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Lo scritto che più influì sulla formazione del Mahatma fu Il Regno di Dio

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IV

Il lavoro del pane

L'attività umana volta a soddisfare i bisogni fondamentali ha, dunque, bisogno non solo di produrre beni materiali, ma anche di portare alla crescita e allo sviluppo della personalità. Mangiando non si soddisfa solo il palato, ma si nutre il corpo, lo si mantiene in buone condizioni e se ne permette la crescita e lo sviluppo ulteriore. Se il cibo che mangiamo è buono solo per il palato, è inutile. Il cibo espleta, infatti, la sua funzione principale una volta che è andato oltre il palato.

Allo stesso modo il lavoro non deve essere giudicato solo dall'apparenza o dalla quantità di cose prodotte. Dovrebbe sviluppare la personalità ed essere cibo per le facoltà umane. Quando, per avidità o false nozioni o un cattivo senso della produzione interferiamo con la natura sperando di trovare scorciatoie, finiamo per sprecare tutto. La natura non accetta scorciatoie. I mulini di Dio macinano lentamente. Nella nostra fretta spesso portiamo distruzione nelle nostre teste e pensiamo che i risultati veloci siano un segno di progresso1.

J. C. Kumarappa2

4.1 Tolstoj maestro di Gandhi

Tolstoj fu certamente lo scrittore europeo che più influenzò il pensiero di Gandhi.

Lo scritto che più influì sulla formazione del Mahatma fu Il Regno di Dio

è dentro di voi, che egli lesse in Sud Africa nel 1894. La sua lettura -scrisse

Gandhi- mi entusiasmò e ne ebbi un'impressione indimenticabile

3

.

Più tardi, in occasione del centenario della nascita di Tolstoj, Gandhi

1 J. C. Kumarappa, Economia di condivisione. Come uscire dalla crisi mondiale, Pisa, Centro Gandhi, 2011, pp. 92 - 93.

2 J. C. Kumarappa (1892 – 1960), è stato un economista e attivista indiano. Pioniere delle teorie economiche dello sviluppo rurale fu stretto collaboratore di Gandhi e in quanto tale conosciuto come "l'economista del Mahatma".

3 M. Gandhi, cit. in P. C. Bori e G. Soffri, Gandhi e Tolstoj. Un carteggio e dintorni, Bologna, Il Mulino, 1985, p. 45.

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scrisse: "A quel tempo io credevo nella violenza. La sua lettura mi curò del mio scetticismo e fece di me un fermo credente dell'ahimsa"

4

. Nel 1908 lo rilesse in prigione e da allora lo regalò e ne consiglio la lettura ad amici e parenti.

Nell'appendice bibliografica di Hind Swaraj Gandhi elencò i libri di Tolstoj di cui consigliava la lettura: Il Regno di Dio è in voi, Che cosa è l'arte, La

moderna schiavitù, Il primo Gradino, Dove è l'uscita ?, Lettera a un indù.

Dal libro Il Regno di Dio è dentro di voi, Gandhi ricavò l'insegnamento a non opporsi al male con la violenza e conobbe la storia dei tanti precursori dell'azione nonviolenta, dai quaccheri

5

americani ai duchobory

6

in Russia.

Tra Gandhi e Tolstoj ci fu una corrispondenza epistolare, che consta di sette lettere scritte tra il 1909 e il 1910. Fu proprio Gandhi, dopo avere letto

Lettera a un indù, uscito nel 1908, a scrivere per primo, chiedendo a Tolstoj di

poter tradurre e pubblicare Lettera a un indù su "Indian Opinion". Il testo uscì in sei puntate, in lingua inglese e gujarati, tra la fine di dicembre e l'inizio di gennaio del 1910

7

.

Da questo testo Gandhi trasse ispirazione per la pratica della disobbedienza civile. Ciò significava non accettare il male passivamente ma sottrarsi attivamente alla collaborazione con esso.

Aveva, infatti, scritto Tolstoj in Lettera a un indù :

Se gli inglesi hanno asservito gli indù, ciò è stato possibile unicamente perché gli indù riconoscevano e riconoscono come principio primo, come fondamento del loro sistema sociale appunto la violenza ... Basterebbe, quindi, che egli non prendesse più parte ad alcuna violenza e diventerebbe impossibile non solo che qualche centinaia di uomini asserviscano milioni e milioni di loro simili, ma persino che milioni di uomini ne asserviscano uno solo. Non opponetevi al male, ma non prendete parte voi stessi al male, alla violenza dell'amministrazione dello stato, dei tribunali, all'esazione delle

4 Ibid. p. 46.

5 I quaccheri fanno parte di un movimento religioso cristiano nato nel XVII secolo in Inghilterra che rifiuta qualsiasi forma di partecipazione alla guerra.

6 Il movimento dei Duchobory nasce in Russia nel XVIII secolo come movimento di protesta nei confronti della Chiesa cristiana ortodossa. Predicavano il divieto di uccidere e l'adozione di una condotta assolutamente pacifista.

7 Cfr., P. C. Bori e G. Soffri, cit., p. 119.

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imposte e, sopratutto, dell'esercito, e nessuno al mondo vi asservirà mai8.

Nel novembre del 1909 Gandhi scrisse Hind Swaraj, il primo e insuperato testo in cui Gandhi, ispirato dall'insegnamento di Tolstoj, mise a punto la sua teoria del satyagraha o forza dell'anima che si contrapponeva alla forza bruta.

Il 4 aprile del 1910 Gandhi inviò una copia del suo libro a Tolstoj, il quale dopo averlo letto gli scrisse:

Caro amico, ho ricevuto la tua lettera e il tuo libro. Ho letto il libro con grande interesse poiché penso che la questione che vi viene affrontata, la resistenza passiva, sia della massima importanza non solo per l'India, ma per l'intera umanità9.

Ricevuta l'investitura di Tolstoj, Gandhi ne raccolse l'eredità ideale e spirituale, attualizzandola nella lotta del satyagraha.

Tolstoj fu considerato da Gandhi il suo principale maestro

10

.

Lo scrittore russo aveva acquisito una fama importante come romanziere nella seconda metà dell'ottocento. A soli ventiquattro anni con il suo primo romanzo Infanzia riscontrò subito il consenso della critica e dei lettori. I grandi romanzi successivi Guerra e Pace e Anna Karenina lo portarono a diventare una celebrità mondiale. Diverso è stato il destino dei suoi scritti filosofici e politici, sui quali è calato un velo di silenzio, indifferenza e incomprensione, che porta ancora molti a ignorare il suo pensiero religioso-politico.

Rileggendo oggi gli scritti politici di Tolstoj si scopre la loro natura profetica e la sorprendente attualità delle questioni argomentate

11

.

Uno degli scritti più significativi dal punto di vista dell'analisi economica e sociale è La schiavitù del nostro tempo

12

. In questo libro Tolstoj condannò le forme di violenza strutturale che costringono alla condizione di schiavitù milioni

8 L. Tolstoj, Lettera a un indù, in Perché la gente si droga? e altri saggi su società, politica, religione, Milano, Mondadori, 1998, pp. 738-39.

