Principi di Management Corso A-O a.a.2020-21
Prof. Rosario Faraci
Principi di Management
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Lezione del 29 marzo 2021 Week 4a
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• La storia della scienza economica
• Le teoria neo-classica
• Le teorie manageriali dell’impresa
• Il Management e
l’Economia Aziendale
• L’Economia e Gestione delle Imprese
Domanda:
In che rapporto
stanno l’Economia, l’Economia
aziendale e l’Economia d’impresa?
Concetti:
Economia
Economia Aziendale Economia e Gestione delle Imprese
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• La storia della scienza economica
• Le teoria neo-classica
• Le teorie manageriali dell’impresa
• Il Management e
l’Economia Aziendale
• L’Economia e Gestione delle Imprese
Domanda:
In che rapporto
stanno l’Economia, l’Economia
aziendale e l’Economia d’impresa?
Concetti:
Economia
Economia Aziendale Economia e Gestione delle Imprese
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MANAGER, LE QUATTRO FUNZIONI DEL
MANAGEMENT, I RUOLI, LE COMPETENZE e
Mintzberg
IL MANAGEMENT COME DISCIPLINA E I SUOI VARI
APPROCCI (Scientifico, Comportamentale e
Contemporaneo)
IL MANAGEMENT COME DECISION-MAKING
L’IMPRESA
– COME VASTUDIATA E IN CHE MODO MANAGEMENT, ECONOMIA
ED ECONOMIA AZIENDALE DIFFERISCONO TRA LORO
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Cos’è l’Economia
ScienzaScienze Naturali
Biologia
Chimica
Fisica
....
Scienze Sociali
Psicologia
Giurisprudenza
Sociologia
Scienza Economica
Scienze Applicate
Informatica
Ingegneria
Medicina
….
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Il fine ultimo di qualsiasi scienza è quello di spiegare i fatti di un certo ordine. Una delle
differenze fondamentali fra scienze sociali e scienze naturali è che i fatti che le prime mirano a spiegare sono storici, ossia mutano non solo
quantitativamente, ma anche qualitativamente e in modo irreversibile nel tempo storico. In altri
termini, mentre nelle scienze naturali la realtà è
generalmente immutabile, in campo economico la
realtà varia col passare del tempo.
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L’atomo al tempo di Aristotele era il medesimo di quello
odierno, o almeno è lecito presumerlo; non altrettanto può dirsi invece della struttura economico-sociale.
Ne consegue che nel campo delle scienze sociali il progresso scientifico è, per sua natura, duplice:
• consiste nell’affinare gli strumenti analitici esistenti e nel proporre ipotesi o strumenti analitici nuovi per
comprendere determinati fatti: ed in ciò il progresso è simile a quello che ha luogo nelle scienze naturali;
• ma esso consiste anche nell’affrontare con nuovi schemi teorici la spiegazione di nuovi fatti, nuovi in senso
storico.
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«Non si può conoscere
l’economia senza conoscere la sua storia»
J. K. Galbraith, 1987
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Le domande fondamentali dell’Economia
• Cosa determina i prezzi dei beni e servizi?
(Teoria del Valore)
• Come vengono distribuiti i proventi dell’attività di produzione e scambio?
(Teoria della distribuzione)
Non prima della seconda metà del Settecento (Adam Smith)
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• La nascita
dell’Economia come scienza si fa risalire ad Adam Smith (1776).
• Prima di allora l’Economia, come la conosciamo adesso, non esisteva!
• Non esisteva non perché mancavano le
risposte, ma perché mancavano le domande.
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Un po’ di storia…
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L’economia prima di A. Smith
L’economia prima di Smith e della rivoluzione industriale è una questione filosofica. Si 11
parte da Aristotele, per passare dai religiosi, fino ad arrivare ai mercantilisti.
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L’economia prima di A. Smith
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L’economia prima di A. Smith
1. Antichità
1a Greci
1b Romani
2. Medio Evo – società feudale
3. Lo sviluppo dei mercati – società mercantilistica
4. La rivoluzione industriale – società industriale
5. L’epoca moderna
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1a. Greci
Economia come etica e filosofia
Ai tempi dei Greci l’economia come la conosciamo adesso non esisteva:
• si auto-produceva ciò che serviva
• il lavoro è umiliante, c’erano gli schiavi..
• non esistono i salari
• l’interesse non è etico
• la moneta era diversa da come la conosciamo
Il problema dei prezzi non esiste così come lo
conosciamo adesso
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Il fatto che l’economia ai tempi di Aristotele si interessi di Etica dipende dal fatto che c’era la schiavitù. Poiché gli schiavi lavoravano gratis non c’era il problema della definizione del salario.
