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COMUNE DI FORLÌ ASSESSORATO ALLE POLITICHE SOCIALI

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Academic year: 2022

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Regione Emilia Romagna

Anno internazionale dell’anziano

COMUNE DI FORLÌ

ASSESSORATO ALLE POLITICHE SOCIALI

In collaborazione con l’Associazione

A. R. A. D. – FORLÌ

ASSOCIAZIONE PER LA RICERCA E L’ASSISTENZA DELLE DEMENZE A FORLÌ

BREVE GUIDA

ALLA MALATTIA D’ALZHEIMER ED ALLE ALTRE FORME DI DEMENZA

opuscolo informativo per i familiari

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A cura di:

Vincenzo Pedone

Primario del reparto di Geriatria – Ospedale Pierantoni di Forlì Antonella Angelini

Aiuto Primario, reparto di Geriatria – Ospedale Pierantoni di Forlì A. R. A. D. – FORLÌ

ASSOCIAZIONE PER LA RICERCA E L’ASSISTENZA DELLE DEMENZE A FORLÌ Soci fondatori:

Vincenzo Pedone Fabrizio Rasi Luigi Missiroli Loretta Bertozzi Antonella Angelini Susanna Malagù Giuseppe Benati Giada Marchi Giorgio Papi notaio

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Col senno di poi la cosa sembra ovvia ma sulle prime pensai che le sue smemoratezze fossero comprensibili e nient’affatto eccezionali. Dimenticava dove aveva messo le chiavi, ma capita a tutti. Dimenticava il nome di qualche conoscente, ma non degli amici e delle persone a noi più vicine. A volte sbagliava la data sugli assegni ma non vi dava peso, semplici errori che si commettono quando si pensa ad altro. Fu quando si manifestarono episodi più allarmanti che cominciai a sospettare il peggio. Un ferro da stiro nel freezer, la biancheria nella lavapiatti, dei libri nel forno. Il giorno in cui la trovai nella sua auto a tre isolati di distanza, china in singhiozzi sul volante perché non trovava la via di casa, mi spaventai davvero. E si spaventò anche lei perché quando bussai al finestrino si voltò e disse: “O Dio, che cosa mi succede? Per favore aiutami”.

“Mi spiace dovervelo dire” cominciò il dr. Barnwell, ma sembra che la signora sia al primo stadio dell’Alzheimer…” É una malattia desolata, vuota ed arida come il deserto. Non sapevo che dirle mentre lei singhiozzava sul mio petto e la strinsi a me cullandola.

(Nicholas Sparks, Le pagine della nostra vita, Frassinelli Ed., 1996)

tratto da: M. Trabucchi, Le demenze, UTET, 1998

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INTRODUZIONE

Il continuo aumento nella popolazione del numero degli anziani ha determinato un proporzionale incremento delle malattie connesse all’invecchiamento, fra cui la demenza.

Già nel 1987, studiosi del settore definivano le demenze “epidemia silente degli anni futuri”

prevedendo ciò che si sta ormai verificando.

In particolare nei prossimi 25 anni si assisterà ad un drammatico aumento del numero di persone affette da demenza. L’aumento sarà particolarmente marcato nei paesi in via di sviluppo.

Delle varie forme di demenza, la malattia d’Alzheimer rappresenta la più diffusa e quella su cui verte il maggior numero di ricerche scientifiche.

Non esistono cure a tutt’oggi che possano guarire la malattia ma solo rallentarne l’evoluzione.

Ne consegue che i malati hanno bisogno d’assistenza e la famiglia resta il punto di riferimento fondamentale.

Con questa breve guida s’intende diffondere la conoscenza della storia naturale della malattia, e informazione sui comportamenti da adottare quando si debba fronteggiarla nella vita quotidiana.

CHE COSA É LA DEMENZA?

Col termine di demenza s’intende un deterioramento della memoria e di almeno un’altra delle funzioni mentali superiori ad andamento progressivamente peggiorativo e tale da interferire con la capacità di assolvere alle mansioni della vita quotidiana, in ciò rappresentando un declino rispetto alle prestazioni usuali dell’individuo stesso.

Si tratta quindi di una condizione, nella quale non solo la memoria é compromessa, anche se all’esordio della malattia il sintomo principale può essere un deficit della memoria.

CHE COSA É LA MEMORIA?

É quella funzione del cervello che ci permette di registrare, conservare e rievocare le informazioni derivanti dall’ambiente circostante, dalle sensazioni e dai pensieri.

Esistono due tipi di memoria: quella a breve termine e quella a lungo termine.

La memoria a breve termine raccoglie le informazioni recenti: i messaggi provenienti dai sensi attivano particolari aree localizzate nella corteccia cerebrale determinando un ricordo della durata da pochi secondi a pochi minuti.

