• Non ci sono risultati.

1.3 I beni giuridici tutelati dai reati contro la Pubblica Amministrazione 1.3.1 I delitti di corruzione: caratteri generali

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "1.3 I beni giuridici tutelati dai reati contro la Pubblica Amministrazione 1.3.1 I delitti di corruzione: caratteri generali "

Copied!
65
0
0

Testo completo

(1)

Introduzione

Capitolo I: La continua evoluzione normativa dei delitti contro la Pubblica Amministrazione: ragioni e caratteri generali

1. Gli interventi normativi anticorruzione dal 2012 ad oggi: un excursus legislativo emergenziale sempre meno “speciale”

1.1 La diffusione della corruzione sistemica come fattore propulsivo delle leggi in materia di anticorruzione

1.1.2 Le sollecitazioni internazionali alla riforma e gli obblighi attuati dalla legge n. 3/2019

1.3 I beni giuridici tutelati dai reati contro la Pubblica Amministrazione 1.3.1 I delitti di corruzione: caratteri generali

1.4 Le innovazioni apportate dalla legge n. 3/2019 alle fattispecie astratte di reato contro la Pubblica Amministrazione: uno sguardo d’insieme

1.5 L’assimilazione dei reati contro la P.A. ai delitti di criminalità organizzata dal punto di vista sanzionatorio

1.5.1 Il rapporto tra corruzione e criminalità organizzata mafiosa e l’orientamento favorevole alla legge n. 3/2019 della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo quale strumento di contrasto alle mafie

Capitolo II: Le modifiche al codice di rito introdotte dalla nuova legge anticorruzione e le possibili frizioni con i principi costituzionali e processuali

2.1 La ratio delle riforme processuali e la costruzione di un doppio binario

anche per i reati contro la P.A.

(2)

2.2 Il captatore informatico nelle intercettazioni: caratteristiche tecniche e possibili usi

2.2.1 La necessità di una disciplina normativa del captatore informatico 2.2.2 Dalla sentenza Scurato…

2.2.3 … al decreto legislativo n. 216/2017

2.2.4 Il doppio binario per i delitti di criminalità organizzata e per quelli

contro la Pubblica Amministrazione

2.2.5 La funzione di garanzia del decreto autorizzativo

2.2.6 Intercettazioni illegittime e divieto di circolazione delle risultanze delle captazioni

2.2.7 Le novità introdotte dalla legge n. 3/2019 in materia di captatore informatico: interpolazioni ai commi 2 bis dell’art. 266 e 1 dell’art. 267 c.p.p.

2.3 La nuova misura cautelare interdittiva del divieto temporaneo a contrattare con la P.A. ex art. 289 bis c.p.p.: presupposti e condizioni di applicabilità

2.3.1 Contenuto e portata della temporanea preclusione 2.3.2 Alcune osservazioni a margine del nuovo istituto

2.4 L’applicazione della pena su richiesta delle parti: rilievi preliminari 2.4.1 Le novità introdotte dalla nuova legge anticorruzione con gli artt.

444, comma 3 bis e 445, commi 1 e 1 ter, c.p.p.

2.4.2 Criticità applicative del nuovo patteggiamento

2.4.3 La restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato e il coordinamento con la nuova richiesta di patteggiamento subordinata

2.4.4 La perdita della funzione deflattiva del patteggiamento nei procedimenti dei reati contro la P.A.

2.5. Decisione sulla confisca ex art. 322 ter c.p. nei casi di estinzione del reato per amnistia o prescrizione

2.5.1 L’art. 578 bis c.p.p. quale esito finale del controverso rapporto tra la

dichiarazione di estinzione del reato e l’applicazione della confisca

(3)

2.5.2 La portata applicativa della norma tra rispetto del principio di irretroattività e modifiche alla disciplina della prescrizione

2.6 L’irragionevole compressione delle garanzie costituzionali e processuali che la riforma “spazzacorrotti” rischia di generare

Capitolo III: Modifiche extra codicem: l’estensione delle attività sotto copertura ai procedimenti per i delitti contro la P.A. e le conseguenti possibili criticità, alla luce delle esigenze di riforma della legge n.

146/2006

SEZIONE I

3.1 Evoluzione giurisprudenziale e dottrinale in materia di provocazione al reato

3.2 Lo “statuto delle operazioni sotto copertura”: la legge n. 146/2006

3.3 L’intrinseca pericolosità dello strumento investigativo undercover

3.3.1 Il quadro convenzionale in cui si inserisce la riforma

“spazzacorrotti”: il contributo innovativo della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo a tutela del giusto processo e la posizione dei giudici di legittimità italiani

3.4 L’impiego dell’agente sotto copertura per i reati contro la P.A.: il dibattito ante riforma

3.4.1 Le modifiche introdotte dalla legge “spazzacorrotti”

3.4.2 I soggetti legittimati attivamente: alcuni nodi interpretativi posti dalla novella

3.4.3 Le condotte scriminate per i reati contro la P.A.: limiti 3.4.4 Segue: criticità

SEZIONE II

(4)

3.5 Il raccordo con gli istituti codicistici: le operazioni sotto copertura nella dinamica delle indagini preliminari

3.5.1 Il ruolo del pubblico ministero nello svolgimento delle operazioni undercover

3.6 La posizione processuale dell’agente sotto copertura tra dottrina e giurisprudenza di legittimità

3.6.1 La testimonianza anonima degli infiltrati e il diritto dell’imputato a un contraddittorio pieno: un'occasione di riforma mancata

3.7 Le dichiarazioni rese dall’indagato all’agente undercover e i dubbi sull’applicabilità degli artt. 62 e 195, comma 4 c.p.p.

3.7.1 Le dichiarazioni autoindizianti: un altro problema di compatibilità con le operazioni undercover

3.8 L’utilizzabilità processuale delle risultanze delle operazioni sotto copertura

3.9 Alcune considerazioni sulla nuova disciplina alla luce della giurisprudenza della Corte EDU

Conclusioni

Tabelle di raffronto normativo Bibliografia

(5)

Introduzione

Con la legge 9 gennaio 2019, n. 3 sono state introdotte svariate misure volte ad affrontare il fenomeno corruttivo e, in generale, ad assicurare una maggiore efficacia all’azione di contrasto dei reati contro la Pubblica Amministrazione. L’intervento riformatore si propone di reprimere un fenomeno criminale suscettibile di alimentare mercati illegali, di alterare i meccanismi della competizione fra imprese e di arrecare un pregiudizio alla collettività, con elevati costi economici e sociali.

Per far fronte a tali gravi manifestazioni criminali, il legislatore è intervenuto su più fronti. Le novità hanno inciso sia sul piano del diritto penale sostanziale, specialmente tramite l’inasprimento delle pene principali e accessorie in relazione a talune specifiche tipologie delittuose; sia sotto il profilo investigativo e processuale, con la modifica di alcune disposizioni del codice di procedura penale e della legge 16 marzo 2006, n. 146 in tema di operazioni sotto copertura.

Il presente lavoro esamina le novità introdotte nell’ambito del rito penale, mettendo in evidenza le diverse problematiche pratico applicative e le incompatibilità costituzionali e convenzionali.

Dallo studio degli istituti processuali interpolati è emerso il carattere precipuo della riforma, cioè l’estensione ai reati contro la Pubblica Amministrazione di una serie di disposizioni eccezionali tipiche dei delitti di criminalità organizzata, nell’errato presupposto di una loro omogeneità in termini di pericolosità.

La trattazione inquadra, anzitutto, alcune modifiche in materia di diritto

penale sostanziale. Per ragioni di ordine strutturale, s’impone un vaglio

preliminare sull’ammissibilità delle forme di inasprimento sanzionatorio,

adottando uno sguardo d’insieme sui reati contro la P.A. Si mostrerà come

tale impennata punitiva sia fortemente connessa ad esigenze di carattere

processuale. Il legislatore infatti sembra voler ricercare sul piano sostanziale

la soluzione a un problema di natura probatoria, come risulta dall’analisi

degli innalzamenti di pena che riguardano in primis la corruzione impropria

ex art. 318 c.p.

