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TRA CARISMA E DIRITTO: LA VITA DI UN SANTO

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TRA CARISMA E DIRITTO:

LA VITA DI UN SANTO

Gaetano Lo Castro•

l. In questo Convegno, volto principalmente ad illustrare il contri- buto di san Josemaría al pensiero teologico, ci si chiede anche quali apporti abbia egli dato al diritto nella Chiesa. Nella domanda

e

irnplicita la persuasione che un chiarimento di tali aspetti del pensiero e del modo di essere e di operare del santo possono essere giovevoli per meglio comprendere il suo apporto alla realta teologica della Chiesa, che non

e

fatta solo di speculazioni e di concettualizzazioni; o, se vogliarno, anche di queste, che pero, per essere significative, non possono restare avulse dall' esperienza concreta della vita della Chiesa, la quale si presenta, per aspetti non marginali, come esperienza giuridica.

2. Non legislatore: san Josemaría non apparteneva alla categoria investita del compito di formare il complesso legislativo. Non giudice né tecnico del diritto: san Josemaría non apparteneva neppure al novero di persone professionalmente deputate ad intervenire nella vita del diritto attraverso un'opera di attuazione o di applicazione del dato normati- vo. Non studioso del diritto: per quanto licenziato in diritto nel 1927 e dottore in giurisprudenza presso l'Universita Complutense di Madrid nel 1939, san Josemaría non poteva neppure essere ascritto fra quanti professionalrnente si dedicano a riflettere sul diritto, a ricercarne il fon- damento, a spiegarne l'obbligatorieta, a vederne i riflessi nell'organismo sociale e sugli uornini che lo compongono.

Nondirneno il suo radicato senso di giustizia fu accompagnato dal- 1' acuta persuasione che fosse importante e decisiva, per portare a compi- mento la rnissione cuida Dio era stato chiamato, la soluzione sub specie iuris dei problemi che via via gli si presentarono, il piU importante dei

• Universita "Sapienza" di Roma.

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quali concerneva la idonea configurazione istituzionale dell' ente in cui quella missione si incarnava; una configurazione che si compi, come sap- piamo, soltanto dopo la sua marte. Non puó pertanto destare sorpresa se la sua assai ricca vicenda umana e soprannaturale si sia intrecciata lungo tutta la sua vita con problemi di giustizia e di diritto, segnandola casi profondamente che, tolti tali problemi, essa sarebbe irriconoscibile.

E

vero che di regala si pensa al diritto come ad un fatto tecnico, che compete ai giuristi e agli operatori del diritto come a coloro che conosco- no i meccanismi di funzionamento di tale fatto e sanno intervenire su di esso per interpretarlo, applicarlo, modificarlo, arricchirlo.

Ma in realta non soltanto i legislatori, i giudici, gli attuatori a vario titolo di norme giuridiche, bensi gli uomini, tutti gli uomini senza specificazione di competenze giuridiche, hanno a che fare con il diritto;

si badi bene, non solo nel senso empirico che tutti gli uomini sono raggiunti dalle norme giuridiche, sano di queste destinatari, ma nel senso piU elevato che tutti sono partecipi e collaborano, sia pure in modo e con responsabilita diversi, alla sua vita, al suo dispiegarsi nella societa umana.

In questo orizzonte culturale il diritto non

e

inteso soltanto come norma, come prescrizione, come comando o insiemi di comandi che presentano alcuni elementi identificativi (quanto all'origine, quanto alla forma in cui sano proposti); ma

e

inteso nel piU vasto senso di esperienza giuridica, alla formazione della quale concorrono sia gli atti edittali della norma sia gli atti attuativi della stessa, fra questi compresi, e sano di gran lunga i piU numerosi, quelli che si esprimono nella sua spontanea obbedienza o nel suo piU o meno esplicito rigetto, casi contribuendo in modo decisivo al formarsi e all' affermarsi di una civil ta giuridica. Del resto non da se stessi gli atti normativi traggono legittimita e giustifi- cazione; né gli atti attuativi della legge trovano la loro giustificazione ultima nella conformita con la norma, col diritto positivo, ma nel fatto che entrambi guardino alla giustizia, tendano ad essa e la attuino; poiché soltanto in tal caso l' esperienza umana potra continuare a fregiarsi in maniera non arbitraria del titolo di giuridicita che le spetta.

Se dunque il diritto e la giustizia connotano trascendentalmente, sia pure in maniera problematica, la vita dell'uomo, quand'essa si propone come esperienza giuridica, anche la vita di Josemaría Escrivá, la sua

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attivita, le sue opere, possono essere riguardate, come quelle di ogni persona, sotto gli anzidetti profili.

3. Ripercorrere la vita di san Josemaría alla luce della sua esperienza giuridica, come d' altronde ripercorr'ere sotto lo stesso segno la vita di ciascun uomo, e massimo dei massimi, la vita di nostro Signare Gesu Cristo, che pure da uomo, essendo luí persona divina, percorse i cammini di questo mondo, non solo

e

di grande suggestione per il non consueto angolo visuale secando il quale

e

inquadrata e riguardata la condizione umana nel suo divenire storico, ma

e

particolarmente ricco di insegnamenti circa il modo in cuí si forma, si arricchisce e si sviluppa l' esperienza giuridica in questo mondo.

L'indagine appare particolarmente impegnativa, se

e

impegnativo rappresentare la vita di uomo, nella quale agli eventi esterni che la riguardano si uniscono la carica della sua idealita e il suo modo di pensare e di vivere il rapporto quotidiano con la dimensione della giustizia, profilo che, come sopra ho detto,

e

per sua natura problematico, e la cuí soluzione talara puó essere assai difficile da cogliere. Ció vale per tutti gli uornini, e vale ovviarnente anche per san Josemaría

In questa sede mi limito a considerare gli aspetti specifici della sua vita, quali emersero dal rapporto, da una parte, fra il suo carisma particolare, da luí percepito il 2 ottobre del 1928 (che lo indusse a farsi portavoce del messaggio della santificazione delle realta temporali e della universale chiamata alla santita di quanti sano in esse impegnati per specifica vocazione umana e soprannaturale - vale a dire, i laici), e, dall'altra, la complessiva realta giuridica della Chiesa all'interno della quale quel carisma doveva vivere ed affermarsi.

