Classica Vox
Rivista di Studi Umanistici
3 · 2021
Classica Vox
Rivista di Studi Umanistici
I.I.S. Liceo «Concetto Marchesi» - Mascalucia (CT)
Dipartimento di «Civiltà Antiche e Moderne»
Università degli Studi di Messina
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Classica Vox
Rivista di Studi Umanistici 3 · 2021
CATANIA
·
MESSINA2021
I
NDICESAGGI E NOTE
Menico CAROLI
Riscritture, varianti d’autore e seconde edizioni 9
Silvia CUTULI
Oltre il Sisifo improbus sed callidus: sulle tracce di versioni ‘non convenzionali’ e perdute del mito 31 Paola RADICI COLACE
L’iperbole nello spazio del teatro classico 55
Rosa SANTORO
Il pregiudizio locrese. Riflessioni su Ovidio, Ibis 351s. 73
Alfredo CASAMENTO
Il gravis morbus degli scholastici. Esempi tratti dalla storia (e dall’arte) nell’opera di Seneca il Vecchio 89 Mario LENTANO
I due mirti di Quirino. L’identità vegetale di un dio romano 111
Marco ONORATO
Trasparenza e opacità in tre carmi di Simposio (aenigm. 67-69) 129
Arsenio FERRACES RODRÍGUEZ
Recetario de medicina mútilo en un códice no catalogado por Beccaria (Oxford, Balliol College, 367, s. XI).
Editio princeps 157
Stefania FORTUNA
La nuova versione del catalogo elettronico Galeno latino e gli studi sulla tradizione latina di Galeno nell’ultimo
decennio 197
Tommaso BRACCINI
Exotikà e Outer Ones: satiri, callicanzari e alieni in H. P. Lovecraft 209 Anna Maria URSO
La Perséphone di Gide-Stravinskij. Ascesa e declino di una collaborazione difficile 227
SPERIMENTAZIONE E INNOVAZIONE DIDATTICA
IsabellaTONDO
Le parole sono pietre. Un racconto-laboratorio su Antigone in classe 243
RECENSIONI
SCRIBONII LARGI Compositiones, edidit, in linguam italicam vertit, commentatus est Sergio
Sconocchia, 2020 (Rosa SANTORO) 257
Giulio GUIDORIZZI, Enea, lo straniero. Le origini di Roma, 2020 (Alberto PAVAN) 261 GiannaPETRONE (a cura di), Storia del teatro latino, 2020 (Mario LENTANO) 265 SilviaCONDORELLI,MarcoONORATO (a cura di), Verborum violis multicoloribus. Studi in onore
di Giovanni Cupaiuolo, 2019 (Ignazio LAX) 269
Anna MariaURSO,DomenicoPELLEGRINO (a cura di), I fluidi corporei nella medicina e nella veterinaria latine. Dottrina, lessico, testi. Actes du XIIe Colloque international sur les textes médicaux latins, Messine, 22-
24 septembre 2016, 2020 (Brigitte MAIRE) 279
M. G. IODICE, A. MARCHETTA (a cura di), Delectat varietas. Miscellanea di studi in onore di Michele
Coccia, 2020 (Martina FARESE) 283
AUTORI 285
TOMMASO BRACCINI
Exotikà e Outer Ones: satiri, callicanzari e alieni in H. P. Lovecraft1
SOMMARIO
Nel novembre del 1927 il diplomatico britannico sir James Rennell Rodd, che aveva trascorso vari anni in Grecia, tenne alla Brown University di Providence una conferenza sul tema Ancient Myth in Modern Greek Folk Lore. Tra il pubblico c’era anche H. P. Lovecraft, da sempre appassionato dell’antichità classica, il quale, come rivela la sua corrispondenza, rimase molto colpito dalla lecture. In particolare, Lovecraft fu suggestionato dall’approccio ‘survivalista’ che portava Rodd a indicare i callicanzari, caratteristiche figure della tradizione greca contemporanea, come precise e inquietanti ‘sopravvivenze’ degli antichi fauni e satiri. Lovecraft evocò espressamente i callicanzari pochi anni dopo in uno dei suoi racconti più noti, The Whisperer in Darkness, in cui la fantascienza si intreccia proprio con il tema del survival. La storia si rivela sotto vari aspetti profondamente influenzata dalla conferenza di Rodd, e costituisce pertanto un caso inaspettato, e particolarmente interessante, di ‘fortuna’ dell’antico.
Parole chiave: Rodd, folklore, Grecia, satiri, callicanzari, sopravvivenze.
ABSTRACT
In November 1927, the British diplomat Sir James Rennell Rodd, who had spent several years in Greece, gave a lecture on Ancient Myth in Modern Greek Folk Lore at Brown University in Providence. Among the audience there was also H. P. Lovecraft, who has always been passionate about classical antiquity. As revealed by his correspondence, Lovecraft was very impressed by the lecture. In particular, he was struck by the ‘survivalist’ approach that led Rodd to indicate the disturbing kallikantzaroi, characteristic figures of the contemporary Greek tradition, as ‘survivals’
of the ancient fauns and satyrs. Lovecraft expressly evoked the kallikantzaroi a few years later in one of his best-known stories, The Whisperer in Darkness, in which science fiction is intertwined with the very theme of survival. The story, in various respects, is deeply influenced by Rodd’s lecture, and therefore constitutes an unexpected, and particularly interesting, case of reception of classical antiquity.
Keywords: Rodd, folklore, Greece, satyrs, kallikantzaroi, survivalism.
ames Rennell Rodd2 era nato a Londra nel 1858 da genitori appartenenti alla borghesia. In casa gli stimoli culturali non mancavano (era cugino, tra l’altro, di William Makepeace Thackeray, l’autore di Vanity Fair, in italiano La fiera delle vanità) e fin da bambino manifestò precocemente interessi letterari. Quando ebbe terminato gli studi a Oxford intraprese la carriera diplomatica, e come primo incarico fu inviato all’ambasciata britannica a Roma. Dopo altre incombenze, nel 1888 fu destinato ad Atene, che raggiunse attraverso un tragitto per mare da Trieste a Patrasso, e da lì in treno. Nelle sue memorie3 descrive nel dettaglio quel viaggio, alternando due approcci distinti. Da un lato, infatti, si trovano
1 Ringrazio la dottoressa Eugenia Oporti per le preziose osservazioni con cui mi ha permesso di migliorare la prima stesura di questo articolo.
2 Su di lui, specie per quanto riguarda gli anni cruciali in cui fu ambasciatore a Roma (1908-1919), cfr. POIDOMANI 2020.