(6)

L’inasprimento delle pene principali, accompagnato dalla modifica in senso repressivo dell’art. 317 bis c.p. sulle pene accessorie, può spiegarsi, da un punto di vista della politica criminale, con l’assimilazione dei corrotti ai mafiosi e ai terroristi. La novella, nel tentativo di rendere più incisiva la lotta alla corruzione, estende ai reati contro la Pubblica Amministrazione il

“binario” eccezionale ed emergenziale riservato ai fenomeni criminosi di particolare allarme sociale, generando un notevole affievolimento delle garanzie costituzionali.

Sul tema si dà conto della posizione del CSM e della Procura nazionale antimafia e antiterrorismo che plaudono alla riforma del 2019 perché in grado di dotare l’ordinamento di una risposta sanzionatoria effettiva e maggiormente afflittiva per combattere reati che, ormai, hanno assunto il carattere della serialità.

Tale irrigidimento sanzionatorio genera importanti riflessi sul piano processuale.

Anzitutto, per la ricerca e il contrasto dei più gravi reati contro la P.A. si ammette il ricorso alle tecniche speciali delle intercettazioni tra presenti tramite captatore informatico e d’investigazione dell’agente sotto copertura.

Lo studio evidenzierà come l’impiego di entrambi i mezzi di ricerca della prova sia finalizzato a ridimensionare il problema delle crescenti difficoltà probatorie connesse ai delitti in parola, con il rischio, però, di frizioni con i principi costituzionali e processuali.

Nello specifico la novella ha attenuato i requisiti per l’impiego del trojan virus per equiparare di fatto la normativa speciale sulle intercettazioni prevista per i delitti di criminalità organizzata o ad essi equiparati a quella nei procedimenti per i reati di corruttela. Tale processo di conformazione delle due discipline, attuato attraverso il rinvio a una disposizione eccezionale, non assicura la piena aderenza al principio di proporzionalità e di legalità e, allo stesso tempo, incide sui diritti di libertà di domicilio e di comunicazione dei soggetti indagati.

Foriera di altrettante criticità risulta la modifica extra codicem apportata

dalla riforma “spazzacorrotti” alla legge 16 marzo 2006, n. 146, con la quale

si è estesa la disciplina delle operazioni sotto copertura ad alcuni reati contro

(7)

l’Amministrazione. L’istituto, applicato in funzione anticorruzione, deve relazionarsi con fattispecie delittuose peculiari per contesti di perpetrazione e per tipicità delle condotte, con il rischio di una deriva delle attività dell’undercover agent in provocazione e della conseguente violazione del principio di giusto processo di cui all’art. 6 Cedu.

Il lavoro esamina altresì le ulteriori modifiche introdotte dalla riforma del 2019 al codice di rito, a partire dalla nuova misura cautelare interdittiva del divieto, per l’imputato/indagato, di contrattare con la Pubblica Amministrazione. L’intento del legislatore è di creare una corrispondenza tra l’irrigidimento del trattamento penale delle condotte illecite e i conseguenti riflessi sul versante processuale, rendendone più incisivi ed efficaci i rimedi. Tale istituto di nuovo conio, per come formulato, ha un forte impatto sui principi sanciti dall’art. 27, commi 1 e 3, della Costituzione.

Non meno problematica si rivela la riformata disciplina dell’applicazione della pena su richiesta delle parti che ha subito un ridimensionamento dell’effetto premiale, in forza dell’inedito collegamento con l’aggravio delle pene accessorie.

Siffatto intervento genera non pochi dubbi interpretativi, poiché stravolge la natura del rito negoziale che risulta meno appetibile per gli imputati dei delitti contro la P.A. e rafforza il ruolo decisorio del giudice. A tal proposito, si evidenzieranno le possibili frizioni con le garanzie costituzionali, in primis con l’art. 111 Cost.

Infine, un’ulteriore testimonianza dell’approccio rigoristico della legge

“Spazzacorrotti” è la modifica dell’art. 578 bis c.p.p. che consente al giudice di appello e alla Corte di Cassazione di dichiarare estinto il reato per prescrizione o amnistia e parimenti di accertare la responsabilità dell’imputato ai soli effetti della confisca ex artt. 240 bis c.p. o 322 ter c.p.

Anche tale disposizione fa sorgere conflitti con le garanzie costituzionali e

convenzionali. In particolare, la previsione riformata, nell’estendere il

proprio raggio di operatività anche alle sanzioni punitive, rischia di violare il

principio di presunzione d’innocenza, in quanto si pone in contrasto con il

diritto dell’imputato prosciolto a non subire una sanzione afflittiva in difetto

(8)

di un provvedimento formale, e non solo sostanziale, di condanna che cristallizzi l’accertamento della responsabilità penale.

Parimenti, è attuale il rischio di una frizione con l’art. 27 comma 2, Cost., in quanto la nuova norma si lega a un concetto di condanna in senso sostanziale, avulso dall’accezione costituzionale della pena. L’imputato può essere considerato colpevole e quindi sottoposto a pena, solo a seguito di una sentenza di condanna definitiva.

In definitiva, lo studio intende dimostrare come il procedimento per i reati contro la Pubblica Amministrazione si sia incanalato su un binario autonomo, come accade per i processi sulla criminalità organizzata. Tale binario eccezionale, riservato ai reati di maggior allarme sociale, si caratterizza per l’ampio ricorso alle sanzioni elevate, alle misure interdittive, agli strumenti speciali di ricerca della prova che affievoliscono le garanzie costituzionali in nome delle esigenze di difesa sociale. L’estensione delle regole processuali proprie dei reati di criminalità e di terrorismo ai delitti contro la P.A., ontologicamente differenti, comporta però il rischio di violare il principio della ragionevolezza, quale sfaccettatura del principio di uguaglianza.

Inoltre, è opportuno rilevare che la tendenza recente della politica criminale

di equiparare, dal punto di vista delle regole procedurali, due realtà criminali

molto differenti, incide sull’organicità e sull’unità dell’originario sistema

processuale, che viene così atomizzato e snaturato.

(9)

Capitolo I

La perenne evoluzione normativa dei delitti contro la Pubblica Amministrazione: ragioni e caratteri generali

1. Gli interventi normativi anticorruzione dal 2012 ad oggi: un excursus legislativo emergenziale sempre meno “speciale”

La legge 9 gennaio 2019, n. 3, denominata “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”, è l’ultimo approdo del programma politico criminale che ha ad oggetto i reati contro la pubblica amministrazione e che si è sviluppato negli ultimi decenni in un crescendo di interventi sostanziali e processuali.

L’allarme pubblico, suscitato dalla sempre maggiore diffusione a livello massmediatico delle notizie di corruzione, ha indotto il legislatore a ritenere di essere di fronte a una situazione emergenziale. Di conseguenza, il crimine della corruttela è stato trattato con gli strumenti eccezionali del cosiddetto diritto penale dell’emergenza

1

.

In verità, secondo la dottrina maggioritaria

2

, la forte diffusione dei reati di corruzione più che un dato oggettivo incontrovertibile sembrerebbe essere il frutto della percezione sociale alimentata dall’attenzione che gli organi di informazione dedicano ormai quasi quotidianamente ai singoli episodi di corruzione. Questo non significa che il fenomeno criminale non sia diffuso o che non abbia assunto carattere sistemici, ma dai dati statistici, peraltro

1 S. MOCCIA, La perenne emergenza. Tendenze autoritarie nel sistema penale, Napoli, 1997; A. GAITO - A. MANNA, L’estate sta finendo, in Arch. pen., 2018, 3, p. 1 ss.; M.

PELISSERO, Le nuove misure di contrasto alla corruzione: ancora un inasprimento della risposta sanzionatoria, in Il quotidiano giuridico, 11 settembre 2018, p. 3; T. PADOVANI, La spazzacorrotti. Riforma delle illusioni e illusioni della riforma, in Arch. pen. web, 2018, p. 1 ss.; V. MONGILLO, La legge “spazzacorrotti”: ultimo approdo del diritto penale emergenziale nel cantiere permanente dell’anticorruzione, in Dir. pen. cont., 2019, 9, p.

234 ss.

2 V. MONGILLO, La legge “spazzacorrotti”: ultimo approdo del diritto penale emergenziale nel cantiere permanente dell’anticorruzione, cit., p. 236 ss.; T. PADOVANI, La spazzacorrotti. Riforma delle illusioni e illusioni della riforma, cit., p. 1 ss.

