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UNIVERSIT `A DEGLI STUDI DI PADOVA FACOLT `A DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI DIPARTIMENTO DI MATEMATICA CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MATEMATICA TESI DI LAUREA

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(1)

UNIVERSIT ` A DEGLI STUDI DI PADOVA

FACOLT ` A DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI

DIPARTIMENTO DI MATEMATICA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN MATEMATICA

TESI DI LAUREA

L’atomo d’idrogeno in un debole

campo elettromagnetico,

uno studio classico tramite la

teoria di Nekhoroshev

RELATORE

PROF. FRANCESCO FASS ` O

LAUREANDO

DANIELE FONTANARI

(2)
(3)

Indice

Introduzione 5

1 Il problema di Kepler e la sua regolarizzazione 7

1.1 Formulazione Hamiltoniana . . . 7

1.2 Riparametrizzazione del tempo tramite l’anomalia eccentrica . . 8

1.3 Il metodo di regolarizzazione di Kustaanheimo-Stiefel . . . 11

1.4 Dimostrazione del teorema . . . 12

2 L’atomo d’idrogeno in un debole campo elettromagnetico 17 2.1 La Hamiltoniana dell’atomo d’idrogeno perturbato . . . 17

2.2 Le simmetrie nel problema regolarizzato e la riduzione rispetto al flusso Hamiltoniano . . . 19

3 Forme normali 23 3.1 Costruzione della prima forma normale . . . 23

3.2 Studio della prima forma normale . . . 25

3.3 La seconda forma normale . . . 28

4 Costruzione della seconda forma normale 31 4.1 Notazioni . . . 31

4.2 Un passo perturbativo . . . 34

4.3 Iterazione . . . 40

4.4 Geometria delle risonanze nello spazio delle frequenze . . . 42

Conclusioni 47

Ringraziamenti 51

A Il metodo di regolarizzazione di Moser 53

(4)
(5)

Introduzione

Una metodologia di ricerca relativamente recente in chimica fisica, in particolare nella spettroscopia molecolare, si basa sull’ipotesi di un riscontro sulle caratte- ristiche osservabili di un sistema fisico della struttura topologica del sistema Hamiltoniano che lo descrive. In particolare l’idea che sta alla base di lavori come [7], [8], [9] e [16] consiste nello studiare, mediante una trattazione Hamil- toniana classica, un sistema composto da un atomo di idrogeno immerso in un campo elettromagnetico sufficientemente debole. Sfruttando il fatto che il siste- ma classico `e un sistema quasi-integrabile, le cui frequenze imperturbate sono dipendenti dai parametri che determinano il campo, in tale lavoro sono state analizzate le propriet`a geometriche delle fibrazioni in tori invarianti indotte da opportune forme normali troncate.

Nel presente lavoro ci si propone di motivare in modo matematicamente rigoroso la validit`a di tali studi del sistema classico servendosi della teoria di Nekhoroshev.

Nel primo capitolo si studia il problema di Kepler, che modella il sistema in assenza di campo, e la sua dinamica. Si discutono quelle tecniche, dette di regolarizzazione, che consentono di superare le difficolt`a insite nella natura singolare del potenziale Kepleriano e, contemporanemanete, mettono in luce le notevoli propriet`a di simmetria del problema.

Nel secondo capitolo si introduce la formulazione Hamiltoniana per il pro- blema dell’atomo di idrogeno immerso in un campo elettromagnetico e se ne discute la natura perturbativa. Si descrivono gli integrali primi del sistema im- perturbato e si analizza la struttura dello spazio ridotto tramite l’azione del gruppo di simmetria del flusso Kepleriano.

Nel terzo capitolo si mette in atto il processo, in due passi, di costruzione delle forme normali del sistema. La prima normalizzazione, rispetto al flusso Kepleriano, produce un sistema a due gradi di libert`a che `e una piccola per- turbazione di un sistema isocrono le cui frequenze dipendono dai parametri del campo esterno e possono dunque essere risonanti o non risonanti. Per questo motivo, per effettuare una seconda normalizzazione, rispetto al flusso di questo sistema isocrono, si far`a ricorso alla teoria di Nekhoroshev.

A differenza della teoria di Nekhoroshev standard, nella quale si decompone lo spazio delle azioni in zone caratterizzate da diverse propriet`a di risonanza, qui si decomporr`a ince in zone risonanti e non risonanti lo spazio dei parametri.

I dettagli tecnici della costruzione della seconda forma normali sono dati nel capitolo 5.

La rilevanza di questi risultati per lo studio del problema quantistico `e delineata nelle conclusioni.

(6)
(7)

Capitolo 1

Il problema di Kepler e la

sua regolarizzazione

Le difficolt`a nello studio del problema di Kepler, e delle sue perturbazioni, sor- gono in primo luogo a causa della presenza di una singolarit`a per il potenziale Kepleriano. Per i moti di momento angolare diverso da zero la singolarit`a non viene raggiunta, e la restrizione del flusso sull’insieme dove non si annulla il momento angolare `e completa. Invece, i moti di momento angolare nullo (detti di collisione) raggiungono la singolarit`a in un tempo finito. Per la conservazione dell’energia ci`o implica che le velocit`a (e dunque, nella formulazione Hamiltonia- na, i momenti coniugati) tendono in norma all’infinito causando l’incompletezza del flusso. Per risolvere tale inconveniente si procede con la cosidetta regolariz- zazione, che consiste nel compattificare opportunamente lo spazio delle fasi, o parte di esso, in modo da comprendere la variet`a all’infinito verso la quale ten- dono i moti di collisione, e riportarsi cos`ı ad un problema nel quale per`o il flusso sia completo ovunque. Ci`o si pu`o ottenere in svariati modi e ha in aggiunta il pregio di rendere manifeste le propriet`a di simmetria del problema.

In questo capitolo, dopo aver introdotto il problema di Kepler e la ripara- metrizzazione del tempo tramite l’anomalia eccentrica, si introdurr`a il metodo di regolarizzazione di Kustaanheimo-Stiefel. Si rimanda all’appendice per la descrizione di un altro metodo di regolarizzazione, dovuto a Moser.

