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Revocata la medaglia a Paride Mori

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Fondata a Pola il 29.07.1945 – Mensile di attualità, storia e cultura giuliano-dalmata – Organo dell’Associazione «Libero Comune di Pola in Esilio»

Direttore responsabile: Paolo Radivo – Redazione: Via Malaspina 1, 34147 Trieste – Telefono e fax: 040.830294 – Cellulare: (0039) 388 8580593 – Sito web: www.arenadipola.it Quote associative annuali: per l’Italia e l’Europa 30, per le Americhe 60, per l’Australia 66, da versare o sul conto corrente postale n. 38407722 intestato a L’Arena di Pola, Via Malaspina 1, 34147 Trieste, o tramite bonifico bancario intestato a Libero Comune di Pola in Esilio, Via Malaspina 1, 34147 Trieste; codice IBAN dell’UniCredit Agenzia Padova Moro

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Iniziativa realizzata

con il contributo del Governo italiano ai sensi della Legge 72/2001 e successive proroghe

In giugno a Pola!

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n° 46), art. 1, comma 2, DCB Trieste

Revocata la medaglia a Paride Mori

Il Gruppo di lavoro presso la Presidenza del Consiglio che ha preso il posto della disciolta commissione incaricata dall’art. 5 della legge 92/2004 sul Giorno del Ricordo di esa- minare entro il 2014 le domande per la concessione delle medaglie ai familiari delle vittime italiane dei titoisti ha revo- cato quella conferita ai figli di Paride Mori, ufficiale del Batta- glione Bersaglieri volontari “Benito Mussolini” ucciso il 18 febbraio 1944 da partigiani jugoslavi mentre scendeva dai presidi della Val Baccia al comando di Santa Lucia, nell’alto Isontino oggi sloveno, assieme al suo motociclista Costanti- no Di Marino. La consegna era avvenuta il 10 febbraio ad opera dell’allora sottosegretario alla Presidenza del Consi- glio Graziano Delrio nella sala “Aldo Moro” della Camera dei Deputati durante una cerimo-

nia precedente a quella per il Giorno del Ricordo. Mori era originario di Traversetolo (Par- ma), dove tempo fa la Giunta comunale di centro-sinistra gli aveva dedicato una via, salvo poi fare retromarcia.

Dal 15 marzo 2015 numero- si organi di informazione ave- vano alimentato una furibonda polemica mediatica, lamentan- do altresì l’impropria consegna negli scorsi anni di medaglie a numerosi combattenti della Repubblica Sociale Italiana, alcuni dei quali avrebbero pure commesso crimini di guerra.

“La Repubblica” aveva scrit- to che il Giorno del Ricordo era

diventato il «giorno dell’amnesia» o addirittura il «giorno della riabilitazione», ovvero «un’occasione per premiare con tanto di medaglia della Repubblica anche ex fascisti che combatte- rono affinché quella Repubblica non nascesse». “Il manife- sto” aveva asserito che «il giorno del ricordo, già contraddit- torio nella sua indicazione calendaristica nonché nella sua natura omissiva sui crimini di guerra italiani nei Balcani, si è configurato come una leva contro-narrativa della storia che finisce per rilegittimare il fascismo regime e persino quello repubblichino». Il “Corriere della Sera” aveva titolato: Foibe, 300 fascisti di Salò ricevono la medaglia per il Giorno del Ri- cordo. Tra i commemorati decine di repubblichini, di cui 5 ac- cusati di uccisioni, torture e saccheggi.

La presidente della Camera Laura Boldrini aveva subito declinato ogni responsabilità. I deputati parmigiani Patrizia Maestri e Giuseppe Romanini (PD) e il ravennate Giovanni Paglia (SEL) avevano chiesto al Governo la revoca della me- daglia perché Mori era un fascista di Salò che avrebbe milita- to al fianco dei nazisti e sarebbe caduto in combattimento. Il presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI) Carlo Smuraglia aveva dichiarato che «non si posso- no certo riconoscere meriti a chi militò dalla parte della ditta- tura e del fascismo». «Se la commissione che ha vagliato centinaia di domande – aveva risposto Delrio – ha valutato erroneamente, il riconoscimento dovrà essere revocato».

FederEsuli aveva spiegato di voler attendere i risultati del gruppo di lavoro, auspicando «l’abbandono di una superata e inesatta lettura ideologica dei fatti storici riguardanti la trage- dia delle foibe ed il dramma, taciuto per anni, dell’esodo degli istriani, fiumani e dalmati e, in definitiva, ogni strumentalizza- zione ai fini politici delle vittime dell’odio e dell’intolleranza».

Il 2 aprile la Segreteria nazionale dell’ANPI aveva chiesto alla Presidenza del Consiglio di «sospendere temporanea- mente l’applicazione della legge e di dar luogo ad una indagi- ne accurata non solo sulla medaglia concessa di recente a Paride Mori (per la quale esistono già, comunque, elementi più che sufficienti per imporne la revoca), ma anche a quelle concesse negli anni precedenti a persone ritenute meritevoli del riconoscimento previsto dalla legge citata e che, invece, risulterebbero assolutamente in contrasto con le norme e lo spirito della legge e della Costituzione».

Il 24 aprile i deputati Patrizia Maestri e Giuseppe Romanini hanno diffuso la notizia che la medaglia a Paride Mori è stata revocata. «Finalmente – commentava la Maestri – è stata ri- portata chiarezza nella ricostruzione storica del conferimento della medaglia a Mori. E’ una decisione che condividiamo a pieno, ma ci teniamo che non sia letta come un mancanza di rispetto per l’uomo, bensì come un riconoscimento della veri- tà e delle tante vittime del fascismo. Ringraziamo il governo che ha prontamente risposto alle nostre richieste. Il fatto che questa decisione arrivi a poche ore dal settantesimo anniver- sario della Liberazione lo riempie ancora più di significato».

“Repubblica” ha aggiunto che la revoca dell’onorificenza sarebbe stata caldeggiata sia dalla Presidenza del Consiglio sia dall’ora ministro Graziano Delrio.

«Ciò che non va proprio – ha obiettato l’on. Giovanni Pa- glia – è la motivazione. L’onorificenza non viene infatti revo- cata a Paride Mori perché repubblichino, ma solo perché morto in combattimento e non in un agguato. Si mantiene così in essere l’inaccettabile modus operandi della Commis-

sione presieduta dal presidente del Consiglio, di considerare i combattenti della Repubblica di Salò al servizio e non nemi- ci dell’Italia, e si mantengono le onorificenze concesse a oltre 300 altri fascisti, fra cui almeno 5 criminali di guerra. E’ que- sto che deve essere cambiato, se non si vuole essere com- plici del peggiore revisionismo. Probabilmente dalle parti di Palazzo Chigi o del Ministero della Difesa qualcuno non ascolta neanche le parole del presidente della Repubblica, chiare e nette. Torniamo a chiedere che la commissione sto- rica cambi modus operandi, lo chiediamo nell’anniversario della Liberazione e torneremo a chiederlo tutti i giorni, per ri- spetto della nostra storia e della memoria».

«Mi dispiace – ha lamentato all’opposto il presidente dell’Associazione Reduci e Familiari del 1° Battaglione Bersaglieri volontari “Benito Mussolini” Giorgio Verbi – per i figli di Paride Mori se se ne avranno a male, ma non di- mentichino mai di avere avuto un Papà Eroe nella difesa del- la propria Patria. In ogni caso, quanti hanno chiesto, promos- so e deciso la revoca dell’ono- rificenza possono andare fieri di aver confermato la loro con- dizione di miserabili, neppure in grado di vergognarsi di co- tanta bassezza».

Il “Giornale d’Italia” ha defini- to i Battaglioni M «i soli a difen- dere i territori del Friuli dalle truppe del maresciallo Tito: a costui, infoibatore di tanti italiani, l’onorificenza non si può to- gliere perché ormai è morto». Mori «cadde mentre si batteva per la Patria». La Nazione «dovrebbe andare fiera di aver avuto nella sua storia» uomini come lui. Invece «resta avvi- luppata dall’odio di fazione, che puzza di muffa».

