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Sono Fabio Bernagozzi, sono volontario del 118 e anch’io sono il Servizio Sanitario nazionale.

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Fabio Bernagozzi 1

Sono Fabio Bernagozzi, sono volontario del 118 e anch’io sono il Servizio Sanitario nazionale.

La mia esperienza nel volontariato è iniziata sei anni fa, quando alla fine del liceo, con la scelta della Facoltà di Medicina, si sono aperte le porte della vita adulta.

Volevo divenire rapidamente parte attiva della società; questo si scontrava in parte con i numerosi anni di università, che sembravano una montagna altissima da scalare, prima di poter arrivare nel mondo del lavoro.

Ho trovato nel volontariato quella via che mi ha permesso un avvicinamento al contesto sanitario, già da tempo di mio grande interesse, e che soprattutto mi ha consentito di interfacciarmi con un’attività differente da quella dello studio, e che oggi, da neolaureato in Medicina e chirurgia, posso dire, mi ha insegnato tanto.

La parola volontariato sottolinea un presupposto: quello di “volontà”.

Volontà intesa come facoltà propria dell’uomo di tendere con decisione e piena autonomia alla realizzazione di fini determinati, ma anche di volontarietà di fare qualcosa per la pura volontà di farlo.

Volontà è dunque VOLER FARE; queste due parole sono, a mio avviso, i capisaldi del volontariato: prima di tutto il “Volere”, perché tutto nasce da una profonda spinta motivazionale, un desiderio.

È questo che rende grande l’opera di un volontario, poiché l’impulso nasce dalla sua scelta, senza alcuna imposizione, e la possibilità di scegliere rimane quest’oggi un diritto inviolabile, quel nucleo che rende l’opera davvero significativa. Nella scelta di aiutare, ognuno a modo suo e con i propri mezzi a disposizione, vi è un intrinseco interesse per le persone, per il bene comune.

Con una passione e una forza che possono mancare nello svolgimento di una professione.

Spesso associamo, sbagliando, il termine volontariato a “mancanza di

retribuzione”, lavoro gratuito, o magari, “sfruttamento”.

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In realtà la “volontà di fare” che è alla base delle azioni di volontariato trova, infatti, lauto compenso nell’arricchimento spirituale, emotivo, relazionale e una profonda soddisfazione personale nell’aver contribuito alla soluzione di un problema.

Il secondo pilastro del volontariato è il “fare”, poiché il volontario vuole rendersi utile, prestare la propria assistenza, vuole agire.

Ciò identifica tutti i volontari come parte attiva della società, non dei semplici tappabuchi volti a fornire una copertura laddove altri non arrivano.

Ecco che il volontariato diventa uno dei tanti mattoni su cui si fonda il nostro Servizio Sanitario Nazionale, e non lo stucco per coprirne le crepe.

Il volontario non si limita a voler dare un aiuto a chi ha bisogno, ma si prefigge anche l’obiettivo di stimolare altri ad aiutare; questa è la sua grande forza, poiché chi viene aiutato con passione e altruismo, sarà più propenso, a sua volta, a prestare il proprio sostegno al prossimo, forte dell’esempio che gli è stato dato.

In un mondo sempre più proteso ad alzare muri, a escludere gli ultimi, dove conta solo il profitto, e chi lo genera e lo accumula, il volontariato e dunque ogni singolo volontario diventa un fondamentale strumento per guardare al futuro, custodendo i valori di libertà, altruismo e cooperazione.

Io lavoro per il 118, e guardo ogni giorno la disperazione, ma anche le risorse

generate dalle difficoltà in tutte le persone.

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