1.1 Formulazione Hamiltoniana

Il problema di Kepler in 3 dimensioni `e descritto da un sistema Hamiltoniano su T(R3\{0}) dotato della struttura simplettica di fibrato cotangente. La Hamil- toniana che lo definisce, a meno di un riscalamento delle variabili e del tempo,

`e

H(q, p) = 1

2kpk2− 1

kqk (q, p) ∈ T(R3\{0}) , (1.1) dove si `e indicata con k · k la norma euclidea. Il sistema `e autonomo e dunque l’energia H `e un integrale primo. Altri integrali primi sono le componenti del momento angolare G(q, p) = q × p e del vettore di Runge-Lenz A(q, p) = p × G(q, p) −kqkq . Nel sottoinsieme dello spazio delle fasi ad energia negativa i moti risultano inoltre periodici (si veda [3] per i dettagli).

(8)

Osservazione. Sia λ > 0, tramite la trasformazione canonica estesa dipendente dal tempo

q −→ λ−1q p −→ λ12p t −→ λ32t

(1.2)

la Hamiltoniana H(q, p) mantiene la sua forma originaria, mentre la superficie di energia H−1(E), E ∈ R viene mandata in H−1 Eλ. Non `e dunque restrit- tivo porsi, nello studio dei moti limitati, sulla superficie di energia H−112 ponendo λ = ω = −2E.

1.2 Riparametrizzazione del tempo tramite l’a-

nomalia eccentrica

Sia

Y (q, p) = kqkXH(q, p) .

Chiaramente tale campo vettoriale non `e Hamiltoniano. Se lo fosse infatti si avrebbe, in accordo con il teorema di Schwarz, che

∂Yqi

∂qj

+∂Ypj

∂pi

= 0 i, j = 1 . . . 3 mentre si ha che

∂Yqi

∂qj

+∂Ypj

∂pi

=qjpi

kqk 6= 0 i, j = 1 . . . 3 .

Vale per`o la seguente proposizione, dove verr`a indicata con ΦtX la mappa al tempo t del flusso di un campo vettoriale X.

Proposizione 1. Fissato E ∈ R la restrizione di Y a H−1(E) coincide con la restrizione del campo vettoriale generato dalla Hamiltoniana

KE(q, p) = kqk(H(q, p) − E) + 1 = kqk

2 (kpk2− 2E) . (1.3) Inoltre, ∀z0 = (q0, p0) ∈ H−1(E) e ∀t nell’intervallo di definizione della curva integrale

τ → ΦτY(z0) = (q(τ, z0), p(τ, z0)) di Y con dato iniziale z0, si ha che

ΦtH(z0) = Φˆs(t;zK 0)

E (z0) (1.4)

dove

ˆ

s(t; z0) = Z t

0

1

kq(τ ; z0)kdτ .

Dimostrazione. Sia f : T(R3\{0}) → R. Si ha, per (q, p) ∈ H−1(E), che {f, KE}(q, p) = kqk{f, H}(q, p) + (H(q, p) − E){f, kqk} = kqk{f, H}(q, p)

(9)

e quindi, da (XH)i = {zi, H}, che XKE(q, p) = kqkXH(q, p) = Y (q, p). Per dimostrare la seconda parte dell’enunciato basta derivare rispetto al tempo Φˆs(t;zK 0)

E (z0) ottenendo d dtΦˆs(t;zK 0)

E (z0) = d

dtˆs(t; z0)XKEs(t;zˆ 0)(z0))

= 1

kq(t; z0)kkq(t; z0)kXHˆs(t;zK 0)

E (z0))

= XHs(t;zKˆ 0)

E (z0)) . Dunque

d

dtΦtH(z0)|t=0= d dtΦs(t;zKˆ 0)

E (z0)|t=0

e questo, assieme alla immediata verifica della validit`a della (1.4) per t = 0, permette di concludere.

Si vuole ora chiarire il significato della riparametrizzzaione con il parame- tro s. Limitandosi alle sole orbite a energia negativa come si `e visto si pu`o allora, senza perdita di generalit`a, limitarsi a studiare il problema di Kepler su H−1

12

, e dunque il problema riparametrizzato K1

2. Le equazioni di Hamilton per K1

2 diventano

 q0 = kqkp p0 = −kqkq2

. (1.5)

Ovviamente G ed A sono, in virt`u del parallelismo fra XH ed Y , integrali primi del sistema di Hamiltoniana K1

2.

Proposizione 2. Le (1.5) sono equivalenti all’equazione del secondo ordine q00+ q = −A

q, q0 kqk



dove A(z) `e il vettore di Runge-Lenz valutato in z ∈ T(R3\{0}).

Dimostrazione. Derivando la prima equazione (1.5) si ottiene:

q00 = q · q0

kqkp + kqkp0− A(q, p)

= (q · p)p − q kqk. Per il vettore di Runge-Lenz si ha che

A(q, p) = p × (q × p) − q kqk

= kpk2q − (q · p)p − q kqk.

Utilizzando il fatto che per (q, p) ∈ H−112 vale kpk22kqk1 = −12 e ricavando l’espressione di p in funzione di q e q0 dalla prima equazione (1.5) si ottiene:

q00 = kpk2q − 2 q kqk

= 2q kpk2

2 − 1

kqk



− A(q, p) = −q − A

 q, q0

kqk



(10)

Figura 1.1: interpretazione geometrica dell’anomalia eccentrica

ovvero q00+ q = −A q,kqkq0 

come da enunciato.

