Conto corrente con la Posta
A N N O V II - 1 5 5 1 Fascicolo I* - G ennaio-M arzo
G IO R N A L E S T O R IC O E L E T T E R A R I O
DELLA LIGURIA
Fondato da A C H I L L E N E R I e U B A L D O M A Z Z I N I
Pubblicazione Trimestrale
V - · "
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Ν U O V A S E R I E
diretta da Arturo Codignola e Ubaldo Formentini
S O M M A B J O
R . Piattoli, La spedizione dei Lomellino contro il Principato di Gherardo D Appiano ( 1401) — P. S a ssi, Appunti per una Storia del Diritto. M a
rittimo genovese — P* S . Pasquali, Lunigiana e Liguria — N. Cozzolino, G l' Istituti di cultura a Genova sulla £ne del 1700 e sui primi del 1800
— V . Vitale, Ancora sulla rivoluzione genovese del 174-6 — R. Mo- rozzo della Rocca, Il dispaccio di Carlo Felice a De Geneys per la repressione dei moti genovesi del 1821 — M . Battisi ini, I padri bollan- disti Henschenio e Papebrochio a Genova nel 1662 — VARIETA’ : V. Vitale, Le spese di spedalità per Pasquale Badino — R A SSE G N A B IB LIO G R A FIC A ; S . Manfredi, Luigi Torelli ed il Canale di Suez, ( C ^ornate) - B. Senaragae, De rebus Genuensibus Commentaria ab anno M CD LXXXV III usque ad annum M D XIV (C. Bornate) ~ U.
Mazzini* Amori e Politica di Aleardo Aleardi (V. Vitale) - B. Nannei, Megollo Lercaro (V. Vitale) — SP IG O LA T U R E E NOTIZIE — APPU N TI P E R UNA BIBLIO G R A FIA M AZZINIANA - I nostri
morti - Alfredo Poggiolini.
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L A S P E D IZ IO N E D E I L O M E L L I N O C O N T R O I L P R I N C I P A T O
DI G H E P A R D O D ’ A P P I A N O (1401)
L ’impresa bellica, per quanto sia stata p re p a ra ta ed eseguita da cittadini privati, non per questo è d a considerarsi senza connessioni colle vicende politiche, che allora si svolgevano. M entre i su o i o rg a nizzatori presero lo spunto della fiera rivai ita tra genovesi ç c a talan i, che manifestavasi in atroce, continua guerra sui m a ri, essa venne ad entrare nel quadro della lotta senza quartiere tra la rep u b b lica di Firenze e Gian Galeazzo Visconti p er l ’egem onia n e ll’ Ita lia d i m ez
zo. Quantunque Genova fosse sottoposta fortem ente a ll’influenza v i
scontea, essa non si schierò mai apertam ente in fav o re d e ll’uno o del- l’altfo dei potenti antagonisti. I suoi interessi m ercan tili la legav an o ad entrambi gli Stati; ecco la causa del suo atteggiam en to. L a m ano di Gian Galeazzo piuttosto facevasi sentire nelle turbin o se lotte di partito, che insanguinarono la L igu ria in quegli anni, offren do ad u n a delle fazioni il suo appoggio interessato.
Nel momento che fu operata la spedizione egli era intento a r a c cogliere forze per contrastare R oberto d i B av iera fatto g li calare a d dosso dall’oro fiorentino, cosicché era stato costretto a in terro m p ere i preparativi per la conquista di B ologna, l ’ ultim o anello d e lla caten a stretta intorno a Firenze.
Nei suoi disegni, l ’attacco alla capitale d e ll’ E m ilia doveva co in cidere con l’inizio dello sbarram ento sistem atico d elle v ie o b b lig a to rie del commercio di Firenze. Pisa e il suo porto, Sien a con lo scalo di Talamone, erano comprese nel suo d om in io; P aolo G u in igi, novello signore di Lucca e arbitro del porto del M otrone, era en trato n ella su a sfefa di influenza. Le vie principali potevano essere b lo ccate non a p pena fosse giunto l ’istante propizio. Soltanto il lontano e m alagev o le porto di Piombino signoreggiato da G herardo d ’A p p ian o sareb b e, fo r se, rimasto praticabile ai m ercanti fiorentini; forse, p erch è il p r in cipe era troppo debole per resistere ad un invito d e l V iscon ti a c h iu dere il suo porto. A ogni modo, anche astraen d o d a a ltre c o n sid e ra zioni che vedremo, non sarebbe stato d isu tile il p rem u n irsi anche d a
2 Re n a t o Pi a t t o l i
questo lato di secondaria im portanza. Di qui l ’ astuta mossa d el V i
sconti contro l ’A pp ian o (*).
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C eduta P isa e costituitosi un piccolo dominio con l ’ E lba e P iom bino, il figlio di Jaco p o d "Appiano si unì a coloro che correvano ra pin ando i m ari concordi nel danneggiare i traffici dei genovesi. I m er
canti, sem pre a ll’erta e in ricerca di notizie sugli spostam enti e l ’ at
tiv ità dei co rsari, tennero dietro alle sue vicende, e in una lettera del 28 ottobre 1400, tra altre comunicazioni concernenti affari in corso, troviam o (2) : M eser G herardo d ’A piano ha disarm ato a P iom bino, e m eser B ald o Spinola anche à disarm ato Vuna delle galee. Così ci p a r fa r à d el’altra, Idio profondi i corsali!
Com e però non era stata intenzione dello Spinola di lasciare il fruttuoso m estiere, così neppure questo desiderio aveva anim ato l ’A p piano disarm ando la sua nave da preda. Il risentim ento che per ciò verso -di lui nutrivano i nocchieri liguri era aumentato dal fatto, che egli aveva reso il porto di Piom bino un ricetto per i loro avversari p iù tem ibili, i p irati catalani, i quali un m iglior covo non potevano d esid erare, essendo sulla rotta che le navi trafficanti con l ’ Oriente era
no strette a battere andando a Genova e Pisa o venendone. Le num e
rose p iraterie perpetrate contro le navi genovesi nel canale di P iom bino o in quei paraggi dai catalani non sarebbero state realizzabili, q u alo ra non vi fosse stato vicino un porto da rifugiarvisi in caso di pericolo o d a depositarvi le merci rapinate. Piom bino, allora dom i
nato dalla fortezza della Rocchetta, era più che sufficiente alla b i
sogna.
P er tutto il 1400 e i prim i mesi dell’ anno seguente G herardo d ’A pp ian o e i suoi favoreggiati ebbero buon giuoco, essendo Genova im m ersa nel lutto delle guerre intestine; m a quando, sia per il fervore della ripresa che segue a ogni crisi, sia perchè, allarm ati d agli ecces
sivi danni ripo rtati nel traffico m arittim o a causa dei predoni, i geno
vesi corsero alla riscossa e a rintuzzare le offese, si ricordarono di lui e degli altri. L ’ arresto che com pì di Andrea Lom ellino e il successivo rilascio dietro un congruo riscatto precipitò gli eventi (3) .
(1) P io m b in o nel p e rio d o im m ed iatam en te segu en te, qu an d o l’offensiva del V iscon ti contro il co m m e rc io di F iren ze e ra nel suo pieno svilupp o, divenne l’unico porto p ratica b ile ai m ercan ti fiorentini. C f. R . PlA TTO LI, Il p rob lem a portuale di F iren ze dell'ultim a lotta con G ian G a lea zz o V iscon ti a lle prim e trattiVe p e r l’acqu isto di P isa , in « R iv ista storica d egli archivi toscan i », 1 9 3 0 , p p .
(2) ARC H IV IO Da t i n i (presso la C a sa p ia d ei C eppi d i Prato), cartella 993. Tu tti gli altri d o cu m en ti m ercan tili ch e m an m an o citerem o, salv o av v iso in contrario, trovansi in q u ella 3tee*ja ca rte lla .
