi fondamentali4:

1. teorie basate sui cambiamenti associati all’età: l’invecchiamento sarebbe causato dai numerosi cambiamenti fisici, sia dei tessuti, sia degli apparati; 2. teorie del danno primario: l’invecchiamento è dovuto da un danno

provocato da agenti tossici presenti nell’organismo o nell’ambiente, quali i radicali liberi;

3. teorie genetiche: si basano sull’ipotesi che esistano geni che controllano l’invecchiamento;

4. teorie evolutive: sostengono che l’invecchiamento è provocato dall’incidenza di alcuni fattori quali il regime dietetico.

Si può affermare, in conclusione, che l’invecchiamento è il prodotto dell’interazione tra il corredo genetico, lo stile di vita e l’ambiente5.

Sulla base delle differenze esistenti tra le diverse persone si possono distinguere tre tipi di invecchiamento: invecchiamento associato a patologie, invecchiamento

comune con le caratteristiche tipiche, ma non patologiche dell’invecchiamento,

4 M.S.J. Pathy, “Trattato di gerontologia e geriatria”, USES, Forense, 1986

5 C. Franceschi, “Basi biologiche dell’invecchiamento e della longevità”, in G. Crepaldi, “Trattato di gerontologia e di geriatria”, UTET, Torino, 1993

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invecchiamento di successo, in assenza di patologia conclamate, cosiddetto “successful

aging”6.

In anni recenti si è appuntata molta attenzione sul concetto di “successful aging” e si è ritenuto che lo studio dei grandi anziani privi di particolari malattie potesse permettere di scoprire i segreti di una gerontologia preventiva7. Questa tendenza rappresenta per alcuni aspetti un incoraggiante cambiamento nei confronti del precedente paradigma di “declino e perdita” che ha caratterizzato l’atteggiamento sociale, se non anche quello della geriatria e della gerontologia.

Secondo Casucci indicatori significativi predittivi della longevità sono:  mantenere ruoli significativi ed utili nel contesto sociale;

 attuare il più possibile un buono e gradevole esercizio fisico;

 prevenire e contenere gravi malattie mediante una accurata prevenzione primaria e secondaria;

 mantenere il più a lungo possibile una visione ottimistica o almeno positiva della vita;

 essere stimolati intellettualmente;  avere una certa sicurezza finanziaria;  mantenere soddisfacenti relazioni sociali.

Di contro, esiste un pregiudizio nella società contro gli anziani che consiste in un atteggiamento negativo, stereotipato verso l’invecchiamento. Tale pregiudizio viene definito col termine di “ageism”, coniato nel 1969 dal gerontologo statunitense Robert

6 L. Sandrin, F. Caretta, M. Petrini, “ Il processo di invecchiamento”, in “Anziani oggi. Una sfida per la Medicina, la Società e la Chiesa”, Ediz. Camilliane, Torino, 1995

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N. Butler8, nonché primo direttore del National Institute of Aging (USA), che lo paragonò ad una forma di razzismo o sessismo, definendolo come un processo sistematico di stereotipizzazione e discriminazione contro gli anziani per via della loro età. A suo parere l’ageismo è caratterizzato da tre componenti fondamentali: attitudini pregiudiziali contro gli anziani, azioni di discriminazione e pratiche istituzionali perpetranti gli stereotipi sugli anziani.

J. Traxler9 descrive quattro fattori che hanno contribuito a questa visione negativa dell’invecchiamento. Il primo è correlato al timore della morte nella società occidentale e la vecchiaia diventa sinonimo di fine della vita, di morte. Segue lo

juvenilismo, enfatizzato nella società americana e in quella occidentale: i media danno

sempre maggiore importanza alla giovinezza, alla bellezza fisica e alla sessualità. Il terzo è la potenzialità economica di una determinata classe sociale: i vecchi sono economicamente improduttivi, espulsi dal mercato del lavoro e, a differenza dei bambini, che smetteranno d’esserlo in futuro, restano soltanto dei consumatori. L’ultimo di questi fattori dipende dal modo in cui il processo di invecchiamento è stato studiato poiché gli stessi studi gerontologici hanno contribuito a creare un’immagine negativa del vecchio nella società.