Per quanto con il carisma egli avesse ricevuto "le luci fondazionali"

sull' opera che egli avrebbe dovuto avviare (non soltanto «sulla sua essenza soprannaturale e le caratteristiche dello spirito» che l' avrebbero connota ta, ma altresi sui «principi del governo e dell' organizzazione»

che l'avrebbero caratterizzata1), tuttavia nel primo decennio dal suo manifestarsi non si evidenziarono problerni rilevanti nell' esperienza giuridica vissuta da san Josemaría.

1 A. VÁZQUEZ DE PRADA, Il Fondatore dell'Opus Dei. Vita di san Josemaría Escrivá, Leonardo International, Como, 1999, vol. 1, p. 372.

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In realta il messaggio di cui egli si faceva portavoce era innovativo, ma non assolutamente nuovo.

Non nuovo, perché rispondeva pienamente alle esigenze manife- statesi nella Chiesa fin dai primordi, ritrovandosi nella predicazione apostolica, non mai smentita nei duemila anni di vita del cristianesimo.

Eppure innovativo, poiché le vicende della Chiesa, le difficolta con le quali questa nel corso della sua storia si era dovuta cimentare e che aveva dovuto superare, avevano portato, senza negare esplicitamente quel mes- saggio, a centrare l'attenzione su forme specifiche di vita cristiana, ove il raggiungimento della perfezione era ricondotto alla partecipazione alla sacra potestas, ovvero indotto dalla condivisione di una vita ascetica, il piu delle volte assoggettata ad una specifica regala, che avrebbe agevolata, con l'allontanamento dal mondo, dai suoi impegni, dalle sue tentazioni, la testimonianza dei consigli evangelici, ad elevazione della propria vita spirituale e dell' altrui.

Sin da subito san Josemaría comprese la necessita di inserire il messaggio divino di cui era portatore nella vita istituzionale della Chiesa;

e mentre ne faceva oggetto della sua attivita pastorale fra le persone fra le quali era in questa impegnato, dandone conoscenza ai suoi superiori ecclesiastici e alla persona alla quale aveva affidato la direzione della sua anima, per riceverne, secondo i casi, ora approvazione, ora consiglio, ora illuminazione, l'atteggiamento da lui assunto fu di studio e di ricerca di altre realta istituzionali, gia esistenti nella Chiesa, che avrebbero potuto offrire soluzioni idonee all' affermarsi e al diffondersi dello stesso. Ma non le trovo.

Fino alla meta degli anni tren ta del secolo passato l' esplicazione del suo carisma, riguardante necessariamente un numero di persone assai ristretto fra quanti beneficiavano (questi si assai numerosi) della sua attenzione pastorale, non implico problemi di rilievo sotto il profilo istituzionale; bastava la sintonia, che mai manco, con il vescovo di Ma- drid, nella cui diocesi esplicava la sua attivita pastorale. Poi la guerra civile in Spagna iniziata nel 1936, con i suoi drammatici avvenimenti, che incisero e condizionarono profondamente la vita sociale e religiosa di quella nazione, mise a tacere ogni cosa per il triennio della sua durata.

Conclusa la quale san Josemaría riprese le fila del discorso gia iniziato, mai interrotto sotto il profilo pastorale pur nelle avverse circostanze del

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periodo della guerra civile, ma non in grado, questa perdurando, d'es- sere sviluppato all'interno di un idoneo quadro giuridico istituzionale che potesse adeguatamente accogliere, regolare e rappresentare la realta pastorale da lui presagita.

Comincia in quel momento ad avere contorni meglio definiti il rapporto fra il carisma di san Josemaría e l'assetto giuridico positivo allora vigente; un rapporto problematico che, pur avvertito tale sin dall'inizio, non aveva avuto modo di manifestarsi all' esterno fin quando la sua attivita pastorale sembrava non coinvolgere la responsabilita istituzionale della Chiesa. A san Josemaría, sollecitato dal suo stesso vescovo a chiedere l' approvazione giuridica formale di un ente nel quale potessero essere in qualche modo adeguatamente rispecchiati i tratti essenziali consoni al suo carisma soprannaturale, anche a tutela delle persone della cui vita spirituale era pastoralmente responsabile, iniziarono da quel momento ad opporsi, sia in linea di fatto, sia in linea di diritto, innumerevoli ostacoli e grandissime difficolta.

Dall'impossibilita di una approvazione di un ente che presentasse tali caratteristiche - impossibilita seccamente oppostagli dal suo direttore spirituale agli inizi del mese di ottobre del 1940 -; dalle idiosincrasie di fatto manifestate in quel torno di tempo da alcuni ambienti di religiosi, che diedero vita a calunnie e persecuzioni di vario genere e di rilevante entita; si pervenne alle soluzioni che di li a poco si sarebbero sussegui- te, dapprima con l'approvazione dell'Opus Dei come pia unione (19 marzo del 1941), successivamente con l'erezione canonica della Societa sacerdotale della Santa Croce (8 dicembre 1943), indi con il riconosci- mento dell'Opus Dei come istituto secolare (24 febbraio 1947), il tutto nel breve arco di sei anni; di queste soluzioni diro qualcosa piu avanti, restringendomi agli aspetti che riguardano il presente discorso2

Questi eventi non potevano non incidere sull' esperienza giuridica vissuta da san Josemaría, il quale si trovo da un lato con le pressioni provenienti dal carisma divino suo proprio e con l'urgenza, da lui forte- mente sentita, di dare a tale carisma un volto giuridico appropriato alle

2 La storia di queste vicende assai complesse e assai dolorose

e

ben conosciuta soprattutto attraverso due opere fondamentali, l'una dovuta ad A. VÁZQUEZ DE PRADA, Il fondatore dell'Opus Dei. Vita di san Josemaría Escrivá, vol. 1-ill, cit., in particolare il cap. XIII del 11 vol., p. 475 SS., e l'altra a A. DE FUENMAYOR - v. GÓMEZ IGLESIAS - J.L. ILLANES,

L'Ítinerario giuridico dell'Opus Dei. Storia e difesa di un carisma, Giuffre, Milano, 1991.

