• Non ci sono risultati.

DOPPIA SECOLARIZZAZIONE: LA SITUAZIONE RELIGIOSA DELLA ROMANIA POST COMUNISTA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "DOPPIA SECOLARIZZAZIONE: LA SITUAZIONE RELIGIOSA DELLA ROMANIA POST COMUNISTA "

Copied!
576
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE

SEDE AMMINISTRATIVA DEL DOTTORATO DI RICERCA

XV CICLO

DEL DOTTORATO DI RICERCA IN

SOCIOLOGIA DEI FENOMENI INTERNAZIONALI, DEL TERRITORIO E DEL SERVIZIO SOCIALE

DOPPIA SECOLARIZZAZIONE: LA SITUAZIONE RELIGIOSA DELLA ROMANIA POST COMUNISTA

DOTIORANDO

GIACOMO GUBERT \

'f (

' l

COORDINATORE DEL COLLEGIO DEI DOCENTI

CHIAR. MO PROF. ALBERTO GASPARINI

FIRMA:

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE

~

\ /v---- c.J--

~

~

f

TUTORE

CHIAR. MO PROF. ALBERTO GASPARINI

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE

F I R M A : - - - -

(2)

INDICE

INDICE

ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI v

PARTE PRIMA: QUESTIONI INTRODUTTIVE l

I Ricognizione generale del campo di ricerca l

l. Introduzione l

2. Oriente. Occidente, Occidente-Oriente 4

3. « .. .in un'unica civiltà atea e disumana» 13

4 Prime ipotesi sulle secolarizzazioni 18

5. Quadro socio-politico della situazione religiosa 21

5.1 Selezione e descrizione 21

5.2 La modernizzazione romana 24

5.2.1 La prima fase 26

5.2.2 La modemizzazione comunista e postcomunista 30

5.2.3 Doppia transizione 38

5.3 L'anima della modernizzazione 47

5.4 Appartenenze territoriali e trascendenti 55 5.4.1 Benedict e l'identità-missione romena 65

5.4.2 La collocazione della Romania 67

5.4.3 La privatizzazione delle appartenenze 70

II Elementi di una nuova scienza sociale 72

l. Introduzione 72

2. Sociologia positivista 73

3. Alcune precisazioni 76

4. La tesi fondamentale 77

5. Vie di avvicinamento e vicoli ciechi 80

5.1 L'opzione antimetafisica 81

5.2 il fenomeno del fideismo 83

5.3 La questione del senso 86

5.4 Conclusione dell'argomento 89

6. L'ordine della storia 90

7. Le due sociologie 91

8. La critica di Voegelin al positivismo 93

9. Il metodo di Voegelin 98

10. L'unicità delle sociologia 100

11. La percezione della sociologia l

O

l

11.1 La riposta trascendentalista l 02

11.2 Realismo sociologico l 04

12. La spiegazione razionale dell'azione 109

13. Il modello sociale di spiegazione razionale 123 PARTE SECONDA: LE SOCIOLOGIE DELLA RELIGIONE

O. Introduzione alla seconda parte 0.1 Alcune precisazioni 0.2 Le indagini EVS- WVS 0.3 Le sociologie della religione

132 133

135 138

(3)

III. Hl e la sociologia della religione descrittiva l. Multidimensionalità del costrutto «religione»

2. La definizione della religione 3. La relazione religiosa sociale 4. La credenza

5. La credibilità sociale 6. L'ortoprassi

7. Secolarizzazione e FRR 8. Specificazioni qualitative 9. Tipi e gradi di secolarizzazione 10. Verso uno sguardo sintetico

l 0.1 Definizione implicita di religiosità 10.2 Un modello globale

11. Un interruttore relazionale 11.1 Il sacro e l'intensità relazionale

12. I due assi portanti e la dimensione mancante 13. Le domande di Margherita, per concludere IV. La sociologia della religione

l. Un modello sulla secolarizzazione 2. Le tre H replicate: 3HHb

3. La via della specificazione e la psicologia sociale V. Teoria della religione sociale

PARTE TERZA

139 141 144 146 148 150 152 153 176 182 196 196 205 228 232 230 235 237 246 253 256 261

ASPETTI DELLA RELIGIOSIT À ROMENA: LIVELLO INDIVIDUALE

l. Introduzione alla terza parte 276

VI La sociologia della confessione ortodossa l. Introduzione

2. Frammenti di una sociologia della confessione ortodossa inMax Weber

3. Il principio religioso fondamentale in Scheler (e von Hamack)

4. La trascendenza immediata in Miiller Armack 5. Fugacemente Toynbee

6. La sociologia della confessione ortodossa di Savramis 7. L'ipotesi weberiana in Buss

8. Un primo bilancio

9. Due rischi: sociologia implicita della confessione ortodossa VII. La fiducia

l Introduzione

2. Voci sulla distruzione 3. La risorsa fiducia 4. La fiducia trascendente

5. Relazioni tra fiducia trascendente e immanente 6. La soluzione di Simmel

7. I fattori della sfiducia

8. Operazionalizzazione e descrizione della fiducia Intermezzo luhmanniano I

281 283

283 286 288 296 297 305 306 308 314 314 315 319 320 324 325 328 330 338

(4)

VIII. Interruzione volontaria della gravidanza e religiosità l. Introduzione

2. Aborto e dibattito pubblico 3. Aspetti descrittivi

4. L'ortoprassi II

5. La spiegazione della scelta abortiva 6. Presenza della religiosità

7. Un'ipotesi eterodossa sull'ortodossia 8 Conclusione e prospettive future IX. La morte

l. Introduzione

2. Morire ali' ombra dei Carpazi P ARTE QUARTA.

343 343 343 351 362 364 373 387 402 405 405 408 ASPETTI DELLA RELIGIOSIT À ROMENA: LIVELLO ORGANIZZA TIVO

X. La Chiesa Ortodossa Romena 413.

l. Introduzione 413

2. Definizione del soggetto«chiesa» 414

3. LaBOR 420

3.1 La chiesa confinata 421

3.2 Appunti di sociologia della persecuzione 429

3.3 Dissenso 4 3 3

3.4 Intermezzo rivoluzionario 434

3.5 La Chiesa ortodossa romena in cifre 435

4. La tesi di Casanova 443

Xl. Chiesa, Stato e società civile l. Il rapporto tra Chiesa e Stato 1.1 L'eredità bizantina

1.2 Libertà religiosa e diritti dell'uomo

1.3 Episodi di incontro e scontro tra Chiesa e Stato 2. BORe società civile

2.1 L'ipotesi di Kharakhordin

2.2 Valutazioni della capacità della BORdi generazione istituzionale nel settore civile

Intermezzo luhmanniano II XII. Aspetti politici

l. Cenni sulla presenza del religioso nel politico 2. La frattura religiosa

CONCLUSIONE

APPENDICE METODOLOGICA BIBLIOGRAFIA

450 450 450 454 457 480 482 483 487

500 500

507

517 522

537

(5)
(6)

Elenco delle abbreviazioni più comuni nel testo

Riteniamo utile radunare in un unico elenco gli acronimi più importanti utilizzati nella stesura del presente lavoro, lasciando da parte quelli sciolti nel testo e di uso localizzato.

