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Le novità in tema di contratto di somministrazione di lavoro

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1 NOVEMBRE 2020 | Tipologie contrattuali

Le novità in tema di contratto di somministrazione di lavoro

Il DL n. 87/2018 (c.d. Decreto Dignità), convertito con Legge n. 96/2018, ha apportato modifiche al D.Lgs n. 81/2015 e tali modifiche hanno riguardato anche la somministrazione di lavoro aprendo problematiche interpretative ancora irrisolte.

Alle problematiche interpretative legate a questa ennesima modifica della disciplina della somministrazione di lavoro, si aggiungo quelle emerse a seguito dell'emergenza COVID-19 che, a sua volta, ha reso necessari alcuni interventi in materia.

La somministrazione di lavoro si sostanzia nella conclusione di un contratto di natura commerciale- tra l'agenzia di somministrazione ed un soggetto utilizzatore, avente ad oggetto la fornitura, da parte del primo in favore del secondo, di lavoratori tenuti a svolgere la propria attività nell'interesse - nonché sotto la direzione ed il controllo - dell'utilizzatore medesimo.

Il ricorso alla somministrazione consente all'azienda utilizzatrice di beneficiare di prestazioni lavorative senza l'assunzione di tutti gli oneri derivanti dall'instaurazione diretta di un rapporto di lavoro subordinato. La società somministratrice, infatti, si interpone tra l'imprenditore che materialmente utilizza la prestazione e il lavoratore, che viene inviato in missione.

Pertanto, attraverso la combinazione di due distinti rapporti contrattuali (quello

"commerciale" che intercorre tra l'agenzia e l'impresa utilizzatrice e quello "di lavoro" intercorrente tra l'agenzia e il lavoratore) entrano in relazione tre soggetti:

l'agenzia somministratrice di lavoro, il lavoratore e l'impresa utilizzatrice.

Il contratto di somministrazione può essere stipulato a tempo determinato o a tempo indeterminato.

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A seconda della scelta e della necessità del datore di lavoro, ai sensi dell'articolo 34 del D.Lgs n. 81/2015, come modificato dall'articolo 2, comma 1 DL n.

87/2018, in caso di assunzione a tempo indeterminato, il rapporto di lavoro tra somministratore e lavoratore è soggetto alla medesima disciplina prevista per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

Diversamente, in ipotesi di assunzione con contratto a termine, il rapporto di lavoro è disciplinato da quanto disposto al capo III del predetto decreto (ovvero la disciplina dei contratti a tempo determinato), con esclusione delle sole disposizioni di cui agli articoli 21, comma 2, 23 e 24, rispettivamente relative a:

 periodo di intervallo tra due contratti a termine (c.d. stop & go);

 numero complessivo di contratti a tempo determinato (limite del 20%);

 diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato.

I primi aspetti problematici di tale tipologia di contratto si evidenziano proprio in riferimento alla somministrazione a tempo determinato: ai sensi dell'articolo 19 del D.Lgs n. 81/2015, qualora tra il lavoratore e l'agenzia di somministrazione intercorra un contratto a termine, è consentito stipulare anzitutto un iniziale contratto "a-causale" (pertanto privo di una espressa causa) la cui durata non potrà superare le 12 mensilità.

Una volta superato il limite delle 12 mensilità, per stipulare un contratto di durata superiore (fino ad un massimo di 24 mensilità) è necessaria l'indicazione della causale.

Tra le predette causali rientrano le ipotesi di:

 esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria e

 esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività,

 esigenze di sostituzione di altri lavoratori.

Nel computo della durata massima di 24 mesi vengono considerati anche i rapporti di lavoro a tempo determinato tra stesso datore di lavoro e stesso lavoratore, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l'altro.

Inoltre, sempre ai fini del predetto computo, si tiene conto dei cosiddetti "periodi di missione" aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale, svolti tra i medesimi soggetti, nell'ambito di somministrazioni di lavoro a tempo determinato.

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Con la Circolare n. 17/2018, il Ministero del Lavoro ha precisato che

"il rispetto del limite massimo di 24 mesi deve essere valutato con riferimento non solo al rapporto di lavoro che il lavoratore ha avuto con il somministratore, ma anche ai rapporti con il singolo utilizzatore, dovendosi a tal fine considerare sia i periodi svolti con contratto a termine sia quelli in cui sia stato impiegato in missione con contratto di somministrazione a termine per lo svolgimento di mansioni dello stesso livello e categoria legale".

Per l'utilizzatore, dunque, la durata massima si riferisce alla durata dei rapporti di lavoro a termine, sia nella forma dei contratti a tempo determinato che della somministrazione a termine, per lo svolgimento di mansioni di pari categoria legale e livello.

Come evidenziato nella predetta Circolare, superati poi i 24 mesi,

"non è più possibile ricorrere non solo ai contratti a tempo determinato, ma anche alla somministrazione a termine, fatto salvo il caso di assunzione a tempo indeterminato da parte del somministratore".

Per il somministratore la durata massima del rapporto tra stesso lavoratore e stessa agenzia per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale è 24 mesi.