Ma, opinioni a parte, cosa stabilisce la legge? L’art. 3 pre- vede la concessione, «a domanda e a titolo onorifico senza assegni», di un’apposita insegna metallica con relativo diplo- ma «al coniuge superstite, ai figli, ai nipoti e, in loro mancan- za, ai congiunti fino al sesto grado» di coloro che, «dall’8 set- tembre 1943 al 10 febbraio 1947, in Istria, in Dalmazia o nelle province dell’attuale confine orientale», furono «soppressi e infoibati». A costoro «sono assimilati, a tutti gli effetti, gli scomparsi e quanti, nello stesso periodo e nelle stesse zone, sono stati soppressi mediante annegamento, fucilazione, massacro, attentato, in qualsiasi modo perpetrati». Ed anco- ra: «Il riconoscimento può essere concesso anche ai con- giunti dei cittadini italiani che persero la vita dopo il 10 febbra- io 1947, ed entro l’anno 1950, qualora la morte sia sopravve- nuta in conseguenza di torture, deportazione e prigionia, escludendo quelli che sono morti in combattimento». Sono invece esclusi quanti furono «soppressi mentre facevano vo- lontariamente parte di formazioni non a servizio dell’Italia».

L’art. 5 esclude poi «le vittime perite ai sensi dell’articolo 3 per le quali sia accertato, con sentenza, il compimento di de- litti efferati contro la persona».

Il Gruppo di lavoro ha valutato che Mori morì «in combatti- mento» quale ufficiale operante in un teatro di operazioni belliche e ben consapevole di rischiare la vita in ogni istante.

Non gli ha invece imputato di far «volontariamente parte di formazioni non a servizio dell’Italia» quali la Wehrmacht o le SS, né tantomeno di aver commesso crimini. La revoca pare dunque giustificata ai sensi della legge, che non vuole certo premiare su larga scala quanti al confine orientale caddero combattendo nelle formazioni della RSI contro i titoisti.

La polemica sul caso Mori aveva screditato tanto la legge 92/2004 quanto lo stesso Giorno del Ricordo, indicandolo come mero pretesto per la riabilitazione e la glorificazione dei caduti della RSI. Così, in men che non si dica, una ricorrenza concepita per far conoscere a tutti gli italiani le sofferenze e l’esodo dei giuliano-dalmati stava venendo snaturata agli oc- chi dell’opinione pubblica. L’attenzione stava slittando dagli esuli ai soldati di Salò, con il rischio di mandare in fumo anni di lavoro in cui si era pazientemente spiegato che solo alcuni infoibati erano fascisti, che quasi tutti erano innocenti e che tutti erano stati uccisi senza regolare processo. Fatto ancor più grave è che, sull’onda mediatica, si stesse ricomponendo il falso binomio esuli=fascisti gravato per decenni su di noi come uno spettro. In poco tempo l’“operazione Mori” aveva dunque prodotto effetti disastrosi, ponendoci sulla difensiva.

La revoca della medaglia all’ufficiale emiliano ha stempera- to le polemiche e sventato danni ancor più gravi, togliendo argomenti ai detrattori sia degli infoibati sia degli esuli. In de- finitiva ha contribuito a “salvare” il Giorno del Ricordo, messo sotto attacco come mai prima d’ora. Il problema tuttavia po- trebbe riaffacciarsi se un domani qualcuno accusasse altri insigniti di non possedere i requisiti di legge. Sarà compito del Gruppo di lavoro vagliare attentamente tali casi, correg- gendo eventuali leggerezze compiute in passato.

Paolo Radivo

59° Raduno

degli Esuli da Pola:

Pola, 13-16 giugno 2015

Si svolgerà dal 13 al 16 giugno, con base all’Hotel Brio- ni di Pola, il 59° Raduno nazionale degli Esuli da Pola.

Questo il programma definitivo.

Sabato 13 giugno

Ore 17.00: arrivo dei radunisti e loro accoglienza; con- segna del pacchetto di “Benvenuto”.

Ore 19.30: dopo l’arrivo e la sistemazione, nella sala a vetri a lato dell’ingresso apertura ufficiale del Raduno con l’intervento del Sindaco, un brindisi e due ciacole.

Ore 20.00: cena; a seguire, tempo libero.

Ore 21.30: in saletta convegni dell’albergo, riunione della Giunta e del Consiglio comunale.

Domenica 14 giugno

Ore 08.00: partenza in pullman verso il centro di Pola.

A seguire tempo libero a disposizione.

Ore 11.30: Santa Messa in italiano nel Duomo di Pola.

Al termine, il Sindaco dell’LCPE consegnerà la beneme- renza Istria Terra amata al Coro “Lino Mariani”.

Ore 12.30: rientro in albergo.

Ore 13.00-14.30: pausa pranzo.

Ore 14.30: in sala convegni il Direttore del Museo Ar- cheologico dell’Istria prof. Darko Komšo illustrerà le atti- vità e i programmi del Museo. Interverranno poi: la dr.ssa Ðeni Gobić Bravar sullo stato di conservazione del Tem- pio di Augusto; la dr.ssa Ida Končani Uhač sulla scoperta delle navi “cucite” di Zambrattia e Pola; la dr.ssa Kristina Mihovilić sulla storia di Nesazio e degli scavi.

Ore 16.00: partenza in pullman per la visita a Nesazio, accompagnati dall’archeologa Kristina Mihovilić.

Ore 19.00-20.30: cena in hotel.

Ore 21.00: in sala convegni il Vicesindaco del Libero Comune di Pola in Esilio Tito Lucilio Sidari ricorderà il 100° anniversario dell’internamento forzato dei cittadini dell’Istria meridionale nei lager austro-ungarici.

Lunedì 15 giugno

Ore 08.30: partenza in pullman per Pisino. Questo il programma, d’intesa con la locale Comunità degli Italiani:

visita alla chiesa di Santa Maria delle Lastre, a Vermo;

incontro con il Sindaco di Pisino nella sede della CI; de- posizione di due corone: una presso la croce, purtroppo ancora anonima, che ricorda alcune vittime delle foibe del settembre-ottobre 1943, e una presso la lapide in me- moria delle vittime del rastrellamento nazista dell’ottobre

’43; pranzo al ristorante “Lovac”; visita al Museo Etnogra- fico dell’Istria, con l’esibizione del Coro della CI.

Ore 17: ripartenza per l’albergo.

Ore 19.00-20.30: cena in albergo.

Ore 21.00: trasferimento alla Comunità degli Italiani di Pola per la conferenza del prof. Ulderico Bernardi e la consegna delle benemerenza Istria Terra amata.

Martedì 16 giugno

Ore 09.00: in sala convegni Assemblea Generale dei Soci-abbonati con le relazioni del Sindaco e dei Revisori dei Conti, l’approvazione dei bilanci consuntivo 2014 e preventivo 2015 e il dibattito generale.

Ore 13.00-14.30: pranzo di commiato.

Ore 17.00: la parte ufficiale del Raduno si conclude, ma non tutti i radunisti ripartono; quindi per coloro che si trattengono sino al giorno successivo:

Ore 19.00-20.30: cena in albergo.

Ore 21.00: serata da impiegare a piacimento.

Mercoledì 17 giugno

Solo per coloro che ripartono con il pullman messo a disposizione dall’LCPE:

Ore 06.45: sistemazione in pullman per la partenza da Pola, con direzione Trieste e Padova.

Chi ha comunicato l’adesione e versato la caparra di € 100 entro il 10 maggio verserà il saldo a Pola in contanti.

Il capitano dei Bersaglieri di Salò Paride Mori.

Il Castello Montecuccoli di Pisino.

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2 RAPPORTI InTERnAZIOnALI

L’AREnA DI POLA n. 5 del 10 MAGGIO 2015

Il presidente Mattarella visita Slovenia e Croazia

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha com- piuto una visita di stato in Slovenia e Croazia. Nella mattinata del 22 aprile è giunto a Lubiana, dove è stato accolto dal suo omologo sloveno Borut Pahor nella Piazza del Congresso, presente un cospicuo pubblico con tante bandierine di plasti- ca slovene e italiane. Dopo i rispettivi inni nazionali, gli onori alla bandiera e il passaggio in rassegna del picchetto d’ono- re, Mattarella si è avvicinato ai numerosissimi alunni della Scuola elementare italiana “Dante Alighieri” di Isola e dell’Asi- lo “L’Aquilone”, già ricevuti da Pahor. Uno di loro, uscendo dalla fila, ha porto ai due presidenti un pacchetto bianco con dentro un ramoscello dell’ulivo piantato nel giardino davanti alla scuola isolana dai presidenti Oscar Luigi Scalfaro e Milan Kučan il 24 gennaio 1998 in segno di pace. Poco dopo i due capi di Stato hanno avuto nel palazzo presidenziale un cor- diale colloquio, poi allargato alle delegazioni ufficiali.

