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I PARTE 1 INTRODUZIONE III 2 VITA E OPERE V

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Academic year: 2021

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I INDICE I PARTE 1 INTRODUZIONE III 2 VITA E OPERE V 2.1. Introduzione V 2.2. La famiglia VI

2.3. L'infanzia, l'estero, la morte della madre VII

2.4. La giovinezza e la prima raccolta XV

2.5. Vološin – Koktebel' – Sergej – gli anni felici XXVIII 2.6. Gli anni bloccata a Mosca XLIII 2.7. Dopo la Russia LI

3 ANALISI DEL TESTO LIV

3.1 I taccuini: una mente che pensa in diretta. LIV 3.2 Tra sradicamento e mitizzazione LVIII 3.3 Vita vissuta e fuga dalla vita LXIII 3.4 La selezione e i contenuti dei taccuini LXIX

3.4.1 Il taccuino 3 LXIX

3.4.2 Il taccuino 4 LXXI

3.4.3 Il taccuino 5 LXXI

3.4.4 Il taccuino 6 LXXIII

3.5 La prosa del poeta LXXVII

4 COMMENTO TRADUTTOLOGICO LXXXI

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II

4.1.1 La funzione del testo LXXXIII 4.2 Miscrostrategie e scelte traduttive LXXXIV 4.2.1 . Fattori linguistici LXXXV 4.2.1.1 Nomi propri LXXXV

4.2.1.2 Toponimi LXXXVII

4.2.1.3 Realia LXXXVII 4.2.1.4 Giochi di parole XCI 4.2.1.5 Espressioni idiomatiche XCIII 4.2.1.6 Materiale lessicale straniero XCIV 4.2.1.7 Organizzazione sintattica XCV

4.2.1.8 Punteggiatura XCVIII

4.2.2 Fattori testuali CI 4.2.2.1 Struttura tematica e flusso informativo CI 4.2.2.2 Gestione delle citazioni CII

4.2.3 Fattori extralinguistici CII

5 BIBLIOGRAFIA CV II PARTE 1 I TACCUINI 1 1.1 Taccuino 3 2 1.2 Taccuino 4 172 1.3 Taccuino 5 214 1.4 Taccuino 6 272 2 NOTE 362

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III

1. INTRODUZIONE

I taccuini di Marina Cvetaeva sono stati scritti dall'autrice nell'immediatezza e nell'urgenza di voler fermare con le parole i sentimenti generati dalla vita, sono registrazione della vita che accade, delle immagini e dei pensieri preziosi per un eventuale elaborazione letteraria. La cronaca di vita, il diario dell'anima e gli spunti letterari si intrecciano quindi creando un testo frammentario in cui il lettore incontra le debolezze, la personalità, le inquietudini, gli entusiasmi, gli amori, le emozioni di Marina Cvetaeva. Un'autrice nata nell'ambiente tipico dell'intellighenzia russa fin de siècle destinata a soccombere da lì a poco, dalla nascita del poeta, nella spirale della storia. Rifiutando ogni compromesso, sola e isolata, in lotta in eterno con la società, incapace di accettare le regole del gioco la Cvetaeva si comporterà in qualsiasi circostanza come una outsider sorretta solo dalla sua missione letteraria.

Il corpus centrale della tesi consiste nella traduzione di una selezione dei taccuini che vanno dalla fine del 1916 al 1919.

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IV

in loro la Cvetaeva riversa se stessa in uno dei momenti più tragici della sua vita. Vista, quindi, la natura intima dei taccuini ho trovato necessario dovermi soffermare sulla biografia dell'autrice. Nel primo capitolo del mio elaborato ho cercato di delineare gli aspetti più importanti della vita della Cvetaeva, soffermandomi in particolare sul periodo prima e durante la stesura dei taccuini, intrecciando gli avvenimenti biografici con la sua opera, le testimonianze dell'autrice e dei suoi contemporanei.

La Cvetaeva scrive i suoi taccuini con naturalezza, come si scriverebbe un “diario di vita” focalizzandosi su ciò che è importante nel momento in cui è scritto, ma allo stesso tempo i suoi pensieri sono spesso artefatti a causa della sua “deformazione professionale” e proiettati in una realtà che a lei non restava solo che desiderare. I suoi sono taccuini redatti da una scrittrice, da un poeta outsider, non mancano quindi di venature artistiche e di contenuti interessanti. È proprio sui contenuti e sul modo in cui i taccuini sono stati scritti che invece ho orientato il secondo capitolo della tesi, nel quale, dopo una breve descrizione dei metodi di selezione dei frammenti, tradotti mi soffermerò sui contenuti dei taccuini e sullo stile dell'autrice.

L'ultima parte della tesi è dedicata all'analisi traduttiva e linguistica del testo e quindi alle problematiche di tipo linguistico e culturale che ho incontrato e alle scelte prese nella traduzione dei frammenti.

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V

2. VITA E OPERE

2.1. Introduzione

Чистая лирика есть лишь запись наших снов и ощущений, плюс мольба, чтоб эти сны и ощущения никогда не иссякли… (Cvetaeva, 1933)

La lirica pura è solo trascrizione dei nostri sogni e sensazioni, con in più una supplica: che questi sogni e sensazioni non si esauriscano mai…1

Marina Cvetaeva, nel saggio Poety s istoriej i poety bez istorii (Poeti con storia e poeti senza storia), definisce così il poeta e la lirica. Lei, stessa, era un poeta lirico che scriveva solo di sé, delle sue sensazioni, della sua vita come lei la vedeva, di persone che conosceva, di letteratura e dei suoi sogni.

Per questo credo sia necessario conoscere la sua biografia e

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VI

comprendere la sua evoluzione.

In questo capitolo vorrei offrire un'analisi approfondita del periodo che va dalla nascita fino al 1922, anno dell'emigrazione della Cvetaeva in Europa, offrendo alla fine solo un breve excursus sugli anni da emigrè tra la Francia, Berlino e Praga, anni meno utili all'analisi dei taccuini.

2.2. La famiglia

Marina Ivanovna Cvetaeva nacque a Mosca l'8 Ottobre 1892. La madre, Marija Aleksandrovna Mejn, desiderava ardentemente un maschio, ma quando scoprì di aver avuto una bambina si convinse che “almeno sarebbe diventata una musicista”. Questa non fu l'unica delusione di Marija Mein, figlia di un moscovita facoltoso e conosciuto, lei è una donna colta ed è molto portata per la musica, ma il padre le negò non solo la carriera, ma anche il suo primo amore. Queste negazioni nella sua prima giovinezza influiranno sulla vita successiva di Marija: «Ebbe allora iniziò quella tristezza sorda, costante, estenuante che divenne parte del mio carattere e che lo mutò radicalmente» (Schweitzer, 2006: 22-23) scrive nel suo diario. Quella tristezza sorda e costante la percepì anche Marina: «La giovinezza della mamma, come la sua infanzia, fu solitaria, morbosa, inquieta, profondamente introversa. Gli eroi: Wallenstein, Possart, Ludwig di Baviera. In una notte di luna andò in barca sul lago dove lui era annegato. Un anello le scivolò dal dito – l'acqua lo inghiottì – si era promessa sposa al re morto» (Cvetaeva, 1988: 33-34). A Marja Mein, costretta a rinunciare ai

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VII

propri sogni, non resta che il matrimonio. Così nel 1891 si sposa con Ivan Vladimirovič Cvetaev, secondo dei quattro figli di Vladimir Cvetaev, prete di un villaggio di campagna. Ivan Cvetaev era professore di teoria e storia dell'arte all'Università di Mosca e incaricato dell'allestimento di un museo di arte classica annesso all'università. Quello con Marija Mein era il suo secondo matrimonio, la prima volta si era sposato con la figlia di Dmitrij Ilovajskij, noto storico, e da lei aveva avuto due figli: Valerija, nel 1882 e nel 1890 nacque Andrej, nel darlo alla luce la sua prima moglie morì lasciando in dote la casa al numero otto del vicolo Trechprudnyj (dei Tre Stagni), dove Marina Cvetaeva visse per molti anni.

