Autore:
Silvia Maffei
Relatori:
Prof. Ing. Massimo Dringoli
WATERFRONT URBANI
La programmazione e il recupero dei fronti d’acqua
tra sostenibilità globale ed identità locali.
Analisi e Strategia di sviluppo
del Waterfront di New York
UNIVERSITÀ DI PISA
Scuola di Dottorato in Ingegneria “Leonardo da Vinci”
Corso di Dottorato di Ricerca in
SCIENZE E TECNICHE DELL’INGEGNERIA CIVILE
Tesi di Dottorato di Ricerca
Abstract
L’acqua ha intessuto per millenni una rete di rapporti strettissimi con la città, proprio attraverso quello spazio di interfaccia che in letteratura è stato definito waterfront. L'avvento dell’età contemporanea ha modificato profondamente questo equilibrio, portando alla rottura di quel rapporto fisico e di uso civico che aveva contraddistinto lo sviluppo dei waterfront nel tempo. La consapevolezza che un rapporto così ricco e complesso rappresenti una opportunità irrinunciabile nelle future strategie di sviluppo della città, sta alla base del presente lavoro di ricerca. Attraverso l’analisi dell’evoluzione delle problematiche connesse al recupero dei waterfront urbani, alla luce delle esperienze realizzate ed in corso d’opera, emerge con chiarezza come la dimensione strategica delle operazioni di trasformazione dei fronti d’acqua all’interno dell’ambito urbano sia strettamente connessa alla capacità di saper governare e portare a sintesi tutti gli elementi che a diversa scala in essi confluiscono.
Partendo quindi dal riconoscimento della natura complessa dei waterfront, la prima parte del lavoro si prefigge di costituire un quadro di riferimento utile alla programmazione degli interventi futuri, partendo da una definizione diversa dell’ambito d’intervento. Proprio in riferimento ai waterfront, infatti, troppo spesso sentiamo utilizzare parole come orlo, bordo, linea, come se il mero aspetto localizzativo potesse da solo definire la natura e la qualità di questi luoghi, dimenticandoci, invece, che in essi da sempre convivono intensi e delicati equilibri che dovrebbero piuttosto farci ragionare in termini di sistema ambientale, territoriale ed urbano. Attraverso, quindi, un’analisi sistematica delle relazione che in forma dinamica e variabile si vengono a creare all’interno del sistema waterfront (luogo, ambiente, paesaggio, territorio, costruito), l’obbiettivo è proprio quello di definire approcci e strategie sistematiche, interdisciplinari ed integrate che tengano conto delle esigenze di sostenibilità come punto di partenza per qualsiasi strategia di sviluppo ipotizzata.
Particolare enfasi è stata data, inoltre, agli aspetti legati alla promozione di processi decisionali inclusivi che vengono trattati puntualmente partendo anche
programma di sviluppo basato su una visione condivisa degli obbiettivi e delle strategie da mettere in atto sul territorio da parte dei principali agenti sociali e economici della città.
Nel momento in cui occorre portare contemporaneamente tutti i problemi all’interno del processo, dato lo stretto legame che si genera tra questi, diventa infatti necessario portare all’interno del processo anche tutti gli attori che rappresentano le differenti istanze mediante processi decisionali che sappiano tenere in conto di tutti gli interessi di natura diversa che confluiscono in queste aree e che altrimenti rischierebbero di non essere presi in considerazione, con grave pregiudizio di soluzioni di valore. Consapevoli che dalla corretta impostazione di questo passaggio dipenda il successo delle politiche intraprese, durante lo studio sono stati individuati in dettaglio i ruoli, le risorse, le procedure e le struttura organizzativa che stanno alla base del processo di programmazione degli interventi di trasformazione dei waterfront, con fine di offrire un significativo sostegno in fase decisionale per le pubbliche amministrazioni, developer, e stakeholders che faranno parte del processo negli sviluppi in avvenire.
La nuova generazione di waterfront dovrà confrontarsi con le mutate esigenze del vivere contemporaneo dove gli aspetti di sostenibilità sociale, ambientale ed economica non possono più essere rimandati ad una generazione futura, ma sono parte integrante della realtà in cui viviamo e presupposto fondamentale per la sopravvivenza delle nostre città. La costruzione della sostenibilità globale nel rispetto delle identità locali, dovrà quindi partire proprio dal basso, ovvero dalla scala urbana e territoriale, assumendo approcci e strategie innovative che pongano la conoscenza al centro della programmazione degli interventi e che tengano conto di tutte gli elementi che confluiscono nel sistema waterfront
Le trasformazioni in atto sul waterfront di New York si inseriscono in questo quadro complesso. La tensione che Manhattan oggi manifesta verso il suo contesto d’acqua è un processo di grande fermento propositivo e dal quale sembra apparire un nuovo modo per la città di vivere e di esibire la propria identità.
Qui la riscoperta del waterfront diventa occasione per una nuova riconfigurazione dello spazio urbano e per una riflessione accurata sulle molteplici destinazioni d’uso che dovranno soddisfare la domanda crescente e diversificata di una metropoli che si appresta ad ospitare 9 milioni di abitanti.
INDICE
Introduzione VI
PARTE I
IL PROCESSO DI SVILUPPO DEI WATERFRONT URBANI CAPITOLO 1
EVOLUZIONE DEI WATERFRONT URBANI
1.1 Waterfront: rapporti tra acqua e città nel tempo 1 1.2 Le forme del porto e la sua evoluzione 4 1.2.1 Elementi costitutivi del porto moderno 6 1.2.2 Evoluzione di fatti urbani nella relazione porto-città 9 1.2.3 Evoluzione del rapporto forma-struttura 15 1.3 Il paesaggio del waterfront contemporaneo 17 1.4 Città d’acqua: nuovi scenari e prospettive future 19 1.5 Bibliografia 22
CAPITOLO 2
ESIGENZE DI RECUPERO E TRASFORMAZIONI IN ATTO
2.1 Gli spazi del waterfront e i vuoti urbani 24 2.2 Recupero e tipologie di intervento 27 2.3 Quattro generazioni di waterfront urbani 30 2.4 Problematiche connesse al recupero delle aree portuali oggi 45 2.5 Normativa di riferimento 48 2.6 Bibliografia 50
CAPITOLO 3
STRATEGIE DI SVILUPPO E PROGRAMMAZIONE SOSTENIBILE 3.1 Waterfront come entità complessa 57 3.2 Gli effetti dei cambiamenti climatici sulle aree costiere 59 3.2.1 Adattamento e mitigazione: dall’osservazione alla previsione 64 3.3 Strategie per uno sviluppo sostenibile 72
3.3.1 Obbiettivi, azioni, traguardi 73 3.4 Pianificazione strategica e Coastal Zone Management 90 3.4.1 La gestione integrata delle zone costiere 94 3.5 Una visione strategica per il paesaggio urbano costiero 102 3.5.1 Dalla pianificazione dei litorali al progetto dello spazio pubblico 105 3.6 Bibliografia 117
CAPITOLO 4
GESTIONE DEL PROCESSO E PIANIFICAZIONE PARTECIPATA 4.1 Strategie e processo collaborativo 120 4.2 Processi decisionali e strutture organizzative 121 4.2.1 Esperienze internazionali 125 4.3 Risorse finanziarie e partenariato pubblico-privato 135 4.3.1 Normativa Europea ed Italiana in materia 136 4.3.2 Modelli di PPP per i waterfront urbani 147 4.4 Gestione del progetto urbano ed azioni strategiche 158 4.5 La programmazione partecipata 162 4.5.1 Gestione delle pratiche partecipative 167 4.5.2 Processi decisionali inclusivi e pianificazione strategica 169 4.6 Il ruolo del marketing nella promozione dei waterfront 173
PARTE II
ANALISI E STRATEGIA DI SVILUPPO DEL WATERFRONT DI NEW YORK
CAPITOLO 5