Erdman Palmore, nel suo libro10, spiega come alla base di questa forma discriminatoria vi sia una visione stereotipata della vecchiaia. Per l’autore una delle conseguenze più gravi dell’ageismo è che esso indurrebbe negli anziani l’adozione di comportamenti aderenti all’immagine negativa elaborata dal gruppo dominante, così da

8 R.N. Butler, "Age-ism: Another form of bigotry." The Gerontologist, 9, 243-246, 1969

9A. J. Traxler, “Let's get gerontologized: Developing a sensitivity to aging. The multipurpose

senior center concept: A training manual for practitioners working with the aging” Springfield, IL: Illinois Department of Aging, 1980

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confermare le forme di stereotipizzazione di cui essi sono vittime. Tale immagine solitamente include prescrizioni su ciò che la persona dovrebbe o meno fare, nel caso degli anziani il fatto di essere felici, passivi, impotenti e poco produttivi.

Gli atteggiamenti sociali di ageismo possono svalorizzare e marginalizzare gli anziani. Ciò può causare un abbassamento dell’autostima, aumentare la probabilità di esclusione sociale, compromettendo perciò la possibilità di avere una vita piena. Il maltrattamento aumenta l’isolamento sociale, che è causa, a sua volta, di rischio di maltrattamento.

La società ha l’obbligo di salvaguardare i diritti delle persone anziane che possono essere minati dall’ageismo rafforzando la coesione sociale e la solidarietà tra le generazioni11.

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1.3 La Carta

L'Europa che invecchia non deve spaventare, ma è necessario costruire il futuro guardando agli anziani come ad una risorsa per la crescita dei nostri paesi, con politiche lungimiranti, non miopi, né allarmiste.

La sensibilità politica della Commissione europea a queste tematiche ha elaborato il programma DAPHNE III (2007-2013) che mira a prevenire e combattere la violenza ed a proteggere le vittime ed i gruppi a rischio. In tale ambito è stato finanziato il progetto EUSTaCEA (European Strategy to Combat Elder Abuse) a cui hanno partecipato organizzazioni di dieci paesi.

Nel 2010 i partners di EUSTaCEA nel presentare una Carta Europea “Dei diritti e delle responsabilità delle persone anziane bisognose di cure a lungo termine”, hanno inteso aprire una discussione negli stati membri su come meglio riconoscere ed affermare i diritti delle persone anziane più vulnerabili. Il loro obiettivo è stabilire una struttura comune di riferimento da adottare in tutta l’Unione Europea per promuovere il benessere e la dignità delle persone anziane non autosufficienti. Infatti, essi sostengono che l’avanzare dell’età non deve comportare la riduzione dei diritti, dei doveri e delle responsabilità della persona anche nel caso in cui ci si trovi in una condizione permanente o temporanea di incapacità.

Gli stati membri hanno il dovere di sviluppare politiche che promuovono i diritti delle persone anziane anche alla luce della tutela istituzionale prevista dall’articolo 25 della Carta dei diritti fondamentali dell’U.E. (2000) che recita: “L’Unione Europea riconosce e rispetta i diritti delle persone anziane, che hanno maggiori probabilità di

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diventare dipendenti per bisogno di cure, di condurre una vita dignitosa ed indipendente e di partecipare alla vita sociale e culturale”.

La Carta Europea dei diritti e delle responsabilità delle persone anziane bisognose di cure ed assistenza a lungo termine ha lo scopo di essere un documento di riferimento in cui si affermano principi fondamentali e diritti da promuovere per accrescere il benessere delle persone dipendenti o che hanno bisogno di aiuto a causa dell’età, della malattia, della disabilità.

La Carta mette in evidenza che la maggior parte delle persone anziane, fragili e vulnerabili, sono donne: due terzi degli anziani oltre gli ottant’anni in Europa sono donna. Più di un terzo di esse soffre di Alzheimer o demenza, rendendole sempre più vulnerabili agli abusi.

La salute e le cure a lungo termine, includendo la prevenzione ed il pronto intervento, dovrebbero essere considerati non come un costo ma come un investimento a beneficio di tutte le persone anziane. La salute e le cure a lungo termine, in Europa, si devono basare sulla solidarietà delle generazioni, riflettere quanto previsto nel Trattato di Lisbona12 che stabilisce che l’Unione Europea “..combatterà l’esclusione sociale e la discriminazione, promuoverà giustizia sociale e protezione sociale, parimenti per donne e uomini, solidarietà tra le generazioni e tutela dei diritti dei bambini”.

