www.bollettinoadapt.it 1 @bollettinoADAPT, 20 febbraio 2015
Convegno – ADAPT, Associazione amici di Marco Biagi, Roma, 18 febbraio 2015
Perché è sbagliato cancellare la legge Biagi
Relazione di sintesi
di Ilaria Armaroli
Tag: #JobsAct, #JobsBack, #lavoro, #rappresentanza, #contrattazione, #relazioniindustriali
A quasi un mese dalla sua inaugurazione, la sede romana di ADAPT apre le porte alle organizzazioni datoriali per un incontro che intende illustrare, nelle parole del presidente Emmanuele Massagli, «l’utilizzo virtuoso delle diverse tipologie contrattuali».
Insieme agli esperti del gruppo ADAPT e al senatore Maurizio Sacconi, l’ufficio si riempie di tanti nomi e volti delle istanze imprenditoriali, chiamati a rappresentare una realtà che il decreto sul riordino delle tipologie contrattuali, al varo del Consiglio dei Ministri, dovrebbe saper leggere e raccontare.
Flavia Pasquini e Maurizio Sacconi, i primi a intervenire, descrivono in chiave evolutiva la complessità multiforme e dinamica del mercato del lavoro, espressione di quella nuova Grande Trasformazione, che segue di oltre settant’anni il capolavoro di Karl Polanyi. La Commissione di certificazione dell’Università di Modena e Reggio Emilia legge, con la voce di Flavia Pasquini, un cambiamento lungo un decennio, che sta portando progressivamente alla definizione di un lavoro ubiquo, affrancato da qualsiasi schema orario ed estraneo alle vecchie forme di lotta e rappresentanza. «La realtà – prosegue il senatore Sacconi – è incomprimibile», nonostante i tentativi delle istituzioni di imbrigliarla in modelli precostituiti. E benché si apprezzi l’intento del Governo di incentivare economicamente e normativamente il lavoro a tempo indeterminato, non si possono reprimere le «esigenze fisiologiche di flessibilità», aggiunge Jole Vernola della Confcommercio: «il poco utilizzo di una tipologia contrattuale non vuol dire che non serva. La varietà di tipologie contrattuali è garanzia di opportunità d'impiego».
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Se a difendere l’area “grigia” del lavoro parasubordinato sono Luca Scarabosio, Vicepresidente di Assocontact e i tanti esponenti delle realtà digitali e delle telecomunicazioni, è Francesco Monticelli di Confprofessioni a richiamare l’attenzione sulla «valorizzazione del lavoro autonomo». «Non bisogna colpevolizzare la partita IVA – aggiunge Sacconi – ma liberare il prestatore d’opera dall’oppressione fiscale e contributiva».
Unanime il mondo del terziario, riunitosi per il debutto della sede di ADAPT, invoca il riconoscimento normativo delle tipologie contrattuali come vettori di occupazione e imprescindibili occasioni di impiego. «La regolazione e la legalità – avverte Jole Vernola – devono estendersi a tutte le attività economiche», che senza un’adeguata cornice giuridica finirebbero preda del lavoro sommerso e delle allettanti agevolazioni dei mercati esteri.
Federalberghi e Assocontact esaltano il valore della contrattazione collettiva, «strumento essenziale per adattare norme astratte alle più concrete specificità» e chiedono formule giuridiche che ne salvaguardino il ricorso. La negoziazione, ricorda Scarabosio, ha permesso di definire regole certe per il lavoro parasubordinato e «ha accelerato lo sviluppo del settore».
Ma il sistema di relazioni industriali non si esaurisce nella ricomposizione delle istanze delle parti e anzi ambisce, in primo luogo, a poterle rappresentare. Rispondendo all’appello di Ripamonti, che si domanda «perché ad ascoltare le richieste imprenditoriali non è il Governo», Michele Tiraboschi individua proprio nella rappresentanza, o nella rappresentazione, la questione sottesa alle precedenti considerazioni. Il professore avverte, nel recente modello decisionale, un preciso attacco alla rappresentanza non solo sindacale ma anche datoriale, portavoce di realtà economiche e produttive, che il legislatore non è più in grado di conoscere e interpretare. L’ineffettività diviene, quindi, l’esito più probabile per gli impianti regolativi, che ignorano le tendenze evolutive del mercato del lavoro.
Il convegno volge al termine, le sedie sono vuote nella sede ADAPT, ma a permanere è la sensazione che manchi un’indole partecipativa in questa riforma del lavoro che, forte della rappresentanza riconosciuta alle parti sociali, faccia della produzione normativa la più eloquente espressione della realtà. Ecco perché è sbagliato cancellare la legge Biagi, se ad esserne abrogati non sono tanto gli articoli e le norme che veicolano, quanto i valori fondanti di un’idea del lavoro che emerge dalla realtà delle relazioni industriali.
Ilaria Armaroli