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Impugnative testamentarie e terzi subacquirenti - Judicium

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Academic year: 2022

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ANDREA FILANTI

Impugnative testamentarie e terzi subacquirenti

SOMMARIO: 1. L'orientamento contrario alla tutela dei subacquirenti. - 2. Acquisto dall'erede apparente: il possesso a titolo di erede. - 3. L'acquisto dall'erede apparente come eccezione al principio di autoresponsabilità. - 4. La tutela dei subacquirenti prevista dall'art. 2652, n. 7. - 5.

Erede e terzi subacquirenti. - 6. La tutela del terzo in caso di nullità. - 7. Il certificato successorio europeo. - 8. Estensione della tutela dell'affidamento ai subacquirenti di beni e diritti ereditari. Il paradigma dell'art 1445 cod. civ.

1. L'orientamento contrario alla tutela dei subacquirenti.

Secondo l'opinione di gran lunga prevalente, i terzi subacquirenti da testamento invalido troverebbero tutela soltanto nelle ipotesi di acquisto di bene ereditari dall'erede apparente (art. 534 , commi secondo e terzo, cod. civ.) , e di acquisto di diritti reali su beni immobili ( secondo i severi requisiti indicati dall'art. 2652, n. 7, cod. civ.)

1

Tale limitata tutela trova usualmente spiegazione nella «intrinseca incertezza dell'esito della vicenda attributivo-traslativa mortis causa»

2

. La precarietà che caratterizza gli acquisti mortis causa si rifletterebbe sull'acquisto del terzo.

L'affermazione in sé impeccabile richiede tuttavia alcune precisazioni.

E' da osservare infatti che un conto è la precarietà "fisiologica": connessa essenzialmente alla revocabilità del testamento; ma anche all'ipotesi dell'erede legittimo a fronte della successiva scoperta di un testamento; oppure al riconoscimento, posteriore rispetto all'apertura della successione, di un figlio naturale del de cuius. Altro conto è la precarietà "patologica", dipendente dall'invalidità del testamento, che abbraccia una vasta gamma di ipotesi: dalla

1 L’art. 534, commi 2 e 3 contempla una fattispecie complessa di acquisto di bene ereditari dell’avente causa dall’erede apparente. L’art. 2652, n. 7 c.c. prevede un’ulteriore forma di tutela del terzo acquirente in seguito ad una vicenda mortis causa. Se la trascrizione della domanda giudiziale con la quale si contesta il fondamento di un acquisto a causa di morte è eseguita dopo cinque anni dalla data della trascrizione dell’acquisto mortis causa, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi di buona fede che, in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda, hanno a qualunque titolo acquistato diritti da chi appare erede o legatario. Su tali fattispecie v. da ultimo, L. SITZIA, Petizione di eredità, in Il codice civile commentato, fondato da P.

Schlesinger, diretto da F. D. Busnelli, Milano, 2013, 90 ss.; A. ZACCARIA, La pubblicità delle disposizioni mortis causa: principio di continuità e risoluzione dei conflitti, Riv. dir. civ., 2014, 1. Più in generale: L. FERRI, Trascrizione immobiliare, in Commentario del codice civile, a cura di A.

Scialoja e G. Branca, Bologna, 1983, 268; F.D. BUSNELLI, voce «Erede apparente», in Enc. Dir., XV, Milano, 1966, 198; R. MESSINETTI, voce «Acquisto a non domino», in Enc. Dir., Agg. III, Milano, 1999, 41.

2 L. SITZIA, Petizione, cit., 16.

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incapacità legale o naturale del testatore, ai vizi della volontà, alla incapacità a succedere (ad es. del notaio o dei suoi congiunti) o a testare, ai vizi di forma del testamento o all'indegnità a succedere.

3

Ebbene la precarietà patologica è quella propria di ogni atto negoziale (a parte la parziale diversità delle cause rispetto ai negozi inter vivos) invalido o comunque imperfetto. Ove il diritto acquistato mortis causa sia stato alienato, si pone in via di principio, esattamente come per gli atti inter vivos, il problema della sorte del subacquisto.

Per la verità, la dottrina si limita a brevi cenni sulla questione generale

4

, dedicando la propria attenzione all'ambito applicativo delle fattispecie in cui il terzo è espressamente tutelato (art. 534 e 2652, . 7, citati) .

Le ragioni a volta a volta addotte per circoscrivere la tutela ai soli casi espressamente previsti sono: il rispetto della volontà del testatore; la protezione economica della famiglia (allargata per la successione legittima; ristretta a discendenti, ascendenti e coniuge nella successione necessaria); la conservazione endo-familiare della ricchezza; la posizione privilegiata dell'erede

5

.

3 Con particolare riguardo all’indegnità a succedere, si veda, quanto ai contributi più recenti: A.

ALBANESE, L’indegnità a succedere dopo la l. 8 luglio 2005, n. 137, in Contr. impr., 2006, 854 ss.; G.

BONILINI, L’ampliamento del catalogo dei casi di indegnità a succedere, in Fam. pers. succ., 2005, 296 ss.; E. BRIGANTI, La nuova causa di indegnità a succedere, in Not., 2005, 680 ss.; M. COMPORTI, Riflessioni in tema di autonomia testamentaria, nomina testamentaria, indegnità a succedere e diseredazione, in Familia, 2003, 27 ss.; E. MOSCATI, Questioni vecchie e nuove in tema di capacità di succedere e di indegnità, in Familia, 2006, I, 39 ss.; R. OMODEI SALÈ, «Indegnità a succedere», in Digesto civ., Agg. II, Torino, 2007, p. 681 ss.; ID., La decadenza dalla potestà genitoriale quale (nuova) causa di indegnità a succedere, in Fam. pers. succ., 2010, 735 ss.; U. SALVESTRONI, Della capacità di succedere. Dell’indegnità. Artt. 462-466, in Comm. Schlesinger, 2 ed., Milano, 2012.

4 Richiamati da L. Sitzia, Petizione, cit., 105. ed ivi nota 66.

5 Si tratta delle argomentazioni che tradizionalmente stanno a fondamento della scelta operata dall’ordinamento a favore della tutela della posizione dell’erede in rapporto al principio di sicurezza e libertà della circolazione. Il dato senza dubbio da sottolineare è rappresentato dalla priorità attribuita alla tutela dei legittimari e agli strumenti che la presidiano; in tema, da ultimo S. DELLE MONACHE, Successione necessaria e sistema di tutele del legittimario, Milano, 2008, 33 ss. A questo riguardo la dottrina, da tempo, ha evidenziato l’opportunità di una rivisitazione del principio di assolutezza della protezione dei legittimari ben prima della riforma ad opera del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge 14 maggio 2005, n. 80 che ha tentato – senza riuscirvi appieno – di dare certezza nella circolazione dei beni di provenienza donativa. Si veda al riguardo, ex multis, G. GABRIELLI, Tutela dei legittimari e tutela degli aventi causa dal beneficiario di donazione lesiva: una riforma attesa, ma timida, in Studium Iuris, 2005, 1129 ss.; V. MARICONDA, L’inutile riforma degli artt. 561 e 563 c.c., in Corr. giur., 2005, 1174 ss.; G.D’AMICO, La rinunzia all’azione di restituzione nei confronti del terzo acquirente di bene di provenienza donativa, in Riv. notariato, 2011, 6, 1271 ss. Rileva sul punto R.

LENZI, La natura della azione di riduzione e restituzione. Alcuni spunti di riflessione, in Riv. not., 2013, 1, 261 ss., prendendo le mosse dalla riforma degli artt. 561 e 563 c.c., come sia opportuno di

“[…] stimolare una più approfondita riflessione, al fine di individuare un più avanzato punto di equilibrio tra esigenze della circolazione e successione necessaria, senza che con ciò si determinino sconvolgimenti del sistema ed erosione della struttura solidaristica predisposta a tutela del

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Se si esaminano tali ragioni ci si avvede però che l'unica situazione significativa sempre e comunque ricorrente è quella dell'erede.

