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GIORNALINO SCOLASTICO DEL LICEO VERONESE/ FEBBRAIO 2021 NUMERO 3

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GIORNALINO SCOLASTICO DEL LICEO VERONESE/

FEBBRAIO 2021 NUMERO 3

Speciale San Valentino: parliamo

d’amore

La parola ai prof:

Paolo Noal ed Elisa Viviani

“Sport e scuola binomio vincente”

Giornata del ricordo per non

dimenticare

(2)

INTRODUZIONE

Rieccoci...il nostro giornalino Scripta manent batte anche il covid. Infatti, sono continuati, con grande partecipazione, gli incontri via meet e prosegue, quindi, anche il nostro viaggio attraverso diversi articoli, diverse esperienze, diverse emozioni.

In questa edizione del giornalino sono presenti i primi commenti a caldo sul rientro a scuola e continua anche la libera espressione su questioni relative al Covid; non mancano poi opinioni su serie TV, che ormai fanno parte della nostra quotidianità.

Tra i vari temi si tratta anche l'argomento del femminicidio, passando poi alla giornata del ricordo dei massacri delle foibe, giungendo a parlare inoltre del dolore che, ai giorni nostri, viene provocato non più dai massacri bensì dal bullismo, in onore della giornata contro di esso.

Non mancano il resoconto di un incontro con i carcerati e un'intervista con una psicologa con cui ci si sofferma su temi che toccano in modo particolare noi giovani: amicizia e amore.

A proposito di quest'ultimo, nel mese degli innamorati, non poteva certo mancare l'argomento di San Valentino, da alcuni amato e da altri odiato: si parte dall' origine di questa celebrazione, ci si sofferma sulla poesia d'amore, sulle canzoni d'amore e sul loro cambiamento nel tempo; ma vi sono anche delle curiose interviste ad innamorati e

single.

Inoltre vengono rivelate alcune curiosità sui prof. E molto altro.

Elisa Banchieri, 4^A

INTRODUZIONE

3. Giornata Nazionale del Bullismo 4. Il Giorno del Ricordo

5. Il Dramma delle foibe 6. Femminicidio

7. San Valentino

8. Da Lucio Dalla a Sfera Ebbasta 9. Le donne dal 300 ad oggi

10. Il cambiamento inizia da se stessi 11. Single o fidanzati: questo è il problema 12 – 13. Le atlete si raccontano

14. La chiave per la felicità

15. Amicizia e amore in tempo di covid 16. Intervista al professore Paolo Noal

17. Intervista alla professoressa Elisa Viviani 18. A ruota libera sul covid

(Angelica Filippin 4^F)

Coordinamento: Laura Bon

Impaginazione: Margherita Contini e Angelica Beltrame

Lavoro svolto con la collaborazione del gruppo radio (responsabile Prof.

Alessandro Rossi)

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GIORNATA NAZIONALE CONTRO BULLISMO Una Veronesina si racconta

Attualità

Da sempre il bullismo è un fenomeno che serpeggia nelle scuole di tutto il mondo e, nel tentativo di combatterlo, il governo italiano nel 2017 ha deciso di istituire il 7 febbraio la giornata nazionale contro il bullismo.

Nell’occasione, abbiamo deciso di farci raccontare l’esperienza di una ragazza del nostro istituto che ritiene di essere stata per diversi anni vittima di quella che potremmo quasi definire una vera e propria “piaga sociale”. Non certo, nel suo caso, episodi eclatanti, ma piccoli dispetti che goccia dopo goccia le hanno resto la vita impossibile. “Fin dalle elementari -racconta- sono sempre stata vittima di prese in giro da parte dei compagni.