STRATEGIE E PROCEDURE PER L’EAST RIVER WATERFRONT 5.1 Ground Zero: una città che guarda al futuro 182 5.2 Il Sistema Lower Manhattan 185 5.2.1 Una visione strategica 187 5.3 Il waterfront come elemento cruciale per downtown 193 5.3.1 East River Waterfront: 45 anni di proposte 200 5.4 Il Concept Plan: il processo collaborativo 216
5.4.1 Strategie e procedure 217
5.4.2 Partenariati e programmazione partecipata 218
5.4.3 Cronologia del progetto 223
5.5 Bibliografia 229
CAPITOLO 6
GESTIONE DEL PROCESSO E PIANIFICAZIONE PARTECIPATA
6.1 Il Foundation Project 231
6.1.1 Area di studio: vincoli ed esigenze 234 6.1.2 Il sistema dei trasporti come elemento cruciale 238 6.1.3 Finalità ed obbiettivi: i punti chiave del progetto 246
6.2 Esplanade: il progetto del fronte d’acqua 250
6.2.1 Esplanade e wide esplanade 255
6.2.2 I padiglioni e le attività 257 6.2.3 La copertura della FDR Drive 260 6.3 I Piers: il recupero dei moli e delle banchine 261
6.3.1 Pier 15 e Pier 35 265
6.3.2 New Market Building 266
6.4 Slip Project: le rampe ed i collegamenti con la città 267
6.4.1 Burling Slip 269
6.4.2 Peck Slip 270
6.4.3 Pike/Allen Street 270
6.4.4 Catherine, Rutgers, Montgomery Slip: lo studio dei prototipi 272 6.5 Gateway: la Waterfront Greenway e gli interventi puntuali 272
6.5.1 Battery Maritime Plaza 277
6.5.2 East River Park Connection: Pier 42 278
6.6 Conclusioni 282
6.7 Bibliografia 287
Conclusioni 288
Introduzione
Oggi utilizziamo la parola waterfront per dare un nome univoco allo stesso processo di riqualificazione urbanistica che in tutto il mondo riguarda determinate aree del centro urbano che si affacciano sul mare e sui corsi d’acqua.
Aree spesso degradate e dismesse, frutto del graduale abbandono dalle zone portuali a seguito delle trasformazioni industriali, dal secondo dopoguerra in poi. Le città, infatti, si stanno riappropriando del mare e di consistenti porzioni di aree portuali attivando, talvolta, a partire dal loro fronte sull’acqua, un processo di rigenerazione tale da rimettere in gioco ambiti urbani molto più vasti di quelli inizialmente interessati dalle operazioni di recupero; fenomeno, peraltro, che ha fatto parlare di ‘water renaissance’, proprio per la sua dimensione universale, testimoniata dai numerosi progetti ed interventi che si sono susseguiti e che continuano a prendere forma dagli anni 60’ ad oggi in tutto il mondo.
Di fatto, dalle prime esperienze statunitensi, caratterizzate da una visione settoriale degli interventi, dove lo spazio del waterfront concentrava prevalentemente interessi privati sbilanciati verso la rendita urbana e lo sviluppo di singole aree, si passa successivamente ad una nuova generazione di progetti di waterfront dove l’attenzione rivolta alla linea d’acqua diventa l’elemento propulsore per una nuova riconfigurazione dello spazio urbano e conseguente fattore strategico di sviluppo per l’intera città.
La nuova generazione di waterfront si confronta con le mutate esigenze del vivere contemporaneo ed in primo luogo con le problematiche connesse all’uso limitato delle risorse. La duplice compresenza di ambiente naturale e di ambiente antropizzato all’interno del waterfront, infatti, rimanda alla necessità di operare scelte capaci di coniugare le esigenze di sviluppo, compatibilmente alla disponibilità di risorse, alla salvaguardia del patrimonio naturale e culturale, per garantire sia il rispetto dell’ambiente che il benessere delle comunità umane.
Un altro importante fattore di mutamento è rappresentato dal rapporto dell’individuo con la propria città; la ricerca di una coerenza tra qualità della vita e forma urbana passa necessariamente dal coinvolgimento della popolazione nelle politiche di trasformazione delle città. Si diffonde, infatti, sempre più l’esigenza di un uso del territorio che sia attento agli aspetti sociali, alla storia ed all’essenza dei luoghi, capace di comunicare una identità forte nella quali i cittadini si possano riconoscere.
Bellezza, fruibilità, centralità, sicurezza, equità, qualità ambientale, efficienza, sostenibilità ed inclusione diventano, quindi, i requisiti indispensabili della città contemporanea ed in questo senso il recupero dei waterfront si traduce in una rinnovata ricerca delle relazioni con l’acqua e nello sfruttamento creativo di questo valore aggiunto dato proprio dall’elemento liquido.
L’acqua intesa come mezzo di trasporto urbano, a completamento dei tradizionali sistemi di trasporto in risposta alla congestione del traffico su strada e alle problematiche connesse all’inquinamento; acqua come luogo per la costruzione di attrezzature di uso collettivo e per strutture destinate alla residenza; acqua, come fattore di miglioramento della qualità della vita, indispensabile in un contesto come quello attuale in cui le città devono necessariamente porsi l’obiettivo di cambiare per mantenere e attrarre capitali, imprese, abitanti e visitatori.
In questo senso il waterfront può rappresentare l’elemento propulsore per una nuova riconfigurazione dello spazio urbano e per una riflessione accurata sulle molteplici destinazioni d’uso capaci di soddisfare una domanda crescente e diversificata di utenti.
Risulta, quindi, evidente l’importanza che una forte azione di governo e la definizione di strumenti di pianificazione strategici innovativi assume per il successo degli interventi finalizzati al recupero e alla trasformazione delle aree di waterfront che mirino a rivestire il ruolo di nuove centralità urbane.
Numerosi sono gli interventi che proliferano sui waterfront, ma ancora troppo pochi quelli realmente capaci di promuovere quell’interessante carattere di complessità, caratteristica degli organismi urbani più compiuti.
La monofunzionalità o il binomio commercio-intrattenimento, responsabili della degenerazione di un certo modello di organizzazione del waterfront, non possono più rappresentare un modello di riferimento. Molti degli interventi sui waterfront non sono sfuggiti a questo duplice destino: da una parte dando vita a brani interessanti di città disegnati sapientemente attraverso un progetto unitario, capace di recuperare queste aree all’interno del tessuto urbano; dall’altro lato, invece, creando paesaggi piatti e monotoni che, anziché vivacizzare, deprimono le zone da riqualificare, lasciandole così al loro destino di isolamento dal resto della città. Spesso la complessità urbana è l’esito di lunghi processi di sedimentazione di diverse fasi storiche e di interventi realizzati in fasi alterne, ma allo stesso tempo può anche essere raggiunta da un intervento unico ed unitario, capace di cogliere le sinergie e le opportunità che possono scaturire da una visione integrata inserita in una più vasta politica strategica territoriale.
Il presente studio si inserisce in questo quadro complesso.
Dare il via a progetti di sviluppo di waterfront urbani, infatti, richiede una forte struttura organizzativa, leadership nei processi decisionali e, soprattutto, la capacità di saper gestire con successo tutto il lungo processo di realizzazione di queste opere attraverso una visione strategica proiettata nel lungo termine e che parta proprio da una corretta impostazione della fase iniziale.
Le problematiche riscontrate nella maggior parte delle operazioni di sviluppo sui waterfront, infatti, si riferiscono principalmente ad una mancanza di governabilità del processo più che di progettualità urbanistica.