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sue connotazioni peculiari, e, dall'altro, con gli ostacoli frapposti dagli uomini e con le soluzioni escogitate sulla base del diritto positivo dell' e- poca, che si sarebbero rivelate ben presto inadeguate a rappresentarne il contenuto essenziale.

Ma intanto possiamo chiederci come sorse e perché sorse tale dram- matica situazione. Vi era nell' assetto istituzionale della Chiesa semplice- mente la mancanza di previsioni giuridiche atte ad inquadrare la realta nuova che si profilava con il fenomeno pastorale proposto e portato avanti da san Josemaría, un'assenza che si sarebbe potuta colmare con la previsione di prescrizioni formali atte a recepire il fenomeno all'interno della Chiesa? o vi erano ragioni profonde, ragioni sostanziali o ritenute tali, che si opponevano all' accettazione della linea pastor ale proposta da san Josemaría per mandato divino; accettazione che, naturalmente, avrebbe dovuto precedere e alla fine stimolare l' adeguamento dell' assetto istituzionale della Chiesa e del suo diritto positivo?

4. Degli insegnamenti fondamentali che connotavano l' opera pasto- rale di san Josemaría, la chiamata universale alla santita, per un verso, e, per l'altro, strettamente connesso con il primo, la responsabilita spettante ai laici per la santificazione delle realta temporali e per la loro personale santificazione in queste (mancando la quale, a rigore non si sarebbe potuto parlare di chiamata universale) quella che suscitava maggiori pre- occupazioni, un atteggiamento quasi istintivo di rigetto, era la posizione che le proposte pastorali di san Josemaría sembravano preconizzare per i laici all'interno del messaggio di salvezza proprio della Chiesa.

In fin dei conti, si sarebbe potuto anche pensare che la chiamata universale alla santita potesse ritenersi compiuta per il fatto stesso che da sempre i laici erano riconosciuti destinatari degli insegnamenti della Chiesa, in una posizione di intrínseca dimestichezza, per il battesirno ricevuto, con il messaggio di salvezza, seppure al margine delle respon- sabilita che competono ai suoi pastori. Del resto non mancavano nella storia della Chiesa esempi di vite esemplari di laici connotate dal fulgore della santita; ed era del tutto plausibile prevedere che cosi sarebbe stato anche nel futuro.

E

vero tuttavia che altra cosa sarebbe stata, e in realta era, proporre i laici come attori protagonisti del messaggio di salvezza, corresponsabili della "edificazione del Carpo di Cristo", sia pure in un ambito diverso

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(le realta temporali) e con compiti specifici diversi di quelli dell' autorita ecclesiastica, come molti anni dopo avrebbe affermato il codice riformato di diritto canonico (can. 208), raccogliendo la luminosa eredita dottrinale del Concilio Vaticano II.

Ma non erano da ritenere eccessive gia allora - vale a dire, nel momento in cuí san Josemaría prospettava il suo messaggio - quelle pre- occupazioni, quelle radicate convinzioni della marginalita delle posizioni e delle responsabilita laicali nella Chiesa? a quale visione ecclesiologica ubbidivano, donde esse provenivano?

5. La dottrina dei "duo genera christianorum", espressa da Graziano nel suo Decretum (per un verso - egli diceva - vi

e

un genere di cristiani votati al servizio divino, dediti alla contemplazione e alla preghiera, staccati dalle faccende temporali: i chierici, appunto; e per un altro verso vi

e

un altro genere di cristiani, i laici, i quali, non riuscendo ad affrancarsi dagli assorbenti irnpegni temporali, né potencio dedicarsi, conseguentemente, alla contempl"-zione e all' orazione, non possono ritenersi eletti da Dio al regno delle virru, alla pienezza della santita, benché anch' essi possono salvarsi se sapranno evitare i vizi vivendo con rettitudine)3, ebbene questa dottrina non era la proposizione astratta, frutto di riflessioni teologiche elaborate a tavolino, di lino studioso che era anche giurista, ma conseguenza di gravi sommovimenti che avevano scosso la Chiesa nel corso dell'XI secolo.

In quel torno di tempo la Chiesa, nella sua autorita suprema, il papato, da san Leone IX (1049-1054) a Nicolo II (1058-1061), ad Alessan- dro II (1061-1073) e, infine, piu di tutti, a san Gregario VII (1073-1085), valle reagire con decisione alla diffusa desolazione della vita e dei co- stumi invalsa al suo interno, che trovava nel clero di investitura feudale (soprattutto alto e medio) la sua causa principale; e, paradossalmen-

3 c. 7, C. 12, q. 1. Graziano la faceva risalire addirittura ad una lettera di san Gerolamo (IV-V sec.) "ad quendam suum Levitam". Il cap.

e

peraltro "incertum", come annoto Friedberg sul punto nella sua ed. del Decretum. Per S. BERARDI, Gratiani canones genuini ab apocryphis discreti, Taurini, 1752-57, p. 197, il cap. va attribuito ad autore sconosciuto della fine dell'Xl sec. - inizi del XII, e in ogni caso

e

cronologicamente vicino alla redazione del Decretum; per un' opinione non molto dissirnile cfr. L. PROSDOCIMI, Chierici e laici nella societil occidentale del secolo XII. A proposito di Decr. Grat. C. 12 q. 1 c.

¡: "Duo sunt genera christianorum", in Proceedings of the Second International Congress of Medieval Canon Law. Boston College, 12-16 august 1963, Citta del Vaticano, 1965, p. 105-122.

