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Da 2016 a 2017: da Corviale a Corviale: auguri Roma auguri Italia auguri Europa auguri mondo

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Academic year: 2022

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Da 2016 a 2017: da Corviale a Corviale: auguri Roma auguri Italia auguri Europa auguri mondo

Un altro pezzo di strada, un altr’anno è andato, entriamo nel 2017 ricordando le immagini di un anno lungo, denso, impegnativo, un abbraccio e una promessa: nel 2017 saremo ancora qui a camminare con Corviale, con i suoi abitanti, con le sue associazioni, con i suoi tanti amici, con i suoi tanti p r o g e t t i , a f f i n c h è i s o g n i d i v e n t i n o f i n a l m e n t e realtà……….

Il Giornale delle Periferie, Corviale Domani, Il Coordinamneto delle Periferie, Tommaso, Pino, Monica, Angelo, Antonio, Eugenio, Stefano, Sandro, Renato, Elisa, Valerio, Cinzia, Brigitte, Toni, Irene, Massimo……….e tutti quelli che dimentco perchè io dimentico sempre i nomi ma ricordo eternamente i volti e i sorrisi

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Natale a Londra – Dio salvi la Regina

di Volfango De Biasi. Con Pasquale Petrolo, Claudio Gregori, Paolo Ruffini, Nino Frassica, Eleonora Giovanardi Italia 2016

Il Duca (Ninetto Davoli), rispettato boss della malavita romana, è nei guai con Equitalia e, attraverso il proprio braccio destro (Sergio Di Pinto), incarica il figliastro Erminio (“Lillo” Petrolo) di andare a Londra a riscuotere un vecchio debito dal Barone (Frassica) che gestisce un loro ristorante. Erminio non è una cima ed è stato sempre aiutato nelle imprese criminali dal fratellastro Prisco (“Greg”

Gregori), che però, dopo aver scontato una pena, addossandosi un reato del padre, è tornato mite e legalitario e ora fa la guida dei boy scout; Erminio, per coinvolgerlo, inventa un’urgenza clinica per il padre in fin di vita. Il Barone,intanto, ha i suoi guai e, quando i due fratelli arrivano al ristorante, lo trovano alle prese con il gangster con una mano meccanica, Mike the Hammer (Vincent Riotta), che dà a tutti una settimana per consegnargli il milione di sterline che il Barone (che deve il soprannome alla sua specialità di baro ma ora ha perso la mano) ha perso al gioco.

La volitiva figlia di questi, Anita (Giovanardi), dopo aver

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fatto fuoco e fiamme per il guaio il cui il padre l’ha cacciata, decide – anche perché è innamorata sin da bambina di Prisco – di aderire al piano di rapire i cani della Regina (Patricia Ford), che tutti i venerdì, accompagnati da un Lord (David Brandon), vanno a mangiare nel ristorante, di fronte al loro, Monica & Enzo (Monica Lima e Enzo Iuppariello: gli Arteteca). Lo chef Vanni (Ruffini), innamorato di Anita ma incapace di dichiararsi, viene spedito dai rivali in veste di talpa e alla banda si uniscono il Barese (Uccio De Santis), depositario di tutti i congegni utili a qualunque crimine, e U’ Mago (Enrico Guarneri), scassinatore con un grande estro ipnotico. Prisco, nel frattempo, grazie ad un colpo in testa, è ritornato se stesso ed è pronto all’azione. Il piano ha, però, un problema: quella settimana si festeggia il compleanno dei cagnetti reali e loro e i loro amici banchetteranno a corte; per fortuna, Sua Maestà vuole che siano, per l’occasione, servite le famose polpette, così Monica, Enzo e Vanni vanno a Buckingham Palace, in un cafonissimo landò, al quale si aggregano, quali lacchè, Erminio e Prisco. Vanni mette del sonnifero nelle polpette, i cani si addormentano e, mentre U’ Mago distrae gli ospiti, Anita si dichiara veterinaria, il rapimento viene portato a termine e la banda si accampa nel barcone sul Tamigi del prestigiatore. Qui una telefonata del padre a Erminio fa capire a Prisco di essere stato ingannato e lui, indignato, se ne va, seguito da Anita che, all’improvviso, lo bacia, rendendosi conto di non amarlo affatto, se non come un fratello. I due tornano alla chiatta e la trovano piena di poliziotti: i due ristoratori napoletani, dopo essere stati interrogati, avevano cominciato a sospettare di Vanni e, seguendolo, avevano scoperto tutto e chiamato Scotland Yard. La perquisizione però non ha esito: i cani non sono lì. Dopo il sollievo iniziale, i nostri non sanno che pensare ma l’arrivo improvviso del Duca chiarisce tutto:

consapevoli dell’impossibilità di ottenere un riscatto dalla Regina, lui e il Barone hanno venduto i can per un milione a Mike, che ha pronto un ricchissimo cliente cinese che vuole mangiarseli. Prisco, però, si ribella: lui è tornato un duro

