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Academic year: 2021

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G It Diabetol Metab 2011;31:101-103 101

Dalla Letteratura

Rilascio di insulina con un sistema ad ansa chiusa durante la notte (pancreas artificiale) in adulti con diabete di tipo 1:

studi crossover randomizzati e controllati

BMJ 2011 Apr 13;342:d1855.

doi: 10.1136/bmj.d1855 Hovorka R, Kumareswaran K, Harris J, Allen JM, Elleri D, Xing D, Kollman C, Nodale M, Murphy HR, Dunger DB, Amiel SA, Heller SR, Wilinska ME, Evans ML

Institute of Metabolic Science, University of Cambridge, UK

Obiettivo. Confrontare la sicurezza e l’efficacia di un sistema ad ansa chiusa di rila- scio di insulina (pancreas artificiale) con il convenzionale microinfusore, in adulti con diabete di tipo 1.

Disegno dello studio. Due studi crossover sequenziali, in aperto, randomizzati e controllati da singolo centro.

Sede dello studio. Centro di ricerca clinica.

Partecipanti allo studio. Ventiquattro adulti (10 uomini, 14 donne) con diabete di tipo 1, di età compresa tra 18-65 anni, che avevano utilizzato microinfusore per alme- no 3 mesi. Dodici sono stati testati dopo aver consumato un pasto medio e gli altri 12 dopo aver consumato un pasto abbondante accompagnato da alcol.

Intervento. Durante il rilascio di insulina con sistema ad ansa chiusa durante la notte, le misurazioni glicemiche effettuate tramite sensore sono state trasferite in un com- puter, che, tramite un algoritmo, decideva le dosi di insulina da infondere a intervalli di 15 minuti. Durante le notti di controllo, il microinfusore è stato programmato in modo convenzionale. Uno studio ha confrontato il sistema ad ansa chiusa con il microinfusore dopo un pasto medio (60 g di carboidrati) serale alle ore 19.00, defi- nendolo come “eating in”. L’altro studio è stato condotto dopo un pasto abbondan- te (100 g di carboidrati) alle ore 20.30, accompagnato da vino bianco (0,75 g/kg di etanolo) e definito come “eating out”.

Outcome. L’outcome principale è stato il tempo in cui i livelli plasmatici di glucosio erano a target (3,91-8,0 mmol/L) durante il sistema ad ansa chiusa confrontato con il periodo di controllo. Gli outcome secondari comprendevano l’analisi dei dati aggre- gati e il tempo in cui i livelli plasmatici di glucosio erano inferiori al target (≤ 3,9 mmol/L).

Risultati. Nello studio “eating in” il sistema di rilascio di insulina ad ansa chiusa Diabete mellito, glicemia

a digiuno e rischio di morte per causa specifica

N Engl J Med 2011;364:829-41 Emerging Risk Factors

Collaboration, Seshasai SR, Kaptoge S, Thompson A, Di Angelantonio E, Gao P, Sarwar N, Whincup PH, Mukamal KJ, Gillum RF, Holme I, Njølstad I, Fletcher A, Nilsson P, Lewington S, Collins R, Gudnason V, Thompson SG, Sattar N, Selvin E, Hu FB, Danesh J Coordinating Centre at the Department of Public Health and Primary Care, University of Cambridge, Strangeways Research Laboratory, Cambridge, United Kingdom

erfc@phpc.cam.ac.uk

Premessa. È incerta la misura in cui il diabete mellito o l’iperglicemia siano correlati al rischio di morte da cancro o altre condizioni non vascolari.

Metodi. Abbiamo calcolato il rischio relativo (hazard ratio) per cause specifiche di morte secondo lo stato di diabete o di glicemia a digiuno dai dati di 123.205 morti fra 820.000 individui raccolti in 97 studi prospettici.

