1. Introduzione, background ed obiettivi
1.1 Introduzione
In questa monografia viene presentato il primo studio epidemiologico sulla pre- valenza dei principali disturbi mentali comuni effettuato in un campione rappre- sentativo della popolazione generale adulta italiana. Lo studio fa parte del proget- to europeo chiamato ‘European Study on the Epidemiology of Mental Disorders’
(ESEMeD), al quale hanno preso parte sei paesi europei: Italia, Belgio, Francia, Germania, Olanda e Spagna. L’ESEMeD è stato realizzato nell’ambito di un più ampio progetto internazionale, chiamato World Mental Health (WMH) Survey Ini- ziative (http://www. hcp.med.harvard.edu/wmh/), al quale hanno preso parte più di 30 paesi diversi e che è stato promosso congiuntamente dall’Organizzazione Mon- diale della Sanità e dall’Università di Harvard. A livello europeo il progetto è sta- to finanziato dall’Unione Europea e dalla GlaxoSmithKline. Per i risultati genera- li dello studio europeo si rinvia ad una recente monografia (Alonso et al., 2004), mentre per i risultati relativi a 14 paesi partecipanti al progetto WMH Survey Ini- tiative si rimanda ad un lavoro di Demyttenaere et al. (2004).
In Italia lo studio è stato promosso e coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità nell’ambito del Progetto Nazionale Salute Mentale; la selezione delle persone da intervistare e le interviste sono state invece realizzate dalla DOXA, azienda leader nel settore delle indagini di popolazione, in collaborazione con il gruppo di coor- dinamento dell’Istituto Superiore di Sanità. Le interviste sono state effettuate nel 2001 e nel 2002.
Lo studio ESEMeD-WMH, per la sua ampiezza e per l’abbondanza delle infor- mazioni raccolte, fornisce un quadro ricco e articolato della frequenza dei disturbi mentali nella popolazione italiana, delle relazioni tra di loro, della loro associazio- ne con possibili fattori di rischio e dei trattamenti effettuati.
Nel primo capitolo di questa monografia verranno discussi i principali studi epi- demiologici di popolazione realizzati sino ad oggi in altri paesi ed in Italia; suc- cessivamente verrà descritta la metodologia di realizzazione dello studio stesso e verranno quindi illustrati i principali risultati. I risultati saranno confrontati con quel-
li delle principali ricerche epidemiologiche di comunità condotte in Italia ed in al- tri paesi europei.
1.2 Gli studi epidemiologici di popolazione internazionali
Sino ad oggi a livello internazionale sono stati condotti circa 70 studi epide- miologici su campioni rappresentativi della popolazione generale e realizzati me- diante l’utilizzazione interviste standardizzate. Questi tipi di studi permettono di diagnosticare la presenza di disturbi mentali, ed in particolare di quelli più comu- ni, ossia i disturbi depressivi ed ansiosi, secondo i criteri dei principali sistemi in- ternazionali di classificazione (DSM-III, III-R e IV ed ICD-9 ed ICD-10). Essi so- no stati chiamati da Dohrenwend (1998) ‘studi di terza generazione’ in quanto si caratterizzano per l’adozione di criteri diagnostici precisi e per l’impiego di inter- viste standardizzate e di criteri di campionamento definiti. I primi 43 studi di que- sto tipo sono stati oggetto di una esaustiva rassegna da parte di Kohn et al. (1998).
Si tratta di ricerche condotte in 28 differenti paesi, ed in particolare negli Stati Uni- ti (7 studi) ed in Gran Bretagna (6 studi). Le dimensioni dei campioni oscillano da un minimo di 131 persone (un campione di nativi americani studiati negli Stati Uni- ti) alle quasi 19.200 persone dell’Epidemiologic Catchment Area (ECA) Study, stu- dio condotto in 5 diverse aree degli Stati Uniti (Regier et al., 1988). Si noti che ben 11 ricerche su 43 (ossia il 25% di quelle considerate) hanno studiato un campione inferiore a 500 intervistati.