abbreviazione sisnificato

APP

=

APPARTENENZA AD UNA CHIESA/DENOMINAZIONE

AR

=

DEFINIZIONE DI SÉ QUALE PERSONA RELIGIOSA

BO BELG

=

BELGIO

BEL

=

BIELORUSSIA

BELO_PAT

=

MODELLI DI APPARTENENZA TERRITORIALE

BOR

=

CHIESA ORTODOSSA ROMENA

BRU

=

CHIESA ROMENA UNITA

BUL

=

BULGARIA

C2

=

VARIABILE INDICE DI RELIGIOSITÀ GLOBALE

CAT

=

CATTOLICI

CRD

=

CREDERE A DIO

CVR

=

(FATTORE) CULTURA VALORI RELIGIONE

cz

=

REPUBBLICA CECA

DD

=

IL DOLORE HA SIGNIFICATO PERCHÉ DIO ESISTE

D-E

=

GERMANIA ORIENTALE PRE E POST COMUNISTA

DK

=

DANIMARCA

CD

=

TEISTI

AD

=

ESSERE ATEI

IN

=

ESSERE INCERTI SULLA FEDE IN DIO

MF

=

INDIFFERENTI ALLA QUESTIONE DI DIO

DF

=

CREDERE AD UN PRINCIPIO DIVINO

DP

=

CREDERE IN UN DIO PERSONALE

D-O

=

GERMANIA OVEST E VACCHI LANDER

EDR

=

EDUCAZIONE RELIGIOSA DEI BAMBINI

EP

=

ETICA PROTESTANTE

ER

=

EDUCAZIONE RELIGIOSA

EST

=

ESTONIA

EVS

=

EUROPEAN VALUES STUDY

F

=

FRANCIA

FA

=

ANALISI FATTORIALE

FH

=

FREEDOM HOUSE

FIN

=

FINANDIA

FRR

=

FINE DELLA RESIDUALITÀ RELIGIOSA

GEN40/60 /80

=

TRE GENENRAZIONI

GB

=

GRAN BRETAGNA

GR

=

GRECIA

GS

=

GRADO DI SECOLARIZZAZIONE

GSS

=

GENERAL SOCIAL SURVEY

Hl

=

IPOTESI GENERALE SULLA SECOLARIZZAZIONE

ICS

=

TESI CLASSICA (O PARADIGMA CLASSICO) SULLA SECOLARIZZAZIONE

ID

=

IMPORTANZA DI DIO

IDIREL

=

VALORE DEL CIRCUITO RELAZIONALE

INTREL

=

INTERRUTTORE RELAZIONALE

IR

=

IMPORTANZA DELLA RELIGIONE

IR

=

IRLANDA

IT

=

ITALIA

LET

=

LETTONIA

LIT

=

LITUANIA

LUX

=

LUSSEMBURGO

v

(7)

abbreviazione significato

MT

=

MALTA

NIR

=

IRLANDA DEL NORD

NL

=

PAESI BASSI

OR

=

ATTI DI PREGHIERA O MEDITAZIONE

ORTH

=

ORTODOSSI

PCA

=

ANALISI DELLE COMPONENTI PRINCIPALI

PL

=

FREQUENZA DI PRATICA RELIGIOSA LITURGICA

POL

=

POLONIA

POR

=

PORTOGALLO

PP

=

FREQUENZA DI PRATICA RELIGIOSA PRIVATA

PPR

=

CONDIVISIONE TRA CONIUGI DELL'ATTEGGIAMENTO RELIGIOSO

PREGGEN VARIABILE INDICE DI REUGIOSITÀ GLOBALE INTERPRETABILE

PROT RC RCP RF RM RN RO RSR/RPR RU SK SLO SP sw

TS TX

ucs UCR UNG

wvs UR 3HH1-2-3 HM12 E 3

NOTA BENE

=

PROBABILISTICAMENTE

=

PROTESTANTI

=

TEORIA DELLA SCELTA RAZIONALE

=

PARTITO COMUNISTA ROMENO

=

CELEBRAZIONE RELIGIOSA DELLA MORTE

=

CELEBRAZIONE RELIGIOSA DEL MATRIMONIO

=

CELEBRAZIONE RELIGIOSA DELLA NASCITA

=

ROMANIA

=

REPUBBLICA SOCIALISTA ROMENA/REPUBBLICA POPOLARE ROMENA

=

RUSSIA

=

SLOVACCHIA

=

SLOVENIA

=

SPAGNA

=

SVEZIA

=

TIPO DI SECOLARIZZAZIONE

=

SPENDERE IL PROPRIO TEMPO IN CHIESA O PARROCCHIA

=

UCRAINA

=

UNIVERSO SOCIETÀ CIVILE

=

UNGHERIA

=

UTILITÀ DELLA RELIGIONE PER SE STESSI

=

WORLD VALUES SURVEY

=

IPOTESI SULLA SECOLARIZZAZIONE DI HOLUNGER E HALLER

=

IPOTESI DI MEULEMANN

• Abbiamo mantenuto il più possibile fede alla lingua italiana, in cui il lavoro

è

scritto. Là dove l'opera citata

è

edita in una lingua straniera, la traduzione

è

nostra, salvo diverso avviso.

Ciò ha ragioni essenzialmente pratiche. Ci scusiamo per le imperfezioni di espressione e gli eventuali errori di battitura.

• Una prima eccezione all'uso della lingua italiana

è

costituita dagli acronimi presenti nel testo. Talvolta essi rimandano ad una espressione straniera (ad esempio BELO_PAT), per ragioni mnemoniche o attraverso l'ordinamento delle iniziali (RCP per Partito Comunista Romeno, ordinato secondo l'uso anglosassone).

• Altre volte sono state utilizzate espressioni in lingue straniere potendosi presupporre che esse siano ampiamente conosciute. Per rispetto della fonte, una tabella che non abbiamo rielaborato, riporta la legenda in lingua inglese.

• Rimandiamo sempre all'opera da noi direttamente citata, lasciando a parte ogni indicazione sulla successione delle edizioni e sulle eventuali traduzioni.

(8)

• Essendo stato il nostro un lavoro secondario «giocale» (dove il globale

è

in larga parte virtuale) vi sono numerose fonti che sono state primariamente consultate su

internet.

Solo alcune di esse sono state poi pubblicate. Là dove la fonte è di questo tipo abbiamo pertanto indicato il sito di riferimento e un'indicazione di tempo, essendo

internet

sottoposto ad un continuo mutamento. Ringraziamo i motori di ricerca generali e specifici <google.com>

<findarticles.com> e <citeseer.com> oltre che alla biblioteca virtuale a pagamento

<questia.com> dalla quale abbiamo tratto pure giovamento.

vii

(9)

PARTE PRIMA: QUESTIONI INTRODUTTIVE

I. Ricognizione generale del campo di ricerca l. Introduzione

L'osservazione, sia sociale che sociologica, da vari decenni ormai1 si imbatte in un consistente numero di fenomeni eterogenei, per molti imprevisti per altri persino indesiderati, qualora nella scienza sia lecito desiderare, 2 che certamente significano la fine della prognosticata progressiva residualità del fenomeno religioso nelle società contemporanee.3 Considereremo questo fatto della FRR l'evidenza base di tutto il lavoro di ricerca che seguirà.

Riteniamo, per ragioni che nel corso del presente scritto andremo ad esplicitare, che questa interpretazione minimale di quello che taluni chiamano, non senza ambiguità/ «il risveglio religioso» o similmente, ci fornisca una base sufficiente per rifondare lo studio della

«dimensione religiosa della società»5, evitando alcuni vicoli ciechi in cui il dibattito, in particolar modo quello sulla secolarizzazione, si è ingabbiato, specialmente negli ultimi decenni. Con la circonlocuzione «fine della prognosticata progressiva residualità del fenomeno religioso nelle società contemporanee», introduciamo quindi il tema generale del presente lavoro senza cadere in una definizione del mutamento in atto che determini a priori, come sovente accade, proprio ciò che, con una adeguata teoria e una corrispettiva analisi empirica, deve essere studiato. Con essa affermiamo quindi minimalmente che è avvenuto un'inversione di segno nell'evoluzione della sfera religiosa della società6 (lasciando impregiudicata la questione se esso concerna solamente l'interpretazione corrente della storia contemporanea o anche la realtà sociale stessa7) e ci atteniamo ad una determinazione negativa del cambiamento (cioè la fine, in quanto fatto necessario, di un tendenza secolare di esaurimento). In positivo, la

1Cfr. per una sintetica rassegna Hervieu-Léger, 1973. L'Autore intitolava significativamente quel contributo di più di trent'anni or sono: "Segni di un risveglio religioso contemporaneo?". Da allora le ricerche, i contributi, le riflessioni in risposta a questo interrogativo si sono moltiplicate, a tutti i livelli del discorso, tanto che anche se effettivamente non fosse cambiato nulla, sarebbe socialmente cambiato (quasi) tutto.