Risultati. Dopo l’aggiustamento per età, sesso, stato di fumatore e indice di massa corporea, il rischio relativo dei diabetici nei confronti delle persone senza diabete è risultato come segue: 1,80 (intervallo di confidenza al 95% [IC], da 1,71 a 1,90) di morte per qualsiasi causa, 1,25 (IC al 95%, da 1,19 a 1,31) di morte per cancro, 2,32 (IC al 95%, da 2,11 a 2,56) di morte per cause vascolari e 1,73 (IC al 95%, da 1,62 a 1,85) di morte per altre cause. Il diabete (vs non diabete) era moderatamente asso- ciato a morte per cancro al fegato, al pancreas, all’ovaio, al colon-retto, al polmone, alla vescica e al seno. Oltre a cancro e malattie vascolari, il diabete (vs non diabete) era associato a rischio di morte per insufficienza renale, malattie epatiche, malattie polmonari e altre malattie infettive, disturbi mentali, malattie digestive non epatiche, cause esterne, autolesionismo intenzionale, disturbi del sistema nervoso e broncop- neumopatie polmonari croniche ostruttive. Il rischio relativo associato al diabete era discretamente ridotto in seguito a ulteriore aggiustamento per le misurazioni glicemi- che, ma non dopo aggiustamento per pressione sistolica, livelli lipidici, marker infiam- matori o renali. La mortalità era associata a valori di glicemia a digiuno eccedenti i 100 mg/dl (5,6 mmol/L), ma non a valori compresi tra 70 e 100 mg/dl (3,9-5,6 mmol/L).

Un cinquantenne con diabete moriva in media 6 anni prima di uno senza diabete, con una differenza in sopravvivenza di circa il 40% attribuibile a un’eccedenza di morti di tipo non vascolare.

Conclusioni. Oltre al rischio di malattia vascolare, il diabete è associato a rischio sostanziale di morte prematura da diversi tipi di cancro, malattie infettive, cause esterne, autolesionismo intenzionale e malattie degenerative, indipendentemente dai maggiori fattori di rischio convenzionali.

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Dalla Letteratura 102

Effetti a lungo temine di un intervento sullo stile di vita su peso e fattori di rischio cardiovascolare in individui con diabete mellito di tipo 2:

risultati a quattro anni dello studio Look AHEAD Arch Intern Med 2010;170:1566-75 Look AHEAD Research Group, Wing RR

Department of Psychiatry, The Miriam Hospital/Brown Medical School, Providence, RI 02860, USA

rwing@lifespan.org

Premessa. Interventi sullo stile di vita producono miglioramenti a breve termine sulla glicemia e sui fattori di rischio per malattia cardiovascolare (cardiovascular disease, CVD) nel diabete mellito di tipo 2, ma non sono disponibili dati a lungo termine.

Abbiamo esaminato gli effetti dell’intervento sullo stile di vita su peso, attività fisica e fattori di rischio per CVD durante uno studio di 4 anni.

Metodi. Lo studio Look AHEAD (Action for Health in Diabetes) è uno studio clinico randomizzato multicentrico che confronta gli effetti di un intervento intensivo sullo stile di vita (intensive lifestyle intervention, ILI) con il sostegno e l’educazione al diabete (diabetes support and education, DSE; gruppo di controllo) sull’incidenza di eventi CVD maggiori in 5145 individui sovrappeso od obesi (59,5% donne; età media, 58,7 anni) con diabete mellito di tipo 2. Più del 93% dei partecipanti ha fornito i dati di out- come a ogni valutazione annuale.

Risultati. Come media nei 4 anni dello studio, gli appartenenti al gruppo ILI avevano una percentuale maggiore di perdita di peso di quelli del gruppo DSE (–6,15% vs –0,88%; p < 0,001) e miglioramenti maggiori nell’esercizio al tapis roulant (12,74% vs 1,96%; p < 0,001), livelli di emoglobina glicata (–0,36% vs –0,09%; p < 0,001), pres- sione sistolica (–5,33 vs –2,97 mmHg; p < 0,001) e pressione diastolica (–2,92 vs –2,48 mmHg; p = 0,01), e livelli di colesterolo HDL (3,67 vs 1,97 mg/dl; p < 0,001) e trigliceridi (–25,56 vs –19,75 mg/dl; p < 0,001). Riduzioni dei livelli di colesterolo LDL erano maggiori nel gruppo DSE che in quello ILI (–11,27 vs –12,84 mg/dl; p = 0,009) a causa di un utilizzo maggiore di terapia ipolipidemizzante nel gruppo DSE. A 4 anni, i partecipanti al gruppo ILI hanno mantenuto miglioramenti superiori rispetto ai parte- cipanti al gruppo DSE per quanto riguarda peso, esercizio fisico, valori di emoglobi- na glicata, pressione sistolica e colesterolo HDL.