Chi impugna una disposizione testamentaria o comunque contesta il fondamento di un acquisto a causa di morte (art. 2652, n. 7) assume di essere l'erede vero.

Il rispetto della volontà del defunto è correttamente chiamata in causa nei casi più rilevanti di precarietà fisiologica, ossia soprattutto nel caso di revoca e di scoperta di un testamento successivo all'apertura della successione legittima. In questi casi la scoperta dell'erede vero gioca anche a danno del terzo subacquirente.

Se così non fosse ne uscirebbe leso il principio fondamentale delle successioni testamentarie, ossia il rispetto della volontà del defunto. Se il subacquirente da testamento revocato prevalesse nei confronti del nuovo successore, evidentemente il ripensamento del de cuius risulterebbe sostanzialmente svuotato di significato.

Quanto alla protezione economica della famiglia, il richiamo ad essa risulta fuori quadro nel caso in cui chi impugna il testamento è a sua volta chiamato all'eredità in base ad un testamento antecedente. Il quale rivivrebbe in virtù della eliminazione giudiziale del testamento successivo. Quanto alla famiglia ristretta, ossia i legittimari - fra i quali è ovviamente da ricomprendere il figlio naturale riconosciuto successivamente all'apertura della successione - essi godono di una considerazione del tutto privilegiata da parte del legislatore, il quale accorda loro una tutela pressoché incondizionata attraverso l'azione di riduzione

6

.

Resta dunque soltanto la tutela dell'erede (vero). Costui, secondo tradizione, non

legittimario”. Per ulteriori spunti critici si veda M. IEVA, Circolazione e successione mortis causa, in Vita not., 2012, 1, 51 ss., 73.

6 All’azione di riduzione “si associa una retroattività di tipo reale: una retroattività, cioè, che si riverbera, travolgendoli, sui diritti degli aventi causa dal beneficiario dell’attribuzione lesiva” (S.

DELLE MONACHE, Tutela dei legittimari e limiti nuovi all’opponibilità della riduzione nei confronti degli aventi causa dal donatario, in Riv. not., 2006, 2, 305 ss.), rendendo così di fatto incommerciabili beni immobili già oggetto di atti di disposizione a titolo gratuito. Per quanto riguarda la disciplina dell’azione di riduzione e di restituzione e i relativi punti critici, si veda V. CARBONE, Riduzione delle donazioni e delle disposizioni testamentarie lesive della legittima, in Digesto discipline privatistiche, sez. civ., XVII, Torino 1998, 614; A. PALAZZO, Riduzione (azione di), in Enc. giur. Treccani, XXVII, Roma 1997; U. VIOLANTE, La riduzione delle disposizioni testamentarie a titolo di eredità, in Rass.

dir. civ., 1998, p. 85; G. F. BASINI, La riduzione della donazione modale, in Contratti, 1999, 959; R.

CASULLI, Riduzione delle donazioni e delle disposizioni testamentarie lesive della legittima, in Noviss.

Dig. It., Appendice, VI, Torino 1986, p. 770; S. TONDO, Appunto su una prospettata riforma della successione necessaria, in Studi e materiali, 6.2, Milano 2001, p. 1232; F. MAGLIULO, L’acquisto dal donatario tra rischi ed esigenze di tutela, in Notariato, 2002, 93; M. IEVA, Retroattività reale dell’azione di riduzione e tutela dell’avente causa dal donatario tra presente e futuro, in Riv. not., 1998, 1129.

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solo subentra nel patrimonio, ma continua la personalità del defunto.

7

Si tratta pertanto di stabilire se un tale "valore" sia ancora attuale sì da giustificare il sacrificio delle ragioni del terzo, che ha fatto affidamento sulla validità del testamento poi impugnato, e quindi delle esigenze di certezza e fluidità della circolazione dei beni e dei diritti

8

.

Prima ancora di queste considerazioni di ordine sistematico, occorre però stabilire quale sia l'effettivo ambito delle fattispecie in cui testualmente il terzo subacquirente trova tutela (artt. 534, secondo e terzo comma, 2652 n. 7, cod.

7 E’ principio consolidato in giurisprudenza che l'erede, continuando la personalità del de cuius, è parte del contratto concluso dallo stesso anche se non trascritto, sicché sarà a lui opponibile l'atto di disposizione inter vivos del terzo avente causa dal defunto, in quanto la trascrizione dell'atto di acquisto mortis causa, ai sensi dell'art. 2648 c.c., anche se intervenuto prima della trascrizione di tale atto dispositivo, vale soltanto agli effetti della continuità delle trascrizioni. Così, Cass. 16 giugno 2009, n. 13968, in Foro it., Rep. 2009, voce «Contratto in genere», n. 412; Cass. 15 maggio 1997, n.

4282, in Riv. not., 1998, 345; Cass. 13 febbraio 1988, n. 1552, in Vita not., 1988, 256; Cass. 4 maggio 1985, n. 2800, in Giur. agr. it., 1985, 471. Non è dunque applicabile la disciplina di cui all'art. 2644 c.c. relativa ai soli acquisti inter vivos e tale da non ricomprendere nella categoria di "terzo" l'erede, proprio in quanto continuatore della personalità del de cuius e subentrante nella medesima posizione giuridica del defunto. In dottrina vedi G. STOLFI, Concetto dell’erede, in Giur. it., 1949, IV, 169 ss.

secondo il quale «l’erede non acquista dal defunto ma succede a lui». La concezione, per lungo tempo dominante, secondo cui l’erede è il «continuatore della personalità del defunto» (inteso come sostituto del defunto) deve ritenersi, tuttavia, ormai superata. La definizione con la quale viene indicato il successore a titolo universale è considerata, infatti, dalla maggior parte degli Autori impropria, sebbene significativa ed efficace, preferendosi identificare l’erede in colui che subentra nella generalità delle posizioni attive e passive del defunto o in una quota di esse. In tal senso vedi A.

TORRENTE - P. SCHLESINGER, Manuale d diritto privato, Milano, 2013, 1261; C.M. BIANCA, Diritto civile, 2, la famiglia, le successioni4, Milano, 2005, 646. Nel senso che l’erede assume la sola posizione giuridico-economica del defunto vedi G. BONILINI, Trattato di diritto delle successioni e delle donazioni, La successione ereditaria, 2009, Milano, 15 s. Ritiene che la rilevanza giuridica della qualità ereditaria non abbracci la continuazione o rappresentanza della personalità del defunto ma si proietti esclusivamente nel campo patrimoniale A. DE CUPIS, voce «Successione ereditaria (dir.

priv.)», in Enc. dir., XLIII, Milano, 1990, 1260; nel senso, infine, che la successione ereditaria avviene nel patrimonio ereditario del defunto e non anche nella sua personalità, vedi L. FERRI, Successioni in generale, in Comm. c.c. Scialoja e Branca, art. 456-511, Bologna-Roma, 1964, 15;A.

CICU, Successioni per causa di morte. Parte generale2, in Trattato Cicu-Messineo, XLII, Milano, 1961, 18; MENGONI, L’istituzione di erede “ex certa re” secondo l’art. 588, secondo comma, c.c., in Riv. trim. dir. proc. civ., 1948, 753 ss.; V. POLACCO, Delle successioni, I, Roma, 1928, 10 ss. Già E.

BETTI, Appunti di diritto civile, Milano, 1928-1929, 19, avvertiva che la personalità del defunto è intrasmissibile. In generale, sul concetto di successione, vedi NICOLÒ, voce «Successione nei diritti», in Noviss. Dig. it., XVIII, Torino, 1971, 606 ss. dove si dà conto del diverso modo di intendere il fenomeno successorio e del passaggio da una prospettiva soggettiva – che vede un soggetto subentrare ad un altro nella medesima posizione giuridica – ad una prospettiva oggettiva che sposta l’attenzione dal rapporto tra i soggetti (acquirente e precedente titolare) al rapporto tra diritto preesistente e diritto attuale (nel senso che in capo a colui che è detto acquirente nasce una posizione giuridica nuova ma dipendente obiettivamente dalla posizione del precedente titolare).

