RG n. 91/201
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO '
La Corte di Appello di Campobasso, collegio civile, riunita in camera di consiglio, composta dai magistrati:
dr. Maria Grazia d’ERRICO , Presidente rei.
dr. Giuseppina PÀOLITTQ Consigliere
dr. Rita CAROSELLA Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA (j? fa
nel procedimento n. 91/2016 R.G. di appello avverso l’ordinanza pronunciata dal Tribunale di Campobasso il 20/01/2016 nel procedimento n. 1078/2015 R.G., avente ad oggetto:
riconoscimento delta protezione internazionale TRA
.. elettivamente domiciliato in Campobasso presso lo studio dell’avv. Giuliano Di Pardo, rappresentato e difeso dall’avv. Carmela Perazzellì in virtù dì mandato in calce alla citazione in appèllo
APPELLANTE
E -
MINISTÈRO DELL’INTERNO (c.f. 80202230589) - Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Salerno, sez. di Campobasso, in persona del legale rapp.te p.C, elettivamente domiciliata in Campobasso presso gli uffici dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope iegis
APPELLATO NONCHÉ’
Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Campobasso
. 1NTERVENTORE
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
IN FATTO — ' , cittadino del Senegai, premesso che la Commissione territoriale di Salemo - sez. di Campobasso, gli aveva negato la protezione intemazionale con provvedimento del 28/05/2015, ha adito il competente Tribunale di Campobasso chiedendo la revoca di detto provvedimento ed il riconoscimento del proprio “slatus” di rifugiato ovvero della protezione sussidiaria, o in vìa ulteriormente subordinata di quella umanitaria.
I! Tribunale, acquisite le memorie depositate per la Commissione territoriale, con provvedimento ex art. 702 bis c.p.c. emesso il 20/01/2016 ha escluso la riconoscibilità all*istante dello status di rifugiato e la sussistenza delle condizioni per ottenere la protezione sussidiaria ai sensi delPart. 17 del D.Lgs. n.251/2007; non ha inoltre ravvisato una condizione del medesimo ricorrente di particolare vulnerabilità, tale da ammetterlo alla protezione umanitaria, dichiarando non ripetibili le spese del procedimento stonte la costituzione personale in giudizio della P.À.
! ha impugnato il provvedimento con citazione notificata il 17/02/2016 al Ministero deU'Intemo ed al P.G. presso questa Corte -il quale non ha formulato richieste-, insistendo in tutte le richieste formulate dinanzi al Tribunale.
Il Ministero si è costituito eccependo ^inammissibilità delPimpugnazione e chiedendo il
rigetto dell’appello nel merito. •
Le parti hanno concluso richiamando i propri atti e chiedendo l’assegnazione dei termini ex art, 190 c.p.c.; è stata concessa, nelle more della decisione, la sospensione dell’esecutività dell’ordinanza appellata.
IN DIRITTO - Si premette che i motivi di appello sono chiaramente indicati e motivati;
onde non ricorre la nullità dell’atto introduttivo ex art. 342 c.p.c. eccepita dal Ministero.
In sede di audizione da parte della Commissione territoriale, , ' * ha dichiarato di essere nato il (trascrizione fonetica poi rettificata in questa sede in
“Fonda”), nella regione della Casamance del Senegai, di essere celibe, di religione musulmana, di etnia peul, di non avere titoli di studio; di essere vìssuto sin da piccolo a S.Louis per studiare-il Corano; abitando presso una donna per la quale lavorava, mentre la famiglia era rimasta al villaggio; di essere poi tornato nel proprio villaggio dove aveva vissuto con i genitori, i due fratelli e la seconda moglie del padre, e di essere stato aiutato ad ambientarsi da una zia, molto premurosa con lui; di essere stato ingiustamente accusato dalla seconda moglie del padre di avere avuto rapporti sessuali con la suddetta zia, la quale le aveva confidato di essere incinta; clie Io zio, il quale si trovava in Costa d’Avorio per lavoro, lo aveva minacciato di morte appena rientrato in Senegal, ragione per la quale era fuggito fermandosi in Libia dal 2013 al giugno 2014, quando aveva deciso di lasciare il territorio libico per l’Italia, a causa dello sfruttamento cui era stato sottoposto e delia violenza di quel paese; ha dichiarato di avere paura a rientrare in Senegai unicamente per la possibile reazione dello zio,-uomo violento e deciso, nonostante la gravidanza della zia non vi fosse poi stata realmente, e che se non avesse avuto tale problema non avrebbe mai lasciato i genitori, né il proprio paese, nel quale gli piaceva vivere più che in tutti i luoghi in cui era
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stato, perché “/« Senegai sei libero difare tutto quello che vuoi fareM (cfr. pag. 5 del verbale di audizione del 23/05/’15). ,
Sulla scorta di tali elementi, merita anzitutto conferma la decisione del Tribunale, impugnata dal dì negare allo stesso il riconoscimento dello status di rifugiato (artt.
2 lett. e) ed il del DXgs. n.251/2007): dalle circostanze addotte e ribadite a sostegno del presente appello non emerge infatti che il richiedente possa in concreto temere di subire, in caso di ritorno in patria, atti persecutori per i motivi di cui alf’art. 8, del d.Lgs. n. 251/2007 (di razza; religione, nazionalità, appartenenza ad un gruppo sociale o opinione politica).
Si rammenta che ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato la generica gravità della situazione politico-economica del paese di origine del richiedente non è di per sè sufficiente a costituire presupposto per il riconoscimento dello status di rifugiato, essendo necessario, a questo fine, che la specifica situazione sovvertiva del richiedente, in rapporto alle caratteristiche oveettivc sussistenti nel suo paese, siano tali da far ritenere resistenza di un grave pericolo per ['incolumità della persona" (v. Cons di Stato 1999/n.291).
