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La gestione del diabete mellito nei pazienti sottoposti a trapianto d’organo

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RIASSUNTO

L’incidenza di diabete mellito post-trapianto (new onset diabetes after transplant, NODAT) varia a seconda del tipo di organo tra- piantato e della patologia di base, e circa l’80% dei casi si svi- luppa entro 3 mesi dall’intervento chirurgico. Complicanze note di tale patologia sono un maggiore rischio di rigetto d’organo, in- fezioni, maggiore incidenza di eventi cardiovascolari e morte.

I farmaci immunosoppressori, quali i glucocorticoidi e gli inibitori delle calcineurine, costituiscono un importante fattore di rischio per lo sviluppo di NODAT, oltre a quelli noti per lo sviluppo di dia- bete di tipo 2. Nei soggetti affetti da fibrosi cistica sottoposti a trapianto di polmone, infine, l’agente patogenetico maggiormente implicato nello sviluppo del diabete è il deficit β-cellulare. Per una corretta gestione del NODAT è fondamentale un corretto screen - ing pre-trapianto. I pazienti in cui il diabete viene diagnosticato dovrebbero ricevere un’appropriata terapia educazionale e, se necessaria, un’adeguata terapia farmacologica, costituita dall’in- sulina. Una volta sottoposti a trapianto d’organo, nella maggior parte dei casi, lo stress chirurgico e le alte dosi di glucocorticoidi utilizzate nell’immediato post-trapianto rendono necessaria la te- rapia insulinica fin dai primi giorni mentre, per quanto riguarda la gestione a lungo termine del NODAT, non essendo disponibili studi mirati, ci si attiene alle linee guida proposte dall’ADA per il trattamento del diabete di tipo 2. Quando la terapia educazionale fallisce nel controllo glicemico, l’insulina rappresenta il farmaco più efficace e sicuro per questa classe di pazienti. La metformina non è raccomandata come farmaco di prima linea per la cura del NODAT, anche se il trapianto di per sé non costituisce una con- troindicazione assoluta alla sua somministrazione, dati gli effetti positivi della molecola che sempre più vengono descritti in lette- ratura. La sua somministrazione deve però essere condotta sotto stretta sorveglianza. A oggi sono stati condotti pochi studi rela- tivi all’efficacia e sicurezza dei farmaci appartenenti alla classe delle incretine, peraltro solo in pazienti sottoposti a trapianto re- nale, mentre non sono disponibili studi che ne dimostrino l’effi- cacia e la sicurezza nei soggetti sottoposti a trapianto di altri organi. Non sono disponibili studi che abbiano valutato l’utilizzo degli analoghi del GLP-1 in questa popolazione, essi sono tuttavia

Rassegna

La gestione del diabete mellito

nei pazienti sottoposti a trapianto d’organo

V. Grancini, E. Orsi

UO Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Dipartimento di Scienze Mediche, Università degli Studi di Milano, Fondazione IRCCS Ca’ Granda,

Policlinico di Milano, Milano

Corrispondenza: dott.ssa Valeria Grancini, via Bice Bugatti 1/B, 20834 Nova Milanese (MB) e-mail: valeria_grancini@hotmail.it

G It Diabetol Metab 2015;35:45-50 Pervenuto in Redazione il 18-12-2014 Accettato per la pubblicazione il 20-01-2015

Parole chiave: diabete mellito post-trapianto (NODAT), glucocorticoidi, inibitori delle calcineurine, insulina, metformina, incretine

Key words: new onset diabetes after transplant

(NODAT), glucocorticoids, calcineurin inhibitors, insulin,

metformin, incretins

(2)

V. Grancini ed E. Orsi 46

associati a una diminuita motilità intestinale, nausea e, occasio- nalmente, emesi, per cui potrebbero interferire con la terapia im- munosoppressiva. L’effetto edemigeno e l’aumentato rischio di fratture dimostrato per il pioglitazone rendono questo farmaco poco usufruibile nel paziente trapiantato. Infine, le sulfoniluree e, in minor misura, le glinidi, non sono indicate per il trattamento del NODAT per la possibilità di indurre episodi ipoglicemici, che pos- sono essere severi, prolungati e potenzialmente fatali. Nei pazienti sottoposti a trapianto di polmone per fibrosi cistica l’insulina, eventualmente adiuvata dalla tecnica del conteggio dei carboi- drati, rappresenta attualmente l’unico trattamento raccomandato, essendo tale patologia causata, in prima istanza, da un deficit di secrezione β-cellulare, a cui si sovrappone solo in un secondo momento uno stato di insulino-resistenza.