Queste informazioni biografiche sulla famiglia dell'autrice sono importanti perché animano, arricchiscono e ispirano la sua opera. In particolare nella prosa degli ultimi anni la Cvetaeva cercherà di ricreare il mondo della sua infanzia, in testi come Mat' i muzyka (Mia madre e la musica) scritto nel 1934 e Otec i ego muzej (Mio padre e il suo museo) scritto nel 1936. Non a caso dedicò ai genitori e alle loro più grandi passioni due racconti: come sostiene Viktoria Schweitzer quella loro dedizione fanatica ai propri ideali e alla propria missione di vita, Ivan Cvetaev e Marija Mein, la trasmisero alla figlia che divenne «uno dei poeti russi più fanaticamente devoti alla Poesia». (Schweitzer, 2006:28)

2.3. L'infanzia, l'estero, la morte della madre

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VIII

Кирилл — Ася, мать, за один раз — приученная, сказала: «Ну, что ж, будет вторая музыкантша». (Cvetaeva, 1934)

(Quando due anni dopo Aleksandr' – io, nacque l'atteso Kirill – Asja, mia madre già abituata – dalla prima volta, disse: «Beh e allora, avremo una seconda musicista»)

Nel 1894 nasce la sorella di Marina Cvetaeva, Anastasija, detta Asja, La madre ripone nelle figlie le sue speranze infrante di diventare musicista e per Marina la musica divenne un supplizio. Solo dopo la morte della madre la Cvetaeva abbandonò la forzata educazione musicale, di cui rimane traccia però nella varietà ritmica delle sue prose e poesie e nell'immaginario musicale che spesso vi si incontra.

I suoi ricordi infantili non sono segnati solo dalle lunghe e noiose ore trascorse ad esercitarsi al pianoforte, ma anche dal fatto che la madre non le dimostrava mai il suo affetto, trattando la figlia con severità e rigore e dimostrando un'aperta preferenza al figliastro Andrej e alla figlia più piccola Asja. Nonostante fosse severa la madre teneva al futuro delle figlie e sognava di vederle istruite e colte. Insegna loro tre lingue (russo, francese e tedesco), racconta loro storie e parla loro di ciò che ama, avvicinandole a autori come Čechov, Mark Twain, Puškin, Shakespeare e Dante, ai romantici tedeschi e alle storie di gesta eroiche del Medioevo. Marina se ne appassiona e legge avidamente per tutta l'infanzia e non solo i libri che le dà la madre, ma anche quelli che le sono proibiti e che trova nella stanza della sorellastra Valerija. Ed è imitando le sue letture che scrive a sei anni le prime poesie, di cui però ne sono rimasti solo frammenti e che ricorderà,

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IX

ormai adulta, in Istoria odnovo posvjaščenija (Storia di una dedica). Qui immaginando una conversazione, il suo interlocutore nota che le sue poesie avevano un evidente eco dello stile di Puškin e sembravano uscire dalla cronaca giornalistica:

А это — откуда? Смесь раннего Пушкина и фельетона — как сейчас вижу на черном зеркале рояля — газеты “Курьер”. (Cvetaeva, 1932)

E questo da dove viene? Un misto tra il primo Puškin e il feuilleton del giornale Kur'er - lo vedo, come fosse adesso, sullo specchio nero del pianoforte.

La madre non ebbe il tempo di capire che la figlia sarebbe diventata un grande poeta e le proibiva di scrivere:

Из-за таких стихов (мать, кроме всего, ужасалась содержанию, почти неизменно любовному) и не давали (бумаги). Не будет бумаги — не будет писать. Главное же — то, что я потом делала с собой всю жизнь — не давали потому, что очень хотелось. Как колбасы, […] Права на просьбу в нашем доме не было. Даже на просьбу глаз. (Cvetaeva, 1932) A causa dei quei versi (mia madre, a parte il resto, inorridiva per il contenuto, quasi sempre amoroso) non mi davano (i fogli). Niente fogli – niente versi. Ciò che conta – ciò che ho fatto dopo per tutta la vita – e che non mi davano, perché lo volevo troppo. Come col salame, […] Nella nostra casa non si poteva chiedere. Non si poteva chiedere nemmeno con gli occhi.

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X

In casa Cvetaev era vietato chiedere. L'esteriorità e le cose materiali erano ritenute vili e Marija Mein vuole che le figlie le disprezzino, ciò fu possibile grazie alla condizione di benessere in cui viveva la famiglia. Questo sentimento di disprezzo contraddistinse, però, Marina Cvetaeva anche negli anni più duri della sua vita, quando non poteva permettersi di disdegnare anche solo una pagnotta di pane viste le sue condizioni economiche, e fu anche questo modo di porsi ostile alla vita materiale che la pose al di fuori della realtà. Lei, poeta nella miseria in una società che disprezzava provava timore a chiedere come quando era bambina e continuerà ad atteggiarsi a benestante anche quando la vita le remerà contro. In quel periodo di povertà cercherà di sopravvivere non solo di sogni di un passato romantico, ma anche affrontando la vita con il sarcasmo, e proprio con questo commenta in Istoria odnovo posvjaščenija (Storia di una dedica) i suoi esercizi poetici infantili:

— Вы никогда не писали плохих стихов?

— Нет, писала, только — всё мои плохие стихи написаны в дошкольном возрасте.

Плохие стихи — ведь это корь. Лучше отболеть в младенчестве. (Cvetaeva, 1932)

«Voi non li avete mai scritti versi brutti?»

«No, li ho scritti, solo che tutte i miei versi brutti li ho scritti prima di andare a scuola.

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XI

Nel novembre del 1902 la sua vita cambiò radicalmente. La madre si ammalò di tubercolosi e fu costretta a trasferirsi all'estero portando con sé le figlie. Nei tre anni successivi vivranno in tre paesi diversi.

La prima destinazione fu Nervi, in Italia. Lì le due sorelle Cvetaev vivono le loro prime avventure fuori dalla casa del vicolo dei Tre stagni. Stringono amicizia con il figlio del proprietario della pensione in cui alloggiano, il suo nome è Vladimir, Volodja, e a lui la Cvetaeva dedicherà delle poesie. Vengono raggiunte dalla seconda moglie del padre di Marja Mein, Aleksandra e i figli Nadja e Sergej entrambi malati di tubercolosi, la loro morte due anni più tardi rimarrà sempre un vivo ricordo nel cuore della Cvetaeva. Nella pensione vivono anche dei rivoluzionari russi emigrati che negano Dio, il matrimonio e la famiglia, discutono in continuazione e sono ferventi oppositori dello zar. Marina ascolta attenta le loro conversazioni e cerca di capire; proprio questi incontri segneranno più tardi, nell'adolescenza, il “suo momento rivoluzionario”.

La madre è ancora troppo malata e non può tornare in Russia, per questo Asja e Marina vengono iscritte nella primavera del 1903 al collegio delle sorelle Lacaze a Losanna in Svizzera. Qui parlano e studiano il francese e vengono immerse in un ambiente religioso e cattolico. Proprio di questo ambiente Marina parlerà nel racconto autobiografico Čert (Il diavolo), quando durante la sua prima confessione ammise la sua attrazione per il diavolo …

Когда я, одиннадцати лет, в Лозанне, на своей первой и единственной настоящей исповеди рассказала об этом католическому священнику —

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XII

невидимому и так потом и не увиденному — он, верней тот, за черной решеткой, те черные глаза из-за черной решетки сказали мне:

— Mais, petite Slave, c’est une des plus banales tentations du Démon!» — забывая, что ему-то, тертому и матерому, — “banale”, а мне — каково? (Cvetaeva, 1935)

(Quando, undicenne, a Losanna, durante la mia prima ed unica autentica confessione, raccontai tutto questo ad un prete cattolico – invisibile e poi mai più visto – lui, più esattamente quello, dietro la grata nera, quegli occhi neri dietro la grata nera mi dissero: «Mais, petite Slave, c’est une des plus banales tentations du Démon!» dimenticando che per lui, pratico ed esperto, era «banale», ma per me – come?) (Cvetaeva, 1990:20)

Nel collegio svizzero c'è comunque un'aria familiare e serena, ma non si può dire la stessa cosa del secondo collegio in cui furono trasferite le sorelle. Si trovava a Friburgo ed era diretto dalle rigide e severe sorelle Brink (Frauline Paulina e Frauline Annie). Inoltre la madre si aggravò diminuendo di conseguenza le visite alle figlie che si sentirono abbandonate. La Germania giocò un grande ruolo nella personalità della Cvetaeva. Sin dalla prima infanzia le erano stati familiari sia la lingua che la letteratura, passioni trasmessele dalla madre. Il suo amore per la Germania era tanto forte che non si fece scrupoli a leggere i suoi poemi germanofili in pubblico durante la prima guerra mondiale, quando la Russia combatteva contro i tedeschi, ponendosi ancora una volta al di fuori delle regole, al di fuori delle correnti.