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ma non permetterà quello scempio; Ermino, Anita e Vanni lo seguono. Nel covo di the Hammer, Anita e Vanni, vengono catturati e chiusi in una cella frigorifera, dove si dichiarano reciproco amore, mentre Prisco ed Erminio, dopo aver sgominato a cazzotti (Prisco, Erminio li ha solo presi) la banda, sono, a loro volta, intrappolati. Arrivano, però, i nostri: Duca, Barone, Barese e Mago armati fino ai denti che liberano i ragazzi e i cani. Sua Maestà, infine, è diventata intima di Monica ed Enzo (i suoi cagnetti hanno messo incinta la loro bastardina) e potrà, per il discorso di fine anno, sfoggiare, al posto di uno dei soliti cappellini, uno smagliante chatouche arcobaleno.

Cominciata nell’’83 con Vacanze di Natale, la serie delle commedie natalizie prodotta da Aurelio De Laurentis è andata avanti, anno dopo anno, con successo; nel 2012, però, Aurelio (che aveva avvertito i primi scricchiolamenti) ha dato una svolta al genere, lanciando in Colpi di fulmine, l’ultimo diretto per lui da Neri Parenti, la coppia Greg e Lillo (fino a quel momento attiva prevalentemente in teatro e in radio), più moderna ma anche fruibile per progetti a costi più contenuti. Gli incassi, infatti, cominciavano a diminuire, da un lato, per naturale stanchezza ma, dall’altro, per eccesso di offerta di commedia – e non solo nel periodo natalizio. Le produzioni italiane, da qualche anno, salvo poche eccezioni, hanno un mercato sempre più ristretto e la soluzione a molte produzioni – anziché sforzarsi di identificare un pubblico di riferimento e, semmai, differenziare e cercare mercati anche esterni al nostro – è apparsa quella di usare i registi e gli sceneggiatori (nati con tutt’altra vocazione) con i quali erano soliti lavorare per mettere in cantiere, alla bell’e meglio, tante commedie, nella consapevolezza che, con ogni probabilità, qualche soldo d’incasso in più sarebbe arrivato (rispetto al quasi niente di tanti film pseudo-impegnati) e che la Rai e, soprattutto, le banche – quasi unico finanziatore in chiave di tax-credit esterno – sarebbero intervenuti per un genere, i cui esiti potenziali sono

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certamente più facilmente dimostrabili. Risultato: da un paio di anni ogni settimana esce nelle sale una commedia, in una logica tutta nominalistica e autoreferenziale, senza nessuna reale attenzione al botteghino (tanto il film è già pagato) Ecco così che questo Natale sono usciti ben 6 simil- cinepanettoni, che si cannibalizzano a vicenda. Un peccato per Natale a Londra (vale anche per Poveri ma ricchi) che, nel suo genere, è un buon prodotto, con una bella attenzione a idee di cast: gli Arteteca sono ben usati, Davoli è una simpatica presenza e Guarneri è una bella scoperta (per il cinema: il teatro siciliano lo conosce benissimo); De Biasi, poi, ci mette di suo un piglio da cinefilo degli anni ’80, cita le scazzottate di Spencer e Hill e, tira fuori dal cilindro il minidivo degli horror di quegli anni David Brandon e il coatto Sergio “ er Parrucca” Di Pinto. Soprattutto,però, un peccato per una cinematografia che va complessivamente in decadimento.

Il nuovo attivismo nelle periferie urbane

A latere di una vivace partecipazione referendaria, è possibile rilevare in questi ultimi mesi un ritorno dell’attivismo civico di comitati e gruppi di cittadini. Si tratta di soggetti sempre più coinvolti nella politica locale e nei formati della democrazia urbana. Frequente è in particolare il ruolo dei cittadini organizzati nelle aree periferiche: è il caso di PeriferieMilano e del suo sito web di informazione, del Corviale la voce delle periferie e RadioImpegno, la radio che da Corviale trasmette tutta la notte a Roma, o di Periferiamonews a Napoli. Tutte le aree metropolitane del nostro paese manifestano un attivismo

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innovativo in termini di organizzazione e comunicazione dei gruppi civici presenti nelle periferie delle città. In questo senso, la frequenza di comitati, gruppi civici e di ogni altro formato organizzativo leggero in ambito di cittadinanza attiva è foriero di alcune riflessioni tutto sommato positive sulla partecipazione politica alla vita metropolitana. Lo spazio urbano non viene più inteso dai gruppi che si attivano come un mero luogo fisico, in cui si collocano più funzioni (abitare, produrre, commerciare, incontrarsi, avere accesso a servizi), ma fornisce una cornice di senso alla relazione tra cittadini che vivono un luogo periferico con una intenzionalità nuova.