3 La sezione corrispondente è in RENNELL RODD 1922, 163-241; cfr. anche POIDOMANI 2020, 55-56.
J
TOMMASO BRACCINI
210 osservazioni pittoresche su scene e personaggi levantini da lui incontrati, a partire dagli Albanesi e Montenegrini muniti di pistole e coltellacci imbarcatisi a Corfù. Il senso di alterità, in questi casi, è fortissimo («I had a first glimpse of Near East»): persino ad Atene, ricorda Rodd, gli abitanti si riferivano ai Paesi posti più a nord e occidente del loro (compresa l’Italia) come all’‘Europa’.
Dall’altro lato, compaiono rievocazioni estatiche di fronte a luoghi a lungo studiati e vagheggiati, e per questo letterariamente ‘familiari’, come Corinto e soprattutto Atene. Rodd nelle proprie memorie ricorda per esempio la prima visita sull’Acropoli, durante la quale, rapito dalla limpidezza dell’aria e dal panorama che si stendeva a perdita d’occhio, si trovò a declamare alcuni versi di Euripide (per la precisione dalla Medea, 824-830).
C’è da dire che, tra queste due visioni abbastanza antitetiche, quella preponderante è la seconda, che rievoca e proietta l’antichità sullo scenario contemporaneo. Ma occorre anche sottolineare come Rodd, per quanto innamorato dell’Ellade, non fosse un ingenuo. Spesso, anzi, si dimostra consapevole che la passione per la Grecia classica poteva condurre a slanci eccessivi e a errori di valutazione rispetto a quella contemporanea: sono memorabili le sue osservazioni sugli inglesi che affettavano di apprezzare la retsina, da lui giudicata imbevibile, ed è egli stesso a ricordare il proverbio diffuso, c’è da immaginarsi, presso l’alta borghesia ateniese, che recitava bête comme un philhellène. In ogni caso, come avveniva per molti altri suoi contemporanei, per il diplomatico britannico la Grecia moderna aveva senso, sostanzialmente, solo in funzione di quella classica.
Nel corso di varie missioni e nel tempo libero lasciatogli dalla sua qualifica di Secondo Segretario dell’ambasciatore inglese, Rodd visitò Creta (che all’epoca faceva ancora parte dell’impero ottomano), le Termopili, le Meteore, Delo e Santorini, la Morea, spingendosi fino alla penisola di Mani dove ritenne di percepire dorismi nel dialetto locale e suppose che gli abitanti fossero discendenti degli antichi perieci della Laconia4. Con il passare del tempo, Rodd, il cui greco all’inizio era «too strictly classical for much conversation», ebbe modo di impratichirsi anche della lingua moderna. Durante una visita nell’Eubea, nel settembre 1889, Rodd fu in grado, per usare le sue parole, «to add considerably to the collection of Greek folk-lore and legend which I had begun to assemble, and which was eventually published in a volume», e ricordando queste sue ricerche parla di «existing survivals of ancient myth»5.
Il volume cui fa riferimento è The Customs and Lore of Modern Greece, pubblicato nel 1892, subito dopo, dunque, la partenza da Atene per Roma, dove lo attendeva un nuovo incarico, avvenuta nel 1891. L’impostazione di questo
4 Occorre ricordare, peraltro, che Rodd rintracciò, in quegli stessi anni, survivals dell’antichità anche in Italia. Nel 1890, in occasione di un viaggio a Brindisi, si recò per esempio a Venosa dove, cenando e bevendo nell’osteria del paese, gli parve di rivivere scene oraziane. Cfr.
RENNELL RODD 1922, 200.
5 Cfr. RENNELL RODD 1922, 174, 179, 186, 213, 215.
Exotikà e Outer Ones: satiri, callicanzari e alieni in H. P. Lovecraft
211 volume come si è visto era, dichiaratamente, survivalistica6, e costituisce dunque a ogni effetto il versante folklorico dell’approccio alla Grecia moderna da parte di Rodd. Dopo aver esordito evocando, non senza reminiscenze autobiografiche, la meraviglia del viaggiatore «who approaches Athens for the first time», il diplomatico infatti asseriva che «only after a long sojourn in this land of myth and fable» si finiva per rendersi conto di come «in solitary islands, in sequestered valleys» vivessero persone che avevano preservato la vita di duemila anni prima7. Il caso greco era dipinto secondo i più classici canoni del cosiddetto ‘eccezionalismo’8:
Even at the present time, however, there is probably no country in Europe where such a wealth of lore and fancy still governs the daily life of the people, where superstition is so historic and so interesting as it is here; and, in considering the people and their manner of life from this point of view, we may form our own conclusions as to how far the strong analogies between the ancient and the new must be assigned to direct inheritance and consanguinity9.
Passando in rassegna le credenze («customs and superstitions») dei Greci moderni, spesso Rodd prendeva le mosse proprio dall’antichità classica, di cui andava a cercare le sopravvivenze nell’Ellade contemporanea:
It would be strange if, with such ample survival of the ancient polytheism in modern lore, there were no reminiscence of the Fauns, the Satyrs, and the Pans of the olden world.
E, in effetti, il diplomatico inglese riteneva di aver rintracciato una ben precisa
«reminiscence» di Fauni, Satiri e Pani, per quanto nella forma moderna fosse
«blended with, and at the same time obscured by, the non-Hellenic conceptions of elf and gnome»10. Questa sopravvivenza dei satiri, incrociata con gnomi ed elfi, veniva da lui individuata in quelle che possono essere considerate tra le figure più diffuse, ma anche più enigmatiche, del folklore greco moderno, ovvero i callicanzari, da lui denominati kalikantsari.
6 Per questo approccio evoluzionistico ormai obsoleto, che prende il nome dal concetto di survivals adottato da Edward Burnett Tylor (per il quale cfr. anche sotto) nel suo Primitive Culture (1871), si vedano almeno le osservazioni di BETTINI 2009, 332-335. Per una critica serrata al survivalismo applicato indiscriminatamente, e non sempre disinteressatamente, al folklore greco cfr. DANFORTH 1984, in particolare 58-59.
7 Cfr. RENNELL RODD 1892, X-XI.
8 Con questo termine si indica da alcuni decenni la tendenza, propria dei folkloristi otto e novecenteschi, a considerare il caso greco differente da tutti gli altri e a postulare dirette continuità tra l’antichità e la situazione presente dell’Ellade ogniqualvolta si riscontrassero somiglianze, anche molto superficiali, senza indagare se il contesto storico e la comparazione con altre culture avallassero o meno quest’asserzione. Cfr. HERZFELD 2020, XI-XVII.