(3) S u lle c a u s e deH’a rre sto e sulle varie versioni d el fatto cfr. R . CARDARELLI, B a ld a c c o d ’A n g h ia rt e la sign o ria d i P iom b in o n el 1440 e 1441 ; R o m a, 1922, p p . 7-8.
La s p e d i z i o n e d e i Lo m e l l i n o c o n t r o i l p r i n c i p a t o, e c c. 3
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L ’ apparecchio delia spedizione, se non si potè tenere segreto»
fu considerato dai mercanti fiorentini risiedenti in G enova com e u n o dei sintomi dell’offensiva sferrata già dai genovesi contro i p ira li ca
talani, poiché gli interessati tennero ben nascosto il nom e del lu o g o verso cui la flotta avrebbe salpato. Ovvie ragioni d i pruden za co n si
gliavano un tal modo d ’agire, se non fu intento d e i pro m oto ri i l mascherare gli intenti da raggiungere con operazioni di m inor conto.
Infatti gli addetti al fondaco di Francesco di M arco d a P rato il 4 m a g gio 1401 scrissero ai compagni d el fondaco di V alen za: È so p ra sta la a dì 7. E non ci viene persona da Pisa nè di T oschana, che n ab iam o maraviglia, ben che ne sono chagione cierte juste d i P o rto ven eri. ch e sono in questi mari per m alajare. e a questi dì venono q u i in p o r ta di notte e presono uno legno di M arsilia eh’andava a M aiolich a ( J) e ruborollo tutto, e per virtù di chostoro (2) si rieb b e i legno.
Ora, tali navi corsare armate sulla R iviera facevano p arte di u n gruppo maggiore, come è arguibile da un’altra lettera d i quegli stes
si mittenti ai soliti destinatari redatta il 15 m aggio, dove, a p ro p o sito della tensione allora assai forte tra liguri e catalan i, così si e sp r i
mevano: Le cose da cotesti a questi ci pare seguirano a l’ u sato. D ove si troverano ruberà chi più potrà. Àno ogi cosioro a ssa i e buone n a v i, e di nuove ogni dì ne fanno a pruova l’uno d ell’ altro . T ro p o si te n gono costoro suti opresati da cotesti.
È d ’altra parte Baldo Spinole con una g alea, e q u e’ d i Monaco^
co un’altra, e quel di Finali un’altra, e la galeotta d i c ò rsi; e q u i an-;
cora s’armerà alcuna galea, secondo si dice. P a rci sien atti a risp o n dere di qua a. catuno.
Fino a quel momento dunque era ancora ignota ai p iù la causa di tanti preparativi, e, stando sulle generali, o p in avasi che la flotta fosse inviata contro i catalani, pensiero non privo di fon dam en to, date le notizie allarmanti che erano da poco giunte d alle città m a rit
time della costa iberica, di cui è traccia in una lettera d ella c o m p a gnia di Ardingo dei Ricci in Genova diretta al fondaco datiniano d i Valenza e principiata a stendere 1Ί1 m aggio: D elle 3 n avi d e ’ la d ri sute in chotesti mari e della ghaloaza presono, ab iam o sa p u to . Id io li profondi! Avisate che chamini tenghono. Che Id io li p r o fo n d i! E parm i pure chotestoro faranno tanto, che pocha p acie aranno chon chostoro. Idio provegha a quelo bisognia.
Ardingo dei Ricci però, di fam iglia influentissim a n ella sua pa-
(1) M aiorca.
(2) Costoro sono i genovesi, essendo stata red atta in G en ova la le ttera . E sic c o m e tutte l e m issive che addurrem o furono stese in G enova per e sse re inviate a V a le n z a , c o n co sto ro , q u e s ti sarà sem pre da intendere i genovesi, m entre con cotesti, cotestoro g li a b ita n ti di V a le n z a , c io è t catalani.
4 Re n a t o Pi a t t o l i
tr ia , potente -di per sè per le ricchezze e le alte aderenze, era in grado
•di saperne p iù -di tanti altri intorno alle future imprese della flotta, che arm ava si, se non alla chetichella, che sarebbe stato im possibile, m antenendo il segreto sugli scopi di essa. Pertanto non è da m aravi
gliarsi se n ella stessa lettera venivano date informazioni tanto precise com e le seguenti : Acci in R iviera si fanno preste 6 ghalee, e saranno fu o ri infra 8 dì. Sp erasi andranno a levare Γ Elba e Piom bino a meser G h erard o chon fattura del ducha ( x). Potrà esere verà loro fatto. E p o i teran o , fo rse , la via di chotesta chostiera. Saprete.
A llo scadere degli otto giorni dati dal Ricci il mistero era svelato e risapu to che un pensiero concorde aveva mosso tutti gli arm atori, in fatti il 18 m aggio il fondaco datiniano potè aggiungere alla su rri
co rd ata lettera del 15: Baldo Spinola partì di qui colla galea prese d in (2) B ig ia , e qui lasciò la sua e andò in Proenza. Non sapiam o che fatto s a li d i p o i. E a Monaco s ’arma una galea e a Fin ali una, e a Portoveneri sono arm ate II galeote di 26 in 27 banchi l’una. E l’a l
tra notte fu trato fuori la galea di Niccoloso Raspeo, ed è a Portofino.
T u tte si m etono a punto dichono a posta di Lomelini e altri per ire a p ren d er l E lb a tiene Gherardo d ’A piano, perchè dà ricetto a ’ catelani, va in corso, e prese Andrea Lom elino e fattolo ricattare, il qual è o ra qui. P otre li costare caro. Idio mandi male che bene ci metta per la nostra città. Che seguirà saprete.
I vari legni costituenti la flotta non si avviarono tutti insieme, ma a scaglioni successivi, verso l ’ obbiettivo dell’attacco, come rilevasi da una lettera dell 8 giugno : Le II galee sotili arm ate qui son ite in- ver l E lb a , e II galee grosse si mettono a punto per ir là, e as petasi Zoi g a le a di F in ali e quella da Monaco, poi la Spinola, e gente asai v an d rà. Id io facci quello il me’ deb’ esere. Capitando i llà navile di gh o testoro , p o rterà pericolo.
-Così si avviò al suo destino la spedizione, accom pagnata dagli au g u ii dei m ercanti, che speravano potesse allieviare la trista piaga d e i predon i. Anche la com pagnia d i Ardingo dei Ricci, che era al cori ente delle cause politiche che avevano cooperato a indirla, quando il 27 m aggio aveva scritto a V alenza: L ’arm ata di qui è a punto. In fra pochi dì sarà fuori, e diciesi farà gran fatti. Idio il voglia e ’sia chon bene d e’ m erchatanti, nutriva i sentimenti di tutto il ceto m er
cantile d i G enova, anche del forestiero.
Se al 14 luglio quella stessa compagnia poteva annunziare: Di T osch an a è p iù d i non ci à lettere, siche non vi sabiamo (3) dire nulla d i nuovo. O g n o r a s ’aspettiam o, e saprenvi dire quelo arà seguito V a r
m ata di P io n b m o. Che per tutto ci mandi Idio buone novelle, è da sosp ettarsi che i nocchieri, insospettiti da tante navi da guerra b at
(1) D e l d u c a d i M ilan o , G ian G a le a z z o V iscon ti.
(2) In n e lla lin g u a c a ta la n a corrispon de al nostro signore.
(3) S a p p ia m o .
La s p e d i z i o n e d e i Lo m e l l i n o c o n t r o i l p r i n c i p a t o, e c c. 5
tenti inari, non reputassero prudente abbandonare la fida protezione dei porti dove avevano fatto scalo. Pertanto il prim o effetto d e ll’ im presa fu un momentaneo ristagno del traffico m arittim o lungo le coste della Penisola.