Così, grazie alla costruzione di relazioni tra soggetti pubblici e privati legati tra loro dal solo nesso della prossimità, ci si attiva per il recupero di spazi urbani abbandonati (discariche più o meno legali, edifici trascurati, aree verdi) e li si trasforma in luoghi di socialità e condivisione, riempiendo, mediante l’impegno volontario condiviso in reti leggere, gli spazi lasciati vuoti dal welfare locale, ritrattosi in ragione dei vincoli posti dal Patto di stabilità. Questo processo di costruzione di innovazione sociale e partecipazione civica nelle periferie urbane non appare sempre lineare e coerente con le premesse di sussidiarietà orizzontale su cui è fondato; difficile sembra anche l’integrazione di tali nuove forme di socialità spontanea sul territorio con i poteri pubblici locali in contesti urbani, come accade nella Roma del Corto Circuito e nella Milano del Corvetto, per ricordare il ruolo che anche i centri sociali hanno in questo nuovo attivismo localizzato.

Occorre che i percorsi di cittadinanza organizzata nelle periferie e il ruolo dei poteri pubblici urbani procedano lungo formati di integrazione, in termini di legalità, partecipazione e trasparenza. Questo approccio è necessario per aumentare il valore collettivo del rifiorire delle dimensioni sociali e politiche delle comunità urbane.

L’efficace messa a punto di formati e interventi innovativi, fondati sulla tessitura della relazionalità e della socialità comunitaria, serve ad integrare la dimensione dell’intervento

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di riqualificazione urbana previsto genericamente dai bandi per le periferie. Rigenerare le periferie significa, in questi termini, parlare del rapporto con lo spazio e le funzioni in esso presenti sperimentato delle persone che vivono e animano le aree urbane meno centrali. In questo modo è possibile partire dai bisogni e dalle richieste dei cittadini organizzati alle amministrazioni locali, e valorizzare le esperienze che questi soggetti della cittadinanza organizzata stanno sviluppando in termini di reti di sostegno, di innovazione sociale, di intervento dal basso. Mettere a sistema questo patrimonio relazionale e comunitario sviluppato dai cittadini delle periferie nelle agende della politica urbana non è solo una apertura concreta ad esperienze valide di sussidiarietà orizzontale, ma uno strumento molto operativo per il recupero congiunto di azioni e interventi di welfare locale da parte delle amministrazioni locali.] A latere di una vivace partecipazione referendaria, è possibile rilevare in questi ultimi mesi un ritorno dell’attivismo civico di comitati e gruppi di cittadini. Si tratta di soggetti sempre più coinvolti nella politica locale e nei formati della democrazia urbana. Frequente è in particolare il ruolo dei cittadini organizzati nelle aree periferiche: è il caso di PeriferieMilano e del suo sito web di informazione, del Corviale la voce delle periferie e RadioImpegno, la radio che d a C o r v i a l e t r a s m e t t e t u t t a l a n o t t e a R o m a , o d i Periferiamonews a Napoli. Tutte le aree metropolitane del nostro paese manifestano un attivismo innovativo in termini di organizzazione e comunicazione dei gruppi civici presenti nelle periferie delle città.

In questo senso, la frequenza di comitati, gruppi civici e di ogni altro formato organizzativo leggero in ambito di cittadinanza attiva è foriero di alcune riflessioni tutto sommato positive sulla partecipazione politica alla vita metropolitana. Lo spazio urbano non viene più inteso dai gruppi che si attivano come un mero luogo fisico, in cui si collocano più funzioni (abitare, produrre, commerciare,

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incontrarsi, avere accesso a servizi), ma fornisce una cornice di senso alla relazione tra cittadini che vivono un luogo periferico con una intenzionalità nuova. Così, grazie alla costruzione di relazioni tra soggetti pubblici e privati legati tra loro dal solo nesso della prossimità, ci si attiva per il recupero di spazi urbani abbandonati (discariche più o meno legali, edifici trascurati, aree verdi) e li si trasforma in luoghi di socialità e condivisione, riempiendo, mediante l’impegno volontario condiviso in reti leggere, gli spazi lasciati vuoti dal welfare locale, ritrattosi in ragione dei vincoli posti dal Patto di stabilità.

Questo processo di costruzione di innovazione sociale e partecipazione civica nelle periferie urbane non appare sempre lineare e coerente con le premesse di sussidiarietà orizzontale su cui è fondato; difficile sembra anche l’integrazione di tali nuove forme di socialità spontanea sul territorio con i poteri pubblici locali in contesti urbani, come accade nella Roma del Corto Circuito e nella Milano del Corvetto, per ricordare il ruolo che anche i centri sociali hanno in questo nuovo attivismo localizzato.

Occorre che i percorsi di cittadinanza organizzata nelle periferie e il ruolo dei poteri pubblici urbani procedano lungo formati di integrazione, in termini di legalità, partecipazione e trasparenza. Questo approccio è necessario per aumentare il valore collettivo del rifiorire delle dimensioni sociali e politiche delle comunità urbane.