Abbiamo quindi preso in esame altri 27 studi effettuati dal 1997 ad oggi. Nella Tabella I sono riportati il paese di effettuazione, l’anno di pubblicazione, il sistema diagnostico impiegato, il range di età e la numerosità del campione. Nella tabella II sono invece mostrati i relativi tassi di prevalenza ad un mese, un anno o nel cor- so della vita (lifetime).
Gli studi in questione sono state identificati mediante:
- una ricerca condotta su Medline con numerose parole-chiave combinate in va- rio modo;
- le citazioni bibliografiche riportate negli studi man mano reperiti;
- una ricerca manuale ristretta a quattro riviste internazionali pertinenti (Ameri- can Journal of Psychiatry, Archives of General Psychiatry, British Journal of Psy- chiatry and Social Psychiatry and Psychiatric Epidemiology).
I criteri di inclusione adottati sono stati i seguenti: (i) la ricerca doveva aver com- preso almeno 500 persone di età superiore a 18 anni; (ii) le persone da intervistare dovevano essere state estratte in maniera casuale dalla popolazione generale; e (iii) i risultati delle ricerche considerate dovevano essere stati pubblicati (per quanto possa apparire strano, vi sono studi epidemiologici di popolazione, costati sicura- mente molto tempo e fatica, che non sono mai stati pubblicati).
Per prevalenza annuale si intende la frequenza di coloro che hanno il disturbo in esame o lo hanno avuto nel corso degli ultimi 12 mesi. La prevalenza ad un anno osservata negli studi suddetti, per quanto riguarda la presenza di almeno un distur- bo mentale di qualsiasi tipo, varia dall’11% al 29% circa nei maschi e dal 18% al INTRODUZIONE, BACKGROUND ED OBIETTIVI
Tabella I. - Studi epidemiologici condotti in campioni di popolazione generale e pubblicati a partire dal 1997: metodi e caratteristiche dei campioni studiati. PaeseAutoriSistema diagnosticoTipo diRangePercentuale diN intervistadi etàrisposta (%) Nord America USABreslau et al., 1998 DSM-III-RDIS21-30841.007 USATakeuchi et al., 1998 DSM-III-RCIDI18-65821.747 USAVega et al., 1998 DSM-III-RCIDI18-59903.012 Canada Murphy et al., 2000 DSM-III-RDIS18+861.396 USAGrant et al., 2004DSM-IVAUDADIS-IV18+8143.093 Sud America BrasileAlmeida-Filho et al., 1997 DSM-IIIQMPA/Intervista 15+-6.476 MessicoCaraveo-Anguaga et al., 1999 DSM-III-RCIDI18-54601.734 Cile Araya et al., 2001 ICD-10CIS-R16-64903.870 BrasileAndrade et al., 2002 ICD-10CIDI18+651.464 Cile Vicente et al., 2004DSM-III-RCIDI15+902.978 Medio Oriente Emirati Arabi UnitiAbou-Saleh et al., 2001 ICD-10CIDI18+821.394 Europa OlandaBijl et al., 1998 DSM-III-RCIDI18-64707.147 GermaniaWittchen et al., 1998 DSM-IVM-CIDI14-24713.021 UngheriaSzadoczky et al., 1998 DSM-III-RDIS18-64852.953 SpagnaRoca et al., 1999 ICD-10GHQ/SCAN15+88697 NorvegiaSandanger et al., 1999 ICD-10CIDI18+552.015 GermaniaMeyer et al., 2000 DSM-IVCIDI18-64704.075 FinlandiaAalto-Setaelae et al., 2001 DSM-IVGHQ/SCAN20-2492706 Multicentrico (5 centri)Ayuso-Mateos et al., 2001 DSM-IV/ICD-10BDI/SCAN18-64658.862 NorvegiaKringlen et al., 2001 DSM-III-RCIDI18-65572.066 GermaniaJacobi et al., 2004DSM-IVM-CIDI18-65884.181 ItaliaFaravelli et al. (2004) DSM-IVMINI/ Florence int.14+942.366 Asia ed Oceania AustraliaHenderson et al., 2000 ICD-10CIDI18-997810.641 GiapponeKawakami et al., 2004GiapponeCIDI20+571.029
