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3.1 ROTTURA DEL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE

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C C R R O O C C I I A A T T O O A A N N T T E E R R I I O O R R E E L

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3.1 ROTTURA DEL LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE

Eziologia

La rottura del LCA è generalmente classificata in acuta, causata da traumi, e cronica, da problemi degenerativi; tuttavia queste due categorie di eventi sono correlate tra loro dal momento che i legamenti indeboliti dalla degenerazione sono più suscettibili ai traumi.

In realtà, l’eziologia della rottura non è spiegabile con una sola causa, una sola teoria o una particolare serie di eventi prestabiliti; sono infatti molteplici i fattori che portano alla lesione del legamento e che portano allo sviluppo di alterazioni degenerative secondarie a carico dell’articolazione (Johnson et al, 1993).

La lesione di tipo traumatico è principalmente un riflesso della sua funzione di limitatore della motilità articolare. Le lesioni acute possono conseguire a traumi ad alto impatto, a movimenti di iperestensione, alla rotazione interna dell’arto e alla spinta craniale della tibia, quando supera il punto di rottura del legamento, durante i salti. Quella di tipo degenerativa è correlata a modificazioni strutturali delle fibre del legamento conseguenti all’età, all’obesità, a continui stress articolari e a variazioni di conformazione articolare, quali lussazione di rotula e deformità valga (ginocchia a X) e vara (gamba arcuata).

L E E S S I I O O N N I I A A L L L L E E G G A A M M E E N N T T O O

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Epidemiologia

La rottura del LCA ha una distribuzione diversa a seconda delle razze, del sesso e dell’età. Nei cani di grossa mole e in alcune razze (Rottweiler, Mastiff, Labrador e Chow Chow) la rottura si verifica più spesso rispetto a razze di piccola taglia.

La rottura traumatica acuta, il più delle volte, si verifica nei cani di età inferiore ai quattro anni, mentre i cani con una sindrome di zoppia cronica di solito sono di età compresa tra i cinque e i sette anni. Inoltre, nei cani di piccola taglia (< 15 kg) c’è una maggiore incidenza, in età più avanzata (> 7 anni), rispetto ai cani di grossa mole. Ancora, numerosi studi hanno segnalato una maggiore incidenza di rottura nelle femmine rispetto ai maschi.

Quanto detto è stato confermato da uno studio epidemiologico condotto da Julie et al nel 1999 che hanno preso in considerazione l’incidenza della razza, del sesso e del peso corporeo in giovani cani con rottura del LCA. Dai risultati ottenuti risultano maggiormente predisposti i cani di peso superiore ai 22 Kg e di razza:

Akita, Mastino Napoletano, San Bernardo, Rottweiler, Terranova, Chesapeake Bay Retriever, Labrador Retriever, American Staffordshire terrier, Chow Chow e English bulldog, mentre fra quelle meno a rischiosi si possono ricordare: Schnauzer Gigante, Bovaro delle Fiandre, Shar-Pei, West Highland White Terrier, Boxer, Golden Retriever, Dobermann Pinscher e Cocker Spaniel.

Gli Autori hanno inoltre confermato i risultati di studi precedenti in cui i maschi sono meno predisposti delle femmine intere e i cani sterilizzati hanno una maggiore predisposizione dei soggetti interi. Questo si pensa sia legato all’ipoestrogenismo, anche se non si conosce l’effetto sul metabolismo e sulle proprietà meccaniche del suddetto ormone nel cane.

Un altro fattore che determina l’evoluzione di tale lesione al LCA è correlato alle modificazioni della struttura delle fibre del legamento che si riscontrano con l’avanzare dell’età e il disuso. Vasseur ha dimostrato che le caratteristiche strutturali ed isologiche del legamento variano con il passare del tempo, e sono cambiamenti più evidenti e più gravi in soggetti che hanno un peso maggiore di 15 Kg; ciò comporta, da un punto di vista biomeccanico, una perdita di resistenza e di stabilità (Hulse, 2002).

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Come detto in precedenza, la rottura del LCA è causata da un complesso di cause che si possono tentare di riassumere dividendole in gruppi:

• Cani di taglia media o grande, sottoposti ad attività fisica, che hanno subito una lesione traumatica acuta al LCA durante un intenso lavoro. Sebbene un legamento sano possa sostenere circa quattro volte il peso corporeo del cane, l’iperestensione del ginocchio porta alla compressione del LCA sulla faccia craniale della fossa intercondiloidea, stirando il legamento e deformandolo nel punto di lesione. Un’eccessiva rotazione interna può, inoltre, esitare in un improvviso sovraccarico del legamento causandone la completa rottura.