Tra Italia e Slovenia vicinanza e amicizia

Nel successivo punto stampa Pahor ha rimarcato la vici- nanza e l’amicizia tra i due paesi. «Speriamo – ha detto – che il vertice europeo straordinario decida che i migranti siano di- visi tra i vari Stati d’Europa, perché l’Italia sta facendo uno sforzo pesantissimo che noi comprendiamo e abbiamo com- preso già in passato quando abbiamo inviato la nostra unità navale “Triglav” nelle operazioni di Mare Nostrum». Secondo Pahor, sul piano bilaterale Italia e Slovenia non hanno che da intensificare la cooperazione. Già oggi l’Italia è il secondo paese europeo per interscambi e investimenti e il primo per turisti in visita. Pahor ha infine chiesto che Roma pubblicizzi il rapporto steso nel 2000 dalla Commissione storico-culturale italo-slovena sulle relazioni bilaterali dal 1880 al 1956 e che Mattarella riceva i rappresentanti della minoranza slovena in Italia riguardo alla nuova legge elettorale e a quella di riforma degli enti locali in Friuli Venezia Giulia.

«Abbiamo avuto – ha dichiarato Mattarella – un colloquio altamente costruttivo che ha fatto emergere quanto siano in- tensi i rapporti tra Slovenia e Italia. Ripeto le parole del presi- dente Pahor: due paesi vicini e amici, legati da una quantità di elementi nella storia di tanti secoli, ma proiettati nel futuro che abbiamo in comune. Questo si riverbera su tante cose, naturalmente, su azioni bilaterali, sui rapporti che abbiamo insieme in quest’area, nell’Unione Europea e nella comunità internazionale, a partire dal tema delle minoranze (che il pre- sidente ha ricordato e che anch’io condivido) che costituisco- no una ricchezza per i nostri due paesi. Incontrerò nelle prossime settimane, con molto piacere, i rappresentanti della minoranza slovena nel mio paese». «Abbiamo registrato – ha aggiunto Mattarella – una comunanza di vedute sulla re- sponsabilità che avvertiamo per la stabilizzazione e lo svilup- po della regione dei Balcani occidentali, anche con un’esi- genza nella comune visione europeistica che è duplice:

quella di rilanciare il processo di integrazione dell’Unione Eu- ropea e quella di rilanciare il processo di allargamento dell’Unione con le tappe necessarie nei Balcani occidentali».

Migranti: le responsabilità europee

Quanto ai naufragi dei migranti nel Canale di Sicilia, secon- do il presidente italiano l’Unione Europea è chiamata alle sue responsabilità «anzitutto perché nei luoghi dove si originano questi fenomeni migratori nati da disperazione, da guerre, da carestie, da persecuzioni si rimuovano queste condizioni; in secondo luogo perché si ponga fine allo sfruttamento ignobi- le di esseri umani che viene fatto dai trafficanti che spesso li conducono a morire nel Mediterraneo; in terzo luogo perché l’Europa si faccia carico, insieme alla comunità internaziona- le, della situazione drammatica in cui versa la Libia, aiutando la mediazione dell’ONU perché si trovi lì una soluzione che faccia uscire dalla guerra civile quel paese».

La collaborazione è intensa

«Abbiamo registrato – ha proseguito Mattarella – anche quanto sia intensa la collaborazione tra Slovenia e Italia. Lo è stata già sul piano di Mare Nostrum: la Slovenia è stato il pa- ese più sensibile nel farsi carico, insieme all’Italia, di questo drammatico problema. Vi è un’eccellente collaborazione in materia di difesa tra Slovenia e Italia, e abbiamo registrato una condivisione su tutti i problemi più rilevanti che abbiamo di fronte: quelli bilaterali, quelli dell’Unione Europea e quelli nell’area in cui operiamo, nell’Alto Adriatico, nell’intera Euro- pa e nell’intera comunità internazionale. Questa comunanza di vedute e questa condivisione di esigenze rafforza i rapporti tra Slovenia e Italia e consente di vedere il futuro dei nostri rapporti sempre più intenso, contrassegnato dall’amicizia».

Successivamente Mattarella e Pahor hanno visitato il pa- lazzo della Camera di Stato slovena, accolti dal presidente Milan Brglez. Quindi Mattarella si è recato nella residenza del primo ministro sloveno Miro Cerar per un colloquio.

Nel pomeriggio i due capi di Stato hanno visitato al Museo Civico la mostra archeologica Emona: una città dell’Impero, inerente la colonia romana di Julia Emona, sorta nel 14 a.C.

nel centro dell’attuale Lubiana e distrutta nel V secolo dalle invasioni barbariche. Promossa dal Museo Civico di Lubiana in collaborazione con i Musei Capitolini di Roma e il Museo Archeologico di Aquileia, con il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia e dell’Istituto Italiano di Cultura in Slovenia, l’esposi-

zione era stata inaugurata il 29 maggio 2014 e rimarrà aperta fino al 31 maggio. Vi si possono ammirare oltre mille reperti.

I due presidenti hanno quindi fatto una breve passeggiata nel centro storico di Lubiana, dove due scolaresche siciliane in gita, sorprese ed entusiaste, hanno acclamato Mattarella.

Mattarella incontra gli italiani di Slovenia

Il nostro capo dello Stato ha poi raggiunto la residenza dell’ambasciatore d’Italia a Lubiana Rossella Franchini She- rifis. Lì, affiancato dalla stessa, dal sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova, dalla presidente della Regione Au- tonoma Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani e dal con- sole generale a Capodistria Iva Palmieri, ha incontrato i rap- presentanti della Comunità nazionale italiana sottolineando- ne l’importantissimo ruolo, svolto con «dignità» e «coraggio»

in una situazione che un tempo era difficile ma che è miglio- rata e in futuro migliorerà ancor di più. A suo giudizio, la mino- ranza italiana in Slovenia e quella slovena in Italia sono una ricchezza e un’opportunità, non un problema, e il loro ruolo crescerà, vista la comunanza di vedute tra i due paesi.

Diritti poco tutelati

Il deputato italiano alla Camera di Stato Roberto Battelli ha ricordato la genesi della nostra minoranza a partire dall’eso- do e il suo travagliato percorso ai tempi del totalitarismo co- munista. «Avevamo – ha affermato – molte aspettative al momento della proclamazione dell’indipendenza della Slove- nia, ma con il passare degli anni ci sono state parecchie delu- sioni per la nostra realtà che non è conosciuta in Slovenia e i diritti che non vengono tutelati, anche se con il presidente Pahor si intravedono spiragli importanti di dialogo».

Il presidente della Comunità Autogestita della Nazionalità Italiana del Capodistriano (massimo organo di rappresentan- za istituzionale della nostra minoranza in Slovenia) Alberto Scheriani ha posto due temi vitali: quello delle scuole italiane, la cui normativa va rinnovata, e quello del bilinguismo, previ- sto dalla legge in una sottile fascia costiera dell’Istria slovena ma non sempre coerentemente applicato.

Il presidente della Giunta esecutiva dell’Unione Italiana Maurizio Tremul ha ringraziato lo Stato italiano e le Regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto per quanto hanno fatto e stan- no facendo in favore della minoranza, che negli ultimi 25 anni è cresciuta e si è emancipata investendo anche nella coope- razione europea grazie a vari progetti. Urgente è il rifinanzia- mento, quest’anno in scadenza, della legge 73/2001 che so- stiene le attività dei connazionali in Slovenia e Croazia.

Al termine Tremul ho consegnato al presidente un prome- moria e tre pubblicazioni frutto dei progetti europei: Storia e antologia della letteratura italiana di Capodistria, Isola e Pira- no, Conoscere.it e Minoranze e media negli Stati dell’Adriati- co: linee guida per favorire servizi informativi equi e corretti, insieme ai prodotti di una campagna pubblicitaria contro l’in- tolleranza e la discriminazione. «Esprimo a voi – ha concluso Mattarella – i ringraziamenti di tutti gli italiani per quello che fate. C’è grande rispetto per la vostra storia».

In serata il presidente è giunto al Castello di Brdo, dove con Borut Pahor ha assistito a un breve concerto del Gruppo di Chitarre e Canto della Comunità degli Italiani “Pasquale Besenghi degli Ughi” di Isola. A seguire la cena di gala.

Migranti: la Croazia offre un guardiacoste

L’indomani mattina a Zagabria Mattarella è stato accolto nella sede del Governo dal premier croato Zoran Milanović. Il colloquio, prima a due, si è poi esteso alle rispettive delega- zioni. E’ stato constatato che le relazioni bilaterali sono otti- me, ma che si può ancora incrementare la cooperazione economica. Si è registrato pieno accordo sulla necessità di continuare il processo di rafforzamento dell’Unione Europea e di favore l’ingresso di Albania, Montenegro, Serbia, Mace- donia e Bosnia-Erzegovina. Il Governo di Zagabria si è detto disponibile a mettere a disposizione dal 10 maggio il guardia- coste “Andrija Mohorovičić” per le operazioni di salvataggio dei migranti nel Mediterraneo, essendo consapevole che questo non può essere un problema della sola Italia.