L’efficace messa a punto di formati e interventi innovativi, fondati sulla tessitura della relazionalità e della socialità comunitaria, serve ad integrare la dimensione dell’intervento di riqualificazione urbana previsto genericamente dai bandi per le periferie.

Rigenerare le periferie significa, in questi termini, parlare del rapporto con lo spazio e le funzioni in esso presenti sperimentato delle persone che vivono e animano le aree urbane meno centrali. In questo modo è possibile partire dai bisogni

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e d a l l e r i c h i e s t e d e i c i t t a d i n i o r g a n i z z a t i a l l e amministrazioni locali, e valorizzare le esperienze che questi soggetti della cittadinanza organizzata stanno sviluppando in termini di reti di sostegno, di innovazione sociale, di intervento dal basso. Mettere a sistema questo patrimonio relazionale e comunitario sviluppato dai cittadini delle periferie nelle agende della politica urbana non è solo una apertura concreta ad esperienze valide di sussidiarietà orizzontale, ma uno strumento molto operativo per il recupero congiunto di azioni e interventi di welfare locale da parte delle amministrazioni locali.

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La Botta: Santoro racconta le piazze di spaccio romane di Ponte di Nona e Tor Bella Monaca

Roma come Napoli, Tor Bella Monaca come Scampia, l’inchiesta trasmessa da Rai2 mostra il livello di degrado raggiunto dalle periferie della Capitale.

Un servizio destinato a rimanere negli annali del giornalismo di inchiesta quello mandato in onda ieri sera, 15 dicembre, su Rai2, nel corso della seconda puntata della trasmissione Italia condotta da Michele Santoro. Il video, facilmente reperibile sul sito serviziopubblico.it e di cui forniamo un’anticipazione, mostra senza alcun tipo di censura, il degrado, l’abbandono e la miseria in cui versano alcune periferie romane. Luoghi come #Tor Bella Monaca, #Ponte di

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Nona e San Basilio, divenuti delle vere e proprie ‘nuove Scampia’, dove ci sono piazze di spaccio a cielo aperto e i pusher si lasciano intervistare mentre confezionano dosi di cocaina ed eroina, oppure ‘pippano’ indisturbati anche in mezzo alla strada.

Il contenuto dell’inchiesta

La seconda puntata di Italia si apre con le immagini che arrivano da Ponte di Nona, quartiere dormitorio costruito in spregio di qualsiasi piano regolatore fuori dal Grande Raccordo Anulare a Roma Est, vicino al solito, immenso, centro commerciale. Siringhe, sporcizia e perquisizioni dei Carabinieri. Ad un certo punto, l’inviata santoriana Francesca Fagnani, appostata con un collega nei pressi di una piazza di spaccio, viene avvistata dalle vedette (bambini, minorenni e persino madri con le carrozzine) e minacciata ripetutamente da uno spacciatore: “Te la ficco in c… la telecamera”.

Immagini quasi ‘normali’ per chi abita le periferie della Capitale, ma che sembrano tratte direttamente da ‘Gomorra’. E, infatti, a discutere in studio col conduttore c’è proprio Roberto Saviano, autore dell’omonimo best seller da cui sono stati tratti un film e una serie di grande successo. Ed è proprio Saviano a certificare che il ‘modello Scampia’ è stato fotocopiato anche a Roma, reso possibile dall’assenza totale delle istituzioni. “Dire che non c’è mafia a Roma è una follia – afferma lo scrittore napoletano – la droga nelle periferie romane arriva dai cartelli calabresi, campani e siciliani”.

Chiacchiere a parte, comunque, a parlare sono le immagini e l’umanità ‘corrotta e piegata’ che abita quei luoghi.

Esemplare è la storia di Dario (condannato a 6 anni di carcere) e della madre, una famiglia di spacciatori per necessità. Uniche anche le interviste ‘volanti’ fatte ad alcuni dei molti ragazzi costretti agli arresti domiciliari, ma disposti a tutto, alla galera ma anche a morire, pur di fuggire da quell’inferno. Da Pulitzer l’intervista strappata alla madre e alla ex compagna di un ragazzo pregiudicato

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ucciso in strada dall’ex marito di lei, imbottito di cocaina, morto anche lui nel conflitto a fuoco. Un altro mondo rispetto a quello patinato raccontato dalle tv.