9 Cfr. RENNELL RODD 1892, XIII.
10 Cfr. RENNELL RODD 1892, 197.
TOMMASO BRACCINI
212 Non è questa, naturalmente, la sede per dilungarsi su queste entità, intorno alle quali c’è una bibliografia ampia e sovente caotica11. Dopo aver detto che, per quanto riguarda la loro genesi, ancora oggi c’è effettivamente un certo consenso sul fatto che abbiano incorporato tratti anticamente riferiti ai satiri12, basterà seguire, senza riportarla per esteso, la trattazione di Rodd, che nel suo complesso espone una serie di fatti ben attestati nel folklore.
Per il diplomatico inglese, dunque, i kalikantsari sono
diminutive beings, with the legs of an ass or goat, hirsute of body, and swarthy of skin; benign for the most part in character, though mischievous and tricksy; addicted to dancing, and very amatory in disposition, who, if they get the opportunity, will carry fair women away to the caves they haunt, during the twelve days for which they are suffered to emerge into the upper air, between Christmas and the Epiphany13.
Nel corso di questo dodekaemeron i callicanzari escono di notte per compiere le loro malefatte, mentre durante il giorno rimangono nelle caverne divorando rospi e lucertole; al termine del periodo, ritornano alle proprie dimore sotterranee, dove si dedicano fino al Natale successivo alla loro principale attività, quella di cercare di segare il grande albero che sorregge la Terra14. Si può aggiungere, anche se Rodd non lo riporta esplicitamente, che quando ci saranno quasi riusciti sarà per loro il periodo di tornare in superficie, e al momento di ridiscendere nel sottosuolo in occasione dell’Epifania scopriranno che l’albero è tornato integro.
Dopo una discussione sull’etimologia, peraltro ancora oggi oscura15, del termine, che Rodd riteneva collegato al turco karakondjolos, ‘lupo mannaro’16, l’autore ricordava come questi esseri nutrissero una profonda avversione per il fuoco e per i galli neri, che anzi venivano efficacemente utilizzati come deterrenti per tenerli lontani. A essere in pericolo per le loro scorribande erano soprattutto le donne, spesso sequestrate e condotte nelle loro grotte. Il diplomatico inglese riportava anche un racconto che aveva potuto udire sull’isola di Spetses, relativa alle vicissitudini di un’abitante del luogo che era incappata in questi esseri singolari.
11 Per un primo inquadramento cfr. almeno LAWSON 1910, 190-255; BRACCINI 2012, 81-92 e 124-125; BRACCINI 2019, 326-331; fondamentale, per dettaglio e ampiezza della trattazione, è poi MOSER-KARAGIANNIS 2005, 263-450.
12 Cfr. MOSER-KARAGIANNIS 2005, 272-273, n. 3.
13 Cfr. RENNELL RODD 1892, 197.
14 Cfr. RENNELL RODD 1892, 197-198.
15 Cfr. MOSER-KARAGIANNIS 2005, 336-344, che passa in rassegna tutta una serie di proposte emerse nel corso del tempo, senza che nessuna sia riuscita a imporsi; se per la prima parte del termine spesso (ma non sempre) si pensa alla radice di kalòs (‘buono’, in greco moderno), per la seconda si è evocato per esempio gàntzaros, ‘oggetto a punta’, oppure kàntharos, ‘scarabeo’, o tsangìn, un tipo di calzatura, o kàllandoi, con riferimento alle calende di gennaio, o addirittura kèntauros; altri hanno rimandato all’albanese o al turco, come fa Rodd.
16 Cfr. RENNELL RODD 1892, 198.
Exotikà e Outer Ones: satiri, callicanzari e alieni in H. P. Lovecraft
213 She had gone with two others to collect wood on the far side of the
island, some distance from the town, and in the neighbourhood of a cave by the sea, with which a number of other superstitions are connected, when suddenly she disappeared, and all efforts of her companions to find her proved unavailing. Some days later a caique was rounding the point of the island, when the sailors saw the missing woman standing on the rocks. They went ashore and brought her back to the town, but she had been struck dumb and could give no account of herself.
It was only after she had been taken to church, and that the rites had been duly performed by which evil spirits are exorcised, that she regained the power of speech, and then related that she had been carried off by the Kalikantsari, who had taken away her voice that she might not be able to tell17.
Poi Rodd passava a ricordare le tradizioni relative a bambini nati o concepiti in periodi ‘proibiti’, come quello natalizio, che sarebbero stati destinati a trasformarsi essi stessi in callicanzari e a furoreggiare durante i ‘dodici giorni’
delle feste natalizie; passava poi in rassegna le concezioni che dipingevano questi esseri come stupidi e facilmente ingannabili, e riportava infine la canzone con cui, secondo la tradizione, abbandonavano la superficie terrestre il giorno dell’Epifania, quando i sacerdoti giravano per le case benedicendole con l’acqua santa18.
Questo era il ritratto, per il diplomatico inglese, delle ‘sopravvivenze’
moderne di satiri, fauni e Pani dell’antica Grecia. Si tratta di pochissime pagine, certo suggestive, ma non particolarmente originali e che sicuramente non hanno lasciato un segno duraturo negli studi folklorici – anche per il fatto di essere state eclissate pochi anni dopo dalla trattazione, molto più ampia e sistematica, di John Cuthbert Lawson19. Eppure, per una serie di circostanze curiose, queste note (o meglio, una loro ripresa) erano invece destinate a esercitare un influsso importante su uno dei più importanti autori della letteratura fantastica del Novecento. Il tramite, però, non fu la pagina scritta. The Customs and Lore of Modern Greece, come si è detto, era stato pubblicato nel 1892, e come ricorda lo stesso Rodd ebbe una ristampa, ma andò poi esaurito. Il diplomatico inglese, tuttavia, continuò occasionalmente a occuparsi di folklore greco moderno. Il 21 novembre del 1927, trovandosi negli Stati Uniti, inaugurò l’annuale ciclo di lectures della Marshall Woods Series, presso la Brown University di Providence, con una conferenza dal titolo Ancient Myth in Modern Greek Folk Lore. La stampa locale non mancò di enfatizzare come Rodd, «diplomat, poet and author», avesse svelato che «striking survivals of the ancient Greek myths are to be found among the peasantry of modern Greece», soffermandosi anche, peraltro, sull’arrivo di
17 Cfr. RENNELL RODD 1892, 199-200.
18 Cfr. RENNELL RODD 1892, 200-201.
19 Per la quale cfr. infra, 222.
TOMMASO BRACCINI
214 un milione e mezzo di rifugiati anatolici dopo l’ανταλλαγή πληθυσμών del 1923 e sul suo influsso sul patrimonio folklorico della Grecia continentale20.