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te, trovo appoggio e sostegno assai efficaci, non potendoli ricevere dal clero secolarizzato e infeudato, proprio nel popolo minuto, tartassato da quella classe clericale odiata per le sue vessazioni e scandalizzato per il tenore di vita immorale che quella classe conduceva; anche in virru di tale appoggio, Roma, nel corso di alcuni decenni, riusci ad affermare la sua autorita, sia pure con grandi difficolta e sofferenze, fino ad imporsi allo stesso imperatore: non solo sciolse i sudditi dall' ob- bedienza verso le autorita civili invadenti le prerogative ecclesiastiche, ma anche verso le autorita religiose (vescovi e prelati) che tollerava- no la vita coniugale e dissoluta dei loro preti, incoraggiandoli a non ricevere i sacramenti da loro amministrati e a evitare le funzioni reli- giose da loro espletate. Ma cosi, andando ben oltre le intenzioni della suprema autorita ecclesiastica, si diffuse il costume di non battezzare i fanciulli, di rifiutare il viatico, la confessione, la sepoltura ecclesiastica;

sorsero addirittura dubbi sulla validita stessa dei sacramenti ammini- strati dal clero giudicato indegno; e questi dubbi (che talora intacca- vano i pilastri stessi del dogma) invasero, si diffusero e si radicarono in una vasta area dell' alta Italia e dell'Europa centro meridionale, ed avrebbero poi dato vita a movimenti ereticali assai gravi (i catari, ad esempio), che a loro volta avrebbero costretto la Chiesa nella sua mas- sima autorita a reagire in una lotta aspra e non meno devastante della precedente4.

In questo quadro complessivo, assai convulso e non lineare nel- la sua evoluzione storica, volendo contestualizzare il discorso all' epo- ca in cui fu fatto, chi erano i laici di cui a meta del XII secolo (non molto dopo, quindi, gli eventi ora ricordati) parlava Graziano, quei laici che si sarebbero potuti salvare facendo beneficenza e coltivando le virru? Ma proprio quelli che avevano usurpato un potere ecclesia- stico che a loro non competeva e lo avevano utilizzato per scopi de- viati rispetto alle sue intrinseche finalita, determinando le gravi azio- ni e reazioni, di cui ho appena detto. Era dunque necessario che il potere e gli uffici connessi tornassero ad essere riconosciuti soltanto all' autorita ecclesiastica (libera ta dai condizionamenti di una tempo- ralita invasiva che aveva dato cosi cattiva prova di sé); solo da que-

4 G. VoLPE, Movimenti religiosi e sette ereticali nella societa medievale italiana (secoli XI- XIV), Donzelli ed., Roma, 1997, pp. 13-19.

TRA CARISMA E DIRITTO: LA VITA DI UN SANTO

sta dovevano essere esercitati, a lei dovevano essere esclusivamente riportati5.

Fu facile pero, e cosi di fatto avvenne, che la dottrina dei "duo genera christianorum", ispirata dalla necessita di difendere autonomía e liberta della Chiesa dallo straripamento del potere secolare nelle faccende religiose e di ricondurre nei giusti alvei degli insegnamenti dottrinali gli eccessi avutisi nella reazione scomposta alla decadenza morale e alla cupidigia di denaro da parte del clero dissoluto, trascendesse i motivi contingenti che l' avevano determina ta, e fosse universalizzata nella vita e nell' esperienza giuridica della Chiesa; giacché facile

e

la tentazione di generalizzare, per includere nel piu e sterilizzare in linea di principio quanto in realta vive nel meno. Ed in questa diversa ottica si comincio a intendere e a diffondere l'insegnamento raccolto da Graziano e ad operare conseguenzialmente in sede pastorale. Bene, certo, i movimenti ecclesiali di provenienza laicale, lontani ormai da piu di un secolo dai moti libertari della plebe, utilizzati dalla autorita ecclesiastica per sanare quanto di infido e di marcio stava all'interno stesso della Chiesa; bene ancora, all'inizio del XIII secolo, i fraticelli laici di san Francesco e altri consimili numerosi moti di spiritualita, purché pero inseriti in strutture giuridicamente governate e limita te dall' autorita della Chiesa; bene il cammino di santita perseguito da loro o da altre analoghe realta ecclesiali, purché s' avesse ben chiaro che quel cammino li separava dalla vita secolare, ormai tutta da esorcizzare come non consona con la Chiesa;

una vita, quella nel temporale, nella quale chi, come il laico,

e

ad essa dedito, non puo, per usare le parole del maestro Graziano, «ritenersi eletto da Dio al regno delle virru, alla pienezza della santita»; il mondo, dunque, come luogo della perdizione, ove la propria anima rischia di perdersi; il luogo da temere, da cui fuggire, da disprezzare.

5 Concilio Lateranense 1 (1123), c. 8 (in Conciliorun Oecumenicorum Decreta, ed.

Centro di Docurnentazione Istituto per le Scienze Religiose di Bologna, Freiburg i.

Breisgau, 1962, p. 167): «[ ... ] statuin:ms ut laici, quamvis religiosi sint, nullam tamen de ecclesiasticis rebus aliquid disponendi habeant facultatem, sed secundurn apostolorurn canones omniurn negotiorurn ecclesiasticorurn curam episcopus habeat et ea velut Deo contemplante dispenset». Ed ancor piu chiaramente, un secolo dopo, il Concilio Lateranense IV (1215), cost. Contingit (40), (ibídem, p. 229) avrebbe disposto: «Ad haec generaliter prohibemus, ne super rebus spiritualibus compromittatur in laicurn, quia non decet ut laicus in talibus arbitretur»; ma cfr. altresi Concilio Lateranense 11 (1139), c. 25 (ibídem, p. 178) e Concilio Lateranense ID (1179), c. 14 (ibídem, pp. 194-195).

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A questa visione si sarebbe ispirato nei secoli successivi e con questa visione sarebbe stato consono l'assetto giuridico della Chiesa fino alla meta del secolo passato.

Una qualche evoluzione in materia, rispetto al modo di sentire diffu- so, si era perla verita manifestata negli ultimi decenni dell'8oo. 1 laici, che avessero una maggiore contezza della loro appartenenza alla Chiesa e sentissero la responsabilita ad essa inerente, erano stati sollecitati a rappresentarne e a difenderne gli interessi nell'ambito secolare, soprat- tutto político e sociale; quegli interessi che la Chiesa istituzione, per l'ineluttabile progressivo declino della sua .forza política, non era piU in grado di assicurare direttamente come nel passato. Nelle forme piU moderne ed evolute i laici furono invitati a partecipare ai vari movimenti di Azione cattolica, intesa come strumento di «partecipazione del lai- cato all'apostolato della gerarchia»6, di cuí dovevano essere «comme le prolongement de son bras»7.