Data la costanza del vettore di Runge Lenz, l’equazione (1.5) `e quella di un oscillatore armonico forzato e ha per soluzione generale

q(s) = C1cos(s) − C2sin(s) − A (1.6) con C1 e C2 costanti d’integrazione. In particolare (si veda [3] per i dettagli), nel caso A 6= 0 (orbita ellittica) se s0 indica l’istante di passaggio per il perielio dell’orbita si avr`a che

q(s) = A

kAkcos(s − s0) + G × A

kAksin(s − s0) − A

mentre nel caso A = 0 (orbita circolare) la soluzione diventa (osservando che se (q, p) ∈ H−1 12 si ha che |q(0)| = |G| = 1)

q(s) = q(0) cos(s) + G × q(0) sin(s). (1.7) Si consideri ora sul piano dell’orbita un sistema di assi ortogonali (X, Y ) centrati nell’origine e orientati rispettivamente come A e G × A e come q(0) e G × q(0) nel caso A = 0. Dette X(s) e Y (s) le proiezioni del moto (1.7) su di essi, si avr`a

(11)

(utilizzando la relazione kAk2+ kGk2 = 1 e posto senza perdit`a di generalit`a s0= 0)

X(s) = cos(s) − kAk Y (s) = p1 − kAk2sin(s) .

la prima equazione rappresenta la proiezione sull’asse X di un moto unifor- me di velocit`a unitaria sulla circonferenza circoscritta all’orbita e la seconda equazione rappresenta la proiezione sull’asse Y dello stesso moto ma sulla cir- conferenza inscritta all’orbita. Ci`o qualifica il parametro s come l’anomalia eccentrica (si veda la figura (1.1) per l’interpretazione geometrica dell’anomalia eccentrica). Per questo motivo, nel seguito verr`a chiamato problema di Kepler riparametrizzato con l’anomalia eccentrica, o semplicemente problema di Kepler riparametrizzato il sistema di Hamiltoniana KE, E < 0. Si noti inoltre che fra il parametro s ed il tempo reale del sistema sussiste la relazione, nel caso E = −12,

dt

ds= kqk = 1− kAk cos(s) e dunque t(s) = s− kAk sin(s) che `e la nota equazione di Kepler.

1.3 Il metodo di regolarizzazione di Kustaanheimo-

Stiefel

Il metodo di regolarizzazione di Kustaanheimo-Stiefel, come viene trattato ad esempio in [5], consiste nell’identificare il sistema di Keplero riparametrizzato con il sistema ottenuto riducendo in modo simplettico sotto un’azione di S1 da un oscillatore armonico isotropo con quattro gradi di libert`a. Questo sembra il modo pi`u chiaro di descrivere la regolarizzazione di Kustaanheimo-Stiefel, una trattazione pi`u tradizionale si trova ad esempio in [3]).

Si premette dunque alla descrizione del metodo di Kustaanheimo-Stiefel la seguente, particolare versione della riduzione simplettica:

Teorema 1 (Meyer-Marsden-Weinstein). Sia (Q, ω) una variet`a simplettica, G un gruppo di Lie abeliano e

Φ : G × Q −→ Q (g, z) 7−→ Φg(z)

un’azione libera, propria ed Hamiltonianadi G su Q di mappa momento ξ . Detta

G la relazione di equivalenza indotta da Φ si ha che, per un qualunque valore µ regolare per ξ, l’insieme N = ξ−1(µ) / ∼G dotato della topologia quoziente indotta da quella su ξ−1(µ) ⊆ Q `e una variet`a differenziale sulla quale `e definita un’unica forma simplettica ωr tale che, dette ı e π l’inclusione di ξ−1(µ) in Q e la proiezione di ξ−1(µ) su N rispettivamente, risulti

ıω = πωr

Inoltre la proiezione π `e una sommersione. Infine, da una qualunque funzio- ne Hamiltoniana H definita su Q invariante rispetto all’azione di Φ discende un’unica funzione Hr: N → R, chiamata Hamiltoniana ridotta, tale che

H = πHr. Il flusso di H `e proiettato da π sul flusso di Hr.

(12)

Dimostrazione. Si veda ad esempio [1] oppure [10].

Osservazione. Si noti che se G `e compatto allora automaticamente l’azione risulter`a propria.

Se G `e compatto, ogni azione libera automaticamente `e propria. Dire che l’azione `e Hamiltoniana (o “fortemente Hamiltoniana”) significa che non solo i generatori infinitesimi sono Hamiltoniani, ma anche che vi `e un omomorfismo di algebre fi Lie fra l’algebra di Lie del gruppo e l’algebra di Lie delle funzio- ni su TQ dotato delle parentesi di Poisson. Si costruisce ora l’azione di S1 che serve per la definizione del metodo di Kustaanheimo-Stiefel. verr`a iden- tificato T R4\ {0} con (R4\{0}) × R4 3 (u, w) e si considerer`a la funzione ξ : T R4\ {0} → R definita da

ξ(u, w) = u1w2− u2w1+ u3w4− u4w3.

E immediato constatare che il flusso di Hamiltoniana ξ `` e un’azione libera e Hamiltoniana di S1, che viene denotato con ΦKS. Chiaramente, la mappa momento di ΦKS `e ξ stessa e 0 `e un valore rgolare per ξ. Si pu`o dunque considerare lo spazio ridotto N = ξ−1(0)/ ∼S1.

Fissato E < 0, e posto ω =√

−2E si consideri su T R4\ {0} il sistema di Hamiltonian

HEKS(w, u) = 1

8(kwk2+ (2ω)2kuk2) ,

che `e invariante sotto ΦKS. Sia ˆHEKS la Hamiltoniana ridotta da HEKS su N . Teorema 2. Lo spazio delle fasi ridotto

N = ξ−1(0)/ ∼S1

`

e simplettomorfo a T R3\ {0} e tale simplettomorfismo ˆΦKSE coniuga la Ha- miltoniana ridotta alla Hamiltoniana KE del problema di Kepler riparametriz- zato.

Chiaramente, per studiare le propriet`a di ˆHEKS, e quindi quelle di KE, ba- ster`a studiare la Hamiltoniana HEKSsu ξ−1(0) e quindi passare i risultati a quo- ziente tramite ∼S1. Il vantaggio consiste nel fatto che HEKS `e la Hamiltoniana di un oscillatore armonico isotropo, la cui dinamica `e semplice.

1.4 Dimostrazione del teorema

Si consideri l’azione di S1su T R4\ {0} Φ : S1× T R4\ {0}

−→ T R4\ {0} (α, (u, w)) 7−→ (Rαu, Rαw) dove Rα indica la matrice

Rα=

cos (α) sin (α) 0 0

− sin (α) cos (α) 0 0

0 0 cos (α) sin (α)

0 0 − sin (α) cos (α)

∈ SO4(R) .