In particolare, i miei coetanei si divertivano a prendermi in giro per il modo in cui mi vestivo, deridendo il fatto che indossassi la tuta da ginnastica poiché dopo la scuola mi recavo immediatamente ad allenamento di uno sport che ho praticato fin da piccola in modo agonistico”. Finito il periodo delle medie, la studentessa, che si è iscritta in un liceo della provincia, sperava finalmente di essersi liberata delle prese in giro e di poter vivere in un ambiente scolastico più sano, ma purtroppo non è stato così. “Inizialmente tutto sembrava filare liscio -dice- ma verso la fine del primo quadrimestre del primo anno di superiori, tutto è iniziato a crollarmi addosso. Mentre stavo attraversando un periodo di difficoltà tra vita privata e sportiva, infatti, è arrivata anche un’insufficienza in una verifica che non mi aspettavo di ricevere. Quella è stata la famosa goccia che ha fatto traboccare il vaso: non sono riuscita a trattenere le lacrime e sono scoppiata a piangere”. La sua professoressa, preoccupata, ha deciso di parlarle fuori dalla classe per capire cosa fosse successo, e, dopo qualche spiegazione, la situazione è stata chiarita.

“L’insegnante, però, ha commesso un errore - prosegue la “nostra” ragazza- ha deciso di non mettermi una nota sul registro che invece aveva dato a tutti gli altri ragazzi della classe che avevano ottenuto una valutazione insufficiente. Questo ha scatenato proteste da parte degli altri compagni, che nell’assemblea di classe, mi hanno insultato accusandomi di aver fatto la vittima per non ricevere l’annotazione. Nonostante io provassi a spiegarmi, quando si hanno 20 persone contro le parole non servono a nulla. L’unica soluzione che sono riuscita a trovare è stata, il giorno dopo, di chiedere alla professoressa di inserire anche per me un’annotazione nel registro. Ho deciso allora di scrivere un messaggio per comunicare alle compagne che avevo risolto l’equivoco, ma queste non hanno fatto altro che continuare ad insultarmi, arrivando anche a minacciare la mia incolumità”. Fortunatamente, “ho avuto la forza di parlarne subito con mia nonna, che poi ha avvisato anche i miei genitori e insieme abbiamo provato a trovare una soluzione. Nel frattempo la situazione è peggiorata e per provare a risolverla abbiamo coinvolto anche il preside dell’istituto. Quest’ultimo, però, si è rivelato inutile, perché convinto che nella sua scuola fatti come questo non fossero reali”.

Una situazione tale da indurre la studentessa a cambiare scuola. “Una volta arrivata nel nostro istituto, ho trovato un ambiente completamente diverso, e i professori mi hanno aiutato a capire che le mie difficoltà in realtà erano derivate da un comune disturbo nell’apprendimento, la dislessia, che mi è stato diagnosticato solamente al quarto anno di scuola superiore. Per fortuna, ora sono in un ambiente in cui mi sento a mio agio”.

Tommaso Minchio 4^F

(4)

"A più di settant'anni dalla morte del mio povero padre, ogni 2 novembre io vado a posare un fiore sulla tomba di uno sconosciuto, perché non so in quale foiba siano stati buttati i suoi resti" Così racconta Piero Tarticchio, una delle tante voci testimoni di un dramma che per ben sessant’anni è stato celato agli occhi di tutta Italia.

Un eccidio, quello delle foibe, che ha portato alla morte di migliaia di Italiani d’Istria, torturati e gettati, come sacchi d’immondizia, nelle fenditure carsiche, usate, in effetti, come vere e proprie discariche, dalle milizie jugoslave di Tito. È alla fine della seconda guerra mondiale, che iniziò la prima ondata di violenza da parte dei partigiani comunisti, fedeli al maresciallo. La prima di una lunga serie che si sarebbero protratte fino al trattato di pace di Parigi, quando il tricolore cedette alla Jugoslavia numerose città a maggioranza italiana.

A questa terribile vicenda, però, si sommò anche quella di tanti altri cittadini, che furono costretti ad abbandonare i loro averi e abitazioni nelle zone dell’Istria, di Fiume e Zara. Il loro rientro in patria, però, fu faticoso, perché ostacolato da quanti, a livello politico, minimizzarono la diaspora degli esuli e affermarono che le foibe erano solo un’invenzione propagandistica.

Ma questa tacita complicità giocò purtroppo un ruolo determinante nel massacro, la cui gravità viene riconosciuta per la prima volta nel 2005 e da allora il 10 febbraio è stato istituito il “Giorno del ricordo”, considerato una delle giornate più dolorose della storia del nostro Paese.