Aloha ‘pippa’ in strada a Tor Bella Monaca

Altro quartiere, ma stesse scene a Tor Bella Monaca. Qui l’inviata Dina Lauricella entra in confidenza con un certo

‘Aloha’, un personaggio di certo molto conosciuto in zona e nell’ambiente, che non si fa problemi ad aprire un ‘pezzo di coca’ e farsi una sniffata in mezzo alla strada, davanti a decine di persone di ogni età. Sempre a ‘Torbella’, non si sa come, la Lauricella viene invitata a casa di alcuni spacciatori incappucciati che, tranquillamente, raccontano come funziona il mercato della cocaina e della ‘robba’ (eroina ndr) mentre preparano con mani sapienti le dosi, i ‘pezzi’

appunto’, destinati alla vendita. “Qui si spaccia per fame, non per soldi”, dicono. E forse non hanno tutti i torti. #La Botta

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Attenzione, quell’energia può diventare distruttrice se non è ben governata

Siamo più rapidi negli spostamenti, circondati da eventi eppure sempre più disconnessi e soli. In pochi tratti Marc Augé, direttore di ricerca ed ex direttore dell’École des hautes études en sciences sociale (EHESS) e ideatore del fortunato termine “non luogo”, descrive l’essenza di quella che chiama “surmodernità”: il tempo in cui siamo immersi, il nostro tempo, scandito dal ritmo pulsante delle grandi

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m e t r o p o l i c o n t e m p o r a n e e . ( S c o p r i d i p i ù s u : OrigamiSettimanale.it)

Marc Augé (Intervista a cura di Laura Aguzzi)

In questi spazi complessi e molteplici, al cui studio Augé ha dedicato i suoi testi più noti, le interconnessioni tra centro e periferia determinano continui spostamenti di senso, dinamiche e situazioni da non leggere come immutabili. Perché, c i s p i e g a A u g é , l o s t e s s o c o n c e t t o d i p e r i f e r i a è

“ingannevole”.

Professor Augé, ma una periferia può davvero diventare capitale culturale? Più di un centro?

Certamente, in molte città la periferia gioca un ruolo culturale molto importante. Si tratta soprattutto di lavori sperimentali, teatro d’avanguardia, iniziative legate al mondo della musica e della letteratura. Accade a Parigi, in distretti il cui solo nome sembra essere legato a una maledizione, come il 93, quello di Saint Denis. È qui che nascono molte delle innovazioni culturali che poi andranno a nutrire il “centro”.

Come spiega questo fenomeno?

Le periferie sono il posto in cui i problemi che si dibattono sul piano nazionale sono reali: la disoccupazione, le tensioni tra le diverse comunità religiose, la lontananza dalle istituzioni (anche europee). Ma proprio perché sono posti difficili, sono posti vivi. La lotta per risolvere queste difficoltà genera anche molta energia creativa. Tanto più che moltissimi creativi decidono poi di trasferirsi in quelle zone per seguirne il battito.

Che cos’è per lei la “periferia”?

Troppo spesso la si confonde con un concetto geografico:

qualcosa che sta fuori dalle città. Come se le città fossero

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circondate da una corona di povertà. Ma la realtà è più complessa: le periferie non sono un concetto geografico ma sociale. Ci sono quartieri centralissimi a Parigi, ma anche altrove, le cui dinamiche sono periferiche, degradate. Penso ad alcune aree del 19emo arrondissement ad esempio, ma anche a Molenbeek a Bruxelles, divenuta nei mesi scorsi snodo del terrorismo internazionale: non si tratta di un quartiere estraneo alla città quanto alla società.

Molto spesso in questi quartieri risiedono molti immigrati di seconda o terza generazione, che si sentono esclusi o emarginati dai giri che contano.

Esattamente. E quella stessa energia creativa di cui parlavamo prima, quella forza che fa sì che compagnie americane vengano a reclutare giovani informatici proprio nelle zone più disagiate, può rapidamente trasformarsi in una forza distruttrice se non è ben indirizzata, ben utilizzata. Siamo in un regime di concorrenza dove ciò che non viene attratto dalle forze positive e propositive può spesso rivolgersi verso le sirene del proselitismo religioso.

Se le periferie popolate di migranti possono essere il nuovo centro della cultura, gli immigrati o i loro figli possono esserne i futuri protagonisti?

Molto spesso lo sono ma bisogna diffidare di una visione troppo ottimistica. La presenza di un teatro d’avanguardia o di un’iniziativa culturale in periferia non implica necessariamente che gli immigrati lì presenti ne siano parte integrante, vi prendano parte. Il rischio è quello di dar vita a dinamiche di coesistenza piuttosto che di coabitazione.

Quali sono allora i rischi da evitare nel ripensare le periferie?

Non bisogna sottovalutare lo sforzo richiesto: ciò che facciamo o non facciamo oggi avrà un impatto importante sulla società di domani. Purtroppo l’esempio francese in tal senso è

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negativo: quando negli Anni 70 abbiamo accolto le generazioni di migranti in arrivo soprattutto dal Nord Africa, si è creduto che la loro sarebbe stata una presenza solo temporanea. I bambini sono andati a scuola ma per formarli adeguatamente e dare loro pari opportunità ci sarebbe voluta una mobilitazione eccezionale. Cosa che non è accaduta. È stata una politica miope e incompleta.

E del centro, cosa ne sarà in futuro?

È difficile dirlo, proprio perché la realtà non è così dicotomica come spesso la descriviamo. Già oggi ci guardiamo continuamente intorno in cerca di un centro. Ma in realtà il centro dov’è? Non lo sappiamo più.