In questo senso, la presente ricerca mira costruire una quadro di riferimento utile alla corretta programmazione degli interventi mediante l’analisi puntuale di tutti gli aspetti di natura diversa che confluiscono all’interno del sistema waterfront.
Parte I
IL PROCESSO DI SVILUPPO DEI WATERFRONT URBANI
Capitolo 1
EVOLUZIONE DEI WATERFRONT URBANI
“Esistono città sul fiume - Parigi, Londra, Roma, mille altre -, e città sul mare - Napoli, Odessa, o Tokyo -; e città sul lago - Costanza o Chicago -; città sul lago e sul fiume - Ginevra -; città su lagune - Amsterdam, Venezia -. Esistono città che non hanno né fiume, né mare, né lago, né laguna. Ma nessuna città manca di rapporto, magari segreto, con l’acqua”.
Paolo Sica
Abstract: L’acqua ha intessuto per millenni una rete di rapporti strettissimi con la città, proprio attraverso quello spazio di interfaccia che in letteratura è stato definito waterfront. L'avvento dell’età contemporanea ha modificato profondamente questo equilibrio, portando alla rottura di quel rapporto fisico e di uso civico che aveva contraddistinto lo sviluppo dei waterfront nel tempo. La consapevolezza che un rapporto così ricco e complesso rappresenti una opportunità irrinunciabile nelle future strategie di sviluppo della città, sta alla base delle riflessioni di questo capitolo; attraverso l’analisi dell’evoluzione dei waterfront urbani, infatti, ci si prefigge di individuare quali siano gli elementi che caratterizzano il rapporto tra città e fronte d’acqua nel tempo e come questi possano giocare un ruolo strategico all’interno delle politiche di pianificazione urbana.
1.1 Waterfront: rapporti tra acqua e città nel tempo
Il rapporto che l'uomo instaura con l'acqua durante l'evoluzione delle civiltà umana è profondo e complesso.
Indispensabile per la sopravvivenza d'ogni essere vivente e presupposto essenziale per la costruzione di qualsiasi comunità, l'acqua ha sempre sedotto e stimolato il pensiero degli antichi per la sua bellezza e per la sua forza che genera la vita. Il legame che nasce fra l'uomo e l'acqua si sviluppa e si arricchisce nel tempo, confondendosi, di volta in volta, nel mito, nella religione, nella filosofia, nella poesia, nella scienza, nell'arte e nell'architettura.
L’acqua - con i suoi fiumi, laghi, baie, mari ed oceani - ha intessuto per millenni una rete di rapporti strettissimi con il più antropizzato di tutti gli ambienti: la città.
Proprio questo legame tra città ed acqua, da sempre, si struttura attraverso il continuo mutare dei caratteri fisici, relazionali, socio-economici, di quello spazio di interfaccia che in letteratura è stato definito waterfront.
I waterfront sono stati i luoghi di intensi sviluppi e alterazioni all’interno dello spazio urbano, sperimentando spesso rapide e complesse metamorfosi. Infatti, il sistema di relazioni tra acqua e città nel tempo è stato condizionato da una molteplicità di fattori correlati, in cui l’evoluzione dei processi tecnologici e dei trasporti, l’andamento dei mercati internazionali, le decisioni degli attori locali, le normative nazionali e i regolamenti cittadini, le condizioni storico-culturali e morfologiche dei siti, rappresentano solo alcune delle cause che hanno influenzato l’organizzazione dei waterfront e i loro rapporto con i contesti circostanti.
Prima della diffusione delle ferrovie, prima della nascita delle autostrade e dell’intensificarsi del traffico aereo, alla città si poteva accedere via nave, approdando al porto, o via fiume, risalendone con le barche il percorso; prima della rivoluzione industriale, l’area portuale coincideva con gli spazi della città, attraverso una perfetta integrazione di struttura, forma e funzione; prima dello sviluppo di incontrollate urbanizzazioni, la crescita della città seguiva le sponde del suo fiume, dove un fitto tessuto corporativo di mestieri, affari, mulini, terre appoderate ed interessi ruotavano intorno all'uso delle acque.
L'avvento dell’età contemporanea ha modificato gradualmente ma in maniera profonda questa relazione diretta tra forma urbana e margine d’acqua.
Dalla totale centralità del waterfront, sia esso fluviale e/o marittimo, nell’evoluzione dei fatti urbani - caratterizzata da relazioni spaziali e funzionali complesse e puntualmente riflesse nell'immaginario collettivo ed identitario della città - si assiste, infatti, ad una progressiva rottura del rapporto fisico e di uso civico con la città storica che aveva contraddistinto lo sviluppo dei waterfront nel tempo.
Un esempio di questo processo è rappresentato dalle città di porto. Infatti, quando il distacco tra funzioni marittime e funzioni urbane diventa definitivo, si avvia una segregazione progressiva tra gli ambiti di pertinenza del porto e quelli di pertinenza della città, che divengono così indipendenti l’uno dall’altro; in tal caso il waterfront, liberato da tutte le funzioni portuali, viene concepito come un territorio da
connotazioni specifiche del tutto nuove sia per l’ambito portuale sia per quello urbano.
In questa nuova dimensione del rapporto tra acqua e città, lo stesso concetto di waterfront va ad assumere un significato diverso; oggi utilizziamo la parola waterfront per dare un nome univoco allo stesso processo di riqualificazione urbanistica che in tutto il mondo riguarda determinate aree del centro urbano, quelle che si affacciano sul mare e sui corsi d’acqua. Aree spesso degradate e dismesse, frutto del graduale abbandono dalle zone portuali a seguito delle trasformazioni industriali, dal secondo dopoguerra in poi.
Di fatto, dalle prime esperienze statunitensi e canadesi degli anni ’60 ad oggi, lo spazio del waterfront è stato oggetto di diverse metamorfosi: da luogo di concentrazione di interessi prevalentemente privati, finalizzati a rivitalizzare parti di quartieri marittimi e zone portuali fortemente degradate - concetto anglosassone di inner city – a motore di sviluppo nei processi di trasformazioni urbana.
Da una visione settoriale degli interventi, sbilanciata verso la rendita urbana di singole aree concluse in loro stesse, si passa così ad una nuova generazione di progetti di waterfront che mirano alla ricostruzione dei links perduti tra acqua e città e dove l’attenzione rivolta alla linea d’acqua diventa l’elemento propulsore per una nuova riconfigurazione dello spazio urbano.
Questo rinnovato valore dato al rapporto tra l’elemento acqueo e l’organismo urbano caratterizza la nuova dimensione del waterfront contemporaneo, che mira a riconquistare la vista dell’acqua e l’accessibilità diretta alle sue rive ed a ricostituire le relazioni con la città consolidata attraverso una interdipendenza formale e funzionale dei tessuti urbani nelle due direzioni: all’esterno, oltre il limite con l’acqua; all’interno, verso il centro della città.
La consapevolezza che un rapporto così ricco e complesso rappresenti una opportunità irrinunciabile nelle future strategie di sviluppo e pianificazione della città, sta alla base delle riflessioni di questo capitolo; attraverso l’analisi dell’evoluzione dei waterfront urbani, infatti, ci si prefigge di comprendere quali siano gli elementi che caratterizzano il rapporto tra città e fronte d’acqua nel tempo e quindi di stabilire in che modo il recupero dei waterfront possa effettivamente giocare un ruolo strategico all’interno della programmazione degli interventi urbani.