(13)

Si verifica che tale azione `e quella generata dalla mappa momento ξ(u, w), inoltre essa `e libera in quanto l’unico punto fisso `e (u, w) = (0, 0) il quale `e escluso dalla definizione del dominio T R4\ {0}. `E dunque possibile applicare il teorema di riduzione a tale azione. Per fare ci`o si consideri innanzitutto la mappa

φ : T R4\ {0}

−→ TR3

(u, w) 7−→ φ (u, w) = (φx(u) , φy(u, w)) definita tramite:

φx1(u, w) = 2 (u1u3+ u2u4) φx2(u, w) = 2 (u2u3− u1u4) φx3(u, w) = −u21− u22+ u23+ u24

φy1(u, w) = 2kuk1 2(u3w1+ u4w2+ u1w3+ u2w4) φy2(u, w) = 2kuk1 2(−u4w1+ u3w2+ u2w3− u1w4) φy3(u, w) = 2kuk1 2(−u1w1− u2w2+ u3w3+ u4w4) . Per quanto segue sar`a utile definire

M : R4 −→ M3×4(R) u 7−→ M (u) dove

M (u) =

u3 u4 u1 u2

−u4 u3 u2 −u1

−u1 −u2 u3 u4

.

 Si ha infatti che

φ (u, w) =



M (u) u, 1

2kuk2M (u) w

 .

Similmente si definisce

M :˜ R4 −→ M4×4(R) u 7−→ M (u)˜ dove

M (u) =˜

 M (u)

−u2 u1 −u4 u3

 . Per ˜M valgono

( ˜M (u)u)4 = 0 ( ˜M (u)w)4 = ξ(u, w) .

Si osservi che la mappa φx (la quale dipendendo esclusivamente dalle u pu`o essere pensata come applicazione da R4 a R3) `e la mappa di Hopf (si veda ad esempio [5] per i dettagli) relativa alla fibrazione definita dalle orbite, proiettate su R4\{0} ⊂ T R4\ {0}, di Φ.

Lemma 1.4.1. φ `e invariante rispetto all’azione di S1 definita da Φ, ovvero (Φα)φ = φ ∀α ∈ S1.

(14)

Dimostrazione. Per quanto appena osservato φx risulta invariante rispetto al- l’azione di Φ. La dipendeza di M da u `e lineare, cosicch´e da tale invarianza segue

M (Rαu) Rαu = M (u) u ⇒ M (Rαu) = M (u) R−α e ci`o implica che

M (Rαu) Rαw = M (u) R−αRαw = M (u) w .

Poich´e kRαuk = kuk si pu`o concludere che φ (Φα(u, w)) = φ (u, w) ∀(u, w) ∈ T R4\ {0} , α ∈ S1.

L’invarianza di φ sotto l’azione di Φ assicura l’esistenza di una applicazione φ : N −→ T˜ R3

tale che ıφ = πφ.˜

Lemma 1.4.2. La mappa ıφ `e una sommersione Dimostrazione. Poich´e ˜M (u) ˜M (u)T = kuk2I4si ha

M (u)˜ −1= 1

kuk2M (u)˜ T.

Per mostrare la suriettivit`a della mappa tangente a ıφ basta mostrare la suriet- tivit`a della mappa tangente a φ vincolando i punti del dominio su T ξ−1(0).

La matrice Jacobiana di φ `e

J =

2M (u) O3×4

1

kuk4M (u) w uT +2kuk1 2M (w) 2kuk1 2M (u)

mentre il vincolo tangente a ξ (u, v) = 0, che pu`o essere scritto anche come

1

2kukξ (u, v) = 0, `e rappresentato dall’iperpiano di coefficienti

 1

kuk2 ˜M (u) w

4

uT +2kuk1 2M (w)˜ 4 2kuk1 2M (u)˜ 4  .

Dunque il problema `e ricondotto, tramite il metodo dei moltiplicatori di La- grange, al considerare la suriettivit`a, al variare di (u, w) ∈ ξ−1(0), della mappa lineare da R8a R7rappresentata dalla matrice

K =

2M (u) O3×4

1

kuk4M (u) w u˜ T +2kuk1 2M (w)˜ 2kuk1 2M (u)˜

 .

Si osservi che tale matrice `e la matrice

L =

2 ˜M (u) O4×4

1

kuk4M (u) w u˜ T +2kuk1 2M (w)˜ 2kuk1 2M (u)˜

privata della quarta riga. Poich´e L rappresenta un’isomorfismo (la matrice `e triangolare a blocchi ed i blocchi della diagonale sono invertibili) la matrice K risulta suriettiva.

(15)

Lemma 1.4.3. L’immagine di ıφ `e T R3\ {0} e le sue fibre sono le orbite di Φ.

Dimostrazione. Se (x, y) ∈ T R3\ {0} allora esiste u ∈ R4\ {0} tale che x = φx(u) in quanto la mappa di Hopf (la quale `e legata, come gi`a spiegato, alla φ) `e suriettiva da R4\ {0} su R3\ {0}. Fissato dunque un tale u il problema di trovare w tale che ıφ (u, w) = (x, y), ovvero che φ (u, w) = (x, y) e (u, w) ∈ ξ−1(0), `e risolto da

1 2kuk2

M (u) w =˜

 y 0



che ha come unica soluzione w(u, y) = 2MT(u) y, ci`o prova la suriettivit`a di ıφ su T R3\ {0}. Il fatto che ıφ sia una sommersione implica che ogni sua fibra `e unione numerabile e disgiunta di variet`a 1-dimensionali. D’altro canto, fissati x e y, tale fibra `e il grafico della funzione α −→ (uα, w(uα, y)) dove uα varia lungo un fibra di φxcon immagine x. Essendo quest’ultima diffeomorfa a S1le fibre di ıφ risultano essere variet`a 1-dimensionali connesse, il lemma 1.4.1 assicura che le orbite di Φ sono contenute nelle fibre e ci`o implica che le fibre sono esattamente tali orbite.

Lemma 1.4.4. Se ω0 `e la 2-forma simplettica su T R3\ {0} si ha che ıω0) = ıω .