Non disponiamo, a mia conoscenza, di un resoconto preciso della conferenza di Rodd, che con ogni probabilità si rifece ampiamente al materiale pubblicato in The Customs and Lore of Modern Greece. Tra il pubblico, tuttavia, c’era uno spettatore di eccezione, sul quale la panoramica survivalista del diplomatico inglese – e in particolare i suoi cenni ai callicanzari – era destinata ad avere un influsso sorprendente. Questo spettatore era Howard Phillips Lovecraft (1890- 1937)21, che nei giorni successivi accennò ripetutamente, e con notevole entusiasmo, all’esposizione di Rodd all’interno della propria fittissima corrispondenza.
Il 25 novembre si esprimeva dunque così, in un post scriptum, con l’amico scrittore Donald Wandrei:
Speaking of lectures – I heard a really engrossing one last Monday night – vide cutting [il riferimento è a un ritaglio di giornale accluso alla lettera]. I had no idea so much classic mythology still survived in Greece under thin disguises. The peasants worship the old gods at their old shrines under saints’ names, & there is still a belief in satyrs, nymphs, Charon, the Fates &c., &c.22
Nei giorni successivi, Lovecraft continuò a riflettere su quanto aveva udito, ed è evidente che a colpire la sua fantasia furono soprattutto le parole di Rodd sulla
‘sopravvivenza’ dei satiri, i callicanzari. In una lettera del 27 novembre al poeta e celebre autore di weird fiction Clark Ashton Smith, scriveva così in un altro post scriptum:
Heard a lecture by Sir Rennell Rodd last Monday on survivals of classic myth in modern Greek folklore. I was quite astonished – it seems that satyrs, nymphs, the Fates, Charon, &c. are still believed in; & many of the old gods worshipped under thin saintly disguises.
Much of the satyr folklore is of extreme weirdness – recalling Machen’s ‘little people’23.
Il riferimento finale è allo scrittore gallese Arthur Machen (1863-1947), che nei propri racconti, ambientati nella sua terra natale, introduce spesso la tematica di
20 Il riferimento è a un ritaglio da un giornale locale non meglio identificato, che Lovecraft aveva accluso alla lettera all’amico Donald Wandrei di cui sotto (cfr. n. 22), e che è visibile in forma digitalizzata all’indirizzo https://repository.library.brown.edu / studio / item / bdr:931409/.
21 Nell’impossibilità di fornire, in questa sede, una messa a punto anche succinta della crescente, e ormai molto cospicua, bibliografia su Lovecraft, si può rimandare ai sussidi fondamentali (ai quali si farà riferimento anche nelle pagine che seguono) costituiti da JOSHI,SCHULTZ 2001 e JOSHI 2013a.
22 Cfr. LOVECRAFT 2019, 185. Un’ottima digitalizzazione della lettera, conservata presso la John Hay Library della Brown University, è consultabile all’indirizzo https://repository.library.brown.edu /studio/item/bdr:423861/.
23 Cfr. SCHULTZ,JOSHI 2017, I, 150.
Exotikà e Outer Ones: satiri, callicanzari e alieni in H. P. Lovecraft
215 un inquietante e repellente «piccolo popolo» alla base di varie leggende del folklore celtico. Nella ‘mitologia’ da lui creata si tratterebbe di una maligna e ostile sopravvivenza di antiche «razze preindoeuropee», che popola ancora luoghi remoti del Galles ponendo a repentaglio la vita di chi si avvicina troppo ai suoi covi24.
Lovecraft reiterava il paragone tra il folklore greco sui satiri/callicanzari e gli scritti di Machen anche due giorni dopo, in una lettera ad August Derleth, altro autore e futuro editore di letteratura fantastica:
A week ago yesterday I heard a highly interesting lecture here in Providence—Sir Rennell Rodd on survivals of classic myth in modern Greek folklore. I was astonished at the amount of ancient belief till persisting under thin Christian guise amongst the remoter peasantry. Gods masked as saints till worshipped at their ancient shrines, the Fates, Charon, nymphs, satyrs, (now called kalikanzari,
& having hideous attributes like those of Machen’s “little people”)
& so on….25
In una lettera del dicembre 1927 a Frank Belknap Long, uno degli amici più cari, Lovecraft mostra che stava continuando a riflettere e a elaborare quanto aveva udito durante la conferenza di Rodd. All’interno di una scherzosa e fantasiosa divagazione sugli elementi che, nel suo albero genealogico, potevano essere responsabili della sua «morbidity and decadence», Lovecraft si effonde in questa significativa praeteritio:
I will not speak of the Byzantine-Greek strain which one of the noble Chichesters picked up during the First Crusade, nor of the Saracenic drop of blood acquired during the Third Crusade, when Sir Nevil de Fulford married Amina, daughter of the haughty Nasr- el-Melik and descendant of Abdul Alhazred, author of the terrible and forbidden Al Azif which was translated at Constantinople in A.D. 950 as the Necronomicon. No, I will not speak of these things – nor even hint that an Arcadian ancestress of that Byzantine progenitress was once held for nearly three days in the clutches of the dreaded Kallikanzari in the dreadful season betwixt Christmas and Epiphany. I will pass over these things…26
Da questo cenno ironico e divertito si possono evincere alcuni elementi:
innanzitutto che Rodd aveva parlato, nella sua conferenza, dei rapimenti di
24 I racconti in cui compare quella che è stata definita «Little People mythology» sono in particolare The Shining Pyramid, The Novel of the Black Seal, The Red Hand, Out of the Picture e Change.
Per un primo inquadramento critico su di lui, si veda almeno JOSHI 2014, II, 361-373. La profonda ammirazione di Lovecraft per Machen, e l’impressione suscitata su di lui dalla «Little People mythology» emergono dal saggio Supernatural Horror in Literature (LOVECRAFT 2004, 116- 120).
25 Cfr. SCHULTZ,JOSHI 2013, vol. I, 117.
26 Cfr. LOVECRAFT 1968, 204.
TOMMASO BRACCINI
216 donne da parte dei callicanzari, probabilmente riferendo all’uditorio la storia dall’isola di Spetses che compare nel suo libro.
Non c’è da stupirsi del fascino che la conferenza del diplomatico inglese esercitò su Lovecraft. Da un lato, Rodd era un ottimo narratore, come emerge chiaramente anche dalle sue memorie, nelle quali racconta sul filo di un inquietante understatement, per esempio, il mistero della scomparsa dell’amico Malcolm Macmillan durante un’escursione sull’Olimpo di Bitinia, vicino a Brussa. Fu perso di vista dalla sua comitiva mentre scendeva da una delle due cime, e «from that time he was never heard of in the world again». Si tratta di una vicenda che ricorda la trama di Picnic a Hanging Rock, e che avrebbe veramente potuto dare vita a un racconto ricco di mistero e suspense27. Dall’altro lato, Lovecraft aveva fin dall’infanzia una passione viscerale per l’antichità (in particolare, ma non solo, quella romana) e il tema della ‘sopravvivenza’ degli antichi e delle loro divinità e figure mitologiche minori ricorre frequentissimamente nel suo immaginario e nella sua opera.