Dopo l'estate del 1905, passata con la madre ormai gravemente malata e il padre nei pressi della Foresta Nera, la famiglia Cvetaev si ritrasferisce in

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XIII

Crimea, a Jalta. «Nell'estate del 1905 in Russia si ebbero nuovi scioperi, sollevazioni contadine di massa in molte province, manifestazioni di opposizione attiva, iniziative rivoluzionarie […] il movimento rivoluzionario culminò in un gigantesco sciopero generale che durò dal 20 al 30 ottobre. […] Parve che i russi agissero come mossi da un'unica volontà, rendendo assolutamente esplicita la loro incrollabile determinazione a porre fine all'autocrazia.» (Riasanovsky, 2005: 408 - 409)

Marina, il cui interesse per la Russia era cresciuto all'estero e non per la nostalgia della patria, ma piuttosto come frutto dei timori, delle sconfitte e dell'offesa russa nella guerra russo giapponese che il padre le raccontava, si avvicina alla rivoluzione, incuriosita dalla famiglia di rivoluzionari che vive accanto a loro. Scrive allora versi rivoluzionari e confesserà la sua passione più tardi anche a Rozanov in una lettera a lui indirizzata: «Dai quattordici ai sedici anni io deliravo per la rivoluzione […]» (Cvetaeva, 1988: 35), ma la sua passione era già scemata quando pubblicò la sua prima raccolta e probabilmente fu solo un modo per porsi ancora una volta controcorrente, come vedremo più avanti.

Di quel ritorno in Russia la sorella Valerija ha lasciato una testimonianza: С Италии (в Нерви) жизнь девочек сорвалась в сумасбродную вольницу. Было им тогда: Марине 10, Асе 8 лет. Дальнейший путь их по школам-интернатам Швейцарии и Германии (...) не дал им нужного тепла, не упорядочил навыков и характера. Обязательные смены мест и людей, смена привязанностей и порядков создали чувство бездомности, неустойчивости. (Vospominanija o Marine Cvetaevoj, 1992 : 31)

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XIV

In Italia (Nervi) la vita delle ragazze era finita nelle mani di un gruppo di fuggitivi stravaganti. All'epoca avevano Marina 10, Asja 8 anni. Il loro successivo percorso nei collegi in Svizzera e in Germania (...) non ha dato loro il calore di cui avevano bisogno, non ha dato una regola alle loro abitudini e al loro carattere. Il continuo cambiamento di luoghi e persone, il cambiamento di affetti e regole ha creato in loro un senso di instabilità, precarietà.

Il padre era troppo preoccupato per la moglie e per il suo museo, la madre troppo malata e le due sorelle crebbero senza reali attenzioni, spostate da un luogo all'altro da un affetto all'altro.

Nel marzo del 1906 la tubercolosi della madre peggiorò e fu presto chiaro che stava per morire. Si trasferirono quindi a Tarusa, dove la famiglia era solita passare le vacanze estive prima del periodo all'estero.

Degli ultimi giorni della madre la Cvetaeva sembra avere un chiaro ricordo, e la descrive nei dettagli in Mat' i muzyka (Mia madre e la musica):

Последнее — смертное. Июнь 1906 года. До Москвы не доехали, остановились на станции «Тарусская». Всю дорогу из Ялты в Тарусу мать переносили. [...] Встала и, отклонив поддержку, сама прошла мимо замерших нас эти несколько шагов с крыльца до рояля, неузнаваемая и огромная после нескольких месяцев горизонтали, в бежевой дорожной пелерине, которую пелериной заказала, чтобы не мерить рукавов. — Ну посмотрим, куда я еще гожусь? — усмехаясь и явно — себе сказала она. Она села. Все стояли. И вот из-под отвычных уже рук — но мне еще не хочется называть вещи, это еще моя тайна с нею…

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XV

Это была ее последняя игра. Последние ее слова, в той, свежего соснового тесу, затемненной тем самым жасмином пристройке, были: — Мне жалко только музыки и солнца. (Cvetaeva, 1934)

(L'ultimo – mortale. Giugno 1906. A Mosca non ci arrivammo, ci fermammo alla stazione di Tarusa. La mamma fu trasportata per tutto il viaggio, da Jalta a Tarusa. […] Si alzò e, dopo aver rifiutato ogni aiuto, passando davanti a noi, pietrificati, percorse quei pochi passi dal terrazzino al pianoforte, irriconoscibile ed immensa dopo parecchi mesi di pozione orizzontale, con la sua mantellina beige da viaggio che aveva fatto per non dover misurare le maniche. «Su, vediamo che cosa valgo ancora!» disse ridacchiando e chiaramente – a se stessa. Si sedette. Tutti rimasero in piedi. Ed ecco che sotto le sue mani già disavvezze – ma non ho ancora voglia di nominare i pezzi che suonò, questo è ancora un segreto tra me e lei …

Fu la sua ultima esecuzione. Le sue ultime parole, in quella veranda di sottili e fresche assi di pino ombreggiata dal gelsomino furono:

- Mi dispiace solo per la musica e il sole.) (Cvetaeva, 1990: 73)

Il 5 giugno 1906 Marija Mein morì, ponendo fine all'infanzia delle sue figlie.

2. 4. La giovinezza e la prima raccolta

Nell'autunno del 1906 Marina e Asja si trasferirono di nuovo nella casa al vicolo dei Tre Stagni a Mosca, dove riprendono a studiare nel ginnasio,

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XVI

ma Marina coltiva ancora le sue idee rivoluzionarie e il libero pensiero della studentessa è poco tollerato all'interno della scuola, così viene espulsa e perde definitivamente interesse per lo studio accademico. Nei tre anni seguenti cambierà altri due istituti e lascerà il ginnasio dopo la settima classe, quindi senza concluderlo. Nei ricordi di una sua compagna di scuola, Sof'ja Liperovskaja, la Cvetaeva sembra assumere un'aureola di interesse tra i suoi compagni, che influenza e a cui consiglia le sue letture preferite:

Многое изменилось у шестиклассниц под влиянием Марины. К ней обращались за советом, какую книгу прочитать, и она умела подсказать каждому хорошую, интересную книгу. «Читайте „Путешествие маленького Нильса с дикими гусями“ Сельмы Лагерлеф Вам понравится. Хорошо пишет». Через Марину познакомились с пьесами французского драматурга Ростана, полюбили его «Орленка», солнечного «Шантеклера», [...] Свою горячую страстность вносила в споры о новых людях Чернышевского, Тургенева, Горького, о жизни в будущем. (Vospominanija o Marine Cvetaevoj, 1992 : 32)

Molte cose sono cambiate nella sesta classe sotto l'influenza di Marina. A lei si rivolgevano per un consiglio su quale libro da leggere, e lei era in grado di consigliare a tutti un buon libro interessante. «Leggete "Il viaggio meraviglioso di Nils Holgersso” di Selma Lagerlöf.” Vi piacerà. Scrive bene». Grazie a Marina ci siamo avvicinati alle pièce di Rostand, ci siamo innamorati del suo “L'aiglon”, e del raggiante “Chantecler”, [...] Riversava la sua accesa passione nei dibattito sui nuovi volti, come Černyševskij, Turgenev, Gor'kij e la vita in futuro.

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XVII

Il suo ricordo non riguarda solo l'ambiente scolastico in cui si muoveva Marina adolescente, ma anche casa Cvetaev. Rimane perplessa davanti allo stile di vita della famiglia, dove tutti sembrano ignorare gli altri e dove sembra regnare l'ostilità. Marina stessa dà di quei momenti una lucida descrizione nella sua poesia Stolovaja (La sala da pranzo) pubblicata anch'essa in Album serale.