2 Il desiderio infatti, è anche una forma di conoscenza. Nel grande processo di formalizzazione del sapere, che costituisce parte importante del progresso scientifico moderno e contemporaneo, si è teso più ad escludere questo conoscenza in quanto non formale che ad includerla in quanto sapere non ancora formale.

3Per brevità indicheremo questa circonlocuzione con l'acrostico troncato FRR (Fine della Residualità Religiosa) e identificheremo, là dove non si dica il contrario, la FRR con i fenomeni che interpreta.

4Prima fra tutte, l'assumere implicitamente come valida, seppur superata, l'ipotesi classica della secolarizzazione (ICS) o dell'eclissi del sacro.

5L'espressione è utilizzata e motivata da Peter Koslowski, 1985: 293-294.

~on riteniamo per il momento utile definire che cosa si intenda per «sfera religiosa» per non correre il rischio di far dipendere l'osservazione di mutamento dalla definizione di religione assunta. Ci affidiamo quindi alla nozione di senso comune di religioso che, pur non essendo formale, è in questa fase introduttiva, sufficientemente chiara. Nel quinto capitolo (parte seconda) proveremo ad unire la questione della definizione del religioso con lo studio del suo mutamento.

7Con ciò introduciamo quindi una distinzione, tra comunicativo e reale, per nulla pacifica nella teoria sociologica sulla quale avremo occasione di ritornare nel prossimo capitolo. Essa rimarrà comunque insufficientemente sviluppata.

(10)

circonlocuzione illumina la presenza di quella che Augusto Del Noce considerò l'inevitabile opzione, il pari pascaliano, che sta a fondamento della modernità assiologicamente intesa,8 tesi che più recentemente troviamo espressa anche nell'opera La scommessa della modernità di Adam Seligman9, forte anche egli della frequentazione, maggiormente sociologica e teoreticamente meno impegnativa, con il pensiero di Erich Voegelin.

Benché questo fenomeno abbia portata internazionale e in questo quadro comparativo molto ampio sia stato oggetto di studio, noi limiteremo il nostro sguardo al caso particolare della Ortodossia rumena, 10 inerente, come scrive Cesare Alzati, quello "spazio carpato- danubiano che rappresenta nel contesto europeo un'area singolarmente significativa, in cui gli ambiti di civiltà irradiatisi da Roma e dalla Nuova Roma, incontrandosi, hanno evidenziato le rispettive specificità, ma hanno altresì sviluppato una ricca trama di rapporti, che ha segnato nel profondo le diverse realtà antropologiche qui trovatesi a convivere. "11 Questo spazio romeno ha visto su di sé, nel secolo scorso, in tutte le sue varianti, ciò che un suo figlio, Mircea Eliade, esperì e denominò "il terrore della Storia"12 : da una "democrazia impossibile"13 ad un

"falso fascismo"14 d'anteguerra, attraverso l'autoritarismo militare, il totalitarismo comunista, nelle sue fasi evolutive, sino alla apertura alle democrazie occidentali. In tutto questo percorso individuammo, quando pensammo il titolo per il presente lavoro, due fasi del processo di

«secolarizzazione», per esprimerci con questa terminologia, tuttora prevalente e qui, in prima istanza, neutralmente introdotta: 15 la prima fase, forzata, esito probabile di più di quarant'anni di regime comunista e la seconda, «spontanea»16, frutto dell'apertura, ricca di contraddizioni, alle economie di mercato dopo la svolta del dicembre 1989. L'analisi di questo caso di confronto della religione con i cangianti assetti sociali ci permetterà di affrontare il tema più generale dello studio sociologico della confessione cristiano ortodossa, sul quale la letteratura a tutt'oggi non è affatto abbondante17In particolare ci domanderemo se l'Ortodossia subisca e risponda alle sfide della modernità in modo peculiare e caratterizzabile, in analogia con gli

8Si tratta della tesi centrale del pensiero di A. Del Noce. Cfr. A. Del Noce, 1990.

9 Scrive infatti A. Seligman: "Il mondo privo di centro prodotto dalla secolarizzazione radicale [ ... ] ha prodotto la propria nemesi nella forma di una religiosità che spesso assume le vesti del fondamentalismo. Dal mio punto di vista la cultura e la politica della modernità hanno scommesso tutto sulla possibilità di costruire un fondamento autorevole del sacro a partire da dettami non più trascendenti ma trascendentali"; in Seligman, 2002: 27.

10Per una esposizione storico-dottrinale sintetica sull'Ortodossia e i suoi rapporti con il Cattolicesimo cfr. Wilhelm de Vries, 1992.

11 Alzati, 200 l: I

12Eliade, 1995b: 226s. cfr. Marco Cugno, 1998: 27s.

13 Cfr. Hugh Seton-Watson, 1992.

14L'espressione è di Mariano Ambri, 1980, in risposta alla tesi dell'ortodossia marxista del "fascismo unico", centrale nell'interpretazione corrente della storia contemporanea che considera il fascismo unico un errore contro la cultura più che un errore della cultura. Per questa tesi cfr. ad esempio A. Del Noce, 1995, 1982. è comunque un tema molto ricorrente nel filosofo italiano.

15 Il termine «secolarizzazione», purificato da le numerose implicanze ideologiche, non significa altro che mutamento in negativo nella sfera religiosa della società, secondo le sue molteplici dimensioni.

16Diciamo provvisoriamente «spontanea», dovendo ancora esaminare i caratteri della secolarizzazione occidentale. Essa si differenzia dalla persecuzione religiosa comunista per il suo carattere non pianificato centralmente.

17 La circostanza è lamentata da molti autori, soprattutto a causa del fatto che il vuoto di analisi è riempito dai numerosi luoghi comuni. In Italia segnaliamo l'interessamento al tema di Luigi Berzano e Andrea Cassinasco, 1999. Nel sesto capitolo dedicheremo una sezione all'analisi della letteratura sull'argomento.

2

(11)

studi già compiuti per le altre confessioni cristiane nelle molteplici varianti nazionali. Il lavoro che seguirà

è

di natura quasi esclusivamente secondaria, sia di tipo quantitativo che anche qualitativo: ha la modesta pretesa di costituire una sintesi critica e problematica che tracci la strada a successive ricerche primarie nell'ambito della religione dei Romeni.

(12)

2. Oriente, Occidente, Occidente-Oriente

Il compito non si presenta affatto semplice e piano. In sede introduttiva conviene pertanto distinguere le differenti dimensioni che convergono su questo caso di studio al fine di poterle affrontare separatamente con maggiore chiarezza, lasciando alle fasi successive l'onere della sintesi, che tuttavia sarà già possibile intravedere nell'ordine intrinseco agli aspetti che si andranno analizzando.

In primo luogo sono importanti le ragioni, certo primariamente soggettive ma non per questo esclusivamente tali, che ci hanno indotto a scegliere e definire un tale oggetto di ricerca, soprattutto per permetterne una sua più ampia contestualizzazione culturale. Ci sembra che vi sia stato, sin già dalla prima fase di distensione che visse la guerra fredda, un crescente interesse anche culturale per la parte orientale di questo nostro continente europeo che si intende unificare a ritmi sempre più sostenuti, raggiungendo peraltro aree che mai nella storia composero insieme uno stesso corpo politico, per quanto sovranazionale. 18 Non si tratta, come l'economicismo corrente sembrerebbe voler imporre all'attenzione esclusiva, di un puro problema di integrazione di sistemi di produzione o anche più ampiamente, ma nella stessa ottica di ragione strumentale, di sistemi sociali, nelle loro diverse ramificazioni, questione che pur esiste, proprio in ragione del ritardo evolutivo, commisurato a quella che Nikolaj Berdjaev, 19 riferendosi all'Occidente, chiamò la "civilizzazione più perfetta", che questa parte dell'Europa ha subito negli anni del totalitarismo comunista. Né ci riferiamo ad una direzione obbligata di espansione, un puro dato di fatto, un novello Drang nach Osten delle potenze europeo-occidentali; ma si tratta dell'apporto culturale che l'Oriente, nella particolare forma mista che assume in Europa, può fornire a questo progetto europeista, non tanto per risolvere problemi che l'Occidente contemporaneo genera, rigenera, esporta ed impone, quanto per lasciare intravedere quelle alternative di buona vita associata che esso stesso invece, in quanto tale, per atto fondazionale diremo, esclude ed occulta.2