Già all’età di sette-otto anni, come è egli stesso a ricordare, compose un trattatello intitolato Mythology for the Young, nonché una propria rielaborazione in versi (88, per la precisione) dell’Odissea. Inoltre era stato condotto più volte dalla madre e dal nonno (un facoltoso imprenditore che aveva riportato da un viaggio in Italia monete romane e fotografie di rovine) a visitare i musei di Providence e Boston che esponevano opere antiche o calchi, ed egli stesso aveva iniziato a collezionare piccole riproduzioni di statue greche. Addirittura, racconta, da bambino si sentiva «a genuine pagan», al punto da costruire altarini per Pan, Apollo, Diana e Atena, cercando addirittura di sorprendere «dryads and satyrs in the woods and fields at dusk». In maniera forse meno simpatica, giocava a organizzare persecuzioni di cristiani in anfiteatri immaginari28. Nel 1902, all’età di dodici anni, all’interno della raccolta poetica che aveva intitolato Poemata minora appaiono rêveries antimoderne e nostalgiche intitolate Ode to Selene or Diana, To the Old Pagan Religion e To Pan. In quest’ultima immagina di addormentarsi in un ambiente arcadico e di sognare un incontro con l’antica divinità e il suo corteggio di ninfe e satiri. Il risveglio è amaro: «All too soon I woke in pain / and return’d to haunts of men. / But in rural vales I’d fain / live and hear Pan’s pipes again»29. È particolarmente significativo, in questo senso, che Lovecraft nella succitata lettera a Frank Belknap Long abbia ambientato l’episodio fittizio della sua storia familiare in Arcadia, sottolineando in maniera implicita la continuità tra i callicanzari e i satiri, abitatori degli ameni paesaggi dell’antichità su cui aveva fantasticato e sognato da ragazzo.
27 Cfr. RENNELL RODD 1892, 181-182. Si confronti il resoconto, molto più prosastico, che della vicenda dà colui che accompagnò Macmillan nell’escursione fatale, secondo cui l’amico sarebbe stato ucciso durante una rapina da parte di alcuni pastori albanesi, che poi ne avrebbero occultato il cadavere: HARDINGE 1928, 21-26.
28 Cfr. JOSHI 2013a, vol. I, 38-43.
29 Cfr. JOSHI 2013b, 30-32. In generale, sulla precoce passione di Lovecraft per Roma e l’antichità classica, cfr. anche KRÄMER 2017, 93-97.
Exotikà e Outer Ones: satiri, callicanzari e alieni in H. P. Lovecraft
217 E del resto rimembranze dei satiri affiorano, qua e là, nella sua opera; è il caso, per esempio, del racconto The Nameless City (1921) in cui, descrivendo la mostruosa e antichissima razza che abita una misteriosa città sotterranea nel deserto d’Arabia, si sofferma sulla testa degli esseri: «to nothing can such things be well compared – in one flash I thought [il racconto è in prima persona] of comparisons as varied as the cat, the bulldog, the mythic Satyr, and the human being»30.
La fascinazione per l’antichità e la mitologia (con un penchant particolare, come si è visto, per Pan e i satiri) non era, peraltro, l’unico elemento che aveva reso Lovecraft particolarmente ricettivo all’esposizione di Rodd. Il ‘solitario di Providence’ era infatti venuto a contatto con le teorie survivaliste di Edward Burnett Taylor (perlopiù, a quanto pare, attraverso la lettura delle voci curate da quest’ultimo nella nona edizione della Encyclopaedia Britannica) e con le azzardatissime speculazioni di Margaret Murray, di cui aveva da poco letto The Witch-Cult in Western Europe (1921) e dalla quale fu particolarmente influenzato31. Non stupisce insomma che l’esposizione survivalista di Rodd, nel novembre del 1927 a Providence, abbia colpito così tanto Lovecraft; e non stupisce nemmeno che, alla fine, una rielaborazione di quanto quest’ultimo aveva udito sia approdata anche nella sua produzione narrativa. Il riferimento è a uno dei suoi racconti più celebri, The Whisperer in Darkness32, tradotto in italiano, nell’ormai canonica versione di Giuseppe Lippi, come Colui che sussurrava nelle tenebre33. Il lungo racconto fu scritto nel 1930, ispirato dai viaggi che lo stesso Lovecraft aveva effettuato nel Vermont, dove la storia è ambientata, nel 1927 e 192834.
Al centro della trama si colloca la corrispondenza tra il narratore, un professore di letteratura interessato al folklore, ed Henry Akeley, un possidente che vive in un’isolata fattoria del Vermont. Al centro dei loro scambi, che vedono l’accademico dapprima molto scettico e poi sempre più possibilista, si colloca l’esistenza di una razza mostruosa, caratterizzata da ali simili a quelle di un pipistrello e un corpo simile a quello di un granchio. In genere questi esseri, attivi di notte, sembravano vivere per conto proprio e non interferivano con gli umani (tranne alcuni loschi personaggi con cui intrattenevano misteriosi commerci), ma non era consigliabile avvicinarsi troppo ai luoghi che frequentavano, in particolare certe caverne situate nelle foreste più remote e nelle valli più oscure del Vermont. Alcune persone troppo curiose erano scomparse, e intere fattorie costruite eccessivamente lontano dai centri abitati erano state misteriosamente bruciate. Di questi esseri parlavano già i miti degli indiani
30 Cfr. LOVECRAFT 2017, vol. I, 239. Su questo racconto cfr. almeno JOSHI,SCHULTZ 2001, 181- 182.
31 Cfr. JOSHI 2013a, vol. I, 324 e vol. II, 591 per quanto riguarda Tylor, e vol. I, 463-464 per quanto riguarda la Murray.
32 L’edizione di riferimento, dalla quale si citerà nelle pagine che seguono, è costituita da LOVECRAFT 2017, vol. II, 467-538.
33 Cfr. LOVECRAFT 1991, 243-302.
34 Cfr. JOSHI,SCHULTZ 2001, 296-298 e soprattutto JOSHI 2013a, vol. II, 759-765, anche per un inquadramento del racconto nel corpus della produzione lovecraftiana.
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218 Pennacook, per i quali si trattava di entità arrivate dalle stelle, impegnate in attività minerarie nel sottosuolo, dal quale estraevano una sostanza per essi indispensabile che non erano in grado di reperire altrove nell’universo. Questo materiale veniva poi inviato in segreto dagli alieni, perché di questi si trattava, verso il loro mondo, corrispondente, come emergerà nel corso del racconto, al pianeta Plutone (scoperto il 18 febbraio 1930: Lovecraft aveva approfittato di una recentissima acquisizione scientifica).