Столовая, четыре раза в день Миришь на миг во всем друг друга чуждых. Здесь разговор о самых скучных нуждах, Безмолвен тот, кому ответить лень. Все неустойчиво, недружелюбно, ломко, Тарелок стук... Беседа коротка: — «Хотела в семь она придти с катка?» — «Нет, к девяти», — ответит экономка. Звонок. — «Нас нет: уехали, скажи!» — «Сегодня мы обедаем без света»... Вновь тишина, не ждущая ответа; Ведут беседу с вилками ножи. — «Все кончили? Анюта, на тарелки!» Враждебный тон в негромких голосах, И все глядят, как на стенных часах Одна другую догоняют стрелки.

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XVIII

Роняют стул... Торопятся шаги... Прощай, о мир из-за тарелки супа! Благодарят за пропитанье скупо

И вновь расходятся — до ужина враги. (Cvetaeva 1910)

(Sala da pranzo, quattro volte al giorno/ gelidi estranei tu sai pacificare./ Si parla delle faccende più triviali,/ chi non ha voglia di parlare resta muto.// Tutti mutevoli, scostanti, bruschi,/ tinnio di piatti, conversari asciutti:/ -”Tornava alle sette dal pattinaggio?”./ - “No, per le nove” - replica la governante.// Suonano. - “Di' che siamo usciti, non ci siamo!”./ - “Il nostro sarà un pranzo senza lumi ...” ./ Silenzio esonerato da risposte;/ parlano solo forchetta e coltello.// - “Avete finito? Prendi i piatti, Anjuta!”/ Nelle voci sommesse il tono è ostile./ Scrutano tutti all'orologio a muro,/ come si inseguono le due lancette.// Cade una sedia … dei passi affrettati... / Addio, mondo da dietro la minestra./ Un grazie a denti stretti per il cibo/ e via di nuovo, nemici fino a cena.) (Cvetaeva, 2013: 241)

Si riunivano solo nella sala da pranzo e Sof'ja si stupisce quando Marina domanda al padre, quasi del tutto alieno alla politica, le sue opinioni. Ciò era impensabile in una famiglia dell'epoca dove l'autorità del padre era unica e riconosciuta.

«Кому же ты отдашь свой голос? — спрашивает Марина у отца и смотрит на него с усмешкой. — Ведь профессура все больше за кадетов голосует! Неужели ты не с ними?» (Vospominanija o Marine Cvetaevoj, 1992 : 36)

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XIX

sorrisino. - Dopotutto i professori hanno sempre votato per i cadetti? Davvero tu non sei come loro?»

A proposito del sentimento rivoluzionario che inondò la giovane Cvetaeva cerca di farne un'analisi Irina Ševelenko (Ševelenko, 2002:18-20), che sottolinea l'imprevedibilità della riflessione della Cvetaeva in una lettera a Petr Jurkevič nel 1908. Qua le iniziali aspettative dell'autrice sul cambiamento sociale, della lotta espresse riproducendo lo stile giornalistico e i cliché mistico rivoluzionari dell'epoca assumono via via all'interno della sua riflessione valori neo-romantici, fino ad arrivare alla lotta come autoaffermazione dell'individuo controcorrente, perdendo così il legame con gli obbiettivi sociali iniziali. Inoltre tutta la riflessione si conclude con un'inattesa dichiarazione finale di amore per la parola nel suo insieme, unica realtà che affascina l'autrice e, benché il suo percorso verso la visione di opera letteraria e vita come un tutt'uno sia ancora lungo, questo accostamento alla parola come unica realtà per cui vale la pena lottare forse ne fu il primo passo. Ecco alcuni frammenti della lettera.

Нет больше пороха в людях, устали они, измельчали, и не верю я, что эти самые, обыкновенные и довольные, могли бы воскресить революцию. Не такие творят, о нет! <...> Можно бороться, воодушевляясь прочитанным, передуманным (никакими экономическими идеалами и настоящими марксистами нельзя воодушевиться), можно бороться, воодушевляясь мечтой, мечтой нечеловеческой красоты, недостижимой свободы, только недостижимой! Красота, свобода — это мраморная женщина, у ног к<отор>ой погибают

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XX ее избранники. Свобода — это золотое облачко, к к<оторо>му нет иного пути кроме мечты, сжигающей всю душу, губящей всю жизнь. Итак, бороться, за недостижимую свободу и за нездешнюю красоту я буду бороться. Не за народ, не за большинство, к<отор>ое тупо, глупо и всегда неправо. Вот теория, к<отор>ой можно держаться, к<отор>ая никогда не обманет: быть на стороне меньшинства, к<отор>ое гонимо большинством. Идти против — вот мой девиз! Против чего? спросите Вы. Против язычества во времена первых христиан, […] против республики за Наполеона, против Наполеона за республику, […] против, против, против! Нет ничего реального, за что стоило бы бороться, за что стоило бы умереть. Польза! Какая пошлость! [...] Умереть за... русскую конституцию. Ха ха ха! Да это звучит великолепно. На кой она мне черт, конституция, когда мне хочется Прометеева огня. «Это громкие слова», скажете Вы. Пусть громкие слова! Громкие красивые слова выражают громкие, дерзкие мысли. Я безумно люблю слова, их вид, их звук, их переменность, их неизменность. Ведь слово — всё! За свободное слово умирали Джиордано Бруно, умер раскольник Аввакум, за свободное слово, за простор, за звук слова «свобода» умерли они. Свободное слово! Как это звучит!

Non c'è più polvere da sparo nelle persone, sono stanche e meschine, e non credo che questi ordinari e soddisfatti possano far rinascere la rivoluzione. […] Ci si può battere incoraggiando alla lettura, al pensiero (con nessuno di quegli ideali economici o di quei veri marxisti si può incoraggiare), ci si può battere incoraggiando ai sogni, ai sogni di una bellezza sovrumana, o di una libertà irraggiungibile, solo irraggiungibile!

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XXI

Bellezza, libertà sono una donna marmorea ai cui piedi muoiono i suoi eletti. La libertà è una nuvola dorata, verso la quale non c'è altra strada se non i sogni che bruciano l'anima, che distruggono la vita. E allora, battersi, io mi batterò per una libertà irraggiungibile e per una bellezza ultraterrena. Non per il popolo, non per la maggioranza, che è ottusa, stupida e sempre nel torto. Ecco la teoria che bisogna sempre sostenere e che non delude mai: essere dalla parte della minoranza, che è oppressa dalla maggioranza. Andare contro – ecco il mio motto! Ma contro cosa? Mi chiederete. Contro il paganesimo ai tempi dei primi cristiani, […] contro la repubblica per Napoleone, contro Napoleone per la repubblica […] contro, contro, contro!

Non c'è niente di reale per cui vale la pena battersi, per cui vale la pena morire. Un beneficio! Ma che volgarità! [...]

Morire per... la costituzione russa. Ah ah ah! Sì suona magnificamente. A che diavolo mi serve la costituzione, quando voglio il fuoco di Prometeo. «Queste sono parole forti», direte Voi. Lasciate che siano parole forti! Le parole forti e belle esprimono pensieri forti e irriverenti. Io amo le parole alla follia, il loro aspetto, il loro suono, il loro mutare, la loro invariabilità. Infatti la parola è tutto! Per le parole libere sono morti Giordano Bruno, il vecchio credente Avvakum, per le parole libere, per la libertà, per il suono della parola “libertà” loro sono morti.

Parola libera! Che suono!

