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La fase stazionaria trattiene più o meno tenacemente le sostanze che costituiscono il miscuglio mentre il solvente le trascina con sé a velocità diverse

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Academic year: 2021

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Cromatografia

L'invenzione della cromatografia viene attribuita al biochimico russo Mihail Cvet nel 1906, quando riuscì, con questa tecnica, a separare i costituenti da un estratto vegetale.

Cvet procedette ponendo una piccola quantità di estratto alla sommità di un tubo di vetro pieno di polvere di carbonato di calcio (fase fissa o stazionaria) e facendo poi percolare attraverso la colonna così riempita, del solvente (fase mobile). A mano a mano che il solvente fluiva trascinando con sé il campione, questi si separava in bande di diverso colore (da qui il nome "cromatografia"), ciascuna delle quali procedeva verso il fondo della colonna con diversa velocità.

La cromatografia quindi fa uso di una fase stazionaria, sotto forma di polvere finissima, fatta di materiale inerte nei confronti dei solventi e del miscuglio da separare e da una fase mobile costituita da un solvente o da una miscela di due o più solventi miscibili tra loro che “trascinano” i costituenti del miscuglio da separare.

La fase stazionaria trattiene più o meno tenacemente le sostanze che costituiscono il miscuglio mentre il solvente le trascina con sé a velocità diverse. La combinazione di questi moti porta alla separazione del miscuglio.

Nella seguente sequenza le fotografie sono state scattate a intervalli di tempo regolari e si può notare come da una situazione iniziale in cui le varie sostanze sono quasi tutte raggruppate si passa, mano a mano che l'eluente fluisce attraverso la colonna, a una separazione delle stesse, con la possibilità di raccogliere e di separare i costituenti della miscela.

Foto inedite, cortesia A. Zlatich

Nella cromatografia si ha quindi una fase stazionaria ed inerte sulla quale viene fatto scorrere un solvente (eluente) che trascina con se, a velocità diverse, i costituenti del miscuglio da separare. La diversa velocità con cui vengono trascinati i componenti dipende dalle interazioni tra i costituenti stessi e la fase fissa e la fase mobile: alcuni sono

“trattenuti” (formano legami un pochino più forti con la fase fissa): di conseguenza la loro

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velocità sarà minore rispetto ad altri costituenti che saranno trattenuti in maniera più blanda. Questi ultimi saranno i primi a passare attraverso la colonna e ad essere raccolti.

Questa tecnica si utilizza nel caso si voglia o si debba raccogliere uno o più costituenti della miscela. Basterà porre un recipiente di raccolta al momento giusto all'uscita della colonna per ottenere la soluzione del componente desiderato. A questo punto, sarà sufficiente far evaporare il solvente per ottenere la sostanza pura.

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Cromatografia su strato sottile e su carta TLC (Thin Layer Chromatography)

Nella cromatografia su colonna la separazione prevede l'uso di grandi quantità di sostanze per la fase stazionaria e ancora maggiori quantità di solventi da usare come eluenti.

Con la cromatografia su strato sottile si opera (come dice il nome) su di uno strato sottile di circa 1 mm di materiale inerte, depositato su di una lastra di vetro e l'eluente viene fatto risalire per capillarità lungo questo strato sottile. Anche in questo caso la diversa affinità dei costituenti il miscuglio da separare nei riguardi della fase stazionaria e nei riguardi del solvente utilizzato, consente di ottenere ottime separazioni.

La separazione viene condotta in appositi recipienti chiusi detti “camere (o vasche) cromatografiche” sul cui fondo viene posto il solvente. Le lastre da cromatografia vengono poste, immerse per pochi millimetri nel solvente, verticalmente nelle camere cromatografiche. Il solvente risale per capillarità il materiale inerte della fase stazionaria e si attua così la separazione.

La grande differenza è nella quantità di materiali utilizzati:

dove nella cromatografia su colonna si usano litri di solvente come fase mobile, qui si usano poche decine di millilitri per coprire il fondo della camera e dove si usano diverse centinaia di grammi di materiale inerte per riempire la colonna, qui ne bastano poche decine.

Una ulteriore evoluzione della cromatografia su strato sottile è la cromatografia su carta: in questo caso il supporto su cui si opera funge anche da fase stazionaria. Ovviamente con questo sistema ci sono delle limitazioni per l'uso con sostanze aggressive nei confronti della carta ma la tecnica è rapida, veloce e a buon mercato e, in capo a un paio di ore, si

ottiene una buona

separazione.