°

Certo, questa dicotomia Oriente- Occidente21 potrebbe suscitare perplessità, sia per un pregiudizio empirista contrario ad ogni tipologia, che lasci intendere qualche essenza, fosse anche nella versione debole della metodologia weberiana, sia per la equivocità di entrambi i termini, ed in particolare proprio di

18 Cfr. Federico Chabod, 1995.

19 Cfr. N. Berdjaev, 1930: 63-75.

20 Riferimento principe è la svolta hobbesiana, di cui ci occuperemo nel prossimo capitolo. Essa è normalmente identificata, senza lasciare spazio ad alternative interne, con la modernità occidentale. Per questo motivo la prefigurazione di una possibilità diversa nelle società cristiano orientali deve essere vista in opposizione agli esiti della cristianità occidentale. Scrive Marinelli, 1994: 174n. "È la dimensione contrattualistica della società che il pensiero russo non solo ritiene quanto di più disumano il pensiero occidentale abbia elaborato al livello di concezioni antropologiche e sociali, ma anche considera come un elemento che spinge fatalmente la società umana che si organizza in base a tale concezione verso la più completa autodistruzione." Ritroveremo questo pensiero trattando del modello ortodosso di società civile, nel settimo capitolo (il modello Doestovskij).

21Noi partiamo da un uso «ingenuo» di questa differenza, confortati da quanto ha detto lo storico della cultura Ihor Sevcenko, nell'ambito del convegno di studi «Storia religiosa dell'Ucraina» (atti di prossima pubblicazione presso il Centro Ambrosiano). Tracciando una breve storia di questa opposizione culturale egli infatti si è pronunciato a favore, in un contesto simile al nostro, di questo «ingenuo» di detta opposizione, a suo dire sufficientemente preciso.

(13)

«Oriente» indicante un ambito geografico troppo disomogeneo per storia e cultura per poter essere considerato anche solo analogicamente predicabile con tale unica espressione. Eppure in coloro nei quali la necessità di pensare un'alternativa ad un progetto di integrazione primariamente economicista acquista maggiore consapevolezza, queste categorie interpretative, anche solo per un rifiuto di identificare l'Occidente con l'Europa, si ritrovano facilmente, caricate talvolta di eccessivi significati e speranze, talvolta di visioni alternative tali da meritarsi almeno il tentativo di una discussione teorica ed empirica, nella misura del possibile.

Non neghiamo che sia forte la tentazione di un gioco intellettuale molto semplice, che si avvalga di queste coppie di opposti; di fronte ai problemi globali che la società contemporanea crea senza dare l'impressione di saper risolvere, o all'insoddisfazione di cui essa

è

all'origine, si invoca un'alterità, sia essa temporale (ecco il «post») o sia geografica (ecco il molteplice Oriente: comunitario, contemplativo, autenticamente religioso) alla quale si attribuisce la soluzione, o, più modestamente, almeno la potenzialità, le risorse per poter giungere ad essa, solo se lo si volesse. A ciò connesso vi

è

anche il rischio di reificare queste categorie lasciando intendere una divisione troppo netta, quasi invece lo stato normale non fosse, frutto di millenni di mutue relazioni, una creativa commistione di elementi. Ragione per cui si preferiscono espressioni miste: lo stesso Berdjaev preferiva chiamare la Russia, «Oriente-Occidente» e lo spazio romeno, pur nella sua esiguità, offre ragioni ancora più forti per tali denominazioni di transizione. Oppure l'uso di queste coppie oppositive potrà essere un modo comodo per creare nicchie difensive contro il nuovo corso di cui si temono le conseguenze. Tolti questi rischi retorici, o perlomeno di essi avvertiti, si può tuttavia indagare se e come in uno specifico spaziale, temporale e ideale questa alternativa, che abbiamo denominato appunto «Oriente», è vissuta e pensata.

Essendo però un tale compito ancora troppo indeterminato, dobbiamo procedere innanzitutto a delle limitazioni che motiviamo razionalmente, a cui seguirà un lungo percorso di avvicinamento, sui cui esiti non possiamo essere certi in anticipo. La prima limitazione consiste nella scelta dell'ambito religioso, estrapolato dal vasto arco della cultura, per il ruolo fondamentale che ha svolto, sia attivamente che per opposizione, nella genesi ed evoluzione storica sia dell'Oriente che in particolare dell'Occidente moderno, sino all'epoca contemporanea. Esso, esprimendosi inoltre in molteplici istituzioni caratterizzate da grande stabilità e continuità, conserva memoria di questi sviluppi divergenti e continua ad essere un luogo di vivacità culturale per il futuro, prerogative che lo rendono favorevole terreno di studio sociale. Proprio in termini religiosi, se non persino confessionali, è stata inoltre di sovente interpretata la diversità tra questi due mondi. 22

22 In ciò lo schematismo di S. P. Huntington, 1997 manifesta il pregio della chiarezza. Elaborando il suo concetto di civilizzazione scrive: "Di tutti gli elementi formali che defmiscono una civiltà, tuttavia, il più importante è generalmente la religione, come sottolineavano gli ateniesi. Quasi tutte le maggiori civiltà nella storia dell'umanità sono state strettamente identificate con le grandi religioni del mondo, e popolazioni di uguale lingua ed etnia ma di diversa

(14)

Possiamo quindi subito tentare di enucleare quello che riteniamo il punto centrale della differenza in ambito religioso, per quanto la sociologia possa vedere, tra Occidente moderno e Oriente, osservandolo dalla nostra sponda occidentale23 sia perché ci

è

più familiare sia perché appare essere quella in espansione e dominante. Pensiamo di ricavare buone indicazioni da un librettino, piuttosto noto, di Romano Guardini: La fine dell'epoca moderna, come pure nel complesso della sua filosofia della religione24 • Non riteniamo inutile soffermarci un poco su questo tentativo di comprensione della situazione religiosa globale per due motivi: perché, dal punto di vista sociologico, sentiamo il bisogno di una visione generale in cui inserire criticamente l'enorme materiale empirico e di teoria a piccolo-medio raggio che, non da solo né unicamente, il dibattito sulla secolarizzazione ha prodotto; e poiché vediamo operare queste categorie interpretative, trasformate in giudizi perentori, specialmente in coloro che con questa nuova situazione sono via via sempre più confrontati a partire da una contesto come quella orientale.

Guardini, in primo luogo, oppone senza porre in contraddizione/5 come accade nella teologia dialettica di Karl Barth, religione e fede: la prima intesa naturalisticamente come esito della ricerca umana dell'assoluto, la seconda come evento soprannaturale di incontro tra Dio e l'uomo. Data la stretta relazione vitale concreta che intercorre tra questi due opposti polari, la metamorfosi dell'uno non può che portare a profondi cambiamenti anche nell'altro. La tesi, concernente la vicenda storica del religioso,

è

in velocissima sintesi e breve presentazione, la seguente: l'Occidente moderno ha percorso il tragitto dall'innaturale tensione verso uno stato di religiosità pura26 nel suo primo compimento ottocentesco, che Niklas Luhmann chiamerà più tecnicamente differenziazione del sottosistema religioso, al rovesciamento in quello che pare essere l'unica esperienza storica conosciuta di società naturalmente areligiosa/7 esito verso cui

religione possono benissimo massacrarsi a vicenda, com'è accaduto in Libano, nell'ex Jugoslavia e in India." (1997:47) Sui dubbi che solleva l 'asserto dell'esistenza di un «blocco ortodosso» cfr. tra gli altri K. Kotzias, 200 l.

23 Questo punto di osservazione privilegiato si riflette anche nella selezione della bibliografia sulla quale si basa questo lavoro di carattere secondario.

24 CfGuardini, 1954, 1964, 1985 e Silvano Zucal, 1990, a cui sono debitore di alcune delle riflessioni presentate. Ci sembra tuttavia che Zucal non superi il nodo irrisolto dallo stesso Guardini concernente il rapporto tra religione e fede nell'epoca contemporanea. Cfr. anche la tesi dedicata all'argomento da L. Bolner (Università degli studi di Trento).