Che Marina fosse sempre “contro, contro, contro!” era evidente anche nella vita di tutti i giorni. Valerija tornata dal suo lungo soggiorno fuori Mosca rimane sbigottita davanti alla stravagante sorellastra, appassionata di Napoleone, che beveva liquore seduta alla scrivania tirando le bottiglie vuote giù dalla finestra. Valerija ricorda:

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XXII Днем вижу спущенные шторы, на письменном столе горит лампа, Марина пишет; рядом чашка холодного черного чая. Все стены увешаны портретами Наполеона, на столе кипы книг, главным образом французских, о Наполеоне, о его сыне. Марина во власти Ростана. Она работает не шутя. И рядом с тем какие-то непонятности: за обедом, изо дня в день, на 2-е блюдо ест одни шампиньоны. Приучилась пить рябиновую настойку, за которой посылает дворника в соседнюю «колониальную» лавочку. Пустую бутылку бросает в форточку, никогда не спросив себя: куда она падает? А падает она не куда-то в пустоту, а на дорожку у самого крыльца в дом. Дворник аккуратно бутылки эти убирает, и пока все благополучно продолжается. […] Марина просто не замечает окружающего. (Vospominanija o Marine Cvetaevoj, 1992 : 17 – 18, mia sottolineatura)

Vedo che di giorno tiene le tende abbassate, sulla scrivania brucia il lume, Marina scrive; di fianco una tazza di tè nero freddo. Tutte le pareti sono ricoperte di ritratti di Napoleone, sul tavolo pile di libri, per lo più in francese, su Napoleone, su suo figlio. Marina è in balia di Rostand. Lavora e seriamente. E oltre a tutte quelle stranezze: per pranzo, tutti i giorni, come secondo mangia solo funghi. Aveva preso l'abitudine a bere un liquore al sorbo, e mandava il maggiordomo a comprarlo alla bottega “coloniale” vicina. Le bottiglie vuote le lanciava dalla finestrella, senza mai domandarsi: ma dove cadrà? E cadeva non da qualche parte nel nulla, ma nel viottolo vicino ai gradini di ingresso della casa. Il maggiordomo buttava via tutte le bottiglie, e fino a quel momento tutto era andato bene e proseguì. […] Marina semplicemente non badava a ciò che le stava intorno.

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XXIII

La passione della Cvetaeva per Napoleone era iniziata a Friburgo e durante quegli anni ebbe forse il suo picco. Marina si immerge nell'epoca del generale circondandosi di libri, incisioni e ritratti che lo riguardano e copre l'icona nella teca che ha nella sua stanza con il ritratto dell'imperatore. (Karlinsky, 1989: 37) Questo fervore per Bonaparte l'accompagnerà per gran parte della sua vita (ne scriverà ancora nei taccuini del 1919) e nel 1909 – sedicenne – partirà per la Francia con la scusa di seguire un corso di letteratura francese antica alla Sorbona, ma con in realtà l'unica intenzione di andare a visitare i luoghi di Napoleone e vedere Sarah Bernhardt (attrice, sua eroina) ne L'Aiglon (che lei stessa aveva tradotto in precedenza). A Parigi, però, verso la fine del suo soggiorno inizia la malinconia e lo smarrimento,(Troyat, 2002 : 28) testimoniati dalla poesia V Pariže (A parigi) scritta nel giugno del 1909 e pubblicata in Album serale qualche anno più tardi. Qua solo alcuni frammenti:

В Париже [...] В большом и радостном Париже Все та же тайная тоска. [...] Я здесь одна. К стволу каштана Прильнуть так сладко голове! И в сердце плачет стих Ростана Как там, в покинутой Москве. (Cvetaeva, 1910)

(A parigi […] Nella Parigi vasta e spensierata/ sempre la stessa nostalgia segreta.// […] Me ne sto qui da sola, ed è soave/ restare stretta al tronco del castagno./ In cuore il verso di Rostand che piange/ come

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laggiù, nella perduta Mosca.// Penosa, estranea mi è Parigi a notte, più caro al cuore il mio delirio antico./ Ritorno a casa, ove è mestizia di violette/ e il tenero ritratto di qualcuno.// […]) (Cvetaeva, 2013 : 207)

Tornata a Mosca riallaccia i rapporti con Lev Kobylinskij che aveva iniziato a frequentare prima della sua partenza. Lui era un poeta simbolista e critico letterario noto con lo pseudonimo di Ellis. Pubblicava le sue poesie sulla rivista letteraria di Valerij Brjusov ed era membro del gruppo letterario degli Argonauti che si raccoglievano intorno ad Andrej Belyj. Le due sorelle rimangono attratte dal fascino di Ellis e con lui trascorrono le loro serate. Oltre ad averla avvicinata alla poesia russa contemporanea, facendole conoscere idee e diatribe dei simbolisti russi, un altro “merito” di Ellis fu farle conoscere Vladimir Nilender, il suo primo amore. Nilender era uno studioso di ventisei anni esperto e traduttore dell'antichità classica e poco si sa dei suoi rapporti con la Cvetaeva, ma quando decisero di smettere di frequentarsi, invece che scrivergli una lettera lei decise di raccogliere le poesie scritte dai quindici ai diciassette anni e pubblicarle in Večernij Al'bom (Album serale, 1910). Lei stessa nel 1925 ricorderà così il suo debutto letterario in Geroj truda (Un eroe del lavoro):

Первая моя книга «Вечерний альбом» вышла, когда мне было 17 лет, — стихи 15-ти, 16-ти и 17-ти лет. Издала я ее по причинам, литературе посторонним, поэзии же родственным, — взамен письма к человеку, с которым была лишена возможности сноситься иначе. Литератором я так никогда и не сделалась, начало было знаменательно. (I. Ševelenko, 2002 : 15)

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Il mio primo libro «Album serale» uscì quando avevo 17 anni, erano le poesie dei miei 15, 16 e 17 anni. Lo pubblicai per ragioni estranee alla letteratura e affini alla poesia, - invece di una lettera alla persona con cui non potevo mettermi in contatto in altro modo. Scrittore non lo ero mai stato e non lo sono diventata, ma quello fu un inizio importante.

C'era un particolare percorso che ogni libro al primo debutto dell'autore doveva seguire e il modo di pubblicazione dell'opera rivelava l'identità culturale della stessa. Pubblicando la sua prima raccolta a proprie spese la Cvetaeva sapeva di porsi fuori dal coro, come nota Irina Ševelenko la pubblicazione a carico dell'autore era una pratica comune a inizio del XX secolo, ma solo tra coloro che scrivevano per semplice diletto amatoriale, mentre coloro che avevano ambizioni letterarie solitamente si legavano a un gruppo letterario e facevano precedere la prima opera dalla pubblicazione su riviste. Lei saltò tutto questo e trattò le convenzioni dell'epoca con estrema sufficienza anche più tardi, quando era evidente che il suo non fu un debutto amatoriale. Sempre in Un eroe del lavoro infatti scriverà:

Книгу издать в то время было просто: собрать стихи, снести в типографию, выбрать внешность, заплатить по счету, - всё. Так я и сделала, никому не сказав, гимназисткой VII кл. По окончании печатания свезла все 500 книжек на склад, в богом забытый магазин Спиридонова и Михайлова (почему?) и успокоилась. (Cvetaeva, 1925)

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portarle dal tipografo, scegliere la copertina, pagare il conto – ed era fatta. Così feci anch'io, senza dirlo a nessuno, quando ero una studentessa di VII ginnasio. Al termine della stampa portai tutti e 500 i libri al deposito di un qualche negozio dimenticato da dio Spiridonov e Michajlov (perché?) e mi calmai.

Comunque la raccolta venne accolta con curiosità e interesse e le numerose recensioni mascherarono quella pubblicazione fuori dalle righe.

La raccolta si apre con una dedica a Marija Baškirceva, pittrice e autrice di un diario molto noto al pubblico russo dell'epoca Il volume della Cvetaeva è diviso in tre parti dalle quali ogni volta l'autrice prende commiato, come nota Paola Ferretti nella prefazione della versione italiana della raccolta (Cvetaeva, 2013 : 7), con Solo ombre (terza delle tre parti) la Cvetaeva prende congedo da Amore, così come questo rappresenta un allontanamento da Infanzia. Quasi tutte le poesie di questa raccolta descrivono la vita infantile in famiglia, i protagonisti sono la madre, il padre, la tata, le sorelline, i pranzi, le cene, le passeggiate. Anche se l'opera è ancora immatura e piena di sentimentalismo giovanile a Mosca fu ben accolta. I suoi recensori furono Maksimilian Vološin, che grazie alla sua recensione si avvicinò all'autrice, Valerij Brjusov che sostenne che «l'autrice attinge direttamente alla vita» (Schweitzer, 2006 : 69) e a Pietroburgo Nikolaj Gumilev, che sottolinea «l'originalità d'animo della giovane poetessa».

