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Bisogna puntare sull'uomo

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L'OSSERVATORE ROMANO

mercoledì 20 ottobre 2010

Le rotte della politica e dell'economia per uscire dalla crisi globale

Bisogna puntare sull'uomo

Pubblichiamo l'intervento tenuto a Roma il 15 ottobre dal cardinale segretario di Stato ai rappresentanti dei vertici degli Istituti Aspen nel mondo.

di TARCISIOBERTONE

L'

attuale crisi economica ci ha richiamato in modo ineludibile a un dato che ha sempre ac- compagnato la vita umana, ma che nel corso degli ultimi anni sembra essere stato dimenticato,

all'interno di un orizzonte ristretto esclusivamente materialistico. Al con- trario, ricollocare l'uomo al centro, si- gnifica anzitutto riscoprire i legami che lo costituiscono e che permettono la sua crescita umana integrale. Si tratta non di legami meramente funzionali, ma€che€potremmo€definire€«ontologici».

Ricordava l'allora cardinale Ratzin- ger parlando della crisi delle culture:

«Abbiamo bisogno di uomini che ten- gano lo sguardo dritto verso Dio, im- parando da lì la vera umanità» (L'Eu- ropa di Benedetto nella crisi delle culture, Cantagalli, Siena, 2005, p. 64). Porre

di una vera fraternità, «al riconosci- mento di essere una sola famiglia» (Ca- ritas in veritate, 53). Lo ricordava an- cora il Santo Padre: «Il tema dello svi- luppo coincide con quello dell'inclusio- ne relazionale di tutte le persone e di tutti i popoli nell'unica comunità della famiglia umana, che si costruisce nella solidarietà sulla base dei fondamentali valori della giustizia e della pace» (n.

54).

Quale compito spetta dunque alla politica nell'attuale contesto? Essa è chiamata anzitutto a contribuire a ri- collocare l'uomo al centro, favorendo quei legami originari di cui poc'anzi ho parlato. In questo senso è cruciale il ruolo dello Stato. Da un lato, esso non può essere «interventista», ovvero asso- luto regolatore della vita dei singoli, sia dal punto di vista economico, che dal punto di vista sociale perseguendo legislazioni che, in base a malintesi principi di libertà e uguaglianza, ri- schiano di minare alla base la convi- venza civile.

D'altra parte, lo Stato non può esse- re nemmeno mero «spettatore», che guarda alla società come a un grande

«mercato» in grado di autoregolamen- tarsi e trovare il proprio equilibrio. Al contrario la presente crisi sprona a va- lorizzare il ruolo statale, come sussidia- rio alle famiglia e alla società civile. In tal senso, le autorità pubbliche colloca- te ai diversi livelli di governo devono consentire, anzi favorire, la nascita e il rafforzamento di un contesto politico ed economico in cui possano operare soggetti diversi, evitando quelle logiche sperequative che hanno contribuito al-

il lavoro — il cosiddetto capitale uma- no — e che allo stesso tempo favorisca un'idea d'impresa nella quale il perse- guimento del profitto non costituisca un fine esclusivo e autoreferenziale.

Un simile approccio può anche favo- rire un adeguato governo della globa- lizzazione. La «rete» rappresenta oggi forse il simbolo più emblematico della globalizzazione. Migliaia di informa-

ranno il centro del Messaggio della prossima Giornata mondiale delle co- municazioni sociali, che verrà pubbli- cato il prossimo 24 gennaio e che il Santo Padre ha voluto intitolare: «Ve- rità, annuncio e autenticità di vita nel- l'era digitale».

La comunicazione globale pone seri interrogativi, sui quali avete avuto mo- do di riflettere nel corso della conferen- za di ieri, sia per ciò che concerne l'u- so politico della rete, che per quanto riguarda la tutela della privacy. Anche in questo caso può essere d'aiuto, muta- tis mutandis, ricorrere all'esempio di Benedetto da Norcia.