Non si puo negare il rilievo provvidenziale dell'attivita svolta dai vari movimenti di Azione cattolica in momenti spesso assai duri e pieni di contrarieta per la vita della Chiesa, né si puo misconoscere quanto la Chiesa ad essi <leve per una crescita della vita spirituale della comunita dei credenti. Ma quale fosse ancora l'idea della funzione di questa categoría di fedeli nella Chiesa, e quale dunque la visione riduttiva della chiamata alla santita, lo dimostra l'insistenza sulla sottomissione alla gerarchia dell' Azione cattolica, l'intendere il tesseramento nelle associazioni di Azione cattolica come svolgente «un role analogue a celui de la prise d'habite, voire de la profession religieuse et de la tonsure cléricale»8. Che era come dire che, in un orizzonte concettuale e spirituale che identifica la Chiesa con la sua gerarchia, ai laici altra responsabilita non avrebbe potuta essere riconosciuta se non quella di attuarne i mandati.

6 Pm XI, litt. ene. Non abbiamo bisogno (29 giugno 1931), in A.A.S. 23 (1931), p. 287 e 294.

7 Pm XII, Allocutio iis qui Romae adfuerunt Conventui universali de catholico laicorum apostolatu (14 oct. 1951), in A.A.S. 43 (1951), p. 789.

8 Y. M.-J. CoNGAR, Jalons pour une théologie du laicat, III ed., Paris 1964, rispettivamente p. 522 nota 80 e p. 521.

TRA CARISMA E OIRITTO: LA VITA DI UN SANTO

6. Di fronte a tali persuasioni, radicate e giustificate da eventi, antichi si, ma la cuí memoria si era cristallizzata e perpetua ta nell' edificio nor- mativo che nel tempo si era dato la societa ecclesiale, stava, come prima ho accennato, il messaggio che san Josemaría diffondeva, fondato nel carisma da Dio ricevuto: la santita e per tutti e non per pochi privilegiati;

tutti, di ogni condizione, professione o mestiere, non essendo «necessario abbandonare il proprio stato nel mondo per cercare Dio, se il Signare non da a un' anima la vocazione religiosa, poiché tutte le strade della terra possono essere occasione di un incontro con Cristo»9; le realta tem- porali per sé non sono cattive, non costituiscono in principio un pericolo per l'anima, non sono da rifuggire, ma, al contrario, sono santificabili, perché da Dio provengono e a Dio possono e debbono ricondurre; ai laici, cioe a quanti sono in esse impegnati ordinariamente, spetta come specifico compito di instaurare il mondo in Cristo, illuminati dalla fede, dalla luce del Vangelo e mossi dalla carita cristiana, cooperando con tutti gli uomini secando la specifica competenza e sotto la propria re- sponsabilita; l'imprescindibile rapporto dei laici con l' ordine gerarchico nella Chiesa e il suo magistero si svolge su un piano (fede, morale, vita sacramentale) che non mette in discussione l'autonomia dei laici nelle faccende temporali, né, per questo, sminuisce la loro responsabilita nel santificarle. Insegnamenti, questi, sía detto per inciso, che, com'e noto, dal Concilio Vaticano II saranno poi ripresi, fatti propri e proposti con l'autorita che gli competeva1º.

Tutti intendono allora come il problema in cui trovo a dipanarsi l'esperienza giuridica di san Josemaría non fosse solamente né princi- palmente giuridico normativo. 11 diritto alla fine esprimeva una realta ecclesiale e spirituale di ben piu ampia portata, qual era venuta a for- marsi nei secoli passati, e in un certo senso era esponenziale della stessa.

Ma tutti parimenti intendono altresi come il messaggio della uni- versale chiamata alla santita, riportato a vita nuova nella Chiesa, avesse bisogno di una nuova normativa che sorgesse e fosse espressione di una nuova complessiva vitalita della Chiesa nelle sue molteplici trame

9 J. EscruvÁ, Lettera, 24.IIl.1930, n. 2, in A. VÁZQUEZ DE PRADA, IlFondatore dell'Opus Dei, cit., vol. 1, p. 315.

10 Cfr. Decr. Apostolicam Actuositatem, 7.

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istituzionali e comunitarie. Una vitalita che avrebbe dovuto svilupparsi secondo un programma di delicatissima attuazione, giacché avrebbe po- tuto trascendere, ove non fosse stata trovata la giusta via propositiva con l' equilibrio derivante dalla ádesione appassionata al messaggio cristiano e all' autorita del magistero della Chiesa, non in un arricchimento della stessa, ma nel depauperamento di profili che pure le sono essenziali.

7. Ma intanto, la risposta che il diritto oggettivo, vigente nel mo- mento in cui san Josemaría manifestó il desiderio di una approvazione formale dell' attivita da lui svolta attraverso un riconoscimento istituzio- nale esplicito, non poteva che riflettere gli orizzonti culturali e ideali entro i quali quel diritto si era costituito.

In verita le approvazioni della realta pastorale che san Josemaría andava conseguendo, dapprima come pia unione (1941) e, a poca distan- za di tempo (1943), come societa sacerdotale di vita comune senza voti, non la rappresentavano in maniera adeguata: la prima, in quanto non poteva cogliere la complessita e l'impegno di dedizione richiesti a quanti ne facevano parte e ne avrebbero nel futuro fatto parte; la seconda, in quanto le Societa di vita comune, di piU recente previsione normativa (can. 673-681 del codice di diritto canonico del 1917), ponendosi lungo la linea di sviluppo degli stati canonici di perfezione11, erano anch' esse da intendere ad instar delle Religioni, e non si prestavano conseguentemente a ben rappresentare la condizione di quanti non intendevano abbracciare tale stato di vita, ma non per questo rinunciavano a perseguire un ideale di santita.