A ben vedere, però, ai sensi dell'articolo 19, comma 2 D.Lgs n. 81/2015, la contrattazione collettiva può prevedere una durata diversa, anche superiore, rispetto al limite massimo dei 24 mesi.

In tal senso, risulta necessario evidenziare alcune previsioni del CCNL Agenzie di Somministrazione di lavoro del 21 dicembre 2018 secondo cui

"a far data dal 1° gennaio 2019 la durata massima della successione dei contratti a termine tra agenzia e lavoratore è così articolata: nelle ipotesi di somministrazione con il medesimo utilizzatore, la durata massima è individuata dal CCNL applicato da quest'ultimo (in assenza è di 24 mesi);

nell'ipotesi di somministrazione su diversi utilizzatori, è pari a 48 mesi".

Come evidenziato dalla Circolare di Assolavoro n. 4/2019, la disposizione in esame sancisce una serie di principi generali:

"disciplina la successione di contratti a termine tra la medesima agenzia ed il medesimo lavoratore e conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale; incide unicamente nella successione di contratti a termine tra agenzia e lavoratore somministrato, fermi restando quindi gli eventuali limiti di durata alla somministrazione a termine/contratto a termine individuati dal contratto collettivo applicato

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dall'utilizzatore, o dalla legge; stabilisce come regola generale che, nel caso in cui il lavoratore venga impiegato presso un unico utilizzatore, il limite di durata massimo è quello individuato dalla contrattazione collettiva applicata dall'azienda utilizzatrice, in assenza del quale opera il limite legale pari a 24 mesi".

Ad ogni modo, si rileva che il termine inizialmente posto al contratto di lavoro tra somministratore e lavoratore può in ogni caso essere prorogato, con il consenso del lavoratore e per atto scritto, nei casi e per la durata previsti dal contratto collettivo applicato dal somministratore (articolo 34, D.Lgs n. 81/2015).

Infatti, a tal riguardo, con Sentenza n. 21390 /2019, la Corte di Cassazione ha chiarito che

"il termine inizialmente posto al contratto di lavoro può essere prorogato con il consenso del lavoratore e con atto scritto nelle ipotesi e per la durata prevista dalla contrattazione collettiva applicata dal somministratore".

In tal senso, l'accordo di rinnovo del 21 dicembre 2018 del CCNL delle Agenzie di Somministrazione di lavoro all'articolo 1, punto 3 prevede:

 massimo 6 proroghe in caso di durata massima pari a 24 mesi (applicazione del limite legale) e

 massimo 8 proroghe in caso di diverso limite di durata massima individuato dal CCNL applicato dall'utilizzatore.

In riferimento alla disciplina dei rinnovi, invece, l'articolo 21 D.Lgs n. 81/2015 prevede che

"il contratto può essere rinnovato solo a fronte delle condizioni di cui all'articolo 19, comma 1".

Alla luce di tale disposizione, in ipotesi di rinnovo del contratto di somministrazione la causale è sempre necessaria, indipendentemente dalla durata del contratto rinnovato.

Come previsto dall'articolo 2, comma 1-ter del Decreto Dignità (così come integrato dalla legge di conversione), le causali di cui all'articolo 19, comma 1 D.Lgs n. 81/2015 in ipotesi di ricorso al contratto di somministrazione di lavoro,

"si applicano esclusivamente all'utilizzatore".

Pertanto, come chiarito dalla già citata Circolare del Ministero del Lavoro n.

17/2018, in caso di durata della somministrazione a termine per un periodo

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superiore a 12 mesi presso lo stesso utilizzatore, il contratto di lavoro stipulato dal somministratore con il lavoratore dovrà indicare "una motivazione riferita alle esigenze dell'utilizzatore medesimo".

A tal proposito, la Circolare Assolavoro n. 9/2018 ha spiegato che

"quando l'agenzia assume il lavoratore a tempo determinato, nelle ipotesi normativamente previste nelle quali occorre apporre la causale, quest'ultima dovrà essere richiesta all'utilizzatore".

Difatti, sarebbe impossibile per l'agenzia di somministrazione individuare delle causali ne termini previsti dall'articolo 19, comma 1, D.Lgs n. 81 del 2015 in quanto l'assunzione alle proprie dipendenze del lavoratore non potrebbe avere altra giustificazione se non quella di doverlo inviare in missione presso l'utilizzatore e, quindi, non sarebbe mai rinvenibile una esigenza straordinaria ed estranea alla normale attività dell'agenzia di somministrazione.

Va da sé, pertanto, che le "condizioni" richieste dalla legge per l'assunzione con contratto a termine da parte dell'agenzia di somministrazione, debbano riferirsi esclusivamente all'utilizzatore.

D'altronde, lo stesso Ministero del Lavoro, con la sopracitata Circolare n.

17/2018, ha precisato che

"l'obbligo di specificare le motivazioni del ricorso alla somministrazione di lavoratori a termine sorge non solo quando i periodi siano riferiti allo stesso utilizzatore nello svolgimento di una missione di durata superiore a 12 mesi, ma anche qualora lo stesso utilizzatore aveva instaurato un precedente contratto di lavoro a termine con il medesimo lavoratore per mansioni di pari livello e categoria".