(10)

contraddittori fra loro, non sembrerebbe avere connotati emergenziali tali da giustificare l’approccio sempre più autoritario usato dal legislatore per contrastarlo

3

.

Il punto di avvio di questa iperbole punitiva è rappresentato dalla legge 6 novembre 2012, n. 190, recante "Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione", che ha dato la stura a una progressiva e profonda rivisitazione delle discipline anticorruzione e di altri delitti contro la P.A.

La legge del 2012 è stata la risposta alla riforma introdotta con la legge 26 aprile 1990, n. 86 “Modifiche in tema di delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione”, con cui il legislatore ha riscritto in modo più preciso e rigoroso molte fattispecie di reato e, allo stesso tempo, ha potenziato la risposta punitiva rispetto allo schema originario del codice Rocco. L’intervento legislativo però, non inserendosi in un più ampio e organico disegno di riforma dell’intera materia, si è rivelato un inadeguato e disomogeneo strumento deterrente e punitivo, come emerso nel corso dei processi alla cosiddetta “tangentopoli”

4

. Con la legge del 2012 si è voluto dare una risposta penale più organica e incisiva ai fenomeni corruttivi, colmando le lacune di tutela presenti nel codice penale così come riformato dalla legge n. 86/1990 ed emerse dalla prassi giurisprudenziale.

La cosiddetta legge Severino, senza rinunciare a quello che è diventato lo strumentario tipico del legislatore penale degli ultimi anni, basato sull’introduzione di nuovi reati e di pene più severe, si è mossa sull’inedito terreno della prevenzione del reato, che agisce sul piano amministrativo e che ruota attorno all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC)

5

.

3 A tal proposito, si vedano i dati resi noti dall’ISTAT, La corruzione in Italia: il punto di vista delle famiglie, statistiche, Report 12 ottobre 2017, in www.cococo.istat.it; A. GAITO - A. MANNA, L’estate sta finendo, cit., p. 1 ss.; M. PELISSERO, Le nuove misure di contrasto alla corruzione, cit., p. 3; A. MANNA, Il fumo della pipa, in Arch. Pen., 2018, 3, p. 1 ss.; T. PADOVANI, La spazzacorrotti, cit., p. 2.

4 Sulla riforma introdotta con legge n. 86/1990 si veda F. BRICOLA, La riforma dei reati contro la pubblica amministrazione: cenni generali, in AA.VV., Reati contro la pubblica amministrazione, a cura di F. Coppi, Torino, 1993, p. 13 ss.; F. PALAZZO, La tutela penale della pubblica amministrazione e il rapporto tra politica e legalità, in Scritti in memoria di G. Marini, Napoli, 2010, p. 623 ss.

5 R. CANTONE - F. MERLONI, La nuova autorità nazionale anticorruzione, Torino, 2015, p. 51 ss.; R. CANTONE, E. CARLONI, La prevenzione della corruzione e la sua autorità, in Diritto pubblico, 2017, 3, p. 1 ss.

(11)

L’innovativo strumento della prevenzione con cui agire ex ante e in un’ottica di autocontrollo del fenomeno corruttivo, rispetto alla commissione del reato, è stato infatti affiancato a quello della repressione penale, che vede come cifra distintiva non solo l’introduzione di nuove fattispecie penali di corruzione e la più razionale distinzione tra concussione e corruzione, ma soprattutto un generale inasprimento delle pene, accompagnato da un rafforzamento degli strumenti d’indagine penale.

L’esigenza di operare una sempre maggiore stigmatizzazione dei reati contro la pubblica amministrazione è stata soddisfatta dal legislatore del ‘92 intervenendo, in particolare, sulla struttura dei reati di concussione e corruzione e introducendo nel catalogo dei delitti il traffico di influenze illecite

6

. Per quanto riguarda il reato di concussione si sono scisse le condotte di costrizione e induzione, che in precedenza rientravano entrambe nello schema tipico del reato di concussione, rendendo la condotta di induzione autonoma e propria del nuovo reato, previsto dall’art. 319 quater c.p., d’induzione indebita a dare o promettere utilità, ampliando quindi il novero delle fattispecie incriminatrici

7

.

Allo stesso tempo la tipicità dei delitti di corruzione ex art. 318 c.p. è stata incentrata non più sulla compravendita dell’atto di ufficio da compiere o già compiuto, ma sulla dazione-ricezione di denaro o di altre utilità per l’esercizio della funzione o dei poteri, in modo da favorire una maggiore semplificazione probatoria. A questa rimodulazione della condotta criminosa, si accompagna anche l’ampliamento dei possibili soggetti attivi del reato che includono ogni incaricato di pubblico servizio a prescindere dalla qualità di pubblico impiegato

8

.

6 F. PALAZZO, Concussione, corruzione e dintorni: una strana vicenda, in Dir. pen. cont., 2012, 1, p. 227 ss.; E. DOLCINI, La legge 190/2012: contesto, linee di intervento, spunti critici, in Dir. pen. cont., 2013, 3, p. 1 ss.; P. SEVERINO, La nuova legge anticorruzione, in Dir. pen. proc., 2013, p. 7 ss.

7 S. SEMINARA, I delitti di concussione e induzione indebita, in AA. VV., La legge anticorruzione. Prevenzione e repressione della corruzione, a cura di G. Mattarella, M.

Pelissero, Torino, 2013, p. 381 ss.

8 G. ANDREAZZA - L. PISTORELLI, Una prima lettura della l. 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione), Relazione a cura dell'Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, in Dir. pen. cont., novembre 2012, p. 1 ss.; F. VIGANÒ, La riforma dei delitti di corruzione, in Libro dell’anno del Diritto 2013, Enc. Giur. Treccani, p. 1 ss.

(12)

La legge Severino, in un’ottica di maggiore deterrenza, ha anche ampliato l’ambito di applicazione delle pene accessorie. L’interdizione perpetua dai pubblici uffici ex art. 317 bis in caso di condanna è stata estesa anche ai reati di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e alla corruzione in atti giudiziari, mentre l’incapacità di contrarre con la P.A. ha riguardato anche il reato dell’induzione indebita a dare o promettere utilità

9

.

Già dunque la legge del 2012 aveva percorso la strada del potenziamento della risposta sanzionatoria estendendo le pene accessorie a un maggior numero di reati. Tuttavia la novella è stata completamente riscritta dalla legge n. 3/2019, in continuità dunque con i precedenti interventi normativi, ma in un’ottica afflittiva ancora più accentuata ed esasperata.

Nel complesso, il legislatore del 2012 ha preferito potenziare l’uso del diritto penale attraverso l’inasprimento sanzionatorio, anche con l’obiettivo di arginare la prescrizione, creando però dei livelli sanzionatori irragionevoli in chiave di prevenzione generale, con il rischio paradossale di deresponsabilizzare i destinatari dei precetti

10

. Al contrario, ha mancato di potenziare lo strumento della prevenzione amministrativa ex ante, che sarebbe stato più efficace nel contrastare a monte un fenomeno criminale sempre più vasto e sistemico, con l’individuazione di modelli di organizzazione, funzionamento e controllo operanti all’interno della pubblica amministrazione

11

.

L’arsenale repressivo in chiave dissuasiva è stato successivamente incrementato dalla legge n. 69/2015, che a distanza di soli due anni dall’entrata in vigore della precedente riforma, e in continuità con essa, sancisce un nuovo significativo aumento delle pene, accompagnato dalle

9 D. PULITANÒ, La novella in materia di corruzione, in Cass. pen., 2012, p. 8 ss.; A.

BALSAMO, Gli interventi sulla disciplina sanzionatoria e sulla ipotesi di confisca, in La legge anticorruzione, cit., p. 451 ss.

10 Al riguardo cfr. F. CINGARI, La corruzione pubblica: trasformazioni fenomenologiche ed esigenze di riforma, in Dir. pen. cont., 2012, 1, p. 92, che lucidamente sottolinea come l’inasprimento sanzionatorio, seppur possa apparire appagante sotto il profilo politico e processuale, rischia di essere pregiudizievole sul piano dell’effettività della sanzione perché vi è il pericolo di una divaricazione tra pena minacciata e pena effettivamente irrogata.

11 C.F. GROSSO, Novità, omissioni e timidezza della legge anticorruzione in tema di modifiche al codice penale, in La legge anticorruzione, cit., p. 1 ss.