11 primo giudice ha pertanto correttamente ritenuto insussistenti i presupposti per la misura di protezione in questione, oltre ad evidenziare, in sintonia con il provvedimento della Commissione, i profili di incongruenza e scarsa plausibilità del racconto del richiedente asilo (il quale, pur essendo stato diversi anni a S.Louis per studiare il Corano, ha dichiarato di non sapere leggere e scrivere; benché sia lui che la zia vivessero con i rispettivi nuclei familiari e senza possibilità di stare soli, nessuno lo aveva difeso dalle accuse della seconda moglie del padre). '
In riferimento all’ulteriore doglianza dell’appellante, l’art. 2 lett. g) del D.Lgs. n.251/2007 definisce «persona ammissibile alla protezione sussidiaria» il cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere-riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine..., correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dal medesimo decreto e il quale non può o, a causa di tale rìschio* nùn vuole avvalersi della protezione di detto Paese; è «danno grave»
ai sensi delPart. 14, lett. a) la condanna a morte o all'esecuzione della pena di morte; della lett. b) ia tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine; della lett. c), la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o intemazionale.
Il assume la ricorrenza dell’ipotesi di cui alla lettera c), il cui riconoscimento può prescindere dalla situazione personale del ricorrente.
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Il Tribunale ha motivato escludendo la ricorrenza in Senegal ed in particolare nella regione della Casamance di una situazione di conflitto armato Interno generatore di una violenza indiscriminata, come tale integrante una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona in relazione a tutti i soggetti abitanti nella regione, sulla scorta del rapporto di Àmnesty International 2014/* 15 attestante il cessate il fuoco proclamato fra l’esercito e le forze democratiche del Movimento della Casamance.
Tale situazione non può dirsi mutata, sulla base delle notizie aggiornate evincibiii dalla medesima fonte (v. rapporto di Amncsty International per il periodo 2015/2016), la quale riferisce di uno scontro a fuoco nel mese di aprile fra l’esercito ed il Movimento delle forze democratiche della Casamance (Mfdc), nel dipartimento di Oussouye; il sito del Ministero degli Esteri aggiornato all’ 11/10/2016 riporta il rischio di attentati ed azioni ostili a danno di cittadini ed interessi occidentali, specificando, in riferimento in particolare alla regione della Casamance, che in tale zona saltuariamente sì verificano scontri armati tra forze di sicurezza senegalesi e ribelli.
L’appello risulta infondato anche sotto il profilo del mancato riconoscimento, da paté del Tribunale, della protezione umanitaria ex art. 5, co.6, d.Igs. n.286/1998.
Si tratta di misura residuale e temporanea, incentrata sulla situazione individuale del richiedente -in ciò differenziandosi dal caso dei permessi rilasciati per “motivi umanitari”, ad es, in forza del D.F.C.M. del 5/04/201 \, in occasione della c.d “emergenza nord Africa”, terminata il 28/02/2013-, e fondata sul riscontro dell'esistenza di situazioni non rientranti nelle misure tipiche, o perchè aventi il carattere della temporaneità o perchè vi sia un impedimento al riconoscimento della protezione sussidiaria, o, infine, perchè intrinsecamente diverse nel contenuto rispetto alla protezione intemazionale per assenza del fumiis persecutìonis e della situazione di violenza incontrollata, ma caratterizzate da
un'esigenza qualificabile come umanitaria (condizioni psicofisiche de! richiedente tali da non consentirne l’allontanamento o la cura nel paese di origine; situazioni di vulnerabilità
’ come per minori, disabili, anziani, donne in stato di gravidanza, genitori di minori, vittime di stupri o violenze; impossibilità per l’interessato di restare nel paese di origine a fronte di seri . pericoli che lo minacciano in caso di rientro) -cfr. Cass. 20l3/n.26566; Cass. 2014/n. 15466;
Cass, 2O15À1.2I903-.
Nella fattispecie quanto allegato dal richiedente, anche a prescindere dalle rilevate incongruenze, non si rivela valutabile ai fini della protezione umanitaria, consistendo unicamente nel timore, in caso di suo rientro in Senegai (dove per il resto egli afferma di trovarsi bene), di essere oggetto della violenza vendicativa dello zio, a fronte della quale non
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è stata addotta alcuna concreta impossibilità di ottenere tutela dagli stessi suoi parenti o dalle
autorità. .
Né infine il fatto che l’appellante abbia dimostrato di avere intrapreso in Italia un percorso di integrazione sociale è in sé indice di una situazione di vulnerabilità, che è presupposto per il riconoscimento della protezione in esame.
L’appello va dunque rigettato.
Le spese processuali, in ragione della soluzione adottata, sono poste a carico dell’appellante e vengono liquidate come da dispositivo, in ragione dei parametri minimi di cui al D.M. n.55/2014 per controversia di valore indeterminabile, per fase di studio ed introduttiva.
Ricorrono infine i presupposti di cui al primo periodo del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 -quater, ai fini'del raddoppio del contributo per i casi di impugnazione respinta integralmente.
PQM La Corte
• rigetta l’appello;
• condanna l’appellante a rimborsare al Ministero appellato le spese del presente grado, che liquida in 6 1.655,00 per compensi ai difensore, oltre rimborso forfettario del 15%, Iva e Cpa come per legge;
• dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 -quater, ai fini del raddoppio dei contributo unificato a carico della parte appellante.
Così deciso in Campobasso nella camera di consiglio del 23/11/2Ó16.
II Presidente est. - dr. Maria Grazia d’Errico