Anche i carteggi mercantili concordano con le fonti cronistoriche nell’assegnare la spedizione a ll’iniziativa privata. T u ttav ia, quando leggiamo in una missiva del fondaco datiniano di Genova d e l 25 m a g gio, sotto il giorno 28: Costoro solicitano forte V arm ata p er ire a l ’Elba e Pionbino, cioè questi cittadini vi mettono m ano. A ndravi gran gente: volea partire la nave grande lomelina e cattan a p e r ire in Aguamorta ( ‘) ed a u to comandamento di non p a r t ir e : voglono vada là; e galee grosse e altre fuste assai. Che seguirà v ’ aviser emo,*
data la pubblicità della cosa e la vastità degli ap p arecch i, sebben e i cittadini avessero allora più libertà di iniziativa che non si cred a, specie nei centri marittimi, sorge ili dubbio che ciò avvenisse con la connivenza dei governanti oppure che il potere centrale fosse così esautorato da non riuscire a influirvi m inim amente. N oi p ro p e n d ia mo per la seconda soluzione, perchè i m esi che precedettero l ’ arrivo del ferreo maresciallo Boucicaut videro in Genova dom in are una p a l
lida larva di governo. Le autorità partigiane, i capi p artito erano i veri rettori delle sorti della Liguria. Così stando la situ azio n e, le in fluenze politiche straniere, quale quella esercitata da G ian G aleazzo Visconti, avevano maggior agio di m anifestarsi.
Ora, non per nulla il bene informato Ardingo d ei R icci, senza esitare, fin dai primi preparativi d ell’ arm ata, aveva detto : « fattu ra del duca! » ; non per nulla gli addetti al fondaco datin ian o augura- vansi che le complicazioni prodotte d all’im presa riu scissero in v an taggio di Frenze. Tutto ciò indica con chiarezza com e n ella m assa viveva il convincimento che anche un movente politico aveva an im ato i Lomellino e gli altri promotori, a loro volta indotti ed a iu tati n e l
l’intento di liberare dai predoni le rotte m arittim e d a G ian G aleazzo Visconti pronto a volgere a proprio beneficio ogni evento.
Le novelle che poi giunsero a Genova su ll’esito d ell’ operazion e e sugli avvenimenti che la accompagnarono non fecero che conferm are tali pensieri e tali voci diffuse. Il 18 luglio il fondaco datin ian o in formava: L ’armata andò al’Elba è stata a le mani con q u e ’ d i P io m bino e danegiatisi molto insieme, e una delle II galee grosse an dò a traverso di là da Vada X migla, d i che la bruciarono ed ebon fa tic h a di chanpar li uomini. E , secondo sentiam o, e9 c’ è fan te p ro p rio (2) da P isa, e conta come l’Elba è presa per costoro, salvo una tenuta,
(1) A iguesm ortes.
(2) Cioè un corriere privato, non un pubblico scarselliere.
6 Re n a t o Pi a t t o l i
che pen siam o d i poi Varano auta . Istà *l fatto la posino poi tenere;
crediam o p erò d i sì. Idio lasci seguire il meglo. Saprete che fia.
D ichono a Pietrasanta era pasato Polo Savelli con 1500 cav alli p er ire a P isa e p o i a Pionbino. Sarà fattura del tirano (*) per p i
g ia rsi lui P io m b in o , se potrà. Idio facci il meglo. Che sentiremo sa
p rete.
Contem poraneam ente si divulgarono notizie catastrofiche: non solo il S av elli aveva ottenuto il suo scopo, ma persino, dopo aver corsa P iom bin o, aveva ucciso l’Appiano. Ciò non era affatto vero, m a, essendo u n ’im presa simigliante a tant’ altre del Visconti, vi si prestava fe>de. D i questo ci ha lasciato il ricordo una missiva dello stesso 18 luglio della compagnia del Ricci : U arm ata di chostoro à preso V E lba, e dicesi che a Pionbino nulla ànno potuto fare, ma ssì il d uch a, che pare la gente v9avia mandato imi aiuto di messe Gherar
do Vaveano fatto morire di mala morte e chorso il castello per lo d u ca , eli è bene de9 suoi tratti questi, se vero è, che tosto si saprà.
In una seguente lettera del 26 luglio troviamo l ’ epilogo della spe
dizione e la v ia che presero alcune delle navi radunate per l ’im presa:
L 9arm ata andò a UElba, arete saputo come s9acordò per fiorini X V m ila , e fiorini I I l i mila ebono di mendo d9una galiaza rupe là ( 2), e potero caricar la vena ( 3) per III dì quella poterono.
L e I I I I galee sottili n andaro ver Napoli. Che di nuovo sentiremo sap rete. Intorno allo svolgimento dell’impresa non soggiungiamo di p iù , che altri ne hanno a sufficienza parlato ( 4) d’altronde i passi rip o rta ti sono assai chiari di per sè.
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L a calata d i truppe viscontee sotto il comando di Polo Savelle rispon de alla verità, non solo, che l ’ombra che essa dette alla repub
b lica di Firen ze non è priva di reconditi significati. Al carrarese di P ado va che lam entavasi di essere molestato da Gian Galeazzo la si
gnoria il 21 luglio aveva scritto: Quod ille dominus multa tentet, et diu noctuque stragem vicinorum, immemor fidei violatorque federum , m oliatur, nobis nec incognitum est nec novum. Sunt etenim he conti
nue sue m editationes et artes. N ichil aliud cogitat, nichil aliud, dum
m odo possit, agit. Sed dabit Deus his quoque finem. Non ergo m ira
m ur, quod vos istinc, ut scribitis, terreat..., infatti era stato mandato,
(1) T ira n n o e ra u n o d egli appellativi più di frequente adoperati dai m ercanti fiorentini per in d ica re G ia n G a le a z z o V iscon ti.
(2) Q u in d i in tutto 10 m ila fiorini, la som m a appunto data d allo S tella, m entre a 20 m ila se c o n d o il B iz aro sa r e b b e a sc e sa . C fr. R . CardarELU, op. cit., pp. 7-8.
(3) C io è m in e rale d i ferro delle cave fam ose di Rio dell’E lb a. QueU’abbon dante ricchezza m in e ra ria fe ce se m p re g o la ai m ercanti genovesi.
(4) R . Cardarelli, o p . cit., p p. 7-8.
La s p e d i z i o n e d e i Lo m e l l i n o c o n t r o i l p r i n c i p a t o, e c c. 7
certo per procurare ai fiorentini un nuovo detrim ento, un contingente di lance a Pisa (!) .
Se dunque Ja situazione politica toscana non era tale da rich ie
dere un nuovo invio di armati, come i m aravigliati e d u bbiosi in ter
rogativi che il governo fiorentino facevasi sullo scopo di questi d im o stra, se l ’invio fu contemporaneo all’im presa della flotta ligu re, è innegabile un rapporto tra i due fatti. E il -disegno di G ian G aleazzo è chiaro: costretto Gerardo d’Appiano a chiedergli l ’aiu to, colle p ro prie milizie avrebbe occupato le fortezze di Piom bino sotto l ’ a p p a renza di difenderle. Le truppe allora arrivate dovevano com piere l ’o pera oppure proteggere le spalle ai soldati m andati a (Piombino, in caso che Firenze, accortasi dell’inganno, avesse tentato un colpo di mano. La resistenza di Piombino e il successivo accordo cogli a ssa li
tori resero vano il disegno del Visconti. F o rs’anche l ’ A p p ian o fu av
visato da amici pisani di quanto tram avaglisi contro, e, invece di cer
care soccorsi interessati, preferì m andar via i genovesi riem pien do loro la borsa.