Dimostrazione. Sia θ la 1-forma di Liouville su T R4\ {0}, θ0quella su T R3\ {0} e sia ˆθ = φθ0. Si ha che sulla variet`a ξ−1(0) esse coincidono, ovvero ıθ = ıθ,ˆ infatti

y · dx = 1

2kuk2M (u) w · d(M (u) u)

= 1

kuk2M (u)TM (u) w · du

= w · du − ξ (u, v) ˜M (u)4· du . Ci`o implica che ıω = ıω0) come da enunciato.

Alla luce di questi lemmi si pu`o concludere che Lemma 1.4.5. La mappa

φ : N −→ T˜ R3\ {0}

`e un diffeomorfismo simplettico.

Dimostrazione. La suriettivit`a di ˜φ segue dalla suriettivit`a di ıφ. Inoltre essen- do le fibre di ıφ parametrizzate dalle orbite di Φ si ha che ˜φ `e biiettiva. Poich´e ıφ `e una sommersione lo sar`a anche ˜φ e dunque ˜φ `e un diffeomorfismo. Per provare la simpletticit`a di tale mappa basta osservare che, detta ωN la forma simplettica su N ,

πωM = ıω = ˆφω0= πφ˜ω0. Ci`o equivale, poich´e π `e una sommersione, a

φ˜ω0= ωN. E provata cos`ı la simpletticit`` a di ˜φ.

(16)

Dunque `e stata mostrata l’identificazione di ıφ con π espressa nelle coordi- nate canoniche che identificano N con T R3\ {0}.

A questo punto resta da vedere come si solleva, tramite ıφ, la Hamiltoniana di Kepler KE su ξ−1(0).

Lemma 1.4.6. Si ha che

φx(u, w)k = kuk2

φy(u, w)k = 2kukkwk22 . (1.8) Dimostrazione. Ricordando che M (u)˜ TM (u) = kuk˜ 2I4 e che ( ˜M (u)w)4 = ξ(u, w) si ha che

x(u, w)k2 = uTM (u)˜ TM (u) u˜

= kuk22y(u, w)k2+

 1

2kuk2ξ

2

= 1

4kuk4wTM (u)˜ TM (u) w˜

= kwk2 4kuk2 che `e, su ξ−1(0), il risultato voluto.

A questo punto il teorema 2 `e dimostrato, in quanto si vede che (ıφ)KE= HKS.

Osservazione. A questo punto pu`o risultare pratico effettuare il cambio di variabili

u → 2−1u

w → 2w.

In tal modo la Hamiltoniana HKS assume la forma HKS0 = 1

2

kwk2+ω 2

kuk2

Che si riduce alla forma particolarmente semplice H0=1

2

kwk2+ kuk2

nel caso in cui E = −2. D’altro canto si `e gi`a visto come `e possibile, tramite un cambio delle coordinate originarie, porsi su una superficie di energia a piacere.

(17)

Capitolo 2

L’atomo d’idrogeno in un

debole campo

elettromagnetico

2.1 La Hamiltoniana dell’atomo d’idrogeno per-

turbato

Un modello classico dell’atomo d’idrogeno, che non tenga conto di effetti quanti- stici o relativistici come lo spin dell’elettrone e del protone, `e fornito dal sistema di Lagrangiana

L(qˆ e, qp, ˙qe, ˙qp) = mp

k ˙qpk2 2 + me

k ˙qek2

2 + k

kqe− qpk

dove qp, qe ∈ R3 indicano le posizioni, in un sistema di riferimento inerziale, rispettivamente del protone e dell’elettrone, mp ed me le loro masse mentre k `e una costante. Passando al sistema di massa ridotta ed ignorando il moto del centro di massa, dopo un adeguato riscalamento delle variabili si ottiene la lagrangiana del problema di Kepler

L(q, ˙q) = k ˙qk2

2 + 1

kqk, q ∈ R3\{0} .

Qui q = qe− qp `e la posizione relativa dell’elettrone rispetto al protone ma, poich´e mme

p ≈ 5, 4510−4, il moto descritto dalla lagrangiana L si pu`o confondere con il moto dell’elettrone nel sistema del centro di massa.

Si consideri ora l’azione di un debole campo elettromagnetico costante ed omogeneo. La sua debolezza implica la trascurabilit`a del suo effetto sulla di- namica del protone. Detti A (q) il potenziale vettore e φ (q) quello elettrico, supposta unitaria la carica dell’elettrone, la Lagrangiana del problema cos`ı semplificato risulta

L(q, ˙q) = k ˙qk2

2 + 1

kqk+ ˙q · A (q) − φ (q) .

(18)

Il momento coniugato a q `e

p = ˙q + A (q) ,

tramite la trasformazione di Legendre si ricava la Hamiltoniana Hp(q, p) = kp − A (q) k2

2 − 1

kqk+ φ (q) . Poich´e, detti ˆE e ˆB i campi elettrico e magnetico, si ha che

A (q) = 1 2

B × q, φ (q) = ˆˆ E · q la Hamiltoniana si pu`o anche scrivere

Hp(q, p) = 1 2kp −1

2

B × qkˆ 2− 1

kqk + ˆE · q (2.1)

= H(q, p) + ˆE · q −1 2

B · G +ˆ 1

8k ˆB × qk2.

Si osservi che, analogamente a quanto fatto in (1.2) per la Hamiltoniana di Kepler tramite la sostituzione

q −→ λ−1q p −→ λ12p t −→ λ32t

(2.2)

con λ > 0, la forma della Hamiltoniana rimane la (2.1) mentre i campi ˆE e ˆB vengono riscalati come λ−2E e λˆ 32B e la superficie di energia Hˆ p−1(E) viene mandata sulla superficie di energia Hp−1 Eλ. In particolare, scegliendo λ =

ω 2

2

, con ω =√

−2E, ci si riduce alla Hamiltoniana

Hp(q, p) = H(q, p) + 16 Eˆ

ω4 · q − 4Bˆ

ω3· G + 8k Bˆ

ω3 × qk2 (2.3) sulla superficie di energia Hp = −2. Questo serve, come gi`a osservato, a semplificare i calcoli nella coniugazione tramite Kustaanheimo-Stiefel.