Nell'esperimento proposto a scuola si utilizza proprio questa tecnica per ottenere la separazione di inchiostri neri commerciali nei loro costituenti.

In questa maniera si vede che quello che viene venduto come inchiostro nero in realtà è costituito da un miscuglio omogeneo di diversi pigmenti, anche di colori diversi dal nero.

La tecnica adottata è la cromatografia su carta e la separazione viene condotta prendendo una striscia di carta da cromatografia (più compatta della carta da filtro comune) e

Numero del campione Linea di

“semina”

Componenti separati

Fronte del solvente

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segnando su di essa una linea sottile a matita che sarà presa come linea di riferimento per la “semina” del campione.

Le diverse posizioni sono numerate in modo da poter risalire all'inchiostro usato.

Si usa una matita per segnare le posizioni e la linea di semina in quanto la grafite non può essere eluita.

Il campione viene prelevato direttamente dalla penna, segnando un punto in corrispondenza della linea di semina.

La striscia di carta viene poi sospesa in una camera cromatografica contenente sul fondo qualche millimetro del solvente e facendo in modo che il foglio di carta “peschi” nel solvente ma, contemporaneamente, che i campioni non siano immersi in esso. In questo modo il solvente risale lungo la carta per capillarità e “trascina” con sé, in maniera differenziata, i costituenti dei vari inchiostri.

Il solvente in questo caso specifico è un miscuglio omogeneo di tre sostanze: Alcool Etilico, Alcool n-Butilico e Ammoniaca. In considerazione della composizione, quindi, è consigliabile lavorare sotto cappa.

Quando si vede che la separazione è giunta a buon punto si estrae la striscia di carta dalla camera cromatografica, la si asciuga, si segna la linea del “fronte del solvente” (ovvero la linea dove è arrivato il solvente risalito sulla carta per capillarità) e la si osserva e commenta.

Il campione 1 (BIC nero di china) ha scarsa affinità con il solvente e si può notare solo una vaga colorazione gialla che, lentamente, viene estratta e trasportata dal solvente.

I campioni 2 e 3 sono perfettamente identici: anche se prelevati da penne diverse, presentano la stessa composizione e ciò è evidenziato dal fatto che i due sviluppi sono identici ovvero che abbiamo le stesse macchie, dello stesso colore, nelle stesse posizioni.

Il campione 4 (BIC Tratto pen) presenta invece una composizione caratteristica:

l'inchiostro nero di questa penna è fatto da almeno 5 coloranti diversi e ciò si vede dal fatto che, lungo il percorso fatto dai costituenti, ci sono almeno 4 zone con macchie di colore diverso, più una parte dell'inchiostro che non si è mossa dalla linea di semina.

Il campione 5 è molto diverso dagli altri: anche in questo caso ci sono almeno 4 componenti ma di questi quattro, solo uno può essere considerato simile all'analogo componente del campione 4 ed è la prima “macchia” bluastra che si trova in alto, vicino al fronte del solvente.

Il campione 6 è simile ma non uguale agli inchiostri 2 e 3 ma si differenzia da questi perché manca la componente grigiastra degli altri due.

Infine il campione 7 è anch'esso simile agli inchiostri 2 e 3 ma in questo caso c'è anche un componente che il solvente non è riuscito a trascinare ed è la macchia nera sulla linea di semina.

Il fatto che si sia segnato anche il fronte del solvente consente di introdurre una grandezza chiamata Rf che altro non è che il rapporto della distanza percorsa da uno dei componenti (in mm) rispetto alla distanza percorsa dal solvente. In questo modo è possibile confrontare sostanze all'apparenza simili in quanto, nelle stesse condizioni, se sono uguali, avranno anche il valore di Rf uguale.

Come si vede da queste poche righe sono veramente molte le informazioni ottenibili da una separazione relativamente semplice come la cromatografia.

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Il presente lavoro, redatto dall' ITP Eligio ZLATICH, nell'ambito della formazione di base per il laboratorio di chimica per l'I.T.I.S. “A.Volta” di Trieste, viene rilasciato con licenza Creative Commons:

(Obbligo di citare la fonte, Opera gratuita, L'opera può essere modificata ma deve essere rilasciata con gli stessi attributi)

Per approfondire: http://it.wikipedia.org/wiki/Creative_Commons

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