SUMMARY

Management of diabetes mellitus in organ transplant patients The incidence of new-onset diabetes after transplant (NODAT) varies depending on the organ transplanted and the underlying disease, and about 80% of cases develop diabetes within three months after surgery. The disease involves an increased risk of organ rejection, infections, cardiovascular events and death. The use of immunosuppressive drugs such as glucocorticoids and calcineurin inhibitors is an important risk factor for NODAT, be- sides the known risk factors for type 2 diabetes mellitus. In pa- tients with cystic fibrosis undergoing lung transplantation, lack of insulin secretion is the principal pathogenic agent. Thorough pre- transplant screening is essential for correct management of NODAT. Patients who have diabetes should be given appropriate educational therapy and, as necessary, insulin. In most cases after the organ transplant the stress of surgery and high doses of glucocorticoids in the immediate post-transplant period make in- sulin necessary from the early days; however, since no specific studies are available on the long-term management of NODAT, the ADA guidelines for the treatment of type 2 DM are valid. When educational therapy fails to control glucose homeostasis, insulin is the most effective and safest drug for these patients. Metformin is not recommended as first-line treatment for NODAT, but trans- plant is not an absolute contraindication to its use, which however must be under close supervision. Only few studies have assessed the efficacy and safety of therapy with incretins, and then only in kidney transplant patients, while there are no data on efficacy and safety in other organ recipients. There are no studies of the use of GLP-RA in this population, but these drugs are associated with reduced intestinal motility, which could interfere with immuno- suppressive therapy. Thiazolidinediones are not indicated in these patients, who are predisposed to osteoporosis and at increased cardiovascular risk. Sulfonylureas are contraindicated too, par- ticularly molecules that can cause severe and prolonged hypo- glycemia. In patients with cystic fibrosis who have received a lung transplant, insulin, if possible supplied by carbo-counting tech- niques, is the only recommended treatment, as the disease is largely caused by β-cell deficit.

Introduzione

Il diabete mellito (DM) rappresenta un’evenienza molto frequente prima e dopo il trapianto d’organo. Alterazioni nell’omeostasi glucidica sono molto comuni nei soggetti affetti da fibrosi cistica

e candidati a trapianto polmonare o nei pazienti affetti da cirrosi e candidati a trapianto di fegato. È stato dimostrato che il tra- pianto di fegato è in grado promuovere una regressione del dia- bete nel 67% dei pazienti cirrotici

(1)

, diminuendo il grado di insulino-resistenza, mentre il 33% dei pazienti rimane diabetico a causa della persistenza di una concomitante riduzione della funzione β-cellulare. Il DM può inoltre insorgere de novo, in pa- zienti precedentemente euglicemici e sottoposti a trapianto d’or- gano, assumendo in tale circostanza la definizione di new onset diabetes after transplantation (NODAT)

(2)

. L’incidenza di NODAT è stimata essere del 4-25% nei trapianti di rene, del 2,5-25%

nei trapianti di fegato, del 4-40% nei trapianti di cuore e del 30- 35% nei trapianti di polmone. Tali differenze sono in parte dovute al tipo di organo trapiantato e alla presenza di fattori di rischio pre- e post-trapianto

(3)

, ma anche i differenti disegni di studio, nelle popolazioni analizzate e nelle modalità di diagnosi potreb- bero spiegare la variabilità delle frequenze riportate. Nel 2003 sono state create le “International Consensus Guidelines on New-Onset Diabetes After Transplantation”, cui è seguito un ag- giornamento nel 2005, dove sono stati definiti i criteri diagnostici, uniformandoli a quelli utilizzati dalla WHO per la diagnosi di DM

(4,5)

.

Oltre allo sviluppo delle note complicanze del diabete, il DM post-trapianto è associato a un rischio 2-3 volte aumentato di rigetto d’organo, infezioni, incidenti cardiovascolari e morte

(6-8)

. In un recente studio prospettico, Lunati et al.

(6)

hanno dimo- strato, in pazienti sottoposti a trapianto epatico e affetti da sindrome metabolica, un’aumentata incidenza di incidenti car- diovascolari (16% vs 0%), rigetto acuto d’organo (40,8% vs 28,6%) e infezioni (38,8% vs 22,9%) rispetto ai pazienti non affetti da tale sindrome. La “International Society for Heart and Lung Transplantation (ISHLT) ha conferito al DM un hazard ratio di 1,14 per mortalità a 5 anni dal trapianto

(9)

.