Per ˆE e ˆB abbastanza piccoli, (2.1) `e un piccola perturbazione della Hamil- toniana di Kepler H. Precisamente, fissato un valore dell’energia imperturbata H e applicando un riscalamento che permetta di riportarsi su H = −12, si ha

kpk = q

2 kqk − 1 kqk ≤ 2

definito ω0=√

−2H, la perturbazione ˆH = Hp−H nelle nuove variabili riscalate soddisfa, su H = −12,

| ˆH| ≤ k Eˆ

ω04kkqk +1 2kBˆ

ω30kkqkkpk +1 8kBˆ

ω30k2kqk2

≤ 2k Eˆ ω40k +1

2k Bˆ ω30k +1

2kBˆ ω03k2.

(19)

Dunque si ha che

Hˆ H0

≤ 4kEˆ

ω04k + kBˆ

ω03k + k Bˆ ω30k2

e, come piccolo parametro della teoria, si pu`o prendere allora una grandezza dell’ordine di

 = maxEˆ ω04,

Bˆ ω30

 .

Per studiare il problema non `e restrittivo porsi in un sistema di coordinate nel quale ˆB = (0, 0, B) e ˆE = (E, 0, E0) ottenendo cos`ı la Hamiltoniana

Hp(q, p) = H(q, p) + 16E

ω4q1+ 16E0

ω4q3− 4B

ω3G3+ 8B ω3

2

q12+ q22 . Essendo Hp indipendente dal tempo la superficie Hp−1(−2) risulter`a invariante per il moto. Si consideri dunque la Hamiltoniana

Kp= kqk (H + 2) .

Indicata con K−2(q, p) la Hamiltoniana kqk2 kpk2+ 4, si ha

Kp(q, p) = K−2(q, p)+16E

ω4kqkq1+16E0

ω4kqkq3−4B

ω3G3kqk+8B ω3

2

kqk q12+ q22 . Come spiegato precedentemente Kp−1(1) = Hp−1(−2) e su tale superficie di livello dell’energia i campi vettoriali delle due Hamiltoniane sono paralleli. Ap- plicando la regolarizzazione di Kustaanheimo-Stiefel si ottiene il sistema definito su ξ−1(0) ⊂ T R4\ {0} dalla Hamiltoniana

H˜ = H0+ωE4kuk2(2 (u1u3+ u2u4)) +ωE40kuk2 −u21− u22+ u23+ u24 −

B

ω3G3kuk2+12

B ω3

2

kuk2 u21+ u22

u23+ u24

(2.4) dove

H0= 1

2 kuk2+ kwk2 e

G3= 1

2(u1w2− u2w1+ u4w3− u3w4) .

2.2 Le simmetrie nel problema regolarizzato e

la riduzione rispetto al flusso Hamiltoniano

Quello che ci si propone di fare ora `e caratterizzare gli integrali primi del proble- ma di Kepler riparametrizzato e regolarizzato tramite il metodo di Kustaanheimo- Stiefel che corrispondano al momento angolare ed al vettore di Runge-Lenz. `E opportuna una precisazione: il processo di regolarizzazione lavora con la Hamil- toniana KE la quale definisce un campo vettoriale parallelo a quello Kepleriano esclusivamente sulla superficie di energia H−1(E). In particolare gli integra- li primi del problema originario non saranno necessariamente integrali primi del problema regolarizzato all’infuori di tale superficie e viceversa. Ci`o che si

(20)

cercher`a saranno dunque integrali primi del problema regolarizzato che si iden- tifichino con gli analoghi delle componenti dei vettori del momento angolare e di Runge-Lenz nel problema originario sulla superficie di energia comune ai due sistemi.

Si consideri un polinomio omogeneo di secondo grado p su T R4\ {0}

p(z) = zT

 A C

CT B

 z

dove A, B, C ∈ M4×4(R), con A,B matrici simmetriche. La condizione che p sia integrale primo rispetto ai flussi Hamiltoniani di H0e di ξ equivale a richiedere che

{p, H0} = 0 {p, ξ} = 0 . La prima condizione pu`o essere riscritta come

B = A

CT = −C .

La seconda condizione, se si scrivono le matrici A, B e C nella forma a blocchi

 α11 α12

α21 α22



con αij ∈ M2×2(R), vincola ogni matrice αij ad essere del tipo

 a b

−b a



con a, b ∈ R. Da questi due fatti segue che, scritto z = (u, w) ∈ T R4\ {0}, p

`

e combinazione lineare degli otto polinomi H0 = 12 kuk2+ kwk2

Gi = 12(Ljk+ L4i) , con i, j, k permutazione ciclica di 1 . . . 3 i = 1, 2, 3 Ai = −14(M (u) u + M (w) w)i i = 1, 2, 3

ξ = u1w2− u2w1+ u3w4− u4w3

dove Lµν = uµwν− uµwν. Inoltre si ha che qualunque funzione di classe C integrale primo rispetto ai flussi di H0 e ξ `e funzione esclusivamente di H, G, A e ξ. Si osservi che questi polinomi non sono indipendenti in quanto risulta

kAk2+ kGk2 = H202 +ξ

2

2 G · A = 14ξ · H0.

(2.5)

Fra questi polinomi le uniche regole di commutazione non banali sono {Ai, Aj} = ijkGk

{Gi, Gj} = ijkGk

{Ai, Gj} = ijkAk.

(2.6)

Questo permette di identificare, su ξ−1(0), G con il vettore momento angolare ed A con il vettore di Runge-Lenz per il sistema di Keplero regolarizzato.

(21)

Risulta utile inoltre introdurre due nuovi integrali primi X+ e X in luogo di A e G, ad essi legati dalla relazione

X±= 1

2(G ± A) (2.7)

ovvero

G = X++ X A = X+− X. I vincoli (2.5) diventano

X±2

= G ± A 2

2

= G2± 2G · A + A2

4 = H0± ξ 4

2

(2.8) mentre le parentesi di Poisson, calcolate grazie alle (2.6), risultano:

Xi±, Xj± =ijkXk±

Xi+, Xj =0 . (2.9)

Si osservi che il flusso di H0definisce, su T R4\ {0}, un’azione di S1libera e propria ed inoltre, poich´e H0 e ξ commutano, la mappa

T = (H0, ξ) : T R4\ {0} −→ R2

definisce un’azione libera e propria di T2. `E allora possibile, analogamente a quanto fatto per ξ nel precedente capitolo, applicare il procedimento di riduzione tramite tale azione.