Per quanto riguarda l’interesse, esso ripaga un prestito. Si può prendere denaro in prestito o per investire in capitale (ma nell’economia di allora il capitale non è molto visibile) o per consumare di più, per soddisfare bisogni personali. Emerge anche qui un problema etico. L’interesse è un guadagno derivante dal denaro e serve a guadagnare sulla pelle di chi è povero e non ce l’ha, dunque e non è etico. Questa visione durerà fino al Medio Evo. Senza salari e senza interessi non poteva esistere una teoria dei prezzi. La moneta è una merce come tutte le altre e serve allo scambio. Nel corso della storia si sono usati per moneta una serie di beni: argento, oro, rame, ferro, bestiame, whiskey, tabacco, ecc.. Soltanto quando la moneta che ha un suo valore reale viene sostituita da monete di valore nominale o da carta o da depositi bancari che sorge il problema della definizione del suo valore.
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1b Romani
I Romani:
• Non diedero un contributo all’economia
• Si occuparono di migliorare l’agricoltura
• Ci lasciarono la Proprietà Privata e il
Cristianesimo
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Il diritto romano regola tra le altre cose la proprietà privata per la prima volta.
Il Cristianesimo nel frattempo impose alcune leggi economiche:
ad esempio il fatto che non esiste alcun privilegio per diritto divino. Come Gesù figlio di artigiano si era elevato, così chiunque lavorasse aveva il diritto di migliorare la propria posizione. Insomma tutti sono uguali. Si iniziò a criticare la schiavitù. Infatti a quel tempo i ricchi proprietari di schiavi avevano bisogno dell’indulgenza per «farsi perdonare» per questa loro ricchezza. Addirittura nacque un «mercato delle indulgenze». Il Cristianesimo ebbe un’influenza sulla concezione dell’interesse. Il lavoratore meritava il salario e anche gli introiti dei proprietari erano giustificati. Ciò che non era giustificato era l’interesse.
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2. Medio Evo – società feudale
Nel corso del Medio Evo il mercato era un aspetto minore.
- I beni si producevano ma non si vendevano: o si usavano o si cedevano.
- Non era il prezzo a regolare gli scambi ma il diritto.
- La relazione tra padrone e schiavo dell’antichità si trasforma in relazione tra signore e servo nel feudalesimo.
- L’attività economica è organizzata intorno al Feudo
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Il servo è legato alla terra che coltiva,
ricevendo in cambio protezione dal suo
signore (che ha il controllo della terra dal
duca o dal re). Non c’è bisogno di mercati, gli
scambi avvengono in base all’autorità e ai
contratti.
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2. Medio Evo – società feudale
Quel poco che a quei tempi si acquistava e si vendeva attirò l’attenzione di alcuni filosofi
religiosi, primo fra tutti Tommaso d’Aquino.
Egli scrisse sull’equità del prezzo di quegli scambi (ancora pochi) che avvenivano nei mercati medievali.
Egli diceva che la frode era peccato e teorizzava un giusto prezzo. Però non seppe mai definire come si calcolasse. Anche percepire un
interesse era peccato.
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3. Lo sviluppo dei mercati – società mercantilistica (1500-1700)
Dal 1500 in poi cresce l’importanza dei mercati e del commercio, soprattutto di prodotti e
ricchezze provenienti da terre lontane.
Adesso i ricchi non sono soltanto i feudatari ma anche i mercanti-capitalisti che comprano dall’artigiano i prodotti da ri-vendere.
In seguito il mercante acquisterà la proprietà dei beni strumentali e l’artigiano si trasformerà in lavoratore stipendiato (che lavora a casa).
E’ nel 1500 che si forma la classe lavoratrice e si afferma il mercante, che diventa molto ricco e potente così da governare gli stati (sviluppo delle città mercantili.
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3. Lo sviluppo dei mercati – società mercantilistica (1500-1700)
In particolare, il grande afflusso di metalli preziosi portò ad un rialzo dei prezzi.
- Si inizia a studiare il perché del rialzo dei prezzi
- Con i prezzi che crescono costantemente si compra per poi rivendere e guadagnare. Il commercio diventa un’attività che permette elevati
profitti
- L’interesse restava immorale quando era usura o estorsione, non lo era quando serviva a praticare un’attività lucrosa.
- Si affermano i grandi Stati il cui ruolo è quello di favorire il commercio dei propri mercanti e delle proprie merci
- Anche i grandi stati moderni erano guidati dai mercanti. In questa situazione il perseguimento della ricchezza perse la sua connotazione malvagia. Perseguire la ricchezza divenne rispettabile.