La conquista diretta del principato dell’A ppian o non sareb b e tornata utile al Visconti allora che pendeva su lui la m inaccia d el
l ’imperatore, giacche la guerra colla repubblica di F iren ze sareb b e tornata a divampare. Invece una guarnigione nella rocca piom bin ese avrebbe risolto tutti i problemi. Intanto avrebbe legato -alle p ro p rie fortune quel piccolo principe, che, timoroso del p ari e di F iren ze e di Milano, per salvaguardare l ’integrità del suo territorio incuneato tra i domini viscontei di Pisa e Siena e di quei conti di M ontescudaio, i quali, per opposizione alla tendenza soggiogatrice di P isa , si m an te
nevano ligi a Firenze, avrebbe sempre piegato d alla p arte d e l p iù forte. La cittadinanza pisana si sarebbe stretta ancor più a lu i, n el
l ’illusione di veder ricostituita l ’unità dell’ antico territorio m in ata da tanti eventi contrari. In caso di guerra il passaggio delle m ilizie d a Pisa a Siena e viceversa sarebbe stato sicuro, e, in caso d i estrem a necessità, i fiorentini rivoltisi ad avviare il commercio p er m ezzo del porto di Piombino, si sarebbero trovata chiusa anche q u est’u ltim a via di salvezza. Tutto viò ed altro ancora si era riprom esso G ian Galeazzo Visconti inducendo i Lom ellino e gli altri arm ato ri lig u ri già irati contro l ’Appiano per i danni che procurava a i loro traffici a compiere una spedizione in grande stile. Una dim ostrazione in d ire t
ta è offerta anche da un meno noto episodio, che d e ll’im p resa stessa si può considerare una conseguenza.
* **
Ritorniamo alla compagnia di Ardingo dei R icci, che il 31 agosto scriveva al fondaco di Valenza di Francesco da P rato : Siam o a d ì 5 d i
(I) Ar c h. di Sta to di Fi r e n z e, Signori, M issive, reg. 25, c. 40/.
s Re n a t o Pi a t t o l i
settenbre p er non esere partito nessuno. E d evi da P ix a che una nave gh ran de d i G [Ì]an o tto L om ellin o, eli andava a G haeta, partita d 9A ghuam orta, m olto ricca, è rotta sop ra V ada chi dice per chattivo tem po e chi p er chattiva m arin eria, e anchora non si sa se Ila roba si r ia r à , e, se fia, sarà tutta b agn ata; ma d i p e g g [i]o si d ubita. G hran dano ne seghue a cliatuno, ma qui a costoro si vorano gh rossi, e Dio risto ri 9 perdenti.
F in o a qui siam o di fronte ad uno dei frequenti naufragi, ma il seguito, com e ci è narrato in una lettera del fondaco datiniano di G e
nova d el 14 settem bre, è assai più interessante. Scrivevano dunque i m ercan ti: D issevisi Varm ata di qui, quanto feciono a P ionbino. P er poco ordine ebono, non feciono i fatti arebono potu to . A cordaronsi p er d an ari, e restasi la cosa come prim a. E sono di poi tornale le III galee restava a tornare, cioè A ndrea Lom elino, tornato di ver N apo li.
E fu a V ada, ove rupe G ianotto Lom elino chon pan i a sa i portava a G aeta. I l detto A ndrea ripeschò, e prese di barche n a v ie n o , che p o r
tavano a P isa , tanti caricò la sua galea, e qui se ne vene, e vole sa i- vocondoto, e prim a volVeser dacordo di suo p arte, e à discarico qui d a 500 pese di p an i d i Linguadoco. Di pani di Firen ze nessuno à p a lesato. Èssi messo per A guam orta,e là n è ito per poter discaricare ove vorà i p an i d i F iren ze, che asai ne d e9 avere. Idio li metta in cuore di ren dere, e ristori i perdenti. (l) D i nostra conpagnia nulla era in det
ta nave, lodo a D io.
I l fatto si può ricostruire così: la nave di Giannotto Lom ellino o p er fortunale o per esser condotta d a inesperto capitano si era rotta sulle secche di V ad a m entre era diretta a G aeta. Come usavasi p ra ti
care, gli abitanti d el luogo cercarono di salvare a proprio beneficio iL prezioso carico di panni francesi. (L’opera di recupero era giunta a term ine, certo nei lim iti del po ssibile, e le m erci si trovavano sulle barch e dei salvatori, quando sopraggiunse A ndrea Lom ellino colle navi che dopo l ’ attacco contro l ’E lb a avevano veleggiato verso N apo li, e, è ovvio il d irlo , le ritolse loro. O ra, i più dei panni che costituivano il carico della nave perdu ta era d i proprietà di m ercanti fiorentini.
* **
N on appen a gli interessati vennero a cognizione del fatto inda
garono sul come e dove fossero an dare a finire le m erci, e per prim a cosa potettero sapere che il naufragio era avvenuto nei pressi d el do
m inio di G herardo d’ A ppian o. A llora ne interessarono la signoria*
che invitò il prin cip e ad agevolarli nella ricerca delle m erci disperse
(1) L ’o rig . h a p erd etti.
La s p e d i z i o n e d e i Lo m e l l i n o c o n t r o i l p r i n c i p a t o, e c c. 9
con una missiva del 3 settembre; ( J) «di lì a quattro giorn i u n ’ altra simile diretta al conte Arrigo da M ontescudaio, e p ro p rio lu i sem bra che avvisasse i mercanti fiorentini della iattura fornendo loro insiem e notizie sul come era andato il recupero, lo pregava di svolgere una identica azione. (2) Se non proprio niente, poco doveva esser r i
masto nelle mani dei marinai di V ada, dopo la razzia di A ndrea L o mellino. E il nocciolo del problema stava proprio in questo, n el co stringere costui a riconsegnare a chi di dovere le m erci stra p p ate ai recuperatori. Una intimazione fatta direttam ente al L o m ellin o non avrebbe avuta alcuna efficacia, non essendo cittadino d ella rep u b b lica , di qui la missima seguente inviata al governo di_G enova: (3)
__j Amici karissimi. Nuper, sicut fam am credim us retu lisse, navis lomellina, super qua magnam mercatores nostri pannoru m et a lia rum rerum copiam onerarunt, sicut sunt adversitates m o rtaliu m , in feliciter est submersa, non sic tam, quam m axim a reru m illaru m par>
cura, sollecitudine et opera gentium vicinarium iam non esset a m aris iniuria vindicata. Supervenit autem navis longa A ndree L o m ellin i, et res mercatorum nostrorum maris faucibus erutas per vim ab stu lit et in ratem suam cum aliis mercantiis recipiens Jan u am p ro p erav it. P o tuit esse dicti Andree intentio forte bona, set m ercatoribu s n ostris, propter dilatam rerum illarum explicationem , nim is, sine d u b itatio n e, nociva. Velit igitur vestra benignitas taliter providere, quod res n o strorum civium eis, sine contentionis m olestia, resign en tur. M oveat vos tam gravis mercatorum nostrorum calam itas, nec vestre d ilectio nis humanitas patiatur, quod id quod divina reservavit clem en tia a li
cui vestro civi cedat in predam. Quamvis speremus illu m b on itate sua cuncta, sua quidem non sunt, libere veris dominis red d itu ru m ; cu m que quotidie talia contingant mercatoribus, placeat et velitis non a li
ter tractare mercatores nostros, quam vestros in casu sim ili cu p iretis.
(1) Cit. reg. 25 di M issive, c. 52r: Domino G h erard o L eon ard o d e A p p ia n o :
Magnifice domine, am ice karissim e. Credim us a d vestram noticiam p e rv e n isse , q u a lite r navÌ3 que dicitur lomellina m edio mari brevibus retenta con sedit. E t q u on iam in ip s a su n t p lu riu m nostrorum civium m ercantie, sicut lator presentium nobilitatem vestram p le n iu s in fo rm a b it, am i- ciciam vestram affectuose requirimus et rogam us q u aten us, am ore n ostri, p la c e a t p ro r e c u p e ratione rerum nostrorum civium vestros favores im pendere, quoque sine d a n n o r e m a n e a n t, q u a n tum fieri poterit, adiuvare. Quod quidem, licet hum anissim um sit e t iu stu m , n o b is tam e n erit singulariter gratiosum . Datum Florentie, die III septem b ris, V IIII in d., M C C C C p rim o .