Teorema 3. Sia ( ˆH0, ˆξ) valore regolare per T tale che | ˆH0| 6= | ˆξ|, sia ∼T2 la relazione di equivalenza data dall’appartenere alle orbite dell’azione considerata di T2. Allora N = T−1( ˆH0, ˆξ)/ ∼T2, dotato della struttura simplettica ereditata dalla riduzione da T R4\ {0}, `e simplettomorfo a S2N+× S2N 3 (X+, X) (dove S2R sta ad indicare la sfera bidimensionale di raggio R) dotato dalla struttura simplettica data dalla 2-forma

ωr= N+V ol++ NV ol

dove V ol±= N1± X1±dX2±∧ dX3±+ X2±dX3±∧ dX1±+ X3±dX1±∧ dX2± indica la 2-forma volume su S2N± e dove si `e posto N±=14| ˆH0± ˆξ|.

Dimostrazione. Si definisca ˆN = T−1( ˆH0, ˆξ). Per quanto detto gli invarianti dell’azione del flusso di T , fissati i valori di H0e ξ, sono tutte e sole le funzioni di X+ ed X. Scegliendo le componenti di queste ultime quali coordinate dello spazio ridotto N si ha che esso `e contenuto, in virt`u delle (2.8), in S2N+× S2N

con

N±=

0± ˆξ

4 .

Per mostrare che effettivamente N = S2N+× S2N si consideri la funzione Hamil- toniana J = k+· X++ k· X dove k+, k∈ R3sono fissati. Il flusso generato lascia invariato ˆN ed inoltre, sfruttando le regole di commutazione (2.9), risulta che

dX±◦ ΦtJ

dt |t=0= k±× X±

(22)

equivalentemente

X±◦ ΦtJ = Rtk±X±

dove Rv ∈ SO (3) indica la rotazione di asse v ed angolo kvk (e ponendo per definizione R0 = I). Se dunque ˜z ∈ N `e arbitrario e ˜X± = X±(˜z), qualunque sia ( ˆX+, ˆX) ∈ S2N+ × S2N siano k+, k ∈ R3 tali che Rk±± = ˆX± e si definisca ˆz = Φ1k+·X++k·X(˜z) (si osservi che poich´e ˆN `e compatta il flusso generato da k+· X++ k· X `e completo e quindi ˆz `e ben definita) si avr`a che ˆX± = X±(ˆz) il che prova la suriettivit`a della mappa (X+, X) su S2N+× S2N. Le regole di commutazione (2.9) definiscono inoltre la struttura simplettica indotta su S2N+× S2N, che risulta essere quella espressa nell’enunciato.

Quanto `e stato fatto in questa sezione torner`a utile quando si lavorer`a con le forme normali troncate della Hamiltoniana del problema di Keplero perturbato nelle coordinate di Kustaanheimo-Stiefel. Tali forme commutano con la Ha- miltoniana di Keplero e dunque possono essere proiettate sullo spazio ridotto e viste come funzioni delle nuove coordinate X±. Per concludere si osservi che nel caso in studio ξ = 0, dunque risulta N = S21

4H0× S21

4H0, abbreviato nel seguito con S2× S2(il vincolo H06= 0 `e automaticamente soddisfatto su T R4\ {0}).

(23)

Capitolo 3

Forme normali

Per studiare il problema si costruiscono delle forme normali, procedendo in due passi. Prima si media la Hamiltoniana dell’atomo di idrogeno perturbato rispet- to al flusso Kepleriano. La forma normale cos`ı ottenuta `e a sua volta una piccola perturbazione di un sistema integrabile, e pu`o essere mediata una seconda volra rispetto ad esso. Questo procedimento produce delle forme normali ad un grado di libert`a.

3.1 Costruzione della prima forma normale

Il primo passo nella costruzione delle forme normali consiste nel mediare la Hamiltoniana perturbata ˜H = H0+ H1 come in (2.4) rispetto al flusso di H0. Questo significa trovare una trasformazione canonica che coniughi

H = H˜ 0+ H1 con una nuova Hamiltoniana

1= H0+ ¯H1+ H2 (3.1)

tale che

H¯1, H0

= 0

H2 = o (H1) .

Il resto si pu`o rendere piccolo a piacimento, fintanto sono soddisfatte alcune condizioni, e in particolare, nell’idea della teoria di Nekhoroshev, esponenzial- mete piccolo nel parametro perturbativo.

Proposizione 3. Esiste una costante positiva ˆ tale che, se  < ˆ, `e possibile trovare una trasformazione canonica Φ la quale permette di coniugare, in un intorno della superficie di energia ˜H−1(1) la Hamiltoniana ˜H alla Hamiltoniana H˜r:= ΦH definita da˜

r= H0+ ¯H¯1+ ˆH2.

Quest’ultima `e tale che { ¯H¯1, H0} = 0, ¯H¯1 risulta essere una perturbazione di H¯10 mentre la sup-norma sul dominio, laddove `e definita, di ˆH2`e dell’ordine di

 exp(−ˆ/).

(24)

Il processo, la cui dimostrazione `e qui accennata, si basa sulla reiterazione di un passo base che coniuga fra loro due Hamiltoniane in forma normale con un resto non normalizzato. Se le condizioni nelle quali si opera sono scelte accuratamente l’entit`a del resto della seconda Hamiltoniana risulter`a minore di quello della prima. Innanzitutto un modo comune per definire il singolo passo perturbativo `e il metodo di Lie, nel quale la trasformazione canonica che coniuga le due Hamiltoniane `e data dal flusso al tempo 1, Φ1χ, di una terza funzione Hamiltoniana χ opportunamente scelta.

Si supponga che il flusso H0definisca un’azione di Tn sullo spazio delle fasi e sia ¯H1 la media di H1sulle orbite di H0. Allora ovviamente valeH¯1, H0 = 0.