Solo un numero limitato di tali messaggi, quelli ritenuti di interesse, vengono immagazzinati più a lungo in zone più profonde del cervello (l’ippocampo) costituendo la memoria a lungo termine.

Questi ricordi rimangono disponibili per mesi, od anni, od anche diversi decenni.

Il buon funzionamento della memoria dipende quindi anche dall’integrità degli organi di senso. Un significativo deficit della vista o dell’udito genera una deprivazione sensoriale che é alla base di alcune forme di deterioramento mentale.

Il buon funzionamento della memoria é altresì influenzato dal grado di attenzione che il soggetto rivolge ad un evento.

La depressione e l’ansia si associano spesso ad un disturbo della memoria in quanto si tratta di condizioni psichiche in cui l’attenzione é polarizzata su sensazioni di paura o di sfiducia non essendo “interessata” a processi di memorizzazione per il futuro.

É purtroppo ancora opinione diffusa che l’invecchiamento si associ ad una progressiva perdita della memoria come di altre funzioni fisiche.

In realtà col passare degli anni, si assiste ad un progressivo rallentamento dei processi di apprendimento o delle prove di performances (fenomeno correlato alla progressiva perdita di neuroni) ma il tutto é contenuto e compensato senza impatto sull’autonomia della persona.

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Vi può essere poi una condizione definita come “perdita di memoria legata all’eta”. Si tratta di un disturbo della memoria di grado lieve, non associato ad altri deficit delle funzioni mentali, d’entità tale da non interferire con la vita quotidiana.

É comunque opportuno che la comparsa di un disturbo della memoria anche in un anziano venga preso in considerazione e segnalato al medico curante che valuterà l’indicazione ad effettuare indagini più approfondite.

É, infatti, dimostrato che l’efficacia di un intervento terapeutico é massima a fronte di una diagnosi precoce; ciò vale anche per la demenza.

Quando poi il disturbo della memoria interferisce con la capacità di vita indipendente o riguarda informazioni importanti é indispensabile consultare il medico curante.

Un’altra condizione da distinguere dalla demenza é lo stato confusionale acuto (delirio) che spesso si manifesta nell’anziano con una malattia organica (infezione, disturbo metabolico, disidratazione, trauma cranico, stato post-operatorio, etc.)

Si tratta di una condizione di durata limitata nel tempo (ore o giorni), caratterizzata da un’alterazione dello stato di coscienza oltre che da un deficit delle funzioni mentali.

É dunque una condizione reversibile con la malattia che l’ha determinata ma può essere talvolta la spia di un’incipiente demenza.

Quando si manifesta un disturbo della memoria durante l’invecchiamento, soprattutto se é tale da non compromettere le abituali attività quotidiane, é opportuno non drammatizzare.

Esistono metodi ed accorgimenti per mantenere “allenata” la memoria e compensare le dimenticanze.

- Si può ricorrere all’uso di pro-memoria, appunti, liste per la spesa.

- Per ovviare alla perdita di oggetti (ad es. chiavi) é opportuno assegnare ad ogni oggetto sempre la stessa collocazione.

-É opportuno rendere più visibili oggetti che si nascondono facilmente (ad es. mettere un cordoncino agli occhiali per assicurarli al collo, porre un nastro alle forbici).

-É importante portare a termine le azioni iniziate per non rischiare di lasciarle in sospeso.

-É utile effettuare esercizi mnemonici (parole crociate, riassunti di letture o programmi televisivi).

In generale é utile aumentare interessi ed attività in modo da esercitare indirettamente la memoria.

LE DEMENZE

Col termine di demenza s’indica quindi una malattia del cervello che determina perdita della memoria e di almeno un’altra funzione cognitiva (ragionamento astratto, linguaggio, orientamento, calcolo, svolgimento di compiti complessi) tale da compromettere la capacità di vita autonoma.

Ai sintomi che riguardano le funzioni cognitive si accompagnano quasi sempre alterazioni del comportamento che possono consistere in deliri, allucinazioni, apatia, disinibizione, comportamento alimentare o sessuale inadeguato, agitazione, vagabondaggio, ansia o depressione, insonnia.

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Dalla letteratura scientifica si desume che la prevalenza della demenza nei soggetti d’età superiore ai 65 anni é del 5% circa ma raddoppia approssimativamente ogni cinque anni d’età raggiungendo il 40% nella classe d’età fra gli 85 e gli 89 anni.

L’età rappresenta il principale fattore di rischio per le demenze.

Circa il 60% dei casi di demenza é dovuto alla malattia d’Alzheimer (dal nome del neurologo che la descrisse per primo nel 1907).

In poco più del 10% dei casi é dovuta all’arteriosclerosi cerebrale ed in un altro 10% circa alla coesistenza di malattia d’Alzheimer e di danni circolatori cerebrali.

