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Tribunale di Napoli n Dr. De Matteis - INPS (Avv. Lenguito) - Fallimento S.V. (Avv. D Aiello).

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Fondo di garanzia - Surroga di diritto dell’INPS nella stessa posizione processuale e sostanziale del lavoratore - Insinuazione tardiva al passivo ex art. 101 L. Fall. - Inesistenza di una azione autonoma da parte dell’INPS sotto forma di azione di regresso - Inopponibilità all’INPS della prescrizione decennale dalla data dell’avvenuto pagamento della prestazione da parte del Fondo di Garanzia.

Tribunale di Napoli - 21.11.2013 n.13059 - Dr. De Matteis - INPS (Avv. Lenguito) - Fallimento S.V. (Avv. D’Aiello).

L’INPS, al momento del pagamento da parte del Fondo di garanzia, subentra nella stessa posizione processuale e sostanziale del lavoratore surrogato. Pertanto, la domanda dell’INPS di insinuazione tardiva al passivo ex art. 101 L. Fall. non è domanda autonoma rispetto alla domanda di ammissione al passivo già presentata dal lavoratore nella procedura fallimentare. E tale domanda non rileva ai fini del decorso del termine prescrizionale perché l’esercizio del diritto di surroga risulta attuatosi automaticamente col pagamento della prestazione e la insinuazione al passivo operata dall’INPS non attiene al sostanziale esercizio del diritto(di surroga), bensì ad un mero onere formale collegato alla necessità pratica e processuale di consentire il controllo (rectius accertamento) dell’avvenuta surroga da parte del giudice delegato in sede di verifica dello stato passivo.

FATTO - Con ricorso depositato il 07.02.2012, l’INPS - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (da adesso anche solo INPS ovvero ricorrente) ha presentato domanda di insinuazione tardiva al passivo ex art. 101 L. Fall. (applicabile ratione temporis) del Fallimento S.V. (da adesso anche solo fallimento) per l’importo di euro 8.789,20 “in privilegio ex artt. 2751-bis n. 1 e 2776 c.c. con collocazione di cui all’art. 2777 c.c.”, in surroga al credito originario dei lavoratori indicati in ricorso e soddisfatti ai sensi dell’art. 2, L. n. 297/82, oltre interessi legali ex art. 55, L. Fall. in privilegio.

All’udienza di comparizione delle parti ex art. 101/2 L. Fall. il Curatore ha eccepito la prescrizione ultradecennale del diritto azionato dall’INPS così che all’esito il giudice delegato ha disposto la trasformazione del rito e rinviato la causa al 14.05.2013.

Integrati i rispettivi atti di costituzione la causa è stata incardinata per la trattazione ai sensi degli artt. 175 e seg. c.p.c..

L’INPS ha insistito per raccoglimento della domanda di insinuazione tardiva sostenendo che la stessa non si sarebbe prescritta in quanto proposta in surrogazione ex art. 2, L. n. 297/82, della posizione dei creditori originari (i lavoratori) già ammessi al passivo e nei cui confronti la

prescrizione risulterebbe interrotta ai sensi degli artt. 94, L. Fall., e 2945/2 c.c.; il tutto con vittoria di spese.

Il fallimento si è costituito ed ha insistito sull’eccezione di intervenuta prescrizione, chiedendo in ogni caso il rigetto della domanda perché infondata, con vittoria di spese.

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Scambiate le note istruttorie ex art. 183/6 c.p.c. il giudice ha rinviato la causa all’udienza ex art. 189 c.p.c. in cui le parti costituite hanno rassegnato così le proprie

CONCLUSIONI

l’INPS: “riportandosi alle conclusioni rassegnate negli atti di causa”;

il fallimento: “riportandosi alle conclusioni rassegnate negli atti di causa”.

Il giudice ha assegnato la causa a sentenza e concesso i termini di giorni 20 per le comparse conclusionali e altri giorni dieci per le repliche.

DIRITTO - 1. Fattispecie ed inquadramento della domanda.

La domanda di insinuazione al passivo fallimentare proposta dall’INPS si fonda sul pagamento che l’Ente ha effettuato nella sua qualità di fondo di garanzia ai sensi della L. n. 297/82 in favore degli ex dipendenti del fallito dei ratei di T.F.R. maturati fino al fallimento.

Detto pagamento è avvenuto, come provato dalle quietanze di pagamento versate in atti, in tre rate: 27.12.2001, 08.01.2002 e 28.01.2002.

La convenuta curatela ha eccepito la prescrizione del diritto fatto valere dall’INPS per il decorso del termine decennale dal momento dell’ultimo dei pagamenti indicati.