Albert Wilmarth, il professore di letteratura, prima di conoscere Akeley aveva sempre bollato queste tradizioni come leggende del tutto prive di fondamento, analoghe ad altre reperibili nel folklore mondiale:
the Vermont myths differed but little in essence from those universal legends of natural personification which filled the ancient world with fauns and dryads and satyrs, suggested the kallikanzari of modern Greece, and gave to wild Wales and Ireland their dark hints of strange, small, and terrible hidden races of troglodytes and burrowers35.
All’interno di questa panoramica (che comprende subito dopo anche un cenno al Mi-Go, l’‘abominevole uomo delle nevi’ nepalese), il riferimento ai callicanzari è molto evidente (tanto più che si tratta sicuramente delle entità meno note tra tutte quelle menzionate), e così il loro accostamento a fauni, driadi e satiri. La prospettiva survivalista condivisa da Lovecraft risulta ancora più chiara dal seguito del racconto, quando Akeley, in una lettera a Wilmarth, rivela le autorità relative ad «anthropology and folklore» con cui ha avuto modo di familiarizzare fin dagli anni del college, e che sono costituite da «Tylor, Lubbock, Frazer, Quatrefages, Murray, Osborn, Keith, Boule, G. Elliott Smith, and so on»36. Tylor e la Murray, in particolare, sono i veri alfieri del survivalism, e si è accennato all’effetto che soprattutto la seconda aveva esercitato su Lovecraft.
I tratti che permettono di accostare i misteriosi abitanti delle caverne del Vermont ai callicanzari si moltiplicano nel prosieguo della trama, quando Akeley rivela all’attonito professore le conoscenze che, a fatica e non senza rischi personali, è riuscito a raccogliere nel corso del tempo.
Le creature infatti, accortesi dell’interesse eccessivo che Akeley nutre verso di loro, iniziano nottetempo a recarsi sempre più vicino alla sua casa, come rivelano le impronte che l’uomo trova nel terreno ogni mattina. Inizialmente riuscirà a tenerle a bada con potenti riflettori e cani da guardia, ma l’assedio notturno si fa
35 Cfr. LOVECRAFT 2017, vol. II, 473.
36 Cfr. LOVECRAFT 2017, vol. II, 476. Non è chiaro da dove Lovecraft avesse raggranellato le informazioni relative a queste eterogenee ‘autorità’, vere o presunte tali. Si può ricordare che Edward Burnett Tylor è l’autore di Primitive Culture (1871), John Lubbock si era occupato di preistoria, James Frazer è il notissimo autore di The Golden Bough, Jean Louis Armand de Quatrefages aveva scritto in merito a popolazioni africane, Margaret Alice Murray è l’autrice del famigerato (e molto apprezzato da Lovecraft) The Witch-Cult in Western Europe, Henry Fairfield Osborn era un paleontologo e studioso di evoluzione, per lungo tempo direttore del Museo di storia naturale di New York, mentre infine Arthur Keith, Pierre-Marcellin Boule e Grafton Elliot Smith si erano occupati di antropologia fisica. Cfr. KLINGER 2014, ad loc.
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219 sempre più stretto; a dare man forte agli alieni vi sono anche i loro accoliti umani.
Akeley, nel corso delle sue ricerche, giunge a impossessarsi una pietra nera utilizzata dagli esseri in alcuni dei loro rituali in odore vagamente blasfemo e satanico, che hanno luogo in particolare durante la famigerata Notte di Valpurga, la sera del 30 di aprile. In effetti, emerge come gli alieni (che vengono chiamati Outer Ones, «gli Esterni») pratichino una vera e propria religione alla quale hanno iniziato anche alcuni dei loro fiancheggiatori umani. È proprio spiando una di queste cerimonie che Akeley sente invocare dai partecipanti l’inquietante divinità di Shub-Nigurrath, il «Capro nero dei boschi dai mille cuccioli».
Alla fine, in una lettera molto anomala nel contenuto e nello stile, Akeley rivela al professore, in maniera del tutto inopinata, di aver raggiunto un modus vivendi con gli alieni, e lo invita nel Vermont per metterlo a parte delle meraviglie interstellari che gli Outer Ones gli stavano facendo conoscere. E così Wilmarth parte, abbastanza improvvidamente, verso il Green Mountain State, addentrandosi in quello che definisce «an unspoiled, ancestral New England», caratterizzato da «odd survivals of that continuous native life whose deep roots make it the one authentic outgrowth of the landscape – the continuous native life which keeps alive strange ancient memories, and fertilises the soil for shadowy, marvellous, and seldom-mentioned beliefs»37. Procedendo verso l’isolata fattoria di Akeley, Wilmarth è sempre più oppresso da «close-pressing green and granite slopes» che sembrano alludere «at obscure secrets and immemorial survivals which might or might not be hostile to mankind»38.
Il tema dei survivals è evidentissimo in queste righe, e le foreste del Vermont sembrano un habitat perfetto per i satiri e i fauni dell’antichità e le loro presunte
‘sopravvivenze’ moderne. Nella parte finale del racconto, Wilmarth raggiunge la fattoria del suo corrispondente. I cani da guardia e tutti gli altri animali sono scomparsi, e quello che gli si presenta come Akeley è una sorta di larva umana.
Dichiarando di essere stato colto da un attacco d’asma, il suo ospite si manifesta immobile, infagottato sotto strati di coperte in una poltrona di una stanza buia, e parla con una strana voce bisbigliante e ronzante (da cui il titolo del racconto, The Whisperer in Darkness), raccontando all’accademico le meraviglie di cui gli alieni giunti da Plutone lo hanno messo a parte. E se quello da cui vengono è un
«dark world» caratterizzato da «fungoid gardens and windowless cities», sulla Terra occupano immensi spazi sotterranei:
they’ve been inside the earth, too – there are openings which human beings know nothing of – some of them in these very Vermont hills – and great worlds of unknown life down there; blue-litten K’n-yan, red-litten Yoth, and black, lightless N’kai. It’s from N’kai that frightful Tsathoggua came – you know, the amorphous, toad-like god-creature mentioned in the Pnakotic Manuscripts and the
37 Cfr. LOVECRAFT 2017, vol. II, 508.
38 Cfr. LOVECRAFT 2017, vol. II, 509-510.
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‘Necronomicon’ and the Commoriom myth-cycle preserved by the Atlantean high-priest Klarkash-Ton39.