INTRODUZIONE, BACKGROUND ED OBIETTIVI
Tabella II. -Tassi di prevalenza a 6 mesi/1 anno e nel corso della vita (‘lifetime)’per tutti i disturbi e per i disturbi depressivi negli studi riportati in tabella 1, elencati nel medesimo ordine (%). Qualsiasi disturbo (%)Disturbi depressivi (%) Autori6 mesi o 1 annoNel corso della vita6 mesi o 1 annoNel corso della vita MaschiFemmineMaschiFemmineMaschiFemmineMaschiFemmine Breslau et al., 1998------12,622,8 Takeuchi et al., 1998----4,3** (M-F)12,1** (M-F) Vega et al., 1998--34,832,7--10,014,7 Murphy et al., 2000----1,5#3,6#4,411,5 Grant et al., 2004----9,3 (M-F)-- Almeida-Filho et al., 1997--31,0-50,5 (M-F) §--2,2-11,3 (M-F) § Caraveo-Anguaga et al., 199912,6 (M-F)20,2 (M-F)4,8 (M-F)9,2 (M-F) Araya et al., 200117,3#35,2#--2,7*#8,0*#-- Andrade et al., 200224,828,245,346,35,110,315,721,6 Vicente et al., 200420,732,024,339,54,910,79,819,7 Abou-Saleh et al., 2001--5,111,42,810,3 Bijl et al., 199823,523,642,539,95,79,713,624,5 Wittchen, 199810,324,519,435,76,413,812,820,8 Szadoczky et al., 1998----4,7*9,0*17,929,2 Roca et al., 199921,4# (M-F)--3,4# (M-F)-- Sandanger et al., 199911,5#21,5#--0,7*#4,3*#-- Meyer et al., 2000--30,241,0--7,317,3 Aalto-Setaelae et al., 200118,1#24,7#--7,4#12,7#-- Ayuso-Mateos et al., 2001----6,0#8,9#-- Kringlen et al., 200128,835,949,454,86,414,715,837,3 Jacobi et al., 200425,337,036,848,98,515,412,325,1 Faravelli et al., 2004--13,527,3--10,821,5 Henderson et al., 200017,418,0--4,27,4-- Kawakami et al., 2004----1,32,14,04,2 Legenda : M-F = sia maschi che femmine; *= solo depressione; **= depressione e distimia; #= 1-settimana /1-mese §= range tra tre centri
37% circa nelle femmine. La maggior parte di tali studi comprendono i disturbi da abuso di sostanze o di alcool, mentre non includono i disturbi psicotici (gruppo schi- zofrenico e disturbi bipolari), la cui prevalenza complessiva si aggira intorno all’1%
della popolazione adulta.
Sono ovviamente più elevati i tassi di prevalenza nel corso della vita (lifetime), cioè la frequenza di coloro che hanno il disturbo o lo hanno avuto in precedenza.
Come si può vedere dalla tabella II, in alcuni studi sino al 40-50% delle persone intervistate hanno soddisfatto, in un determinato momento della loro vita, i criteri diagnostici di un disturbo mentale.
Se si considerano però solo i disturbi gravi, che richiederebbero in maniera spe- cifica l’intervento di servizi specialistici, che sono causa di notevole sofferenza e che hanno un impatto marcato sulla qualità della vita (Quality of Life - QoL), la prevalenza si riduce molto: ad esempio, Andrews et al. (2001) hanno stimato che essa si aggira attorno al 3% della popolazione adulta.
Se si prendono in considerazione i soli disturbi depressivi, gli studi in esame ci dicono che ne soffrono in un anno dall’1% all’8% dei maschi e dal 4% al 15% del- le femmine. A questa prevalenza va poi aggiunta quella, di gran lunga minore, del disturbo bipolare I, che si aggira intorno allo 0,5% della popolazione (la prevalen- za del disturbo bipolare II è tuttora argomento molto dibattuto).