(13)

novità sostanziali e processuali che permettono il recupero coattivo delle utilità percepite in modo indebito dagli agenti pubblici.

Lo scopo della legge era di tranquillizzare l’opinione pubblica allarmata dalle vicende giudiziarie di quegli anni, tra cui Expo, Mafia Capitale: a tal fine il diritto penale ancora una volta è stato usato come strumento per mantenere il consenso sociale

12

. Non solo il legislatore introduce un forte inasprimento sanzionatorio, anche per allungare i termini prescrizionali, ma addirittura affianca i delitti contro la P.A a quelli di associazione di stampo mafioso, come si evince dal titolo della legge “Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazione di tipo mafioso e di falso in bilancio”. Il messaggio appare chiaro: per la criminalità organizzata, la corruzione di funzionari pubblici è funzionale ai propri traffici illeciti, per cui i delitti contro la P.A. vanno perseguiti con strumenti speciali, al pari dei delitti mafiosi

13

.

In generale la riforma ha incrementato i limiti edittali massimi delle pene principali per i reati ex artt. 314, 318, 319, 319 ter, 319 quater c.p. e quelli minimi per i delitti di cui agli artt. 319, 319 ter, 319 quater c.p.

Un’esemplificazione di questo approccio punitivo finalizzato a potenziare l’efficacia dissuasiva dell’arsenale penale, è rappresentata dall’aumento della forbice edittale del reato di corruzione per l’esercizio della funzione ai sensi dell’art. 318 c.p., modificato nella rubrica e nel dettato sostanziale dalla legge Severino. In origine, il codice Rocco puniva tale reato con la reclusione da sei mesi a tre anni; pena incrementata con la legge n. 190/2012 da un minimo di un anno a un massimo di cinque poi aumentato a sei anni dalla legge Grasso.

Stessa sorte spetta all’art. 319 c.p., che punisce la condotta di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, anch’esso sottoposto a un progressivo inasprimento sanzionatorio: a fronte della originaria pena della reclusione da due a cinque anni, si è passati da un minimo edittale di quattro anni a un

12 R. CANTONE - G. DI FEO, Il male italiano. Liberarsi della corruzione per liberare il paese, Milano, 2015, p. 54 ss.; V. MONGILLO, Le riforma in materia di contrasto alla corruzione introdotte dalla legge n. 69 del 2015, in Dir. pen. cont., 15 dicembre 2015, p. 2.

13 T. PADOVANI, Legge Severino, riforma della riforma con nodi inestricabili, in Guida dir., 2015, 28, p. 10 ss.

(14)

massimo di otto, fino ad arrivare a una forbice compresa tra i sei e i dieci anni di reclusione. Ed è stata altresì aumentata la sanzione prevista per il reato di corruzione in atti giudiziari, di cui all’articolo 319 ter c.p., la cui pena per il fatto previsto dal primo comma, prima racchiusa tra tre e otto anni di reclusione, è stata innalzata a quattro e dieci anni di reclusione con la legge n. 69/2015.

Anche la forbice edittale dell'induzione indebita a dare o promettere utilità, ex art. 319 quater, comma 1 c.p., è stata ampliata passando dai tre agli otto anni, a un minimo di sei anni a un massimo di dieci anni e sei mesi.

Infine, il reato di peculato ordinario ex art. 314 c.p. con la legge Grasso ha subito un inasprimento del massimo edittale, fissato in dieci anni e sei mesi di reclusione in luogo dei precedenti dieci anni.

Appare chiaro che l’intervento normativo ha alterato irragionevolmente la progressione sanzionatoria tra le varie fattispecie incriminatrici portatrici di un diverso disvalore, come accaduto anche con la legge n. 190/2012. In particolare, si equipara il minimo edittale della corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio al minimo edittale della concussione, mentre i limiti di pena della concussione e della corruzione in atti giudiziari vengono illogicamente parificati

14

.

L’aumento dei minimi edittali ha peraltro anche ampliato l’applicabilità della pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Il trattamento sanzionatorio più gravoso contemplato dalla nuova disciplina dei reati contro la P.A. è inoltre arricchito dalla sanzione patrimoniale della riparazione pecuniaria, consistente nel pagamento di una somma pari all’ammontare di quanto indebitamente ricevuto, alla quale possono essere condannati coloro che hanno una qualifica pubblicistica e che abbiano commesso i delitti di peculato, concussione, corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per un atto contrario ai doveri di ufficio, corruzione in

14 A. SPENA, Dalla punizione alla riparazione? Aspirazioni e limiti dell’ennesima riforma anticorruzione (l. 69/2015), in Studium Iuris, 2015, 10, p. 1117 ss.; V. MONGILLO, Le riforma in materia di contrasto alla corruzione introdotte dalla legge n. 69 del 2015, cit., p.

5 ss.

(15)

atti giudiziari, induzione indebita a dare o promettere, corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio

15

.

L’aggravamento del trattamento degli autori dei reati contro la P.A. è infine completato dalla più gravosa sospensione condizionale della pena, che in base alla legge n. 69/2015, può essere concessa se il pubblico ufficiale, condannato per peculato, concussione, corruzione e induzione indebita di dare o promettere utilità, abbia pagato una somma equivalente al profitto del reato o all’ammontare di quanto indebitamente percepito

16

. Entrambi gli istituti, come si vedrà in seguito, sono stati oggetto di riforma con la legge n.

3/2019.

Al pari delle norme di natura sostanziale, anche le norme processuali non sono rimaste immuni dall’urgenza del legislatore di fornire risposte alle istanze di sicurezza e repressione. Si assiste infatti a un graduale potenziamento degli strumenti d’indagine e processuali culminato nella legge “spazza corrotti”, che nel complesso ha delineato un vero e proprio doppio binario per i reati contro la pubblica amministrazione, forgiato su norme che derogano la disciplina processuale generale.

In particolare, la legge n. 69/2015 ha affiancato allo strumento repressivo quello del recupero del lucro ottenuto illecitamente dai funzionari della pubblica amministrazione, incidendo tra l’altro sul rito del patteggiamento ex art. 444 c.p.p. La novella introdotta nel 2015, inserendosi nell’alveo della giustizia riparativa, intende evitare che il reo, aderendo al rito semplificato dell’applicazione della pena su richiesta, possa eludere la ripetizione del vantaggio illecito lucrato nell’ambito dei delitti ex artt. 314, 317 , 318, 319, 319 ter, 319 quater e 322 bis c.p., per cui nei procedimenti penali per tali reati si può procedere alla richiesta di patteggiamento soltanto previa restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato

17

. È palese l’intenzione del legislatore di rendere più gravoso l’accesso al patteggiamento per i reati contro la P.A., a tutela dell’interesse della stessa a

15 A. SPENA, Dalla punizione alla riparazione?, cit., p. 1117 ss.

16 Ibidem, p. 1124.

17 A. SPENA, Dalla punizione alla riparazione?, cit., p. 1124; F. TRAPELLA, Il patteggiamento nei giudizi per reati corruttivi, in Proc. pen. giust., 2016, 1, p. 125 ss.

(16)

riottenere quanto indebitamente sottrattole. Una norma speciale che introduce un meccanismo estraneo alla logica del patteggiamento e che reca con se l’obiettivo di impedire agli accusati di reati contro la pubblica amministrazione di godere di regimi premiali.

Il potenziamento degli strumenti d’indagine e processuali passa anche attraverso il d. lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, attuativo della legge n.

103/2017, che ha profondamente riformato la materia delle intercettazioni di comunicazioni e conversazioni e l’uso del materiale processuale raccolto

18

. Con l’art. 6 comma 1 del d. lgs. n. 216/2017, che rinvia all’art. 13 del d.l. n.

152/1991, la disciplina speciale prevista per i procedimenti per i reati di criminalità organizzata è stata estesa anche ai reati nei confronti della pubblica amministrazione puniti con la reclusione non inferiore nel massimo edittale a cinque anni. Si tratta di una disciplina derogatoria alle regole processuali ordinarie valide per i reati comuni, che ha l’obiettivo di rendere più agevole il ricorso a tali strumenti di ricerca della prova tramite l’attenuazione dei requisiti previsti per disporli

19

. Infatti, il giudice per le indagini preliminari autorizza l’intercettazione in presenza di sufficienti indizi, in deroga alla regola generale dei gravi indizi di commissione del reato in questione, e se l’intercettazione è necessaria, anziché indispensabile, per lo svolgimento delle indagini.