8 La posizione dell’erede, oggi nettamente recessiva ( infra par. 5 ), era già stata ridimensionata da una parte della dottrina ( v. nota precedente ).

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civ.).

In particolare se ad essa possano ricondursi in via di interpretazione estensiva o anche analogica, una parte cospicua dei casi dianzi indicati come di precarietà patologica dell'acquisto mortis causa. Un simile esito infatti ridimensionerebbe il problema della tutela dei terzi subacquirenti.

2. Acquisto dall'erede apparente: il possesso a titolo di erede.

L'art 534, secondo comma, fa salvi gli acquisti dei terzi, che provino di aver contrattato in buona fede, in virtù di convenzioni a titolo oneroso con l'erede apparente. Si tratta di uno dei rari casi di rilevanza testuale dell'apparenza

9

. Sol perciò dovrebbe essere considerata fattispecie del tutto eccezionale

10

come tale non potrebbe trovare applicazione nei confronti dei terzi subacquirenti da testamento invalido

11

. Senonché l'articolo precedente, che fornisce la nozione

9 In generale, per la nozione di «apparenza del diritto» non può non farsi riferimento all’autorevole dottrina (A. FALZEA, voce «Apparenza», in Enc. dir., II, 1958, 682) che vi ravvisa il rapporto tra un fenomeno costituito da una situazione fattuale presente che esprime una determinata situazione giuridica facendola apparire come reale ed un'effettività giuridica di segno diverso e non corrispondente alla prima. Nella tecnica normativa – e quindi anche ai fini della norma che qui interessa, ovvero l’art. 534 c.c. - l'apparenza è elemento elastico di fattispecie poste a tutela dei terzi:

acquisitive, di inopponibilità dell'altrui diritto ovvero costitutive di altri effetti e, pur nella diversità delle figure contemplate, dato di fondo è che l'apprezzamento della sussistenza in concreto dei relativi elementi è rimesso al giudice. Per quanto riguarda, nello specifico, l’apparenza di erede nell’alienante vedi C.M. BIANCA, Diritto civile. 2, cit., 661, secondo il quale «erede apparente è colui che circostanze obiettive indicano come successore dell’ereditando mentre in realtà non lo è»; F.D.

BUSNELLI, voce «Erede apparente», cit., 198; E. BARGELLI e F.D. BUSNELLI, «Erede apparente», in Enc. dir., Agg., V, 2001, 401; G. GALLI, Il problema dell’erede apparente, Milano, 1971, 177 ss.; M.

COLOMBATTO, «Erede apparente», in Dig. disc. priv., Sez. civ., VII, Torino, 1991, 508. In giurisprudenza vedi Cass., 9 luglio 1980, n. 4376, in Giust. civ. Mass., 1980, f. n. 7 secondo la quale la prova della buona fede del terzo, avente causa a titolo oneroso dall'erede apparente, non può consistere che nella dimostrazione dell'idoneità del comportamento dell'alienante ad ingenerare la ragionevole convinzione di trattare con il vero erede, nonché della esistenza di circostanze indicative dell'ignoranza incolpevole dell'acquirente circa la realtà della situazione ereditaria al momento dell'acquisto. Nello stesso senso, da ultimo, Cass., 4 febbraio, 2010, n. 2653, in Giust. civ. Mass., 2010, 2, 163.

10 È insegnamento consolidato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione che al di fuori dei casi previsti dalla legge di tutela dell'affidamento suscitato dall'apparenza del diritto, questa non integri un istituto di carattere generale con connotazioni definite e precise. Tale istituto opera invero nell'ambito delle singole figure giuridiche secondo il diverso grado di tolleranza proprio di queste ultime in relazione al problema della prevalenza dello schema apparente su quello reale. Così Cass. 21 giugno 2004 n. 11491 in Impresa, 20014, 1489, la quale richiama Cass. 1 marzo 1995, n. 2311, in Giur. it., 1995, I,1, 2032, con nota di DI GREGORIO e Cass., 17 marzo 1975, n. 1020.

11 Vedi C.M. BIANCA, Diritto civile, 2, cit., 661, per il quale non rientra nella nozione di erede apparente l’ipotesi che vede la qualità di erede fondata su un titolo annullabile, considerato che «fino all’annullamento il titolo è efficace e la tutela dei terzi è disciplinata dalla regola sugli effetti dell’annullamento, che salvaguarda gli atti di acquisto a titolo oneroso compiuti in buona fede (art.

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dell'azione di petizione dell'eredità, individua il legittimato passivo in colui "che possiede in tutto o in parte i beni ereditari a titolo di erede o senza titolo alcuno"

(art.533, primo comma)

12

.

Il primo comma dell'art. 534 estende la legittimazione passiva "agli aventi causa da chi possiede a titolo di erede o senza titolo alcuno". Tuttavia il loro acquisto è fatto salvo purché il legittimato passivo all'azione di petizione ereditaria sia da considerare erede apparente, il loro acquisto sia a titolo oneroso e provino la buona fede.

1445 c.c.)». Di diverso avviso G. CRISCUOLI, Il testamento. Norme e casi, Padova, 1995, 301, che pur sostenendo l’applicazione analogica dell’art. 1445 c.c. in materia testamentaria, tuttavia ritiene che l’art. 534 sia comunque applicabile laddove ne sussistano i presupposti. Da ultimo L. SITZIA, Petizione di eredità, cit., 106, il quale, osservando come il testamento non rientri nell’ambito applicativo dell’art. 1324 c.c., ai sensi del quale « .. le norme che regolano i contratti si osservano, in quanto compatibili, per gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale», ipotizza che il legislatore abbia voluto tutelare l’affidamento dei terzi subacquirenti solo in presenza delle particolari condizioni contemplate dagli artt. 534, 2652, n. 7 e 2690, n. 4 c.c. «in ragione di una valutazione di preminenza dell’interesse di cui è portatore il successore per causa di morte». In generale, nel senso di un

«rafforzamento della tutela dell’erede o del legatario vero» laddove il legislatore, in materia di beni immobili ereditari, aggiunge agli elementi costitutivi di cui al secondo comma dell’art. 534 c.c. il doppio requisito della trascrizione dell’acquisto del terzo e dell’accettazione dell’eredità da parte dell’erede apparente anteriormente alla trascrizione dell’acquisto da parte dell’erede o del legatario vero, L. MENGONI, Acquisti a non domino3, Milano, 1994, 294. Per quanto concerne, invece, la sorte dei terzi acquirenti dall’indegno a succedere, la dottrina maggioritaria ritiene che, a prescindere dal modo di operare dell’indegnità, questi debbano essere trattati alla stessa stregua di chi ha acquistato dall’erede apparente: in tal senso da ultimo E. MOSCATI, Studi di diritto successorio, in La didattica del diritto civile, a cura di Salvatore Mazzamuto e Enrico Moscati, Torino, 2013, 141; vedi anche L.

FERRI, La trascrizione degli acquisti «mortis causa» e problemi connessi, Milano, 1951, 182 ss.; A.

CICU, Successione per causa di morte. Parte generale2, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da Antonio Cicu e Francesco Messineo, XLII, Milano, 1961, 90; L. CARIOTA FERRARA, Le successioni per causa di morte. Parte generale, Napoli, 1977, 424; G. GROSSO, A. BURDESE, Le successioni, Parte generale, in Trattato di diritto civile, diretto da Filippo Vassalli, XII, 1, Torino, 1977, 132. A tal proposito ci si limita ad osservare che l’indegnità costituisce una sanzione civile per l’atto illecito commesso in danno del de cuius che trova fondamento nella ripugnanza sociale a consentire che chi abbia gravemente offeso la persona dell’ereditando, o la sua libertà testamentaria, possa trarre profitto o comunque beneficiare dell’eredità dell’offeso. Ciò dovrebbe condurre a sacrificare, in ogni caso, la tutela del terzo ed in generale la tutela della circolazione giuridica, in quanto diversamente opinando si consentirebbe all’indegno di realizzare un interesse che non solo non è riconosciuto dall’ordinamento giuridico ma è dallo stesso ripudiato.