La Cvetaeva si teneva al di fuori del mondo delle lettere, isolata dalla miriade di gruppi e scuole che facevano effervescente la vita letteraria della Russia dell'epoca. Il mondo delle lettere non era l'unico dal quale si teneva

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XXVII

fuori, la sua sfrontatezza, il disprezzo per le comuni regole di vita, la caparbietà la tenevano oppressa nella sua solitudine e clausura volontaria tra i libri, fuori dal resto del mondo reale, ma adesso ne vuole uscire, vuole staccarsi da questo contesto in cui tutta la sua giovinezza è affondata e forse possiamo considerare l'ultima poesia di Album serale come una dichiarazione di congedo da quelle ombre (che erano state Napoleone, il duca di Reichstadt, Sarah Bernhardt, ma anche Nilender) per abbracciare finalmente una creatura viva! L'occasione per uscire dal reame incantato della propria solitudine gliela concederanno prima Maksimilian Vološin e dopo Sergej Efron.

Еще молитва И опять пред Тобой я склоняю колени, В отдаленье завидев Твой звездный венец. Дай понять мне, Христос, что не все только тени Дай не тень мне обнять, наконец! Я измучена этими длинными днями Без заботы, без цели, всегда в полумгле… Можно тени любить, но живут ли тенями Восемнадцати лет на земле?. (Cvetaeva, 1910)

(Ancora una preghiera. // Di nuovo mi inginocchio al Tuo cospetto,/ Tu che lontano mi appari, cinto di stelle./ Cristo, fammi capire che non tutto è ombra,/ fa' che io non stringa infine solo un'ombra!// Sono spossata da questi lunghi giorni/ senza premure a scopi, immersa nella bruma.../ Posso amare le ombre, ma su questa terra/ vivranno di esse, i miei diciotto anni?// […])

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(Cvetaeva, 2013)

2. 5. Vološin – Koktebel' – Sergej – gli anni felici

Fu grazie a Maksimilian Vološin che la Cvetaeva cominciò a prendere parte alla vita letteraria di Mosca. In un'opera del 1933 che dedicherà al critico con il titolo Živoe o živom (Una parola viva su un uomo vivo) ricorda il loro primo incontro:

Звонок. Открываю. На пороге цилиндр. Из-под цилиндра безмерное лицо в оправе вьющейся недлинной бороды. Вкрадчивый голос: "Можно мне видеть Марину Цветаеву?" - "Я". - "А я - Макс Волошин. К вам можно?" - "Очень!" Прошли наверх, в детские комнаты. "Вы читали мою статью о вас?" - "Нет". - "Я так и думал и потому вам ее принес. Она уже месяц, как появилась". (Cvetaeva, 1932)

Il campanello. Apro. Sulla soglia un cilindro. Sotto il cilindro un viso enorme incorniciato da una barba arricciata e corta.

Una voce insinuante: “Posso vedere Marina Cvetaeva?” - “Sono io”. - “E io sono Maks Vološin. Posso entrare?” - “Certo!”

Andammo al piano superiore, nella stanza dei bambini. “Avete letto il mio articolo su di Voi?” - “No”. - “Lo sospettavo e per questo ve l'ho portato. É uscito già da un mese”.

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XXIX

Vološin aveva capito quanto valeva quel poeta in erba e il suo merito fu quello di valorizzarla e contribuire al suo sviluppo artistico. Allontanandola dai suoi miti adolescenziali, come Rostand e Napoleone, la avvicinò ad autori come Baudelaire, Victor Hugo, George Sand e la strappò dalla sua solitudine introducendola nell'ambiente simbolista del Musaget. (M. Razumovskaja, 1994 : 77). Qua incontrò Andrej Belyj e strinse ancora di più i rapporti con Ellis. Molti anni più tardi descrivendo i suoi incontri con Belyj in un saggio a lui dedicato dichiarerà di non aver mai aperto bocca al Musaget, però nell'estate del 1911 pubblicò due poesie nella miscellanea della casa editrice, il suo nome appare così vicino a Blok, Ivanov, Kuzmin e Gumilȅv. Nella primavera di quello stesso anno Vološin le aveva aperto le porte di un altro ambiente artistico, ovvero quello che si era creato a Koktebel' in Crimea intorno alla tenuta del critico e della madre, Pra. In quel luogo gravitava gran parte dell'intellighenzia artistica, pittori, poeti e attori russi, ma una delle prime persone che la Cvetaeva conobbe fu Sergej Efron, un ragazzo di un anno più giovane di lei, che ancora non aveva terminato gli studi e che si trovava in Crimea per problemi di salute. Marina aveva trovato la (prima) “creatura viva da amare”. Efron con il suo romanzo familiare fatto di un nonno ebreo, forse rabbino, di discendenti di stirpe nobile, e di genitori populisti rivoluzionari morti in esilio, era quel miscuglio di romanticismo ed eroismo che l'autrice andava cercando. La sua famiglia era fatta di persone fuori dal comune e inoltre Sergej è bello e giovane e si affeziona a lei come se fosse l'unica sua ragione di vita e lei se ne prenderà cura sempre quasi come un figlio. Durante gli scontri del 1917 gli prometterà in uno dei suoi taccuini di seguirlo come un cane ovunque, e

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così farà quando la vita glielo permetterà:

Сереженька, если Бог сделает это чудо – оставит Вас живым – отдаю Вам всё: Ирину, Алю и себя – до конца моих дней и на все века.

И буду ходить за Вами, как собака.

Sereža caro, se Dio farà questo miracolo – se vi lascerà vivere – vi darò tutto: Irina, Alja e me – fino alla fine dei miei giorni e per sempre.

E vi verrò dietro, come un cane.

Contro il volere del padre di Marina a gennaio del 1912 si sposano e si trasferiscono a Mosca. Il matrimonio fu solo uno degli avvenimenti importanti che segnarono il 1912. Il padre inaugurò il museo a cui aveva dedicato la vita e a febbraio esce la seconda raccolta di poesie della Cvetaeva, Volšebnij fonar' (La lanterna magica), come per Album serale, il volume viene notato dalla critica, ma non con lo stesso entusiasmo. Anche questa volta pubblica il libro a sua spese, ma per farlo fonda con il marito una casa editrice che chiamano Ole Lukoie2, dall'omonimo personaggio di Andersen. Nelle recensioni la critica più comune è che la poetessa sembra ripetersi, lei stessa qualche anno più tardi dirà che le due opere sono «по духу — одна книга» (in spirito, un solo libro) e a riprova di ciò l'anno seguente esce Iz dvuch knig (Da due libri, 1913), opera che raccoglie cinquanta poesie scelte dalle raccolte precedenti. Di questa terza pubblicazione vorrei ricordare l'incipit che è una sorta di dichiarazione programmatica che l'autrice fa all'inizio dell'opera e che davvero sembra 2 In Italia noto con il nome di Ole Chiudigliocchi.