I dati ottenuti negli studi presi in esame sono poco comparabili perché ottenuti in tempi diversi e con metodologie diverse. Tra le differenze metodologiche più im- portanti vi sono:
- le procedure di campionamento, che spesso non hanno garantito la rappresen- tatività dei soggetti intervistati;
- l’utilizzo di strumenti diagnostici diversi; ad esempio, come si vede dalla Ta- bella I, nelle 11 indagini europee di popolazione pubblicate dal 1997 sono stati uti- lizzati sei differenti strumenti diagnostici.
Fino alla realizzazione dello studio qui descritto, solo due ricerche hanno utiliz- zato gli stessi strumenti di valutazione e la stessa metodologia di rilevazione in cam- pioni di popolazione selezionati in diversi paesi europei: lo studio ODIN (Ayuso- Mateos et al., 2001) e il DEPRES (Lepine et al., 1997). Si tratta però di studi che hanno indagato solo i disturbi depressivi.
1.3 Gli studi epidemiologici di popolazione italiani
Tutti gli studi precedenti condotti in Italia sulla prevalenza dei disturbi psichia- trici nella popolazione adulta hanno riguardato, con una sola eccezione, aree limi- tate i cui risultati non possono essere generalizzati all’intero paese (Zimmermann- Tansella, 1994). Va però considerato che, data la marcata eterogeneità culturale e genetica presenti in Italia, anche gli studi locali possono essere importanti.
Gli studi italiani presi in esame sono sintetizzati nelle tabelle III e IV. I criteri di inclusione adottati sono i seguenti:
- il campione doveva essere stato estratto in maniera casuale da una popolazio- ne definita di individui in età adulta; pertanto non sono stati inclusi gli studi che hanno preso in esame esclusivamente giovani (Politi et al., 1988) o anziani (Car- piniello et al., 1989);
- doveva essere stata impiegata un’intervista diagnostica strutturata; non sono
stati quindi inclusi gli studi che hanno utilizzato solo questionari di screening, co- me ad esempio il General Health Questionnaire (GHQ) (Siciliani et al., 1984; Zim- mermann-Tansella et al., 1987, 1988, 1993; Zimmermann-Tansella & Siciliani, 1990).
Degli studi elencati in tabella III e IV, tre sono stati condotti a Firenze: nel pri- mo, realizzato all’inizio degli anni ’80, il campione randomizzato (N=639) è stato estratto dalle liste di 7 medici di medicina generale (Faravelli et al., 1985). In que- sto studio, in cui è stata impiegata la SADS-L, si è riscontrata una prevalenza an- nuale per la depressione maggiore del 5,2%; il tasso di prevalenza saliva però al 15,4% se venivano considerati tutti i disturbi depressivi nel loro complesso, com- presi quindi i disturbi bipolari, la ciclotimia e la depressione minore.
Nello studio successivo relativo alla prevalenza dei soli disturbi d’ansia a Fi- renze, condotto con la stessa intervista strutturata (SADS-L) su un campione ran- domizzato (N=1.100) estratto in modo casuale dalle liste di 6 medici di medicina generale, gli autori hanno riscontrato una prevalenza nel corso della vita per i di- sturbi d’ansia del 17,2%, con una marcata variabilità tra i vari sottotipi di disturbi:
si andava dallo 0,4% per l’agorafobia al 5,4% per i disturbi d’ansia generalizzata (Faravelli et al., 1989).
INTRODUZIONE, BACKGROUND ED OBIETTIVI
Tabella III. - Studi epidemiologici condotti in campioni di popolazione generale in Italia.
