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R E P U B B L I C A I T A L I A N A 5/2021. In nome del Popolo Italiano LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA

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In nome del Popolo Italiano LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA Il Giudice Unico delle pensioni

Cons. Giuseppe di Pietro ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A n. 5/2021

nel giudizio in materia pensionistica iscritto al n. 22624 del registro di segreteria, proposto da:

C. R., nato a omissis il omissis e residente a omissis (omissis) in via omissis n. omissis, rappresentato e difeso giusta procura in atti dall’avv. Mauro F. Magnelli, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. prof. Valerio Donato, sito a Catanzaro in via Kennedy n. 2, con indirizzo PEC maurofortunato.magnelli@avvocaticosenzait, indicato ai fini delle comunicazioni e delle notificazioni ai sensi dell’art. 28 c.g.c.;

ricorrente CONTRO

l’I.N.P.S. – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, con sede a Roma in via Ciro il Grande n. 21, in persona del Presidente e legale rappresentante pro – tempore, rappresentato e difeso giusta procura in atti, congiuntamente e disgiuntamente, dall’avv. Angela Maria Laganà, dall’avv. Giacinto Greco e dall’avv. Francesco Muscari Tomaioli, elettivamente domiciliato a Catanzaro in via Tommaso

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Campanella n. 11, presso la sede dell’Avvocatura INPS;

resistente il Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro – tempore, costituito in proprio ex art. 158 c.g.c., domiciliato presso l’Ufficio Servizio Trattamento Economico, sito a Chieti in viale Benedetto Croce n. 154;

resistente Il giorno 11 gennaio 2021, la causa è passata in decisione allo stato degli atti e senza discussione orale, ai sensi del comma 5 dell’art. 85 del D. L. n. 18/2020, come modificato dalla legge di conversione n.

27/2020 e, successivamente, dal D. L. n. 28/2020 (prorogato ex lege n. 126/2020, fino al termine dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19).

F A T T O

Con ricorso ritualmente notificato, C. R. ha convenuto in giudizio l’INPS – Gestione ex INPDAP ed il Ministero della Difesa, chiedendo l’annullamento della determinazione n. omissis e la conseguente riliquidazione del proprio trattamento pensionistico ai sensi dell’art. 54 del DPR n. 1092/73, oltre interessi e rivalutazione e con vittoria di spese e compensi.

A sostegno della domanda, ha riferito di essere stato posto in quiescenza per infermità in data omissis, quale ex dipendente dell’Arma dei Carabinieri. Con la determinazione n. omissis, l’INPS – gestione ex INPDAP, avrebbe provveduto a quantificare la pensione dovuta (n. omissis), commettendo una serie di errori e omissioni.

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Nello specifico, il ricorrente ha dedotto di rientrare tra quei lavoratori che, alla data del 31 dicembre 1995, non potevano far valere un’anzianità contributiva di almeno diciotto anni, per i quali è applicabile il c.d. sistema misto, in base alla riforma introdotta con la legge n. 335 del 1995. Per la parte retributiva (quote A e B), sarebbe applicabile l’aliquota di rendimento del 44% di cui all’art. 54 del DPR n.

1092/73, concernente il personale militare, invece che quella del 35%, prevista dall’art. 44 dello stesso decreto per il personale civile. Ne conseguirebbe che, per la parte in “quota retributiva” della pensione, occorrerebbe procedere alla riliquidazione mediante la corretta applicazione dell’aliquota del 44%, nonché alla liquidazione e al pagamento degli arretrati indebitamente trattenuti e non corrisposti, con decorrenza dalla data del pensionamento (il 13.12.2010), oltre interessi e rivalutazione come per legge.