Quelle approvazioni secondo i soli strumenti formali che il diritto dell' epoca poteva fornire, servirono pero a rendere palese come gli in- dirizzi pastorali di san Josemaría fossero del tutto sintonici nella loro sostanza propositiva con il volere e gli intendimenti dell' autorita eccle- siastica, in un momento in cui venivano sollevati al riguardo gravi dubbi da alcune frange all'interno della stessa Chiesa e san Josemaría veniva presentato come propalatore di dottrine eretiche; anzi, come prima ho accennato, quelle approvazioni erano state suggerite e sollecitate dal vescovo di Madrid allo scopo di allontanare e mettere a tacere le inop-

11 Una linea gia inaugurata da Leone XIlI con la cost. Conditae a Christo Ecclesiae (8 dic. i900), con il riconoscimento, fra le Religioni in senso stretto, delle Congregazioni di voti semplici.

TRA CARISMA E DIRI'ITO: LA VITA DI UN SANTO

portune calunniose dicerie. Nessun decisivo passo avanti invece si ebbe, né si poteva avere, per una configurazione giuridica che rappresentasse fedelmente le proposte avanzate da san Josemaría rispondenti al suo carisma.

Si pensó che quel passo si sarebbe potuto avere, di li a poco, con il riconoscimento dell'Opus Dei come istituto secolare nel 1947; una figura giuridica, per la nascita della quale si erano adoperati, con sa- pienza di argomenti ed illuminazione di fede, oltre a san Josemaría, anche al tri fondatori, al fine di ottenere un' approvazione e un riconosci- mento per gli istituti cui avevano dato vita nella prima meta del secolo passato.

Non mi soffermo su questa nuova categoria, nata fra le apprensioni dell' autorita ecclesiastica, assai preoccupata che si potesse in qualche modo allentare o perdere con essa il controllo sulla affidabilita della vita spirituale intrapresa in organismi destinati ad attirare tante ener- gie all'interno della Chiesa. Le paure antiche nei confronti di quanti sono impegnati nel secolo non erano state del tutto esorcizzate e si riproponevano con forza, magari ad opera di chi pensava di dovere abbandonare rendite apostoliche di posizione. Il dibattito fu lungo, ta- lora aspro, sul carattere religioso o secolare di tali istituti e si prolungo fino alla codificazione del 1983, e talora anche oltre (non riguardando solamente né principalmente, sia detto per inciso, l'opera creata da san Josemaría).

In ogni caso, ai limitati fini di questa relazione, per cogliere la valuta- zione di san Josemaría, non concernente la figura dell'istituto secolare in sé, per la cui approvazione egli stesso si era adoperato, ma l' applicazione che ne sarebbe stata fatta all' opera cui egli aveva dato vita,

e

sufficiente ricordare che quella figura, per come prevista nella costituzione istitutiva di Pio XII, Provida Mater Ecclesia (2 febbraio 1947), conteneva in sé i germi di una contraddizione difficile da sanare in astratto, ancor piu difficile nella concreta prassi pastorale; giacché, mentre per un verso metteva in luce l'impegno nel secolo dei membri che vi appartenevano o vi sarebbero appartenuti (un impegno che era la ragione motiva della previsione dell'istituto), per un altro verso non traeva tutte le conse- guenze che da tale impegno, ove fosse stato riconosciuto fino in fondo, si sarebbe dovuto ricavare per la posizione occupata nella Chiesa dai

11

l

111

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membri stessi; come sanciva la citata cost. (n. 8), gli anzidetti istituti «sia per la loro interna costituzione, sia per la loro ordinazione gerarchica, e per la totale dedizione che esigono dai loro membri propriamente detti e per la professione dei consigli evangelici, e nel modo di esercitare il ministero e l'apostolato, maggiormente si avvicinano, quanto alla so- stanza, agli stati canonici di perfezione e specialmente alle Societa senza voti pubblici (tit. XVII), pur senza la vita comune religiosa, ma usando altre forme esterne». La loro laicita, che si dispiegava nell'impegno nelle realta temporali, lambiva soltanto il mondo interiore dei loro membri né poteva distinguerli nettamente dalle altre realta istituzionali della Chiesa, di piu lunga e comprovata tradizione, ispirate agli stati canonici di perfezione; la qual cosa, alla lunga, non poteva non incidere sulla autocomprensione che della propria posizione ecclesiale i membri di tali istituti si sarebbero fermata.

Stretti fra le esigenze della laicita, da un lato, e, dall'altro, la salva- guardia delle esigenze proprie di un nuovo stato canonico di perfezione, in relazione al quale doveva essere costruita la sua disciplina ecclesiastica, mancava in quella costruzione, o traspariva da essa in maniera sbiadita e sfocata la convinzione del valore spirituale delle realta temporali con le loro connotazioni essenziali di liberta e di legittimo pluralismo, il non saperle intendere positivamente come luoghi ove

e

possibile dispiegare per intero le potenzialita santificatrici insite nella vocazione cristiana rice- vuta con il battesimo, senza la necessita di supportarle con le stampelle fornite dalla partecipazione ad uno stato canonice di perfezione; aspetti, questi, che costituivano appunto il nucleo centrale dell'insegnamento di san Josemaría e il motivo ispiratore interno al quale ruotava la sua proposta pastorale e istituzionale.

Come che sia, sta di fatto che la prassi di governo degli istituti secolari rapidamente evolvette verso una sottolineatura della loro appar- tenenza agli stati di perfezione, con tutto cio che questo comportava nel loro governo, ispirato analogicamente al governo dei religiosi.

L'inconciliabilita della realta preconizzata da san Josemaría con il diritto nel quale finiva cosi per essere avviluppato il suo messaggio non poteva pertanto tardare a manifestarsi. La contraddizione fra il carisma che lo ispirava, con le esigenze dallo stesso imposte, che per san Josemaría erano inderogabili, e le esigenze proprie dell'inquadramento

TRA CARISMA E DIRITTO: LA VITA DI UN SANTO

nel frattempo ricevuto nell' organismo della Chiesa, era infatti da ritenere insuperabile12.