9 CWMG, New Delhi, cit., vol. X, 1969, p. 505.

10 M. K. Gandhi, "Tolstoj e la nonviolenza", in La forza della verità, Torino, Sonda, 1991, p.

122.

11 G. Gazzeri, Attualità di Tolstoj, presentazione s L. Tolstoj, Il regno di Dio è in voi, Genova, Manca Editrice, 1991, p. XXXI.

12 L. Tolstoj, La schiavitù del nostro tempo, Palermo, Orthotes, 2011.

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di lavoratori. Descrisse come la schiavitù si fosse evoluta nelle società moderne, che dividono ancora gli uomini in sfruttati e sfruttatori.

Anche per Tolstoj, che era stato un lettore attento degli scritti di Ruskin e ne aveva curato la pubblicazione della traduzione in russo dei suoi scritti di critica sociale, è necessario richiamare gli uomini agli obblighi morali che tutti hanno il dovere di adempiere

13

.

Secondo Tolstoj la religione doveva essere legata alla ragione e diventare la guida delle azioni umane. La ragione deve basarsi su un contenuto etico, non può essere pura razionalità astratta, ma deve essere in grado di coniugare pensiero e azione per permettere all'uomo, attraverso la saggezza, di dare un senso alla propria vita.

I principi guida dell'agire umano dovevano essere ricavati dagli insegnamenti contenuti nelle sacre scritture.

Questo non vuol dire che la religione debba imporre i suoi dogmi alla società. Stato e Chiesa devono essere due entità distinte, ma quello che non si può fare è separare i principi etici dalle leggi economiche che regolano i rapporti fra gli uomini.

Tolstoj fu anche un profondo studioso della Bibbia, apprese le lingue antiche per poterne fare una lettura diretta e denunciò l'inganno e la manipolazione perpetrati dalle élite sacerdotali ai danni del significato originario dei testi sacri al fine di legittimare e mantenere il diritto di alcuni uomini di vivere nel lusso, sfruttando il lavoro altrui.

Per Tolstoj i principi religiosi che hanno guidato le azioni degli uomini nei secoli non devono essere perduti, ma vanno riscoperti nella loro essenza originaria per guidare l'uomo in una condotta morale all'insegna della giustizia e della pace:

L'uomo può considerare se stesso come un animale tra gli animali che vivono alla giornata, può considerare se stesso come membro di una famiglia, di una società, di un popolo che permangono per secoli e può, e senz'altro deve, considerare se stesso come parte di un mondo infinito, che dura un tempo infinito ... L'instaurazione da parte dell'uomo di un rapporto

13 Cfr. B. Bianchi, Lavoro e Proprietà nel pensiero di Lev Tolstoj, introduzione a L. Tolstoj, La schiavitù del nostro tempo, cit., pp. 10-11.

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con questo intero, di cui fa parte, e da cui deduce le regole della sua condotta, è ciò che è stato chiamato e che è chiamato: religione. E perciò la religione è sempre stata e non può cessare di essere, una necessità e una condizione inalienabile della vita per un uomo ragionevole per un'umanità ragionevole14.

Il principio guida di tutto il suo pensiero fu il rifiuto di ogni forma di violenza: diretta, strutturale e culturale, che egli trovava annunciato nel Discorso

della montagna: "Vi è stato detto occhio per occhio, dente per dente, cioè vi

hanno insegnato a opporre violenza alla violenza. Ma io vi dico: se qualcuno vi colpisce sulla guancia destra, porgetegli la sinistra, ovvero sopportate la violenza, ma non fatevi mai ricorso"

15

.

L'insegnamento di Gesù venne da Tolstoj compendiato nell'invito a “non resistere al male”, una frase che ha lasciato spazio a diverse incomprensioni, perché il senso non era quello di restare passivi o inerti difronte all'ingiustizia, ma di non replicare alla violenza con la violenza. Per superare questa ambiguità Gandhi decise, durante le lotte contra l'apartheid in Sud Africa, di coniare il nuovo termine di satyagraha, avente una connotazione attiva e propositiva, per sostituire quello tolstojano di “non resistenza”.

Il principio evangelico di rifiutare la violenza per affrontare il male venne, quindi, ripreso da Gandhi e associato al concetto indù di ahimsa (non recar danno né offesa), facendone uno strumento guida della sua azione politica:

L'esperienza mi ha insegnato che non vi è altro Dio che la Verità. ... il solo mezzo per giungere alla Verità è nell'Ahimsa ... Posso dire tuttavia con sicurezza come risultato di tutti i miei esperimenti che una perfetta visione della Verità non può venire che da una perfetta comprensione dell'Ahimsa.

Per poter vedere l'universale Spirito della Verità dobbiamo essere capaci di amare le più umili creature come noi stessi. Chi aspira a ciò

14 L.Tolstoj cit. in “Introduzione” di Bruna Bianchi a La schiavitù del nostro tempo, Palermo, Orthotes, 2010, pp. 10-11.

15 Tolstoj parafrasa le parole di Matteo l'evangelista (5, 39-41) nell'introduzione a La schiavitù del nostro tempo, cit., p. 83.

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non può straniarsi da alcuna manifestazione di vita: ecco perché la mia devozione per la verità mi ha portato nel campo della politica e posso dire senza esitazione alcuna, benché con piena umiltà, che coloro i quali dicono che la religione nulla ha a che fare con la politica, non sanno che cosa significhi religione16.

4.2 Il principio spirituale del lavoro

Tolstoj per interpretare le leggi economiche del lavoro si appoggiò al racconto biblico della Genesi: "Con il sudore del tuo volto mangerai il pane;

finché tornerai alla terra, perché da esso sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!"

17

.

Guadagnerai il pane con il sudore della tua fronte è la legge biblica che, secondo Tolstoj, deve guidare le azioni degli uomini. Ogni uomo ha il dovere di lavorare per soddisfare le necessità della vita, senza gravare sugli altri. Un tale comandamento dovrebbe ispirare i rapporti economici.

La divisione del lavoro manuale da quello intellettuale è all'origine della schiavitù moderna.

Quando nel 1881 Tolstoj si trasferì a Mosca ebbe modo di conoscere e riflettere sulla condizione della popolazione urbana. Tra il 1882 e il 1886 scrisse l'opera Che Fare?

18

, dove analizzò lo sfruttamento legale del lavoro salariato, del denaro come strumento di potere e della corruzione come mezzo di degrado morale.

La divisione del lavoro nelle società industriali è una forma di violenza legittimata dai vantaggi che possono derivare dal progresso. Nello scritto del 1901, La schiavitù del nostro tempo, Tolstoj evidenziò come una parte dell'umanità non sia mai uscita dalla condizione servile e che una nuova e più efficace forma di schiavitù è stata creata.

Le condizioni economiche delle società moderne hanno privato l'uomo del

16 M. K. Gandhi, Autobiografia, cit., p. 384.

17 La Bibbia di Gerusalemme, Bologna, Centro Editoriale Dehoniano, 1974, p. 41 18 L. Tolstoj, Che fare?, Milano, Mazzotta, 1979.