Autori Sistema diagnostico Tipo di Range % di N
intervista di età risposta
Faravelli et al., 1989 DSM-III SADS-L >14 100,0 1.110
Faravelli et al., 1990 DSM-III SADS-L >15 100,0 1.000
Carta et al., 1991 DSM-III-R PSE-IX >18 94,4 347
Morosini et al., 1992 ICD-9 PSE-IX >15 86,5 152
Carta et al., 2002 ICD-10 CIDI >18 79,2 1.040
Faravelli et al., 2004 DSM–IV MINI, Florence Interview >14 94,5 2.363 ed altri strumenti
Gigantesco et al., 2005 ICD-IX;
DSM-III-R PSE-IX;CIDI* >18 89,0; 89,2 230; 267
* Due studi, il primo condotto nel 1993 ed il secondo nel 2000.
Tabella IV. - Tassi di prevalenza a 6 mesi/1 anno e nel corso della vita (lifetime) per tutti i disturbi e per i disturbi depressivi negli studi di popolazione condotti in Italia (%).
Qualsiasi Disturbo (%) Disturbi depressivi (%) Autori 6 mesi o 1 anno Nel corso della vita 6 mesi o 1 anno Nel corso della vita
Maschi Femmine Maschi Femmine Maschi Femmine Maschi Femmine
Faravelli et al., 1990 - - - - 10,4 20,8 - -
Carta et al., 1991 10,5* 19,6* - - 7,5* 12,5* - -
Morosini et al., 1992 10* 20* 12,7*
Carta et al., 2002 - - - - - - 11,5 15,0
Faravelli et al., 2004** 5,4 12,1 12,5 27,7 4,3 9,7 6,5 15,8
Gigantesco
et al, 2005 *** 5,4-3,2 9,2-12,8 9,5 31,2 3,6- 1,6 5,9- 10,6 7,1 22,0
*Prevalenza ad un mese
**Le percentuali non comprendono i disturbi depressivi e d’ansia non altrimenti classificati
*** Le prevalenze del primo studio si riferiscono solo ad un mese
Infine, nella terza ricerca fiorentina condotta ancora con la SADS-L su un cam- pione rappresentativo della popolazione residente (N=1.000) (Faravelli et al., 1990), si è osservata una prevalenza ad un anno dei disturbi depressivi del 6,2% per la de- pressione maggiore e del 2,6% per la distimia.
Hintgerhuber et al. (1985) hanno realizzato un’indagine sulla prevalenza di va- ri disturbi mentali e neurologici (ad esempio l’epilessia) tra gli abitanti di lingua tedesca di un paese dell’Alto Adige (N=1.337), utilizzando un’intervista semi-strut- turata, su cui nell’articolo non vengono forniti dettagli, e la classificazione ICD-9;
hanno rilevato un tasso di prevalenza nel corso della vita per le psicosi affettive ed i disturbi ansiosi e depressivi, comprese le psicosi affettive, del 5,9% tra gli uomi- ni e dell’8,7% tra le donne. Va detto però che la metodologia adottata e l’ampiez- za delle categorie diagnostiche suggeriscono una notevole cautela nell’interpretar- ne i risultati.
Gli unici due studi condotti sino ad oggi su un campione rappresentativo della popolazione nazionale hanno riguardato solo la depressione (Dubini et al., 2001;
Battaglia et al., 2004). Tuttavia anche queste due indagini, che sono state realizza- te su un campione solo parzialmente diverso e in anni successivi, presentano note- voli problemi metodologici: innanzitutto il questionario utilizzato (una versione mo- dificata della Mini International NeuroPsychiatric Interview, MINI) è stato invia- to per via telematica, come pure sono state inviate le risposte fornite dai membri di un panel (ossia una coorte seguita nel tempo per indagini di mercato periodiche) di famiglie selezionate (N=3.550 e 5.620) senza che venisse richiesto loro di precisa- re chi fosse il rispondente (per cui avrebbe potuto indifferentemente rispondere sia un membro anziano, sia un membro giovane della famiglia). I risultati sono i se- guenti: nella prima indagine una prevalenza a 6 mesi di depressione del 6,9% ne- gli uomini e del 9,1% nelle donne, con una frequenza massima nella classe di età compresa tra i 30 e i 49 anni (11,9%) e senza differenze significative tra le regio- ni settentrionali, centrali e meridionali. Tra le persone in età superiore ai 60 anni, la depressione è risultata spesso associata a malattie fisiche concomitanti. Nella se- conda indagine, le prevalenze di depressione maggiore e minore sono risultate ri- spettivamente pari al 10,8% ed al 3,3% del campione esaminato; l’ampiezza dei tas- si di prevalenza e la maggiore frequenza della depressione maggiore rispetto alla depressione minore, insieme alla peculiare metodologia utilizzata, suggeriscono an- cora una volta grande cautela nell’interpretarne i risultati.