Mattarella ha poi visitato la cattedrale di Zagabria. Quindi è stato accolto nel cortile del Pantovčak dalla presidente della Repubblica Kolinda Grabar Kitarović con gli onori militari e gli inni nazionali. Nel palazzo presidenziale è seguito un collo- quio prima a due e poi allargato alle delegazioni ufficiali.

Italia-Croazia: rapporti ottimi

«I nostri rapporti – ha esordito la presidente nel successivo punto stampa – sono veramente molto buoni, ottimi in tutti gli aspetti. Il fenomeno migratorio è un problema comune dell’Unione Europea che investe direttamente il concetto di solidarietà, che è alla base dell’integrazione continentale e richiede una presa di posizione comune. In quest’ottica, la Croazia darà un aiuto concreto inviando a maggio in Italia una sua nave da utilizzare nella lotta al contrasto del fenome- no. Le modalità di soluzione del problema però non possono prescindere dall’intervento nei paesi di origine e in particolare in Libia. Serve la sincronizzazione delle politiche volte a por- re fine alle catastrofi umane e umanitarie».

Allargare l’UE all’Europa sud-orientale

Sulle questioni bilaterali ancora aperte la Grabar Kitarović si è detta «certa che i nostri Governi avranno la forza di indi- viduare le soluzioni giuste per superarle». «Lo sguardo – ha evidenziato – è comunque rivolto al futuro dei rapporti, che vedono numerosi interessi comuni legati al futuro dell’Unione Europea, il cui allargamento è necessario perché la rafforza.

In particolare serve un’accelerazione riguardo ai percorsi dei paesi dell’Europa sud-orientale. Questi paesi devono soddi- sfare i criteri posti da Bruxelles e il loro cammino di adesione deve rispecchiare i successi conseguiti. Contestualmente Bruxelles deve dare loro un messaggio forte di sostegno».

Le imprese italiane investano in Croazia

La presidente ha osservato inoltre che «l’Italia è il primo partner della Croazia quanto a interscambio». Ci sono però

«ampi margini di miglioramento, spazi che ci consentirebbe- ro di fare meglio in tema di investimenti diretti, ma anche per impostare un’azione comune, soprattutto nei Paesi dell’Euro- pa sudorientale». «Partnership – ha specificato – sono possi- bili nei settori dell’energia, delle infrastrutture, dell’industria del legno, in quella alimentare e nel settore agricolo».

«La comunità italiana in Croazia – ha detto infine la Grabar Kitarović – gode di altissimi standard di riconoscimento ed è

anche rappresentata da un deputato al Parlamento di Zaga- bria. E sono certa che i diritti della minoranza croata in Molise siano ottimamente tutelati».

Minoranze: una ricchezza e una opportunità

«Abbiamo avuto – ha reso noto Mattarella – uno scambio di idee non soltanto amichevole, come amichevoli sono i rap- porti tra Croazia e Italia, ma anche di piena sintonia sui vari argomenti che vi sono sull’agenda internazionale e che ab- biamo sul piano bilaterale e nell’Unione Europea. Abbiamo rapporti eccellenti, di due paesi che sono amici realmente.

L’Italia ha salutato come un successo l’ingresso della Croa- zia nell’Unione Europea perché questo consente la creazio- ne di un nuovo centro di gravità nell’Unione, il nuovo punto di equilibrio che in quest’area può avere direttrici politiche, eco- nomiche e commerciali che muovono dalla Mitteleuropa, dall’Europa centro-orientale e dall’area dei Balcani. Il nuovo centro di gravità crea anche un equilibrio più completo nella vita dell’Unione Europea. Naturalmente occorre che questo abbia poi degli sviluppi ulteriori nell’allargamento dell’Unione ad altri paesi, e questa è una convinzione che Croazia e Italia condividono, così come abbiamo condiviso la valutazione che le rispettive minoranze, quella italiana in Croazia e quella croata in Italia, costituiscono una opportunità, un arricchi- mento per i due Paesi da tenere in grande considerazione».

«La Croazia e l’Italia – ha proseguito Matta- rella – sono paesi del Mediterraneo e questi due paesi, come l’intera Unione Europea e co- me qualunque altro pa- ese, non possono ac- cettare l’idea che il Me- diterraneo divenga un grande cimitero dove sono sepolte persone che cercavano una vita migliore. Abbiamo con- diviso che occorre inter- venire alle origini dei fe- nomeni migratori per- ché vengano risolti i problemi drammatici di carestie, di persecuzio- ni e di guerre che pro- vocano i flussi migratori poi sfruttati dai traffi- canti di esseri umani, che vanno contrastati con tutta la forza e il vi- gore possibile, perché le speranze di queste

persone non divengano fonte di arricchimento per organizza- zioni criminali». «Abbiamo registrato con la presidente – ha concluso Mattarella – una perfetta coincidenza di vedute e questo rafforza la convinzione che possiamo insieme svolge- re nell’Unione Europea un grande lavoro comune».

Minoranza italiana avanguardia dei buoni rapporti Nel pomeriggio, dopo il pranzo di gala offertogli dalla sua omologa, il presidente italiano ha inaugurato la targa sulla facciata ristrutturata dell’Ambasciata d’Italia. All’interno della sede ha poi incontrato i rappresentanti della Comunità nazio- nale italiana in Croazia, insieme al sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova, all’ambasciatore Emanuela D’Ales- sandro e al console generale a Fiume Renato Cianfarani.

«L’Italia vi sostiene, ma il merito è vostro» ha dichiarato Mattarella, esprimendo «il rispetto per il percorso fatto». «Voi oggi – ha argomentato – siete l’avanguardia dei buoni rap- porti tra i nostri due Paesi. Dall’ulteriore rafforzamento di questi rapporti scaturiranno vantaggi e positività anche per la comunità italiana, e questo va inteso come un “premio” per il coraggio dimostrato con la scelta di restare». Ma altrettanto coraggio – ha aggiunto – servì a chi percorse la strada dell’esodo, abbandonando tutto.

nel 2017 all’Arena una manifestazione sull’esodo

«Tra due anni – ha annunciato Furio Radin, presidente dell’Unione Italiana e deputato al Sabor – ricorderemo con una grande manifestazione il 70º anniversario dell’inizio di quell’esodo che ha sconvolto etnicamente l’Istria, Fiume e la Dalmazia. Lo faremo a Pola, in quell’Anfiteatro romano da- vanti al quale tanta povera brava gente si raccoglieva per imbarcarsi su quel piroscafo “Toscana” che ha frantumato la nostra comunità. Tutti noi rimasti abbiamo avuto le famiglie sconvolte dall’esodo. La invitiamo a questo evento che orga- nizzeremo con le associazioni degli esuli e con le autorità lo- cali. Vorremmo averla con noi per ricordare questi profughi che abbandonavano le proprie terre perché non avevano la forza di rimanere, come quelli che restavano perché non ave- vano la forza di abbandonarle. Oggi questa sarebbe definita una tragedia umanitaria. La prego di onorarci della sua pre- senza e di rimarcare che l’Italia ricorda la nostra storia e con- ta su di noi nel futuro». «E’ mio desiderio – gli ha risposto Mattarella – venire a incontrarvi nei luoghi in cui la presenza della Comunità è più forte, dove avete costruito una rete di Comunità degli Italiani e dove operano le scuole e le istituzio- ni. E’ difficile pianificare da qui a due anni, ma avere ulteriori incontri con voi è un mio desiderio».

Il presidente dell’Assemblea dell’UI Roberto Palisca ha espresso l’attaccamento alle radici, il senso di appartenenza e la volontà di mantenere vive identità, lingua e cultura italia- ne riscontrabili fra i nostri connazionali.

L’ambasciatore D’Alessandro ha esposto a Mattarella la rete di istituzioni della minoranza italiana sul territorio. Per preservarla Radin ha auspicato che continui «la solidarietà dell’Italia». «Quella culturale, politica ed economica – ha rile- vato – è essenziale per la sicurezza della nostra comunità.

Noi ricambiamo l’affetto mettendo tutte le nostre risorse al servizio dei rapporti economici, culturali e di ogni altro tipo tra l’Italia, la Croazia e la Slovenia e con gli altri Paesi dell’area».

Il presidente si è congedato dai connazionali dicendo:

«Grazie per tutto quello che fate. Sono stato a Pola molti anni fa, nel 1971. Mi piacerebbe tornarci. Ci rivedremo».

Borut Pahor Sergio Mattarella con gli alunni di Isola.

Sergio Mattarella e Kolinda Grabar Kitarović.