Inoltre, le intercettazioni di comunicazioni fra presenti, che avvengano nei luoghi ex art. 614 c.p., possono essere disposte anche in assenza di motivi per ritenere che negli stessi sia in corso un’attività criminosa, sempre in deroga alla disciplina generale. Viceversa, l’uso del captatore informatico

18 E. TURCO, La ricerca della prova ad alta efficacia intrusiva: il captatore elettronico, in AA. VV., La riforma della giustizia penale, Commento alla legge 23 giugno 2017, n. 103, a cura di Scalfati, Torino, 2017, p. 307 ss.; M. GIALUZ - A. CABIALE - J. DELLA TORRE, Riforma Orlando: le modifiche attinenti al processo penale, tra codificazione della giurisprudenza, riforme attese da tempo e confuse innovazioni, in Dir. pen. cont., 2017, 3, p. 194 ss.; C. PARODI, La riforma “Orlando”: la delega in tema di “captatori informatici”, in www.magistraturaindipendente.it, 4 aprile 2017.

19 C. PINELLI, Sull’ammissibilità di restrizioni alla libertà di domicilio e alla libertà di comunicazione tramite “virus di stato”, in Dir. pen. cont., 17 aprile 2017; L. PALMIERI, La nuova disciplina del captatore informatico tra esigenze investigative e salvaguardia dei diritti fondamentali. Dalla sentenza “Scurato” alla riforma sulle intercettazioni, in Dir.

pen. cont., 25 maggio 2018; M. BONTEMPELLI, Il captatore informatico in attesa della riforma, in Dir. pen. cont., 20 dicembre 2018; R. BRIGHI, Funzionamento e potenzialità investigative del malware, in AA. VV., Nuove norme in tema di intercettazioni. Tutela della riservatezza, garanzie difensive e nuove tecnologie informatiche, a cura di G. Giostra - R.

Orlandi, Torino, 2018, p. 221.

(17)

presso un domicilio privato segue la disciplina generale, che ne consente l’uso solo se si ritiene che ivi si stia svolgendo un’attività criminosa.

Il corpus delle discipline processuali derogatorie è ulteriormente arricchito dall’art. 132 bis, comma 1 lett. f) disp. att. c.p.p., introdotto con legge n.

103/2017, che equipara i delitti ex artt. 317, 319, 319 ter, 319 quater, 320, 321 e 322 bis c.p. a quelli di criminalità organizzata in tema di priorità assoluta di formazione dei ruoli di udienza e di trattazione dei processi, allo scopo di garantire per gli stessi l’accertamento nel merito evitandone l’estinzione per sopravvenuta prescrizione.

La progressiva modifica della disciplina penale della pubblica amministrazione si basa sulla continua deroga alle norme generali, in un’ottica di massima efficienza punitiva. La risposta penale all’allarme sociale per la diffusione dei delitti di corruzione è basata sulla costruzione di uno statuto speciale di norme penali che definiscono sempre più un corpus di regole a sé stanti, diverse da quelle ordinarie, che per la loro natura eccezionale si allontano dalle logiche proprie del codice penale e processuale, rischiando così di alterarne la ratio e la fisionomia originaria e di valicare i limiti costituzionali posti a garanzia dei diritti dell’indagato e dell’imputato.

1.1 La diffusione della corruzione sistemica come fattore propulsivo delle riforme in materia di anticorruzione

Un fattore che ha implementato gli interventi riformatori in materia di delitti

nei confronti della P.A. è la trasformazione della corruzione da pulviscolare

ed episodica a fenomeno criminale sistemico che coinvolge i vertici politici

e amministrativi delle istituzioni e che si avvale di una ramificata e

complessa struttura, basata non più su un accordo corruttivo bilaterale tra

corrotto e corruttore, ma su un patto a più voci tra una serie di soggetti in

(18)

veste di intermediari

20

. Questa struttura plurisoggettiva del fenomeno criminale determina una modifica dell’oggetto del pactum sceleris. Dalle inchieste giudiziarie emerge di frequente che, ad esempio, il pubblico ufficiale corrotto, anziché impegnarsi a emanare un determinato atto del proprio ufficio, usa la propria autorevolezza sul pubblico agente competente a emanare l’atto che è stato chiesto dal corruttore; mentre in altri casi la tangente viene versata dal corruttore come forma di imposta periodica per ottenere una costante protezione in tutti i rapporti futuri con la pubblica amministrazione.

Inoltre, nei reati di corruzione di stampo sistemico si registra anche un’altra peculiarità che riguarda la prestazione del corruttore. Quando la tangente è in denaro, si mettono in moto meccanismi articolati, in grado di rendere complessa la riconduzione del pagamento al corrotto e al corruttore, spesso tramite l’intervento di un intermediario. In altri casi ancora invece la dazione illecita non si materializza in moneta, ma può assumere la forma più variegata di prestazioni, beni, servizi, cioè altre utilità

21

.

Queste caratteristiche proprie del reato di corruzione mettono in luce il problema dell’accertamento del delitto, ad esempio nei casi in cui tra corrotto e corruttore si inserisce un intermediario o quando la tangente si

“frammenta” nei diversi rapporti di affari tra corrotti e corruttori, rendendo molto complessa l’attività probatoria. Tali difficoltà sono dovute alla

20 Sul carattere pervasivo e sistemico della corruzione nel nostro Paese, si vedano in particolare: G. FORTI, Unicità o ripetibilità della corruzione sistemica? Il ruolo della sanzione penale in una prevenzione «sostenibile» dei crimini politico-amministrativi, in Riv. trim. dir. pen. econ., 1997, p. 1069 ss.; A. VANNUCCI, La corruzione nel sistema politico a dieci anni da “mani pulite”, in Il prezzo della tangente. La corruzione come sistema a dieci anni da “mani pulite”, a cura di G. Forti, Milano, 2003, p. 23 ss.; P.

DAVIGO, G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e controllo penale, Roma-Bari, 2008, p. 7 ss.; G. FORTI, Introduzione. Il volto di Medusa: la tangente come prezzo della paura, in Il prezzo della tangente, cit., p. 11 ss.; F. CINGARI, Possibilità e limiti del diritto penale nel contrasto alla corruzione, in Corruzione pubblica. Repressione penale e prevenzione amministrativa, a cura di F. Palazzo, Firenze, 2011, p. 10 ss.; N.

FIORINO - E. GALLI, La corruzione in Italia, Bologna, 2013, p. 49 ss.; A.

ALESSANDRI, I reati di riciclaggio e corruzione nell’ordinamento italiano: linee generali di riforma, in Dir. pen. cont., 2013, 3, p. 134; P. SEVERINO, Legalità, prevenzione e repressione nella lotta alla corruzione, in Arch. pen., 2016, 3, p. 635; P. DAVIGO, Il sistema della corruzione, Roma-Bari, 2017, p. 27 ss.

21 D. DELLA PORTA - A. VANNUCCI, Corruzione politica e amministrazione pubblica:

risorse, meccanismi e attori, Bologna, 1994, p. 342; A. VANNUCCI, Il mercato della corruzione: i meccanismi dello scambio occulto in Italia, Milano, 1997, p. 109 ss.

(19)

struttura tipica del reato, basata sul mutuo interesse delle parti ad occultare il patto corruttivo, difendendosi reciprocamente.

Proprio per rimuovere questo ostacolo nell’accertamento del reato, la legge n. 69/2015 ha introdotto uno strumento che nelle intenzioni del legislatore avrebbe dovuto essere capace di rompere il vincolo omertoso tra corrotto e corruttore, in quanto favorirebbe la propensione alla denuncia. Si trattava di una circostanza attenuante basata sulla condotta collaborativa post delictum di cui può beneficiare sia l’intraneus che l’extraneus alla P.A., che oltre a incentivare le denunce mirava a far emergere elementi decisivi ai fini investigativi e dell’accertamento giudiziale dei fatti. La novella dell’art. 323 ter c.p. come introdotta dalla legge n. 69/2015, ora riformata dalla legge n.