Conclusioni. L’intervento intensivo sullo stile di vita può portare a una notevole perdi- ta di peso e miglioramenti nell’attività fisica, nel controllo glicemico e nei fattori di rischio CVD in individui con diabete di tipo 2. Se queste differenze nei fattori rischio si traduca- no poi nella riduzione di eventi CVD sarà valutato alla fine dallo studio Look AHEAD.

durante la notte ha aumentato del 15% (mediana, range interquartile 3-35%, p = 0,002) il tempo in cui il livelli plasmatici di glucosio sono rimasti a target. Nello stu- dio “eating out” il medesimo sistema ad ansa chiusa ha aumentato il tempo in cui i livelli plasmatici di glucosio sono rimasti a target del 28% (2-39%, p = 0,01). L’analisi dei dati aggregati ha mostrato che, con il sistema ad ansa chiusa, il tempo comples- sivo in cui il glucosio plasmatico è rimasto a target è aumentato del 22% (3-37%) (p < 0,001). Il sistema di rilascio ad ansa chiusa ha ridotto il tempo del 3% (0-20%, p = 0,04) trascorso in ipoglicemia durante la notte (glucosio plasmatico ≤ 3,9 mmol/L) e ha eliminato le concentrazioni di glucosio < 3,0 mmol/L dopo la mezzanotte.

Conclusioni. Questi due piccoli studi crossover suggeriscono che il sistema di rila- scio di insulina ad ansa chiusa può migliorare il controllo della glicemia durante la notte e ridurre il rischio di ipoglicemie notturne negli adulti con diabete di tipo 1.

Olmesartan per ritardare o prevenire la microalbuminuria nel diabete di tipo 2

N Engl J Med 2011;364:907-17 Haller H, Ito S, Izzo JL Jr, Januszewicz A, Katayama S, Menne J, Mimran A, Rabelink TJ, Ritz E, Ruilope LM, Rump LC, Viberti G; ROADMAP Trial Investigators

Department of Nephrology and Hypertension, Hannover Medical School, Hannover, Germany haller.hermann@mh-hannover.de

Premessa. La microalbuminuria è un predittore precoce di nefropatia diabetica e malattia cardiovascolare accelerata. Abbiamo indagato se il trattamento con un bloc- cante il recettore dell’angiotensina (angiotensin-receptor blocker, ARB) possa ritarda- re o prevenire l’instaurarsi di microalbuminuria in pazienti diabetici di tipo 2 e normoal- buminuria.

Metodi. In uno studio controllato multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, 4447 pazienti con diabete di tipo 2 sono stati assegnati a ricevere olmesartan (alla dose di 40 mg una volta al giorno) o placebo per una mediana di 3,2 anni. Se necessario, per mantenere la pressione plasmatica sotto i 130/80 mmHg, sono stati utilizzati antiper- tensivi addizionali (esclusi gli inibitori del sistema di conversione renina angiotensina).

L’outcome primario era il tempo di primo esordio di microalbuminuria. I tempi dei primi eventi renali e cardiovascolari sono stati analizzati come endpoint secondari.

Risultati. Il target pressorio (PA < 130/80 mmHg) è stato raggiunto in quasi l’80%

dei pazienti in terapia con olmesartan e nel 71% del gruppo placebo. La pressione

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Dalla Letteratura 103

era più bassa di 3,1/1,9 mmHg nel gruppo con olmesartan rispetto al gruppo con placebo. La microalbuminuria si è sviluppata nell’8,2% dei pazienti del gruppo olme- sartan (178 dei 2160 pazienti che si sono potuti valutare) e nel 9,8% dei pazienti del gruppo placebo (210 di 2139); il tempo di esordio di microalbuminuria è stato mag- giore del 23% nel gruppo trattato con olmesartan (hazard ratio 0,77; intervallo di con- fidenza al 95%, da 0,63 a 0,94; p = 0,01). La creatinina sierica è raddoppiata nell’1%

di ciascun gruppo. Leggermente meno pazienti nel gruppo olmesartan rispetto al gruppo placebo hanno avuto eventi cardiovascolari non fatali – 81 di 2232 pazienti (3,6%) vs 91 di 2215 pazienti (4,1%; p = 0,37) – ma si sono verificati un maggior numero di eventi cardiovascolari fatali nel gruppo trattato con olmesartan – 15 pazienti (0,7%) vs 3 pazienti (0,1%; p = 0,01); tale differenza è stata attribuita, alme- no in parte, a un tasso maggiore di mortalità cardiovascolare nei pazienti con storia pregressa di malattia coronarica nel gruppo olmesartan rispetto al gruppo placebo (11 di 564 pazienti [2,0%] vs 1 di 540 [0,2%], p = 0,02).