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valore del proprio lavoro, dell'atto creativo e della possibilità di fare uso del prodotto che realizza, della capacità di giudizio morale sul lavoro che compie, costretto a produrre merci, indipendentemente dal danno che possono procurare alla loro salute fisica o mentale. Questo sistema che da una parte produce una quantità immensa di beni e dall'altra induce artificialmente a nuovi bisogni, corrompe il lavoratore che ne subisce il fascino a tale punto da mettere a disposizione il proprio tempo e la propria libertà per guadagnare i mezzi per ottenerli.

I lavoratori formano così nella vita collettiva una massa di servi volontari.

Privati di ogni possibilità di giudizio morale i lavoratori rimangono imprigionati in una “servitù volontaria”

19

che Tolstoj analizzò nello scritto Il regno di Dio è in

voi20,

del 1893, mettendo in evidenza come le diverse forme di potere manipolano la coscienza del popolo e lo costringono all'obbedienza.

La comprensione delle cause profonde dell'asservimento dei molti da parte di pochi sono da ritrovarsi nell'organizzazione della violenza strutturale e dell'oppressione da parte di una minoranza per ottenere il massimo potere sulla maggioranza, al fine di ottenerne i servigi:

Le tasse, l'usurpazione della terra, il potere dei capitalisti, non sono la causa principale della miserevole condizione dei lavoratori, ma solo una conseguenza. La ragione essenziale per cui milioni di lavoratori vivono e lavorano agli ordini di una minoranza, non sta nel fatto che una minoranza ha usurpato la terra e i mezzi di produzione e raccoglie le tasse, ma nel fatto che ha il potere di farlo; poiché c'è la forza e perché c'é un esercito che è nelle mani della minoranza ed è pronto a uccidere coloro che si rifiutano di obbedire alla volontà della minoranza21.

Una delle idee più accettate dagli economisti moderni è la necessità della divisione del lavoro come elemento funzionale per il progresso, trascurando che essa ha determinato, però, l'alienazione dell'uomo dal suo lavoro. La schiavitù moderna consiste nella negazione per milioni di persone di svolgere un lavoro

19 Cfr. anche Étienne de la Boétie, La servitù volontaria, Napoli, Procaccini, 1994.

20 L. Tolstoj, Il regno di Dio è in voi, Genova, Manca Editrice, 1991.

21 L. Tolstoj, The Root of the Evil, in La schiavitù del nostro tempo, cit., p. 27.

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creativo, di vivere provando soddisfazione per il lavoro che si svolge. Aveva scritto Ruskin su questo aspetto: "Non è che gli uomini soffrano il disprezzo delle classi superiori, ma è che non possono sopportare il disprezzo di sé, perché percepiscono che il genere di lavoro a cui sono condannati è veramente degradante, li consuma rendendoli meno umani"

22

. Come ha commentato Kumarappa, l'economista di Gandhi: "Con l'argomento della divisione del lavoro, gli industriali occidentali hanno spezzato il lavoro in minuti processi, a tal punto che lavoro e fatica sono diventati sinonimi, entrambi associati a tutte le qualità indesiderabili di una maledizione divina"

23

.

Tolstoj nel descrivere la mancanza di felicità nella società moderna riconosce una miseria più grave negli operai rispetto a quella patita dai contadini in passato: "Non è che gli uomini siano denutriti, ma non traggono piacere dal lavoro con cui si procurano il pane e, pertanto, vedono nella ricchezza l'unica fonte di piacere"

24

.

L'indifferenza della società di fronte alla sorte di milioni di lavoratori che muoiono lentamente e spesso dolorosamente, per produrre beni di cui nella maggior parte dei casi non possono usufruire, è spiegata da Tolstoj dal fatto che

"quando le persone agiscono male si costruiscono sempre una concezione della vita in base alla quale le loro azioni sono tutt'altro che cattive, bensì il risultato di leggi immutabili al di fuori del loro controllo"

25

.

In questi termini si è voluto definire il lavoro, stravolgendo l'essenza salutare del suo compimento, diventato dannoso per la salute umana. Così Kumarappa ha descritto le due concezioni del lavoro:

L'unità lavorativa deve essere quanto più vicina possibile all'intero processo produttivo e non essere ridotta a mera fase parcellizzata. ... Nelle fabbriche moderne, questa divisione del lavoro in questi processi minuti è arrivata a un tale livello che l'attività di una persona si può limitare al guidare un gancio o avvitare un bullone. Ripetere queste azioni per otto ore al giorno, per trecento giorni all'anno provoca una tensione nervosa tale da mandare il

22 J. Ruskin, The Stones of Venice, cit. in L. Tolstoj, La schiavitù del nostro tempo, cit., p. 82.

23 J. C. Kumarappa, cit., p. 60.

24 L. Tolstoj, La schiavitù del nostro tempo, cit., p. 82.

25 Ibid., p. 90.

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lavoratore al manicomio, indipendentemente dal salario. ... La natura dell'essere umano non è quella di una macchina inanimata. Il suo sistema richiede un equilibrio di operazioni tale da mettere in esercizio tutte le abilità. Questa condizione può solo essere assicurata da un'unità di lavoro sufficientemente ampia26.

In passato la religione ha giustificato come volontà divina le ineguaglianze tra gli uomini. Questa spiegazione è stata per molti secoli accettata dai poveri, ma quando il popolo ha preso coscienza della propria condizione fu necessario elaborare nuove teorie a sostegno della divisione degli uomini in classi. Queste teorie furono fornite dall'economia politica che "dichiarò di aver scoperto le leggi che regolano la divisione del lavoro e della distribuzione dei prodotti del lavoro umano"

27

.

L'aver stabilito tali leggi come necessarie al progresso della civiltà produce la convinzione che siano inalterabili. Tantissimi studiosi e scienziati si sono cimentati a scrivere sui principi e le leggi che definiscono il funzionamento del mercato in base alla legge della domanda e dell'offerta, dei capitali e dalle rendite, dei salari e del valore del lavoro, allo scopo di dare una spiegazione "scientifica" a un'economia di mercato. Queste teorie continuano a legittimare che alcune persone possano astenersi dal lavoro e altre siano obbligate a prestare il loro tempo e la loro arte per procurasi i mezzi per sopravvivere. Inoltre, l'elaborazione di questa "pseudo-scienza", come la definisce Tolstoj, non considera le condizioni degli uomini nelle diverse realtà sociali, culturali e ambientali in cui vivono, ma si fonda su un'unica realtà storica e sociale, quella dell'economia inglese tra la fine del XVII secolo e l'inizio del XIX secolo che era in una fase di sviluppo economico determinata dalle circostanze straordinarie della rivoluzione industriale.

Secondo Tolstoj nonostante le diverse posizioni espresse dagli economisti nella definizione di concetti chiave quali il valore, il reddito e il profitto, su un punto sono tutti d'accordo: “ ... Che i rapporti tra gli uomini sono determinati non dall'idea di bene e male, ma dagli interessi di coloro che hanno una posizione

26 J. C. Kumarappa, cit., p. 60.

27 L. Tolstoj, La schiavitù del nostro tempo, cit., p. 91.

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privilegiata"

28

.