12 L'art. 533 c.c. è stato introdotto per la prima volta nel codice del 1942: non si ritrova infatti un precedente analogo né nel codice napoleonico né in quello unitario del 1865. Funzione primaria della norma – salutata con favore in dottrina - è quella di attribuire all'erede la facoltà di reclamare il proprio status giuridico attribuito per legge o per testamento e, successivamente, pretendere la restituzione dei beni alla massa ereditaria, così da ricostituire il compendio lasciato dal de cuius ed evitare che l’evento morte possa consentire a terzi di appropriarsi di beni nel frangente in cui il proprietario (defunto) non risulti in grado di difendersi con azioni possessorie o petitorie. In questo senso G. PRESTIPINO, Delle successioni in generale, in Comm. C.C. a cura di De Martino, Novara- Roma, 1981, 519.

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La tutela del terzo presuppone dunque che il dante causa sia colui che possiede a titolo di erede o senza titolo.

Ai fini del presente discorso occorre stabilire cosa dovrebbe intendersi per acquisto a titolo di erede

13

.

Una parte della dottrina ritiene che il riferimento al titolo ne implichi l'effettiva esistenza, anche se invalido o in senso più ampio inefficace

14

.

Tale interpretazione è coerente con l'idea che la petizione dell'eredità abbia la funzione di dirimere qualunque controversia sull'eredità. Quindi anche quelle sulla validità ed efficacia del titolo del convenuto

15

.

Se si accedesse a questa tesi, sarebbe coerente affermare che la tutela ex art. 534, secondo comma, abbraccia anche i casi di subacquisto da testamento invalido o inefficace.

Secondo l'opinione prevalente, invece, la petizione di eredità avrebbe una diversa e peculiare funzione di azione di condanna, il cui scopo sarebbe il ripristino della

13 La petizione d'eredità è azione propria dell'erede al quale spetta non in quanto effetto del fenomeno successorio o conseguenza di un diritto sussistente in capo al de cuius. La dottrina (G.

PRESTIPINO, Delle successioni in generale, in Comm. teorico-pratico al cod. civ., cit.; L. FERRI, Successioni in generale, in Comm. cod. civ., a cura di Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1980, 195) si esprime a questo riguardo in termini di azione "nuova", trattandosi cioè di azione che sorge a titolo originario in capo all'erede. Elemento ''essenziale'' dell'azione è dunque il riconoscimento del titolo di erede che si accompagna al reclamo dei beni facenti parte dell'eredità nei confronti di “chiunque (li) possiede tutti o parte […] a titolo di erede o senza alcun titolo”: legittimato attivo all'azione è chi ha accettato l'eredità e non il chiamato o chi ne è stato estromesso per preterizione, in tale ipotesi infatti l’azione da esperire sarà quella di riduzione; legittimato passivo è chi possiede i beni ereditari senza titolo alcuno o reclamando il titolo di erede. D'altra parte quest’ultimo potrà provare che i beni posseduti non siano ereditari e, quindi, siano già usciti dal patrimonio del de cuius prima dell'apertura della successione. In tema, L. CARIOTA-FERRARA, Le successioni per causa di morte, Napoli, 1977, 139; C. GIANNATTASIO, Delle successioni, in Comm. C.C., a cura di Magistrati e Docenti, II, Torino, 1980, 239.

14 Cfr. L. SITZIA, Petizione di eredità, cit., 112 s. Vedi anche G. PRESTIPINO, Delle successioni in generale, in Comm. teorico-pratico al cod. civ., diretto da De Martino, Novara-Roma, 1981, 548, il quale puntualizza che è sufficiente che l’erede apparente si comporti in modo tale da ingenerare nei terzi la ragionevole opinione che egli abbia titolo a succedere, indipendentemente dalla esistenza o dalla validità di siffatto titolo o dal possesso o meno dei beni, purché egli si comporti agli occhi dei terzi come erede. Esclude che l’erede apparente vanti un titolo atto di per sé all’acquisto dell’eredità L.

MENGONI, L’acquisto «a non domino», Milano, 1949, 83 s. Vedi inoltre A. CICU, Successioni per causa di morte. Parte generale2, cit., 256 s.; F.D. BUSNELLI, voce «Erede apparente», cit, 204; G.

GROSSO, A. BURDESE, Le successioni, cit., 427; F.M. DEL BENE, Acquisti mortis causa, trascrizione e apparenza, Milano, 2000, 181. Contra, sostengono che la protezione dell’acquisto del terzo debba essere circoscritta alle ipotesi in cui l’alienante vantasse un titolo di erede in sé valido C.F. GABBA, nota ad App. Genova, 5 luglio 1886, I, c. 870 e A. TARTUFARI, Del possesso qual titolo di diritti, II, Torino, 1878, 441 s.

15 In argomento L. SITZIA, Petizione di eredità, cit., 63; A. CICU, Successioni per causa di morte, cit., 245; L. FERRI, Successioni in generale. Art. 512-535, cit., 205.

(8)

situazione di fatto facente capo al de cuius

16

.

Pertanto possessore a titolo di erede dovrebbe essere considerato colui che accampa un titolo anche soltanto putativo, oggettivamente inesistente

17

. In realtà la divaricazione fra acquisto dall'erede apparente e subacquisto da testamento invalido (o comunque inefficace) è piuttosto netta.

Innanzitutto la natura. La prima è un’azione petitoria con funzione di recupero del possesso di beni ereditari

18

, la seconda è un’azione personale.

16 In tal senso P. SCHLESINGER, La petizione di eredità, Torino, 1956, cit., 188; L. SITZIA, Petizione di eredità, cit., 37; E. CONTI, La petizione di eredità, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, Torino, 1984, 229, per il quale l’accertamento dell'acquisto ereditario sarebbe solo la premessa all'ordine di restituzione in favore dell'erede. La giurisprudenza degli ultimi anni sostiene la natura necessariamente recuperatoria della petizione di eredità. In tal senso vedi Cass., 31 gennaio 2014, n. 2148, in Giust. Civ. Mass., 2014, secondo cui «La petizione di eredità e l'azione di accertamento della qualità di erede differiscono tra loro in quanto, pur condividendo l'accertamento della qualità ereditaria, la prima è azione necessariamente recuperatoria, volta ad ottenere la restituzione dei beni ereditari da chi li possegga a titolo di erede o senza titolo, mentre l'altra è azione essenzialmente dichiarativa, eventualmente corredata da domanda accessoria di condanna non attinente alla restituzione dei beni ereditari». Sui rapporti tra petizione dell’eredità e azione di rivendicazione Trib. Milano, 21 giugno 2012, n. 8901, in Guida al diritto, 2012, 41, 63, secondo il quale «L'azione di petizione ereditaria, pur avendo in comune con quella di rivendica la finalità recuperatoria del bene, si differenzia da quest'ultima in quanto si fonda sull'allegazione dello stato di erede e ha per oggetto beni riguardanti elementi costitutivi dell' "universum ius" o di una quota di esso»; Cass., 20 ottobre 1984, n. 5304, in Giust. civ. Mass., 1984, f. 10, secondo la quale «l’azione di petizione ereditaria, prevista dall'art. 533 c.c. ha natura prevalentemente recuperatoria, essendo il riconoscimento della qualità di erede, cui essa tende, strumentalmente diretto all'ottenimento dei beni ereditari»; Trib. Torino, 26 novembre 2001, in Foro it., 2003, I, 654, secondo cui la petizione di eredità prevista dall'art. 533 c.c., in quanto rivolta ad ottenere il rilascio dei beni ereditari sul presupposto dell'accertamento della qualità di erede e dell'appartenenza di tali beni all'asse ereditario al momento della successione, deve qualificarsi come azione di condanna avente carattere universale, assoluto, reale, imprescrittibile. Cfr, anche Cass, 19 gennaio 1980, n. 461, in Giust. civ. Mass., 1980, fasc. 1. Contra, U. NATOLI, L’amministrazione dei beni ereditari2, 1968-1969, II, 107; R. NICOLÒ, La vocazione ereditaria diretta e indiretta, Messina, 1934-1935, ad avviso dei quali è possibile concepire una petizione di eredità limitata alla sola finalità di accertamento della qualità ereditaria. Nello stesso senso, sebbene con posizioni diverse, A. CICU, Successioni per causa di morte, cit., 243.