Alcuni studi sono stati condotti agli inizi della anni ‘90 con la nota intervista strutturata Present State Examination, nona revisione (PSE-9), che rileva la pre- senza dei sintomi nell’ultimo mese (Wing et al., 1974) e che deve essere sommi- nistrata da intervistatori clinici appositamente addestrati. Una di queste ricerche è stata condotta in un’area mineraria della Sardegna (Carta et al., 1991) ed un’altra in un’area di recente sviluppo industriale, ma con presenza di zone rurali in Toscana (Morosini et al., 1992). In quest’ultimo studio sono stati estratti dall’anagrafe i no- minativi di 348 nuclei familiari; di questi il 94% è stato contattato e tra i loro com- ponenti, estratti casualmente, il 92% è stato intervistato, producendo un tasso fina- le di risposta dell’86,5%. Queste due indagini hanno fornito risultati simili agli stu- di condotti con lo stesso strumento diagnostico in altri paesi: in entrambe le ricer- che una prevalenza complessiva ad un mese pari al 10% circa nei maschi ed al 20%
nelle donne, con una prevalenza relativamente elevata di disturbi depressivi in età avanzata, in particolare nel sesso femminile.
Uno studio condotto successivamente in Sardegna in aree sia urbane che rurali e minerarie (Carta et al., 2002) ha messo in luce un tasso di prevalenza di depres- sione nel corso della vita pari all’11% tra i maschi ed al 15% tra le femmine, con valori più elevati nell’area ex mineraria già indagata nella precedente ricerca sia ri- spetto alle zone urbane che alle zone rurali; in queste ultime erano più frequenti i disturbi ansiosi. In questo secondo studio è stato realizzato anche un confronto con i tassi di prevalenza di depressione di un campione di residenti a Parigi e di un cam- pione di emigrati sardi nella stessa città. Una precedente indagine condotta in Sar- degna in un campione di popolazione anziana (Carpiniello et al., 1989) sembra con- fermare che nelle aree rurali dell’isola sarda vi è una bassa prevalenza di depres- sione.
Entrambi gli studi condotti nella città di Jesi della Marche, il primo con il PSE- 9 e l’altro con la Composite International Diagnostic Interview (CIDI) (Gigantesco et al., 2005) hanno messo in evidenza una prevalenza di depressione bassa, nel com- plesso intorno al 6% nell’ultimo anno; anche per l’ansia si sono osservati tassi re- lativamente bassi.
Per quanto concerne i disturbi d’ansia, si è osservata una prevalenza relativa- mente bassa di fobia sociale in tutti gli studi (ad esempio, a Firenze una prevalen- za nel corso della vita del 3% secondo i criteri diagnostici del DSM-IV). La pre- senza di tassi di prevalenza elevati dei disturbi di panico e d’ansia generalizzata, ma di valori di prevalenza bassi per la depressione (il cosiddetto quadro “mediter- raneo”) sembra tuttavia presente solo in Sardegna al di fuori dell’area ex-minera- ria.
Dopo aver passato in rassegna 17 studi epidemiologici di popolazione pubblica- ti fino al 1994 (compresi i primi due studi elencati nella in tabella III, quelli basa- ti solo su questionari di screening, come il GHQ, e quelli realizzati in campioni par- ziali di popolazione, ad esempio solo giovani o anziani), Zimmermann-Tansella (1994) concludeva che la prevalenza (puntuale) dei disturbi psichiatrici minori poteva va- riare dal 12,6% al 22,7%. Si tratta evidentemente di un ambito di valori molto am- pio, di difficile interpretazione e generalizzabilità.