L'idea consolidata dagli economisti moderni è la necessità di uno sviluppo economico industriale per garantire uno standard di benessere elevato al maggior numero di individui. Per realizzare un tale processo è stato necessario uno sviluppo industriale che ha visto i lavoratori lasciare il lavoro agricolo e artigianale per il lavoro in fabbrica.

Questa convinzione riguarda anche i pensatori socialisti secondo cui

"alcuni devono accumulare capitale e altri debbano lavorare per tutta la loro vita per aumentare quel capitale in attesa della promessa socializzazione dei mezzi di produzione"

29

. Essi ritengono necessario uno sviluppo industriale e una crescita economica tale da realizzare un nuovo ordine sociale che può essere raggiunto solo attraverso l'industrializzazione dell'economia che permetterà ai lavoratori di unirsi in sindacati, di cooperare e scioperare per prendere il potere e riuscire a concentrare i mezzi di produzione nelle mani dei lavoratori. Ma questa teoria risulta inefficace e illusoria, poiché il possesso dei mezzi di produzione da parte dei capitalisti non è l'unico elemento che determina la condizione di miseria di milioni di lavoratori. Per Tolstoj la causa strutturale è da ritrovarsi nelle motivazioni che spingono milioni di persone ad abbandonare il loro luogo di origine, i villaggi dove hanno casa e famiglia per andare a vivere in città e lavorare in fabbriche in condizioni innaturali, spesso dannose, costretti a ubbidire ai comandi dei “padroni del vapore”. Le ragioni della precaria condizione dei lavoratori non possono risolversi con l'aumento del salario o la riduzione dell'orario di lavoro, ma rimuovendo le cause che lo hanno privato di un lavoro più umano, svolto a contatto colla natura e in libertà.

I lavoratori che si trovano oggi in una condizione di lavoro salariato non hanno scelto di lasciare volontariamente il lavoro dei campi, ma sono stati costretti con la forza. Ha scritto Tolstoj: "Dapprima, dice Karl Marx, i lavoratori agricoli sono stati privati della terra con la violenza; sono stati cacciati e ridotti al vagabondaggio, in seguito - in virtù di leggi crudeli - sono stati torturati con le tenaglie, i ferri roventi e con la frusta per costringerli a sottomettersi alla vendita

28 Ivi.

29 Ibid., 92.

(11)

del proprio lavoro"

30

.

Nonostante si riconoscano le cause che hanno condotto all'espulsione dei contadini dalle campagne, non si considera l'idea di rimuoverle, ma si mira a migliorare le condizioni dei lavoratori delle fabbriche perché l'industrializzazione è ritenuta necessaria e immutabile:

... benché il lavoro di fabbrica sia sempre insalubre e monotono, mentre quello agricolo è salubre e variato, benché il lavoro agricolo sia libero (il contadino alterna lavoro e riposo a sua discrezione) e il lavoro industriale, anche quando la fabbrica appartiene ai lavoratori, è sempre un lavoro forzato, comandato dalle macchine, benché il lavoro industriale sia secondario e il lavoro agricolo fondamentale e senza di esso nessuna fabbrica potrebbe esistere, nonostante tutto questo, la scienza economica afferma che tutta la popolazione agricola, non solo non è danneggiata dalla transizione dal lavoro agricolo a quello industriale ma la desidera e la cerca31.

Lo stile di vita delle classi agiate si fonda su un'abbondate produzione di beni che si possono ottenere solo attraverso l'esistenza di fabbriche e officine ben organizzate. Quando si parla della condizione dei lavoratori si propongono sempre quei miglioramenti che non mettano in discussione il sistema di produzione industriale e le comodità da esso prodotte, ma che mirano ad ampliare tali privilegi a un numero maggiore di persone. Ma alla domanda: "Chi dovrà indossare una maschera e produrre la biacca? Chi farà il fuochista? E il minatore?

Chi pulirà le fogne?"

32

, gli economisti rispondono che la tecnica sarà tale che anche tutte queste attività diventeranno occupazioni gradevoli. Così tutti avranno le comodità e i mezzi per godere dei piaceri che ora sono accessibili solo alle classi abbienti: "Allora tutti avranno buoni abiti e abitazioni confortevoli, non mancherà loro il cibo, cammineranno per le strade asfaltate, illuminate dalla luce elettrica, frequenteranno concerti e teatri, leggeranno libri e giornali, guideranno macchine e così via. Ma perché ciascuno possa godere di questi beni occorrerà

30 Ibid., 96.

31 Ibid., pp. 96 -97.

32 Ibid., p. 98.

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organizzare la produzione e di conseguenza decidere quanto a lungo ciascuno operaio dovrà lavorare. Come saranno prese le decisioni?"

33.

Con questa riflessione Tolstoj evidenziava l'infondatezza dell'ideale socialista che propone di continuare a produrre con la stessa divisione del lavoro tutti i beni in circolazione.

In una società dove i mezzi di produzione appartengono alla collettività sarà difficile stabilire quali beni produrre e come suddividere il lavoro. Nel sistema liberale la divisione del lavoro è determinata dalla necessità dei lavoratori, così il minatore accetta di svolgere il suo lavoro sottoterra, rischiando la propria vita, perché obbligato ad accettare un salario in quanto non ha altri mezzi per guadagnarsi da vivere. In una società socialista in cui tutti sono proprietari dei mezzi di produzione e, di principio, si trovano nella stessa condizione sociale, la divisione del lavoro così come concepita oggi è irrealizzabile, poiché nessuno potrà essere indotto ad accettare condizioni di lavoro degradanti o avvilenti se non attraverso la costrizione. Se un contadino produce il grano, il calzolaio delle scarpe e la sarta dei vestiti, ognuno dopo aver acquisito una buona abilità può decidere liberamente di scambiare il prodotto del proprio lavoro. Così il surplus diventa un vantaggio per tutti e le persone saranno libere di scegliere naturalmente il proprio mestiere. Ma una divisione del lavoro, in cui un uomo produce una centesima parte di un bene o un fonditore lavora a 50 gradi di calore tutto il giorno o è soffocato da gas nocivi, è dannosa perché nel favorire la produzione di una enorme quantità di beni, per lo più superflui, danneggia ciò che vi è di più prezioso, la vita umana.

L'economista tedesco Johann Karl Rodbertus

34

affermava che la divisione del lavoro unisce il genere umano in una comunità. Ma per Tolstoj ciò sarebbe possibile solo se esistesse una libera divisione del lavoro, quella che le persone adottano volontariamente:

Supporre che con la socializzazione dei mezzi di produzione ci sarà un'abbondanza di beni come quella ottenuta oggi con la costrizione è come supporre che, dopo l'abolizione della servitù della gleba, le orchestre

33 Ibid., p. 99.

34 J. K. Rodbertus (1805 -1875) economista e politico tedesco è stato uno dei principali

rappresentanti del collettivismo integrale e fu insieme con F. Lassalle ispiratore del socialismo di stato.