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L’AREnA DI POLA n. 5 del 10 MAGGIO 2015

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L’Unione degli Istriani chiede chiarezza a Lubiana Il 9 aprile l’Unione degli Istriani ha annunciato per l’indoma- ni un’assemblea pubblica nella Sala Maggiore di Palazzo To- nello a Trieste «per fare luce e soprattutto chiarezza sulla si- nistra vicenda che da un anno quasi ha visto coinvolti gli Esuli provenienti dai comuni italiani oggi sotto sovranità slo- vena, i quali ricevono una sorta di indennizzi dallo Stato slo- veno per aver vissuto il dramma dei campi profughi in Italia dopo l’abbandono delle loro case e terre in Istria». «Si tratta – diceva il presidente Massimiliano Lacota – di una vicenda che ha dell’incredibile e che va necessariamente chiarita da parte delle autorità slovene affinché vi sia certezza sull’entità dei risarcimenti ed a che titolo questi vengono erogati».

Il 10 aprile “Il Piccolo” titolava a tutta pagina: Il “giallo” dei rimborsi agli esuli. Avvocati sloveni sotto accusa. Hanno in- nescato una baraonda garantendo risarcimenti ai sensi di una legge della vicina Repubblica. Ma Lubiana nega e mi- naccia di chiedere indietro i soldi. A farne le spese almeno 1.500 istriani. L’articolo esponeva la vicenda riassumendo quanto Lacota avrebbe poi spiegato con mag-

giori dettagli in assemblea, ovvero di aver rice- vuto circa un anno e mezzo fa tre esuli dal Ca- podistriano i quali avevano presentato doman- da al Governo sloveno in base ad una legge di quel paese che garantiva indennizzi anche agli italiani che avessero soggiornato nei campi profughi. Nessuno però aveva copia dei moduli in sloveno firmati. A compilarli era stata in un bar di Trieste una signora di Capodistria, la quale aveva pregato di non divulgare la notizia poiché i soldi a disposizione erano pochi e me- no gente ne era a conoscenza più i richiedenti avrebbero potuto ottenere. Bisognava inoltre allegare un certificato di nascita, uno storico di residenza e uno attestante la permanenza in un campo profughi. I soldi a questi tre esuli era- no arrivati già dopo tre mesi: anche 3-4.000 euro a persona, parenti compresi.

Lacota sporge denuncia

Allora Lacota chiese lumi all’ambasciatore d’Italia a Lubia- na, al Consolato Generale di Slovenia a Trieste e al Ministero della Giustizia sloveno, senza però ottenere risposte soddi- sfacenti. Da una sua indagine emerse che esisterebbe una

“Legge per la riparazione dei torti”, emanata nel 1997 e più volte modificata (l’ultima con la legge 70 del 2005), la quale garantirebbe un risarcimento e una pensione agli «ex prigio- nieri politici», ovvero a quanti subirono angherie (anche psi- cologiche) dal regime comunista jugoslavo tra il 15 maggio 1945 e il 2 luglio 1990, ma solo se cittadini sloveni residenti in Slovenia. Una Commissione di nomina governativa compo- sta da 12 membri vaglia le richieste e quantifica il danno subi- to in base alla documentazione prodotta. Le sue decisioni sono inappellabili. Visto che però tra i 1.000 e i 1.500 esuli avrebbero ricevuto tale indennizzo dopo essersi rivolti a studi legali di Capodistria, Postumia o Nova Gorica, il 3 settembre 2014 Lacota ha sporto denuncia alla Digos e alla Procura della Repubblica di Trieste contro ignoti per truffa, rivolgen- dosi pure alla Polizia slovena. A titolo sperimentale, tra no- vembre e febbraio cinque suoi soci hanno fatto richiesta al Ministero della Giustizia, il quale ha respinto tutte e cinque le istanze per mancanza dei requisiti, accogliendo però entro 60 giorni quelle presentate da tre soci tramite uno studio le- gale sloveno, riguardanti anche il padre, la madre e i nonni.

Ritorsioni slovene?

Lacota ha raccontato che il direttore generale del Ministero Andreja Lang avrebbe scritto in una lettera dell’11 marzo 2015, rispondendo in inglese a un esule richiedente l’inden- nizzo, che «nessuna legge simile è stata resa esecutiva dall’Assemblea nazionale della Repubblica e una simile leg- ge non è nemmeno in procinto di essere adottata». Lacota ha inoltre reso noto che lo stesso Ministero ha annunciato di vo- ler denunciare per falsa testimonianza e truffa ai danni dello Stato i cittadini italiani che avessero percepito indebitamente l’indennizzo. «Sarebbe un insulto ulteriore – ha commentato il presidente – far ricadere le responsabilità degli avvocati sloveni su queste persone raggirate, imprudenti ma in buona fede. In ogni caso noi le tuteleremo e dovrebbe farlo anche lo Stato italiano: se infatti avesse pagato gli indennizzi per i beni abbandonati, costoro non si sarebbero rivolti alla Slovenia.

Entro 20 giorni vogliamo sapere da Lubiana se la legge vale anche per i non sloveni, magari in base a una norma del re- golamento attuativo gestito dalla Commissione. In tal caso siamo pronti a presentare 23.000 domande, riconoscendo che la Slovenia è più democratica dell’Italia. Se invece non riceveremo risposta, valuteremo azioni legali contro il Mini- stero della Giustizia. Intanto chiediamo di non presentare nuove domande e, a chi ha ricevuto i soldi, di non spenderli».

Dal pubblico è stato avanzato il sospetto che o questi studi legali sloveni intrallazzino con la Commissione o che le auto- certificazioni allegate attestino falsamente la cittadinanza e la residenza slovene. Una signora esule dal Capodistriano ha raccontato che una donna delle pulizie slovena operante a Trieste ha fatto da intermediaria tra sua sorella e uno studio legale di Capodistria riuscendo a farle avere dalla Commis- sione una cospicua somma per i genitori e un fratello esuli.

Il 17 aprile il Ministero della Giustizia sloveno ha reso noto in un comunicato stampa che la legge in questione prevede indennizzi «per tutti i soggetti o i familiari di chi ha subito ille- gittime esecuzioni dopo la fine della guerra o condanne in processi penali, politici o amministrativi nel periodo 1945-

’90». «La Commissione – informava la nota – ha già trattato alcune pratiche degli optanti, rigettando le richieste in quanto si trattava di situazioni già regolarizzate con il Trattato di Pa- ce di Parigi del ’47. Non risultano sentenze emesse da tribu- nali sloveni in base a qualche nuova legge che definirebbe risarcimenti agli optanti per violenza comunista».

Lacota ha però fatto sapere che gli studi legali sloveni con- tinuano a presentare domande per conto di soci dell’Unione degli Istriani anche dopo lo scandalo scoppiato sui media.

Digos e Polizia slovena indagano

Il 19 aprile “Il Piccolo” ha scritto che la Digos aveva interro- gato diversi esuli richiedenti l’indennizzo. I beneficiari sareb- bero tra i 1.500 e i 1.800, per un totale di circa 700mila euro.

Il 20 aprile il quotidiano titolava: Giallo internazionale dei rimborsi agli esuli. Diplomazie in scacco. L’ambasciata italia- na e quella slovena nell’imbarazzo a pochi giorni dalla visita di Mattarella a Lubiana. L’articolo riferiva che le autorità sia italiane sia slovene stavano seguendo la vicenda ma, nell’im- minenza della visita del presidente Mattarella a Lubiana, non intendevano rilasciare dichiarazioni. Esortavano però ad evi- tare «pericolose polemiche» e a «non riproporre fantasmi del passato». Un altro articolo informava che a guidare le indagi- ni sarebbe la Polizia slovena e citava il caso degli eredi fino al secondo grado di una signora, nata a Isola nel 1884, vissuta nel campo profughi di San Sabba a Trieste e deceduta nel 1964, che hanno percepito un indennizzo di 7.302 euro.

Il 21 aprile “Il Piccolo” riportava che le autorità slovene,

«oltre a domandare la restituzione dei soldi erogati, potreb-

bero presto avviare una causa legale per reati riconducibili alla truffa e al falso in atto pubblico». «Scatterebbe così – proseguiva – un maxiprocesso con inevitabili strascichi politi- ci». Dopo di allora non sono più uscite notizie sul caso.

«Sono ammessi i cittadini italiani non optanti»

Intanto però Federica Cocolo Relli, vice-presidente dell’As- sociazione Nazionale contro gli Abusi e i Soprusi e socia atti- va del Comitato ANVGD di Trieste, ci ha riferito di aver aiuta- to nel corso dell’ultimo anno, grazie alla consulenza di una sua amica di madrelingua slovena, circa 400 esuli istriani cit- tadini italiani residenti in Italia a presentare richiesta di inden- nizzo al Ministero della Giustizia secondo la legge slovena.