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• Il perseguimento della ricchezza perde il suo connotato negativo: fare profitti non è peccato
• Anche l’interesse viene riabilitato (purché non esagerato)
• Si modifica l’atteggiamento nei confronti dei prezzi: non ci si preoccupa che crescano, anzi.
Ci si preoccupa che la concorrenza possa farli abbassare.
• Si afferma il monopolio e gli stati iniziano a mettere dazi e a regolamentare gli scambi commerciali
• Nascono le prime «società anonime»
3. Lo sviluppo dei mercati – società
mercantilistica (1500-1700)
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In questo periodo lo Stato interviene pesantemente sull’economia e concede monopoli a singoli mercanti, soprattutto per lo sfruttamento delle colonie. Gli Stati avevano l’obiettivo di far affluire sempre maggiori ricchezze e per far ciò iniziarono a imporre dazi e barriere alle importazioni. A questo punto entra in scena l’istituzione economica che sarebbe divenuta dominante: la grande società moderna. All’inizio era fatta in modo temporaneo per far fronte a grandi affari insieme ad altri mercanti (compagnia delle Indie, ecc.) poi sempre più stabili e caratterizzate dalla proprietà azionaria. In questo periodo, subito prima della rivoluzione francese in Francia ci sono i Fisiocratici che sono per l’ordine naturale e il Laissez Faire, cioè criticano la politica mercantilistica e l’intervento dello stato.
Un’altra idea dei fisiocratici è quella di «prodotto netto». Secondo loro, la ricchezza deriva soltanto dall’attività agricola. Dato che ciò che aggiunge valore è solo l’agricoltura, per i fisiocratici l’attività manifatturiera non aggiunge nulla e il prezzo della merce prodotta rispecchia semplicemente i costi di produzione.
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4. La rivoluzione industriale-
società industriale (intorno al 1750)
• Con la rivoluzione industriale, la figura centrale non è più il mercante, ma l’industriale.
• Il centro dell’economia non è più il commercio ma la produzione.
• Si inizia a parlare della distribuzione della ricchezza. Come va distribuito il reddito tra rendita, profitto e salario?
• Nel 1766 A. Smith pubblica «La Ricchezza delle Nazioni».
Nasce l’economia moderna.
In realtà della società che sarebbe venuta fuori dalla rivoluzione industriale Smith vide ben poco. Non vide le grandi fabbriche, né le grandi città industriali, né la massa degli operai.
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I 3 temi fondamentali dell’opera di A. Smith
1. Il concetto di sistema economico
• Il ruolo dell’interesse personale
2. La determinazione dei prezzi e la distribuzione del reddito
• Il ruolo del valore di scambio. Il valore di un bene dipende dalla quantità di lavoro che quel bene consente di acquistare.
3. Le politiche delle Stato per promuovere il progresso e la prosperità economica
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Smith individua 3 temi fondamentali, ai quali però fornirà risposte errate. A quei tempi ci si chiedeva come mai l’acqua che era utilissima costasse poco e le pietre preziose che non erano utili costassero tanto. Smith risolve il problema parlando di valore di scambio e abbandonando il valore d’uso. Il salario è la quantità di denaro che serve per far vivere il lavoratore e poiché il valore dipende dal lavoro contenuto, la remunerazione del capitalista è chiaramente un’esazione (estorsione) che il capitalista fa al lavoratore. Per quanto riguarda le politiche pubbliche, Smith teorizza la libertà degli scambi. Più il mercato è libero e ampio più si potrà realizzare la divisione e specializzazione del lavoro più aumenterà la produttività (critica al mercantilismo e alle politiche protezionistiche). Si afferma insomma la bontà per tutto il sistema della libera concorrenza.
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Dopo Smith
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Dopo Smith…
Dopo Smith, le tre figure importanti furono J.B. Say, T.
Malthus e D. Ricardo, esponenti dell’Economia Classica.
• La legge di Say affermava che ogni offerta genera la
domanda. In caso di sovra-produzione i prezzi scendono e la domanda aumenta. Ci sarebbe insomma sempre equilibrio.
• Malthus (critico verso Marx) affermò che la popolazione
cresceva in modo geometrico e questo non era un bene quindi occorreva lasciare i lavoratori a livello di sussistenza.
• Ricardo (critico verso Marx) individua il concetto di utilità.
Se un bene non è utile non ha valore di scambio. Il valore di una merce dipende dalla quantità di lavoro relativo
necessario a produrla. 29
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5. L’epoca moderna
• Nei primi anni dell’800 l’economia cessa di essere un problema filosofico e diventa una scienza e una professione.
• Si afferma l’utilitarismo (J.S. Mill, 1836),
secondo il quale l’uomo è spinto nelle sue azioni dal conseguimento del massimo piacere.