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domestiche, i teatri, i pizzi e tappeti prodotti a domicilio e i giardini raffinati che dipendevano dalla schiavo, avrebbero continuato ad esistere come prima.

Ugualmente, supporre che quando si sarà realizzato l'ideale socialista tutti saranno liberi e nello stesso tempo avranno a loro disposizione tutto, o quasi, ciò che oggi viene prodotto per le classi abbienti, racchiude in sé una palese contraddizione35.

Le persone appartenenti alle classi abbienti riconosco l'esigenza di un miglioramento della condizione degli operai e delle classi più deboli, ma ammettono solo quei mutamenti che non modificano la struttura economica e i privilegi di cui esse godono. Così gli uomini di scienza e quelli appartenenti alle classi più ricche usano il termine cultura per denominare l'attuale sistema economico. Vedono nelle ferrovie, nei telefoni, nelle automobili, negli ospedali, nelle mostre e in ogni forma di agiatezza la massima espressione della civiltà e della cultura, rifiutando qualsiasi mutamento che possa mettere in pericolo una di queste acquisizioni. Ma ci si dovrebbe porre la questione se per ottenere tutte queste comodità sia necessario mantenere in schiavitù migliaia di persone, in condizioni dove la loro salute o la loro vita può essere messa a rischio. Allora sarebbe necessario ripensare il progresso culturale, rinunciando a tutte quelle merci che per essere prodotte determinano miseria e morte. Ha scritto Tolstoj:

Solo se si comprenderà che non dobbiamo sacrificare la vita dei nostri fratelli per il nostro tornaconto sarà possibile applicare i miglioramenti tecnici senza distruggere vite umane e organizzare la vita in modo tale da avvalersi di tutti quei metodi che ci danno il controllo della natura e che possono essere applicati senza tenere i nostri fratelli in schiavitù36.

4. 3 L'indifferenza alla schiavitù moderna

La società moderna è caratterizzata da una divisione della popolazione tra

35 Ibid., p. 102.

36 Ibid., p. 105.

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una minoranza che ha il potere di acquisire il prodotto del lavoro di milioni di persone che rimangono escluse dall'usufruire di ciò che essi producono.

Questa minoranza privilegiata non ha più, come in passato, un potere assoluto sulla persona, non può metterla al proprio servizio con la forza fisica, ma utilizza uno strumento diverso, il denaro, che è diventato il mezzo necessario per il sostentamento. In questo modo la violenza diventa più sottile, difficile da vedere, è una violenza culturale e strutturale. Attraverso lo strumento del denaro si tiene al proprio servizio un'infinità di persone che, essendo bisognose della moneta perché non detengono altri mezzi per sopravvivere, vendono il proprio lavoro in cambio di un reddito. Il numero di lavoratori in cerca di un'occupazione remunerata è tale che chi detiene il capitale può scegliere a sua discrezione chi pagare per compiere un determinato lavoro, legittimando la propria azione con la convinzione di aver compiuto un atto di bontà, ergendosi a benefattore.

Così la forma di schiavitù moderna passa inosservata, come la schiavitù dei servi passava inosservata in Europa alla fine del settecento. Allora vigeva la convinzione che gli uomini erano obbligati a obbedire, coltivando la terra per i loro padroni, perché questa era una condizione economica naturale e inevitabile, ma non la si chiamava schiavitù.

Ancora oggi si considera la situazione dei lavoratori un'inevitabile e naturale condizione economica e non la si considera come una forma di schiavitù.

Molti studiosi e "persone illuminate" stanno cominciando a riconoscere la condizione di servitù dei lavoratori, ma la maggioranza ancora si rifiuta di prenderne consapevolezza. A confondere le loro convinzioni è il fatto che l'abolizione della schiavitù è stata consolidata nella mente della gente come fatto storico. Ha osservato Tolstoj: "In realtà è stata abolita solo una forma obsoleta di schiavitù, ormai non più necessaria, ed è stata sostituita da una forma più stringente di schiavitù che tiene soggiogate molte più persone"

37

.

Una forma di schiavitù non viene abolita se un'altra non l'ha già sostituita.

Ci sono molte forme di schiavitù e le persone sono tenute in schiavitù da una o dall'altra forma (e talvolta da numerose forme

37 Ibid., p. 107.

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contemporaneamente), per esempio per consentire ai pochi di avere il comando assoluto sul lavoro di molti. In questa riduzione in schiavitù della maggior parte della popolazione a opera di pochi risiede la causa principale della miseria della classi lavoratrici. Pertanto, i mezzi per migliorare la condizione dei lavoratori devono consistere in questo:

primo, nell'ammettere che la schiavitù esiste tra noi, non in un senso simbolico o metaforico, ma nel senso più reale e concreto del termine, ovvero la schiavitù che mantiene la maggioranza delle persone alla completa mercé di una minoranza; secondo, dopo averlo ammesso, nel trovare le cause della schiavitù e terzo, dopo aver trovato le cause, nel distruggerle38

.

Le principali cause della schiavitù del nostro tempo sono da ricercarsi in quelle leggi che determinano l'attuale condizione di schiavitù in cui i lavoratori sono mantenuti. Secondo Tolstoj sono tre gli ambiti in cui le leggi producono la divisione degli uomini in sfruttati e sfruttatori: le leggi sulle tasse, quelle sulla terra e quelle sulla proprietà privata.

Così come in passato ci si chiese se fosse giusto o meno che alcune persone dovessero appartenere ad altri, così oggi dovemmo chiederci se: " ... É giusto che alcuni non possono far uso della terra considerata proprietà altrui? É giusto che si debba cedere una qualsiasi parte del proprio lavoro sotto forma di tasse? É giusto che non si possa fare uso di beni considerati di proprietà altrui?"

39

.

Nel rispondere a queste domande Tolstoj mise in evidenza l'infondatezza delle teorie a sostengono di tali leggi. Prima fra tutte vi sono quelle teorie sulla necessità della proprietà privata della terra, vista come condizione essenziale per lo sviluppo agricolo, altrimenti ognuno agirebbe da free rider40 e nessuno si occuperebbe di lavorare e migliorare il terreno. Ma attraverso un'attenta analisi storica dei fatti, la privatizzazione dei terreni agricoli non nasce per rendere più sicuri e fruttuosi i possedimenti degli agricoltori, ma dall'appropriazione forzata

38 Ibid., p. 108.

39 Ibid., p. 111.

40 Per free rider si intende chi, pur godendo di un bene, non ne paga il prezzo. I fautori dell'economia di mercato ritengono che se un bene, in questo caso la terra, fosse accessibile a tutti, bene pubblico, nessuno sarebbe incentivato a pagare i costi per migliorarlo o renderlo produttivo portando al fallimento il mercato di quel bene.

(16)

delle terre comuni da parte di una minoranza.