17 Da ultimo vedi L. SITZIA, Petizione di eredità, cit., 113; G. GALLI, Il problema dell’erede apparente, cit., 226 s.; L. MENGONI, Gli acquisti a non domino, Milano, 1949, 83. Sostiene che «non deve ritenersi richiesta l’esistenza di un titolo…bastando un titolo putativo» L. FERRI, Successioni in generale, cit., sub. Art. 534, 218; nello stesso senso Cass., 24 aprile 1956, n. 1262, in Riv. dir. comm., 1957, II, 105 ss.

18 V. nota 16. La differenza fra petitio hereditatis ed azione di accertamento della qualità di erede è ben chiara alla dottrina, la quale sottolinea come l'azione di accertamento della qualità di coerede proposta nei confronti di chi possegga i beni ereditari a titolo di erede, corredata proprio dalla domanda di rendiconto della gestione e corresponsione dei relativi frutti non integra petitio hereditatis, ma costituisce azione di accertamento con domanda accessoria di condanna. In dottrina vedi G.

CAPOZZI, Successioni e donazioni3, t. I, a cura di A. Ferrucci, C. Ferrentino, Milano, 2009, 362.

Sostiene che l’azione possa concorrere con le azioni possessorie, esperibili ex art. 460, primo comma, codice civile, dal delato, essendo volte alla medesima finalità che è quella di recuperare i cespiti di cui si è perduto il possesso C. COPPOLA, La petizione di eredità, in Trattato di diritti delle successioni e

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Attiene dunque innanzitutto al possesso il profilo discriminante. Sebbene esso non sia elemento costitutivo dell'acquisto del terzo ex art. 534, nel senso che non si richiede che il terzo sia altresì possessore, tuttavia ne costituisce un presupposto. Il dante causa del terzo è a sua volta avente causa da chi possiede a titolo di erede o senza titolo.

Tale requisito è del tutto estraneo al subacquisto da testamento invalido (o comunque inefficace).

Inoltre il dante causa del terzo è "erede apparente". Ossia colui che in base a circostanze univoche appare essere erede, ma non lo è

19

.

Una situazione di fatto dunque, rilevante per il diritto. Rispetto alla quale l'esistenza di un titolo invalido può anche ricorrere; rilevando però soltanto come circostanza che concorre a creare l'apparenza.

Insomma, possesso e apparenza marcano in modo netto la assoluta peculiarità della tutela del terzo. Alla quale non è riconducibile in alcun modo la tutela dei terzi subacquirenti da testamento invalido (o comunque inefficace).

3. L'acquisto dall'erede apparente come eccezione al principio di autoresponsabilità.

L'eccezionalità della fattispecie in esame può cogliersi anche dal punto di vista sostanziale della considerazione da parte del legislatore degli interessi in gioco.

Il sacrificio dell'erede in favore dell'avente causa dall'erede apparente è netto, slegato da qualunque comportamento commissivo od omissivo del primo. Aperta la successione, se colui che appare essere erede aliena un bene ereditario a titolo oneroso ad un terzo di buona fede, l'erede vero perde il diritto senza che gli si potesse imputare alcunché a titolo di autoresponsabilità

20

. Un simile sacrificio si

delle donazioni, diretto da Giovanni Bonilini, vol. I, Milano, 2009, 1437 ss.; P. SCHLESINGER, La petizione di eredità, cit., 177. In giurisprudenza Cass., 1 aprile 2008, n. 8440, in Nuova giur. civ.

comm., 2008, 11, I, 1361, con nota di C. SANDEI, Natura reale della petizione di eredità e legittimazione attiva e passiva.

19 Vedi. nt 9 e 10.

20 Sull’autoresponsabilità si veda il fondamentale contributo di S. PUGLIATTI, voce

«Autoresponsabilità», in Enc dir., IV, Milano, 1959, 457 ss. La teoria dell’autoresponsabilità nasce come tentativo di sintesi delle due tradizionali impostazioni di fondo nell’analisi del negozio giuridico, idonee entrambe – per ragioni opposte - a generare problemi di difficile soluzione: la teoria della volontà e quella della dichiarazione. La prima salvaguarda il rispetto dell'intento negoziale a discapito tuttavia dell’affidamento del destinatario dell’altrui dichiarazione negoziale. Alla seconda è imputabile il rischio opposto, ovvero quello di rendere irrilevante l’imperfetta formazione della volontà del dichiarante, attribuendo peso decisivo all'esteriorità e al significato oggettivo dell'atto. La mediazione è espressa dalla teorica della autoresponsabilità nel senso di ritenere il dichiarante vincolato al contenuto della dichiarazione non conforme alla propria volontà, tutte le volte che questo accada per sua colpa. Si veda altresì sul punto C. M. BIANCA, Diritto civile, 3 - Il contratto, Milano, 21 ss., il

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ritrova soltanto nell'ipotesi di acquisto di bene mobile da parte di un terzo allorquando l'alienante non è proprietario: astratta idoneità del titolo, possesso e buona fede concorrono nella fattispecie acquisitiva in capo al terzo (art. 1153, cod. civ.). La posizione del proprietario non è oggetto di considerazione da parte del legislatore; del tutto estraneo alla fattispecie, è sacrificato in ragione dell'esigenza di offrire certezza a chi acquista beni mobili

21

.

L'autoresponsabilità è invece presente in modo costante negli altri acquisti cosiddetti a non domino. Così in caso di annullamento, rescissione, risoluzione, simulazione, revocatoria, alla tutela del terzo corrisponde il sacrificio del dante causa mediato, in quanto parte del contratto principale, attraverso il quale persegue un suo interesse. Pertanto, si giustifica che da simile iniziativa egli;

oltre ai vantaggi, possa subire eventuali conseguenze negative: quale appunto l'acquisto del terzo, benché il contratto di cui egli è parte sia invalido o comunque inefficace.

Anche nell'ipotesi di tutela del terzo subacquirente da contratto nullo con cui si dispone di diritti reali su beni immobili, si può individuare una ragione di autoresponsabilità.

quale in particolare evidenzia la correlazione tra principio di autoresponsabilità e quello di affidamento: colui che immette dichiarazioni negoziali nel traffico giuridico (o tiene un comportamento che abbia un significato negoziale) determina «l’affidamento che l’atto sia serio e conforme al suo obiettivo significato». D’altra parte il principio dell’affidamento elaborato dalla dottrina per gli atti inter vivos non opera per il negozio testamentario nel quale assume rilevanza la sola effettiva volontà del testatore. Così, ex multis, G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., 439.

Vede nell’autoresponsabilità un princìpio dell’ordinamento V. CAREDDA, Autoresponsabilità e autonomia privata, Torino, 2004, 121 ss. L’A. ritiene che l’esistenza di alcune norme derogatorie rispetto alla regola (come quella contenuta nell’art. 534 c.c.) non scalfiscano il princìpio suddetto trattandosi di ipotesi particolari, se non eccezionali, in cui il legislatore non realizza un bilanciamento degli interessi contrapposti ma propende per il sacrificio totale di uno di essi. Sull’autoresponsabilità si veda, inoltre, S. RODOTÀ, Il problema della responsabilità civile, Milano, 1964, 74 ss. e, sul princìpio legislativo del rischio per l’affidamento nell’altrui dichiarazione, F. SANTORO PASSARELLI, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 2002 (rist.), 148. Con particolare riferimento alla fattispecie dell’acquisto dall’erede apparente, inoltre, G. FILANTI, Inesistenza e nullità, cit., 294 ss., osserva come il sacrificio imposto all’erede sia particolarmente grave, in ragione del fatto che ad esso non può imputarsi né la partecipazione alla fattispecie che produce l’effetto pregiudizievole, né l’inosservanza di un onere di conservazione del suo diritto. L’A. sottolinea come la soluzione che emerge dall’art. 534 (così come del resto quella che risulta dall’art. 1153 c.c.), costituisce la vera eccezione al princìpio di autoresponsabilità essendo strettamente legata al particolare modo di atteggiarsi del conflitto tra interesse alla conservazione del diritto e interesse alla certezza dei traffici giuridici (dipendente dalla natura ereditaria del bene oggetto della alienazione a non domino).