(2) Cit. reg. 25 M issive, c. 62r: Comiti A rrigo d e M on tescu d aio: N o b ilis a m ic e k a rissim e . Referunt nobis m ercatores nostri quanto favore fuit vestra nobilitas p ro se c u ta r e c u p e ra tio n e p a n norum, quos super navi lomellina nuper sicut nostis, tam infeliciter p e rd id e ru n t, d e q u o v o b is am plissim a referim us m unera gratiarum . V idem u s enim nostra rogam in a non fu is s e , q u a n tu m in vobis erat, nisi plusquam amicabiliter exaudita. N escim u s, p ost om nem fin a le m q u e reru m illaru m am issionem , que rapina contigit ianuensium an reliqui quicqu am sit. S i q u id igitu r p o te s t a d h u c in tam gravi dam no m ercatores nostros vestra bon itas adiu vare, p la c e a t id a m ic a b ilite r fa c e r c et, gratia favoreque nostro, iacturam hanc, q u e nim ia quidem e st, q u a n to fieri p o te rit su b le v a re Quod quidem inter singularia nostra beneplacita m em oriter ascrib em u s. D a tu m F lo ren tie d ie V II /septem bris 1401, ind. V IIII.
(3) Cit. reg. 25. di M issive,, c. 531.
10 Re n a t o Pi a t t o l i
N os etenim , licet res liée plurim um habeat lium aninatis atque iusticie, suscipiem us hoc pro gratia singulari. Datum Florentie, die V II sep
tem bris, V IIII in d ., MCCCC prim o. /
T u ttav ia neppure l ’ interessam ento del governo di Genova potè giovare a qualcosa, avendo il prudente Lom ellino posto le m ani in nanzi coll’ entrare nel porto non come un altro navigante pacifico, m a dopo aver chiesto ed ottenuto il salv.ocondotto. Le trattative che d i p o i condusse coi m ercanti interessati intorno alla percentuale di ricu
pero giunsero a conclusione, cosicché scaricò un certo numero d i pezze di d ra p p i fran cesi; m a nessuna trattativa corse con i fiorentini, nè panni appartenenti a costoro scaricò in Genova. Indi rim ise la vela e si diresse alla volta di A iguesm ortes, lasciando credere di voler de
positare le m erci di fiorentini in qualche scalo provenzale per poter dettare lui le condizioni, se non per venderle a proprio sclusivo be
neficio.
L a verità invece era diversa, e fu conosciuta prim a in Firenze che in G enova. Il Lom ellino dopo aver strappato ai recuperatori le m erci non aveva continuato il viaggio direttam ente fino a Genova, m a aveva fatto scalo a P isa, e proprio in P isa aveva scaricato tutte le m erci che appartenevano a fiorentini. L a signoria allora dovette r i
volgere al luogotenente ducale e agli anziani d i P isa una preghiera sim ile a quella già iatta e senza risultati al governo genovese. Nunc autem audivim us nos, indagine curiosa, quicquid superfuit raptoribus atque m ari sim ul congregatum P isas fecisse d e fe rri..., scriveva il 14 settem bre. (*)
Difficilm ente, invero, avrebbe potuto escogitare il Lom ellino un espediente m igliore, spuntando ai suoi fini l ’odio tra Firenze e P isa.
R itorn an do però a l momento politico che si attraversava, a ll’incogni
ta che pendeva sulla sorte futura dei dom ini viscontei, ci sem bra evidente che non sarebbe dovuto entrare nei calcoli del luogotenente Antonio P orro e del Visconti stesso il suscitare nuove ragioni di ini
m icizia con la repubblica di Firenze, se non vi fosse stato un vincolo d i com plicità e d i reciproco favoreggiam ento tra loro e il nobile geno
vese. E una prova d e ll’esistenza di quel vincolo non è forse offerta d a l fatto stesso che il Lom ellino si accanì a danneggiare più che altri pro p rio i fiorentini?
E così, come era da aspettarsi, rim asero lettera morta gli inviti rivolti ai governanti d i P isa ; e così a niente valsero le preghiere d i
rettam ente fatte ai fratelli di A ndrea Lom ellini, ricorrendo ad argo m enti piuttosto sentim entali, quale il ricordo delle antiche benem e
renze della fam iglia verso la repubblica e l’ am icizia fino allora durata
(I) C it. r e g . 25 d i M issiv e ,, c . 561.
La s p e d i z i o n e d e i Lo m e l l i n o c o n t r o i l p r i n c i p a t o, e c c. 11
«alda e costante, (i) Come nel caso che altri con sim ili invocazioni avessero supplicato Firenze, la stirpe dei navigatori fece orecchio da mercante, che il lucro sopra tutto le stava a cuore. N on rim ase perciò che adire le vie giudiziarie, e nel gennaio del 1402 davanti a i consoli del mare di Pisa discutevasi la controversia tra i m ercanti genovesi e fiorentini intorno alle merci oram ai famose. (2)
R e n a t o P i a t t o l i.
(1) Cit. reg. 25 di M issive, c. 57r e t. L a lettera non reca indicazioni d i so rta r ig u a rd o a l o ai destinatari; solo il contesto ci avverte esser questi i figli di N apoleone L o m e llin o :
Nobiles am ici karissim i. Postquam Deo placuit q u osd am cives et m e rc a to re s n o stro s d e p a n nis, quos super lomellina navi cum multis a liis onerarunt, d am n o g ra v issim o , sicu t n o v istis, a ffi
cere, singulari Dei providentia, factum est ut m ax im a p a r s florentinarum reru m a d A n d r e e g e r m ani vestri m anus, sicut sue bonitati placuit, perven iret; n am , n isi n o s fa lla t, s p e s d e p reteritis assu m pta, cuius in potestatem potuerunt ista redigi, qui gratiosior et fa v o rab ilio r n o stris sit fu tu r u s?
Quanto quidem retro possu m u s recordari, sem per ge n e ro sa v estra fa m ilia et sp e tia lite r o p tim u s pater vester et vos ipsi per eius vestigia gradiente^ faverunt sin gu lariter c iv ib u s floren tin is. Q u a spe freti, nobilem am iciciam vestram affectuosissim e requirim us et r o g a m u s q u a te n u s, c o n te m platione nostri, placeat cum A n drea predido germ an o vestro taliter o rd in a re , q u o d , q u icq u id florentinorum inter d ictas res repertum est au t contigerit reperiri, ben iv o le restitu a tu r d o m in is.
Hoc vult iusticia, vult honestas ; hoc honor eius totiusque fam ilie vestre p o stu la t, h oc e x ig it am i- cicie cultus, qui non est etiam honesti lucri g ratia d eferen d u s. N o s a u te m q u ic q u id c ir c a reru m am issarum inventionem per vos diligentie appositum fuerit, quicquidve p ro restitu tion e fa v o ris et auxilii datum erit, nobis cum eterne m em orie con servation e rep u tab im u s s in g u la rite r g ra tio su m , et exinde vobis atque sibi reddem us in perpetuum vicissitudine gratitu d in is o b lig a ti. D a tu m Florentie, die XXII settem bris, V IIII ind., M C C C C prim o.
(2) Cit. reg. 25 di M issive, c. 68r. Credenziale « C on su libu s m aris civ ita tis P isa ru m ». L a d a t a zione è in stile ab ine., com puto fiorentino.
N obiles amici karissim i. Controversia que vertitur inter m ercato res n o str o s e t ia n u e n se s o c casione m ercandarum que recuperate fuerunt e x navi n au frag a lom ellin a, s ic u t a u d iv im u s, in m anibus vestris est. C ausam igitur atque iusticiam nostrorum civium a m icicie v e stre , q u a n ta cum affectione possum us, com m endam us; et, quoniam re s huiusm odi viva v o c e m e liu s q u a m litteris
«xplicantur, placeat super hac m ateria prudenti viro se r M atteo d e B o ro m e is d e S an cto m in ia te fiorentino quem legationis titulo destinam us, cred ere p la c e a t tan quam n o b is. D a tu m F lo ren tie, d ie XI1II ianuarii, X ind., M CC CC primo.