Nell'attualità dei fatti il diritto alla proprietà privata non consente agli agricoltori di lavorare il proprio terreno con la sicurezza che questo non gli sia sottratto, ma ha determinato una condizione in cui la maggioranza degli agricoltori si trova a lavorare la terra di altri che possono cacciarli a loro piacimento. Così i diritti sulla terra non garantiscono a chi la lavora di godere del frutto del proprio sforzo, ma li priva della terra che lavorano per attribuirla a coloro che non lavorano. Ciò determina un deterioramento dell'agricoltura, non certo un miglioramento.

La seconda domanda che Tolstoj si pone porta a riflettere su quelle teorie che giustificano le leggi sulle tasse in quanto stabilite con il consenso tacito di tutti per far fronte ai bisogni della comunità. Tolstoj confuta tale concetto partendo dalla realtà storica che ha visto sempre determinate persone, ottenuto il potere su di un popolo attraverso la conquista o altri mezzi, imporre loro dei tributi per il proprio benessere personale e non per il bene comune. Ancora oggi le tasse vengono riscosse da chi ha il potere di farlo e dei proventi poi solo una parte viene utilizzata per restituirla alla società sotto forma di servizi. La maggior parte di esse viene utilizzata per mettere in essere cose per lo più dannose per il popolo:

come gli eserciti, le fortificazioni, le prigioni, il mantenimento della chiesa e dei politici, i salari dei militari e dei funzionari pubblici e tutti quelli che garantiscono l'esazione delle tasse. Per cui, dire che le tasse sono state istituite per volontà del popolo è una menzogna.

La terza domanda sulla quale Tolstoj ci obbliga a riflettere riguarda la proprietà privata dei beni come forma di garanzia per il lavoratore che nessuno gli potrà sottrarre il frutto del suo lavoro. Anche questa affermazione è falsa e lo dimostra il fatto che se il lavoro di un anno del contadino produce una certa quantità di grano, esso apparterrà a un altro che non avrà partecipato alla sua produzione, ma ne ha diritto perché avrà ereditato la terra da un nonno o da un bisnonno, i quali a loro volta, avevano sottratto quel terreno a un altro contadino.

Quindi, la proprietà privata non garantisce al lavoratore di mantenere il frutto del

proprio lavoro per sé, ma assicura a chi detiene dei beni di usare il tempo e il

lavoro di altri al proprio servizio: "...così ora ci sono leggi che stabiliscono che gli

(17)

uomini non possono far uso della terra se questa appartiene ad altri, devono pagare le tasse a loro imposte e non devono far uso di beni che si ritiene appartengono ad altri. E questa è la schiavitù del nostro tempo"

41

.

Nella concezione tolstoiana di nonviolenza la legge stessa, in quanto strumento che vede alcuni definire obblighi di condotta su altri e mantenere il diritto di farlo attraverso la coercizione e l'uso della forza, è strumento di violenza: "C'è una sola caratteristica comune a tutte le leggi: il diritto per chi le ha fatte di mandare uomini armati da colui che non le ha rispettate, e quegli uomini armati lo batteranno, lo priveranno della libertà e persino lo uccideranno"

42

.

L'unico strumento utilizzabile dal diritto nell'obbligare le persone a rispettare le leggi è l'uso della forza. In questa situazione gli individui non compieranno più atti di violenza come nello stato di natura, in modo spontaneo e dettato dalle passioni, ma lo faranno attraverso l'uso della violenza organizzata che costringe il popolo a obbedire e a sottomettersi alle leggi che i potenti hanno fatto per loro.

A questo punto l'analisi si concentra sul ruolo dei governi e dello Stato nella struttura della violenza organizzata. Tolstoj ha riflettuto sulla necessità dello Stato. Interessa capire quali siano le cause della schiavitù che risiedono nella violenza esercitata dai governi attraverso le leggi. La schiavitù è una violenza strutturale che secondo Tolstoj non può trovare rimedio nell'eliminazione delle leggi sulla proprietà della terra. Per gli uomini del nostro tempo è molto difficile non prendere parte in qualche modo alle forme di violenza che il sistema impone, ma ciascuno può prendere maggior consapevolezza delle conseguenze delle proprie azioni e rinunciare alla partecipazione alla violenza dei governi, mettendo in essere un cambiamento graduale della propria vita:

... Ciascuno può scegliere di non entrare volontariamente nell'esercito, nella polizia, nella magistratura, nelle istituzioni finanziarie … Non tutti avranno la forza di rinunciare alla proprietà terriera (benché ci sia chi lo fa), ma ciascuno può, rendendosi conto dell'ingiustizia di una tale proprietà, diminuirne l'estensione. Non tutti possono rinunciare al

41 Ibid., p. 114.

42 Ibid., p. 118.

(18)

possesso di capitali (benché ci sia chi lo fa), ... ma ciascuno può, diminuendo le proprie necessità, privarsi in modo crescente di quegli agi che suscitano l'invidia degli altri. Non tutti i funzionari pubblici possono rinunciare allo stipendio ... ma ciascuno può preferire uno stipendio minore a uno maggiore al fine di essere meno coinvolto nella violenza43.

4. 4 Operosità e parassitismo44

Nel 1890 Tolstoj conobbe e s'impegno a diffondere il pensiero di Timofej Bondarev

45

, un contadino russo confinato in Siberia perché convertitosi all'ebraismo

46

. Bondarev fu costretto ad abbandonare il lavoro dei campi con la forza e da quel momento si dedicò a descrivere le ingiustizie economiche e sociali che i contadini come lui subivano. Attraverso lo studio della Bibbia si propose di ridare un significato etico all'economia.

Tolstoj condivise l'idea di Bondarev di definire l'ordine di importanza delle cose a cui dare priorità nella vita per l'organizzazione di una società basata sulla giustizia.

Tra le priorità la più importante riguarda il dovere religioso e morale al quale l'uomo è legato. Tolstoj richiamando le parole di uno dei maestri della Chiesa primitiva mise in evidenza come: "le sventure degli uomini non derivano tanto dal fatto che essi non conoscono il vero Dio, quanto dal fatto che essi credono in false divinità e che considerano Dio ciò che non è"

47

. Allo stesso modo

"le sciagure e i crimini degli uomini non derivano tanto dal fatto che essi ignorano i propri doveri, ma dal fatto che riconoscono falsi doveri, considerano un dovere ciò che non lo è, non considerando assolutamente un dovere quello che dovrebbe

43 Ibid., p. 132.

44 Operosità e Parassitismo è il titolo del trattato di Timofej Bondarev al quale Tolstoj nel 1890 scrisse la presentazione al libro.

45 T. Bondarev (1820-1898) era un servo della gleba in Russia. Esiliato in Siberia perché convertitosi all'ebraismo dedica la sua vita allo studio e al commentato etico-sociale della Bibbia.

46 A. Salomoni, Il lavoro del pensiero. Il contadino Timofej Bondarev e lo scrittore Lev tolstoj (1885-1898), Genova, Name, 2001, p. 14.

47 Cfr. L. Tolstoj, Il lavoro e la dottrina a Bondarev in L. Tolstoj, La schiavitù del nostro tempo, cit., p. 55.

(19)

invece essere il loro dovere principale".