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Anche Barcellona riqualifica gli scali ferroviari con un parco sopraelevato

‘Jardins de la Rambla de Sants’ è un parco sopraelevato di 20mila mq che nasconde e abbellisce la linea ferroviaria di Barcellona

Si chiama ‘Jardins de la Rambla de Sants’ il parco sopraelevato di 20.000 mq che è stato inaugurato quest’anno a Barcellona. Ricorda i progetti di riqualificazione degli scali ferroviari di Parigi (Promenade plantée) e New York (High Line) ma in realtà è qualcosa di diverso perché la ‘rambla’

non prende il posto della linea ferroviaria ma la nasconde grazie a una sorta di ‘scatola’ contenente più di 160 alberi e 85mila piante organizzati in diversi gradini.

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I lavori sono durati più di 10 anni e ora il progetto, realizzato dagli architetti Sergi Godia e Ana Molino è stato ultimato: una passeggiata di 760 metri, il cui ingresso è stato realizzato a Plaza de Sants, che offre una vista spettacolare sulla città e una serie di spazi pubblici da ususfruire.

Il parco sopraelevato è sorretto da un sistema strutturale di travi tamponate e vetrate, che consentono ai visitatori di vedere anche i treni che passano. In alcuni punti la struttura si erge a 12 metri sopra il livello della strada ed è qui che sono state piantumate delle piante rampicanti che hanno già iniziato a salire sulla parete in cemento.

L’obiettivo è quello di fondere la natura con la civiltà metropolitana.

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Un canale web tutto dedicato al sociale: nasce “Strana Tv”

Lanciato lo scorso 23 novembre per festeggiare i 30 anni dalla cooperativa sociale “Stranaidea” a Torino, ogni settimana il canale offrirà al pubblico un diverso punto di vista sulle attività dell’ente: dai servizi “a domicilio” all’ospitalità notturna per i senza dimora

Una tv tutta dedicata al mondo del volontariato, che conduca lo spettatore nella quotidianità di utenti, associazioni e operatori. Così, una cooperativa sociale ha deciso di festeggiare i suoi primi 30 anni di attività, traguardo non da poco in un mondo che, più di altri, deve vedersela quotidianamente con tagli, flessioni di budget e “chiusure per

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crisi”. Accade a Torino, e la coop si chiama “Stranaidea”, una realtà che dal 1986 opera nel capoluogo sabaudo con progetti di integrazione sociale, sostegno alla cittadinanza attiva e incremento dell’occupabilità, coprendo l’intero scibile relativo al

Agenzia giornalistica

Nasce il magazine “Riiks”, giornalismo e arte per raccontare le migrazioni

G i o r n a l i s m o , l a s c u o l a f a n o t i z i a , i g i o v a n i p e r un’informazione consapevole

AREA ABBONATI

sociale: disabilità, infanzia e minori, adulti in difficoltà, politiche attive per il lavoro e la sanità. Il traguardo dei tre decenni di attività, a dirla tutta, Stranaidea lo ha tagliato già da qualche mese: il lancio ufficiale del sito web (www.stranaidea.it) risale al maggio scorso, ed è su quella stessa piattaforma che i soci della cooperativa hanno deciso ora di raccontarsi “in diretta”, lanciando una web tv che, settimana per settimana, aggiornerà il pubblico sulle attività messe in piedi dall’ente.

Le trasmissioni di “Strana tv” sono iniziate ufficialmente il 23 novembre scorso: da allora, e fino al maggio prossimo, ogni settimana il canale proporrà un diverso punto di vista sulle attività messe in piedi dagli 81 soci e dagli oltre cento l a v o r a t o r i d e l l a c o o p e r a t i v a . I l t a g l i o è q u e l l o documentaristico proprio dell’informazione in rete: ma a differenza che altrove, qui si parla esclusivamente di cooperazione, volontariato e cittadinanza attiva. L’ultimo episodio, online dallo scorso venerdì, è una panoramica sui servizi offerti dal Ser “L’Orobilogio”, un centro educativo e riabilitativo rivolto agli adolescenti over 16 in condizione di disabilità intellettiva o con disturbo della relazione e del comportamento. Il servizio di lancio, invece, si era occupato di “Stranarte”, lo spettacolo di varietà con cui ogni anno la coop porta sul palcoscenico ragazzi con la sindrome di Down o con forme di disabilità intellettiva.

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“L’idea – spiegano dalla cooperativa – è mostrare ciò che accade quotidianamente in Stranaidea, dall’apertura della segreteria fino all’accoglienza dell’ultimo ospite delle Case di Ospitalità Notturna. Nei prossimi episodi, ad esempio, porteremo il pubblico nella giornata di un Easy trainer, un particolare tipo di operatore ‘a domicilio’ che utilizziamo in percorsi personalizzati di sostegno all’apprendimento. E ancora, Marco, un operatore del nostro servizio notturno, ci porterà per una notte nel mondo dei senza dimora per le strade di Torino”. Ogni episodio, oltre che sul sito web, verrà rilanciato sui canali Facebook e youtube di Stranaidea. Per informazioni su questa e altre iniziative è possibile visitare la sezione “30 anni in diretta” del sito web.