Circa metà di essi hanno ottenuto risposta positiva, mentre un’altra metà è ancora in attesa di risposta.

«Questa vicenda – asserisce Federica Cocolo Relli – è stata confusa con quella dei beni abbandonati. Inoltre l’ultima legge di modifica dell’iniziale Legge dei torti non è la 70/2005:

quello è il numero della Gazzetta Ufficiale slovena del 26 lu- glio 2005 su cui è pubblicata. Da ciò gli equivoci. La Legge dei torti include anche i profughi scappati via per motivi politi- ci, ovunque residenti, a condizione che non abbiano mai op- tato per la cittadinanza italiana tra il 9 maggio 1945 e il 25 giugno 1990 e abbiano soggiornato per un periodo in un campo profughi. Gli stranieri dunque non sono esclusi a prio- ri. Ecco perché tanti italiani hanno ricevuto l’indennizzo. E’

tutto lecito. La Slovenia risarcisce 146 euro per ogni mese di campo profughi fino a non oltre 8.300 euro, più i contributi per la pensione valutati per due mensilità riconosciuti a chi non ha potuto lavorare quando era in campo profughi. Rientrano

fra i beneficiari anche i figli di profughi nati in Italia che abbia- no vissuto dopo la nascita assieme ai genitori nei campi. Le domande si presentano semplicemente tramite raccomanda- ta, allegando il codice fiscale, la carta d’identità, il certificato di residenza storico, il certificato di nascita... Altrimenti ci si può recare al Ministero, dove al secondo piano alcuni impie- gati aiutano a compilare le domande. Prima ci si può anche rivolgere all’Archivio di Stato di Capodistria, dove si trovano le date delle persone uscite dalla Jugoslavia con la relativa motivazione. La Commissione controlla tutto. Uno o due anni dopo dà la risposta. Nel caso manchi qualche documento, chiede di allegarlo entro 20 giorni. Se accoglie la domanda, specifica il periodo per il quale ha riconosciuto il torto. Inoltre chiede al beneficiario una firma per ricevuta da inviare sem- pre tramite raccomandata. Poi la Banca Statale slovena spe- disce una lettera che dice a quanto ammonta l’indennizzo, e dopo due mesi arriva la somma sul conto corrente bancario».

In effetti gli abitanti dell’incompiuto Territorio Libero di Trie- ste, diversamente da quelli dei territori ceduti alla Jugoslavia

con il Trattato di pace, non poterono mai eserci- tare la facoltà di opzione per la cittadinanza ita- liana. Dopo il ritorno di Trieste all’Italia, il 26 ot- tobre 1954, l’Italia considerò automaticamente come cittadini italiani i profughi dalla Zona B e dai colli di Muggia, mentre la Jugoslavia consi- derò i rimasti come cittadini jugoslavi.

«Ma una signora sta speculando»

«Fino al 2011 – aggiunge Federica Cocolo Relli – anche la Croazia aveva una sua legge per erogare questi indennizzi. E lo ha fatto fin- ché non ha finito i soldi a disposizione. Ma tutto era sotto silenzio». Vero è che qualcuno a Trie- ste sta speculando sulle domande. «Una fami- glia di qui – racconta – si fa pagare un sacco di soldi. Una vecchietta manda bigliettini alla gen- te. Gli interessati vanno nei centri civici e chie- dono le carte da cui si evince l’arrivo a Trieste e la permanenza in un campo profughi. Poi, igna- ri di dove vadano queste carte, le danno al figlio della signo- ra, che le porta da un legale a Capodistria. Su un risarcimen- to di 8mila euro se ne sono presi 3mila loro!».

La legge è del 25 ottobre 1996

Cercando su internet si scopre che la “Legge sulla ripara- zione dei torti” risale al 25 ottobre 1996 e che fino al 2005 ha subito ben 7 modifiche. Consta di 38 articoli.

L’art. 1, primo comma recita (la traduzione è nostra): «La presente legge disciplina il diritto all’indennizzo e il diritto alla pensione e all’assicurazione di invalidità per gli ex prigionieri politici e parenti delle vittime della privazione illegale della vi- ta nel dopoguerra, la procedura per l’esercizio di tali diritti e gli organi deputati a decidere su tali diritti».

L’art. 2, primo comma specifica: «Ex prigionieri politici so- no, in base alla presente legge, tutte le persone che nel pe- riodo dal 15.05.1945 al 02.07.1990 furono condannate, nel territorio dell’attuale Repubblica di Slovenia, ingiustificabil- mente e in contrasto con i principi e le leggi dello stato di dirit- to, per ragioni di classe, politiche o ideologiche in un proces- so penale alla pena della privazione della libertà o furono pri- vate della libertà durante tale processo ai sensi delle disposi- zioni di cui all’art. 3 della presente legge o di altre disposizio- ni, se della legge si abusò nel modo sopra descritto».

L’art. 2, secondo comma aggiunge: «Le vittime della priva- zione illegale della vita nel dopoguerra, ai sensi della presen- te legge, sono tutte le persone soggette alla condizioni di cui al paragrafo precedente condannate a morte e per le quali la pena di morte fu eseguita».

Una formulazione sibillina

Dunque non si dice mai esplicitamente che i beneficiari so- no solo cittadini sloveni residenti in Slovenia. L’art. 2, terzo comma stabilisce però: «Fatte salve le condizioni di cui al primo comma del presente articolo, ex prigionieri politici ov- vero vittime della privazione illegale della vita nel dopoguerra sono anche le persone che furono condannate da un tribuna- le di altre Repubbliche o della ex Federazione jugoslava, se tali persone o, nel caso delle vittime della privazione illegale della vita nel dopoguerra di cui al quarto comma del presente articolo, loro familiari al momento della promulgazione della presente Legge hanno la residenza permanente nel territorio dell’attuale Repubblica di Slovenia e sono cittadini sloveni».

Tale formulazione suona sibillina. Ne dovremmo forse dedur- re che, per analogia, i profughi dal Capodistriano privi della cittadinanza e della residenza slovene non potrebbero bene- ficiare della legge? In tal caso resterebbe da capire perché la Commissione abbia detto sì a tanti cittadini italiani residenti in Italia. Che sia proprio per la loro mancata opzione?

Sul modulo si indicano residenza e cittadinanza Certo è che nel modulo di 5 pagine scaricabile dal sito del Ministero chi desidera vedere riconosciuto a sé e/o al proprio parente defunto lo status di “ex prigioniero politico” deve indi- care alla Commissione anche il proprio indirizzo (da cui si ri- cava la residenza) e la propria cittadinanza. Pertanto delle due l’una: o anche i cittadini italiani residenti in Italia possono effettivamente avvalersi della legge a determinate condizioni o chi fra loro si è visto riconoscere l’indennizzo aveva dichia- rato di risiedere in Slovenia e di essere cittadino sloveno.

Quanto ai rimanenti articoli, il terzo specifica che la qualifi- ca di “ex prigioniero politico” spetta anche alle persone arre- state in base ad alcune leggi di epoca jugoslava, tra cui quel- le sui «crimini contro il popolo e lo stato», sul commercio ille- gale, la speculazione e il sabotaggio economico, sui crimini contro i beni del popolo o delle cooperative, sui crimini militari e sulle cooperative agricole. Gli articoli dal 5 all’8 riguardano l’indennizzo. L’art. 9 la Commissione, nominata dal Governo e composta da un presidente, un vice-presidente ed almeno 7 membri. Gli articoli dal 10 al 16 la procedura. Quelli dal 17 al 20 la decisione. Il 21 la revisione. Quelli dal 22 al 25 la pro- cedura di revisione. Quelli dal 26 al 31 la decisione di revisio- ne. Quelli dal 32 al 34 il reclamo sulla revisione. Il 35 la richie- sta di revisione. Quelli 36 al 38 le norme finali.

LEGGE SULLA RIPARAZIOnE DEI TORTI

Indennizzi sloveni alle vittime del comunismo:

anche 1.500 esuli istriani ne avrebbero beneficiato

Esuli al Quirinale

In vista del viaggio di stato del presidente della Repub- blica Sergio Mattarella il 22 e 23 aprile in Slovenia e Cro- azia, Simone Guerrini, direttore dell’Ufficio di Segreteria del Presidente, Antonio Zanardi Landi, consigliere diplo- matico, Francesco Di Nitto, consigliere diplomatico ag- giunto, e Francesco Saverio De Luigi, ministro plenipo- tenziario della Direzione Generale per l’Unione Europea del Ministero degli Affari Esteri, hanno avuto un cordiale e costruttivo incontro al Quirinale venerdì 17 aprile con An- tonio Ballarin e Lucio Toth, rispettivamente presidente e vicepresidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati, Giuseppe de Vergottini, presidente di Coordinamento Adriatico, e Massimiliano Lacota, presidente dell’Unione degli Istriani.