Per Bonderev la chiave di volta per stabilire un nuovo ordine sociale è nel principio enunciato nel libro della Genesi: Guadagnerai il pane con il sudore

della fronte. Questo è il dovere dell'umanità, il primo dovere per ogni individuo:

compiere il lavoro del pane con le proprie mani, intendendo con "lavoro del pane"

l'obbligo morale che ogni uomo ha di essere in grado di svolgere tutti le mansioni necessarie per il proprio sostentamento, senza scaricare su altri la fatica del lavoro necessario per soddisfare i propri bisogni. In questo modo il lavoro del pane renderebbe tutti gli uomini uguali di fronte ai frutti della natura e sopprimerebbe il lusso e l'avidità, restituendo giustizia all'umanità.

La prima ingiustizia presente nel sistema economico è quella di rendere alcuni uomini liberi di passare il loro tempo oziando, divertendosi e godendo dei frutti del lavoro che altri producono per loro. Guadagnerai il pane con il sudore

della tua fronte è l'unica legge che può realizzare una vera giustizia. Essa implica

che la terra debba essere di chi la lavora.

L'obbligo universale del lavoro agricolo è venuto meno perché l'interpretazione e l'insegnamento che è stato dato delle scritture è stato distorto dai rappresentanti di coloro che, per avere di che vivere senza coltivare la terra con le proprie mani, si sono impossessati del suolo su cui fanno lavorare altri.

Allo stesso modo hanno diviso il lavoro in manuale e intellettuale, appropriandosi della cultura e della scienza e non lasciando tempo per l'istruzione e lo studio ai poveri. Così si esprimeva Bondarev:

Coloro che spiegano la nostra legge raramente conoscono cosa sia il grano o come si produce; così da trascurarne il valore e il lavoro necessario per produrlo.

Perché, alla luce di questa legge, tutte le pratiche religiose che sono facili da realizzare e non richiedono nessuno sforzo, perderanno la loro forza e finiranno per cadere in disuso.

E anche perché colui che spiega la legge dovrebbe dimostrare la sua esattezza con il proprio esempio e nel mettere quelle mani bianche al lavoro essi si sentiranno incapaci di compiere una tale fatica.

Per tutte queste ragioni questa legge è stata messa da parte ed è stata, per

(20)

così dire, riposta in una tomba profonda e non potrà resuscitare se non alla fine del mondo48.

4. 5 Come vivere secondo giustizia.

Nel giugno del 1894, in risposta alla richiesta di Bondarev di avere informazioni sulla tassa unica, Tolstoj descrisse il progetto della riforma agraria di Henry George

49

:

Il reddito e il vantaggio nell'uso della terra non è ovunque lo stesso ... Tutta la terra dovrebbe essere valutata in base al reddito che se ne trae: la più redditizia, più cara, la meno redditizia, meno cara. La terra per la qualche ci sono poche richieste non dovrebbe essere valutata, ma concessa gratuitamente a chi desidera coltivarla per sé.

... Quando tutta la terra del paese sarà stata valutata in questo modo. Henry George propone che venga promulgata una legge in base alla quale, dopo una certa data e in un determinato anno, la terra non dovrebbe più appartenere ad alcuno, ma all'intera nazione, al popolo e chi che possiede terra dovrebbe pagare alla nazione (ovvero al popolo) il valore annuale stabilito. Questo denaro dovrebbe essere usato per sostenere tutte le spese pubbliche e dovrebbe sostituire tutte le altre tasse, dazi, tributi50

.

In questo modo il proprietario che detenesse 2000 ettari di terreno dovrebbe pagare una tassa tale che nessun grande proprietario sarebbe in grado di affrontare, venendo costretto a rinunciare al grande possedimento. Mentre il contadino che avesse nella stessa zona un terreno di un ettaro che egli lavora, pagherebbe una tassa inferiore, se oltre alla tassa della terra dovesse pagare altri tributi, e potrebbe acquistare le merci di cui abbisogna senza pagare dazi. La stessa regola varrebbe nelle città dove i proprietari pagherebbero la tassa unica sul

48 T. Bondareff, Labour, New York, The Pollard Publishing Company, 1890, pp. 58 -59.

49 Henry George fu scrittore, politico ed economista statunitense (1839-1897). Nel suo libro più famoso, Progress and poverty (1879), propose un’analisi delle ragioni della diseguaglianza e delle fluttuazioni cicliche dell’economia industriale, sostenendo la necessità di una ‘tassa unica’ sulla rendita fondiaria per dividere i frutti della terra fra tutti i cittadini. Queste idee ispirarono il movimento del socialismo agrario conosciuto anche con il nome di ‘populismo’.

50 L. Tolstoj, Lettera a Timofej Bondarev (1894), in La schiavitù del nostro tempo, cit., p.71.

(21)

valore accertato della terra su cui vivono.

Tolstoj riassunse quali fossero i vantaggi dal mettere in atto un tale sistema:

Non vi sarà chi non potrà usufruire della terra. Non vi saranno oziosi proprietari di terre e non costringeranno altri a lavorare per loro in cambio della possibilità di coltivare la terra. La terra apparterrà a chi la lavora e non ha chi non la lavora. Poiché la terra sarà accessibile a chi intende coltivarla, le persone cesseranno di farsi asservire nelle fabbriche o come domestici in città e si stabiliranno nei distretti agricoli. Non ci saranno più ispettori o esattori nelle fabbriche, nelle officine, nelle raffinerie e nei laboratori, ma ci saranno solo incaricati alla riscossione delle tasse sulla terra che non potrà essere rubata e da cui sarà facile ricavare un tributo.

Infine, e questa è la cosa principale: coloro che non lavorano sfuggiranno al peccato di sfruttare il lavoro altrui (peccato di cui spesso non sono responsabili perché sono cresciuti nell'ozio e non sanno lavorare) e al peccato ancora più grande delle menzogne e dei sotterfugi a cui ricorrono per giustificare se stessi.

I lavoratori saranno salvati dal peccato di invidia e dalle tentazioni, dalla condanna e dal rancore nei confronti di coloro che non lavorano e sarà così eliminata una causa di divisione tra gli uomini51

.

In questo progetto Tolstoj vide possibile il realizzarsi di una giusta distribuzione della terra, tale da soddisfare i bisogni di tutto il popolo.

Rivolgendosi ai lavoratori chiese di comprendere e definire quali fossero i loro bisogni e di lottare per ottenerli, di valutare come necessario il considerare la terra un bene comune su cui tutti hanno il diritto di vivere per procurarsi il necessario per il proprio sostentamento.

Sulle modalità di come realizzare una tale condizione Tolstoj affermò che doveva essere esclusa categoricamente l'uso della forza, comprese dimostrazioni di massa, scioperi o deleghe ai deputati socialisti in parlamento. Un tale progetto

51 Ibid., p. 72.

(22)

potrebbe realizzarsi e sarebbe sostenibile nel tempo solo attraverso un'azione collettiva che parte dal basso, dalla presa di consapevolezza e di forza del popolo che Tolstoj incitava "... con una non-partecipazione a ciò che voi stessi ritenete essere un male, ovvero rifiutandovi di appoggiare come che sia quest'ingiustizia che è la proprietà terriera, sia con le violenze che vengono commesse dall'esercito, sia con i lavori che voi prestate sulle terre dei proprietari terrieri, sia con il vostro prendere in affitto tali terre"

52

.