Il fallimento ha dedotto che la prescrizione opererebbe in ogni caso ed a prescindere dalla qualificazione della domanda oggetto del giudizio, che ritiene prospettabile in termini di:

a) regresso (v. sub 2 dei motivi in comparsa);

b) rivalsa con surroga (limitata) al privilegio riconosciuto ai lavoratori (v. sub 3 dei motivi in comparsa);

c) regresso con surroga (v. sub 4 dei motivi in comparsa).

In via preliminare appare opportuno stabilire in che termini va qualificata la posizione dell’INPS ai fini dell’ammissione al passivo.

Aderendo alla più recente giurisprudenza di legittimità, questo Tribunale ritiene che per effetto del pagamento eseguito ex art. 22 L. n. 297/82 l’INPS è surrogata di diritto ex art. 1203, numero 5. c.c. nell’intera posizione dei creditori del fallimento soddisfatti.

La Cassazione sul punto ha infatti chiarito che “la norma istitutiva della surroga in questione (art. 2 L. n. 297/82), benché disponga testualmente l’attribuzione al predetto Fondo del “privilegio” ex artt. 2751 bis e 2776 c.c. spettante al lavoratore surrogato sul patrimonio del datore di lavoro, non può che riferirsi all’intera posizione sostanziale e processuale di detto lavoratore, non necessitando l’automatismo di tale surrogazione legale, alla stregua

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dell’art. 1203 n. 5 c.c., di alcuna diversa ed ulteriore disposizione normativa” (Cass. n.

5141/11).

D’altra parte questo varrebbe anche nel caso in cui si volesse considerare che la posizione dell’INPS sia quella di un coobbligato in solido con il fallimento che agisce in via di regresso, in quanto la relativa azione sarebbe pur sempre assistita dalla surroga legale ai sensi dell’art. 1203, numero 3 (anziché numero 5), c.c..

In ogni caso. all’INPS si surroga nella posizione degli ex dipendenti già ammessi al passivo, per effetto del pagamento effettuato in loro favore ai sensi della L. n. 297/82.

2. Sull’eccezione di prescrizione.

Il fallimento ha, come visto, eccepito la prescrizione della domanda azionata dall’INPS in quanto, a prescindere dalla sua qualificazione in termini di regresso ovvero rivalsa, la relativa pretesa surrogatoria non sarebbe stata esercitata nel termine di dieci anni dal momento in cui è sorta, che nel caso di specie sarebbe quello del pagamento del T.F.R. ex art. 2, L. n. 297/82, avvenuto in tre tranche: 27.12.2001. 08.,01.2002 e 28.01.2002.

Secondo il comparente fallimento, anche se l’INPS ha esercitato un diritto di surrogazione nella posizione dei lavoratori già ammessi al passivo, e nei cui confronti si è verificato l’effetto interruttivo “permanente” della domanda giudiziale ai sensi degli artt. 94, L. Fall., e 2945/2 c.c. lo stesso si sarebbe prescritto perché non esercitato nel termine di prescrizione che, in ogni caso, non poteva essere superiore agli ordinari dieci anni previsti dall’art. 2946 c.c.

In sostanza è stata eccepita la prescrizione del diritto dell’INPS di chiedere l’ammissione al passivo (surrogandosi) in luogo dei creditori originari già ammessi, ancorché il relativo diritto di credito sottostante non si sia ancora prescritto perché il relativo termine è stato interrotto.

A sostegno di questi argomenti il fallimento ha richiamato la giurisprudenza della

Cassazione secondo cui la concreta attuazione della surroga legale dell’INPS nei crediti ammessi dei lavoratori soddisfatti ai sensi della L. n. 297/82 non può prescindere dalla rituale domanda di ammissione al passivo.

L’eccezione è infondata.

La surroga è una ipotesi di sostituzione del soggetto attivo del rapporto obbligatorio attuata con il subingresso del terzo c.d. solvens nella posizione creditoria, con la conseguenza che non può essere soggetta ad un termine prescrizionale autonomo rispetto a quello del diritto in cui il terzo appunto subentra.

Secondo la Cassazione, infatti, la surrogazione prevista dal Codice civile non comporta l’estinzione del debito originario, “ma la modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio, con la sostituzione di un terzo all’originario creditore e senza incidenza sull’aspetto oggettivo

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del rapporto, con la conseguenza che, nonostante il soddisfacimento del creditore mediante il pagamento ad opera del terzo, la struttura del rapporto obbligatorio rimane inalterato ed il debito mantiene le sue caratteristiche essenziali” (Cass. nn. 5999/80, 572/73, 4808/84).

Come visto, questo subingresso avviene nella “stessa posizione” creditoria originaria, con l’implicazione che la prescrizione può essergli eccepita solo nei limiti in cui può esserlo nei confronti dei creditori surrogati.

L’assunto dedotto dalla curatela secondo cui, in ogni caso, la pretesa surrogatoria va fatta valere entro l’ordinario termine di prescrizione risulta privo di pregio.