Certo, le proposizioni pastorali di san Josemaría risultavano difficili da comprendere nell'ottica della contraddittorieta e dell'incompatibilita del mondo dello spirito e del mondo della materia, che, per passaggi successivi, conduce a confondere l'impegno di vita cristiana nel mondo con l'inserimento in specialistiche strutture della Chiesa: un inserimento che, se ritenuto necessario, sottilmente riflette un giudizio negativo, o quanto meno pieno di riserve, sul mondo secolare in quanto tale e induce la Chiesa e le sue istituzioni, per salvarlo, a secolarizzarsi13. Ed ancor

12 A piU riprese, in molteplici circostanze, l'avrebbe esplicitamente avvertito san J. E qui mi basti ricordare la lettera sulla questione istituzionale da lui inviata ai membri dell'Opus Dei il 2 ottobre del 1958, cadendo il trentesimo anniversario della fondazione dell'istituto, ove egli spiego come la ricerca da parte dei membri dell'Opus Dei di una continua unione con Dio nella loro vita temporale potesse e dovesse ben coniugarsi con la piena e completa liberta e con l' altrettanto piena responsabilita personale delle loro azioni, onde essi non erano né potevano essere considerati religiosi né far parte degli stati di perfezione, secondo l'interpretazione che si era venuta via via affermando per gli istituti secolari (cfr. A. DE FuENMAYOR - V. GóMEZ IGLESIAS - J.L. lLLANES, L'itinerario giuridico dell'Opus Dei. Storia e difesa di un carisma, cit., pp. 792-795).

13 E avvenuto che il dualismo fra mondo dello spirito (con la correlativa sua organiz- zazione) e mondo della materia (con la sua struttura organizzatoria)

e

stato concepito per secoli, e ancor oggi in molti settori culturali, come dualita di termini non solo reci- procamente estranei ma contrapposti, non legati da alcun principio che, trascendendo entrambi, li accomuni nel profondo in modo armonico.

Cio pero

e

avvenuto, sia detto per inciso, fuori dal piu genuino pensiero cristiano, il quale nell'intero corso della storia della Chiesa non ha mancato di opporsi alle proposizioni di origine manichea e priscillianista della duplice origine del bene (Dio) e del male (il diavolo, le tenebre), fa loro inconciliabili e antitetici; l'uno, principio delle cose invisibili, l'altro delle visibili; l'uno, cui

e

da riferire la creazione del mondo dello spirito, l'altro la creazione della carne; proposizioni cui sono da ricondurre le correnti erronee idee circa l'assoluta autonomia e separazione del mondo della materia da Dio e dalle realta spirituali.

Ma

e

pur vero che, esorcizzate in linea dottrinale, quelle posizioni manichee non hanno mancato di lasciare una traccia infida e malsicura nella vita dei cristiani e di riflettersi nel modo di vedere il rapporto con il mondo di tanta parte della cristianita.

L'idea che la dimensione corporea

e

nemica di quella spirituale, l'idea che vede il male morale non come male dello spirito ma come difetto strutturale della materia, l'idea che la dimensione spirituale potra affermarsi nella negazione di quella corporale, l'idea, infine, che nell'uomo l'anima, lo spirito, siano contrapposti al carpo, alla materia, in fin dei conti rappresentano sviluppi di un pensiero procedente da tali erronee posizioni dottrinali, che hanno avuto la loro culla e il loro primitivo impulso fuori del pensiero

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oggi tale difficolta di comprensione permane in chi non sa emanciparsi nei fatti da una visione che il magistero supremo del Concilio Vaticano II ha ritenuto di superare; come permangono le tentazioni di impegnare nel secolo, con le migliori intenzioni di salvarlo, le strutture istituzionali della Chiesa e quanti, per un verso o per un altro, le rappresentano (chierici e religiosi) o in esse si prodigano, dando vita aquel deprecabile fenomeno del clericalismo, della cui negativita si comincia ora a prendere coscienza.

Nonostante che, dalia poco, il Concilio Vaticano II avesse accolto in pieno l'insegnamento di san Josemaría sul valore divino delle cose umane e sulla specifica vocazione dei laici nel trattare le realta temporali, di santificarle e di santificarsi in esse nel pieno rispetto delle leggi che le governano, resta il fatto che l'esperienza giuridica di san Josemaría sarebbe rimasta contrassegnata fino alla fine della sua vita e si sarebbe dibattuta fra due doveri inconciliabili o apparentemente tali: il dovere di ubbidire al volere di Dio, che si manifestb nel carisma da Lui ricevuto;

il dovere di ubbidire alla Chiesa, che si manifestava nel complesso

cristiano e antecedentemente a questo, ma con indubbi influssi in alcuni suoi filoni ereticali.

n

dualismo fra spirito e materia, fra anima e corpo, alla fine si

e

riverberato nel campo della giuridicita, ove fra l'altro ha determinato la contrapposizione dialettica fra

°!'elemento storico-empirico, i fini individuali particolari, la legge umana, il momento soggettivo - considerati come espressione delle esigenze proprie delle realta secolari - da una parte, e, dall' altra, la ragione universale, il diritto naturale, il disegno di Dio sull'uomo - considerati come espressione di realta che trascendono l'uomo. Ma l'effetto piu perverso di tale dualismo

e

l'aver rotto l'unita sostanziale dell'uomo, che rimane scisso nelle sue componenti costitutive, con negative conseguenze sia sul piano piU strettamente dogmatico-fideistico (rendendo impossibile intendere dogmi essenziali come quelli del peccato originale, dell'incarnazione, della resurrezione dei corpi), sia sul piano della sua proiezione sociale e comunitaria; qui l'impegno nel temporale

e

conseguentemente visto in antinomia alla dimensione spirituale propria dell'uomo e cosi implicitamente ricondotto ad un principio che, se non

e

identificato senz'altro con il male ed esorcizzato - come avveniva nelle estreme posizioni di origine manichea -,

e

tuttavia inteso negativamente nella visione globale dell'uomo; sicché - come abbiamo visto -

e

bene perla Chiesa che quell'impegno sia limitato.

Occorre rendersi conto che le secolarizzazioni immanentistiche della nostra epoca in fondo altro non sono che sviluppi estremi di tale concezione; in piU, esse si caratterizzano non solo per il fatto di ricondurre il mondo ad un principio autonomo da Dio, ma anche per non intendere piu tale principio come qualcosa di negativo: cosicché il male, identificato col mondo,

e

ormai pronto per essere adorato.