• Giovani cani di grossa taglia con anormale conformazione dell’articolazione femoro-tibiale che hanno subito la rottura dopo una moderata attività fisica. Il fatto che l’età media di questi soggetti affetti da lesione non-traumatica del legamento sia inferiore rispetto a quella con lesione traumatica acuta, ciò indica una certa predisposizione individuale e di razza verso lesioni precoci del LCA (Vezzoni, 2004). Si tratta di razze definite “post-legged” o straight-legged”, che sembrano avere in stazione un’angolazione del ginocchio più ampia e più verticale (Hulse, 2002) o di soggetti che presentano “genu varum” bilaterale e razze “bow-legged”, che sembrano avere uno stress maggiore a livello del LCA in quanto la tibia viene sottoposta ad un’eccessiva intrarotazione. Spesso queste “anomalie conformazionali” sono bilaterali, quindi non è da escludere una lesione del legamento controlaterale a quello preso in esame (Doverspike et al, 1993).

• Cani di piccola taglia, di età media, sottoposti a moderato esercizio fisico. In questi cani la lussazione mediale rotulea predispone ad una successiva rottura del legamento crociato, dovuta al fatto che il tendine tibio-rotuleo, che normalmente si trova in posizione craniale al femore e alla tibia, qui risulta spostato medialmente limitando la stabilità craniale dell’articolazione che qui si scarica sul LCA. La direzione della forza contrattile del quadricipite femorale si presenta in posizione mediale e non si ritrova più lungo l’asse longitudinale di tibia e femore cosicché, al momento dell’estensione del ginocchio si avrà una certa intrarotazione della tibia e conseguente stress del LCA (Moore KW. and Read RA., 1996).

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• Cani sedentari di età media e di taglia media o grande. In questi soggetti il disuso, conseguente alla sedentarietà dovuta all’avanzare dell’età, maggiormente rilevato nei cani obesi, può portare ad una diminuzione della resistenza del LCA e predisporre alla sua rottura. Il meccanismo di compressione tibiale può essere la spiegazione per cui una normale attività può indurre una lesione al LCA in un paziente sedentario. Durante la sedentarietà la tibia si trova compressa tra femore e tarso a causa del carico, o “weight bearing”, e della contrazione dei gastrocnemi;

poiché la tibia è mantenuta in posizione dal LCA, la sua rottura comporta una compressione della tibia che si sposta cranialmente rispetto al femore. Quando il tarso è flesso i muscoli gastrocnemi sono contratti, e ogni pressione improvvisa sul piede, come un salto, causa l’attivazione del meccanismo di compressione tibiale.

Se le forze sprigionate dall’improvvisa attivazione della compressione tibiale superano la resistenza del LCA questo è destinato a rompersi (Johnson et al., 1993).

A causa dell’aumento di peso dei soggetti questi presentano un angolo tibiale più ampio e l’arto tenuto più esteso in confronto alla media della razza, forse perché tenere l’arto leggermente più flesso, con un angolo più stretto, potrebbe causare un aumento dello sforzo muscolare. Mantenere il ginocchio in una posizione più estesa sembra più confortevole per l’animale; scaricare il peso da osso ad osso, con contatto verticale, sembra migliorare la stabilità anche se, in questo caso, la spinta craniale tibiale risulta favorita dal peso stesso dell’animale (Vezzoni, 2004).

Un’altra causa che può predisporre alla rottura del legamento sono patologie autoimmuni a carico del liquido sinoviale, come artriti immuno-mediate, sinoviti autoimmuni e artriti settiche. La degenerazione di legamento, cartilagine e osso si ha quando le proteasi rilasciate dai macrofagi o condrociti attivati degradano la frazione proteica e il collagene.

Infine, altri fattori di notevole risconto responsabili di lesioni totali al LCA, possono essere riconducibili ad una rottura parziale del legamento che evolve quasi costantemente in rottura totale, in osteoatrite senza lesione al legamento o in lesione meniscale dovuta ad una combinazione di flessione-rotazione od estensione- rotazione del ginocchio (Moore KW. and Read RA., 1996).

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In artroscopia, legamento crociato craniale e caudale intatti. ( da Fossum, 2002).

InIn artroscopia, menisco mediale sfilacciato e LCA lacerato. ( da Fossum, 2002).

3.2 OSTEOARTROSI SECONDARIA ALLA ROTTURA DEL LCA

L’effetto principale della rottura del LCA è chiaramente un aumento dell’instabilità tra i capi articolari che porta ad un quadro tipico di artropatia degenerativa od osteoartrosi secondaria (OA).