1.2 Le forme del porto e la sua evoluzione
La trasformazione e lo sviluppo dei waterfront urbani nel tempo assume rilevante importanza nell’indagine finalizzata alla comprensione dell’evoluzione del rapporto città e fronte d’acqua e di conseguenza all’individuazione delle relazioni che intercorrono tra forma urbana e infrastruttura portuale [fig.1].
Delle numerose fasi in cui è possibile articolare l’evoluzione dei fatti urbani che interessano l’interfaccia città – porto, o città - waterfront, quella che più interessa questo studio riguarda il complesso di strutture portuali e industriali realizzate durante il XIX secolo e nei primi decenni del XX secolo.
Infatti, gli interventi di progettazione, riqualificazione e recupero dei waterfront urbani realizzati negli ultimi 40 anni e quelli in via di sviluppo a livello mondiale fanno riferimento proprio a questo particolare e sensibile ambito urbano-portuale-postindustriale, invariabilmente disposto a ridosso della città storica, che nasce a seguito dello sviluppo economico innescato dalla seconda rivoluzione industriale. In particolare l’obbiettivo dell’indagine storica è quello di:
1. comprendere quali siano gli elementi che caratterizzano l’evoluzione dei waterfront urbani a partire dalla rivoluzione industriale,
2. individuare quei fenomeni assimilabili ad un processo di sviluppo, in qualche modo omogeneo e generalizzabile, della struttura del waterfront in relazione alla morfologia urbana ad essa afferente,
3. verificare come e in che misura questi fenomeni influiscano sull’evoluzione del rapporto forma-struttura tra waterfront e città e, di conseguenza,
4. stabilire se vi siano delle costanti o delle variabili di tale rapporto nel tempo che ci permettano di ricavare delle linee guida utili sia per la valutazione dei progetti di waterfront realizzati e soprattutto per la programmazione dei progetti che verranno in futuro.
Fig.1 – Schema di evoluzione del rapporto tra infrastruttura portuale e tessuto urbano (tratto da Urban Land Institute, Remaking the Urban Waterfront, ULI, Washington 2004, pp.8-9.)
1.2.1 Elementi costitutivi del porto moderno
La condizione “periferica” dello spazio portuale ottocentesco rispetto al centro della città, colta così intelligentemente ed altrettanto stigmatizzata da Quatremère de Quincy nel suo Dizionario Storico dell’Architettura, è dovuta alla presa di coscienza di una prima rottura dell’equilibrio tra città costiera ed ambito portuale, provocata dal rapido espandersi delle strutture per lo scalo e lo stoccaggio delle merci avvenuto nei grandi porti europei alla metà dell’Ottocento.
Infatti, grazie ai progressi nel campo dei trasporti, con l’avvento delle navi a vapore e delle linee ferrate, e con il forte aumento dei commerci e dei traffici marittimi, assistiamo in questo periodo ad una profonda trasformazione delle aree di interfaccia porto-città.
A partire dalla rivoluzione industriale, l’assetto del margine urbano portuale settecentesco [fig.2], sul cui spazio ridotto si affaccia la città e dove convivono sia le attività civiche, con le loro istanze di rappresentatività, che quelle commerciali legate ai traffici marittimi o fluviali, viene strutturalmente modificato dalla creazione di un nuovo suolo artificiale costituito da una rinnovata rete di banchine e moli, la cui terra spesso risulta da operazioni di drenaggio effettuate per rendere più profonde le acque e quindi capaci di ospitare l’ancoraggio di navi sempre più grandi. Questa superficie artificiale che nasce e si sviluppa in contiguità con la città storica inizia a prendere forma seguendo regole totalmente indipendenti da quelle che avevano dato luogo alla conformazione urbana e concettualmente va assumendo piuttosto i caratteri di un meccanismo che di una parte di città; di fatti, le nuove aree d’interfaccia tra città e porto vengono strutturate e dimensionate secondo una logica funzionale strettamente connessa alla dinamica del movimento che coinvolge in un unico sistema dinamico navi, gru, chiatte, locomotive, vagoni ferroviari, uomini e merci ed al nuovo territorio è presto associato un proprio statuto amministrativo, destinato ad attività sempre più specialistiche.
L’altro elemento che va ad incidere strutturalmente sulle aree del waterfront è rappresentato dalla ferrovia, che attraversando il waterfront portuale parallelamente alla linea di costa, va a costituire una barriera fisica tra città e porto.
Fig.2 – Antica stampa che riproduce la Palazzata di Messina prima del terremoto del 1783
Prima dell’avvento della ferrovia, i servizi relativi alla struttura portuale quali i posti di dogana e di ristoro, le stazioni della diligenza, i barconi e le chiatte costituivano l’unico riscontro dell’organizzazione dei trasporti territoriali via terra e via acqua nella città; ora con l’introduzione delle linee ferrate viene a verificarsi la necessità di un aumento della superficie del waterfront che produce un progressivo allontanamento del fronte acqua dal centro della città e quindi anche dalle attività di supporto e servizio al porto.
A ridosso del rilevato ferroviario si vanno articolando fasci di binari che dall’asse principale si diramano verso le banchine e fino alle estremità dei moli [fig.3]; fioriscono edifici destinati a magazzini, i silos ed i servizi portuali, il cui insieme di volumi utilitari e monofunzionali diviene tanto serrato da costituire un organismo plano volumetrico unitario, quasi una unica infrastruttura complessa che, come una antica cinta muraria, impedisce alla città portuale il naturale contatto con il suo porto.
Queste trasformazioni se da un lato vanno ad incidere profondamente sull’assetto fisico e sulla struttura organizzativa della città portuale ottocentesca, dall’altro costituiscono per il porto un elemento altamente strutturante ed di indispensabile complemento funzionale; infatti attorno alla stazione ferroviaria si radunano le attrezzature per la distribuzione e lo scambio di merci, i magazzini per lo stoccaggio, gli empori, gli alberghi, le banche ed in molti casi la ferrovia innesca
una direzione prevalente di crescita urbana e contribuisce ad organizzare la periferia industriale.
In definitiva si crea una polarità tra la stazione ed il vecchio centro, talvolta espressamente sottolineata dalla creazione di un asse di collegamento diretto che, nell’attraversare la città, finisce per creare barriere fisiche che non solo ostacolano gli scambi tra le diverse zone urbane, ma che contribuiscono a definire aree sociali ed ambientali opposte.
Fig. 3 - Lionel Walden , I bacini di Cardiff, 1894
Quella relazione diretta tra forma urbana e margine d’acqua, che aveva conformato da sempre la città, viene improvvisamente troncata e una volta interrotto il rapporto fisico e di uso civico con il centro storico, il waterfront portuale inizia a svilupparsi in
In questa nuova dimensione del rapporto tra città e porto, lo stesso mezzo acqueo modifica la propria connotazione di elemento naturale per assumere quella di superficie infrastrutturale che organizza nello spazio e nel tempo il trasporto di merci e persone e unisce sponde appartenenti a luoghi geograficamente distanti. Il waterfront urbano-portuale viene perciò ad assumere contemporaneamente una duplice connotazione: da un lato appartiene alla terraferma, ma non rappresenta un pezzo di città situato sulla costa che si è specializzato, in quanto la sua formazione avviene secondo le regole che non sono urbane; dall’altro appartiene all’acqua, ma non si riferisce al mare aperto o ad un bacino acquifero, bensì ad una superficie fluviale che dipende dal sistema del trasporto navale.
È perciò un organismo del tutto nuovo dal punto di vista fisico e come tale ne vanno studiati i rapporti con l’ambito urbano e le reciproche interferenze ed influenze.