Si sarà notato come Lovecraft abbia così integrato anche questa misteriosa razza di alieni all’interno della sua personale mitologia (chiamata dagli appassionati Cthulhu mythos), con i consueti riferimenti a pseudobiblia (a partire dal famigerato Necronomicon) e autorità tanto altisonanti e arcane quanto inesistenti: si tratta di un ulteriore indizio relativo alla remota antichità del loro insediamento sulla Terra, che ne motiva ulteriormente l’accostamento ai satiri e ai callicanzari. Alla fine Wilmarth, scampato per puro caso a un tentativo di narcotizzazione, prima di fuggire per sempre dal Vermont scoprirà che il presunto Akeley è in realtà un’entità aliena che ne ha preso il posto. Del suo amico resta soltanto il cervello, che gli Outer Ones gli hanno estirpato e sono intenzionati a inviare su Plutone.
Solo un colpo di fortuna ha impedito che a fargli compagnia vi fosse anche l’encefalo di Wilmarth.
Al di là della trama e del finale abbastanza pulp, ciò che emerge dalle pagine di The Whisperer in Darkness sono le numerosissime caratteristiche degli Outer Ones che sembrano legarli proprio a quei kallikanzari che vengono esplicitamente menzionati nella storia, e dai quali Lovecraft era stato tanto colpito ascoltando la conferenza di Rodd sugli «striking survivals of the ancient Greek myths». Si possono così ricordare le abitudini notturne, le dimore sotterranee alle quali si accede tramite caverne, l’aura vagamente diabolica da cui sono circondati (si pensi ai rituali notturni con l’invocazione del «Capro»), l’ostilità mostrata nei loro confronti da alcuni animali. Soprattutto emerge l’associazione, insistita e ripetuta, tra queste entità e la tematica del survival. Si parla apertamente di survivals indistinti, ma ostili agli uomini, nelle foreste del Vermont, e implicitamente di sopravvivenze di fauni e satiri che non a caso vengono menzionati anch’essi come possibili antichi cenni mitologici agli Outer Ones, e che sono direttamente legati al cenno ai kallikanzari.
Ed è proprio in questo trattamento del tema a lui caro del survival che Lovecraft si rivela particolarmente originale e al contempo, forse in maniera inaspettata visto l’impianto fantascientifico e interplanetario del racconto, sorprendentemente vicino alla realtà folklorica della Grecia moderna nel suo rapporto diacronico con quella antica. Nella letteratura fantastica coeva o poco posteriore a Lovecraft, in effetti, non mancano altri racconti incentrati su presunte sopravvivenze di satiri, ma si tratta in genere di evocazioni molto convenzionali, che pur in un contesto horror ricalcano l’imagerie classica di questi esseri come simbolo di vitalità che permette di liberare le pulsioni represse, sulla falsariga di The Great God Pan di Machen (1890)40. Si può per esempio ricordare The Seal of the Satyr di Robert Bloch (l’autore di Psycho, nonché amico e
39 Cfr. LOVECRAFT 2017, vol. II, 518-519.
40 Per un’analisi di questo romanzo nel contesto della fortuna di Pan tra Otto e Novecento, cfr.
MERIVALE 1969, in particolare 159-167 per altri esempi di evocazione del dio nella letteratura fantastica dell’epoca.
Exotikà e Outer Ones: satiri, callicanzari e alieni in H. P. Lovecraft
221 corrispondente dello stesso Lovecraft)41, pubblicato nel 193942, dove il protagonista, un archeologo recatosi in Grecia e interessatosi alle credenze locali, in seguito a un rituale finisce per trasformarsi egli stesso in satiro dedito a inseguire ninfe, o Roman Remains di Algernon Blackwood43, pubblicato nel 194844, in cui in una remota vallata del Galles una ragazza risulta travolta e traviata dal «lust for intense living» alimentato da un satiro che lì sopravvive. Sarà un anziano archeologo austriaco, presente casualmente sul posto, a scoprire la verità concludendo il racconto con la citazione di un passo di «Pausania» in cui si parla di un satiro catturato in Epiro e condotto al cospetto di Silla. Il richiamo classico è tanto magniloquente quanto infelice, giacché in realtà l’episodio è narrato da Plutarco nella Vita di Silla, 2745; resta comunque il fatto che, ancora una volta, il satiro è visto come emblema di trasgressione e sfrenatezza.
L’approccio di Lovecraft è molto meno convenzionale. Nel suo racconto, satiri, fauni e i loro survivals, i kallikanzari, non sono il simbolo di una libertà dei sensi e di un affrancamento dalla repressione, dal perbenismo e dalle convenzioni sociali. Vengono piuttosto accostati a una razza aliena che proviene dal pianeta più remoto del sistema solare, e che infesta il sottosuolo terrestre, costituendo una minaccia per gli uomini. Si tratta di un pericolo che arriva da un remoto altrove (lo spazio più lontano o le profondità del suolo), ma che può diventare drammaticamente vicino in circostanze particolari: quando qualcuno si avvicina troppo agli imbocchi di certe grotte o forre remote, durante la notte, in occasione delle misteriose cerimonie annuali celebrate dagli alieni e dagli umani a essi asserviti. Non è difficile pensare che nella costruzione di quest’immaginario abbia avuto un ruolo importante la conferenza tenuta da Rennell Rodd nel 1927, dalla quale Lovecraft rimase così impressionato.
L’accostamento degli alieni a fauni, satiri e kallikanzari punta apertamente in questa direzione, e anche i tratti con cui vengono dipinti sono riconducibili all’esposizione del diplomatico inglese, per quanto è dato di ricostruirla dalle parole dello stesso Lovecraft e dalle pagine di The Customs and Lore of Modern Greece. Ma oltre alla ricorrenza annuale dell’emersione dal sottosuolo dei callicanzari, alle loro pericolose attività sotterranee e alla loro malignità, c’è qualcosa di più. È il senso di un assedio da parte di entità malevole, sempre pronte a invadere lo spazio degli uomini, i loro villaggi e le loro case, a costituire il tratto distintivo di molti survivals, o per usare un linguaggio più appropriato di molte ‘continuità’, riscontrabili nel folklore greco moderno, specie per quanto riguarda figure soprannaturali. Lo stesso Rodd accenna alle persone barricate nelle case durante i dodici giorni da Natale all’Epifania, per timore che i
41 Su Bloch come autore di weird fiction cfr. almeno JOSHI 2014, vol. II, 556-559. Per l’influenza esercitata da Lovecraft su di lui, cfr. anche JOSHI,SCHULTZ 2001, 22.
42 Cfr. BLEILER 1983, 61, n. 209g.
43 Su questo importante autore di narrativa soprannaturale cfr. almeno JOSHI 2014, vol. II, 373- 381.
44 Cfr. BLEILER 1983, 154, n. 529k.
45 Cfr. anche HANSEN 2017, 167-168, num. 66.
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222 callicanzari potessero introdursi all’interno46, e ricorda costumi simili anche riguardo alle nereidi, che com’è noto si collocano in continuità con le ninfe dell’antichità47 (costumi, si può ricordare, che fino a non molto tempo fa erano attestati anche nell’area grecanica della Calabria48).