Il santo abate intuì che uno dei drammi del suo tempo era costituito dal rischio di perdere il grande patri- monio culturale dell'età antica. Incari- cò così i suoi monaci di provvedere al- la custodia e alla trasmissione di quel patrimonio, dando vita a quella fitta rete di biblioteche che ha permesso al nostro mondo di oggi, di poter godere delle ricchezze degli antichi. San Bene- detto compì una vera e propria opera- zione culturale, in un contesto in cui era estremamente difficile reperire e ac- cedere alle grandi opere che avevano

contribuito a forgiare il mondo allora conosciuto.

Tale limite ora non esiste più, eppu- re paradossalmente uno dei rischi è che il grande flusso di informazioni di cui disponiamo, anziché generare cultura, associ dati in modo acritico, si limiti a diffondere pettegolezzo, a investigare nella vita privata delle persone, a in- fluenzare, non sempre positivamente, la vita di interi Paesi. Anche in questo campo è compito fondamentale della politica ricercare soluzioni che siano centrate «sulla promozione della digni- tà delle persone e dei popoli, siano espressamente animate dalla carità e siano poste al servizio della verità, del bene e della fraternità naturale e so- prannaturale» (Caritas in veritate, 73).

In tal senso — prosegue il Papa — «i media possono costituire un valido aiu- to per far crescere la comunione della famiglia umana e l'ethos della società, quando diventano strumenti di promo- zione dell'universale partecipazione nella ricerca di ciò che è giusto» (n.

73).

Ciò che deve animare le scelte politi- che non è dunque solo la preoccupa- zione, pur necessaria, per la gestione e la regolamentazione della «rete», quanto piuttosto una più ampia rifles- sione sulla qualità della comunicazione nel mondo globale per il bene dei sin- goli e delle società.

L'attuale crisi non ci deve fare in- dulgere nella disperazione, nello scon- forto, né può limitarsi a essere l'occa- sione per ricercare esclusivamente nuo- vi tecnicismi volti a uscire dalla presen- te congiuntura. Al contrario essa può essere una proficua occasione per una riflessione a tutto campo sull'uomo e sulla sua esistenza.

Credo che il senso della mia presen- za qui oggi sia quello di condividere quello sguardo positivo che la Chiesa da sempre promuove e che ci fa guar- dare all'uomo animati dalla realistica consapevolezza che l'anima di ogni ri- forma è in ultima analisi data dalla ri- forma di ogni anima. Una vera rifor- ma consiste nell'acquisire una maggio- re consapevolezza della responsabilità personale di ciascuno verso il proprio destino e verso il prossimo. Come scri- veva il grande poeta inglese Thomas Stearns Eliot: «C'è un lavoro comune / E un impegno per ciascuno / Ognuno al suo lavoro» (1 cori da «La rocca», Bur, Milano 1994, 43).

anche a causa del crescente benessere materiale. Essa ci ha ricordato la pre- carietà della vita e il senso della fini- tezza umana. Tale limite si scontra con l'irrequietezza dei nostri desideri, i quali costituiscono profondamente la nostra natura, che porta iscritta nel suo Dna un'incancellabile domanda di eternità.

Nonostante la sua drammaticità, che ha trasmesso un senso di sfiducia e di scoraggiamento, la crisi può costituire paradossalmente l'occasione positiva per riscoprire i più autentici desideri umani e per aprirci a uno sguardo nuovo sull'uomo e sul tempo presente.

Nella€sua€enciclica, Papa BenedettoXVI

afferma che: «La crisi ci obbliga a ri- progettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative.

La crisi diventa così occasione di discer- nimento e di nuova progettualità. In questa chiave, fiduciosa piuttosto che rassegnata, conviene affrontare le diffi- coltà del momento presente» (Caritas in veritate, 21).

Il Santo Padre ci sprona dunque a guardare avanti con fiducia, poiché la presente crisi, lungi dal favorire un ri- piegamento su noi stessi, può, al con- trario, incentivare lo sviluppo di nuove creatività e iniziative, oggi più che mai necessarie, le quali devono tuttavia fondarsi su solide radici. Un insegna- mento al riguardo può venirci proprio dalla storia europea. Il mondo che san Benedetto trovò davanti a sé millecin- quecento anni fa era un mondo in cri- si, politicamente, economicamente e so- cialmente. San Benedetto tuttavia non disperò, al contrario, attraverso i mo- nasteri da lui fondati e la regola da lui scritta, che sapeva fondere in sé la di- mensione spirituale, trascendente del- l'uomo (l'ora) con quella materiale (il labora), contribuì a plasmare una nuo- va epoca, foriera di cultura, di una di- versa concezione economica e di un rinnovato respiro politico.