25 È il tema dell'opera giovanile di Guardini: L 'opposizione polare, a cui rimandiamo. Guardini, 1997.

26 CfGuardini, 1954: 98-99.

27 Scrive Guardini per chiarire questa a-religiosità: "Ricettività (religiosa, Ndr) che non intendiamo, lo ripetiamo ancora una volta, come fede nella Rivelazione cristiana e come condotta ispirata a quella Rivelazione, ma come contatto diretto con il contenuto religioso delle cose; quel lasciarsi afferrare dal flusso del mistero che promana dal mondo e che si ritrova presso tutti i popoli e tutti i tempi. In Guardini, 1954: 98. Cfr. Del Noce, 1990a (il concetto di irreligione) e Charles Peguy, 1997 Scrive il poeta francese, per significare la radicalità della irreligione moderna: "Non è la cristianizzazione che è un problema, storico. Al contrario è il contrario, è l'incristianizzazione, è la decristianizzazione .... è l'incristianizazione che costituisce il problema, l'incompletamento, l'enorme incompletamento della cristianizzazione; e la decristianizzazione, l'attuale, la moderna decristianizzazione; l'incristianizzazione: che cosi enormi placche dell'umanità non siano mai state raggiunte, occupate, ci sono tante cosa ancora da fare; la decristianizzazione, problema ancora infinitamente più pungente, in qualche modo, perché perdere (cosi a questo punto) costituisce inoltre un problema ancora infinitamente più pungente, più segreto, più misterioso, più inquietante di quello del non guadagnare affatto [ ... ] perché questo popolo che era cosi profondamente cristiano ... questo popolo che noi conosciamo, così profondamente diventato incristiano, così profondamente, così interiormente decristianizzato; (lo dico diventato incristiano, e non ridiventato, anche perché ciò non significa la stessa cosa; questa incristianità attuale, questa decristianità è infinitamene più grave, questa decristianità colpevole e come si dice in Corneille criminale, è diversa 6

(15)

il sociologo di Bielefeld non seguirà il teologo italo-tedesco, cadendo a motivo di ciò in alcune difficoltà teoriche che avremo modo di rilevare sotto. Scrive a proposito del vuoto religioso Silvano Zucal: "A determinare questo vuoto concorrono diversi fattori. Guardini indica in particolare fenomeni della massificazione, dell'egemonia spaventosa dell'artificiale, dell'assoluto potere della tecnica che determina un epoca senza immagini".28 In una tale situazione religiosa la fede, che la sociologia in quanto tale non può distinguere, rimane, in quanto soprannaturale, ugualmente possibile ma in una forma inedita "più parca, ma anche più pura e più grave"29 perché resa orfana del suo "opposto polare" che la sosteneva e la limitava al contempo. Un'analisi simile della dissoluzione del sacro, con una eziologia più remota includente lo stesso medioevo occidentale, la troviamo in Berdjaev, inserita in quella che il filosofo russo in esilio chiamò il processo di decadimento della cultura. Riassume questo pensiero Giancarlo Marinelli quando scrive: "Ogni dimensione profana posta e accettata come una realtà separata dal sacro, anche se confinante col sacro, in quanto tale ritenuta accettabile (ed

è

questa una caratteristica costitutiva di ogni visione del mondo che si basa sulla separazione tra sacro e profano), tende fatalmente a dissolvere il valore del sacro. Ogni epifania

è

infatti caratterizzata sempre, anche se in genere implicitamente, dalla tendenza a porre se stessa come la cosa più essenziale, più reale e da cui dipende tutta la realtà circostante. Perciò, in fondo, accettare che fuori dalla liturgia, dal culto vi sia una realtà che può stare in se stessa e che può non rientrare assolutamente nella realtà, nella dimensione del culto, significa spingere ab origine il sacro verso la sua dissoluzione"30 La completa profanazione attuale sarebbe pertanto, o a partire dalla svolta moderna, come pensa Guardini, o sin dalle sue origini medioevali, secondo Berdjaev, esito coerente della civilizzazione occidentale, scesa ad un volontario compromesso con le potenze del mondo.31 La vicenda religiosa dell'Oriente, questo Oriente che "sembra quasi uscire dalla dinamica della storia'132, o per virtù propria o per ritardo evolutivo, su ciò si dovrà appunto riflettere, sembra essere parzialmente diversa: permane in esso in misura maggiore quella che si deve giudicare un'autentica esperienza del sacro, che continua ad attrarre sinceramente alcuni figli dell'Occidente, ripugna ad altri, diventa per i molti un ulteriore oggetto di consumo alternativo.

Altri ancora, come il tedesco Werner Schubart, furono mossi dalla speranza che questo Oriente

dall'incristianità di prima, dell'antecristianità per cosi dire innocente; tutt'altra cosa ... Cosi decristiano nel sangue." In questo senso non basta un po' di crescita di indici religiosi per parlare di FRR.

28 Zucal, 1990: 486. L'espressione: «Epoca senza immagini» allude alla IX Elegia di R. M. Rilke e si presterebbe ad interessanti deduzioni proprio nel merito del confronto tra Oriente e Occidente moderno.

29 Guardini, 1954:110.

30 Marine Ili, 1994: 92. È questa evidentemente una concezione ultimamente debole e perdente del sacro.

31 Non sfuggirà la vicinanza di questa posizione di quella dell'irrazionalismo contemporaneo, sia nella sua forma teologica sia in quella filosofica, che convergono, da opposte valutazioni, nel ricondurre la desacralizzazione dell'Occidente al cristianesimo stesso. Cfr. per una sintesi efficace di questa posizione, di cui si fa promotore, Alain De Benoist. 1992.

32 Cfr. Berdjaev, 1930: 63-65.

(16)

«rigeneri psichicamente» quell'Occidente che "ha donato all'umanità le forme più perfezionate della tecnica, della statualità e del traffico, ma le ha rubato l'anima."33

Con questi brevi cenni abbiamo solo impostato un dibattito molto ampio e interessante, anche per la sociologia, che richiederebbe una maggiore precisione concettuale e terminologica ma che esula dagli scopi immediati di questo studio. Ci basterà per ora accogliere dalla riflessione filosofica questo giudizio severo sul vuoto religioso della postmodernità occidentale.

Esso tornerà utile quando si dovrà valutare il significato, anche filosofico, di quel complesso di fenomeni nuovi che abbiamo denominato con l'acronimo FRR.

Il confronto religioso tra Oriente e Occidente, anche limitando l'osservazione a quest'unica differenza generale individuata, rimane un ambito troppo vasto e indeterminato per una ricerca sociologica, che rischierebbe di girare a vuoto, giovandosi sì di apporti interdisciplinari ma senza trovare il suo specifico oggetto di studio. Esso deve corrispondere a ciò che socialmente attua le differenti esperienze religiose che idealmente sono state indicate e brevemente descritte. Pur ammettendo l'esistenza di fenomeni rilevanti di deistituzionalizzazione del religioso, non solo in Occidente, il riferimento alle organizzazioni ecclesiastiche resta pertanto imprescindibile, in particolare se non ci si intende limitare ad una mera descrizione della credenza individuale ma si vuole allargare lo sguardo a quegli effetti sociali della religione che, qualora presenti, sono necessariamente mediati da esse. L'esperienza del sacro, o della sua assenza, acquista· corpo sociale nella religione organizzata, nel nostro caso in quelle che comunemente, con una certa improprietà teologica, sono dette le confessioni cristiane, occidentali e orientali. Esse, con la loro identità e tradizioni, spesso, in quanto vitali, occasione di scontro e distanziamento, danno forma alla credenza ed in particolare a questo confronto religioso tra Oriente e Occidente, altrimenti destinato a cadere nella genericità, finendo per diventare uno dei luoghi, all'interno dello stesso processo di costruzione europea, dal quale il nostro interesse era stato originato, dove maggiormente si vive questa diversità e si riflette sui suoi rischi e sulle opportunità ad essa connesse.