A P P U N T I P E R U N A S T O R I A D E L D I R I T T O M A R I T T I M O
G E N O V E S E
D a tem po assai antico erano noti ai m arinai del M editerraneo gli istitu ti giuridici d e ll’ avaria e della contribuzione.
L e b a si le troviam o naturalm ente nel diritto rom ano : quesiti at
tinenti alle avarie, vennero da noti giureconsulti risolti con quell’il- lum inato criterio giuridico che distingueva i nostri m aggiori. Nè p o tevano cadere in dim enticanza, con la grande ripresa di traffici m a
rittim i d op o il 1000, le pratiche R om ane e bizantine, m a, seguendo il m ovim ento evolutivo d i tutto il diritto e m assim e di quelle branche che esulano d a l cam po del diritto privato, anche esse si modificarono convenientem ente e razionalm ente così da rispondere in pieno ai nuo
vi bisogni.
I l processo di trapasso dal sistem a antico al m edioevale, è stato am piam ente illustrato dal Bonolis trattando del diritto adriatico m e
dioevale (*), e m i lim ito perciò a riassum ere le sue conclusioni. Men
tre nel diritto rom ano la contribuzione era am m essa solo in caso di pericolo im m inente, ed in occasione d ell’ atto volontario d el getto o del riscatto com piuto n ell’interesse di tutti, con danno d i alcuni, m a senza obbligo — a quanto parreb b e — d i consultare m ercanti e pas
seggeri, n el N ópos la contribuzione è am m essa per qualunque sinistro non derivante da colpa e si rich iede, nel getto, il consenso degli inte
ressati. D ’ altra parte gli abusi cui tali consuetudini dovevano aver con
dotto nel corso d e ll’Evo m edio, spingevano le autorità a porre un li
m ite, un a restrizione ai m olteplici casi di avarìa, introdotti dalla con
suetudine — anche tacendone gli Statuti — nella pratica corrente. E così si spiega il consulto 9 giugno 1428, espressione della tendenza nel
la Legislazion e veneta di un ritorno a ll’ antico.
R itorn o che doveva p o i anche essere facilitato da un cumulo di circostanze contingenti, quali ad esem pio il m aggior grado di respon
sab ilità che gravava sem pre p iù nettam ente ed unicamente sul cap i
tano d ella nave, col procedere rap id o delle conoscenze nautiche; l ’in
crem ento dei traffici o, per dir m eglio, il più rapido ritmo degli af
fa r i, che esigendo la pressoché continua presenza d el « dom inus »
(1) Bonolis, D iritto M arittim o M e d io ev a le d ell1 A d riatico, M ariotti, P isa , 1921, p a g g . 397 e eegg.
Ap p u n t i p e r u n a s t o r i a d e l Di r i t t o Ma r i t t i m o o e n o v e s e 1 3
presso l’Azienda o le aziende m aggiori, lo distoglieva d a ll’ in trapren - dere viaggi lunghi, agevolato in ciò dalle relazioni sorte e m an ten u te con i propri corrispondenti o banchieri negli stati stran ieri.
Per questi motivi principali, era naturale che colui, su l q u ale so l
tanto ormai gravava la responsabilità tecnica e giu rid ica d el buon andamento della navigazione, cioè il capitano, tenesse in caso d i s i
nistri a porre bene in chiaro, tutte le volte che lo poteva, la p e rfe tta normalità della sua condotta in osservanza alle norm e nautich e ed alle prescrizioni di legge o di consuetudine; e ciò per evitare le a lt r i
menti naturali conseguenze del sem plice fatto della p erd ita to tale o parziale dei beni. Era cioè necessario studiare ed attu are un a p ro ce dura speciale che aprisse la via a ll’applicazione, da p arte d elle m a g i
strature competenti, delle disposizioni di legge o co n su etu din arie vigenti in tema di avarìe e di contribuzioni.
Tali le premesse e gli sviluppi degli istituti, e non soltan to in Adriatico, ma anche, tutt’al più con lievi varian ti, nelle altre parti, del Mediterraneo.
La procedura preliminare da seguirsi nel secolo X V II da p a rte d e i capitani di navi genovesi, risulta abbondantem ente illu strata d a u n a numerosissima serie di documenti dell’Archivio di G enova, in d icatam i per gentile condiscendenza dal chiaro professor D i lu c c i, i q u a li in i
ziano però soltanto verso la metà del secolo (*). E ssa presen ta freq u en ti punti di contatto con la procedura seguita per denunziare i d an n i p a titi da naviganti per opera di navi straniere arm ate in corsa (2), e non è improbabile abbia attinto largam ente proprio a questa fonte.
Così ad esempio, l ’affinità balza fuori d all’o b b ligo d e l ca p ita n o di presentarsi, dopo la preda o l ’ avarìa comune subita fu ori dei m a ri della patria, alla prima autorità consolare genovese d el luogo d i a p prodo, la quale doveva appurare anzitutto la verità dei fatti esp o sti, procedendo all’interrogatorio degli uomini di b o rd o, in vitati a d ep o r
re per ministero del nunzio del Consolato. Erano però am m esse anche le testimonianze e le prove fornite da altre parti, pu rch é ricon osciute degne di fede. La procedura poteva anzi in iziarsi su lla b ase di un attestato probatorio prodotto dal capitanò.
Ai primi di novembre dell’ anno 1649, la galea o « P atach io »
« S. Nicolò da Tolentino » comandata dal genovese B artolo m eo C a vallo, partita il 1° ottobre da Cagliari diretta a G enova con form aggi e merci varie, veniva aggredita da una saettia b arb aresca e d o p o u n a lunga caccia catturata nei pressi di Capo T eu lad a, sotto gli occhi della guarnigione spagnola della torre sorgente nei p ressi, la quale — se condo la dichiarazione del Cavallo al Console — « no lés tira diguna
(1) A ' S \ G enova, Testim oniali a ll’E stero, S ecreti, 1639-1649, N . 277; d a q u e s ta filza so n o tolti tutti i documenti citati nel presente articolo.
(2) C f r . BO NO U S, op. cit. - V . anche un a m ia m onografia su L a g u e rra in c o rsa e iì d iritto di Preda secondo il diritto Veneziano in «R iv ista di S toria d el D iritto Ita lia n o » , R o m a , 1929, 1-2.
1 4 Fe r r u c c i o Sa s s i
can o n ad a, no o bstan t eran aprop dits coi saris no se curaren de dieta fort alesa sino que ne prengueren dit Pataehio ab tot lo carrich segons que claram ent lo diu Diego F a d d a A rtiller che deta fortalesa ab la su a certificatoria q u ala produxero elle » (il Cavallo). E d infatti il F a d d a , con la sua dichiarazione autenticata per m ano .di N otaio, faceva « ... fe de corno ... m ui serca del cabo le solia alencuentro un b axell de turcos el qual le dio cassa y el dicho Caualo boluio el bordo a tra atierra p a ra saluarse baxo la torre y como el baxell delos turcos e ra m ui lixero cargo todas sus velas, y le dio entim a, al sobredicho C aualo, y apen as tubo tiem po de saluarse con el caique habiendo el turco enbiado la lancha p a ra ganarle la tierra y assi los turcos entraron d en tro -del nabio. y selo llebaron, y por aber hecho el dicho Cabalo lo d a su d ilig e n d a asta no poder m as, y aberlo uisto por mis hojos » rilasciav a l ’ anzidetta dichiarazione.