Tali principi si ritrovano nelle conclusioni dell’ultimo rapporto demografico dell’Unione Europea del 2011 in cui si legge: “Il futuro dell’Europa dipende in larga misura dalla sua capacità di sfruttare il grande potenziale dei due segmenti in più rapida crescita della popolazione: gli anziani e gli immigrati”.

12 ”Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull’Unione Europea e il trattato che istituisce la Comunità Europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007” G.U. dell’Unione Europea 2007/C306/01 del 17 dicembre2007: http://eur-lex.europa.eu

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Carta Europea dei diritti e delle responsabilità delle persone anziane bisognose di cure ed assistenza a lungo termine (giugno 2010)

Art. 1 Diritto alla dignità, all’integrità fisica e mentale,alla libertà e alla sicurezza

Qualora nell’invecchiamento ti trovi a dover dipendere dall’aiuto e dalla cura di altri, permane il diritto al rispetto della tua dignità umana, al tuo benessere fisico e mentale, alla libertà ed alla sicurezza

Art. 2 Diritto all’autodeterminazione

Qualora nell’invecchiamento ti trovi a dover dipendere dall’aiuto e dalla cura di altri, permane il diritto a fare le tue scelte di vita ed al rispetto della tua libera volontà. Questo diritto può essere attribuito per tua scelta ad una terza persona competente.

Art. 3 Diritto alla privacy

Qualora nell’invecchiamento ti trovi a dover dipendere dall’aiuto e dalla cura di altri, permane il diritto al rispetto e alla protezione della tua privacy ed intimità.

Art. 4 Diritto a cure appropriate e di alta qualità

Qualora nell’invecchiamento ti trovi a dover dipendere dall’aiuto e dalla cura di altri, permane il diritto a cure di alta qualità ed a trattamenti adatti ai tuoi personali bisogni e desideri.

Art. 5 Diritto ad informazioni personalizzate, ai consigli e al consenso informato

Qualora nell’invecchiamento ti trovi a dover dipendere dall’aiuto e dalla cura di altri, permane il diritto a chiedere e ricevere informazioni personalizzate e consigli su tutte le opinioni a te utili per cure, aiuti e trattamenti in modo che tu sia in condizione di prendere decisioni ben informate

Art. 6 Diritto a continuare a ricevere comunicazioni, alla partecipazione alla vita sociale e alle attività culturali

Qualora nell’invecchiamento ti trovi a dover dipendere dall’aiuto e dalla cura di altri, permane il diritto ad interagire con gli altri ed a partecipare alla vita civile, alle attività di educazione permanente ed alle attività culturali

Art. 7 Diritto alla libertà di espressione e libertà di pensiero e di coscienza: convinzioni, credo e valori

Qualora nell’invecchiamento ti trovi a dover dipendere dall’aiuto e dalla cura di altri, permane il diritto di vivere secondo le tue convinzioni, credo e valori.

Art. 8 Diritto alle cure palliative e al sostegno, al rispetto e alla dignità nell’agonia e nella morte

Hai diritto ad una morte dignitosa e con modalità corrispondenti alle tue volontà e all’interno dei limiti definiti dalla legislazione del paese di tua residenza

Art. 9 Diritto al risarcimento

Qualora nell’invecchiamento ti trovi a dover dipendere dall’aiuto e dalla cura di altri, permane il diritto al risarcimento in caso di maltrattamenti, abusi o abbandono

Art. 10 Le tue responsabilità

Qualora nell’invecchiamento ti trovi a dover dipendere dall’aiuto e dalla cura di altri, tu devi:

- rispettare i diritti ed i bisogni di coloro che vivono e lavorano nel tuo ambiente e rispettare gli interessi generali della comunità in cui vivi; i tuoi diritti e la tua libertà vengono limitati solo dalla necessità di rispettare diritti analoghi degli altri membri della comunità,

- rispettare i diritti del personale di cura e lo staff deve essere trattato con civiltà e lavorare in un ambiente libero da molestie ed abusi,

- programmare il tuo futuro e prenderti la responsabilità dell’impatto che la tua azione o non azione ha sul personale di cura e i parenti, secondo le leggi del tuo paese. Questo include il nominare una terza persona che prenda le decisioni e le la tutela al posto tuo.

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