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Bodin - Sulla sovranità Da “De republica libri sex”, cap.VIII (1576) Per sovranità si intende quel potere assoluto e perpetuo che è proprio dello Stato. Esso è chiamato dai latini

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Bodin - Sulla sovranità

Da “De republica libri sex”, cap.VIII (1576)

Per sovranità si intende quel potere assoluto e perpetuo che è proprio dello Stato.

Esso è chiamato dai latini maiestas, dai Greci ἀκρὰ ἐξουσία, κυρία ἀρχὴ, κύριον πολίτευμα;

dagli Italiani “signoria”, parola che essi usano tanto parlando di privati quanto di coloro che maneggiano gli affari di Stato; gli Ebrei la chiamano temech sebet, ossia supremo comando. Ma ciò che qui occorre è formularne la definizione, perché tale definizione non c’è stato mai giurista né filosofo politico che l’abbia data, e tuttavia è questo il punto più importante e più necessario a comprendersi in qualsiasi trattazione sullo Stato. Tanto più, avendo noi detto che lo Stato è un governo giusto di più famiglie e di ciò che loro è comune con potere sovrano, occorre ben chiarire che cosa sia questo potere sovrano.

Ho detto che tale potere è perpetuo. Può succedere, infatti, che ad una o più persone venga conferito il potere assoluto per un periodo determinato, scaduto il quale essi ridivengono nient’altro che sudditi; ora, durante il periodo in cui tengono il potere, non si può dar loro il nome di principi sovrani, perché di tale potere essi non sono in realtà che custodi e depositari fino a che al popolo o al principe, che in effetti è sempre rimasto signore, non piaccia di revocarlo.

Così come rimangono signori e possessori dei loro beni quelli che ne fanno prestito ad altri, ugualmente si può dire di chi conferisce ad altri potere e autorità in materia di giustizia o di comando; sia che li concedano per un tempo stabilito e limitato, sia fino a che loro piaccia, in ogni caso restano signori del potere e della giurisdizione che gli altri esercitano solo in forma di prestito o di precario. Perciò la legge dice che il governatore del paese o luogotenente del principe, dopo che è spirato il tempo assegnatogli, restituisce il suo potere, da depositario e guardiano quale è del potere altrui. E in questo non c’è alcuna differenza fra l’ufficiale di alto o di infimo grado. Se il potere assoluto concesso al luogotenente del principe si chiamasse sovranità, egli potrebbe valersene contro il suo principe, che sarebbe ridotto a uno zero, e così il suddito comanderebbe al signore, il servo al padrone, il che è assurdo. Per disposizione della legge, la persona del sovrano è sempre esente da quell’autorità e da quel potere, qualunque sia, che conferisce ad altri; non ne concede mai tanto da non serbarne per sé ben di più, e non perde mai il diritto di comandare o di giudicare (preventivamente, o in concorrenza, o in riesame), le cause di cui ha incaricato il suo suddito come commissario o ufficiale; e sempre può revocare a questo il potere che gli è stato concesso sia in forma di commissione sia a titolo d’ufficio, oppure sospenderlo per tutto il tempo che creda […]

Ma poniamo il caso che si eleggano uno o più cittadini dando loro il potere assoluto di disporre dello Stato e di governare senza rendere alcun conto a opposizoni o rimostranze, e che tale elezione si ripeta ogni anno: dovremo dire che essi hanno la sovranità? Se sovrano è chi non riconosce nulla superiore a sé all’infuori di Dio, affermo che essi non hanno la sovranità:

non sono che depositari di un potere affidato loro per un periodo determinato. Il popolo non rinuncia alla propria sovranità nominando uno o più luogotenenti con potere assoluto per un periodo determinato, per quanto ciò sia ben di più che concedere un potere revocabile ad arbitrio del popolo stesso, senza alcun limite di tempo prefissato; nell’uno e nell’altro caso essi non hanno niente di proprio, ma sempre sono responsabili della loro carica di fronte a colui da cui il potere deriva: solo un principe sovrano non è tenuto a render conto ad altri che a Dio.