Fattori di rischio

Oltre ai tradizionali fattori di rischio per lo sviluppo di DM di tipo 2, quali età

(10)

, familiarità

(11)

, etnia afroamericana o ispa- nica

(12,13)

, nei pazienti sottoposti trapianto d’organo gioca si- curamente un ruolo fondamentale anche l’utilizzo dei farmaci immunosoppressori quali i glucocorticoidi e gli inibitori delle calcineurine, in particolare tacrolimus e ciclosporina

(12-15)

. I glu- cocorticoidi, ampiamente utilizzati nel periodo post-trapianto, inducono insulino-resistenza, stimolano la lipolisi e la gluco- neogenesi, oltre a inibire la secrezione insulinica dalla β-cellula e a promuovere il rilascio di glucagone

(16,17)

(Fig. 1).

Gli inibitori delle calcineurine esplicano il loro effetto diabetogeno tramite un’azione inibitoria sulla secrezione insulinica, sia basale sia glucosio-stimolata, oltre ad alterare il numero e la funzione dei mitocondri delle cellule insulari e a interferire con i fattori di tra- scrizione che regolano la proliferazione delle β-cellule; all’interno di questa classe, l’effetto di tacrolimus sembra essere più evi- dente rispetto a quello di ciclosporina

(14,18)

(Fig. 2).

Sirolimus, inibitore di mTOR, è in grado di bloccare da un lato

la proliferazione e la secrezione β-cellulare, ma la sua effettiva

influenza sulla patogenesi del diabete non è ancora del tutto

(3)

chiarita

(14)

. Nei pazienti sottoposti a trapianto epatico è stato inoltre dimostrato un aumentato rischio di DM in caso di cir- rosi dovuta a infezione da HCV

(19)

, in quanto il virus C è in grado di promuovere un’aumentata liberazione di citochine infiammatorie, stress ossidativo e alterazioni dei meccanismi di trasduzione del segnale intracellulare mediato dal recettore dell’insulina. Nei soggetti sottoposti a trapianto di polmone, infine, gioca un ruolo fondamentale la patologia di base, es- sendo i soggetti spesso affetti da fibrosi cistica e quindi par- ticolarmente esposti al rischio di sviluppo di una ben riconosciuta forma di DM secondario (cystic fibrosis-related

diabetes, CFRD)

(20)

; i meccanismi patogenetici sono la dimi- nuzione di massa β-cellulare, dovuta all’autodigestione del tessuto pancreatico causato dalla ritenzione dei pro-enzimi, e la concomitante disfunzione β-cellulare, provocata diretta- mente dalla mutazione della proteina CFTR (cystic fibrosis transmembrane regulator). Guo et al. hanno dimostrato un ruolo di CFTR nella rapida esocitosi dei granuli preformati, fon- damentali nella prima fase di rilascio insulinico

(21)

. La condizione

Effetto periferico antinsulinico

Glucocorticoidi

FEGATO Catabolismo

proteico Aminoacidi

Lipolisi

Glicerolo Acidi grassi

Gluconeogenesi Glucosio

Chetogenesi

Glicogeno

+ +

+

Figura 1 Effetto dei glucocorticoidi sul metabolismo gluci- dico (modificata da Vidal-Puig A, O’Rahilly S. Metabolism:

controlling the glucose factory. Nature 2001;413:125-6).

mTOR

Calcineurina

Membrana nucleare

Ciclo cellulare

IL-2 mRNA IL-2

G1 S

P70S6K IL-2R TCR

NF-ATC NF-ATC

NF-ATn

Gene per IL-1 DNA

Figura 2 Effetto degli inibitori delle calcineurine sul metabo- lismo glucidico (modificata da Nabel GJ. A transformed view of cyclosporine. Nature 1999;397:471-2).

Mutazione CFTR

Insulino-resistenza Infiammazione cronica

Terapia steroidea Iperglicemia

Clearance insulinica Disfunzione β-cellulare Massa β-cellulare

Secrezione insulinica

Pre-diabete

CFRD

Ritenzione di αCFTR mutato

Incretine

Apoptosi Disfunzione

linfocitaria Antiossidanti

Ipovitaminosi D Iperglicemia postprandiale

Asse entero-insulare Svuotamento

gastrico

Malassorbimento

Lipidi Antiossidanti

Vitamine Secrezioni

dense

Autodigestione Infiammazione cronica locale

Fibrosi pancreatica Infiltrazione grassa Deposizione di amiloide

+ +

X

Stress ossidativo

Esocitosi insulina

Figura 3 Patogenesi del CFRD (mo-

dificata da Barrio 2014)

(20)

.