Conclusioni. La terapia con olmesartan era associata a un ritardo nell’esordio di microalbuminuria, nonostante il controllo della pressione plasmatica fosse eccellente in entrambi i gruppi secondo gli standard attuali. Purtroppo il dato preoccupante con olmesartan è risultato il tasso maggiore di eventi cardiovascolari fatali fra i pazienti con pregressa malattia coronarica.

Pioglitazone per la prevenzione del diabete nell’alterata tolleranza al glucosio

N Engl J Med 2011;364:1104-15 DeFronzo RA, Tripathy D, Schwenke DC, Banerji M, Bray GA, Buchanan TA, Clement SC, Henry RR, Hodis HN, Kitabchi AE, Mack WJ, Mudaliar S, Ratner RE, Williams K, Stentz FB, Musi N, Reaven PD; ACT NOW Study Texas Diabetes Institute and University of Texas Health Science Center, San Antonio, TX 78229, USA

albarado@uthscsa.edu

Premessa. L’alterata tolleranza al glucosio è associata a un rischio maggiore di malattia cardiovascolare e di diabete mellito di tipo 2. Gli interventi che possono pre- venire o evitare questi processi rivestono una grande importanza clinica.

Metodi. Abbiamo condotto uno studio randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo per valutare se il pioglitazone possa ridurre il rischio di diabete mellito di tipo 2 in adulti con alterata tolleranza al glucosio. Un totale di 602 pazienti è stato assegnato a ricevere pioglitazone o placebo. La mediana del periodo di follow-up è stata di 2,4 anni. La glicemia a digiuno è stata misurata ogni tre mesi e gli esami sulla tolleranza orale al glucosio sono stati eseguiti annualmente. La comparsa di diabete è stata confermata dopo ripetizione dei test diagnostici.

Risultati. Il tasso di incidenza annuale per il diabete di tipo 2 è stato del 2,1% nel gruppo pioglitazone e del 7,6% nel gruppo placebo, e l’hazard ratio per la compar- sa di diabete nel gruppo pioglitazone è stato di 0,28 (intervallo di confidenza al 95%

da 0,16 a 0,49; p < 0,001). La conversione a una normale tolleranza al glucosio è stata del 48% nel gruppo pioglitazone e del 28% nel gruppo placebo (p < 0,001).

Il trattamento con pioglitazone, paragonandolo al placebo, era associato a una ridu- zione significativa dei livelli di glicemia a digiuno (una diminuzione di 11,7 mg/dl vs 8,1 mg/dl [0,7 mmol/L vs 0,5 mmol/L], p < 0,001), a due ore dal carico di glucosio (una diminuzione di 30,5 mg/dl vs 15,6 mg/dl [1,6 mmol/L vs 0,9 mmol/L], p < 0,001), e HbA1c(una diminuzione di 0,04 punti percentuali vs un aumento di 0,20 punti percen- tuali, p < 0,001). La terapia con pioglitazone era anche associata a una diminuzione della pressione diastolica (di 2,0 mmHg vs 0,0 mmHg, p = 0,03), a una riduzione del tasso di spessore medio-intimale carotideo (31,5%, p = 0,047) e a un maggiore aumento dei livelli di colesterolo HDL (di 7,35 mg/dl vs 4,5 mg/dl [0,4 mmol/L vs 0,3 mmol/L], p = 0,008). L’aumento di peso è stato maggiore con pioglitazone che con placebo (3,9 kg vs 0,77 kg, p < 0,001) e l’edema più frequente (12,9% vs 6,4%, p = 0,007).

Conclusioni. Confrontato con placebo, pioglitazone ha ridotto del 72% il rischio di trasformazione dell’alterata tolleranza al glucosio in diabete di tipo 2, ma è risultato associato a un significativo aumento di peso e al rischio di edema.

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