TRA CARISMA E DIRITTO: LA VITA DI UN SANTO

normativo fino ad allora espresso, inidoneo a riflettere in pieno quel carisma. Due doveri, la conciliazione dei quali san Josemaría non conobbe in questo mondo, mache, come ho prima ricordato, egli intravvide e per superare la quale combatté tenacemente. Come sappiamo, di tale conciliazione lo stesso Concilio Vaticano II avrebbe poi posto anche le premesse tecniche con la previsione dell'istituto delle prelature personali, applicato all'Opus Dei il 28 novembre del 1982, attraverso il quale il messaggio pastorale di san Josemaría avrebbe potuto dispiegarsi in tutta la sua pienezza: riconoscendo ai laici la loro specifica missione di santificazione, in una dimensione istituzionale che ne garantisce la piena autonomia e responsabilita nel temporale e, al contempo, il rapporto con il Magistero e la gerarchia della Chiesa, al pari di tutti i fedeli laici non mediato da alcuno stato canonico di perfezione. Ma questo

e

gia un altro discorso, che non compete aquesta relazione.

8. Nella Chiesa, tra le piu importanti leve del divenire del diritto

e

il carisma, che - secondo la bella espressione del Concilio Vaticano II -

«vivifica, come loro anima, le istituzioni ecclesiastiche»14. E del carisma di san Josemaría abbiamo finora parlato. Ma i carismi, grazie speciali che lo Spirito Santo dispensa tra i fedeli di ogni ordine, «con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi varie opere e uffici, utili al rinnovamento e allo sviluppo della Chiesa», proprio perla loro forza dinamica, possono essere fonte di tensione fra la struttura giuridico-istituzionale esistente, affermatasi e consolidatasi nei secoli, e lo Spirito che li informa, solleci- tando la Chiesa nella sua peregrinazione storica e nella sua permanente vocazione missionaria.

All'uomo che, come san Josemaría, riceva dallo Spirito di Dio in dono una specifica vocazione, costituente oltretutto per luí un mandato imperativo da compiere, pub porsi il problema, che pub assurgere a for- me drammatiche, di una duplice contraddittoria obbedienza: alla Chiesa, alla quale appartiene ed alla quale aderisce con incontroversa fedelta, che geme e soffre il travaglio del suo sviluppo storico; e all'ispirazione divina, alla quale sente di non potere disobbedire, per un obbligo di giustizia verso Dio, che gliela ha conferita, e verso gli uomini, a benefi- cio dei quali

e

stata conferita. Si sa che «il giudizio sulla genuinita dei

14 Decr. Ad Gentes, n. 4.

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carisrni e sul loro ordinato uso appartiene all' Autorita ecclesiastica, alla quale spetta soprattutto di non estinguere lo Spirito, ma omnia probare et quod est bonum tenere»1s; ma il giudizio dell'autorita non sempre

e

pronto ed agile, e spesso

e

difficile se non impossibile che lo sía. 11 che puó imporre quel drammatico dilemma di duplice obbedienza, di cuí ho detto.

Fermo restando che il carisma, se autentico, puó essere riconosciuto o non riconosciuto dall' autorita della Chiesa, ma, proprio in quanto proveniente da Dio, non puó essere modificato, mentre il diritto, vale a dire il complesso normativo, puó esserlo e di regola lo

e,

non vi

e

altro modo, non traumatico né traumatizzante, di risolvere !'antinomia fra carisma e diritto di quello offerto dai riformatori santi, non colto da chi ha diviso la Chiesa e alla fine da essa si

e

allontanato: di non cedere alla tentazione di rifugiarsi in uno dei suoi corni, di metterli in alternativa, ma di abbracciarli nella loro interezza e nelle loro parventi contraddizioni, con il carico di amarezze e di sofferenze che cío puó comportare, rimanendo assolutamente fedeli alla Chiesa e al suo diritto, quali essi sono; e fedeli alla Chiesa e al suo ordine giuridico, quali devono diventare, per come suggerisce o impone il carisma.

L'esperienza giuridica di san Josemaría, per come egli l'ha vissuta, ce ne ha offerto una dimostrazione altamente esemplare: irremovibile nell'ubbidienza alla Chiesa, solo modo per luí d'essere ubbidiente a Dio, aquel Dio che, pero, al contempo lo chiamava ad una rnissione a prima vista cozzante con l' ordinamento esistente. Una tensione assai alta, con sofferenze assai profonde, segnarono al riguardo la sua vita. Chi lo ha conosciuto puó darne e ne da certa testimonianza. Ma tali sofferenze sono state feconde di frutti copiosi per l'intera Chiesa.

Alla fine, difatti, il diritto si

e

evoluto, nei vari campi prima ricordati, segnatamente nel campo della valutazione della condizione giuridica dei fedeli e della struttura costituzionale della Chiesa; molte evidenti novita, da parte del magistero soprattutto conciliare e pontificio, si sono avute al riguardo e sul rapporto fra la Chiesa e le realta temporali; in tali materie, ampie correnti dottrinali, teologiche e giuridiche, nella molteplicita e nella diversita di opzioni scientifiche e metodologiche che le contraddi-

15 Cost. Lumen Gentium, 12 . 11 Concilio si appoggia sull'autorita di 1 Tess. 5, 12 e i9-2r.

TRA CARISMA E DIRITTO: LA VITA DI UN SANTO

stinguono, hanno rispecchiato e rispecchiano nello spirito che le anima gli insegnamenti di san Josemaría; il carisma che ne ha ispirato !'opera

e

stato riconosciuto e fatto proprio dall' autorita ecclesiastica; nessun vulnus

e

stato inferto alla Chiesa né alcun pericolo ha mai corso la sua unita a causa di tali insegnamenti. La vitalita della Chiesa, la sua peren- ne giovinezza,

e

stata assicurata dall' evoluzione del suo ordinamento giuridico nella direzione rispondente al misterioso disegno di Dio, quale si

e

manifestato attraverso la vita e le opere di san Josemaría Escrivá.

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