Curiosamente, però, il diplomatico inglese nel suo libro non accenna mai al termine con cui, nella Grecia moderna, si fa riferimento alle creature demoniache nel loro complesso, compresi dunque callicanzari e nereidi: exotikà o xotikà, letteralmente «gli estranei, gli esterni»49. Non sfugge che l’esatta traduzione inglese di questa parola sia proprio Outer Ones, «Quelli di fuori, gli Esterni», il nome con cui, nel folklore inventato di The Whisperer in Darkness, vengono indicati gli alieni che vivono nei boschi e nel sottosuolo. Si tratta di un caso? Se è così, si dovrebbe pensare che Lovecraft fosse giunto autonomamente a creare un nome perfettamente consonante con il tratto principale, l’‘esternità’, che caratterizza questi survivals del folklore greco moderno, e che li distanzia enormemente dalle fantasie più manierate e classicistiche come quelle, cui prima si è accennato, di Bloch e Blackwood. La coincidenza, tuttavia, sarebbe davvero notevole. Si potrebbe allora ipotizzare che Lovecraft si fosse imbattuto, in qualche modo, in questo termine. Forse proprio ascoltando la conferenza di Rodd: quest’ultimo, infatti, potrebbe aver integrato la sua vecchia trattazione di The Customs and Lore of Modern Greece con qualche elemento nuovo – desumendolo, per esempio, da una fortunatissima monografia comparsa nel 1910, che pur invecchiata è ancora oggi importante per lo studio comparato di mitologia, religione e folklore della Grecia antica e moderna. Il riferimento è al già citato Modern Greek Folklore and Ancient Greek Religion di J. C. Lawson, dove si ricorda espressamente come «τὰ ἐξωτικά, ‘the extraneous ones,’ became a convenient term by which to denote comprehensively all those old divinities whose worship the Church disallowed but even among her own adherents could not wholly suppress», con particolare riferimento proprio ai callicanzari50. In
46 Cfr. RENNELL RODD 1892, 199: «during the twelve days of their presence people keep all shut at night for fear they should get into the house».
47 Cfr. RENNELL RODD 1892, 107: «from sunrise to sunset the outer doors must be kept closed for fear of the Nereids, who are sure to be abroad on such an occasion, and anxious to exchange one of their own offspring for a human child».
48 Cfr. una testimonianza da Roghudi riportata da ROSSI TAIBBI,CARACAUSI 1959, 300-301: «Le anarade erano donne con i piedi di mula. Di giorno stavano coricate, la sera uscivano per mangiare le persone. Perciò a Rochudi la sera chiudevano la porta verso Agriddea e le Plache e così quelle non potevano entrare in paese». Cfr. anche GUGGINO 2006, 127, che riporta una testimonianza raccolta nel 2003 dall’ultimo abitante di Roghudi: «I naràdi? Erano animali sarbaggi, fimmini, omini, ma lu pedi di lu cavaddu. Stavanu ni sti pagghiara, nelle caverne che però erano molto basse. Ma questo a tempo di Borboni, poi fineru. Mangiavano uomini, rubavano. Venivano di notte. La sera si chiudevano le porte. Erano due le porte del paese».
49 Il termine è attestato in letteratura dal Seicento: cfr. KRIARAS 1978, 165, s.v. εξωτικός. Per una trattazione dettagliata e ponderata sugli xotikà, congerie di «demons, fairies and spirits» in genere malevoli che «cluster around marginal areas of the physical environment – the mountains, springs and caves that lie beyond the safe confines of the village», e allo stesso tempo costituiscono «a set of figures that enables individuals to map and encompass the traumas and ambiguities of life», offrendo «a means of navigation within a morally structured cosmos», cfr. STEWART 1991, XV ss.
50 Cfr. LAWSON 1910, 67 e 207.
Exotikà e Outer Ones: satiri, callicanzari e alieni in H. P. Lovecraft
223 ogni caso, al di là di quest’ultimo punto, resta il fatto che pur nella sua weirdness il racconto di Lovecraft pare cogliere, in maniera veramente dirompente (come mostra il confronto con altra narrativa fantastica coeva, ma anche con certe sue rêveries poetiche giovanili), il tratto essenziale di queste forme di continuità del folklore neogreco, che le distanzia moltissimo dagli antecedenti classici. Lungi dall’essere figurine pittoresche in una sorta di Arcadia, o al massimo ingovernabili simboli di libertà e affrancamento da moralismo e freni inibitori, le nereidi e soprattutto i callicanzari, questi ultimi evocati espressamente (con i loro tratti ‘satireschi’) in The Whisperer in Darkness, sono subdoli e pericolosi esseri
‘esterni’ che, muovendo dall’oscurità, minacciano costantemente gli uomini51. In questo, il racconto lovecraftiano mostra di aver percepito perfettamente il senso della conferenza su Ancient Myth in Modern Greek Folk Lore che James Rennell Rodd aveva tenuto pochi anni prima a Providence. E questo fa capire quanto le vie della fortuna del mondo antico possano essere davvero infinite, e sorprendenti: una storia su alieni giunti da Plutone che infestano foreste e caverne del Vermont, infatti, è scaturita anche dalla suggestione suscitata da una lecture sull’evoluzione del ‘mito’ antico nel folklore greco moderno. E forse, il perdurante successo delle storie di Lovecraft deriva anche da questo, dalla capacità di coniugare le fantasie oniriche, orrorifiche e fantascientifiche dell’autore con un background classico sempre discretamente presente52 e attento anche a cogliere spunti (verrebbe da dire aphormài) non banali che giungono dalla Grecia antica… passando per quella moderna, come in questo caso.
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51 La degenerazione della «earlier Arcadian vision» di Lovecraft, che proiettandola nel Vermont la trasforma in «a wilderness tainted by the decadent rites of Pan and the satyrs, in which the immigrant cosmic aliens of the story assume […] sinister Arcadian roles», è stata rilevata da CALLAGHAN 2013, 18-19 e 21, che tuttavia ignora il fondamentale relais costituito dai callicanzari, visti come survivals del corteggio panico.
52 Basti pensare ai cenni, succinti ma perfettamente centrati, alle storie soprannaturali nella letteratura antica (con riferimenti a Petronio, Apuleio, Plinio il Giovane, Flegonte), che compaiono nel saggio Supernatural Horror in Literature (LOVECRAFT 2004, 86). Per i riferimenti classici nella narrativa lovecraftiana cfr. anche KRÄMER 2017, 97-114.
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