Scopo d ell’ azione intrapresa dal Cavallo, era appunto quello che d elle sue d ich iarazion i, e delle testim onianze scritte del F ad d a e orali d e i m arin ai, cc ... sia rebuda sum aria inform acsio y rebuda darly copia en authentica form a atalq u e o endigun tem ps 110 seli im pude culpa algu n a, lo que diu y suplica » — attesta il Console che, sia detto per inciso, sem bra fosse un catalano, Don Benedetto N ater cavalier di San
tiago
cc
ac de sp a ta » —cc
entot lo mi 11 or modo que pote oferese ».C om piuta l ’istruttoria, la pratica con copia od originale di tutti gli allegati, veniva dal console trasm essa a Genova, indirizzandola
« universis et singulis conssulibus m aris et terre civitatis Ianue cete- risqu e alis (sic) ad R egim en Iustitie ibi aut alibi constitutis vel consti
tuendis ad quem vel ad quos (présentes) testim oniales literas perue- nerint seu quom odolibet presentate fuerint ». N aturalm ente allorché il danno seguiva nelle acque territoriali di possedim enti genovesi, o in loro pro ssim ità, la com petenza ad istruire le relative denunzie p a s
sava ai C om m issari, od ai Provveditori, in una parola ai rappresen
tanti lo cali d el potere centrale.
Questo ci dice, ad esem pio, un’ inquisizione eseguita in occasione del naufragio d ’una barca chiam ata « S. M ichele », che era partita d alla città de « L ’A rghè » diretta a Genova con un carico di 40 botti d i vino, 90 rasere di grano in mine di Genova 106 circa, 4 cantari di m an darin i, e m olti cantari di sem ola, e perdutasi per una raffica im provvisa di vento, nonostante la precauzione di bordar vela al solo trinchetto, sugli scogli del G argano di Corsica.
In testasi l ’ inquisizione: «M a n ife sto fatto da Calvi dal Provvedi
tore A gostino G ardano di Celle, da presentarsi chiuso, sigillato a cui va diretto » ecc. La procedura si svolge la m attina d ell’8 novembre 1649 in una sala d ella cittadella di Calvi in Corsica, presente il « Molto Illu stre S ig . A nfrano G rim aldo Com m issario ». La form alità della pu bblicazion e d elle testim onianze assum e u n ’im portanza veram en
te notevole, sino ad ap p arire una condizione di validità d ell’ atto.
Ap p u n t i p e r u n a s t o r i a d e l Di r i t t o Ma r i t t i m o g e n o v e s e 1 5
Essa è espressamente richiesta dal patrono della b arca p erd u tasi, ed il Commissario genovese, in accoglimento d ella rich iesta stessa intesa ad ottenere che « ... sia per ogni tempo noto e a p p a ia p er v erità q u el
lo che è segnato », dichiara che « ha aperto e pu b b licato i sud detti testimoni, e per aperti e pubblicati li vuole, e m an da, e o rd in a, ch e se ne ha data copia chiusa e sigillata m ore solito ecc. ». N otiam o p er inciso che l ’attestazione d’una consuetudine potrebbe rife rirsi non solo alle modalità di compilazione e autenticazione d ’una co p ia le g a le , ma a tutta la procedura da seguirsi in m ateria; il che resta d ocu m en tariamente giustificato dall’esistenza di carte analoghe risalen ti ad un
decennio innanzi.
Ma non è inutile seguire almeno saltuariam ente, nel suo p itto resco racconto, il patrono della barca. Dice questo, che la raffica « po tè far girare il battello a segno che ne fece investire sugli scogli del d icto luogo del Gargano » aprendo una falla nella ch ig lia; e hauendo ciò visto per iuestire in la piaggia fecimo vela alla m aestra p er salu are se poteuaino dieta roba », unica manovra che loro restasse a fare. Se- nonchè « ariuato alla ponta della piaggia d ell’im b u to , la b arca andò a basso e poi con li marinai ci saluassim o sopra il sch ifo, e p o i died i- mo un cauo che (segue una parola che non ho ben d ec ifrato , m a il cui significato è intuitivo) alla barca, la tirassim o alqu an to e p o i uenne la notte e il tempo si guastò, ingrossò il m are e stettim o un giorno prima che ci accomodasse, e questo seguì la v igilia d elli S a n ti 31 del passato ottobre... ». Fatto quindi con il battello di bo rd o un giro a t
torno alla barca per constatare l ’ entità dei danni su biti d alla m ercan zia, trovarono che rimanevano apparentem ente intatte due bo tti, n e l
le quali però si erano verificate infiltrazioni di acqu a. N on essendo perciò il caso di pensare a salvare il carico, il capitan o si preoccupò di salvare gli attrezzi e i denari trovati nella cassa : perciò — egli dice
— « della robba che si è portata richiedo sia quentaciata per m ia sod- disfatione ».
Questo accenno allude quindi chiaram ente a un d ep o sito di q u an to era stato salvato, in appositi m agazzini e cassa dello S ta to , dove o g
getti e denaro rimanevano evidentemente a disposizione degli a rm a tori, dei mercanti, del « dominus » in una p aro la, unitam ente alla giustificazione legale della perdita incontrata. D ovevasi p er certo tr a t
tare di un deposito giudiziale in attesa deH’espletam ento d e l giud izio d’avarìa e del regolamento della contribuzione.
Ad evitare il sorgere di sospetti, per danni su b iti d al carico , su l
la bontà della nave, poteva anche il capitano fare e far fare d ich ia
razioni di carattere tecnico come fece l’ arm atore Fran cesco C arpen in o che, accortosi dopo un infortunale d’ avere in stiva acqu a d i m are e vino sfuggito alle botti del carico e che abbisognò aggo ttare, asseriva dinanzi al Console genovese in Livorno di essere p artito d a N ap o li con
1 6 Fe r r u c c i o Sa s s i
n n a sua
cc
polacca forte, stagna, e atta a fare qualsivoglia viaggio ». Ai danneggiati dim ostrare eventualm ente il contrario.R esta ancora un ultim o caso : quello d i perdita subita nelle acque ch e potrem o ch iam ar n azionali; m a anche in questo caso ci soccorro
n o le nostre carte. I l giorno della festa di S . Stefano del 1649, nel
cc
carubeo recto » di Cam ogli si costituisce ilcc
padrone » d ’un liuto p artito da poco da Portofino con due m arin ai e 3 passeggeri a bordo, ch e era stato noleggiato nelle Cinque Terre per portare m erce varia a G enova. Spinto d alla violenza del vento, il liuto si era rotto sulla costa sotto C apo di M onte, e fu soltanto col valido aiuto d ella gente d e l luogo, che si potè salvare una parte d el carico, tanto più che uno dei passeggeri, era uscito d all’urto con una gam ba rotta, ed un altro con un ginocchiocc
sciacato ».L a deposizione avviene, in questo caso, avanti il N otaio Antonio Schiaffino, naturalm ente cam ogliese, ed esercitante in Cam ogli.
M i è m ancato il tem po d’accertare se la procedura esam inata sia stata in trodotta o meno per effetto di apposite disposizioni legislative, le qu ali accogliessero precedenti norm e consuetudinarie. Su tale pun
to p o tarà esercitarsi lo spirito speculativo di altri studiosi più fo r
tu n ati e soprattutto più dotti.
Fe r r u c c io Sa s s i
L U N I G I A N A E L I G U B J A
Luigi Sorrento, in Aevum, III, 1929, fase. IV ., p u b b lica un m e
ditato lavoro sull’adunata del costume nazionale avvenuta in R om a, durante le nozze principesche; studio cc critico inform ativo che m ette in rilievo i meriti e l’imponente significazione, m a ne rileva con acu to occhio i difetti e le manchevolezze di questa eccezionale adun ata » , come è stato scritto recentemente nel prim o fascicolo di L a re s (g iu gno 1930).