Vi sono poi altre malattie degenerative cerebrali che possono essere responsabili di demenza: la malattia di Pick, la malattia a corpi dei Lewy, la demenza fronto-temporale, il morbo di Parkinson, la degenerazione cortico-basale.

In un rimanente 10% di casi la demenza é sostenuta da malattie passibili di guarigione se curate tempestivamente (ad es. idrocefalo normoteso, ematoma subdurale, neoplasia cerebrale, ipotiroidismo).

Va altresì ricordato che l’uso scorretto d’alcuni farmaci (tranquillanti, sonniferi) e di sostanze tossiche (alcool) può essere responsabile di disturbi della memoria o di confusione mentale se non di una vera e propria forma di demenza.

LA MALATTIA D’ALZHEIMER

La malattia di Alzheimer rappresenta la più frequente forma di demenza nei paesi occidentali con una prevalenza di meno dell’1% al di sotto dei 65 anni, del 4-7% al di sopra dei 65 anni con circa il 20% negli ultraottantenni.

La malattia ha di norma un esordio subdolo essendo il primo sintomo rappresentato da una lieve perdita di memoria per gli eventi recenti.

Tale deficit si accentua poi in maniera progressiva e ad esso si associano altri deficit. Compaiono difficoltà nell’orientamento spaziale e temporale (l’individuo può perdersi in luoghi non familiari).

Vi é difficoltà nell’apprendere e ricordare nuove informazioni (appuntamenti, avvenimenti).

Compaiono difficoltà nel trovare le parole per esprimersi e nel nominare gli oggetti che vengono indicati spesso con giri di parole od in maniera vaga (“il coso”, ”la cosa”).

Insorgono problemi nell’esecuzione di compiti complessi come attività che richiedono una sequenza (ad es. la preparazione di un pasto).

Il comportamento appare più passivo, non interessato all’ambiente circostante.

Vi può essere irritabilità, accentuazione di alcuni tratti del carattere od, al contrario, modificazione della personalità.

Talvolta l’individuo diviene sospettoso o sviluppa manie (di persecuzione, di furto).

Uno dei sintomi che spesso accompagnano l’esordio della demenza è la depressione, spesso reattiva alla consapevolezza, talora presente nella fase iniziale della malattia, del proprio declino mentale.

La malattia ha un decorso variabile da individuo ad individuo ma in media ha una durata di 8-10 anni.

Nella malattia possono essere distinti tre stadi di gravità.

L’andamento della demenza di tipo vascolare é invece caratterizzato da un decorso “a gradini”

determinato dalle varie lesioni (ictus) responsabili del danno cerebrale. Possono cioè esservi fasi di rapido peggioramento intercalate a fasi di relativa stazionarietà mentre nella malattia d’Alzheimer il declino é tipicamente progressivo.

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GLI STADI DELLA DEMENZA

Nello stadio iniziale, abitualmente riconosciuto solo dopo 1-2 anni, é presente più che altro un disturbo della memoria soprattutto per gli eventi recenti.

Il paziente diviene ripetitivo, tende a perdersi in ambienti nuovi, dimentica gli impegni, può essere disorientato nel tempo. Il pensiero astratto risulta impoverito e la capacità di giudizio critico diminuita. Il paziente esprime una progressiva incapacità a svolgere compiti prima a lui familiari.

In questa fase sono di solito i familiari a rilevare alterazioni del comportamento o della personalità.

É più facile l’individuazione di un deficit iniziale in individui che svolgono mansioni intellettuali, piuttosto che in anziani con bassa scolarità o non impegnati in mansioni lavorative.

Nella fase intermedia il paziente presenta necessità d’assistenza nelle attività strumentali della vita quotidiana. Può perdersi anche in ambienti familiari. Anche la memoria remota é compromessa.

Non riesce ad apprendere nuove informazioni. É completamente disorientato nello spazio e nel tempo. É in grado di deambulare; spesso presenta irrequietezza e vagabondaggio con rischio di cadute. In tale fase sono frequenti i deliri e le alterazioni del sonno.

La durata di questo periodo può essere di uno o più anni.

Nello stadio avanzato della malattia vi é totale perdita dell’autonomia anche nelle attività di base della vita quotidiana. La comunicazione verbale é estremamente impoverita o assente. Compaiono incontinenza sfinterica, incapacità motoria, incapacità ad alimentarsi per difficoltà nella deglutizione.

Sono conseguentemente molto frequenti le complicanze: polmoniti, malnutrizione, disidratazione, piaghe da decubito conseguenti all’allettamento.

Lo stadio avanzato della malattia può durare dai 2 ai 10 anni in media.

É essenziale che di fronte ai primi sintomi venga fatta una valutazione medica adeguata del caso che passa attraverso una raccolta accurata dell’anamnesi del paziente dal familiare che più gli sta vicino ed é quindi in grado di cogliere le più fini modificazioni del comportamento.