I rappresentanti dei sodalizi della diaspora hanno con- segnato il documento attualmente in discussione al Tavo- lo di concertazione con il Governo, dove vengono illustra- te le tematiche attinenti i diritti degli esuli a lungo disattesi e le proposte per la loro definitiva risoluzione: l’Accordo di Roma del 1983; gli indennizzi relativi ai beni “abbando- nati”; l’attuazione della Legge 191/2009; la scuola e l’istruzione in merito al Giorno del Ricordo; i problemi anagrafici degli esuli; la cittadinanza italiana dei discen- denti dei cittadini italiani residenti nell’ex-Jugoslavia; la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla città di Zara; le ono- ranze ai caduti ed i sacrari di guerra italiani in Istria, Quarnero e Dalmazia; i contributi previdenziali INPS per i deportati in Jugoslavia; l’importanza della presenza dei consolati italiani in Slovenia e Croazia; la proroga dei ter- mini delle domande per l’assegnazione delle onorificen- ze ai familiari degli infoibati. Nel sottolineare l’importanza dei futuri incontri con i presidenti di Slovenia e Croazia al fine di continuare l’opera di ricostruzione di un rapporto positivo con tali Paesi, in continuazione con l’opera ini- ziata dall’ex presidente Giorgio Napolitano, sono stati approfonditi gli argomenti sottolineati dal mondo dell’eso- do e di più specifico interesse nella visita. Lacota ha inol- tre sollevato la questione della “Legge dei torti” slovena.

Trieste, 10 aprile: l’affollata assemblea pubblica nella sede dell’Unione degli Istriani (foto di Franco Viezzoli).

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4 FEDE & ADRIATICO ORIENTALE FEDE & ADRIATICO ORIENTALE

L’AREnA DI POLA n. 5 del 10 MAGGIO 2015

Pietro Grasso: «Una memoria da coltivare tutto l’anno»

Esposta a Casa Betania di Pordenone un’immagine

del ven. Egidio Bullesi

Casa Betania è un’istituzione di Pordenone fondata da sa- cerdoti esuli dalle isole di Cherso e Lussino che appartenne- ro alla provincia italiana di Pola. Accoglie «preti e persone sole animate dalla fede», come si legge su una lapide alle pareti della cappella della casa, dove in bella cornice sono elencati pure i sacerdoti venuti da Istria, Fiume e Dalmazia e accolti con l’esodo nella diocesi di Concordia-Pordenone. Tra questi – come sappiamo dal recente studio da noi pubblicato sulla famiglia Bullesi – due fratelli di Egidio, don Eugenio e don Oliviero (con i loro genitori): ragion per cui Pordenone si è distinta in questi anni per zelo e attività nella promozione della causa del “venerabile giovane” (ricordiamo le parroc- chie di Ramuscello e Vito d’Asio!).

E proprio Casa Betania è stata e continua ad essere un prezioso punto d’appoggio in tale senso: monsignor Domeni- co Corelli, chersino, a lungo padre spirituale del Seminario di Pordenone e curatore anche di anime laicali con l’Apostolato della Preghiera, per anni riservò a Egidio una paginetta fissa del periodico mensile “Sacerdozio Regale” da lui fondato nel 1954; monsignor Cornelio Stefani, lussignano, ha messo poi a disposizione spazi della casa per l’animazione dei santi lo- cali e ultimamente ha fatto della cappella un “memoriale”

della fede del popolo esule, circondandola delle immagini di santi emblematici della tragedia da esso vissuta subito dopo la seconda guerra mondiale.

queste righe preludono. Egidio scrive (a padre Tito Casta- gna, francescano): «Ho impegnato tutte le mie forze per amare sempre più il Signore; ho corrisposto alle Sue grazie nel modo più assoluto; ho resistito fortemente e completa- mente a tutte le tentazioni ed insidie. Da questo un progredi- mento meraviglioso nella virtù, una formazione del carattere e dello spirito alla vera vita cristiana, una fede ed un fervore sempre crescente, una confidenza sconfinata fino all’abban- dono completo alla volontà del Signore, una vita interiore vissuta nell’amore ardente a Gesù Cristo ed un amore tenero e filiale alla Madonna; un animo tutto disposto all’apostolato»

(10 luglio 1926).

Egidio – possiamo ben dirlo – ha “dipinto”, con le espres- sioni citate, il consacrato a Dio che papa Francesco invita a considerare di più in quest’anno di attenzione verso i carismi a mezzo dei quali tanti religiosi e religiose (frati, suore…) hanno “lavorato” e “lavorano” per il bene della Chiesa e dell’umanità.

Sull’isola di Barbana, custodi diuturni del santuario della Madonna della laguna di Grado sono i frati minori di San Francesco, un tempo e ancora oggi molto presenti a Pola e in Istria e molto amati dalle nostre genti.

Il ricordo del cuore pieno di fede e amore alla vita france- scana del venerabile terziario Egidio (egli fu tra i fondatori del circolo aspiranti di Azione Cattolica a Pola e il più giovane ad aderire nel 1920 al Terz’Ordine in città, sempre sostenuto dall’allora don Antonio Santin) si è mescolato dunque quest’anno all’ammirazione per quanti hanno seguito il Pove- rello e lo stanno amando nel “ritiro” di Barbana. Qui i frati ac- colgono i tanti pellegrini della Madonna, che lasciano però anche significativi messaggi scritti di fede e devozione pres- so la cappella che conserva i resti del Nostro: interi volumi di preghiere spontanee sono a testimoniarlo. (W.A.)

Dignano rende omaggio a mons. Giuseppe Del Ton

Sabato 11 aprile Dignano ha reso solennemente omaggio a un suo figlio illustre: monsignor Giuseppe Del Ton. Nato in quella località dell’Istria meridionale oggi croata il 29 giugno 1900, studiò a Roma presso il Pontificio Seminario Romano Maggiore. Fu ordinato sacerdote nel 1924 e, dopo un periodo nel duomo di Dignano, nominato segretario del vescovo della diocesi di Parenzo-Pola e professore di lingue classiche nel Seminario di Parenzo. Nel 1932 fu chiamato in Vaticano al Segretariato statale della Santa Sede quale segretario delle Lettere latine dei Sommi Pontefici. Da allora controllò tutti i documenti ufficiali più importanti in latino. Fu al servizio di sei pontefici, da Pio XII a Giovanni Paolo II. Paolo VI lo nominò protonotario apostolico. Insegnò alla Pontificia Università La- teranense e all’Istituto Patristico Augustinianum. Morì il 1°

marzo 1997 a Roma. Nella sua lunga vita scrisse poesie in latino (alcune delle quali dedicate all’Istria) e greco antico, nonché saggi, e tradusse le opere di alcuni Padri della Chie- sa. Profondamente religioso e caritatevole, aveva una vene- razione particolare per Gesù, la Madonna e gli angeli. Pur lontano materialmente, rimase sempre intimamente legato al suo caro borgo natio.

La mattina dell’11 aprile il vescovo di Pa- renzo-Pola Dražen Kutleša ha celebrato in suo onore una messa nel duomo di Dignano gremito di fedeli e auto- rità ecclesiastiche e ci- vili. La corale della Co- munità degli Italiani, di- retta da Orietta Šverko, ha intercalato la ceri- monia eseguendo canti gregoriani in latino e in- ni liturgici tradizionali. Il parroco mons. Marjan Jelenić ha letto una biografia di mons. Del Ton come teologo, poli- glotta, filosofo, sacer- dote, docente, poeta e mistico.

Dopo la funzione, dalla chiesa di San Bia- gio una processione si è diretta verso il vicino parco per lo scopri- mento della statua

bronzea, opera dell’artista albonese Mate Čvrljak.

Durante i discorsi ufficiali, Anton Kliman, in rappresentanza della comunità parrocchiale, ha dichiarato che il monumento a mons. Del Ton vuole essere anche un omaggio simbolico a tutti i sacerdoti che con abnegazione e umiltà hanno prestato servizio nel duomo dignanese.

Livio Belci, presidente della locale Comunità degli Italiani, ha espresso gratitudine al concittadino che promosse la fede e il nome di Dignano nel mondo.