Adesso dedichiamoci all’altra parte della nostra definizione, e spieghiamo le parole “potere assoluto”. Il popolo o i signori di uno Stato possono conferire a qualcuno il potere sovrano puramente e semplicemente, per disporre a suo arbitrio dei beni, delle persone e di tutto lo Stato, e lasciarlo poi a chi vorrà, così come un proprietario può far dono dei suoi beni puramente e semplicemente, non per altre ragioni che per la sua liberalità. È questa l’autentica donazione, che essendo una volta per tutte perfetta e completa, non ammette ulteriori condizioni; mentre quelle donazione che comportano obblighi e condizioni non sono donazioni vere e proprie. Perciò la sovranità conferita a un principe con certi obblighi e a certe condizioni non è propriamente sovranità né potere assoluto, a meno che tali condizioni non siano le leggi di Dio e della natura. […]

Chi è sovrano, insomma, non deve essere in alcun modo soggetto al comando altrui, e deve poter dare la legge ai sudditi, e cancellare o annullare le parole inutili in essa per sostituirne altre, cosa che non può fare chi è soggetto alle leggi o a persone che esercitino potere su di lui.

Per questo la legge dice che il principe non è soggetto all’autorità delle leggi; e anche in latino la parola “legge” significa il comando di chi ha il potere sovrano. […] Come il papa, secondo i canonisti, non può mai legarsi le mani, così non può legarsele il principe sovrano, neanche se lo voglia. Perciò alla fine degli editti e delle ordinanze vediamo le parole “poiché tale è il nostro

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piacere”, perché sia chiaro che le leggi del principe sovrano, siano pure fondate in motivi validi e concreti, non dipendono che dalla sua pura e libera volontà. Quanto però alle leggi naturali e divine, tutti i prìncipi della terra vi sono soggetti, né è in loro potere trasgredirle, se non vogliono rendersi colpevoli di lesa maestà divina, mettendosi in guerra contro quel Dio alla cui maestà tutti i prìncipi della terra devono sottostare chinando la testa con assoluto timore e piena reverenza. Insomma, il potere assoluto dei prìncipi e delle signorie sovrane non si estende in alcun modo alle leggi di Dio e della natura. Colui che ha meglio di altro compreso che cosa sia potere assoluto e che ha fatto inchinare al suo e prìncipi e sovrani, diceva che essa consiste nella facoltà di derogare alle leggi ordinarie: non certo però alle leggi divine e naturali.

1. Esplicita le relazioni che, secondo Bodin, sussistono fra i concetti di “potere assoluto”,

“sovranità” e “Stato”. Quale, delle tre, è la nozione più elementare, nel senso che è presupposta dalle restanti? Che cosa essa, per Bodin, essa significa?

2. Il brano preso in esame fornisce un caso particolare di un’operazione concettuale che spesso, nei più diversi campi del sapere, si è tenuti a compiere. Di quale operazione si tratta? In che cosa essa consiste? Quali ne sono gli elementi costitutivi? Quali sono i vincoli che su di essa pesano affinché si possa dire che essa è stata compiuta correttamente? Perché in certi contesti, come nel presente, essa ha una grande importanza?

3. Sulla base della riflessione di Bodin, indica per quali aspetti, in sostanza, una società in cui sia specificata la sovranità si distingue da una in cui non lo sia.

4. Per Bodin, la sovranità deve essere detenuta soltanto da una singola persona (principe, re, imperatore)? Rispondi avvalendoti anche di rimandi testuali.

5. Tenendo conto della storia moderna, evinci la ragione in base a cui si può dire che la nozione di sovranità per come è stata caratterizzata da Bodin sia tipicamente moderna.

6. Allo Stato in cui noi attualmente viviamo si attaglia la nozione di “sovranità” per come Bodin la ha caratterizzata? Fornisci qualche tuo commento.

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