1.2.2 Evoluzione di fatti urbani nella relazione porto-città
I geografi marittimisti hanno a lungo indagato le interdipendenze spaziali tra waterfront urbani e città consolidata ed i loro studi confermano l’esistenza di un processo di sviluppo omogeneo nella evoluzione dei fatti urbani che legano struttura portuale e morfologia urbana. Tuttavia, le ricerche a cui si fa riferimento tendono a differire sia per gli oggetti dell’indagine, sia per gli obiettivi specifici che l’analisi persegue; infatti, si può effettuare una prima classificazione dei percorsi di studio riconducibili a questa materia, individuando due filoni principali [lo schema proposto è rappresentato nella fig.4]:
- nel primo troviamo gli autori che mettono in evidenza come l’assetto di un nodo portuale e, di conseguenza, le relazioni con i contesti territoriali circostanti, siano fortemente condizionati da logiche e fattori internazionali, apparentemente estranei alla regione marittima in cui un nodo portuale si inscrive. Tali logiche traggono appunto origine dalla foreland di un porto ed hanno un peso decisivo nell’orientare le scelte di pianificazione e programmazione di livello internazionale, nazionale e regionale.
- nel secondo, invece, l’attenzione degli autori è prevalentemente rivolta ai mutamenti che hanno investito le «aree di interfaccia»1 porto-città intese come
vere e proprie «zone di frontiera» in cui leggere gli effetti spaziali ed economici dei cambiamenti avvenuti nell’evoluzione del rapporto tra comparto marittimo-portuale e relativo all’hinterland di uno scalo marittimo.
Fig. 4 – Settori disciplinari connessi al foreland e all’hinterland di uno scalo marittimo
In riferimento a questo ultimo filone di indagine, vanno ricordate soprattutto quelle ricerche che hanno esercitato un influenza sui programmi di riqualificazione urbana ed in particolare: le analisi sulle interdipendenze spaziali porto-città di Hoyle, Hilling, Pinder e Husain2; gli studi sui processi di urbanizzazione industriale dei litorali marittimi di Bird e Vigarié3; le ricerche di Van Klink e Van den Berg4 sul
1Hoyle B. S., Pinder D. A., Husain M.S., Aree portuali e trasformazioni urbane, Mursia, Venezia 1997. 2I contributi sono raccolti in: Hoyle B. S., Pinder D. A., Husain M.S., Aree portuali e trasformazioni
rapporto tra sviluppo portuale e trasporti terrestri; gli approfondimenti teorici di Vallega5 sulle relazioni tra poli di sviluppo portuali e crescita regionale.
I numerosi percorsi di ricerca riconducibili all’ampia materia della port geography6
possono essere ulteriormente classificati rispetto alle differenti metodologie che vengono utilizzate per spiegare i processi di trasformazioni delle relazioni tra il porto e la città. Vigaré, per esempio, privilegiando un approccio temporale, analizza la progressiva separazione della città dall’ambito portuale attraverso un modello costituito da quattro fasi storiche:
I. La prima fase, detta «paleo-morfologica», si contraddistingue per una forte interdipendenza formale e funzionale tra tessuti urbani e l’ambito portuale che si registra fino all’inizio del XIX secolo.
II. La seconda, nell’ottocento, segna, invece, un cambiamento di rotta: la ricerca di grandi profondità conduce alcune installazioni portuali ad uscire dal sito originario per occupare spazi più adeguati alle nuove operazioni portuali. Contemporaneamente la città cresce nella stessa direzione del porto, ma il suo centro direzionale coincide ancora con il nucleo storico.
III. Nella terza fase, tra gli anni cinquanta e sessanta, si assiste ad un primo sviluppo delle industrie cosiddette port oriented che, localizzandosi lungo la costa, determinano il decentramento di alcune attività portuali ad esse funzionalmente collegate.
IV. La seconda ondata di industrializzazione corrisponde, negli anni settanta, alla quarta fase, ovvero all’affermazione matura del fenomeno delle cosiddette «zone di industrializzazione costiere che irrevocabilmente tendono ad
cura di), Cityport, op. cit., pp. 23-37.
4Sulla dimensione trasportistica dei problemi portuali si rimanda a Van Klink H. e Van den Bergson, “Gateway and intermodalism”, in Transport Geography, Marzo 1998, vol. 6/1, pp.1-8.
5Vallega A., The changing waterfront in the coastal area management, F. Angeli, Milano 1992; Vallega A., La Regione sistema territoriale sostenibile. Compendio di geografia regionale sistematica, Mursia, Milano 1°ed. 1995; Vallega A., Dai porti al sistema portuale. Teoria generale e caso ligure, Grafiche F.lli Spirito, Savona 1985.
6
Hilling D. e Hoyle B.S., Spatial approaches to port development, in Hilling D. e Hoyle B.S., a cura di,
accentuare la tendenza alla separazione tra sviluppo territoriale e zone industriali portuali».
Anche Vallega propone una visione stadiale7 per interpretare le trasformazioni dei waterfront all’interno di distinte fasi economiche dove, però, la successione dei momenti storici non ha lo scopo di spiegare i cambiamenti della natura dei waterfront, quanto piuttosto di comprendere le relazioni che i differenti momenti storici stabiliscono con le attività umane insediate lungo la costa.
Tuttavia, per uno studio più sistematico sulle trasformazioni spaziali del fronte d’acqua bisogna fare riferimento alle ricerche di Hoyle8, secondo cui le
interconnessioni porto-città possono essere analizzate attraverso una processo di generalizzazione degli effetti, nonostante l’individualità dei contesti geografici, politici, economici e tecnologici; a tale riguardo Hoyle propone un modello costituito da cinque fasi evolutive, centrato sulle trasformazioni avvenute nelle «aree d’interfaccia porto-città» [fig.5], definite come i luoghi «della cooperazione, del conflitto e della competizione» tra il porto e la città, in relazione agli usi dei suoli urbani e delle funzioni portuali:
I. Nucleo città-porto, dalle origini fino al XIX secolo: esiste una stretta interdipendenza spaziale e funzionale tra ambito urbano e infrastruttura portuale. La morfologia portuale è legata al principio insediativo adottato sul waterfront, la cui unità tipologica base è costituita dalla casa mercantile. II. Espansione della città-porto, dal XIX fino all’inizio del secolo XX: la rapida
espansione commerciale ed industriale spinge il porto a svilupparsi oltre i confini urbani, con banchine lineari e industrie di prima trasformazione. Si forma un nuovo territorio artificiale che si frappone tra la città ed il suo
7Le fasi individuate dall’autore sono quattro: 1) Mercantile (XVI sec.-XVIII sec.)
2) Paleo-industriale (dal 1780 agli inizi del XIX sec.)
margine costiero, modificando profondamente gli originari assetti del waterfront.
III. Moderna città-porto, dalla metà del XX secolo: l’espansione industriale, specialmente quella della raffinazione e successivamente, l’introduzione dei container e delle navi ro-ro, per la loro esigenza di ampi spazi liberi, causano la separazione tra porto e città. La struttura portuale, completamene rinnovata, migra in luoghi lontani dal centro urbano e si dispone in corrispondenza di importanti nodi infrastrutturali.
IV. Abbandono del waterfront, tra il 1960 ed il 1980: Le innovazioni tecnologiche nel settore portuale e marittimo determinano l’abbandono di gran parte delle attrezzature portuali ottocentesche e delle vecchie banchine che così si trasformano in aree industriali dismesse.
V. Ristrutturazione del waterfront, a partire dagli anni ’70 ad oggi: Il grande porto moderno occupa grandi spazi terrestri e specchi d’acqua fuori dei centri abitati; si attiva un processo di rinnovamento urbano del nucleo storico del porto, con ampio recupero dei volumi esistenti che vengono restaurati e destinati a nuove funzioni urbane.