21 Sul tema vedi A. FALZEA, voce «Apparenza», 697; L. FERRI, L’art. 2652, n. 6 del codice civile, 269; G. FILANTI, Inesistenza e nullità del negozio giuridico, Napoli, 1983, 294 ss.; da ultimo vedi V.

CAREDDA, Autoresponsabilità e autonomia privata, cit., 122 ss.; G. VETTORI, Efficacia ed opponibilità del patto di preferenza, Milano, 1988, 138 ss.; R. SACCO, voce «Affidamento», Enc. dir., I, Milano 1958, 661 ss.; si occupano specificamente dell’art. 1153 c.c. L. MENGONI, Gli acquisti a non domino, Milano, 1994, 34 ss.; E. FINZI, Il possesso dei diritti, Roma, 1915, 170, 173.

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L'alienante del contratto nullo può avvalersi di un lungo termine (cinque anni) per impedire l'acquisto del terzo trascrivendo la domanda di nullità. Se non assolve tale onere subirà la conseguenza negativa dell'acquisto del terzo a titolo di autoresponsabilità

22

.

4. La tutela dei subacquirenti prevista dall'art. 2652, n. 7.

In materia di acquisti mortis causa, identico onere incombe su colui che "contesta il fondamento di un acquisto a causa di morte" (art. 2652, n. 7). Se non trascrive la domanda giudiziale entro cinque anni dalla trascrizione dell'acquisto, "la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi di buona fede che, in base ad un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda, hanno a qualunque titolo acquistato diritti da chi appare erede o legatario"

23

. Chi agisce giudizialmente non è ovviamente, diversamente dalle impugnative degli atti inter vivos, dante causa dell'atto dispositivo impugnato. Tuttavia il suo interesse ad agire si fonda sul presupposto di una affermata qualità di erede (o legatario), ossia di successore della persona dalla quale proviene la disposizione testamentaria impugnata.

In tale qualità era suo onere esercitare, fin dal momento dell'apertura della successione, un controllo sulla eventuale esistenza di un testamento con disposizioni contrastanti con i propri diritti successori.

22 Rileva l’importanza dell’inerzia del dominus protratta nel tempo G. FILANTI, voce «Nullità I) Diritto civile», in Enc. Treccani, XXIII, Roma, 1990, 6, il quale evidenzia che l’onere di conservazione gravante sul dominus non può essergli addossato se l’atto contro cui dovrebbe reagire gli è del tutto estraneo, e ciò per una ragione intrinseca a quell’onere; vedi, inoltre, A. FALZEA, Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica, Milano, 2010, 840 ss.; V. CAREDDA, Autoresponsabilità, cit., 113 ss., la quale nella prospettiva di analisi dell’autoresponsabilità individua il contributo del dominus alla fattispecie di cui all’art. 2652 n. 6 non solo nel compimento del negozio nullo ma anche in un «fatto omissivo» consistente nella sua inerzia prolungata, giacché per almeno cinque anni dalla data di trascrizione dell’atto nullo non provvede ad eseguire la trascrizione della domanda di nullità; R. TRIOLA, La trascrizione, cit., 263 s.; R. NICOLÒ, La trascrizione. La trascrizione delle domande giudiziali, dispense a cura di D. Messinetti, III, Milano, 1973, 116 ss.;L.

FERRI, Trascrizione della domanda di nullità, in Foro it., 1956, I, 170 ss.; sulla fattispecie in esame da ultimo vedi G. FREZZA, Trascrizione delle domande giudiziali, in Il Codice Civile. Commentario fondato da P. Schlesinger, diretto da F.D. Busnelli, Milano, 2014, 359 ss.; A. ORESTANO, La trascrizione delle domande giudiziali- Formalità e procedimento, in, Trattato della trascrizione, diretto da E. GABRIELLI-F.GAZZONI Torino, 2014, 163 ss.; G. GABRIELLI, La pubblicità immobiliare, in Tratt. Sacco, Torino, 2012, 142.

23 Dedicano ampio spazio all’analisi della fattispecie R. TRIOLA, La trascrizione, cit., 270 ss.; G.

FREZZA, Trascrizione delle domande giudiziali, cit., 375 ss.; A. ORESTANO, La trascrizione delle domande giudiziali, cit., 175; G. GABRIELLI, La pubblicità immobiliare, cit. 143 ss.; L. FERRI, M.

D’ORAZI FLAVONI, Tutela dei diritti. Art. 2643-2696, in Commentario del codice civile, a cura di Antonio Scialoja e Giuseppe Branca, Bologna-Roma, 1967, 272; G. GALLI, Il problema dell’erede apparente, cit., 343 ss.; R. NICOLÒ, La trascrizione, cit., 127 ss.

(12)

Se ha trascurato tale accertamento e se comunque non ha assolto nei cinque anni la formalità pubblicitaria di cui si è detto, il terzo sarà tutelato. Il suo pregiudizio troverà fondamento e ragione nel criterio di autoresponsabilità.

Quanto all'ambito applicativo - fermo restando che esso riguarda soltanto proprietà e diritti reali su beni immobili (e sui beni mobili registrati: art. 2690, cod. civ.) - la dottrina è divisa anche a causa della formulazione non lineare della norma. L'incipit del capoverso, "salvo quanto è disposto dal secondo e dal terzo comma dell'art 534", nonché la parte finale che indica i terzi tutelati in coloro che in buona fede "hanno a qualunque titolo acquistato diritti da chi appare erede o legatario" hanno indotto parte della dottrina a considerare la disposizione meramente complementare alla tutela degli acquisti dall'erede apparente ex art.

534, terzo comma, cod. civ.

24

. Come dianzi si è visto, il terzo è tutelato se ha confidato nella situazione di apparenza e se il suo acquisto è a titolo oneroso.

Se si tratta di beni immobili (o di beni mobili iscritti in pubblici registri) l'acquisto è fatto salvo soltanto se l'acquisto a titolo di erede e l'acquisto dall'erede apparente sono stati trascritti "anteriormente alla trascrizione dell'acquisto da parte dell'erede o legatario vero o alla trascrizione della domanda giudiziale contro l'erede apparente".

Secondo la dottrina in parola l'articolo 2652, n. 7 estenderebbe la tutela al terzo che acquista a titolo gratuito dall'erede apparente e, a qualunque titolo, dal legatario apparente

25

.

A tale interpretazione osta però il dettato del codice relativo all'oggetto della trascrizione ex art. 2652, n. 7: "le domande con le quali si contesta il fondamento di un acquisto a causa di morte".

Di fronte all'ampiezza di tale indicazione, non si può attribuire ad essa un contenuto limitato alla sola domanda di petizione dell'eredità

26

.

24 Sostengono questa posizione L. FERRI, M. D’ORAZI FLAVONI, Tutela dei diritti, cit., 273; F.D.

BUSNELLI, voce «Erede apparente», 208.

25 L. FERRI, M. D’ORAZI FLAVONI, Tutela dei diritti, cit. 273 s.

26 R. NICOLÒ, La trascrizione, cit., 130 ss., il quale precisa che deve trattarsi di domande esperite

«contro l’erede apparente o il legatario apparente, ossia contro un soggetto il quale si comporta come erede o come legatario, vantando cioè a proprio favore un titolo di acquisto mortis causa, che invece o non sussiste o è nullo o è suscettibile di essere annullato». È da escludere, pertanto che siano soggette a trascrizione le domande dirette contro colui che possiede beni ereditari senza vantare a suo favore un titolo di acquisto mortis causa. L’A. offre un quadro delle varie ipotesi in cui il titolo del convenuto può essere viziato, ricomprendendovi il titolo inesistente ab initio (titolo putativo, come nella ipotesi di colui che si comporta come erede legittimo mentre esiste un chiamato di grado anteriore ovvero un testamento che regola la successione), il titolo reale ab initio, ma che viene successivamente meno (si pensi al caso in cui l’eredità è stata devoluta a un soggetto al posto di un altro di cui si ignorava l’esistenza o di cui era stata dichiarata la morte presunta se di esso poi si sono avute notizie); il titolo impugnabile, si pensi al caso di indegnità a succedere; se il titolo ha alla base un testamento la domanda con cui si contesta il fondamento dell’acquisto potrà avere ad oggetto un testamento

(13)

La premessa "salvo quanto disposto dal secondo e dal terzo comma dell'art. 534"

è sostanzialmente "neutra". Con essa il legislatore si limita a dire che la disposizione in materia di domande giudiziali non interferisce in alcun modo con la tutela dei subacquirenti dall'erede apparente.