Ed è proprio nella memoria di questi tragici eventi che quest’anno la compagnia di Teatro Bresci in collaborazione con la biblioteca di Montebelluna ha voluto organizzare uno spettacolo dedicato alle vittime e ai loro famigliari, i quali attraverso gli attori Anna Tringali e Giacomo Rossetto hanno preso vita e raccontato le loro tristi storie, ripercorrendo i vari avvenimenti storici con foto d’epoca.

Tra queste spicca quella della foiba di Basovizza, simbolo e monumento in onore delle innumerevoli morti senza colpa. E questo è stato anche il punto di partenza in quello che " vuole essere un cammino alla riscoperta di una pagina del nostro recente passato che merita memoria.” Così, si è espressa la compagnia teatrale. “Facciamo il teatro che pensiamo sia necessario, lo facciamo con passione e crediamo che il buon teatro sia fatto per lasciare il segno.”

Bianchin Greta 3^E

“IL GIORNO DEL RICORDO”: PER NON DIMENTICARE IL DRAMMA DELLE FOIBE

All’inizio del secondo Dopoguerra un’ondata di violenza sconvolse l’ ex Iugoslavia

Attualità

Pag.4

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“È solo una formalità”: questo è ciò che dicevano le guardie mentre conducevano uomini e donne, più o meno consapevoli, alla loro fine. Il 10 febbraio 2021 gli studenti del nostro liceo hanno avuto la possibilità di

“vivere” indirettamente a questi episodi angoscianti. Hanno infatti assistito allo

spettacolo presentato, grazie

all’amministrazione comunale, in occasione della Giornata del Ricordo, tributo alle vittime delle Foibe. Si è trattato de “Il ricordo”, di e con Anna Tringali e Giacomo Rossetto, del “Teatro Bresci”. Gli alunni hanno particolarmente apprezzato il modo professionale in cui le storie sono state raccontate dagli attori, i quali sono riusciti sia a trasmettere empatia verso questi avvenimenti, oltre che a fornire informazioni sull’accaduto. Partendo dalla Seconda Guerra Mondiale, per poi arrivare alle infoibazioni che la seguirono e a tempi più contemporanei durante i quali furono scoperti migliaia di corpi (molti dei quali non ancora identificati), Anna Tringali e Giacomo Rossetto hanno narrato la storia dei conflitti tra Italia e Jugoslavia. Un episodio rimasto particolarmente impresso a molti alunni è quello di Norma Cossetto, una studentessa di 23 anni. Nata a Visinada il 17 maggio del 1920 e diplomatasi al Liceo Vittorio Emanuele III di Gorizia, prima di essere uccisa viveva in un villaggio nel Comune di Visignano e frequentava il corso di Lettere e Filosofia all’Università di Padova. La sua colpa? Quella di essere italiana e istriana e di avere come padre Giuseppe Cossetto, dirigente locale del Partito Nazionale Fascista. Dopo essere stata ingannata da un ragazzo che la invitò a salire sul suo motorino, fu condotta lontana da casa e incarcerata. Durante il tempo che seguì la sua incarcerazione e precedette la sua esecuzione subì numerose violenze fisiche e psicologiche.

Finì per essere uccisa dai partigiani jugoslavi che la gettarono viva in una foiba insieme ad altri prigionieri.

Dopo la sua morte furono catturati i colpevoli che avevano partecipato all'eccidio. Oggi, il 10 febbraio, ricordiamo Norma e tanti altri come lei, le cui brevi vite sono state stroncate dall’odio e dalla brutalità dell’uomo e che non hanno avuto la possibilità di dire addio ai loro amati. Parla proprio di questo il professore Maurizio Ruggiero, il cui video, realizzato a commento dello spettacolo, ha commosso molti. “Un ultimo abbraccio, un ultimo bacio, un ultimo sguardo”:

queste sono le parole che spiegano come è stata strappata la vita a degli innocenti, i quali hanno dovuto dire addio troppo presto alle persone che più amavano in questo mondo, tutto ciò perché hanno pagato “per le colpe di altri”. La musica malinconica, le parole toccanti e la voce emozionante del professore sono riusciti a trasmettere la tristezza e la tragicità di questo terribile avvenimento. Egli descrive le foibe come baratri in cui vennero gettati i corpi di umani innocenti, privati di un futuro. Queste anime combatterono fino alla fine: alcune sopravvissero dopo molta umiliazione e sofferenza, altre invece non ce la fecero. Questo spettacolo, con la sua semplicità e la sua schiettezza, è riuscito a trasmettere a noi studenti, compassione; compassione per tutti gli innocenti che hanno pagato la malvagità dell’uomo ignorante. Il ricordo di queste vittime non dovrebbe durare solo 24 ore, bensì tutti i giorni, così che quest’ amaro e doloroso pezzo di storia non si ripeta mai più. Spesso, tutto avviene appena fuori l’uscio della propria casa, e sono proprio coloro che, amanti della propria patria, hanno finito per morire perché parte di essa.

Imane Grimeh, Sara Lo Faro, Elisa Zanchetta ,4^F UNA “FORMALITÀ” CHE SI TRASFORMA IN UN INCUBO: LA TRAGEDIA DELLE FOIBE

Lo spettacolo teatrale che apre gli occhi in occasione della Giornata del Ricordo

Attualità

(6)

QUANDO L’AMARE DA MORIRE SI TRASFORMA IN MORIRE PER AMORE Femminicidio: un fenomeno presente da sempre e non ancora arrestato.

Attualità

È l’una di notte del ventiquattro gennaio e Roberta Siragusa non è ancora tornata a casa, anche se aveva stabilito con mamma e papà il rientro a quell’ora. La stessa mattinata i genitori, preoccupati, decidono di recarsi alla caserma dei carabinieri di Caccamo per fare denuncia della scomparsa. Successivamente anche il fidanzato della diciassettenne si presenta dalle autorità, non per il timore di dove si trovi la fidanzatina, ma per rivelare agli agenti che lui è a conoscenza della morte di Roberta e di dove il corpo si trovi. Dopo aver sentito queste parole, i carabinieri della cittadina palermitana si sono messi in azione e, alcune ore più tardi, hanno trovato il corpo della ragazza carbonizzato in un burrone nella campagna circostante. Le prime accuse sono state rivolte verso il fidanzato della vittima, il quale ha negato di averla uccisa; però, le autorità hanno comunque deciso di mantenerle su di lui perché gli amici della ragazza hanno confessato che egli si presentava spesso come un ragazzo geloso e manesco.

Purtroppo, storie come queste si sentono tutti i giorni, eppure niente cambia, infatti fin nell’antichità eventi come questi erano già diffusi. Ad esempio, nel canto V del Purgatorio di Dante viene ricordata Pia dei Tolomei, la quale venne uccisa dal marito poiché quest’ultimo la credeva infedele o comunque voleva liberarsi di lei per sposare un’altra donna.

Sempre per quest’ultimo motivo, ricordiamo Anna Bolena, la quale venne assassinata dal marito Enrico perché non gli diede un figlio maschio. Insomma, motivazioni che ritroviamo anche ai giorni nostri; infatti le cause maggiori di questi gesti atroci sono gelosia, la fine di una relazione, aver ricevuto un no, sospetti di tradimento infondati oppure semplicemente uno scatto d’ira del partner.

Al riguardo le statistiche in Italia sono spaventose: nel 2020 sono stati riportati 81 casi di femminicidio, ovvero una donna morta ogni quattro giorni, e tutti avvenuti per mano dell’attuale o ex partner. Dati come questi, purtroppo, sono stati incrementati anche a causa del periodo di lockdown: dove le donne che erano già vittime di violenza domestica, hanno trovato la fine peggiore che si potesse avere.

Fortunatamente, in questi ultimi anni, per le donne che hanno paura di denunciare sono nate delle case d’accoglienza, dei numeri d’emergenza e ora, con la situazione Covid-19, è stata pensata una mascherina speciale chiamata 1522: acquistabile nella maggior parte delle farmacie, è un segnale d’aiuto che richiesta, riferisce indirettamente che si è in pericolo. Con questi piccoli gesti, si spera che questo fenomeno crudele possa essere placato il prima possibile.