Se χ `e una funzione, allora

H ◦ Φ˜ 1χ= H0+ (H1+ LχH0) + LχH1+ o χ2 . Pertanto se χ soddisfa

LH0χ = H1− ¯H1 (3.2)

allora ¯H1= ˜H ◦ Φ1χsoddisfa (3.1) con H2= LχH1+ o χ2. Questo risultato va precisato nel caso in cui H0definisca un’azione di S1, ci`o che avviene se il flusso di H0`e periodico con periodo continuo e positivo. In particolare si ha (si veda per esempio [4])

Lemma 3.1.1. Se H0 definisce una azione di S1, ovvero le orbite di H0 sono periodiche con periodo continuo sullo spazio delle fasi, detto T il periodo delle orbite (omessa la dipendenza di T dai punti dello spazio delle fasi) allora detta

1= 1 T

Z T 0

H1◦ ΦsH0ds una Hamiltoniana χ che risolva (3.2) `e data da

χ = 1 T

Z T 0

s H1− ¯H1 ◦ ΦsH0ds

Dimostrazione. Sia F = H1− ¯H1e si osservi che ¯F = 0. Allora LH0χ = dχ ΦtH0

ds |t=0

= 1

T Z T

0

s dF ◦ Φs+tH

0

 dt |t=0ds

= 1

T Z T

0

s∇F ΦsH

0 · XH0 ΦsH

0 ds

= 1

T Z T

0

sLH0 F ◦ ΦsH0 ds

= 1

T Z T

0

sd F ◦ ΦsH

0



ds ds

= 1

T sF ◦ ΦsH0

T s=0− 1

T Z T

0

F ◦ ΦsH0ds

= F = H1− ¯H1

dove si `e sfruttato il fatto che, data la periodicit`a del flusso di H0, si ha che ΦTH

0= 0 ed il fatto che F ha media nulla sulle orbite di H0.

(25)

A questo punto si reitera questo processo di media controllando ad ogni pas- so, con tecniche analoghe a quelle che verranno presentate nel capitolo 5, l’entit`a del resto che si genera. Si pongono infine condizioni per le quali quest’ultimo sia piccolo come da enunciato.

3.2 Studio della prima forma normale

Verr`a determinata ora la forma normale (3.1) per la Hamiltoniana ˜H dell’atomo di idrogeno perturbato dato da (2.4). Si definiscano le seguenti grandezze:

a = −3E

ω4, b = −3E0

ω4, c = −B

ω3,  =p

a2+ b2+ c2.

Il parametro  (che risulta essere dell’ordine di grandezza adeguato perch´e si possa considerare il sistema una perturbazione di H0, come visto nel capitolo precedente) misura la forza del campo elettromagnetico ed `e il piccolo para- metro della teoria. Si noti che a, b e c indicano la predominanza delle singole componenti del campo elettromagnetico rispetto alle altre (rispettivamente a per la componente del campo elettrico ortogonale al campo magnetico, b per la componente del campo elettrico parallela al campo magnetico e c per il campo magnetico). La Hamiltoniana ˜H si pu`o scrivere nella forma ˜H = H0+ H1con H0 = 1

2 kuk2+ kwk2 H1 =



−a

3kuk2(2 (u1u3+ u2u4)) −b

3kuk2 −u21− u22+ u23+ u24 + cG3kuk2



+  c2

2kuk2 u21+ u22

u23+ u24

 .

Un semplice calcolo mostra che 1 T

Z T 0

kuk2◦ ΦsH0ds = H0

ed un calcolo un po’ pi`u laborioso mostra invece che 1

T Z T

0

kuk2M (u) u ◦ ΦsH

0ds = −3H0A + ξG . Di conseguenza su ξ−1(0)

1= 1 T

Z T 0

H1◦ ΦsH0ds = H0(aA1+ bA3+ cG3) + o()

= H0 v+· X++ v· X + o() dove

v±=

±a 0 c ± a

 e le X± sono state definite in (2.7).

(26)

Si studi ora la Hamiltoniana normalizzata troncata al primo ordine in  H˜10 = H0+ ¯H10,

dove ¯H10 = H0(v+· X++ v· X), che si pu`o ovviamente riguardare come definita sullo spazio ridotto N descritto alla fine del precedente capitolo. Anzi, poich´e H0 `e costante sullo spazio ridotto, ci si pu`o limitare a considerare la Hamiltoniana ¯H10 su S2× S2.

Per studiare ¯H10 `e opportuno riscriverla in nuove coordinate. Si osservi che, date R+, R ∈ SO (3), Y± = R±X± sono ancora coordinate simplettiche su S2× S2 (poich´e le rotazioni lasciano invariata la 2-forma volume). Si scelgano allora R± in modo che, posto

α±:= kv±k = q

a2+ (b ± c)2=  r

1 ± 2bc

2

si abbia v+·X++v·X= α+Y1+Y1e dunque ¯H10 = H0 α+Y1++ αY1.

La forma esplicita di tali matrici `e data da

R±=

±a

α± 0 b±cα±

0 1 0

−b∓c

α± 0 ±aα±

.

L’uso delle coordinate Y± rende facile la determinazione del flusso di ˜H10 su S2× S2. Usando le regole di commutazione per le Y± si ottiene

dY1±

ds = 0

dY2±

ds = − α±H0 Y3± dY3±

ds = α±H0 Y2±,

ovvero Y+ ruota attorno al primo asse con velocit`a angolare α+H0 e analoga- mente Y ruota attorno al primo asse con velocit`a angolare αH0. Dunque, H10

`

e la Hamiltoniana di un sistema integrabile isocrono, ma a seconda del valore di α± possono presentarsi due situazioni:

• α+∈ Q oppure α = 0: il flusso di H10 `e periodico e definisce un’azione di S1 su S2× S2(si parla in questo caso di frequenze risonanti).

• α6= 0 e α+∈ Q: il flusso di H/ 10`e quasi-periodico e definisce un’azione di T2 su S2× S2 (si parla in questo caso di frequenze non risonanti).

Casi di particolare interesse fisico, nei quali il flusso di H10 `e periodico, compren- dono:

• Effetto Stark: L’atomo `e immerso in un campo esclusivamente elettrico.

Allora c = 0 e poich´e non vi `e distinzione fra a e b, si pu`o porre b = 0, cosicch´e α±= |a|.

• Effetto Zeeman: L’atomo `e immerso in un campo esclusivamente magne- tico, a = b = 0 e α± = |c|.

Riferimenti

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