In questo dibattito, a volte diretto, a volta a distanza,

è

facilissimo ritrovare quella differenza religiosa tra Oriente e Occidente, precedentemente descritta. Scrive, in forma di auspicio conclusivo di un intervento dedicato al contributo ortodosso alla costruzione dell'unità europea, Roberto Morozzo Della Rocca: "L'Oriente europeo ortodosso non è una realtà esotica e misterica. Possiede valori determinati da offrire all'Occidente: il pluralismo, il senso della differenza, il relativismo culturale, la profondità spirituale, la libertà di non definire e non classificare, la fedeltà alle origini cristiane ossia a radici comuni a tutti, la diffidenza per la logica ordinatrice al conformismo. L'ortodossia, teocentrica e verticale, può riequilibrare il cristianesimo occidentale troppo antropocentrico e orizzontale,"34 dove, giova ricordarlo, pur rispettando la dignità di pensiero dell'ipotesi esplicativa sottesa a questa confusione, dicendo

"cristianesimo occidentale" si deve intendere quello contemporaneo, già trasformato dal rullo

33 Schubart, 194 7: 41.

34 R. Morozzo Della Rocca, 1999: 95.

8

(17)

compressore della secolarizzazione, e non semplicemente, come pure accade in menti poco illuminate, male informate, di vasta ignoranza, il cristianesimo d'occidente in quanto tale. Del resto, come spesso anche benevolmente capita, facilmente si confonde da parte orientale l'ideale con la realtà dei fatti, riducendo la propria esperienza solo a questo e quella altrui a quello, dilungandosi poi a mostrare tutte le buone qualità che idealmente si possiedono e che farebbero così bene alla civiltà occidentale naturalmente irreligiosa.

Ci dovremo quindi occupare, nel terzo capitolo, di questa specie di sociologia della religione implicita, che rischia di usurpare il campo ad una riflessione autenticamente sociale sulla dimensione religiosa. Ma non si tratta nemmeno solo di una slealtà contingente, tra l'altro facilmente rinvenibile, invertita di segno, negli interlocutori occidentali; vi sono ragioni più profonde della semplice appartenenza confessionale per questa tentazione orizzontalistica, come scrive Marinelli in riferimento al pensiero di Lev Chestov: "E anche nell'oriente ortodosso le riflessioni antioccidentali che cercano di far leva sulle verità escatologiche e messianiche della fede cristiana appartengono più che altro alle virtualità, alle potenzialità, non ancora pienamente espresse, della fede, più che al cammino storico finora percorso. Anche la storia dell'oriente ortodosso, infatti, come viene riconosciuto da Solov'ev (oltre che da Rozanov, da Chestov e da Berdjaev), estromette, sebbene in modo e misure diverse, la radicalità escatologica e apocalittica dei Vangeli. Ma

è

soprattutto Chestov che mette in evidenza come lo svuotamento della forma escatologica del sacro, costituisce, in generale, un'inclinazione naturale della coscienza umana. Un'inclinazione naturale che spinge l'uomo a voltare le spalle a ciò che

è

comunque essenziale alla sua vita."35 D'altro canto non ci si deve nemmeno prestare troppo facilmente a quel giochetto retorico, sopra descritto, che vede nell'opposizione netta alle caratteristiche dominanti di un'epoca la soluzione ad ogni male. Proponiamo quindi, avvicinandoci alla conclusione di questa prima sezione, alcuni stralci di un discorso del teologo Olivier Clément, doppiamente significativo, in quanto egli

è

francese ed in quanto egli

è

ortodosso, che evidenziano alcuni rischi connessi in questo confronto con l'Occidente. In primo luogo l'attitudine ad autoconcepirsi in opposizione all'altro, deformando la propria stessa immagine oltre a quella altrui ed impedendo pertanto una retta comprensione reciproca:

"Occorre anzitutto cessare di ridurre il religioso al culturale, di opporre senza rimedio una fantomatica «cultura ortodossa» a una «cultura occidentale» demonizzata: in questa concezione l'Occidente

è

concepito come una «civiltà dell'eresia» totalitaria, accanita nel distruggere l'ortodossia, sistema malefico guidato dalla giudeo-massoneria e dal Vaticano. [ ... ] Diffidiamo degli irrigidimenti «identitari» che rischierebbero di fare dell'Ortodossia una setta, o un insieme di sette! Un'Ortodossia ferma ed aperta rifiuterà dunque di definirsi

a contrario

in rapporto alle confessioni occidentali, e anzitutto al cattolicesimo. [ ... ] Abbiamo una testimonianza da rendere serenamente, senza provare di continuo il bisogno -un bisogno di piccoli uomini e di minoritari complessati- di giustificarci squalificando l'altro. Ciò che del resto

35 G. Marine Ili, 1994:158.

(18)

dà l'impressione che noi rifiutiamo di comprenderlo, e lo chiude alla nostra testimonianza.

Sforziamoci di mostrare il positivo dell'Ortodossia." In secondo luogo, scrive sempre Clément, non si può accettare indiscriminatamente la spiegazione, usuale in ambito ortodosso, della attuale irreligione occidentale, quasi riguardasse solo le altre confessioni cristiane: "La pratica scientifica, la desacralizzazione del mondo provengono in gran parte dalla rivelazione biblica e evangelica. I cristiani dunque non devono averne paura, ma semmai tentarne un riorientamento dall'interno, nella misura in cui il loro sviluppo stesso pone la questione del senso. È ridicolo denunciare sistematicamente la nostra società, renderla responsabile di tutte le difficoltà che incontra il cristianesimo, mentre si profitta quotidianamente dei vantaggi che essa ci offre: automobile, aereo, telefono, progresso della medicina, immenso sforzo per totalizzare l'esperienza di tutte le culture, di tutte le forme d'arte, per esplorare le profondità dell'universo, dell'infinitamente piccolo e dell'infinitamente grande." In terzo luogo Clément illustra il compito dell'Ortodossia nel nuovo contesto sociale in cui, suo malgrado, sembra anch'essa destinata ad essere collocata: "Dobbiamo dialogare con gli scienziati, gli artisti, i creatori della società cosiddetta secolarizzata, ma che scopre sempre più il rispetto della persona, le esigenze dell'ecologia, la necessità di stabilire un ordine economico e giuridico mondiale. Non possiamo più accontentarci di ripetere i Padri: essi vivevano in un mondo statico, di 6000 anni, così credevano, e ritenevano che l'impero cristiano fosse universale e definitivo. Noi viviamo in un cosmo nato almeno 14 miliardi di anni fa e che non cessa di dilatarsi, abbiamo udito parlare deii'Islam, dell'India, della Cina, dell'Africa nera, delle sintesi e dei contrasti americani. [ ... ] Cessare di pensare l'ortodossia contro. Testimoniare nel cuore della modernità."36

Si noti ancora una volta come Clément indichi quali ragioni decisive del necessario adattamento della testimonianza, prima la diffusione della tecnica, poi la nuova concezione scientifica del mondo ed in fine il flusso globale di informazioni che unisce, in una chiacchiera in gran parte eterodiretta, aggiungiamo noi per onestà, tutto il mondo: si tratta grosso modo delle stese tre categorie individuate da Guardini, di cui sopra si disse. Pur brevemente esse meritano ora un commento personale: ci sembra infatti che permanga in queste valutazioni di Guardini come anche in quelle di Clément un elemento di debolezza, che in termini cattolici, diremmo modernista, tendente a sopravvalutare il significato sostanziale che la tecnica, in senso ampio, avrebbe nell'epoca contemporanea.37 Ma proprio il dominio universale della ragione strumentale non

è

in grado di celare la sua stessa strumentalità (e della tecnica di cui si avvale) se non ideologicamente (ecco l'essenza del modernismo38); ma una volta tolta

36 Citato in R. Morozzo Della Rocca, 1999: 95.

37 Sull'effetto della scienza-tecnica sui valori tradizionali di concentrò il dibattito filosofico tra Ugo Spirito e A. Del Noce (1971), a cui rimandiamo. Cfr. il commento di Francesco Barone in Be1ardinelli e Dalmasso,1995: 75-86.