Quanto alla individuazione dei terzi tutelati in coloro che hanno acquistato diritti da chi "appare erede o legatario", il richiamo non è decisivo. Basti pensare ai terzi subacquirenti in materia di simulazione. Essi sono tutelati se in buona fede

"hanno acquistato diritti dall'erede apparente". Sembrerebbe di poter dire che talvolta il legislatore si riferisce all'apparenza in termini descrittivi.

Al terzo che acquista un diritto da chi vanta un titolo poi dichiarato (o reso) con sentenza inefficace, se in buona fede, quel titolo "appare" viceversa efficace e il dante causa quindi appare titolare del diritto: in quanto simulato acquirente; in quanto vanta un titolo di erede o legatario

27

.

Il riferimento all'apparenza è in un certo senso soggettivo: appare titolare in quanto il terzo è in buona fede.

L'apparenza, elemento costitutivo di fattispecie, ha invece una rilevanza autonoma, oggettiva. Sono le circostanze univoche che fanno apparire un soggetto creditore (art. 1189) o erede (art. 534). A tale apparenza

28

che si suole qualificare come situazione di fatto rilevante per il diritto, si deve aggiungere come requisito autonomo la buona fede

29

.

assolutamente inesistente (perché revocato); un testamento nullo (incapacità a ricevere, testamento reciproco, testamento mancante di formalità essenziali indicate all’art. 606, primo comma, e 619, primo comma c.c., motivo illecito determinante); un testamento annullabile (incapacità legale o naturale del testatore, vizio della volontà del testatore); nel senso che il n. 7 dell’art. 2652 (così come il n. 4 dell’art. 2690 per quanto riguarda i beni mobili registrati) non riguardi solo la petizione dell’eredità ma anche le domande di annullamento o nullità del testamento vedi L. MENGONI, Gli acquisti a non domino, Milano, 1968, 290; A. ORESTANO, La trascrizione delle domande giudiziali, cit., 192 ss.; R. TRIOLA, La trascrizione, cit., 274 s. secondo il quale la tesi che entrambe le norme si riferiscano alla sola azione di petizione di eredità espone il legislatore alla critica di incoerenza in quanto esso avrebbe frazionato ingiustificatamente due disposizioni inerenti alla disciplina degli acquisti dall’erede apparente; ritiene che l’art. 534 e l’art. 2652 n. 7 operino su piani distinti e autonomi G. FREZZA, Trascrizione delle domande giudiziali, cit., 381.

27 Esprime efficacemente tale concetto E. BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, Torino, 1952, 22, secondo cui il potere che viene riconosciuto al non dominus si giustifica alla luce dell’apparenza del “titolo, per cui, di fronte all’acquirente di buona fede, l’alienante si presenta come il vero titolare del diritto di cui si tratta”; vedi anche F. CARNELUTTI, Teoria generale del diritto, Roma, 1940, 181, secondo il quale “l’esistenza o l’efficacia di un rapporto dipende anziché dall’esistenza (reale) dall’apparenza di un rapporto diverso”.

28 Sull’apparenza si vedano i fondamentali contributi di A. FALZEA, voce «Apparenza», cit., 682 ss., il quale rileva che «il fenomeno dell’apparenza, in sé preso, è concepito dal nostro diritto in senso puramente oggettivo» (p. 692); R. SACCO, voce «Apparenza», in Dig. disc. priv., sez. civ., I. Torino, 1987, 353 ss.; e L. MENGONI, Gli acquisti a non domino, op. ult. cit., 340 ss.

29 Vedi A. FALZEA, voce «Apparenza», cit., 694, il quale sottolinea come l’apparenza, quale elemento oggettivo, confluisca in una fattispecie complessa nella quale rientra anche la buona fede;

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L'interpretazione restrittiva della fattispecie ex art. 2652, n. 7 è condizionata dalla posizione pregiudizialmente sfavorevole alla tutela dei terzi subacquirenti da testamento impugnato.

Esclusa in via di principio, viene ammessa soltanto nell'ipotesi testuale, considerata eccezionale, dell'acquisto dall'erede apparente. In questa logica, come dianzi rilevato, la fattispecie delineata dall'art 2652, n. 7 completerebbe la tutela prevista dall'art. 534, in quanto applicabile agli acquisti a titolo gratuito e agli acquisti a qualunque titolo dal legatario apparente.

Ad un approccio diverso, privo di pregiudizi, l'ambito applicativo dell'art. 2652, n. 7 non può essere altro che quello indicato a chiare lettere dal legislatore: le domande con le quali si contesta il fondamento di un acquisto a causa di morte.

Anzi, a rigore, la domanda di petizione dell'eredità dovrebbe essere esclusa da tale ambito

30

. Almeno se si ritiene che essa abbia natura petitoria e recuperatoria.

Se lo scopo è quello di recuperare il possesso, la contestazione del titolo di erede è soltanto eventuale. Il possessore può non avere titolo alcuno. Inoltre il possesso a titolo di erede, secondo l'opinione preferibile, si riferisce ad un titolo soltanto putativo.

Che la petizione di eredità rientri o no nell'ambito applicativo dell'art. 2652, n. 7, resta il fatto che, pur intesa nel senso ampio dianzi indicato, la tutela del terzo risulta comunque circoscritta ai beni immobili. Inoltre subordinata a requisiti che ne restringono notevolmente le possibilità di concreta applicazione.

In conclusione: le tutele apprestate dal legislatore con gli articoli 534 e 2652, n. 7 ai terzi subacquirenti lasciano fuori i diritti di credito e, più in generale, i diritti di natura non reale.

Inoltre, come si è visto, non sembrano suscettibili di interpretazione analogica e forse neppure estensiva: gli acquisti dall'erede apparente a causa della

questa coesistenza di elementi oggettivi e soggettivi all’interno della medesima fattispecie «non urta contro alcuna incompatibilità logica».

30 In realtà con l’azione di petizione dell’eredità si chiede il riconoscimento della qualità di erede (e la conseguente consegna dei beni ereditari), mentre la fattispecie di cui all’art. 2652 n. 7 c.c.

riguarda domande giudiziali aventi ad oggetto la contestazione del fondamento di un acquisto mortis causa. Rileva che la domanda con la quale si contesta il fondamento di un acquisto a causa di morte può venire proposta solo da chi chieda anche il riconoscimento della propria qualità di erede (o legatario) e la conseguente restituzione dei beni ereditari o legati L. FERRI, Tutela dei diritti, cit., 273;

l’A., nel sostenere la coincidenza tra «la domanda di cui al n. 7» e l’azione di petizione della eredità, afferma che la diversità di espressioni (utilizzate con riferimento alla stessa azione) deriverebbe da un imperfetto coordinamento dei due libri del codice civile. Considera l’ambito di applicabilità della norma più ampio rispetto a quello dell’art. 534, secondo e terzo comma, R. NICOLÒ, La trascrizione, cit., 127 ss. Opinione, quest’ultima, che sembra per lo meno essere aderente al dettato normativo; il linguaggio del legislatore, infatti, è tale che anche con tutte le forzature possibili non si può pensare di far «dimagrire» una formula così elastica al punto da circoscriverla esclusivamente all’azione di petizione dell’eredità.