Oltre all’esame obiettivo si effettua di norma una serie di test neuropsicologici che, tenendo conto dell’età e della scolarità dell’individuo, contribuiscono a rivelare deficit nelle varie funzioni mentali.

Le indagini successive sono rappresentate dalle analisi del sangue e da una TAC cerebrale che ha anzitutto lo scopo di evidenziare lesioni circolatorie cerebrali od altre patologie responsabili di forme di demenza potenzialmente reversibili (ematomi, idrocefalo). Il grado di deterioramento mentale poi non sempre corrisponde al livello di atrofia cerebrale documentato dalla TAC che può risultare normale nelle forme iniziali.

Una volta formulata la diagnosi si effettua un programma terapeutico e di controlli periodici allo scopo di seguire l’andamento del singolo paziente.

EREDITARIETÀ E FATTORI DI RISCHIO

Solo in pochissimi casi (circa l’1%) la demenza é ereditaria.

In un altro 25% di casi esiste una familiarità generica (analoga a quella esistente per il diabete o l’ipertensione).

Nel restante 74% dei casi non é possibile riscontrare alcun tipo di legame ereditario e la malattia si manifesta in modo imprevedibile. Ciò vale anzitutto per la malattia d’Alzheimer.

Nell’1% di casi di malattia di Alzheimer ereditaria, l’alterazione risiede in un gene (porzione di

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determina il 100% di probabilità di sviluppare la malattia. Esistono tre tipi di alterazioni genetiche possibili rispettivamente sul cromosoma n. 14 (sintesi della presenilina 1), sul cromosoma n. 1 (sintesi della presenilina 2) e sul cromosoma n. 21 (sintesi della proteina precursore dell’amiloide).

L’accumulo di sostanza amiloide é una delle caratteristiche alterazioni anatomiche del cervello colpito da malattia d’Alzheimer.

Le forme ereditarie di malattia d’Alzheimer esordiscono in giovane età (40-50 anni), ed hanno una chiara distribuzione familiare con presenza di casi di demenza nelle varie generazioni.

Le alterazioni a carico del gene per la proteina precursore dell’amiloide si associano ad un esordio tra i 40 e i 65 anni; quelle della presenilina 1 tra i 30 e i 65 anni; quelle della presenilina 2 tra i 40 e i 90 anni.

L’ampia variabilità nell’età di insorgenza della malattia limita l’utilità del test genetico dal punto di vista dell’individuo che si sottopone ad esso anche se lo studio genetico resta indicato nei discendenti di famiglie con casi di demenza ereditaria.

É stato altresì dimostrato che i soggetti portatori dell’allele E4 dell’apolipoproteina E hanno un rischio maggiore di sviluppare la malattia d’Alzheimer. Si tratta comunque di un aumento di probabilità e non di un rischio assoluto.

Per quanto riguarda poi la demenza vascolare i fattori di rischio sono gli stessi dell’arteriosclerosi e cioè: età, ipertensione, ipercolesterolemia, diabete, fumo, obesità.

L’età resta il principale fattore di rischio anche per la malattia d’Alzheimer visto che la maggiore prevalenza della malattia si ha dopo i 75 anni.

La causa della malattia d’Alzheimer é a tuttoggi sconosciuta.

Un effetto combinato di fattori genetici ed ambientali potrebbe essere alla base dello sviluppo della malattia.

LA CURA

Attualmente non esiste una cura che guarisca la demenza non essendone nota la causa. Esistono tuttavia farmaci attivi a livello cerebrale che possono rallentarne il decorso e migliorare i disturbi del comportamento.

In particolare per la malattia d’Alzheimer esistono da alcuni anni farmaci specifici, i cosiddetti

“inibitori delle colinesterasi”. Essi agiscono bloccando la degradazione di un neurotrasmettitore (l’acetilcolina) la cui carenza sembra essere particolarmente importante nel determinare i disturbi tipici della malattia d’Alzheimer.

Purtroppo questi farmaci hanno efficacia solo nel 30-50 % dei pazienti con demenza di grado lieve o moderato.

Nei casi che rispondono alla terapia si possono ottenere dei miglioramenti per un periodo di tempo variabile da individuo ad individuo ed un rallentamento nell’evoluzione della malattia.

La prescrizione di tali farmaci é di pertinenza specialistica (geriatra, neurologo).

Esistono altresì terapie non farmacologiche (metodi di riabilitazione cognitiva) che possono contribuire a rallentare il declino mentale.

L’ASSISTENZA AL MALATO

La storia naturale della demenza é variabile da paziente a paziente ma é comunque un percorso verso la perdita dell’autosufficienza, una parabola discendente costellata di problemi dei quali é la famiglia, in primo luogo, a farsi carico.

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