L’identificazione dei fenomeni assimilabili ad un processo di sviluppo in qualche modo omogeneo e generalizzabile della struttura del waterfront, in relazione alla morfologia urbana ad essa afferente, converge nel riconoscimento di determinate fasi diacroniche, così come stigmatizzate dai geografi, che però suggeriscono diverse riflessioni critiche sull’evoluzione dei fatti urbani nel rapporto forma-struttura tra waterfront e città.
In primo luogo, i processi di ritiro delle attività portuali dal waterfront urbano agiscono senza dubbio nella dimensione spaziale, ma non sempre implicano un completo ritiro funzionale del porto dalla città. Accade talvolta che alcune funzioni portuali si rivelino compatibili con le funzioni urbane e perciò permangano sul waterfront accrescendo, anche positivamente, la complessità delle relazioni porto-città.
Quando, invece, il distacco tra funzioni portuali e funzioni urbane diventa netto, inizia una segregazione progressiva tra i due ambiti, quelli di pertinenza del porto e quelli di pertinenza della città, che divengono sempre più indipendenti l’uno dall’altro. In tal caso il waterfront, liberato da tutte le funzioni portuali, viene concepito come un territorio da riurbanizzare, in cui l’originario carattere portuale viene alienato spesso a vantaggio di connotazioni specifiche strettamente riferibili alle realtà urbane ad esso afferenti e del tutto nuove sia per l’ambito portuale sia per quello urbano.
1.2.3 Evoluzione del rapporto forma-struttura
Se l’evoluzione dei fatti urbani che interessano il waterfront portuale risulta corrispondere efficacemente ad una temporalità di eventi generalizzabili attraverso fasi diacroniche, non si può per tali fasi far coincidere una altrettanto biunivoca e costante successione di modificazioni fisiche dei rapporti forma-struttura; infatti, a prescindere dal contesto storico, questo rapporto è determinato dalla strettissima relazione spaziale e funzionale che si instaura fra un waterfront ed il tessuto urbano ad esso afferente e viene modificato da fattori variabili fortemente connessi agli specifici assetti urbani coinvolti, i quali di volta in volta indicano nuove problematiche da risolvere, nuove relazioni da sviluppare e nuovi significati da rivestire.
Tuttavia, i cambiamenti degli assetti funzionali e spaziali che hanno investito i waterfront urbani nel tempo hanno prodotto delle trasformazioni fisiche nelle relazioni porto-città e quindi nel loro rapporto forma-struttura che, pur essendo variabili, possono essere in qualche modo sintetizzate in tre differenti assetti urbani: la città come porto, il porto come città e il waterfront come gateway9.
1.2.3.1 La città come porto
Nella città-porto preindustriale l’area portuale coincide con gli spazi della città e questo avviene per due ragioni distinte, ma convergenti: innanzi tutto la cultura architettonica concepisce ancora il porto come un edificio o come una parte della città e perciò sul piano teorico non disgiunge i due organismi; infatti, l’idea del porto concepito come un edificio viene superata solo dopo la Restaurazione, a causa della riorganizzazione funzionale dei porti imposta dalla rivoluzione industriale. Secondariamente, il concetto di unità morfo-tipologica si traduce in realizzazioni nelle quali alle attività portuali non è fatto corrispondere uno spazio specializzato; esse si svolgono, perciò, “utilizzando gli stessi edifici e spazi costieri della città, spesso estremamente limitati, creando una condizione ibrida complessa ed allo stesso tempo di grande significato civico”10.
9Sull’evoluzione del rapporto forma-struttura tra città-porto si rimanda a Rosselli A., Evoluzione del
waterfront,pp. 36-45, in Marchetta M., La progettazione della città portuale: sperimentazioni
didattiche per una nuova Livorno, Firenze University Press, Firenze 2004.
10Rosselli A., Evoluzione del waterfront,p. 44, in Marchetta M., La progettazione della città portuale:
1.2.3.2 Il porto come città
Il waterfront ottocentesco si manifesta fisicamente come nuovo suolo artificiale i cui i perimetri, le interfacce e gli spazi aperti della mobilità costituiscono una nuova e differente sintassi nella scrittura dello spazio. In questa nuova realtà nasce e si sviluppa sia la città dei magazzini, sia la città del marinaio; gli edifici portuali, ancorché utilitaristici, le residenze a basso costo ed i servizi alla navigazione sono realizzati insieme agli spazi portuali ed infrastrutturali, spesso dando luogo a complessi edilizi architettonicamente definiti. Il nuovo porto ottocentesco assomiglia ad una città pur essendone molto diversa, ne ricorda la spazialità senza tuttavia raggiungerne la forma, ne richiama i percorsi ma non possiede piazze; raccoglie molte attività ma in un ambito monofunzionale e perciò privo di complessità interna. È quindi una seconda condizione ibrida che caratterizza il waterfront ottocentesco, quella del porto come città.
1.2.3.3 Waterfront come gateway
Il terzo fattore di modificazione strutturale del waterfront è dato dal cambiamento di ruolo che gli spazi del movimento meccanizzato vengono ad assumere nell’ambito del porto moderno rispetto quanto espresso in ambito prettamente urbano.
La modificazione fisica che trasforma profondamente lo spazio stradale del waterfront moderno è quindi ascrivibile ad un cambiamento di significato spazio-temporale prima ancora che di forma. La strada acquista una tridimensionalità fisica sua propria, che la sostanzia come manufatto appositamente dedicato al transito. Essa si moltiplica in altezza, si srotola sospesa da terra o si dispone su un rilevato, si svincola dall’obbligo di essere delimitata da edifici ed assume una totale indipendenza dal tessuto morfologico della città, condizionandolo, però, sia sul piano formale che su quello funzionale; il nuovo suolo artificiale specializzato diviene spazio dell’attraversamento. Ciò che cambia sostanzialmente sul waterfront è allora “il significato stesso dell’interfaccia città-porto: esso diviene un gateway, un portale attraverso il quale transitano merci e persone che non sono destinate alla città, ma che la oltrepassano senza fermarsi.”11
1.3 Il paesaggio del waterfront contemporaneo
Come è stato evidenziato precedentemente, l'avvento dell’età contemporanea ha portato alla rottura della relazione diretta tra struttura portuale e tessuto urbano. Il processo di ritiro delle attività portuali dal waterfront urbano - a seguito delle trasformazioni industriali dal secondo dopoguerra in poi - determina un graduale abbandono di gran parte delle strutture portuali ottocentesche e delle aree ad esse connesse.
La più immediata manifestazione di queste trasformazioni si riflette sulla generazione di un paesaggio urbano amorfo, interrotto solo occasionalmente da frammenti urbani organizzati, enclaves separate senza un’apparente intenzionalità. Lo spazio generato dal controllo del waterfront portuale viene spesso confinato all’interno di cinture infrastrutturali poste parallelamente alla linea di costa che costituiscono il recinto all’interno del quale si esplicano le funzioni specialistiche del porto e dal cui ambito è esclusa qualunque altra forma d’uso urbano dello spazio. Le nuove infrastrutture che si inseriscono nella città per alimentare il waterfront portuale sono spesso sopraelevate, strade-edifici, ibride tipologie architettoniche che formano nel loro insieme un nuovo paesaggio basato sulla moltiplicazione dei livelli e sull’incorporazione di spazi urbani e vani stradali [fig.6]. In questo caso la strada assume una totale indipendenza dal tessuto della città, condizionandolo, tuttavia, sia dal punto di vista formale che da quello funzionale. L’inserimento di cinture infrastrutturali complesse – strade a scorrimento veloce, rilevati ferroviari, sopraelevate litoranee – nel ristretto ambito dell’interfaccia città-porto ha provocato una rottura della originaria continuità tra tessuto urbano e spazio portuale, innescando in molti casi processi di degrado fisico ed emarginazione sociale. L’altro elemento che condiziona il paesaggio del waterfront contemporaneo è dato dal terminal dei container [fig.7]. La forma di questo territorio non ubbidisce ad alcuna regola di composizione urbana; l’organizzazione dello spazio, infatti, risponde alle operazioni di movimento ortogonale dei travel-lift e all’ingombro dei contenitori che costruiscono strade e piazze per la durata necessaria alle operazioni di carico- scarico.