In sede artroscopica è stato visto che le estremità lacerate del LCA si allontanano tra loro prendendo l’aspetto noto come “mopped”(Hulse et al., 1990), ma entro pochi mesi i due monconi vengono riassorbiti probabilmente ad opera delle collagenasi presenti in sede articolare. Da questo si può capire come questa possa essere associata ad una patologia degenerativa cronica non risolvibile spontaneamente.

In caso di OA tutte le strutture dell’articolazione femoro-tibio-rotulea sono coinvolte: la cartilagine diartrodale, la capsula sinoviale, il tessuto subcondrale, i tendini e i legamenti.

La cartilagine articolare presenta vari stadi di condromalacia; la forme ulcerative possono limitarsi agli strati superficiali o approfondirsi alla cartilagine calcificata, esponendo la porzione ossea sottostante. All’esame artroscopico si osserva rugosità focalizzata, e talvolta lievi fessurazioni sulle superfici articolari entro la prima settimana dalla comparsa della lesione legamentosa. I fenomeni di condromalacia progrediscono fino a poter divenire importanti fessure alla settima settimana post lesione ed erosioni alla dodicesima settimana (Mc Devitt et al.,1997). Adiacenti alle aree di ulcerazione sono apprezzabili fessurazioni verticali o tangenziali con eventuali scolamenti della parete. La sofferenza cellulare è provata anche dalla

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tendenza al raggruppamento dei condrociti in ammassi irregolari, come si può evidenziare dall’esame istologico (Micheletto et al., 2000).

In seguito alle lesioni ulcerative, la cartilagine articolare può andare incontro a calcificazioni che prendono il nome di osteofiti intra-articolari. Questi si presentano come piccole placche rilevate, a margini netti ma irregolari, di solito in corrispondenza di aree sottoposte direttamente al carico funzionale, come per esempio ai margini delle troclee femorali o sopra i condili tibiali.

Gli osteofiti che hanno struttura trabecolare simile a quella dell’osso da cui originano, sono tentativi di rimarginazione da parte del tessuto danneggiato per cercare di contrastare l’instabilità articolare derivante dalla rottura del LCA. Le fessurazioni della cartilagine articolare possono portare anche a piccoli distacchi di cartilagine ialina, rilevabili sotto forma di “topi articolari” all’esame radiografico. Il meccanismo di formazione degli osteofiti è stato attribuito alla stimolazione dei resti della cartilagine in seguito alla ipovascolarizzazione ed all’invasione dei capi dall’osso subcondrale (Marshall, 1969; Resnick et al, 1988).

Anche a livello della capsula articolare si ritrovano alterazioni dovute all’evoluzione osteoartrosica, e precisamente nei punti di inserzione della capsula stessa, dove si riscontrano proliferazioni periostali in seguito allo stress meccanico continuo dovuto all’instabilità articolare. A carico della membrana sinoviale, invece, è possibile riscontrare un ispessimento dell’intima, ben visibile già dopo una settimana dalla lesione al LCA, ma che tende a progredire fino alla tredicesima settimana, quando poi si stabilizza per regredire in seguito (Lipowitz et al., 1979).

Ulteriori proliferazioni periostali si possono ritrovare a livello delle inserzioni di tendini e legamenti, dovute alla calcificazione degli stessi a causa delle continue trazioni patologiche che devono subire. Questi osteofiti periostali inserzionali prendono il nome di entesiofiti, sono inizialmente separati dalla superficie ossea su cui prendono impianto ma in seguito si fondono con essa. Si differenziano perciò dagli osteofiti encondrali che presentano analogia morfologica e continuità con il tessuto epifisario.

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A livello del tessuto osseo subcontrale si possono riscontrare, a seconda del carico supportato, ispessimenti, assottigliamenti, o irregolarità delle trabecole, o un’aumentata radiopacità per la formazione di osso maggiormente compatto.

Inoltre, in zone che non risentono del carico funzionale, si possono trovare zaffi vascolari che hanno origine dalle cavità midollari e che possono perforare la cartilagine calcificata ed espandersi sulla superficie articolare (Burk e Ackerman, 1996).

Infine, è possibile ritrovare alterazioni a livello del piano articolare nelle zone periferiche in cui si possono riscontrare processi attivi di osteogenesi con rimaneggiamento dei margini articolari che, in proiezione radiografica caudo- craniale, assumono il profilo di becchi ossei rappresentanti un tentativo di ampliare la superficie di contatto tra i due capi articolari.

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