Quale fu il genio di Benedetto? Sin- teticamente potremmo dire che egli seppe intuire la necessità di collocare nuovamente l'uomo al centro, valoriz- zando tutte le sue dimensioni, i suoi bi- sogni e i suoi desideri. Ora, quando il Santo Padre parla di una dimensione etica dell'economia non si riferisce pro- prio alla necessità di ricollocare l'uomo al centro proprio come fece Benedetto (Caritas in veritate, 45)? Ciò significa innanzitutto prendere coscienza dei le- gami originari e insopprimibili che co- stituiscono l'essere umano.

Un'indubbia causa della crisi econo- mica è costituita dalla diffusione di una malintesa etica dell'efficienza, volta ad assolutizzare il profitto personale. Alle spalle di questa «etica» sta non solo l'avidità, soprattutto c'è una concezio- ne dell'uomo svincolato da ogni lega- me: un uomo fondamentalmente solo, che persegue la propria realizzazione

l'uomo al centro significa dunque valo- rizzare e favorire la sua dimensione trascendente. Non vi è vera centralità dell'uomo se nel suo orizzonte egli non afferma una contemporanea centralità di Dio. E, di conseguenza se le scelte economiche non garantiscono le condi- zioni di vita indispensabili perché la persona si possa elevare verso Dio.

Nello stesso tempo occorre favorire anche quei legami orizzontali originari, che caratterizzano la crescita dell'esse- re umano. Al loro centro vi è indub- biamente la famiglia, riflesso della comunione d'amore fra Dio e gli uomini (Cfr. Giovanni PaoloII, Fa- miliaris consortio, 12). La famiglia è il luogo principale della crescita di ciascuno, poiché attraverso di essa l'uomo si apre alla vita e al mondo in- tero. I legami che essa crea, sono per- tanto imprescindibi- li per lo sviluppo e lo possiamo costatare con i nostri occhi: lad- dove la famiglia è più forte, anche le ricadute della recente crisi sono state umanamente meno gravose. Innanzitutto, perché la fa- miglia genera legami di fiducia ed educa a essa.

Non è pensabile riprendersi da una crisi che ha minato fin nelle ba- si il sistema fiduciario, senza l'ausilio di «luoghi di fiducia», poiché «la vi- ta umana diventa impossibile quan- do non si può più prestare fiducia all'altro o agli altri, quando non ci si può appoggiare sulla loro esperienza, sulla loro conoscenza» (L'Europa di Be- nedetto nella crisi delle culture, pp. 99- 100). La famiglia, inoltre, può aprire tutta quanta l'umanità alla dimensione

Oggi non è pensabile riprendersi senza l'ausilio di «luoghi di fiducia»

Occorre€favorire€quei€legami€orizzontali come la famiglia

capaci€di aprirsi alla vita e al mondo

la genesi della crisi scop- piata due anni fa.

Una politica che pon- ga al centro l'uomo nelle sue dimensioni integrali, piuttosto che i singoli in- teressi particolari, non so- lo potrebbe favorire una ripresa economica più stabile e a beneficio di tutti, ma contribuirebbe

in modo positivo a superare quella crisi di fiducia che ha coinvolto non solo gli operatori economici, ma, soprattutto in occidente, anche il mondo delle istitu- zioni.

Al centro di questo rinnovato impe- gno vi deve essere «un'etica amica del- la persona» (Caritas in veritate, 45) che valorizzi quella grande ricchezza che è

zioni possono essere disponibili contem- poraneamente su tutto l'orbe a una moltitudine di persone. Non può che risultare evidente il rischio di un pro- cesso di spersonalizzazione della comu- nicazione a detrimento anzitutto di re- lazioni umane autentiche. E proprio la centralità della persona umana e il va- lore della testimonianza personale sa-