38 Ci riferiamo ad una «essenza modernista» nel senso che sussiste una possibilità costante di risposta religiosa alla sfida della modernità che non distingue tra modernità e modernità come valore lasciando retroagire (anzi propugnando la retroazione) di questa mancanza di distinzione nel sistema religioso stesso. Il modernismo cattolico è una delle attualizzazioni storiche, forse la maggiore, di questa possibilità, che in presenza di un tale errore della cultura, permane.

Vi è inoltre un modernismo secolare, legato alla religione della tecnica, caratterizzato da un errore analogo.

10

(19)

questa protezione costituita da un pensiero acritico e dogmatico, la tecnica stessa dissolve le pretese esorbitanti di chi ne abusa. Questa realtà emerge, non senza contraddizioni, da un'analisi più attenta della FRR, a cui ci dedicheremo più sotto.

Dopo aver vagato, sia spazialmente che temporalmente, all'interno dell'Ortodossia, con una libertà che lascerebbe perplessi i più, se non fosse giustificata dal limitato fine di presentare con una certa ricchezza di riferimenti l'oggetto della nostra ricerca, si rende necessaria una terza delimitazione, di tipo geografico: la scelta dello spazio romeno come ambito principale del nostro studio. Detta opzione, tralasciando in quanto sociologicamente irrilevanti le sue motivazioni contingenti e personali, implica un grosso rischio e un qualche vantaggio. Quest'ultimo

è

già stato detto: la Romania

è

percorsa dal confine culturale e religioso di cui ci interessiamo, tanto da aver cercato nel corso del lungo e faticoso processo di unificazione statuale, la propria lingua, il pensiero che ne consegue e la propria stessa identità nazionale ora in Occidente, ora in Oriente, ora, a detta di taluni, in una sintesi creativa di queste differenze religiose, culturali e sociali. A ciò si aggiunga la caratterizzazione, sostenuta con forza da Eliade, della religione romena quale «cristianesimo cosmico»39, preservante pertanto una forte dimensione sacrale, mitologica, che se da una parte lo differenzia dall'Occidente, dall'altra lo distingue da quell'altra forma, si direbbe socialmente più evoluta, meno connessa ad una civiltà fondamentalmente contadina,40 di lotta contro il Tempo (l'apocalittica, il messianismo, il pensiero escatologico), sulla quale hanno insistito maggiormente i filosofi religiosi russi, a cui abbiamo sopra fugacemente accennato per descrivere la differenza orientale. Il grosso rischio connesso con questa scelta geografica

è

legato alla esiguità dell'esperienza romena, rispetto all'ipotesi generale, se l'Ortodossia subisca e risponda alle sfide della modernità in modo peculiare e caratterizzabile, che ci siamo proposti di mettere alla prova. Scrive quello strano romeno che fu Emil Cioran, esprimendo questo senso di impotenza, che si vuole tipico del suo popolo: "Le grandi nazioni o, per spiritualizzare questa nozione, le grandi culture hanno sventrato la Storia nel loro violento desiderio di affermazione. Delle fiamme di una grande cultura resta nel mondo un solco di fuoco, perché una grande cultura assomiglia a un'offensiva cosmica. Ma che cosa resta della strategia difensiva di una piccola cultura? Della polvere, non della polvere di cannone, ma questa polvere che porta il vento d'autunno. Io cerco invano la primavera delle piccole culture." [ ... ] E prosegue: "Rispetto alla Russia il cui messianismo

è

sempre stato una soteriologia, il profetismo nazionale delle piccole culture non supera il significato del momento storico. Quale possibilità di messianismo esiste in Romania quando noi non abbiamo mai progettato un

39 Scrive ad esempio in Mito e realtà, riferendosi a questo cristianesimo cosmico: "È una creazione religiosa originale in cui l'escatologia e la soteriologia hanno dimensioni cosmiche; e per di più il Cristo, senza cessare di essere il Pantocrator, discende sulla terra e fa visita ai contadini, come faceva, nei miti delle popolazioni arcaiche l'Essere supremo, prima di diventare un deus otiosus; questo Cristo non è storico perché la coscienza popolare non si interessa della cronologia né dell'esattezza degli avvenimenti e dell'autenticità dei personaggi storici", in M. Eliade, 1966: 207.

40 Lo stesso Noica, 1997 vedeva in questa caratteristica astorica della cultura contadina l'unica possibilità di rigenerazione della cultura romena.

(20)

qualsiasi destino monumentale?"41 Non potremo pertanto fare a meno di verificare la nostra ipotesi di ricerca non solo alla luce della piccola esperienza romena ma anche di quella delle altre nazioni ortodosse dell'area europea.

In tutta questa prima sezione introduttiva abbiamo quasi evitato la storia, in parte per poter procedere celermente nell'individuazione di alcuni aspetti culturali rilevanti per il nostro lavoro, in parte per conformarci al tempo lungo loro proprio, che procede lentamente ignorando la successione continua dei piccoli eventi contingenti. Ma proprio nel lasso temporale che ci siamo proposti di analizzare

è

avvenuto l'incontro tra un frutto dell'Occidente e l'Oriente europeo, che ha segnato fortemente la storia dei paesi di tutta l'area, ed in modo particolare proprio l'ambito religioso. Una brano di un discorso che Berdjaev tenne a Parigi, nella primavera del 1930, conclude appropriatamente il discorso iniziato con l'auspicio di un apporto culturale originale dell'Oriente alla costruzione europea e introduce, in modo altrettanto acconcio, la trattazione generale dell'esperienza comunista, alla quale sopra evidentemente ci riferivamo. Disse allora Berdjaev: "Il cristianesimo

è

la rivelazione universale, ed

è

entrato nel mondo come verità universale. Esso è giunto dall'Oriente, ma è venuto tanto per l'Oriente che per l'Occidente. Noi vogliamo avere un respiro universale e andiamo verso una nuova epoca universalistica, in cui saranno superati la chiusura e l'isolamento di tutte le parti della terra, nonché la chiusura e l'isolamento della terra stessa, la sua chiusura verso il cielo e verso altri mondi. C'è un Oriente amorfo e anticristiano. Ma esso non può essere vinto da una civiltà occidentale che diventa anch'essa anticristiana e senza volto. Il peggiore Oriente e il peggiore Occidente possono unificarsi in un'unica civiltà atea e disumana. Perciò l'unità di Oriente e Occidente in nome di Dio e dell'uomo, in nome di Cristo e della persona, deve compiersi sia contro l'Oriente che contro l'Occidente che uccidono Dio e, uccidendo Dio, uccidono anche l'uomo."42

41 Cit. in G. Pirzio Ammassari et al., 2001: 30-31, a cui siamo debitori di queste osservazioni sulla Romania. Il brano è tratto dall'opera di Cioran Histoire et Utopie, ma non si trova nella relativa traduzione italiana.

42 Berdjaev, 1930: 63-75. L'espressione; «Noi vogliamo avere un respiro universale ... » riecheggerà nell'immagine del "respirare con due polmoni", frequentemente utilizzata da Giovanni Paolo II nel suo magistero ecumenico ed europeo. Cfr. Cazzago, 1998 per una attenta disamina dell'uso di questa espressione da parte di Giovanni Paolo IL Sul «magistero orientale» del papa regnante cfr.

Cazzago, 1996.