3/2019, stabiliva che «per i delitti previsti dagli articoli 318, 319, 319 ter, 319 quater, 320, 321, 322 e 322 bis, per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l’individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita da un terzo a due terzi»

22

. La norma, quindi, premiava la condotta positiva senza fissare un termine per la sua realizzazione.

La riforma n. 3/2019 ha profondamente modificato l’art. 323 ter c.p., trasformandolo in una causa di non punibilità.

Queste nuove forme di manifestazione della corruzione non danneggiano solo il buon andamento, la legalità e l’imparzialità dell’azione amministrativa, ma generano anche seri pregiudizi al sistema economico e politico istituzionale, come già messo in evidenza dalle convenzioni sovranazionali.

L’aumento della diffusione del livello di corruzione, infatti, altera la libera concorrenza del mercato e ciò comporta una diminuzione della crescita economica in quanto scoraggia gli investimenti, in primis stranieri, e rallenta lo sviluppo tecnologico delle imprese assorbite economicamente

22 C. BENUSSI, Alcune note sulla nuova attenuante del secondo comma dell’art. 323-bis c.p., in Dir. pen. cont., 26 giugno 2015; V. MONGILLO, Le riforme in materia di contrasto alla corruzione introdotte dalla legge n. 69 del 2015, cit., p. 12; G. DOMENICONI, Alcune osservazioni in merito alle modifiche apportate dalla legge n. 69/2015 alla disciplina dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, in Dir. pen. cont., 21 gennaio 2016.

(20)

negli “investimenti” di corruttela, a ciò si accompagna anche la scarsa qualità delle opere pubbliche realizzate.

La sistematica diffusione della corruzione allo stesso tempo mina la legittimazione stessa dell’azione amministrativa, perché guidata dalla logica del profitto privato illecito, anziché dai principi di legalità e imparzialità.

Ciò genera una sfiducia dei consociati nei confronti della capacità della P.A.

di agire in modo imparziale ed efficiente e comporta a sua volta un ulteriore incremento delle condotte corruttive.

Di fronte a queste nuove e più ambigue forme di corruzione e in ottemperanza agli obblighi convenzionali si sono susseguite le riforme anticorruzione degli ultimi anni con l’intento di introdurre strumenti di contrasto più adeguati, come ad esempio la rimodulazione di alcune fattispecie di reato, in primis l’art. 318 c.p. Il nuovo art. 318 c.p., come formulato dalla legge n. 190/2012, infatti, svincola la punibilità dalla prova processuale del compimento di un atto d’ufficio, legittimo o illegittimo, di mercimonio, in modo da potersi applicare, per la sua formulazione generica che si avvale dei più ampi concetti di funzioni e poteri del pubblico agente, anche ai “pagamenti a futura memoria” effettuati dal corruttore per conquistarsi la benevolenza futura del pubblico ufficiale, oltre ai casi di accordi corruttivi che abbiano ad oggetto l’asservimento continuativo delle funzioni svolte dal pubblico agente a vantaggio del privato

23

.

Sempre nell’ottica di contrastare i delitti contro la P.A. in modo più efficace e per rispondere agli obblighi internazionali derivanti dalle convenzioni sovranazionali già ratificate, in particole la Convenzione ONU contro la corruzione e la Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione, la legge n. 190/2012 ha introdotto nuove fattispecie di reato, quali l’induzione indebita a dare o promettere utilità ai sensi dell’art. 319 quater c.p. in luogo della concussione per induzione, che punisce con pene differenti sia il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che induca il privato a pagare indebitamente denaro o altre utilità, sia il privato,

23 F. CINGARI, La corruzione per l’esercizio della funzione, in AA.VV., La legge anticorruzione, cit., p. 405 ss.

(21)

l’extraneus, che dia o prometta denaro o altra utilità, in modo da eliminare la lacuna dell’impunità del concusso

24

.

Ulteriore fattispecie di reato introdotta ex novo è il traffico di influenze illecite ex art. 346 bis c.p. che punisce insieme al faccendiere anche chi dà o promette denaro o la diversa utilità

25

. La legge n. 190/2012 ha voluto separare la nuova fattispecie di reato dalla figura del millantato credito, nella quale il destinatario della millanteria non rispondeva penalmente, per avvicinarla alla corruzione, dove i soggetti dello scambio sono tutti responsabili. La nuova disposizione, infatti, attribuisce rilevanza penale alla condotta di chi sfrutta relazioni con un pubblico funzionario per farsi dare o promettere denaro o altro vantaggio patrimoniale come prezzo della propria mediazione o pagare il pubblico funzionario.

Anche questa disposizione, come si vedrà più avanti, ha subito una radicale modifica con la legge n. 3/2019 che ha abrogato il reato di millantato credito ex art. 364 c.p., le cui condotte sono ricomprese nella nuova formulazione del traffico di influenze illecite.

Come già analizzato nel precedente paragrafo, però, la cifra distintiva delle riforme del 2012, del 2015 e ancor più della legge n. 3/2019, è data dal notevole inasprimento delle pene dei più ricorrenti e gravi reati contro la P.A., quali peculato, concussione, corruzione, abuso d’ufficio, sia nei minimi edittali, per ostacolare la concessione della sospensione condizionale della pena e delle misure alternative alla detenzione, nonché per agevolare l’applicazione della pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici ex art. 317 bis c.p.; sia nei massimi edittali, con l’evidente proposito di scongiurare la prescrizione dei reati, istituto peraltro eliminato con la legge

“spazzacorrotti”.

Se la volontà del legislatore è dunque di perseguire l’effettività della pena detentiva, non può trascurarsi il messaggio massmediatico che ha voluto lanciare, ossia quello di dura lotta ai delitti di corruzione, per rassicurare l’opinione pubblica allarmata dalla percezione di una sempre più massiccia

24 S. SEMINARA, I delitti di concussione e induzione indebita, in AA. VV., La legge anticorruzione, cit., p. 392 ss.

25 V. MAIELLO, Il delitto di traffico di influenze illecite, in AA.VV., La legge anticorruzione, cit., p. 419 ss.

(22)

diffusione della corruzione politica e affaristica. L’aggravio robusto delle pene è la cifra tipica degli interventi legislativi “emergenziali” in materia penale, uno strumento sempre più usato anche per motivi politici, in particolare per diffondere nell’opinione pubblica l’impressione del potenziamento dell’azione repressiva

26

.

La relazione che accompagna il disegno di legge “spazzacorrotti” giustifica il carattere eccezionale e repressivo della nuova normativa con la dimensione allarmante che ha assunto il fenomeno della corruzione, come risulta dalle statistiche sulla percezione, e con la diffusione ormai endemica e sistematica dei delitti di corruttela

27

.

Va però sottolineato che definire emergenziale un fenomeno criminale per la sua massiccia diffusione basandosi sugli attuali sistemi di misurazione della corruzione può essere fuorviante: vi è il dubbio, infatti, che il parametro soggettivo, in quanto tale, generi classifiche non del tutto attendibili e che dunque sia uno strumento inidoneo a guidare le riforme legislative

28

. In alternativa, gli altri strumenti di misurazione di carattere oggettivo non sono comunque più affidabili, in quanto anch’essi inadeguati, sotto vari punti di vista, ad orientare l’azione preventiva degli apparati pubblici.

Misurare la reale dimensione della corruzione presenta delle notevoli difficoltà ormai riconosciute dalla letteratura scientifica

29

. È sufficiente confrontare i risultati dei recenti report elaborati da varie fonti di osservazione del fenomeno della corruzione nel nostro Paese per rilevare la forte discrepanza e contraddittorietà dei dati, a prescindere da quale sia lo strumento usato per l’analisi. Il grado di corruzione del nostro Paese, infatti, varia sensibilmente sia che si confrontino tra loro i risultati dell’indagine

26 In particolare si veda V. MONGILLO, La legge “spazzacorrotti”: ultimo approdo del diritto penale emergenziale nel cantiere permanente dell’anticorruzione, cit. p. 241 ss.

27 Camera dei deputati n. 1189 - Disegno di legge 24 settembre 2018, Relazione 1 s., p. 1 ss.

28 T. PADOVANI, La spazzacorrotti. Riforma delle illusioni, cit., p. 2 ss.

29 Per un’analisi critica dei vari strumenti di misurazione: S. SEQUEIRA, Advances in measuring corruption in the field, in AA. VV., New Advances in Experimental Research on Corruption, «Research in Experimental Economics», a cura di D. Serra, L. Wantchekon, Bingley, Emerald, p. 145 ss.