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Poveri noi, dossier di openpolis sulla povertà in Italia

Poveri noi, dossier a cura di openpolis e ActionAid sulla povertà in Italia dopo 10 anni di crisi economica.

Openpolis, nota associazione di promozione culturale per la pratica della trasparenza pubblica, ha realizzato e pubblicato, in collaborazione con ActionAid, un mini dossier sulla situazione economica degli italiani a 10 anni dall’inizio della crisi economica.

10 anni di crisi

In pochi anni la popolazione in povertà assoluta, che non è in grado di permettersi un paniere di beni considerato minimo per

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una vita accettabile, è più che raddoppiata passando da 2 milioni di persone nel 2005 a 4,6 milioni di persone nel 2015.

L’incremento più drammatico tra 2011 e 2013: in un solo triennio i poveri assoluti sono passati dal 4,4 al 7,3% della popolazione.

Lavoro e povertà

Una delle cause principali dell’impoverimento delle famiglie è la mancanza di lavoro. Quasi il 20% delle famiglie in povertà assoluta ad esempio ha la persona che solitamente provvedeva al sostenato economico, disoccupato e in cerca di occupazione.

Ma oltre alla disoccupazione influisce molto anche il sistema di occupazione che si è venuto a creare nel periodo di crisi ad influire. Infatti molti lavori sono precari a termine, intermittenti, oppure di poche ore settimanali.

Disoccupazione e povertà giovanile

Altro drammatico aspetto che emerge dal dossier è la povertà giovanile. Se nel 2005 i più poveri erano gli anziani sopra i 65 anni, a distanza di 10 anni di crisi questo dato si è invertito; il tasso di povertà assoluta è diminuito tra gli anziani (sceso al 4,1%), mentre è cresciuto nelle fasce più giovani: di oltre 3 volte tra i giovani adulti (18-34 anni) e di quasi 3 volte tra i minorenni.

Welfare italiano non adeguato

Purtroppo il welfare italiano, la cui spesa per lo Stato è pari al 21,4% del PIL ovvero sopra alla media europea del 19,5% del PIL, non è adeguato alla situazione. Infatti, fa notare il dossier, poca della nostra spesa sociale viene destinata ai soggetti che, con la crisi, hanno subìto maggiormente l’impoverimento. In Italia la tutela dalla disoccupazione e dal rischio esclusione impiega il 6,5% della spesa in protezione sociale, contro il 15,8% della Spagna, il 12,1% della Francia, l’11,7% della Germania e il 10,9% del Regno Unito.

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Iniziativa per il sociale nella periferia romana di Corviale

Coni e Lottomatica assieme per ‘Vincere da grandi

‘Vincere da grandi’, il progetto sportivo, culturale e sociale destinato alle famiglie italiane che vivono in contesti disagiati voluto da Coni e Lottomatica con il brand di Gioco del Lotto, arriva al Corviale, periferia sudovest della Capitale. Il numero uno dello sport italiano, Giovanni Malagò, assieme al presidente di Lottomatica Holding, Fabio Cairoli, e al calciatore della Roma, Alessandro Florenzi, hanno presentato l’iniziativa che fa tappa presso la struttura Ssd Calciosociale del Corviale.

Partito il 23 aprile dello scorso anno, il progetto ha coinvolto ad oggi circa 800 ragazzi 4 tappe: presso il Foro Italico di Roma, a Napoli (Scampia) con Giovanni Maddaloni presidente e maestro dell’Asd Star Judo Club, a Palermo (Zen) con Rachid Berradi, le prossime due tappe saranno Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, e appunto Corviale.

In un contesto sportivo ed educazionale di eccellenza, tutte le attività verranno seguite da tecnici federali e da campioni olimpici che seguiranno da vicino i ragazzi durante i corsi di calcio, atletica, ginnastica ritmica e calcio freestyle. Sono inoltre previsti percorsi e attività specifiche per i giovani con disabilità.

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“Scampia e lo Zen di Palermo sanno quanto sia stata vincente l’idea grazie al gruppo Lottomatica che ha deciso di investire nel sociale attraverso il mondo dello sport –sottolinea Malagò durante il suo intervento-. Devo solo dire una parola: grazie, all’azienda Lottomatica. E’ stata una scelta vincente”.

“Questa per noi è una opportunità di realizzare in maniera concreta qualcosa per la collettività –aggiunge il presidente e ad di Lottomatica Holding Cairoli-. Nello specifico farlo per i giovani con la collaborazione del Coni è un onore. Con Malagò ci siamo trovati subito a definire questo progetto e, tappa dopo tappa, ci siamo convinti sempre più della bontà dell’iniziativa. In azienda si dice che una impresa di successo è quella che ha visione, voi qui siete una ambizione realizzata e dovete esserne orgogliosi”, conclude il numero uno di Lottomatica.

