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Un trattato [vedi] può dirsi invalido quando sussiste un vizio nel procedimento di formazione che inficia la validità dello stesso.

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Invalidità

Autore: Edizioni Simone | 06/11/2015 Invalidità

Invalidità dei trattati (d. int.)

Un trattato [vedi] può dirsi invalido quando sussiste un vizio nel procedimento di formazione che inficia la validità dello stesso.

L’Invalidità si verifica in caso di:

— vizi della volontà: vi sono ricompresi l’errore, il dolo e la violenza: distinta, quest’ultima, come violenza sull’organo o sullo Stato;

— contrasto del trattato con norme o di jus cogens;

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— violazione di una norma interna sulla competenza a stipulare.

Invalidità dell’atto amministrativo (d. amm.)

L’atto amministrativo è affetto da Invalidità quando è difforme dalla norma che lo disciplina.

In relazione alla natura della norma rispetto alla quale si verifica tale difformità, si individuano due grandi categorie di vizi dell’atto amministrativo. Se la norma è una norma giuridica, il vizio che consegue sarà un vizio di legittimità e l’atto sarà illegittimo per mancanza dei requisiti di legge [vedi Illegittimità].

Se, invece, la norma non è giuridica, ma è una norma di buona amministrazione (che impone alla P.A. di attenersi, nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali, a criteri di opportunità e di convenienza), il vizio intrinseco all’atto sarà un vizio di merito e l’atto sarà considerato inopportuno.

L’atto illegittimo, in particolare, può essere viziato in modo più o meno grave: si delineano così le due categorie della nullità [vedi] e dell’annullabilità [vedi Annullamento].

L’atto amministrativo è nullo se è manchevole di taluno degli elementi essenziali richiesti dalla legge, se è viziato da difetto assoluto di attribuzione, se è stato adottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altri casi espressamente previsti dalla legge (art. 21septies L. 241/1990); è annullabile quando l’atto sia stato adottato in violazione di legge o sia viziato da eccesso di potere o da incompetenza (art. 21octies, co. 1, L. 241/1990).

(3)

L’Invalidità può essere:

— testuale o virtuale, a seconda che sia espressamente comminata dalla legge oppure si desuma, attraverso l’interpretazione, dal sistema normativo;

— totale o parziale, a seconda che afferisca all’atto nella sua interezza oppure concerna solo una parte di esso;

— diretta o derivata. L’Invalidità è derivata quando per la connessione con un altro atto precedente, la Invalidità di quest’ultimo compromette la validità di quello successivo che di per sé potrebbe essere legittimo.

Il Capo IVbis della L. 241/1990, interamente dedicato all’efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo, comprime l’area delle Invalidità: sono da considerarsi invalidi solo i provvedimenti amministrativi inficiati da violazione di norme di carattere sostanziale; le violazioni di carattere formale o procedimentale, invece, non danno luogo ad annullabilità del provvedimento laddove il contenuto dello stesso non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Analogamente, non è annullabile il provvedimento per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, qualora la P.A. dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (art. 21octies, co. 2, L. 241/1990).

Invalidità dell’atto processuale (d. p. civ.)

I vizi degli atti processuali sono determinati dalla violazione delle norme che regolano lo svolgimento del processo. In particolare:

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— si ha inesistenza [vedi], in senso giuridico, quando vi sono vizi così gravi da rendere l’atto che si è compiuto assolutamente diverso da quello previsto dalla legge;

— si ha nullità [vedi], quando il vizio è così grave da impedire il raggiungimento dello scopo dell’atto;

— si ha irregolarità [vedi], quando il vizio consente ugualmente all’atto di produrre effetti, ma comporta la necessità di una regolarizzazione o sanzioni sul piano disciplinare.

Invalidità del negozio (d. civ.)

Quando un atto di autonomia non presenta tutti i connotati che una norma giuridica prevede perché possa considerarsi come fonte di autoregolamento di privati interessi, si dice che è affetto da Invalidità.

L’Invalidità va distinta dalla irrilevanza, che qualifica come non meritevole di interesse da parte dell’ordinamento giuridico un dato accadimento.

L’Invalidità va opportunamente distinta anche dalla inesistenza [vedi] vale a dire dall’assenza di quegli elementi minimi che consentono di riconoscere nell’atto uno strumento di autonomia negoziale [vedi].

La Invalidità può assumere due aspetti: la nullità [vedi] e la annullabilità [vedi Annullamento] a seconda che le norme violate siano state poste a tutela di un interesse generale o di un interesse particolare dei contraenti.

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Nell’ambito della patologia negoziale molti autori inseriscono la figura della rescindibilità [vedi Rescissione; Responsabilità (precontrattuale); Matrimonio].

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