(23)

basata sugli indicatori soggettivi, sia che si confrontino tali risultati con i dati derivanti dalle elaborazioni oggettive

30

.

Gli indicatori soggettivi o percettivi sono generati sulla base di sondaggi effettuati su campioni della popolazione in esame, oppure su indagini condotte su manager, analisti internazionali imprenditori, consulenti d’affari, giornalisti, analisti politici, economisti. Tra queste misure vanno annoverate quelle usate da Transparency International (per esempio il Corruption Perception Index, Cpi, o il Bribe Payers Index, Bpi) o quelle usate dalla World Bank (ad esempio Corruption Control Index, Public Integrity Index, l’indice Business Environment and Enterprise Performance Survey).

Secondo l’indagine annuale condotta dall’ONG Transparency International, l’indice di corruzione percepita (CPI) in Italia nel 2018 colloca il nostro Paese al 52° posto su 180 Paesi, in base a una scala di misura che va da 0, che indica il massimo grado di percezione della corruzione, a 100

31

. Un dato che, stante ai report annuali elaborati dall’Ong, vede l’Italia in un lento ma costante miglioramento dal 2012 ad oggi.

Le classifiche elaborate da World Bank Indicators (indice di percezione CCI) o dall’International Country Risk Guide (sempre della Banca Mondiale, fornisce indicazioni sul rischio di corruzione in 140 paesi) restituiscono un’immagine ancora meno brillante dell’Italia, che addirittura risulta più corrotta della Namibia, del Ghana, del Rwanda o di Cuba.

Si è ormai ampiamente discusso in dottrina dei vantaggi e dei limiti tipici dei livelli di misurazione percettivi

32

. In particolare, se ne apprezza la capacità di porre a confronto paesi dagli ordinamenti giuridici diversi, altrimenti difficilmente comparabili usando lo strumento giudiziario, e se ne riconosce il forte impatto, non sempre positivo, che hanno sulla classe politica che è spinta a elaborare soluzioni normative, il più delle volte

30 FORMEZ SPA, La corruzione. Definizione, misurazione e impatti economici, 30 maggio 2013, http://trasparenza.formez.it/lista-documenti, p. 32 ss.

31 Il CPI elabora dati provenienti da una serie di fonti internazionali che restituiscono la percezione della corruzione nel settore pubblico di uomini d’affari e di esperti nazionali.

Corruption Perceptions index: pubblicato il rapporto 2018 di Transparency International, in Dir. pen. cont., 4 febbraio 2019.

Per la lettura del Report si consulti: https://www.transparency.org/cpi2018.

32 N. FIORINO - E. GALLI, La corruzione in Italia, Bologna, 2013, p. 13 ss.

(24)

ritenendo che i dati restituiscano i livelli di corruzione effettiva.

Quest’ultimo è uno dei limiti delle misurazioni percettive, perché quantificano appunto una percezione del livello di corruttela, si basano su una valutazione soggettiva che non sempre ha un raffronto nella realtà e dunque nell’effettiva consumazione del reato di corruzione, spesso distorta e amplificata dalla copertura mediatica; inoltre se ne critica l’inidoneità a rappresentare verosimilmente la natura sfaccettata del fenomeno corruttivo.

Nel complesso, gli indici di percezione rivelano una situazione molto critica per l’Italia, soffocata da una corruzione in crescita che la colloca a livello internazionale agli ultimi posti tra i paesi dell’area OCSE.

Diversi e più confortanti sono i risultati delle indagini effettuate tramite i metodi di misurazione oggettivi, elaborati per aggirare i limiti degli indici compositi di percezione. Le misurazioni oggettive si basano su indagini a campione che riguardano esperienze dirette di corruzione (quali Global Corruption Barometer e Quality of Government Indicators dell’Università di Goteborg), o sui valori monitorati nel tempo relativi al rapporto tra la spesa affrontata e il capitale pubblico (Indice Golden, Picci), o sul numero di denunce e di condanne per i reati di corruzione (indice giudiziario).

Nelle indagini a campione, i questionari sono formulati in modo da far emergere casi di coinvolgimenti diretti di individui o di enti in eventi di corruzione, ad esempio il World Bank Enterprise Surveys e il Business Enterprise Economic Surveys raccolgono i dati sulla corruzione che coinvolgono direttamente gli enti operanti in vari settori, mentre l’International Crime Victim Surveys misura i casi di corruzione vissuti da singoli individui nei rapporti con la pubblica amministrazione.

In base ai dati elaborati tramite gli indicatori oggettivi self-reported, l’Italia conquista una buona posizione nelle classifiche, risultando addirittura uno dei paesi meno corrotti dell’Ue se si analizzano, ad esempio, i dati di Eurobarometro sulla corruzione 2017 e dell’Istat 2017

33

. I settori dove maggiormente si registrano episodi di corruzione sono la sanità, l’assistenza, la giustizia, gli uffici pubblici, mentre risultano meno corrotti pubblica

33 Si cfr. il Report elaborato dall’ISTAT, La corruzione in Italia. Il punto di vista delle famiglie, cit.

(25)

sicurezza e istruzione. Anche l’indagine del Global Corruption Barometer, seppur collochi l’Italia in una posizione meno favorevole, leggermente al di sopra della media europea, rivela comunque una situazione meno critica di quella che emerge dagli indici di percezione

34

.

Anche questo metodo di misurazione che confronta il livello di corruzione fra nazioni porta però con sé dei limiti, il più importante dei quali è che non sempre l’intervistato riporta correttamente il fatto corruttivo di cui è stato protagonista per timore di essere perseguito per legge, derivandone una sottostima del fenomeno; inoltre tali metodi rischiano di influenzare l’azione politica sovrastimando gli episodi di corruttela.

Altro strumento di rilevamento del livello di corruzione è dato dalla statistica giudiziaria, che intende misurare la corruzione emersa anziché percepita. Gli indici giudiziari misurano la corruzione da un punto di vista penalistico, basandosi sul numero delle denunce, dei rinvii a giudizio e delle condanne per reati di corruzione previsti dal nostro ordinamento.

Analizzando le più recenti statistiche ISTAT e quelle presentante dal SAET al Parlamento, emerge una situazione tutt’altro che critica, infatti il numero di denunce nei decenni esaminati sembrerebbe stabile e, addirittura, il numero di condanne decrescente

35

.

Si tratta però anche in questo caso di sistemi di rilevamento che presentano notevoli criticità e che, quindi, non restituiscono un’immagine realistica del fenomeno corruttivo. Sono poco utili dal punto di vista delle strategie preventive perché le condanne penali sono rilevate a distanza di molto tempo da quando si è consumato l’atto di corruzione. Inoltre, il reato di corruzione è a cifra nera molto elevata, è cioè un reato che non viene denunciato quasi mai perché non si consuma davanti a testimoni e, anche qualora ci fossero testimoni, l’atto corruttivo non è immediatamente percepibile all’esterno come un’azione criminale. Peraltro, la corruzione è un reato in cui non vi è un vero e proprio soggetto passivo, perché corrotto e corruttore sono entrambi soggetti attivi, sono sullo stesso piano ed entrambi

34 FORMEZ SPA, La corruzione. Definizione, misurazione e impatti economici, cit., p. 31.

35 Relazione sull’attività svolta dal servizio anticorruzione e trasparenza (SAeT), periodo dal 1° ottobre 2008 al 31 ottobre 2009, https://leg16.camera.it/_dati/leg16/lavori/

documentiparlamentari/indiceetesti/027/016/pdfel.htm.

(26)

sono sottoposti a sanzione penale. Questa struttura peculiare del reato non ne agevola la denuncia e, quindi, l’emersione.

Il basso numero di denunce e di sentenze di condanna rischia dunque di essere fuorviante nella ricostruzione realistica della diffusione della corruzione, in quanto non è per forza indice positivo della scarsità degli episodi di corruttela; piuttosto è spia della natura sommersa del reato, la cui reale portata rischia così di essere sottostimata. Occorre altresì considerare che il numero esiguo di denunce potrebbe anche essere motivato dalla perdita di fiducia dei cittadini nel sistema giudiziario o dalla maggiore abilità dei corruttori ad agire nell’ombra

36

.