Le ipotesi che materialmente si creano sono pertanto tre: in ipotesi di una seconda "missione" presso lo stesso utilizzatore, successiva rispetto a un precedente rapporto a termine di durata inferiore a 12 mesi, è richiesta sempre l'indicazione della causale, in quanto tale condizione è assimilabile a un rinnovo.

Parimenti, una seconda "missione" presso lo stesso utilizzatore successiva rispetto a un precedente rapporto a termine di durata pari a 12 mesi richiede l'indicazione della causale.

Infine, una seconda "missione" di durata non superiore a 12 mesi può essere seguita da un'assunzione da parte dell'utilizzatore con contratto a termine per una ulteriore durata massima di 12 mesi, sempre con indicazione della causale.

Nelle ipotesi in cui risulti necessaria la indicazione della causale, va ricordato che, secondo la Corte di Cassazione, questa deve essere specifica in quanto

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"la nullità del contratto si estende anche all'indicazione omessa o generica della causale della somministrazione, con conseguente trasformazione del rapporto da contratto a tempo determinato alle dipendenze del somministratore a contratto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze dell'utilizzatore" (Sent. Cass. n. 197/2019).

Nella specie, è stata ritenuta generica la causale "gestione delle attività di call center in relazione alle esigenze di carattere organizzativo connesse al riassetto societario", in quanto non esplicativa né delle ragioni di ricorso al lavoro somministrato né del contenuto del riassetto societario ovvero del periodo temporale di riferimento.

Le esigenze connesse alla gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID- 19 hanno indotto il legislatore ad intervenire sulla materia con norme specifiche ed eccezionali, in deroga alla disciplina generale.

In particolare, l'articolo 93 del c.d. Decreto Rilancio (DL n. 34/2020), convertito con Legge n. 77 del 17 luglio 2020, ha introdotto una deroga - limitata nel tempo - all'obbligo di giustificare con le causali exarticolo 19, comma 1, del D.Lgs n.

81/2015, il rinnovo e la proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato.

In particolare la norma prevede che

"in deroga all'articolo 21 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, per far fronte al riavvio delle attività in conseguenza all'emergenza epidemiologica da Covid-19, è possibile rinnovare o prorogare fino al 30 agosto 2020 i contratti di lavoro subordinato a tempo determinato in essere alla data del 23 febbraio 2020, anche in assenza delle condizioni di cui all'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n.

81".

In sede di conversione, era stata introdotta, inoltre, una disposizione (ora abrogata) che stabiliva che

"il termine (…) dei contratti di lavoro a tempo determinato, anche in regime di somministrazione, è prorogato di una durata pari al periodo di sospensione dell'attività lavorativa, prestata in forza dei medesimi contratti, in conseguenza dell'emergenza epidemiologica da COVID-19".

Con la disposizione in questione il legislatore ha disposto la proroga ex lege del termine dei contratti di lavoro a tempo determinato anche in regime di somministrazione, innescando non pochi dubbi e problemi soprattutto relativi alla condizione di difficoltà economica provocata dalla emergenza sanitaria.

Tale disposizione è stata abrogata dall'articolo 8 del DL n. 104/2020 (c.d.

"Decreto Agosto") con il quale sono state apportate ulteriori modifiche in materia.

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Quest'ultimo infatti, da un lato, ha esteso fino al 31 dicembre 2020 la possibilità di prorogare o rinnovare i contratti a termine "per un periodo massimo di dodici mesi e per una sola volta (…) anche in assenza delle condizioni di cui all'articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015 n. 81"e, d'altro lato, ha, come detto, abrogato il comma 1-bis del predetto articolo 93.

Onde, allo stato, è esclusa la proroga automatica dei contratti a termine e di somministrazione ed è invece ammessa la possibilità delle parti di disporne la proroga in deroga alla disciplina generale circa l'indicazione obbligatoria della causale per proroghe che portino la durata del rapporto a oltre 12 mesi, fermo restando il limite di 24 mesi di durata massima del rapporto.

Limite di 24 mesi che, invece, in base alle modifiche introdotte in sede di conversione in legge del Decreto Agosto (articolo 8, comma 1-bis), può essere superato per la somministrazione di lavoro laddove il lavoratore risulti assunti dall'agenzia di somministrazione con contratto di lavoro a tempo indeterminato.

In questo caso, infatti, il legislatore ha previsto che l'utilizzatore può impiegare il lavoratore somministrato anche per periodi superiori a 24 mesi senza che ciò comporti la costituzione del rapporto in capo all'utilizzatore. Si tratta dell'ennesima deroga alla disciplina generale dettata dall'esigenza di fronteggiare la situazione emergenziale, come si evince dalla durata della deroga stessa limitata fino al 31 dicembre 2021.

Il solo limite che il legislatore continua ad imporre è dunque riferito alla durata massima complessiva del contratto di lavoro a tempo determinato che rimane pari a 24 mesi.

DNTRRT SEAC SPA © 2020 18/11/2020

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