• L’uomo è quindi individualista e punta a massimizzare l’utilità.
• Il valore dipende dal lavoro ma anche dall’utilità
• Economia neo-classica
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5. L’epoca moderna
• Affermazione delle grandi imprese del monopolio e dell’oligopolio.
• Anche se l’obiettivo rimane il massimo
profitto, cambiano i modi per conseguirlo.
• La rivoluzione marginalista con Jevons, Menger e Walras.
• Utilità marginale. Il valore non dipende dalla soddisfazione totale conseguente al suo possesso, bensì dalla soddisfazione
conseguente all’ultima unità aggiunta, quella meno desiderata. Marginalità della
domanda
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Quando in una famiglia è disponibile solo una briciola di cibo, essa è straordinariamente importante, ma in condizioni di
abbondanza essa è priva di valore. Ecco spiegato il prezzo basso dell’acqua (altamente disponibile, con utilità marginale
nulla) e il prezzo alto dei diamanti
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5. L’epoca moderna
• Il concetto di marginalità fu applicato
anche all’offerta. Si afferma la legge dei rendimenti decrescenti. Anche in questo caso conta il costo marginale.
• Dunque, la decrescente utilità marginale fa diminuire la disponibilità a pagare dei
compratori; i crescenti costi marginali dei produttori fanno aumentare il costo
(prezzo) dei beni. Quanto più si vuole tanto più si dovrà pagare.
Anche chi produce, più produce più aumento i costi 33
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Si arriva alla «famosa» legge della domanda e dell’offerta
P
Q Domanda
(utilità marginale decrescente) Offerta
(costi marginali crescenti)
La curva dell’offerta è crescente perché i prezzi devono coprire i costi marginali via via crescenti e la curva della domanda è decrescente perché rappresenta l’utilità marginale che è decrescente.
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I 4 elementi distintivi
dell’economia neo-classica
• Uso ottimale di risorse scarse.
• Principio di sostituzione: diversi panieri di beni o diverse combinazioni di fattori sono
perfettamente sostituibili a parità di utilità o costi.
• Per poter massimizzare, gli attori economici
devono essere dei singoli individui (omogenei).
• Le leggi dell’economia sono a-storiche. Si
realizza il parallelismo con matematica e fisica.
Si perde il riferimento alle relazioni sociali agli aggregati e si parla dunque di riduzionismo
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L’equilibrio del sistema
• Walras teorizza l’equilibrio economico generale. Dove l’equilibrio è
funzione dei prezzi relativi di tutte le merci. Il prezzo è la variabile di equilibrio.
Nell'opera di Walras il progetto di creare un’economia politica pura in forma matematica, secondo il modello scientifico della meccanica classica e dell'astronomia newtoniana, diviene un progetto articolato e compiuto.
• Marshall teorizza l’equilibrio economico parziale, dove l’equilibrio è funzione del prezzo della merce in un determinato mercato. Si distingue tra equilibrio di breve periodo ed equilibrio di lungo periodo. E’ un tentativo per rendere più realistica la visione neo-classica. La quantità è la variabile di
equilibrio.
Il mercato in cui il produttore tende a massimizzare il profitto e il consumatore l’utilità tende all’equilibrio, nel quale tutti realizzano ciò che vogliono
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In realtà dietro questa concezione c’è una visione politica. Per contrastare Marx e le economie pianificate si cerca di dimostrare che l’economia capitalistica porta al maggior benessere per tutti.
Con la teoria neoclassica, spariscono i concetti di classe sociale, sovrappiù, sfruttamento ecc. cari a Marx.
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Dopo la crisi del 1929…
• Si affermano le idee di Keynes, secondo il quale il mercato non può auto-regolarsi.
• In caso di insufficiente domanda aggregata,
occorre l’intervento dello Stato con il Welfare, gli investimenti pubblici e il conseguente
aumento di domanda
• Per far ciò lo Stato deve prendere in prestito
denaro e spenderlo (cresce il debito pubblico)
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Per Keynes il mercato è amministrato.
La teoria neoclassica sostiene che in equilibrio tutti i fattori risultano impiegati pienamente.
Ma allora la disoccupazione? Keynes dunque (in seguito alla crisi del 1929) dice che il mercato che si autoregola è solo un mito. Con la sua Teoria Generale fonda la Politica Economica criticando la legge di Say.
L’imprenditore di Keynes eguaglia non i ricavi reali con i costi reali, ma i ricavi attesi con i costi reali. Dunque in equilibrio non è detto che ci sia piena occupazione. Allora è lo Stato che deve intervenire. In periodi di disoccupazione lo Stato deve intervenire con la spesa pubblica.
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