Il sindaco Klaudio Vitasović ha descritto mons. Del Ton co- me un uomo che visse una vita piena, che portò Dignano sempre nel cuore e che «non perse mai la sua umiltà, nono- stante dominasse il latino con l’abilità di un artista e fosse un rinomato esperto di lettere classiche». La statua dedicatagli vuole essere un doveroso omaggio perenne a un uomo che fece onore a Dignano e si dedicò per primo con sensibilità sia scientifica sia spirituale ai Corpi Santi, custoditi nel duomo da quasi due secoli. Vitasović ha ricordato il primo convegno in- ternazionale su Del Ton promosso 15 anni fa dalla locale Co- munità degli Italiani con la partecipazione di studiosi, storici ed esperti anche dall’Italia e dal Vaticano. Allora venne posta una targa memoriale sulla sua casa natale. Anche grazie a questo sacerdote, secondo Vitasović, Dignano potrebbe di- ventare la principale meta del turismo religioso in Istria.

Dopo la lettura di alcuni versi poetici di mons. Del Ton, l’inaugurazione della statua è stata accompagnata dall’ese- cuzione corale del Te deum laudamum e dell’Inno a Dignano, scritto da lui stesso e musicato da Tommaso Caenazzo.

L’inizio del corteo.

Da Trieste a Piemonte per il santo patrono

Come ormai da tradizione, la Comunità degli Italiani di Gri- signana, in collaborazione con la Comunità di Piemonte d’Istria (Trieste) e con il patrocinio del Comune e dell’Ente turistico di Grisignana, ha organizzato un programma di eventi per la festa patronale di San Francesco nel borgo oggi semiabbandonato di Piemonte (Istria croata interna).

Lo scorso 14 febbraio, a conclusione del calendario porde- nonese di eventi per il “Giorno del Ricordo” dei martiri delle foibe e dell’esodo giuliano, queste immagini di fede e arte sono state benedette da don Corrado Della Rosa, giovane sacerdote discendente da famiglia di Cherso, la quale ebbe amicizia – fra l’altro – con l’arcivescovo di Gorizia padre Anto- nio Vitale Bommarco, che ai cammini di santità, soprattutto quella francescana e quella oriunda delle sue martoriate ter- re, prestò grande attenzione. Dopo le pale raffiguranti i marti- ri istriani, da poco beatificati, don Francesco Bonifacio (nel 2008) e don Miroslav Bulešić (nel 2013), è stato mostrato ai fedeli e benedetto il quadro del Venerabile Egidio: un’opera del pittore friulano Plinio Missana, che ha reso “al naturale” il volto bello e pulito del Nostro giovane, con sullo sfondo una vela e la sagoma del santuario di Barbana.

Grazie diciamo anche da qui al promotore don Cornelio, pure per l’ospitalità che da un decennio assicura in Casa Be- tania a chi da Pordenone ci aiuta a proporre in Egidio Bullesi

«un luminoso esempio di vita cristiana, di fedeltà al dovere quotidiano e di servizio ai fratelli», come si è pregato alla ce- lebrazione inaugurale della sua immagine.

Walter Arzaretti

Celebrato a Barbana l’86° del suo Transito

Terziari francescani e aderenti alle aggregazioni laicali nel- le quali Egidio Bullesi espresse il suo animo religioso aperto al prossimo (pensiamo agli scout piantati da Egidio a Pola e alla San Vincenzo benemerita per la carità nella quale sov- venne i poveri quando lavorò al cantiere di Monfalcone) han- no fatto ala nella mattinata del 25 aprile al vescovo Alfredo Magarotto, emerito di Vittorio Veneto e già vescovo di Chiog- gia, che nel santuario di Barbana ha presieduto, a tratti con commozione, la concelebrazione nell’86° anniversario del Transito di Egidio Bullesi, conclusasi con un significativo cor- teo che ha elevato al “venerabile giovane” le preghiere di quanti hanno ricordato come egli innalzò il tono spirituale e morale della città di Pola negli anni Venti del Novecento.

Un passaggio di lettera del venerabile Egidio è apparsa, in vista del suo “dies natalis” di quest’Anno dedicato dalla Chie- sa alla Vita Consacrata, illuminante dei veri propositi che animarono il cuore del nostro giovane polesano. Egli si stava incamminando sempre più sulla via della perfezione evange- lica e avrebbe fatto certamente le scelte “radicali” alle quali

Sabato 18 aprile ha avuto luogo una gara ciclistica dall’elo- quente titolo Riviviamo Piemonte. La sera, nel Centro Cultu- rale Polivalente, il M° Davide Circota ha suonato alcuni brani al pianoforte a mezza coda appena donato dall’esule istriano Walter Macovaz, del direttivo del Circolo di cultura istrovene- ta “Istria” di Trieste. Quindi hanno cantato i giovani allievi del corso di musica della CI e del Comune di Grisignana, nonché gli alunni della Scuola elementare italiana “Milan Šorgo” della vicina Portole e il coro misto della CI di Momiano.

La sera di domenica 19 aprile, dopo la messa, il Circolo

“Istria” ha presentato, sempre al Centro Culturale Polivalen- te, la sua ultima pubblicazione, dal titolo Istria, la terra, il tem- po. Durante l’incontro il segretario della Comunità di Piemon- te d’Istria Franco Biloslavo ha donato alla cittadinanza “rima- sta” le immagini della mostra …con affetto - Gente di Pie- monte d’Istria, esposta alle pareti e già allestita il 21 settem- bre 2014 in occasione dello spettacolo di Simone Cristicchi Tornar. Una notte a Piemonte d’Istria. Musica, teatro, fotogra- fia, poesia e memoria. Il M° Davide Circota ha inoltre offerto un intermezzo musicale al pianoforte.

Una messa a Castua per le vittime italiane di Tito

La Società di Studi Fiumani in Roma ha promosso anche quest’anno la commemorazione degli italiani uccisi il 4 mag- gio 1945 senza processo da partigiani titoisti e sepolti senza croce in una fossa comune nel bosco della Loža ad un chilo- metro da Castua, sui colli ad ovest di Fiume. Durante la ricer- ca congiunta sulle vittime di nazionalità italiana a Fiume e dintorni dal 1939 al 1947, condotta dalla Società di Studi Fiu- mani e dall’Istituto Croato per la Storia di Zagabria e conclu- sasi nel 2002, fu possibile accertare le generalità di alcune di queste vittime: il senatore fiumano del Regno d’Italia Riccar- do Gigante, il giornalista Nicola Marzucco e il maresciallo della Guardia di Finanza Vito Butti. Ultimamente si è indivi- duato, con molta probabilità, anche il vice-brigadiere dei Ca- rabinieri Alberto Diana. Ma la pratica di riesumazione dei po- veri resti di quei nostri connazionali, che Onorcaduti segue da anni, non ha ancora dato alcun esito.

Lunedì 4 maggio il parroco di Castua don Franjo Jurčević ha celebrato, come fa ormai dal 1999, una santa messa di suffragio nella chiesa parrocchiale di Sant’Elena. «Quando cessa la guerra – ha detto in tale circostanza – per alcuni viene la pace e per altri, invece, la morte. Così è stato per i vostri connazionali, ma anche per centinaia di migliaia di cro- ati uccisi dai comunisti jugoslavi dopo la guerra. Non solo durante, ma anche dopo la guerra. Di questi martiri non pote- vamo parlare per mezzo secolo. Era pericoloso ricordare sia gli italiani sia i croati. Adesso finalmente abbiamo la possibili- tà di parlare di queste atrocità. Speriamo che voi italiani, adesso che tutte le porte sono aperte, facciate qualcosa per trovare e seppellire i vostri connazionali».

Alla funzione religiosa hanno assistito il console generale d’Italia a Fiume Renato Cianfarani, il presidente della Società di Studi Fiumani Amleto Ballarini e il segretario generale Ma- rino Micich, il sindaco del Libero Comune di Fiume in Esilio Guido Brazzoduro e il segretario Mario Stalzer, il presidente della Consulta ligure dell’ANVGD Fulvio Mohoratz, il presi- dente dell’Assemblea dell’Unione Italiana Roberto Palisca, la presidente della Comunità degli Italiani di Fiume e del Consi- glio della Comunità Nazionale Italiana nella Regione Litora- neo-Montana Orietta Marot, il presidente del Comitato ese- cutivo della CI fiumana Corinna Gerbaz Giuliano, il vicepresi- dente dell’Assemblea della CI stessa Mario Simonovich e il preside della Scuola media superiore italiana di Fiume Mi- chele Scalembra, insieme ad altri connazionali residenti.

Il quadro del ven. Egidio Bullesi appena benedetto.

La statua di Giuseppe Del Ton (“La Voce del Popolo”).

Il M° Davide Circota suona al pianoforte donato dall’esule istriano Walter Macovaz.

La messa celebrata a Castua (“La Voce del Popolo”).

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