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In conclusione, si osserva come il paesaggio del waterfront contemporaneo sia direttamente condizionato dalla sua natura di spazio dell’attraversamento, la cui variabilità è sincronizzata con i tempi del commercio marittimo e delle innovazioni tecnologiche, ma non con quelli della città.
Il porto moderno, quindi, non condivide più lo spazio del waterfront con la città ma con il territorio extraurbano e le infrastrutture stradali e ferroviarie ne costituiscono la struttura di connessione; quando ciò si verifica sul piano strettamente funzionale ed in termini spaziali permane una continuità sia morfologica che percettiva con la città, ma allo stesso tempo si crea un singolare spazio ibrido, luogo non più urbano e non-luogo urbano ad un tempo, la cui decifrabilità e progettabilità è di primaria importanza per la comprensione dei complessi processi di trasformazione in atto.
1.4 Città d’acqua: nuovi scenari e prospettive future
Lo scenario urbano del XXI secolo presenta un rapporto di crescente competitività a livello globale tra le città, in cui l’acqua - sia esso mare, fiume o lago - si configura come fattore strategico di sviluppo, capace di attrarre persone, attività, investimenti, ma soprattutto quale elemento essenziale della qualità della vita. Le città si stanno riappropriando del mare e di consistenti porzioni di aree portuali attivando, talvolta, a partire dal loro fronte sull’acqua, un processo di rigenerazione tale da rimettere in gioco aree urbane molto più vaste di quelle inizialmente interessate dalle operazioni di recupero; fenomeno, peraltro, che ha fatto parlare di ‘water renaissance’, proprio per la sua dimensione universale, testimoniata dai numerosi progetti e interventi che si sono susseguiti e che continuano a prendere forma dagli anni 60’ ad oggi in tutto il mondo. A livello internazionale, infatti, la riqualificazione dei waterfront rappresenta oggi uno dei temi principali delle politiche di sviluppo di molte città che proprio della presenza dell’acqua fanno il loro punto di forza, riconoscendone il valore aggiunto eccezionale.
All’inizio di questo capitolo ci si è domandati in che modo il recupero dei waterfront potesse effettivamente giocare un ruolo strategico all’interno della programmazione degli interventi urbani, ed in particolare quali fossero gli elementi che caratterizzano il rapporto tra città e fronte d’acqua, in grado di ricostituire quelle relazioni fisiche, formali e funzionali che hanno da sempre determinato l’organizzazione dei waterfront e conferito agli ambiti urbani ad essi afferenti una specifica identità.
A tale riguardo Bruttomesso12 individua cinque fattori decisivi per il successo e la
competitività di quelle città che della presenza strategica dell’acqua sapranno farne una opportunità di sviluppo.
Il primo fattore fa riferimento alla natura di molte città, dove il porto rappresenta ancora uno dei suoi principali motori di sviluppo economico, nonché carattere distintivo, sia dal punto di vista fisico, funzionale ed identitario.
Il porto, oggi, assume i caratteri del nodo di una rete intermodale complessa, estesa all'intero territorio circostante e comprendente i servizi, le professionalità e le qualità insediative ed ambientali del sistema urbano circostante; la sua competitività non dipende più soltanto dai singoli porti, ma con loro entra in gioco l'intero hinterland che li circonda, con il suo potenziale intermodale e di servizio. La necessaria integrazione tra ambiti deve portare, quindi, ad azioni concrete che permettano di trasformare il conflitto tra aree portuali ed aree urbane in una opportunità di sviluppo e di ricchezza sia per il porto che per la città, garantendo ad entrambi la dovuta indipendenza operativa.
Il secondo fattore fa riferimento alla natura strategica del waterfront, ovvero alla straordinaria potenzialità di sviluppo di quelle aree che si affacciano proprio sul margine d’acqua e che allo stesso tempo si trovano a diretto contatto con la città storica. Il mero aspetto localizzativo, unito alla possibilità connesse al recupero di queste aree - che per ragioni diverse sono assimilate a dei vuoti urbani, spazi disponibili all’interno di un tessuto urbano saturo – ha innescato un processo di rigenerazione tale da rimettere in gioco aree urbane molto più vaste di quelle inizialmente interessate dalle operazioni di recupero, inducendo mutazioni a vasta scala ben più estese della zona di confine con l’acqua.
Per tali motivi, gli interventi di riqualificazione urbana delle aree del waterfront determinano non solo una molteplicità di impatti benefici sulle economie locali ma, in alcuni casi - se consapevolmente condotti al fine di evitare soluzioni omologanti che fanno del fronte d’acqua un parco a tema post-moderno - riescono a trasformare radicalmente il volto della città, proiettandone una nuova immagine, dinamica e creativa, nel panorama internazionale.
Il terzo fattore è legato allo sfruttamento intelligente e creativo dell’acqua come luogo per la costruzione di attrezzature di uso collettivo - più propriamente legate ai servizi, al commercio, alla cultura, alla direzionalità, alla rappresentatività, al tempo libero e al verde urbano – e per strutture destinate alla residenza. In particolare, l’abitare sull’acqua, può diventare una prospettiva ricca di stimoli sia per la sperimentazioni di nuove modalità di vivere e di originali forme di socialità, sia per il progetto architettonico, che nel suo rapporto con l’acqua può trovare linguaggi e significati inediti, in grado di giocare un ruolo emblematico sull’identità dei luoghi. L’attenzione rivolta alla linea d’acqua diventa, quindi, l’elemento propulsore per una nuova riconfigurazione dello spazio urbano e per una riflessione accurata sulle molteplici destinazioni d’uso capaci di soddisfare una domanda crescente e diversificata degli utenti potenziali del waterfront. Inoltre, l’attenzione verso l’acqua, come fattore di miglioramento della qualità della vita, risulta, indispensabile in un contesto attuale in cui le città devono necessariamente porsi l’obiettivo di cambiare per mantenere e attrarre capitali, imprese, abitanti e visitatori. La sfida è riuscire a raggiungere il difficile equilibrio tra le esigenze di crescita, equità e sostenibilità ambientale.
Il quarto fattore è rappresentato dalla possibilità di utilizzare l’acqua come mezzo di trasporto urbano, sviluppandone tutte le potenzialità a completamento dei tradizionali sistemi di trasporto. La congestione del traffico su strada e le problematiche connesse all’inquinamento, infatti, portano alla necessità di trovare soluzioni alternative che tengano conto dell’ambiente. In questo senso, i progressi tecnologici nel settore della nautica, offrono oggi diverse possibilità interessanti che fanno del trasporto d’acqua un mezzo competitivo, sicuro, silenzioso, rapido ed ecologico. Inoltre, l’introduzione di stazioni intermodali urbane per il trasporto d’acqua – con tutti i servizi relativi e necessari al loro funzionamento – può
rappresentare, per il waterfront e per la città, un elemento altamente qualificante, capace di attrarre una utenza diversificata e quindi ingenti ritorni economici.