Un ulteriore indicatore oggettivo di misurazione della corruzione è quello elaborato da Golden e Picci basato sul costo delle opere pubbliche. Il metodo di ricerca elaborato da ECOTER consiste nel comparare, dati ISTAT alla mano, la spesa pubblica erogata per dotare le Regioni di infrastrutture e l’inventario delle opere pubbliche effettivamente compiute

37

. La differenza tra quanto è stato speso e quanto realizzato è stato usato come indice di corruzione. Tanto più è bassa la differenza tra la quantità delle infrastrutture e i costi sostenuti dal Governo per gli stock di capitale pubblico, tanto più denaro sarebbe stato usato per frodi, appropriazione indebita, tangenti e, dunque, più elevata sarebbe la corruzione.

Anche questo indicatore presenta però dei limiti, perché, ad esempio, non è in grado di discernere tra inefficienza e corruzione.

I dati contraddittori che emergono dai report citati rendono più complessa la capacità istituzionale e politica di apprezzare il fenomeno della corruzione nella sua dimensione realistica, diventa così arduo giustificare il forte inasprimento penale sostanziale e processuale con la cifra endemica della corruzione e con la sua forte e crescente espansione, perché ci si basa su dati elaborati attraverso metodi che non sono infallibili e che se presi alla lettera, singolarmente, rischiano di sottovalutare o sovrastimare il fenomeno della corruttela.

36 A. VANNUCCI, L’evoluzione della corruzione in Italia: evidenza empirica, fattori facilitanti, politiche di contrasto, in AA. VV., La corruzione amministrativa: cause, prevenzione e rimedi, a cura di F. Merloni - L. Vandelli, Firenze-Antella, 2010, p. 42 ss.

37 N. FIORINO - E. GALLI, La corruzione in Italia, cit., p. 26 ss.

(27)

1.1.2 Le sollecitazioni internazionali alla riforma e gli obblighi attuati dalla legge n. 3/2019

La massiccia risposta al fenomeno della corruzione data dal nostro legislatore nel corso degli ultimi anni è stata alimentata, oltre che dalla diffusione della corruzione sistemica, anche dai Patti internazionali a cui l’Italia ha aderito, che perseguono come obiettivo primario la lotta a un illecito penale avvertito sempre più come una grave minaccia per la democrazia e per lo sviluppo economico degli Stati.

Le Nazioni Unite (ONU), l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo in Europa (OCSE), l’Unione europea (Ue), il Consiglio d’Europa (CdE) hanno adottato raccomandazioni, risoluzioni, decisioni che hanno generato un complesso normativo finalizzato a impedire che la corruzione, trasformatasi da pulviscolare a sistemica, possa compromettere non più solo, come si temeva in origine, la libera concorrenza fra le imprese, ma anche la legalità e la trasparenza delle istituzioni democratiche. Il filo rosso che collega i vari interventi normativi, susseguitisi dagli anni Novanta a oggi, è il raggiungimento dell’efficienza nella lotta al fenomeno della corruttela, attraverso un innalzamento omogeneo degli standard di tutela e un ampliamento delle condotte illecite

38

.

La relazione che accompagna il disegno di legge “spazzacorrotti” chiarisce che la riforma ha l’obiettivo di completare il percorso di adeguamento del diritto interno ai precisi obblighi contenuti, in particolare, nella Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d’Europa, firmata a Strasburgo nel gennaio 1999 e ratificata dall’Italia con la legge n. 112/2012 e nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione adottata

38 A. DI MARTINO, Le sollecitazioni extranazionali alla riforma dei delitti di corruzione, in AA. VV., La legge anticorruzione, cit., p. 355 ss.; V. MONGILLO, La corruzione tra sfera interna e dimensione internazionale. Effetti potenzialità e limiti di un diritto penale

“multilivello” dallo Stato – nazione alla globalizzazione, Napoli, 2012, p. 463 ss.; L.

SALAZAR, Contrasto alla corruzione e processi internazionali di mutua valutazione:

l’Italia davanti ai suoi giudici, in Cass. pen., 2012, p. 4270 ss.

(28)

dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, firmata nell’ottobre 2003 e ratificata dall’Italia con la legge n. 116/2009.

La Convenzione penale è intervenuta in modo organico sul fenomeno della corruttela, ampliando la nozione di corruzione così da non ancorarla più alla sola prospettiva economicistica che vede il reato ostacolo alla concorrenza e allo sviluppo economico, come prospettato nelle Convenzioni OCSE e dell’Ue

39

. In particolare, il Trattato disciplina la corruzione attiva e passiva dei pubblici ufficiali nazionali e, soprattutto, prevede un obbligo di incriminazione della corruzione internazionale, anche nella forma passiva, in modo che tale reato, per la sua gravità, possa essere perseguito da tutti gli Stati contraenti e non solo dallo Stato di appartenenza del pubblico ufficiale corrotto. Inoltre, persegue la corruzione tra privati (artt. 7 e 8) e il traffico di influenze (art. 12), ritenute offensive dei valori democratici, dello Stato di diritto, dei diritti umani e del progresso sociale ed economico.

Gli effetti della Convenzione penale sono amplificati dall’istituzione dell’organo di controllo, denominato Group of States Against Corruption, GRECO, istituito presso il Consiglio d’Europa

40

. Questo organismo di valutazione emana raccomandazioni non vincolanti giuridicamente per gli Stati membri; nonostante ciò svolge sui legislatori interni una forte funzione persuasiva, perché stila dei reports, consultabili dai cittadini, dai quali si evincono le criticità delle normative domestiche di ciascuno Stato aderente, nonché la mancata attuazione delle misure raccomandate. Le valutazioni negative, in quanto elaborate da organismi internazionali dotati di notevole autorevolezza, generano un danno reputazionale allo Stato, che è indotto ad adeguarsi alle raccomandazioni, che di conseguenza assumono una funzione di moral suasion nelle politiche criminali.

39 R. CANTONE, Il contrasto alla corruzione. Il modello italiano, in www.penalecontemporaneo.it, 2 ottobre 2018, p. 5 ss.

40 Il GRECO fu istituito nel 1999 con l’adesione dei primi diciassette Stati, fino ad arrivare agli attuali quarantanove. Lo Stato, per entrare a far parte del GRECO ed essere valutato, non deve aver sottoscritto la Convenzione penale del Consiglio d’Europa, né deve essere membro del Consiglio d’Europa.

Sul funzionamento del meccanismo di valutazione affidato al GRECO cfr. V. MONGILLO, La corruzione tra sfera interna e dimensione internazionale, cit., p. 527 ss.; M.

MONTANARI, La normativa italiana in materia di corruzione al vaglio delle istituzioni internazionali. I rapporti dell’Unione europea, del Working Group on Bribery dell’Ocse e del Greco concernenti il nostro paese, in Dir. pen. cont., 1 luglio 2012, p. 5 ss.

Riferimenti

Documenti correlati

Gli Uffici per l’Esecuzione Penale Esterna ( u. La simulazione di malattia mentale ... La dissimulazione di malattia mentale ... Gli stati emotivi o passionali ... Il

“Quando va a fare la spesa, secondo lei, quali fra gli ALIMENTI che compra fanno meglio alla salute?”. “In quest’ultimo anno le è mai capitato di cercare informazioni sul

istantanea i cui utili, fino ad un massimo di 40 milioni di euro per l'anno 2020 e 50 milioni di euro per l'anno 2021, sono direttamente versati all'entrata del bilancio dello Stato

Il programma di ricerca e di formazione/informazione sui farmaci, sulle sostanze e sulle pratiche mediche utilizzabili a fini di doping e per la tutela della

controllata → Consorzio stabile Vitruvio S.c.. DI

h) il rispetto degli eventuali vincoli di destinazione. Il cassiere o tesoriere effettua i pagamenti derivanti da obblighi tributari, da somme iscritte a ruolo, da delegazioni di

controllata → Consorzio stabile Vitruvio S.c.. DI

2. I gruppi consiliari possono avvalersi di collaboratori a titolo gratuito per lo svolgimento delle proprie attività istituzionali. Al fine di garantire una corretta esecuzione