L’I.N.P.S., costituendosi in giudizio, ha eccepito che il ricorrente è cessato dal servizio dopo oltre 33 anni di servizio, tenendo conto anche delle maggiorazioni. Alla data del 31.12.1992, momento a cui fare riferimento per l’attribuzione delle aliquote di rendimento da applicare al sistema retributivo, egli aveva maturato un’anzianità pari ad anni 12 e mesi 7, sicché non aveva raggiunto il periodo minimo di anni 15 previsto dal comma 1 dell’art. 54 del DPR n. 1092 del 1973; al 31.12.1995, l’anzianità era invece pari ad anni 16 e mesi 2, ma la data costituirebbe il mero momento identificativo per il diverso criterio di calcolo delle pensioni, non il punto di riferimento temporale per la determinazione delle aliquote di rendimento. Pertanto, si dovrebbe

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applicare il comma 9 dello stesso art. 54, che prevede come criterio generale il 2,20 per cento della base pensionabile per ogni anno di servizio utile.

Ne conseguirebbe che l’aliquota di rendimento, utilizzata per il calcolo delle quote A e B della pensione con il sistema retributivo, sarebbe stata correttamente determinata nella misura del 35%, ai sensi dell’art.

44 del DPR n. 1092/73.

Il resistente ha concluso, pertanto, per la reiezione del ricorso, col favore delle spese di lite; in via subordinata, ha chiesto che gli oneri accessori vengano liquidati secondo la legislazione vigente al momento della maturazione del diritto. In ogni caso, ha eccepito altresì la prescrizione dei ratei antecedenti la data del 28.10.2014, atteso che il primo atto interruttivo (nota di diffida e costituzione in mora) sarebbe stato posto in essere il 28.10.2019.

Il Ministero della Difesa, costituendosi in proprio ai sensi dell’art. 158 c.g.c., ha dedotto di essere del tutto estraneo alla controversia, in quanto la determinazione del trattamento pensionistico rientrerebbe nelle attribuzioni dell’INPS.

Con successive note del 4.1.2021, il difensore, nel richiamare la decisione delle Sezioni Riunite pubblicata in pari data (n. 1/2021/QM), ha dedotto che, per i militari che al 31.12.1995 vantavano un’anzianità ricompresa tra i 15 e i 18 anni, la quota retributiva andrebbe calcolata ai sensi dell’art. 54 del DPR n. 1092/73.

Poiché è pacifico che il ricorrente, al 31.12.1995, vantava un’anzianità di anni 16 e mesi 2, la quota retributiva dovrebbe essere calcolata

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applicando l’aliquota del 44%.

Il giorno 11 gennaio 2021, la causa è passata in decisione allo stato degli atti e senza discussione orale, ai sensi del comma 5 dell’art. 85 del D. L. n. 18/2020, come modificato dalla legge di conversione n.

27/2020 e, successivamente, dal D. L. n. 28/2020 (prorogato ex lege n. 126/2020, fino al termine dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19).

D I R I T T O

In via preliminare, dev’essere dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero della Difesa, in quanto la determinazione del trattamento pensionistico rientra nelle attribuzioni dell’INPS.

Nel merito, la domanda è parzialmente fondata.

Ai sensi del comma 12 dell’art. 1 della legge n. 335 del 1995, il ricorrente rientra in quella categoria di lavoratori che, alla data del 31 dicembre 1995, potevano far valere un’anzianità contributiva inferiore ai diciotto anni, per i quali è applicabile il c.d. sistema misto.

Per questa categoria di dipendenti, la pensione viene scomposta in tre parti: 1) quota A, calcolata applicando sulla retribuzione pensionabile dell’ultimo anno di servizio l’aliquota di rendimento maturata al 31.12.1992; 2) quota B, determinata applicando sulla media delle ultime retribuzioni l’aliquota maturata al 31.12.1995; 3) quota C, calcolata con il sistema contributivo.

In merito alla determinazione dell’aliquota di rendimento da applicare per le parti A e B, si sono registrate nella prassi giurisprudenziale diverse tesi, talora contrapposte. Secondo alcune, sarebbe sempre

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applicabile il comma 1 dell’art. 54 del DPR n. 1092/73, sicché in ogni caso occorrerebbe fare riferimento a quella del 44% prevista in via generale per i militari; secondo altri, la norma sarebbe teoricamente riferibile soltanto ai militari che abbiano maturato i quindici anni di servizio, fino al ventesimo.