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descrivere quello che sarà sempre l'opera della Cvetaeva, un diario della sua anima. La prefazione si apre con un'epigrafe che riprende l'ultima strofa della poesia che chiude La lanterna magica, dove dichiara di lasciare «tutto ciò che le è caro al giudizio, per far sì che la giovinezza possa essere custodita per sempre»3 (Cvetaeva, 1912). Continua poi la prefazione affermando che «Tutto ciò è accaduto. Le mie poesie sono un diario. La mia poesia è poesia di nomi propri.»4 (Cvetaeva, 1913), per lei la poesia è l'equivalente della vita stessa, l'essere non acquista valore se non c'è l'atto creativo, la poesia in lei è autodeterminazione. E prosegue incitando chi legge a scrivere Все мы пройдем. Через пятьдесят лет все мы будем в земле. Будут новые лица под вечным небом. И мне хочется крикнуть всем еще живым: Пишите, пишите больше! Закрепляйте каждое мгновение, каждый жест, каждый вздох! [...] Не презирайте «внешнего»! Цвет ваших глаз так же важен, как их выражение; обивка дивана — не менее слов, на нем сказанных. Записывайте точнее! Нет ничего не важного! Говорите о своей комнате: […] Цвет ваших глаз и вашего абажура, разрезательный нож и узор на обоях, драгоценный камень на любимом кольце, — все это будет телом вашей оставленной в огромном мире бедной, бедной души. (Cvetaeva, 1913, mia sottolineatura)

Tutti noi passiamo. Tra cinquant'anni saremo tutti sotto terra. Ci saranno

3 «Все родное на суд отдаю, / Чтобы молодость вечно хранила » 4 «Все это было. Мои стихи — дневник, […]» in

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nuovi volti sotto il cielo eterno. E vorrei gridare a tutti quelli ancora vivi: Scrivete, scrivete di più! Fissate ogni momento, ogni gesto, ogni sospiro! […] Non disprezzate «l'esteriorità»! Il colore dei vostri occhi è importante quanto la loro espressione; la tappezzeria del vostro divano non è da meno delle parole dette da chi vi è stato seduto sopra. Annotate con precisione! Non c'è niente di non importante! Parlate della vostra stanza: […]

Il colore dei vostri occhi e del vostro paralume, il coltello tagliente e gli arabeschi sulla carta da parati, la pietra preziosa sul vostro anello preferito, - tutto questo sarà il corpo di ciò che lascerete nell'enorme mondo povero, nell'anima povera.

Nel settembre 1912 nasce la sua primogenita, il nome non può che essere fuori dalle righe e la Cvetaeva lo sceglie dalla mitologia greca: Ariadna, detta Alja. Marina sognava per la figlia un futuro radioso, la venerava e la vedeva piena di talenti. Fu con lei rigida e severa maestra come lo fu sua madre prima di lei. Ariadna inizierà a scrivere molto presto, a sei anni già teneva un diario, che ruotava quasi unicamente intorno alla figura della madre e che Marina trascrisse in parte anche nei suoi taccuini. Proprio in uno di questi diari nel dicembre 1918 Alja dà una descrizione della madre, che chiamava sempre Marina:

Моя мать очень странная. Моя мать совсем не похожа на мать. Матери всегда любуются на своего ребенка, и вообще на детей, а Марина маленьких детей не любит. У нее светло-русые волосы, они по бокам завиваются. У нее зеленые глаза, нос с горбинкой и розовые губы. У нее стройный рост и руки, которые мне нравятся.

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XXXIII Ее любимый день — Благовещение. Она грустна, быстра, любит Стихи и Музыку. Она пишет стихи. Она терпелива, терпит всегда до крайности. Она сердится и любит. Она всегда куда-то торопится. У нее большая душа. Нежный голос. Быстрая походка. У Марины руки все в кольцах. Марина по ночам читает. У нее глаза почти всегда насмешливые. Она не любит, чтобы к ней приставали с какими-нибудь глупыми вопросами, она тогда очень сердится. Иногда она ходит, как потерянная, но вдруг точно просыпается, начинает говорить, и опять точно куда-то уходит. (Vospominanija o Marine Cvetaevoj, 1992 : 154)

(Mia madre è molto strana. Mia madre non somiglia per niente a una madre. Le madri ammirano sempre il proprio figlio e i bambini in generale, invece a Marina non piacciono i bambini piccoli. Ha i capelli castano chiari, che si arricciano ai lati. Ha gli occhi verdi, il naso con la gobba e le labbra rosa. Ha una figura slanciata e delle mani che mi piacciono. Il suo giorno preferito è l'Annunciazione. È malinconica, svelta, ama la Poesia e la Musica. Scrive poesie. È paziente, sopporta sempre fino all'ultimo. Si arrabbia e ama. Deve sempre correre da qualche parte. Ha un cuore grande così. La voce dolce. Il passo rapido. Marina ha le mani piene di anelli. Marina di notte legge. Ha quasi sempre gli occhi che prendono in giro. Non le piace essere tormentata con domande stupide, altrimenti si arrabbia molto. Qualche volta va in giro come persa, ma all'improvviso pare che si svegli e cominci a parlare, e poi di nuovo sembra che parta per chissà dove.)

Inoltre Alja stessa ricorderà da adulta l'influsso che la madre aveva esercitato su di lei:

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XXXIV Маринино влияние на меня, маленькую, было огромно, никем и ничем не перебиваемое и — всегда в зените. […] к ней и за ней я постоянно тянулась, подобно подсолнечнику, и ее присутствие постоянно ощущала внутри себя, подобно голосу совести, — столь велика была излучавшаяся ею убеждающая, требовательная, подчиняющая сила. Сила любви. (Vospominanija o Marine Cvetaevoj, 1992 : 154)

(L'influsso di Marina su di me, così piccola, fu enorme, niente e nessuno poteva spezzarlo ed era sempre al massimo. […] verso di lei e dietro di lei mi protendevo costantemente come un girasole, e la sua presenza la sentivo costantemente dentro di me, come la voce della coscienza, - tanto era grande la sua persuasiva forza esigente e soggiogante che irradiava. La forza dell'amore.)

Negli anni della rivoluzione Alja cresce e vive in simbiosi con la madre. La Cvetaeva la porta con sé ovunque, a trovare gli amici o alle serate letterarie.

Come sottolinea Ekaterina Genieva (Genieva, 2010) nel suo saggio sulla Cvetaeva, l'autrice era uno dei poeti più istruiti dell'inizio del XX secolo che a causa delle poche attenzioni dei genitori riversò tutta la propria infanzia e giovinezza sui libri, il suo mondo spirituale e intellettuale era quindi profondamente legato alla sfera letteraria. Vivendo come se fosse in un mondo di letteratura si creava la sua idea delle persone basandosi su ciò che aveva scoperto nei libri, con lo stesso fervore con cui si gettava nella letteratura, si gettava nelle relazioni che fossero d'amore, d'amicizia o quella

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tra madre e figlia. S'innamorava spesso e facilmente, ma con la stessa facilità con cui si innamorava rimaneva anche delusa dalle persone quando queste non incontravano, nella vita reale, le sue aspettative. Anche su Efron all'inizio la Cvetaeva proietta il riflesso della gloria dei giovani ed eroici generali del 1812 di cui aveva letto nei suoi libri dell'infanzia, l'impegno al fronte del marito mantenne vivo per anni il suo amore per lui. Allo stesso modo cresce Alja con un'idea ben precisa di come dovesse essere la figlia e si innervosisce quando la bambina ha atteggiamenti infantili, scrive ad esempio nel taccuino 5:

Когда Аля с детьми, она глупа, бездарна, бездушна, и я страдаю, чувствуя отвращение, чуждость, никак не могу любить.

Quando Alja è con gli altri bambini, è stupida, mediocre, senz'anima, e soffro provando un senso di disgusto ed estraneità, non c'è modo che io riesca ad amarla.

Quando Alja poi si incamminerà verso l'adolescenza e deciderà di sottrarsi dalla forte influenza della madre, allora i loro rapporti arriveranno a rasentare l'odio reciproco. Fu diverso con la secondogenita Irina, che non riuscì ad amare forse proprio perché a lei non riuscì mai a imporre la sua idea di “figlia”, di “bambina”. Irina era una bambina ritardata, a cui la malnutrizione e le scarse cure durante il periodo di miseria della rivoluzione avevano impedito uno sviluppo regolare e sano. Finché questa realtà, che non le piaceva e che non poteva plasmare, era davanti ai suoi occhi la Cvetaeva non riuscì ad amare la secondogenita e solo dopo la sua morte

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scriverà di lei con affetto, solo quando, non avendola più davanti agli occhi e non dovendo più affrontare la realtà della sua situazione, poté immaginarsi un'altra “Irina” e quindi amarla a modo suo:

Irina! - […] non l'ho mai amata nel presente, sempre in sogno – l'amavo quando andava da Lilja e la vedevo robusta in salute, […] - sebbene non pensassi minimamente alla sua morte – era semplicemente una creatura senza futuro. - Forse – con un futuro geniale?

Irina non è mai stata per me realtà, non la conoscevo, non la capivo. E ora mi torna in mente il suo sorriso pudico – così imbarazzato – così raro! Che lei si forzava subito di reprimere.