Così come l'aria e il calore del sole sono ritenuti essere proprietà di tutti, anche la terra dovrebbe essere considerata un bene comune, in modo da rendere giustizia agli uomini. Ognuno avrà diritto a coltivare il proprio lotto di terra senza recare torto a nessuno.

Una tale idea potrà essere realizzata solo quando inizierà una lotta per il cambiamento interiore di ciascun individuo nell'intento di vivere in modo migliore:

... basterebbe che un uomo o una società di uomini si volgessero sinceramente verso se stessi e verso il proprio modo di vivere, per cercar qui le cause di quel male che egli o essi soffrono, e queste cause diverrebbero subito evidenti e si eliminerebbero di per se stesse53

.

La riflessione di Tolstoj si concentra sulle cause strutturali che determinano questo stato di cose. Il fatto che rende possibile che una minoranza di uomini deboli e oziosi domini milioni di lavoratori è reso possibile perché gli uni e gli altri condividono uno stesso modo d'intendere la vita, si fanno guidare dalle stesse leggi:" ... se gli uomini di governo e i ricchi dominano i lavoratori, è unicamente perché i lavoratori desiderano a loro volta dominare i loro stessi fratelli lavoratori, e proprio nello stesso modo e con gli stessi metodi"54. Per Tolstoj l'unica via per liberarsi da questa schiavitù sta nel " ... rifiutare quei principi dai quali si sono lasciati guidare sinora nella loro vita, ovverosia smettere

52 L. Tolstoj, Perché la gente si droga?, Milano, Mondadori, 1988, p. 348.

53 Ibid., p. 349.

54 Ibid., p. 350.

(23)

di servire mammona e cominciare a servire Dio"

55

. In questo senso Dio indica la verità e la nonviolenza. La verità per denunciare la menzogna e l'inganno su cui è stato costruito il sistema economico per permettere ai pochi di dominare i molti, privandoli dei mezzi necessari alla sopravvivenza e negando loro l'eguale accesso ai doni della natura. La nonviolenza nel rifiutare il cambiamento del sistema attraverso l'uso della forza. L'idea che solo la violenza possa cambiare l'attuale struttura di comando, sostituendo una classe dirigente con un'altra, non può realizzare un nuovo ordine sociale. Infatti, chi garantirebbe che coloro i quali hanno raggiunto il comando non opereranno da nuovi tiranni? Con la violenza si produce solo altra violenza. Solo una lotta nonviolenta che nasce dal basso, con una presa di consapevolezza della popolazione può realizzare un nuovo ordine basato sulla giustizia. Ha scritto Tolstoj:

gli uomini che ... davvero desiderano fare del bene, l'unica cosa che possono e debbono fare è smettere di fare il male che stanno facendo. ...

E il male che fanno è questo: per migliorare la propria condizione con gli stessi mezzi che li hanno ridotti in schiavitù e soddisfare le abitudini di consumo acquisite, accettano occupazioni umilianti e immorali o producono beni inutili e dannosi e, sopratutto, sostengono i governi con il pagamento delle imposte o con il servizio personale e in tal modo si rendono schiavi, sacrificano la loro libertà e la loro dignità umana56.

Nella denuncia di Henry George la causa che ha prodotto e che continuerà a produrre la schiavitù, è la possibilità per alcuni di monopolizzare ciò che la natura ha dato a tutti: "Finché un uomo potrà reclamare la proprietà esclusiva della terra, della quale altri uomini debbono vivere, la schiavitù continuerà ad esistere e, a misura che il progresso materiale va innanzi, diventerà sempre più larga e profonda"

57

.

L'accaparramento della terra è l'ingiustizia principe che permette un'iniqua distribuzione della ricchezza. Chi detiene la proprietà sulla terra, può legittimamente appropriarsi del frutto del lavoro degli altri, così che "l'uno riceve

55 Ibid., p. 351.

56 L. Tolstoj, La schiavitù del nostro tempo, cit., p. 131.

57 H. George, Progresso e povertà, Bergamo, Cattaneo, 1890, p. 525.

(24)

senza produrre, l'altro produce senza ricevere"

58

.

Henry George, seguendo quando già aveva scritto John Locke, riteneva come unico criterio quello di riconoscere la proprietà a chi la lavora: "Come l'uomo appartiene a se stesso, così a lui appartiene il suo lavoro, messo sotto una forma concreta. ... Così, ad ogni cosa prodotta dall'attività dell'uomo è inerente un chiaro e indiscutibile titolo di proprietà e di godimento esclusivo, che è perfettamente d'accordo con la giustizia, in quanto esso deriva dal produttore originario, che ne fu investito dalla legge naturale"

59

.

Una distinzione importante per comprendere tale affermazione è quella fra i beni che sono frutto del lavoro e i beni che sono offerte dalla natura. Ad esempio una casa è frutto del lavoro dell'uomo e in economia politica viene definita come

"ricchezza", ma il suolo dove si colloca si chiama "terra".

"Il possesso della terra è la base dell'aristocrazia. Non fu la nobiltà che diede la terra, bensì la terra che diede la nobiltà"

60

. Per Henry George la terra deve appartenere a chi la lavora in modo tale da permettere a tutti di avere accesso ai beni essenziali per la vita. La negazione necessaria della possibilità per pochi di detenere estensioni enormi di terra senza lavorarla è l'elemento essenziale per liberare gli uomini dalla nuova forma di servitù volontaria. Questa forma di schiavitù si regge su una violenza fatta di idee e di leggi che danno il potere ad alcuni di obbligare altri a piegarsi alla loro volontà privandoli della libertà, del frutto del loro lavoro e della loro dignità:

Ai nostri tempi, come nei tempi passati, lavorano forze insidiose, che producendo la disuguaglianza distruggono la libertà. Le nubi si addensano all'orizzonte. La libertà ci chiama di nuovo. Noi dobbiamo seguirla più oltre; dobbiamo commetterci a lei pienamente. O l'accetteremo tutta o essa non durerà. Non basta che gli uomini possano votare; non basta che essi siano teoricamente eguali davanti alla legge. Essi devono esser liberi di valersi delle risorse e dei mezzi di esistenza: essi devono essere uguali dinanzi ai doni della natura. Se no la libertà ritirerà la sua luce! Se no, ripiomberanno le tenebre, e le

58 Ibid., p. 515.

59 Ibid., p. 511.

60 Ibid., p. 521.

(25)

forze stesse che il progresso ha sviluppato diventeranno forze di distruzione. È questa la legge universale, questa la lezione dei secoli.

Se le sue basi non poggiano sulla giustizia, la compagine sociale non può stare61.

61 Ibid., p. 636.

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