Di notevole importanza sono poi alcune osservazioni che l ’ illu stre filologo e folclorista ha modo d i fare nei rigu ard i d ella L ig u ria , della Lunigiana e della loro partecipazione sl\T A dun ata d el costum e nazionale tenuta in Roma il 7 di gennaio cc in occasione — com e ci a v verte il programma ufficiale — delle fauste nozze d elle L L . A A . R R . Umberto di Savoia e Maria del Belgio ». Credo non sia d iscaro che siano qui riferite: cc non possiamo tralasciare di notare la confusione che, in un caso specifico, è risultata appunto perchè la d ivisio n e p r e scelta è stata seguita rigidamente. N ell’unità regionale ligu re, co m binata secondo il criterio amministrativo, sono com parsi, alla so tto d i
visione provinciale Spezia, costumi o affini ad altri che si ritrovan o e ricompaiono più oltre nell’unità regionale toscana alla suddivisione provinciale Massa-Carrara. Si tratta di un vero strazio, d irebbero i Lunigianesi, della loro regione, la quale, come d a un pezzo pred ica e sostiene Manfredo Giuliani con altri valentuomini, ha caratteri etnici suoi propri e ben chiari confini geografici, tali d a ren dere evidente la sua individualità. Se mai, essa etnicamente va riferita a lla L ig u ria (non al Genovesato) per la sua storia e i suoi usi. H a certo caratteri che la distinguono dalle regioni vicine (L iguria, E m ilia , T oscan a), m a se si vuol considerarla come sottoregione, rientra m assim am ente n el
la Liguria. E quindi per il corteo si sarebbe potuta aggregare la L u nigiana, in modo distinto, e non separato, a quest’ ultim a regione, aggiungendo quella parte lunigianese che am m inistrativam ente è u n i
ta alla Toscana. Meglio sarebbe stato fare un’eccezione, un piccolo strappo alla divisione fissata, che creare una confusione difficilm ente eliminabile dallo spettatore, davanti al quale (ciò che qui im p orta a noi far notare al di sopra di ogni controversia) sono sfilati costum i lunigianesi con la Liguria, e dopo cinque regioni, altri costum i lu n i
gianesi con la Toscana ».
Alla conclusione della liguricità della Lunigiana si tenga ben pre-
1 8 P . S . Pa s q u a l i
sente che il S. è giunto attraverso l ’esam e obbiettivo d ei fatti cc al di sop ra d i ogni controversia » — che l ’ha condotto a m odificare il sistem a trad izion ale di accodare la Lunigiana alla T oscana, a cui egli stesso s ’ era attenuto nella prim a parte del B ollettin o: Folclore e D ia letti d ’Ita lia (in A evum , I, 1927, fase. IV).
M a quanto sia ancora difficile il rom perla col vieto pregiudizio d ella L u n igian a toscana ne è prova questa stessa adunata di R om a precedu ta, si noti, AdXÏ* ad u n ata dei costum i caratteristici italian i che si tenne a V enezia nel settem bre del ’28, dal I Congresso N azionale delle T rad izio n i P o p o lari d el m aggio dello scorso anno, d alla I E sp o sizione N azionale di Sto ria d ella Scienza in F iren ze: occasioni /tutte nelle quali l ’un ità geografica e spirituale della Lu n igian a, e il suo carattere profondam ente ligure vennero am piam ente docum entati (*).
S i pensi che nel cam po della dialettologia, pu r dopo gli studi r i
velatori del R estori per l ’A lta V al d i M agra (2), del G iann arelli p er i territo ri situati lungo la riva sinistra d el corso medio della M agra ( 3), del B ottiglion i per la Lunigiana di Sud-Est (4); ciò nondim eno il B attisti nei suoi T esti dialettali italian i (5) com prendeva anche i d ia
letti d e ll’A lta V al di M agra nel gruppo toscano. Più d i recente an
(1) P er l ’a d u n a ta ven ezian a e fr : GIOVANNI PoDENZANA, T ip i di costum i lu n igian esi, in II C om un e d e lla S p e z ia , V I , n n. 4-6; e a p a r te : L a S p e z ia , T ip . M o d ., 1928, di p g g . 33. V e d in e le recen sio n i critich e d i MANFREDO G IU L IA N I in A rch iv io Storico per le P rovin cie P arm e n si, N . S . vo l. X X V III; e d i P . S . Pa s q u a l i in A e v u m , IV , 1930, fa se . I, p g g . 97-99. V . a n c h e : P . S . P A SQ U A L I, A pro po sito di u n a recen te pu b b licazion e su l costum e L u n ig ia n e se - P e r un A tla n te D e m o lo g ic o d e lla L u n ig ia n a ; P a rm a , O ff. G ra f. F resch in g, 1930.
P er il I C o n gr. N a z . d elle T r a d . P o p ., v .: G . PoDENZANA, Il m otivo o rn am en tale n ell’a rte p o p o la re lu n ig ia n e se , n egli A tti d el C o n g re sso , p g g . 162-167.
P e r l’E sp o siz . di S t. d e lla S cien za v. il S a g g io Bib liografico d egli scien ziati di L u n ig ia n a , p u b b licato a c u ra d el C om un e d ella S p e z ia in o ccasio n e della I E sp o siz o n e N azio n ale di S to ria d ella S c ie n z a in F ire n z e ; M C M X X IX -V III.
Q u a s i tutti gli uom ini d ella L u n ig ian a — cioè d el territorio che v a lu n go il lido d el m are d a lle c h iu se d i S e ra v e z z a al d i là d ella P u n ta d el M esco fino a L ev an to , e ch e si sp in ge a l
l ’in tern o fino a lle so rge n ti d e lla V a r a e d e lla M a g ra ed è ch iu so d a l cerchio appen nin ico — c h e h a n n o re so illu stre la loro terra nel ca m p o d ella scienza hanno trovato il loro p o sto in q u e sto v olu m e d a cu i rifu lg e l ’un ità sp iritu ale d ella L u n ig ian a. V . la ree. crit. di P . S . PASQ UALI in A e v u m , IV , 1930, fa s e . I, p g g . 72-77.
(2) An t o n io Re s t o r i, N o te fon etiche su i p arla ri dell’A lta V alle di M a g r a ; L ivorn o, V ig o , 1892.
(3) Do m e n i c o Gi a n n a r e l l i, C a ra tte ri ge n e rali dei dialetti lu n igian esi com p resi fr a la M a g r a e l’A p p e n n in o R e g g ia n o ; T o rto n a , P eila, 1912; e : S tu d i sui dialetti d ella L u n ig ian a co m p re si fra la M a g r a e V A ppen nin o R e g g ia n o , in R e v u e de D ialectologie R o m an e, V , 1914, p g g . 261-311. A questi a g g iu n g i p e r la m e d e sim a zon a d u e bu oni s a g g i di N U N ZIO MACCARRONE, A p p u n ti su lla lin gu a di G . A . F a y e sp e z ia le lu n ig ia n e se d el se c . X V , in A rch ivio G lottologico Italian o, X V III, 1922, p g g . 475- 532; e D i alcu n i p a rla ri d ella m ed ia V a l di M a g r a , S a g g io fon etico, in A rch . G l. It., XIX, 1923, p g g . 1-128, con 2 ca rte .
(4) Gin o Bo t t i g l i o n i, D a lla M a g r a a l F rig id o , S a g g io fon etico, in R e v u e de D iale cto lo gie R o m a n e ; III, 1911, p g g . 77-143; e N ote m orfologich e su i dialetti d i S a r z a n a , S a n L a z z a ro , C aeteln uovo M a g r a , S erraV alle, N ico la, C o san o , O rtonovo, in ReV. de D ialect. R o m ., Ili, 1911, p g g . 339-401.
(5) Ca r l o Ba t t i s t i, T e s ti d iale ttali italian i in trascrizion e fo n etica, voi. I l; H alle a S ., 1921, p g g . 5 e s g g . ; H e ft 56 d ei B eih e fte zur Z eitsch rift fü r rom an isch e P hilologie.