A Monte Sant'Angelo un convegno sulla letteratura tardoantica e altomedievale

Quel codice genetico svelato dai barbari

di ALESSANDRACAMPIONE

«Nella storia dell'umanità non c'è stato nessun momento di rottura più importante di quello che segna la fi- ne del mondo antico e il conflitto fi- nale tra paganesimo e cristianesimo, un conflitto che culmina e giunge al- la sua drammatica conclusione alla

dizione storiografica come secoli di decadenza, sono ormai da molto tempo oggetto di importanti revisioni che hanno portato a sostituire i ter- mini di «crisi», «declino» e «deca- denza» con quelli di «transizione» e

«trasformazione». Negli ultimi anni con sempre maggiore insistenza si è riconosciuto il ruolo di intermedia- zione e di innovazione culturale delle concezioni cristiane e delle giovani istituzioni ecclesiastiche, divenute nuove protagoniste della scena socia- le e politica e portatrici di forti ele- menti di dinamicità. Questo generale processo di cambiamento traghetterà il mondo classico verso una nuova era e, attraverso lo scontro-incontro con il mondo barbarico, porterà allo sviluppo di nuove dinamiche sociali e culturali alle origini della concezione di Europa.

Sono questi i secoli oggetto di stu- dio e approfondimento delle Settima- ne di studi tardoantichi e romano- barbarici promosse annualmente dal Centro di studi micaelici e garganici di Monte Sant'Angelo e giunte que- st'anno alla tredicesima edizione; i lavori si sono aperti lunedì 18 e si

chiuderanno venerdì 22. Il Centro, istituito nel 1995 come sede distacca- ta del Dipartimento di studi classici e cristiani dell'università di Bari Aldo Moro, con la collaborazione dei Pa- dri Micaeliti della basilica di San Michele Arcangelo e del Comune di Monte Sant'Angelo, oltre ad appro- fondire la storia del santuario e della sua complessa documentazione — storica, archeologica, architettonica, epigrafica, letteraria, agiografica, ar- tistica, etno-antropologica — rappre- senta un punto di riferimento per studiosi italiani e stranieri interessati a indagare i primi secoli del cristia- nesimo, intesi come epoca di passag- gio e di raccordo tra l'età classica, ormai tramontata e ancorata a una visione romanocentrica, e la civiltà nuova, romanobarbarica ed europei- sta.

Testimonianza e dimostrazione della intensa attività di studi e ricer- che e del ruolo di protagonista svolto dal Centro nell'ambito degli studi sull'età classica e tardoantica so- no stati i convegni internazio- nali organizzati su Cicerone, Seneca e sulla cultura bi-

zantina nell'Italia meridionale, e le dodici Settimane di studi svoltesi tra il 1997 e il 2009, incentrate princi- palmente su alcuni aspetti delle civil- tà classica e cristiana fra tarda anti- chità e alto medioevo, agli albori della costruzione della nuova identità europea.

Nell'elaborazione di questi nuovi caratteri identitari è da rintracciare il codice genetico dell'Europa che non deve essere necessariamente con- siderata solo erede della classicità greca e latina e della civiltà romano- barbarica, con riferimento ai popoli di stirpe germanica — franchi, angli, sassoni, longobardi, goti, ostrogoti, visigoti, cimbri, teutoni, alemanni, eruli, unni, vandali e così via — e

celtica, ma anche erede del cristiane- simo.

Tale affermazione, nonostante il mancato riconoscimento delle origini cristiane dell'Europa nell'ambito del- la Carta costituzionale europea, ren- de testimonianza a una verità stori- ca, oltre che culturale e morale, co- me affermato da Benedetto XVI nel discorso pronunciato dinanzi ai par- tecipanti al Congresso promosso dal- la Commissione degli episcopati della Comunità europea il 24 marzo 2007:

«Non si può pensare a edificare un'autentica casa comune europea trascurando l'identità propria dei po- poli di questo nostro continente. Si tratta, infatti, di una identità storica, culturale e morale, prima ancora che geografica, economica o politica;

Il santuario micaelico era una tappa dell'itinerario verso la Terra Santa Fu luogo di incontro e dialogo per i pellegrini provenienti da tutta l'Europa

fine delIVsecolo»: questa espressione di Herbert Bloch esprime significati- vamente i mutamenti epocali realiz- zatisi nella storia dell'impero romano e in buona parte dell'occidente con la fine delIVsecolo.