12

(21)

3. « ... in un'unica civiltà atea e disumana»

Per formulare delle ipotesi sugli effetti che l'esperienza storica del totalitarismo comunista e dell'avventura liberai-democratica hanno sortito sulla religione dei Romeni, come degli altri popoli dell'area est europea, necessitiamo di una interpretazione globale di questi fenomeni preliminare e propedeutica alla mera descrizione e analisi empirica dei fatti e dei dati sociologici che imperfettamente li rappresentano. È sufficientemente chiaro quanto sia cruciale una simile opera ermeneutica, sia per dirigere lo sguardo della ricerca sia per giungere ad una più profonda comprensione degli eventi di cui c'interessiamo. Altrettanto evidente è la difficoltà del compito: "i fatti e le idee del Novecento rivelano un'unicità storica e un'enormità sul piano delle conseguenze (di tutti i tipi)'143 tali da esigere chiavi interpretative che oltrepassano le categorie storiche stesse44, soprattutto quando la storiografia si autolimita, per assunti epistemologici discutibili, ad analisi sempre più particolari e frammentate. In alcuni studiosi l'uso di una terminologia extra storica è semplicemente un mezzo espressivo per rimarcare quest'unicità, in altri a ciò si aggiunge invece una valutazione teoretica ben più centrale e decisiva che, più o meno esplicitamente, corrisponde a ciò che Del Noce considerava il carattere radicalmente nuovo della storia contemporanea, quello cioè di essere storia filosofica, in cui le ideologie, prima fra tutte il marxismo45, si fanno storia e fanno la storia, e in questo senso interessano, anche se non certo esclusivamente, lo storico. Costa poco impegno inoltre, mostrare che, in alternativa a quest'interpretazione, ben minoritaria, dell'epoca contemporanea, che facilmente può suonare estranea ad uno studio su di un singolo aspetto dell'evoluzione sociale, se ne assumono implicitamente altre, in modo particolare in sociologia, frutto consapevole di questo progetto moderno, date sovente per scontate, come quelle, di carattere derivato, a cui già sopra accennammo, del fascismo unico e regressivo o della diuturna lotta, che attraverserebbe la nostra epoca, tra forze progressivo-rivoluzionarie contro quelle conservatrici-reazionarie. Nel nostro caso eviteremo di accodarci a questo pensiero dominante, oltre che per motivi intrinseci all'interpretato stesso, su cui non è possibile in questa sede dilungarci, per la singolare relazione generativa che lo lega al paradigma della secolarizzazione, la cui contestazione generica, ancora tutta da precisare in quanto fondata su fatti empirici, la FRR, di grande ambiguità, abbiamo posto alla base di questo lavoro. Valutando che queste motivazioni siano sufficienti non già a fondare inequivocabilmente quella che resta

43 F. Rossignoli, 1998: l.

44 Ci riferiamo principalmente alla presenza di una forte interrogazione antologica e morale sul male (Cfr. Alain Besançon, 2000 che scrive del «secolo del male») e alla teologia, implicita ed esplicita, degli stermini di massa del XX secolo, in particolare l'Olocausto. Cfr. la raccolta di saggi di R. Gatti, 2000.

45 Con altri termini, troviamo la stessa considerazione in Morandi, 1996: 35. "La prassi è il fondamento epistemologico del metodologismo marxiano. Il metodo riceve una connotazione semantica profondamente diversa da quella che lo vorrebbe strumento conoscitivo della realtà empirica (nel nostro caso la società), attraverso cui elaborar enunciati sulla società. Il metodo marxiano è misurato dall'efficacia trasformativa della società. La conoscenza della realtà sociale, empiricamente e assai realisticamente analizzata da Marx, non è mai una conoscenza solo adeguati va [ ... ] ma è una conoscenza tanto più vera quanto più trasformativa e pratica." Rimandiamo a questo saggio di Morandi per un'esposizione migliore e più ampia dell'interpretazione del marxismo a cui facciamo riferimento.

(22)

un'interpretazione, che andrà giudicata per la chiarezza e la coerenza dei suoi esiti, ma a giustificarne l'utilizzo in sede di introduzione al nostro lavoro di ricerca, procediamo seguendo le tesi di Del Noce, alla ricerca delle essenze filosofiche che si sono fatte storia in questa nostra epoca46 e che hanno contribuito alla metamorfosi del religioso. Detto compito richiederà un certo impegno, pur attenendoci, per brevità, agli asserti fondamentali.

Un pensiero che intenda contestare le categorie che la modernità assiologicamente intesa47 tacitamente impone, se non vuole scegliere la via antimoderna, che finisce per subirle implicitamente per opposizione, sia nella forma del tradizionalismo che in quella della filosofia della crisi48, deve problematizzare il progetto moderno stesso, mostrandone le sue condizioni di validità, il suo carattere postulatorio. Come già dicevamo nella sezione precedente, si può vedere all'origine della modernità una scommessa, un pari pascaliano di dimensioni secolari:

verificare filosoficamente e storicamente la possibilità di costruire un sistema perfetto ad esclusione di ogni trascendenza49, tanto che se si volesse individuare un dogma fondativo di questa modernità assiologicamente intesa50, si direbbe che esso debba essere espresso nell'affermazzione del «non essere oggi più possibile la trascendenza religiosa». A cui corrisponderebbe, dal punto di vista antropologico, la celebre definizione kantiana di illuminismo come fine della autocolpevole minorità51 e da quello teologico, la negazione del peccato originale. Commentando il pensiero del filosofo-poeta Giacomo Noventa scrive Del Noce: "Che cosa l'Ottocento ha trasmesso al nostro secolo? Se guardiamo bene, l'idea che il processo storico del pensiero non possa venir altrimenti compreso che come diretto irreversibilmente verso l'immanenza, la secolarizzazione, la demitizzazione, ecc. in ogni caso verso l'espunzione del soprannaturale, che avrà per conseguenza il mutamento del senso della trascendenza, da verticale a orizzontale; l'idea, insomma, che dio (o almeno il Dio trascendente)

è

morto. I filosofi laici del Novecento, siano essi idealisti, o marxisti o neopositivisti, possono essere definiti complessivamente «filosofi dopo la morte di Dio», questa morte essendo stata accettata come risultato della storia."52 Dove il punto decisivo non

è

se questa tesi sia corretta, e data per tale, debba provocare un'adesione al progetto moderno o un suo deciso rifiuto, ma primariamente il carattere di irreversibilità che le si conferisce, tolto il quale la modernità può essere vista "non come momento antitetico al cristianesimo, ma quale

«problema» e terreno di sfida, al cui interno

è

possibile scoprire una linea di pensiero

46 Per una breve e incisiva delucidazione del metodo delnociano, su cui non possiamo soffermarci, cfr. R. Buttiglione, 1990.

47 Per l'illustrazione sintetica di questa tesi interpretativa cfr. A. Del Noce, 1982.

48 Cfr. Gambescia, 1995: 34-35.

49 Scrive A. Del Noce, 1990a: "La religione è esattamente il contrario di una tecnica, in quanto si distingue dalla magia;

se la parola «trascendente» ha un significato, è proprio questo: designa esattamente quella specie di intervallo assoluto e invalicabile che si apre fra l'anima e l'essere in quanto questo sfugge alla sua presa."

50 Insistiamo su questa specificazione per distinguere, come modemisticamente sovente non accade, questa modernità dall'epoca moderna in senso puramente temporale.

51"Was ist Aujkliirung? Aujkliirung ist der Ausgang des Menschen aus seiner selbst verschuldeten Unmuendigkeif' Cfr.

Kant, 1994.

52 A. Del Noce, 1978: 41.

14

Riferimenti

Documenti correlati

Successivamente alla ricevuta di presa in carico l’Agenzia delle entrate effettua dei controlli sulle informazioni contenute nell’istanza e, in caso di superamento

176 (Decreto ristori) sono definite le modalità di presentazione dell’istanza, il suo contenuto informativo, i termini di presentazione e ogni altro elemento necessario

L’istanza, oltre ai dati identificativi del soggetto richiedente e del suo rappresentante legale qualora si tratti di un soggetto diverso dalla persona fisica, contiene la

gennaio 2021 e il 25 luglio 2021. 105, ha disposto la destinazione prioritaria di una parte del suddetto fondo a favore dei soggetti titolari di partita IVA la.. Con il decreto

Qualora il contributo sia in tutto o in parte non spettante, l’Agenzia delle entrate recupera il contributo (in tutto o in parte) non spettante, irrogando le sanzioni in misura

Il provvedimento, inoltre, chiarisce che il valore del contributo a fondo perduto da accreditare agli operatori dipenderà dal rapporto tra il limite complessivo di spesa

Successivamente alla ricevuta di presa in carico l’Agenzia delle entrate effettua dei controlli sulle informazioni contenute nell’istanza e, in caso di superamento

[r]