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eccezionalità della tutela dell'apparenza, il cui costo sociale è il sacrificio netto dell'erede vero; i subacquisti ex art. 2652, n. 7 perché legati al meccanismo della trascrizione, alla quale sono soggetti soltanto gli atti tassativamente indicati dal legislatore

31

.

Stando alle ipotesi normative la tutela dei terzi subacquirenti è dunque notevolmente circoscritta.

Si ripropone dunque, fondatamente, la domanda iniziale. Ossia se, nell'attuale contesto sociale ed economico, alla luce di un’interpretazione evolutiva, il sacrificio delle loro ragioni e il conseguente intralcio alla circolazione giuridica dei diritti ereditari siano giustificati.

5. Erede e terzi subacquirenti.

Il mercato unico europeo, la globalizzazione delle transazioni di affari richiedono fluidità e rapidità della circolazione di beni e diritti. La quale non può prescindere dalla sicurezza dell'acquisto, garantita essenzialmente dalla tutela dei terzi subacquirenti in caso di inefficacia dell'acquisto del loro dante causa.

Per gli acquisti mortis causa la dianzi rilevata eccezionalità delle ipotesi di tutela dei terzi (artt. 534 e 2652, cod. civ.), coerente con il principio resoluto iure dantis resolvitur et ius accipientis, sembrerebbe precludere la possibilità di spazi di tutela ulteriori

32

.

31 Vedi R. TRIOLA, Della tutela dei diritti, in Trattato di diritto privato, diretto da Mario Bessone, Milano 2012, 234 ss.; G. FREZZA, Trascrizione delle domande giudiziali, cit., 59 s.; A. ORESTANO, La trascrizione delle domande giudiziali, cit. 62 ss.; sostiene che gli articoli 2652 e 2653 si riferiscono non a ipotesi generali ed omnicomprensive ma a “categorie ristrette e limitate da termini precisi e rigorosi” A. PROTOPISANI, La trascrizione delle domande giudiziali, Napoli, 1968, 234. Propone un tentativo di apertura G. PETRELLI, L’evoluzione del princìpio di tassatività nella trascrizione immobiliare, in Quaderni della Rassegna di diritto civile, diretta da Pietro Perlingieri, Napoli, 2009.

32 Parla di eccezioni al princìpio resoluto iure danti resolvitur et ius accipientis, L. CAMPAGNA, voce «Avente causa», in Enc. dir., IV, Milano, 1959, 602 ss.; cfr. anche F.D. BUSNELLI, voce «Erede apparente», cit., 198; A. FALZEA, voce «Apparenza», cit., 687. Nel senso che «le norme sugli acquisti dal non avente diritto non possono considerarsi come l’espressione di un princìpio generale capace di essere, nella sua portata sintetica, applicato a casi nuovi», G. MESSINA, La simulazione assoluta, in Riv. dir. comm., 1908, I, 37. Contra, A. PROTOPISANI, La trascrizione delle domande giudiziali, Napoli, 1968, 246 ss., 302, il quale ritiene invece che le applicazioni del princìpio resoluto iure dantis resolvitur et ius accipientis rappresentino l’eccezione e che la salvezza dei diritti dei terzi avente causa costituisca la regola generale. Vedi anche G. CIAN, Forma solenne e interpretazione del negozio, Padova, 1969, 116, nt. 107, il quale reputa che dal complesso delle norme sugli acquisti a non domino sia possibile enucleare i princìpi generali suscettibili di essere applicati anche alle fattispecie non direttamente previste dalla legge. Vedi, infine, L. MENGONI, Acquisti a non domino, Milano, 1994, 31, secondo il quale «la maggior frequenza dei casi in cui prevale la direttiva di tutela dei terzi non è argomento sufficiente per affermare che essa si è consolidata in un princìpio sistematico (o assiomatico). Vero è soltanto che le norme in cui tale direttiva si svolge non possono essere ritenute

(16)

Opinione suffragata sul piano dei principi dall'idea che l'erede subentri "in locum et ius defuncti" e quindi ne continui la personalità

33

. Orbene l'idea della

"sacralità" della figura dell'erede è, nella società contemporanea fortemente recessiva

34

. Se è vero che il diritto successorio come delineato nel codice civile è rimasto pressoché immutato, la ragione non sta in una perdurante vitalità di esso, bensì, al contrario, nella sua progressiva marginalizzazione. Soltanto gli stretti congiunti in linea retta e il coniuge godono di una tutela privilegiata che difficilmente può essere scalzata da operazioni inter vivos. Il testamento è strumento sempre meno utilizzato, spesso superato dal ricorso a strumenti negoziali, talvolta sofisticati che danno vita a vere e proprie successioni

"anomale"

35

. Altre volte, più semplicemente, è lo stesso soggetto, che dispone in vita di tutto o parte del proprio patrimonio, ad esempio per sopperire alle

eccezionali nel senso dell’art. 14 delle preleggi, non sono norme soggette al divieto di applicazione analogica».

33 L’espressione, risalente ai giuristi romani, è richiamata da BIGLIAZZI GERI,U.BRECCIA,F.D.

BUSNELLI,U.NATOLI, Diritto civile, 4, Torino, 1996, 10. Per l’opinione che vede nel successore a titolo universale il continuatore della personalità del de cuius vedi G. STOLFI, Concetto dell’erede, cit., 162 ss., secondo il quale «a nulla interessa che l’erede abbia qualcosa, ma importa che egli sia qualche cosa: per intenderci, il continuatore della personalità». In questo senso l’A. individua la differenza (qualitativa) fra erede e al legatario: «il legatario ha qualche cosa, e cioè il singolo diritto patrimoniale che acquista. L’erede è qualcuno: il successore del defunto»; viene così confermata l’antica definizione «eiusdem potestatis iurisque esse, cuius fuit defunctus, constat» (fr. 59 Dig. de reg. iur., 50, 17). Critici contro l’idea della personalità, autori citati a nota 7.

34 La concezione sacrale dell’erede può essere compresa se si considera che la successione, nell’ordinamento italiano, permane come manifestazione del diritto di proprietà privata (cfr. F.

VASSALLI, Motivi e caratteri della codificazione, in Studi giuridici, III, 2, 1960, 611). La sacralità del successore a titolo universale sembra essere strettamente connessa al modo di concepire la successione a causa di morte come una necessità sociale che, come è stato rilevato, fa “nell’ordine economico lo stesso ufizio della generazione nell’ordine fisico per la perpetuazione della specie, dell’educazione ed istruzione nell’ordine morale ed intellettuale, della continuità nell’ordine politico” (così ALBINI, Princìpii della filosofia del dritto, Vigevano, 1857, 45). Tale concezione è oggi in via di superamento.

Ciò trova conferma nei recenti interventi normativi (legge 14 maggio 2005, n. 80) che hanno attenuato, in parte, il rigore del regime dell’azione di restituzione, innovando l’art. 563 c.c. e introducendo un limite temporale alla proponibilità dell’azione nei confronti dei terzi aventi causa dal donatario. Per quanto concerne i beni immobili, infatti, la nuova norma prevede che l’azione di restituzione nei confronti del terzo acquirente del bene donato non possa essere proposta decorsi venti anni dalla trascrizione della donazione oggetto di riduzione. Mentre in passato l’acquisto del bene donato era esposto all’azione dei legittimari senza limiti di tempo, oggi l’azione non può essere esperita trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione. Insomma, se prima della novella del 2005 la tutela dei legittimari poteva essere definita in termini di assolutezza, nel senso che non conosceva eccezioni, dopo la novella detta tutela si è evidentemente «relativizzata» (vedi in tal senso Consiglio Nazionale del Notariato, L'atto di “opposizione” alla donazione (art. 563, comma 4, codice civile), Studio n. 5809/C).

35 Vedi A. PALAZZO, Autonomia contrattuale e successioni anomale, Napoli, 1983; M. IEVA, A.

RASTELLO, Le c.d. successioni anomale, in Successioni e donazioni, a cura di P. Rescigno, Padova, 2004; F. PANZA, Le successioni anomale con funzione produttiva, 2000.

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