“Sono orgoglioso di far parte di questa famiglia, io sono romano. Conosco il lavoro che state facendo, voi bambini avete fatto un applauso a me ma dovete applaudire i vostri genitori, chi si impegna per farvi avere una infanzia felice e chi ha fatto sì che tutto questo fosse possibile”, aggiunge il giocatore della Roma Florenzi.

A prendere la parola è poi Massimo Vallati, responsabile del centro sociale di Corviale. “Questa è una storia che viene da lontano, in questa periferia il calcio sociale sta costruendo qualcosa che vuole cambiare questo quartiere. I ragazzi faranno tante cose imparando gli articoli della Costituzione, vogliamo costruire un futuro diverso per Corviale. L’anno scorso volevano bruciare il ‘Campo dei miracoli’ perché faceva paura, questo progetto è una risposta a chi voleva chiudere questa esperienza per paura della cultura, dei sorrisi e della energia di questi ragazzi”.

Infine Giovanni Maddaloni, padre della medaglia olimpica nel judo a Sydney, Pino Maddaloni che sottolinea come “con queste iniziative lo sport trasforma il futuro di un ragazzo”.

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La voce del Corviale ora anche in FM

RadioImpegno è la radio sostenuta da Anmil. Ad animarla è un team di associazioni in una sorta di staffetta notturna ai microfoni dalle 24 alle 7.

C’è un miracolo che si rinnova tutti i giorni, anzi tutte le notti, a RadioImpegno, la radio che non dorme mai e che va in onda in streaming, dal quartiere Corviale di Roma, dalle 24 alle 7. Ad animarla è un team di associazioni, che ha voluto rispondere coralmente all’attentato alla legalità sferrato, esattamente un anno fa, il 13 novembre 2015, proprio dove è stata data vita alla web radio al Campo dei Miracoli, dando il proprio in una sorta di staffetta notturna ai microfoni.

Tutto ha avuto vita dove si gioca “Calcio Sociale”, all’indomani di un rogo che ha mandato in fumo una delle strutture sorte su iniziativa di Massimo Vallati che, nato in questo quartiere popolare definito il grattacielo orizzontale più lungo d’Europa, ha voluto fare di questa periferia romana un laboratorio di integrazione. E il messaggio di RadioImpegno – a cui anche l’ANMIL (Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro) ha dato la sua adesione – si rinnova di notte in notte con una sfida a distanza tra chi distrugge e chi sogna un progetto di rigenerazione urbana per costruire un futuro di bellezza e giustizia per i nostri ragazzi. Un messaggio che viene lanciato proprio di fronte a quel serpentone senz’anima che si snoda per un chilometro, dove la vita resta imprigionata dentro il grigiore dell’asfalto.

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E allora avanti con informazione, poesia, musica e spettacolo.

Tanti, tantissimi i testimonial che si avvicendano da mesi a RadioImpegno per dare voce a chi non ce l’ha o non ha spazio per farsi sentire. Un impegno che, da alcune settimane, non va più in onda solo in streaming ma anche in Fm, sulla frequenza 103.3, dalla mezzanotte sino alle 8.30.

E, di mese in mese, si moltiplicano le notti che l’ANMIL promuove al Corviale per diffondere la cultura della sicurezza sul lavoro e l’obiettivo di azzerare quel terribile numero di tre morti al giorno che ancora oggi macchia di sangue il nostro Paese.

Al microfono la giornalista Luce Tommasi, affiancata dalla responsabile dell’Ufficio Comunicazione e Relazioni esterne Marinella De Maffutiis, mantiene sveglie le coscienze di quanti, non solo nel mondo del lavoro, ma anche in quello della scuola, non hanno ancora acquisto una vera cultura della prevenzione.

“Qualcosa cambierà” recita uno dei testi che il talentuoso rapper Skuba Libre ha dedicato all’ANMIL per catturare l’attenzione soprattutto dei giovani e, prima di lui, la cantautrice Mariella Nava aveva regalato all’Associazione una magnifica canzone, “Stasera torno prima”, per raccontare l’inutile attesa di una bambina che non avrebbe più visto tornare a casa il padre al termine di una giornata di lavoro.

Anche questi due artisti rinnovano puntualmente il loro impegno al Corviale, regalando ad ogni nuova “notte bianca”

dell’ANMIL emozioni in musica.

“Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini coscienziosi e impegnati possa cambiare il mondo. In fondo è così che è sempre andata”, recita una delle frasi guida di RadioImpegno, che riprende i principi rivoluzionari di libertà, uguaglianza e fraternità. Ma al Campo dei Miracoli, al primo posto, è stata messa la solidarietà.

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