I secoli dal Vall'VIIIdell'era cri- stiana, considerati a lungo dalla tra-

un'identità costruita da un insieme di valori universali che il cristianesi- mo ha contribuito a forgiare, acqui- sendo così un ruolo non soltanto sto- rico, ma fondativo nei confronti del- l'Europa».

Il santuario di San Michele a Monte Sant'Angelo che a par- tire dall'alto medioevo fu un vero punto d'incontro di pel- legrini italici, germanici e bi- zantini, tappa quasi obbli- gata nell'itinerario che dal- l'Europa centro-settentriona- le portava i pellegrini in Terra €Santa, €può €essere considerato segno tangibile dell'importanza del cristiane- simo nel processo fondativo

dell'Europa.

Ed è proprio per la pre- senza del santuario micae- lico, divenuto santuario nazionale dei longobardi di Benevento, che si giusti- fica l'inserimento di Monte Sant'Angelo nella candidatu- ra per l'iscrizione nel patrimo- nio mondiale dell'Unesco; si tratta di una candidatura «seriale», che aggrega cioè siti che nel loro insieme costituiscono una rete nella quale si riflettono aspetti della storia dei lon- gobardi in Italia, in cui la presenza degli altri siti — Cividale del Friuli, Brescia, Castelseprio e Gornate Olo- na (Varese), Spoleto, Campello sul Clitunno (Perugia) e Benevento — è collegata a motivazioni di carattere storico e politico-istituzionale.

Quanto c'è da imparare da Eusebio di Cesarea

È in corso fino al 22 ottobre a Monte Sant'Angelo, presso il Centro di Studi micaelici e garganici, laXIII

Settimana di Studi tardoantichi e romanobarbarici

«Dalla storiografia cristiana alla nascita delle storiografie nazionali» diretta da Giorgio Otranto.

Oggetto di lezioni, seminari e dibattiti saranno i secoli successivi alla caduta dell'impero romano allorché si affacciarono e si affermarono in Italia e in Europa sulla scena sociale e politica i longobardi, i franchi, gli angli. Popoli che, innestandosi sulla storiografia di Eusebio e dei suoi continuatori e traduttori Rufino, Filostorgio, Socrate, Sozomeno, Teodoreto, diedero vita a una operazione culturale di grande importanza, commissionando opere storiche fondative della loro etnia. Il genere storiografico di ispirazione cristiana e di indirizzo specificamente romano cedette il posto gradatamente alle storie nazionali delle popolazioni romano-germaniche succedute alla pars occidentalis dell'impero e progressivamente acculturate in senso latino-cristiano.

La settimana di studi, attraverso lezioni di didattica frontale, seminari e dibattiti, accanto a relazioni di

carattere più generale (Luciano Canfora, Manlio Simonetti) presenta un serrato excursus storico che, partendo dal padre della storiografia cristiana, Eusebio, e dai suoi continuatori e traduttori, (Emanuela Prinzivalli, Osvalda Andrei) arriva alla nascita delle storie nazionali di goti, angli, longobardi, franchi attraverso le opere di Cassiodoro (Andrea Giardina, Giorgio Otranto), Simmaco (Giovanni Polara), Gregorio di Tours (Germana Gandino), Beda (Paolo Chiesa), Paolo Diacono (Claudio Azzara) ed Erchemperto (Edoardo D'Angelo), senza trascurare la storiografia bizantina (Filippo Burgarella), copta e siriaca (Alberto Camplani), spagnola (Bruno Luiselli) e quella in lingua volgare dell'Inghilterra anglosassone (Anna Maria Luiselli Fadda). La conclusione dei lavori sarà affidata a una relazione incentrata, così come la relazione di apertura, su Eusebio di Cesarea (Giovanni Maria Vian), fondatore della storiografia cristiana, quasi a voler sottolineare che il vescovo intellettuale del tempo di Costantino rappresenta un momento fondamentale nella trasmissione del patrimonio dell'antichità.

«San Benedetto»

(Xsecolo, Roma, chiesa di San Crisogono)

L'arcangelo Michele raffigurato in una statuetta in rame dorato (Foggia, santuario di Monte Sant'Angelo)

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