Infine, l’ultimo elemento rimanda alla bellezza del paesaggio urbano che la presenza dell’acqua dentro la città è in grado di suscitare e di enfatizzare, trasformando i luoghi, esaltando le vedute e strutturando i suoi assetti urbanistici, in una combinazione tra natura e artificio che è tra le massime espressioni della civiltà umana. Allo stesso tempo, l’acqua con la sua forza dirompente, può rappresentare un fattore di rischio per la città; ne sono un esempio le contingenti problematiche connesse al fenomeno di erosione costiera, all’innalzamento mondiale dei livelli dei mari e al verificarsi di condizioni meteorologiche estreme dovute ai cambiamenti climatici in atto; in molti casi è proprio l’azione dell’uomo a compromettere la sicurezza, l’equilibrio e la bellezza dell’ambiente e delle proprie città, con comportamenti scellerati che inquinano, devastano e sprecano l’acqua. Viste le considerazioni fino a qui fatte, possiamo quindi affermare che il processo di recupero dei waterfront urbani, passa necessariamente attraverso il rinnovato valore dato al rapporto tra l’elemento acqueo e l’organismo urbano.
La dimensione strategica del waterfront contemporaneo all’interno della programmazione degli interventi urbani, quindi, dipenderà proprio dalla capacità delle singole città di sapere giocare con consapevolezza, lungimiranza e creatività questo valore aggiunto dato dall’acqua ‘urbana’, che da sempre ha caratterizzato ed arricchito la vita umana.
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Capitolo 2
ESIGENZE DI RECUPERO E TRASFORMAZIONI IN ATTO
Abstract: Dopo aver individuato le principali cause che hanno condotto al processo di dismissione dei waterfront urbani, questa parte del lavoro è stata orientata all'individuazione delle problematiche connesse alle operazioni di recupero e trasformazione dei fronti d’acqua. L’obiettivo è definire, alla luce delle esperienze realizzate, quali siano i fattori che hanno guidato le prime operazioni di riqualificazione e stabilire, partendo proprio dall’analisi critica dei casi esaminati, quali possano essere gli elementi strategici determinanti al successo degli interventi futuri e capaci, allo stesso tempo, di inserire il recupero dei waterfront in un processo più ampio di sviluppo dell’intero sistema urbano.
2.1 Gli spazi del waterfront e i vuoti urbani
Terminata la fase di espansione economica e di incremento demografico che aveva caratterizzato il secondo dopoguerra, le città - ormai sature di costruzioni - iniziano a trasformare l’esistente, riqualificando aree dimesse e ridefinendo spazi e funzioni; allo stesso tempo, si devono confrontare con gravi problemi di degrado urbano ed ambientale: traffico, inquinamento e una devastante cementificazione degli anni di incontrollata speculazione edilizia1.
Per le città marittimo/fluviali, generalmente dotate di un porto e di un apparato tecnico produttivo piuttosto massiccio, la transizione postindustriale segna definitivamente il ritiro della maggior parte delle attività portuali e/o industriali dal waterfront urbano, determinando così un graduale abbandono delle aree ad esso connesse.
Se per anni il futuro dei waterfront sembrò non avere prospettive all’interno delle politiche di pianificazione e sviluppo della città, proprio intorno agli anni 70’ si riaccese il dibattito sulle problematiche connesse al recupero e alla riqualificazione di quei fronti d’acqua che avevano sperimentato rapide e complesse metamorfosi all’interno dell’ambito urbano.
Da un lato si avvertiva l’esigenza di conservare il patrimonio storico con la sua forte carica simbolica, pur tenendo conto dei mutati standard di vita; dall’altro, vi era l’urgenza di intervenire efficacemente sui numerosi edifici ed i grandi complessi industriali realizzati nel secolo scorso, che mostravano ormai i segni di una obsolescenza figurativa, funzionale e tecnologica, ma che allo stesso tempo raccontavano di un passato di cui rimangono tracce nella cultura materiale ed immateriale2.
Laddove, invece, vennero attuate vere e proprie delocalizzazioni delle attività portuali si vennero, conseguentemente, a creare dei grandi “vuoti urbani”, ossia ampi spazi di città, spesso in condizioni di degrado e di totale abbandono, che richiedevano una riqualificazione nonché una ri-connessione con il tessuto urbano esistente; tali luoghi, posti al confine con la città, rappresentavano vere e proprie “aree di frontiera”, zone di conflitto sia economico che sociale.
La complessità del recupero di questi grandi complessi portuali e industriali richiedeva nuove strategie di intervento, capaci di cogliere l’effettiva portata del problema attraverso una visione lungimirante e di ampio raggio.
Il waterfront storico, infatti, comprendeva banchine, moli, edifici, infrastrutture, cantieri, magazzini, artefatti storici e segni di materiali e periodi differenti; in questo senso, il recupero di un singolo manufatto non poteva rappresentare nessun tipo di reale beneficio, soprattutto se inserito in un contesto degradato, inquinato, privo di servizi e difficilmente fruibile.
La presenza di massicce infrastrutture nate a servizio di attività portuali ed industriali, in molti casi, non solo impediva la vista dell’acqua, ma proprio la possibilità di accedervi.
Inoltre, non è da sottovalutare il fatto che gli spazi del waterfront, dopo anni di assidua attività industriale, risultassero fortemente contaminati, sia per quanto riguarda l’inquinamento dell’aria che delle acque.
La possibilità di trovare nuove destinazioni d’uso, sia per le aree che per gli edifici interessati dalle operazioni di recupero, doveva passare attraverso i mutati requisiti e gli standard normativi vigenti – tra cui, adeguati livelli di illuminamento, misure
antincendio, sicurezza, abitabilità, accessibilità, igiene, etc. – che a loro volta complicavano ulteriormente il quadro degli interventi.
Dal punto di vista economico, sorgeva il problema di stabilire con certezza i costi globali di tali operazioni, quali fossero gli eventuali rischi ed i possibili ritorni economici, quale valore potessero acquisire tali aree, una volta ultimate le operazioni di recupero e quindi l’effettiva redditività degli investimenti; la difficoltà di fare previsioni nasceva proprio da fatto che non vi fosse ancora una casistica significativa di interventi analoghi, tale da costituire un punto di riferimento per le pubbliche amministrazioni e per gli investitori privati.
Inoltre, la commercializzazione di queste aree era ulteriormente vincolata alla previsione di tutta una serie di nuove infrastrutture, attrezzature e servizi, che a loro volta facevano capo ad operatori e fornitori diversi, anch’essi condizionati sia da problematiche di natura economica che di natura tecnologica, prestazionale e di tempistica; le stesse imprese di costruzioni dovevano confrontarsi con interventi dalla fisionomia complessa, strutture dalle caratteristiche peculiari e diffuse su larga scala.
Infine, un secolo di sfruttamento industriale dei porti lasciava in eredità tutta una serie di incomprensioni di tipo legale, politico e burocratico – i vari diritti di accesso e di uso dei suoli, i vincoli e le responsabilità personali connesse al recupero delle aree, gli errori relativi alla corretta perimetrazione dei lotti ed ai relativi diritti di proprietà, le anomalie nelle concessioni con multipli contratti d’affitto - che portarono ad aspri conflitti di competenze.
Le autorità portuali, infatti, continuavano ad esercitare la loro egemonia nonostante il declino dell’industria, anche laddove non era più giustificata e, allo stesso tempo, vi erano difficoltà nell’individuare una univoca strategia di sviluppo, che potesse garantire sia gli interessi rappresentati dalle autorità del porto che quelli delle pubbliche amministrazioni.
A questo, inoltre, si aggiungevano gli interessi specifici dei vari proprietari di aree e strutture che, vedendo una opportunità di lucro negli assetti prefigurati, non davano il via libera agli interventi, in attesa che quello che si stava muovendo producesse una ulteriore rivalutazione dei terreni e quindi maggiori ritorni economici.