(4)

glicemia nell’immediato post-trapianto

(21)

, per cui una terapia insulinica deve essere prontamente impostata nella maggior parte dei casi. Con la risoluzione dello stress operatorio e il graduale decalage steroideo molti pazienti possono sospen- dere la terapia insulinica prima della dimissione. Per i pazienti per cui si rende necessaria la terapia insulinica anche a do- micilio è indicata una terapia educazionale sull’utilizzo dei presidi terapeutici, l’utilizzo dei device per la misurazione do- miciliare delle glicemie capillari e la gestione di eventuali ipo- glicemie e iperglicemie, da effettuarsi prima o contestualmente alla dimissione ospedaliera. Per tali pazienti sarà inoltre fon- damentale pianificare uno stretto follow-up ambulatoriale presso lo specialista diabetologo.

Gestione post-trapianto

Non sono disponibili studi volti a valutare i target terapeutici e le strategie ipoglicemizzanti nei pazienti affetti da DM post- trapianto. Per tale motivo attualmente ci si attiene alle linee guida proposte dall’American Diabetes Association per il DM di tipo 2

(22,23)

: il target considerato per l’emoglobina glicata do- vrebbe essere 42-53 mmol/mol, il target per le glicemie a di- giuno e preprandiali 70-130 mg/dl e 140-180 mg/dl per le postprandiali. A tutti i pazienti dovrebbe essere fornita, da parte di personale specializzato, un’adeguata educazione sul controllo del peso, sulla dieta e sull’attività fisica, prevedendo almeno 150 minuti a settimana di esercizio fisico aerobico a cui sia associata una componente di esercizio fisico anaero- bico. Il fine dell’attività fisica è, oltre il controllo della glicemia e la promozione della perdita di massa grassa, l’aumento della massa muscolare, invariabilmente depauperata dalla malnu- trizione, dall’ipomotilità e dallo stato catabolico tipici della fase pretrapianto, seguita dallo stress operatorio e dalla fase di convalescenza post-trapianto. Se la terapia farmacologica si rende necessaria per il controllo glicemico, l’insulina, che sia un’unica somministrazione basale, uno schema basal bolus o, meno frequentemente, basal plus o split-mix (che preveda cioè una dose di insulina rapida in combinazione con una dose di insulina a lunga durata d’azione prima di colazione e di cena), rappresenta a oggi il farmaco più efficace, sicuro e maneggevole in questa popolazione. È tuttavia di fondamen- tale importanza uno stretto monitoraggio glicemico, data l’in- stabilità del compenso glicometabolico dovuta alle continue modifiche posologiche della terapia immunosoppressiva, con conseguente rischio di ipoglicemie, e la frequente ricorrenza di infezioni concomitanti o il pericolo di rigetto, situazioni che spesso si associano a un aumentato fabbisogno insulinico.

Problemi di tollerabilità e sicurezza nella complessa polifar- macoterapia dei soggetti trapiantati limitano l’utilizzo di met- formina nella gestione del DM post-trapianto, escludendo i pazienti dai noti benefici attribuiti a tale farmaco, quali la pro- tezione cardiovascolare, il potenziale effetto antineoplastico, il miglioramento dell’insulino-resistenza, dell’infiammazione subclinica, della disfunzione endoteliale e della steatosi epa- tica

(24)

. La principale controindicazione al suo utilizzo è l’insuf- ficienza renale, anche se recenti studi sulla popolazione generale suggeriscono che tale farmaco sia sicuro fino a un e-GFR di 30 ml/min

(25)

. Il trapianto d’organo non costituisce che ne deriva è una perdita di funzione β-cellulare, con defi-

cit insulinico riconoscibile innanzitutto nella prima fase di se- crezione (Fig. 3). A tale condizione si sovrappone, nella fase post-trapianto, un’aumentata insulino-resistenza, dovuta allo stato infiammatorio concomitante e all’utilizzo di terapia ste- roidea ad alte dosi.

Diagnosi

I criteri diagnostici per il DM post-trapianto sono quelli propo- sti dall’American Diabetes Association per il DM di tipo 2, per cui due valori consecutivi di glicemia a digiuno > 126 mg/dl, un valore di glicemia post-carico orale di 75 g di glucosio

> 200 mg/dl o un valore di glicemia > 200 mg/dl in qualsiasi momento della giornata in paziente con sintomatologia sug- gestiva per diabete permettono di porre la diagnosi

(5)

. Dal 2011 l’American Diabetes Association ha proposto anche l’utilizzo dell’emoglobina glicata come criterio diagnostico per il DM. Tuttavia, l’opportunità di utilizzare questo indice per la diagnosi non è contemplato, a causa delle emotrasfusioni a cui sono frequentemente sottoposti i pazienti nel periodo pe- rioperatorio e della persistenza di anemia, che rendono poco agevole l’interpretazione di tale valore

(13)

.