Prima dell’ESEMeD-WMH, lo studio epidemiologico italiano di popolazione più importante è stato condotto a Sesto Fiorentino, città alla periferia di Firenze. Dal- le liste degli assistiti di 18 medici di medicina generale è stato estratto in maniera casuale un campione complessivo di 2.363 persone che sono state inizialmente va- lutate con la MINI; i casi positivi ed un sottogruppo di negativi sono stati quindi esaminati direttamente da clinici appositamente addestrati mediante uno strumento apposito, la Florence Psychiatric Interview, che comprende numerosi strumenti dia- gnostici standardizzati specifici per la valutazione dei disturbi messi in luce dallo screening iniziale (Faravelli et al., 2004a, 2004b). Il 6,8% dei soggetti di sesso ma- schile ed il 13,8% di quelli di sesso femminile (per una prevalenza complessiva del 10,6%) avevano sofferto nell’anno precedente di un disturbo mentale, compresi l’a- buso di sostanze o di alcool; tali tassi si riducono al 5,4% ed al 12,1% se si elimi- nano le due categorie rappresentante dai Disturbi depressivi non altrimenti specifi- cati (NAS) ed i Disturbi d’ansia non altrimenti specificati (NAS), oggetto di giu- INTRODUZIONE, BACKGROUND ED OBIETTIVI
stificate controversie. Per quanto riguarda le grandi categorie diagnostiche, il 4,3%
della popolazione maschile ed il 9,7% di quella femminile aveva sofferto di un di- sturbo depressivo nei 12 mesi precedenti (sempre escludendo i disturbi depressivi NAS). Anche la prevalenza dei disturbi d’ansia era diversa nei due sessi, rispetti- vamente 3,9% nei maschi e 7,7% nelle femmine. Va invece sottolineato che la pre- valenza dei disturbi di abuso di alcool o di sostanze è risultata estremamente bas- sa, dello 0,3% nei maschi e dello 0,2% nelle donne, benché si fossero raccolte infor- mazioni anche dai medici di medicina generale per ridurre la sotto-segnalazione di un problema psicologicamente e socialmente ‘delicato’.
1.4 Obiettivi dello studio ESEMeD-WMH Lo studio ESEMeD-WMH aveva più obiettivi:
A. valutare la prevalenza ad un mese, ad un anno e nel corso della vita (lifetime) dei principali disturbi mentali non psicotici: disturbi depressivi (depressione mag- giore e distimia); disturbi d’ansia (disturbo d’ansia generalizzata, disturbo di pa- nico, fobia semplice, fobia sociale, agorafobia, disturbo post-traumatico da stress [DPTS], disturbo ossessivo-compulsivo); disturbi da abuso/dipendenza da alcool;
altri disturbi (sindrome premestruale, disturbo da iperattività e da deficit del- l’attenzione, disturbo della condotta, disturbo oppositivo-provocatorio, disturbi del comportamento alimentare);
B. studiare l’associazione tra disturbi depressivi e d’ansia da una parte, e caratteri- stiche sociodemografiche (quali sesso, età, scolarità, stato civile, condizione so- cioeconomica e luogo di residenza) e possibili fattori di rischio (familiarità, espe- rienze traumatiche nell’infanzia, eventi stressanti, ecc.) dall’altra;
C. descrivere l’autovalutazione dello stato di salute e della QoL, ed il livello di di- sabilità (in termini di riduzione delle attività quotidiane) delle persone affette da disturbi mentali;
D. indagare la presenza di malattie somatiche e le loro relazioni con i disturbi men- tali;
E. esaminare l’entità e le modalità di utilizzo dei servizi sanitari e dei servizi spe- cialistici di salute mentale, ed il consumo di psicofarmaci (tipo di farmaci e du- rata dell’assunzione);
F. fornire risultati utili per orientare i programmi nazionali e regionali nel campo dell’assistenza e della promozione della salute mentale e stimolare ipotesi di ri- cerca.