[…] Irina! Se esiste un cielo, tu sei in cielo, comprendimi e perdonami se sono stata per te una cattiva madre, che non ha saputo superare la sua avversione per la tua natura oscura e incomprensibile. (Cvetaeva, 2014 : 150 - 151)

Gli anni dopo l'incontro con Efron sono comunque anni felici, a parte la perdita del padre nell'agosto del 1913 la Cvetaeva descriverà quegli anni come anni pieni di gioia. Inoltre poteva godere di una situazione economica più che agiata e migliore anche rispetto alla maggior parte degli intellettuali suoi coetanei. Infatti dopo la morte della madre, del nonno e del padre, al momento della sua maggiore età, aveva l'avvenire assicurato: solo il reddito del suo capitale personale era venti volte superiore alla paga media di un operaio russo qualificato (Losev, 1990 : 141). Ciò le permise di portare avanti uno stile di vita particolare: si sposta diverse volte tra Jalta a Feodosia e Mosca, compra insieme al marito una casa dislocata su tre piani

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nel vicolo Boris e Gleb attorno all'Arbat, dove vivrà poi gli anni più duri della sua vita, Alja cresce tra le cure delle balie e nutrici, lei e suo marito sono ben accetti nei circoli e nei salotti letterari e teatrali di Mosca. Tra il 1913 e l'ultimo giorno del 1915 scrive le poesie che poi saranno incluse nella raccolta Junošeskie stichi (Versi giovanili) pubblicata integralmente solo nel 1976, dove, nonostante sia ancora presente lo stile romantico delle raccolte precedenti, sono contenute poesie sul tema della morte che in qualche modo annunciano l'inizio di una nuova fase che si consoliderà sin dall'inizio del 1916. Intanto nel 1914 arriva la guerra e la Cvetaeva scrive un ciclo dedicato al fratello di Sergej, Petr Efron, arrivato da Parigi e gravemente malato di tubercolosi. Nelle poesie dichiara di non essere tanto interessata alla catastrofe planetaria, ma per lei sono importanti gli occhi di un giovane morente. Inoltre come già accennato in quell'atmosfera di odio nazionale verso la Germania la Cvetaeva non può fare a meno che dichiarare ancora il suo amore per la terra tedesca andando controcorrente anche in un momento così tragico. Scrisse:

Германии Ты миру отдана на травлю, И счета нет твоим врагам, Ну, как же я тебя оставлю? Ну, как же я тебя предам? И где возьму благоразумье: «За око — око, кровь — за кровь», -Германия — мое безумье!

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XXXVIII

Германия — моя любовь! (Cvetaeva, 1914)

(Germania// Tu sei data alla persecuzione del mondo, / e i tuoi nemici non si possono contare! / Ma come potrò io lasciarti, / ma come potrò io tradirti?// E dove prenderò il buon senso:/ «Occhio per occhio, sangue per sangue», - / Germania – mia follia!/ Germania – mio amore!) (Cvetaeva, 1979 : 10)

Mentre i giovani russi in età d'armi si recavano al fronte Sergej Efron si iscriveva all'Università di Mosca e Marina si sforzava di vivere come se il paese non fosse in guerra frequentando assiduamente i saloni letterari e le sale di redazione dei giornali. Nell'autunno del 1914 incontra Sof'ja Parnok, poetessa di 7 anni più grande di lei che non nasconde le sue tendenze omosessuali. Le due donne cominciano a frequentarsi, il loro rapporto durò fino al febbraio del 1916. Così come sposò un ebreo nonostante l'antisemitismo di una parte della sua famiglia, così come aveva giudicato necessario riabilitare la Germania quando era considerata nemica dall'intera nazione, e così come si era posta sempre controcorrente in passato, adesso decide di sfidare l'opinione pubblica ostentando il suo amore per una donna. La relazione con la Parnok lasciò comunque una traccia significativa nel cuore della Cvetaeva, tanto che ad anni di distanza, tra il 1919 e il 1920, Marina dedicherà a lei il suo primo ciclo di poesie d'amore che intitolerà Podruga (L'amica), infatti, come sostiene Viktoria Schweitzer, se i versi per Nilender rivelano soprattutto un desiderio adolescenziale di amore e quelli per Efron esprimono soprattutto ammirazione e tenerezza, nel ciclo dedicato alla Parnok sono la passione e la sensualità ad ispirare la Cvetaeva. (Schweitzer, 2006 : 109)

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XXXIX

Nel febbraio del 1916 le due donne si separeranno definitivamente, ma prima di questa rottura, alla fine del 1915, si recano a Pietrogrado, dove Sof'ja introduce Marina all'ambiente letterario intorno a Severnye zapiski (Gli annali del nord) incontra così Kuzmin, Esenin e soprattutto Mandel'štam, con il quale la Cvetaeva stringerà uno stretto rapporto che ebbe una grossa influenza su entrambe le personalità dei poeti. Durante i primi mesi del 1916 lo scrittore farà diversi viaggi a Mosca per incontrare Marina Cvetaeva. Durante le loro passeggiate e nelle loro visite alle chiese e ai cimiteri della città la Cvetaeva aprì all'autore nuovi orizzonti sulla città, facendogli scoprire e avvicinandolo al passato della Russia e alla sua eredità culturale, come ricorderà Nadežda Mandel'štam:

Дружба с Цветаевой, по-моему, сыграла огромную роль в жизни и в работе Мандельштама (для него жизнь и работа равнозначны). […] Цветаева, подарив ему свою дружбу и Москву, как-то расколдовала Мандельштама. Это был чудесный дар, потому что с одним Петербургом, без Москвы, нет вольного дыхания, нет настоящего чувства России, […] ( Vospominanija o Marine Cvetaevoj, 1992 : 141 - 142)

L'amicizia con la Cvetaeva, a mio parere, giocò un ruolo fondamentale nella vita e nell'opera di Mandel'štam (per lui vita e opera erano equivalenti). […] La Cvetaeva, regalandogli la sua amicizia e Mosca ha rotto un qualche incantesimo. È stato un magnifico dono, perché con la sola Pietroburgo, senza Mosca, non si può respirare liberamente, non si può avere il senso reale della Russia, […]

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XL

Neanche per la Cvetaeva quegli incontri sono privi di conseguenze, infatti la sua poesia si fa più aperta e profonda, aprendo una nuova fase della propria lirica che si inaugura con Versty I (Verste I), una sorta di diario lirico del 1916, che verrà pubblicato però solo nel 1922. Leggendo di seguito i Versi giovanili scritti fino alla fine del 1915 e Verste I si resta stupidi della evidente differenza. Cambia la percezione dell'io e del mondo intorno a sé, la Cvetaeva non si sente più una fanciulla e i suoi versi sono in balia dell'inquietudine, dell'incertezza e dell'angoscia. Si rivolge, elogiandoli, a tre grandi poeti suoi contemporanei: Mandel'stam, Blok e l'Achmatova, questo in qualche modo è una dichiarazione di maturità poetica, infatti più tardi nel saggio Poet o kritike (Un poeta a proposito della critica) sosterrà che solo un poeta può giudicare un altro poeta.

Per avere un parere su una cosa bisogna viverci, in quella cosa e amarla. […] Eccovi una mia poesia. Può piacervi o no, potete capirla o no, può essere «bella» (per voi) o no. Ma se sia una poesia buona o meno, può dirlo solo l'esperto, l'amante e... il maestro. Giudicando un mondo in cui non vivete commettete semplicemente un abuso di potere. (Cvetaeva, 1984 : 17 – 18)

Se la prima parte del 1916 è caratterizzata dalla rottura con la Parnok, da una maturità poetica che cominciava a palesarsi, dagli incontri con Mandel'štam e dalla riscoperta di Mosca con lui, la seconda parte di quell'anno e gli anni successivi saranno segnati dalla separazione forzata dal marito, da diversi lutti e, dall'ottobre del 1917, da quella che sarà per lei la più grande tragedia della vita: la rivoluzione. Nell'estate del 1916 Efron aveva lasciato il treno sanitario dove aveva prestato servizio per frequentare

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