Management pre- e post-trapianto e approccio terapeutico

Screening e gestione pre-trapianto

La presenza di fattori di rischio dovrebbe essere indagata nei pazienti posti in lista per trapianto. I pazienti con normale gli- cemia a digiuno dovrebbero inoltre essere sottoposti a carico orale di glucosio (OGTT). Per i pazienti che dimostrino alterata glicemia a digiuno, intolleranza ai carboidrati o diabete, già noto o neodiagnosticato tramite OGTT, dovrebbe essere pre- vista una terapia educazionale sull’alimentazione, sul controllo del peso e sull’attività fisica, compatibilmente con le con dizioni cliniche del momento, che spesso rendono quest’ultima di dif- ficile esecuzione. I pazienti affetti da cirrosi epatica sono spesso impossibilitati dalla presenza di ascite, di scarsa massa muscolare, dalla presenza di encefalopatia e dall’aumentato rischio di cadute che, in associazione alla precoce insorgenza di osteoporosi, aumenta il rischio di fratture ossee. Nei pazienti con pneumopatia l’insufficienza respiratoria rende pratica- mente costante l’impossibilità nell’esecuzione di attività fisica.

In caso di necessità di terapia farmacologica, l’insulina è il far- maco più sicuro, maneggevole ed efficace per conseguire un buon controllo glicometabolico, data la complessa situazione clinica che caratterizza la fase pre-trapianto.

Gestione perioperatoria

Lo stress chirurgico e le alte dosi di steroidi utilizzate per l’in-

duzione dell’immunosoppressione sono spesso causa di iper-

48 V. Grancini ed E. Orsi

(5)

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A oggi sono disponibili solo pochi dati relativi all’efficacia e si- curezza dei farmaci appartenenti alla classe delle incretine, ottenuti tramite studi randomizzati e controllati. Haidinger et al.

hanno dimostrato l’efficacia e la sicurezza del trattamento con vildagliptin in una popolazione di 32 soggetti sottoposti a trapianto renale

(26)

. Boerner et al. e Sanyal et al. hanno dimo- strato per sitagliptin e linagliptin analoghe sicurezza ed effica- cia nella stessa classe di pazienti

(27,28)

. Non sono a oggi disponibili studi che abbiano valutato l’utilizzo di saxagliptin, alogliptin, liraglutide, exenatide e lixisenatide in pazienti sot- toposti a trapianto. Gli analoghi del GLP-1 sono tuttavia associati a una diminuita motilità intestinale, nausea e, occa- sionalmente, emesi, per cui potrebbero interferire con la tera- pia immunosoppressiva.

Piccoli studi a breve termine non hanno evidenziato intera- zioni tra l’utilizzo di pioglitazone e la terapia immunosoppres- siva. Tuttavia l’effetto edemigeno e l’aumentato rischio di fratture rendono questo farmaco poco usufruibile nel paziente trapiantato, generalmente ad aumentato rischio cardiovasco- lare e predisposto all’osteoporosi.

Gli episodi ipoglicemici, che possono essere severi, prolungati e potenzialmente fatali, controindicano l’utilizzo di sulfoniluree e, in minor misura, di glinidi. Esse promuovono inoltre au- mento ponderale e perdono il loro effetto nel lungo termine se somministrate come monoterapia.

Un capitolo a sé è rappresentato dai pazienti sottoposti a tra- pianto di polmone per fibrosi cistica. L’insulina rappresenta attualmente l’unico trattamento raccomandato per il CFRD, essendo tale patologia causata, come già esposto, in prima istanza da un deficit di secrezione β-cellulare, a cui si so- vrappone solo in un secondo momento uno stato di insulino- resistenza

(29)

. Tali pazienti possono inoltre trarre beneficio dall’utilizzo del conteggio dei carboidrati che, se corretta- mente applicato, può permettere loro la massima elasticità e versatilità nell’impostazione della terapia insulinica, a condi- zione che i rapporti insulina/carboidrati e il fattore di sensibi- lità insulinica, differenziati nella varie fasce orarie della giornata e calcolati sulla base di diari glicemici e alimentari compilati dai pazienti, siano costantemente verificati e ricalcolati a ogni modifica della terapia immunosoppressiva, con particolare at- tenzione all’eventuale graduale aumento nella sensibilità in- sulinica causato dalla diminuzione del dosaggio dello steroide.

Conflitto di interessi

Nessuno.

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