Infatti, nel caso di specie l’INPS si è surrogata di diritto ai sensi dell’art. 1203 c.c. con la conseguenza che la stessa opera automaticamente, non essendo a tale fine necessario il consenso del creditore né la dichiarazione del surrogante (Cass. n. 6240/81).

Subordinare l’efficacia della surrogazione ai sensi dell’art. 1203 c.c. a forme di conoscenza e/o pubblicità sarebbe del tutto arbitrario.

Infatti, la legge nulla stabilisce a questo riguardo, e poi tutto il sistema della surrogazione è improntato ad una logica diversa dalla cessione del credito e da istituti similari, con la conseguenza che sembra inconcepibile condizionarla a determinati adempimenti, come la notifica al debitore o altra forma di pubblicità.

D’altra parte, da un lato la produzione dell’effetto surrogatorio (automatico) non ha

fondamento in un atto di autonomia privata bensì soltanto nella legge dall’altro quando il legislatore ha voluto condizionare detto effetto a determinate formalità l’ha fatto espressamente come ai fini dell’ipoteca ai sensi dell’art. 2943 c.c..

La circostanza dedotta dalla curatela secondo cui, al fine dell’ammissione al passivo, la Cassazione ha comunque ritenuto che la surrogazione legale vada fatta valere attraverso apposito ricorso di ammissione al passivo (Cass. n. 1997/95), non rileva ai fini del decorso del termine prescrizionale.

Infatti, detta circostanza non attiene al sostanziale esercizio del diritto (di surroga) che, come visto, già risulta attuatosi automaticamente con il completamento della fattispecie legate di cui all’art. 2013 c.c., bensì ad un mero onere formale collegato alla necessità, pratica e processuale, di consentire il controllo (rectius accertamento) dell’avvenuta surroga da parte del giudice delegato in sede di verifica dello stato passivo.

Nel momento in cui il terzo chiede l’ammissione al passivo in surroga del creditore già ammesso, in sostanza chiede l’accertamento (mero) della sua surrogazione nelle ragioni creditorie, già avvenuta nel momento in cui, col pagamento, ha concretizzato la fattispecie legale di cui all’art.

1203 c.c..

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Di conseguenza, il diritto di surroga riconosciuto ex lege all’INPS non risulta prescritto in quanto, ancorché la richiesta di ammissione al passivo è avvenuta dopo dieci anni dal momento in cui c’è stato il pagamento che ha determinato la surroga, una volta che quest’ultima si è verificata il solvens esercita il diritto proprio in cui si è appunto (già) surrogato.

Siccome nel caso in esame l’INPS sta esercitando il diritto di credito degli ex lavoratori dipendenti del fallito che, allo stato, risulta sospeso ai sensi degli artt. 94 L. Fall. e 2945/2 c.c. “...

allo stesso modo che il debitore non può opporre la prescrizione al creditore che l’abbia interrotta mediante una domanda giudiziale, così il condebitore (fallimento) non può, per effetto di quella stessa interruzione, opporre la prescrizione al debitore che agisce in rivalsa surrogandosi al creditore” (Cass. n. 577/73).

La domanda dell’INPS di insinuazione al passivo fallimentare in surroga degli ex dipendenti del fallito per l’intervenuto pagamento del T.F.R. ex L. n. 297/82, non si è prescritta e va pertanto accolta.

3. Sugli interessi e la rivalutazione dello domanda.

La domanda dell’INPS in surroga degli ex dipendenti del fallito già ammessi al passivo fallimentare andrà soddisfatta entro i limiti di quanto è stato a questi pagato, in quanto la surroga nelle loro posizioni rappresenta uno strumento che assiste il recupero di quanto (e solo quanto) il solvens ha pagato al creditore originario.

D’altra parte, poi, la surroga dell’INPS ai sensi dell’art. 2, L. n. 297/82, nel privilegio spettante al lavoratore, ai sensi degli arti. 2751bis e 2776 c.c., consente a questi di essere ammesso nella procedura fallimentare nella stessa posizione che avrebbe assunto il lavoratore e non in maniera integrale (Cass. n. 16447/11); e altrimenti ragionando si riconoscerebbero all’INPS, da un lato, un ingiustificato arricchimento e, dall’altro, diritti speciali (alla rivalutazione) previsti

dall’ordinamento ad un soggetto diverso da quelli per cui ciò appare giustificato.

4. Sulle spese.

La natura e la complessità delle questioni oggetto del giudizio, con riferimento alle quali non risulta essersi formato uno specifico giurisprudenziale, e tenuto anche conto della qualità delle parti, ai sensi dell’art. 92 c.p.c. le spese di giudizio vanno integralmente compensate.

(Omissis) _______

Riferimenti

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