Sul punto, è intervenuta la recentissima pronuncia delle Sezioni Riunite della Corte dei conti n. 1/2021/QM, secondo la quale la “quota retributiva“ della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni”, deve “essere calcolata tenendo conto dell'effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile, coefficiente da individuarsi, sulla base dei principi esposti, nel 2,44% annuo”.

Di conseguenza, “l’aliquota del 44% non è applicabile per la quota retributiva della pensione in favore di quei militari che, alla data del 31 dicembre 1995, vantavano un’anzianità utile inferiore a 15 anni”.

Contrariamente a quanto argomentato dall’INPS, dal dictum delle Sezioni Riunite si desume che la data rilevante ai fini della determinazione dell’aliquota di rendimento non è il 31.12.1992, ma il 31.12.1995.

Nel caso in esame, è pacifico tra le parti che il ricorrente, al 31.12.1995, aveva maturato un’anzianità compresa tra i 15 e i 18 anni e, per l’esattezza, anni 16 e mesi 2, sicché la quota retributiva della pensione deve essere calcolata tenendo conto dell'effettivo numero di anni di

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anzianità maturati a quella data, con applicazione del coefficiente del 2,44% per ogni anno utile (e non complessivamente e sic et simpliciter del 44%, come dedotto nell’atto introduttivo).

Quanto al pagamento delle differenze sui ratei arretrati, è fondata l’eccezione di prescrizione quinquennale dei ratei antecedenti la data del 28.10.2014, sollevata dall’INPS, atteso che il primo atto interruttivo (nota di diffida e costituzione in mora) è stato inviato il 28.10.2019.

Ne consegue che, in accoglimento parziale del ricorso, l’INPS dovrà provvedere a riliquidare la pensione in base ai criteri sopra indicati e, per l’effetto, a pagare al ricorrente tutte le differenze sui ratei arretrati con decorrenza non dalla data del pensionamento ma dal 28.10.2014, maggiorati degli interessi legali e, solo per l’ipotesi e per i periodi in cui l’indice di svalutazione vi dovesse essere superiore, anche della rivalutazione monetaria (v. Sezioni Riunite della Corte dei conti, sent.

n. 6/2008/QM; ex plurimis, v. altresì SS.RR., sent. n. 10/2002/QM; Sez.

III App., sent. n. 79/2015; Sez. II App., sent. n. 888/2017).

Avuto riguardo ai motivi della decisione, alla particolare complessità delle questioni trattate, alla novità dei principi di diritto enunciati dalle Sezioni Riunite ed alle persistenti oscillazioni giurisprudenziali in materia (in senso contrario, si. v., fra le altre, Sez. Giur. Calabria, sent.

n. 173/2019), sussistono gravi ragioni per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

La Corte dei conti – Sezione Giurisdizionale per la Calabria, definitivamente pronunciando in ordine alla controversia promossa da

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C. R. contro l’I.N.P.S. – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del Presidente e legale rappresentante pro – tempore, nonché contro il Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro – tempore;

DICHIARA

il difetto di legittimazione passiva del Ministero della Difesa;

ACCOGLIE

il ricorso per quanto di ragione e, per l’effetto, accerta il diritto di parte ricorrente alla riliquidazione della quota retributiva della pensione, tenendo conto dell'effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31.12.1995, con applicazione del coefficiente del 2,44% per ogni anno utile; condanna parte resistente al pagamento delle differenze sui ratei arretrati, a far data dal 28.10.2014, maggiorati degli emolumenti accessori calcolati come in parte motiva.

Compensa interamente le spese di lite fra le parti.

Così deciso, ai sensi del comma 5 dell’art. 85 del D. L. n. 18/2020, nella camera di consiglio in data 11 gennaio 2021.

IL GIUDICE f.to Giuseppe di Pietro Depositata in Segreteria

Catanzaro, 11/01/2021

Il Funzionario responsabile f.to Dott.ssa Francesca Deni

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