Rossella Bittante 4^F Pag.6

(7)

Amore, rose e fiori, cioccolatini, magari un anello…sì, romanticismo alle stelle, ma siamo certi che la festa di San Valentino sia nata per questo? Potrebbe strapparci un sorriso ripercorrere le origini di questa ricorrenza, perché fino al 496 d.C., era tradizione dedicare il 15 febbraio ai festeggiamenti dei Lupercalia, un’usanza pagana. Prevedeva che si indossasse la pelle degli animali sacrificati e fatta con la medesima pelle due strisce (dette februa o anche amiculum Iunonis), si corresse attorno alla base del Palatino percuotendo quelle donne che si offrivano al colpo per ottenere la fecondità .Dato che in quel periodo la procreazione, il casato e la convenienza economica erano ritenuti più importanti dell’amore, basti pensare ai matrimoni combinati, si potrebbe già dedurre che questa festa non fosse dedicata ai sentimenti, ma più che altro alla fertilità, incarnata dal dio Luperco.

Scopriamo, allora, qual è stato il processo che ci ha portati da un’usanza pagana molto estrema, alla festa di San Valentino il 14 febbraio, dove i sentimenti fanno da padroni. Fu un papa, Gelasio I, che la istituzionalizzò per battezzare la festa dell’amore, spostandola però al giorno precedente, riservato a San Valentino.

Ma perché lui tra tutti i Santi? Anche questo ha la sua spiegazione, infatti secondo le varie tradizioni, in vita fu capace di risanare le discordie tra le coppie e proprio per questo è ritenuto il maggiore difensore e protettore degli innamorati. Ed ecco che si chiarisce un altro cliché: le rose, simbolo non soltanto della donna, ma anche dell’amore risanato, perché si racconta che Valentino riuscì a riunire una coppia donando loro proprio questi fiori.

Nel corso degli anni questa festa si diffuse sempre di più anche grazie al contributo dell’autore inglese Chaucer, che scrisse dei versi associando la figura di Cupido a San Valentino, rafforzando il suo significato amoroso. Questa è la storia della festa, da un rito pagano a una delle più popolari celebrazioni in tutto il mondo, che grazie alla forza dell’amore è in grado di creare una rete sentimentale che collega tutti i continenti.

Giorgia Callegari e Irene Marcon, 4^F

SAN VALENTINO: DA UN RITO PAGANO ALLE ROSE “RISANATRICI”

In nome dell’amore, una festa che attraversa tempi e culture diverse

Speciale San Valentino

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Speciale San Valentino

LE “SERENATE” DA LUCIO DALLA A SFERA EBBASTA

Il passaggio dalle poesie romantiche alle “frecciatine” d’amore

Molte canzoni, rimaste nella storia della musica, sembrano delle vere e proprio poesie in cui i cantanti mettono a nudo tutti i loro sentimenti, attraverso delle frasi come “Ti voglio bene assai, ma tanto tanto bene sai” di Lucio Dalla, ma il filone di canzoni romantiche arriva anche a brani contemporanei come “Tutto questo sei tu” di Ultimo o “baciami adesso” di Enrico Nigiotti.

Infatti tutt’ora RadioItalia ogni anno, per San Valentino, pubblica un’intera playlist con sole canzoni d’amore, ma quanti

“under 20” la ascolterebbero?

Esiste ancora qualche giovane che ascolta queste tipo di canzoni

“sdolcinate” ma la maggior parte tende a considerare queste poesie tutte uguali, ignorando il vero significato del testo o la storia che c’è dietro a un semplice “ti amo”.

Di conseguenza le canzoni che mostrano un amore idealizzato non hanno più lo stesso successo di una volta, forse perché l'amore perfetto nessuno l’ha mai vissuto.

Sicuramente anche ai giorni d’oggi l’amore rimane la musa di tanti cantanti affermati che, però, mettono in luce le difficoltà, inevitabilmente parte delle relazioni.

Sono proprio queste canzoni malinconiche che tanti ragazzi ascoltano, probabilmente perché una delusione d’amore tanti l’hanno provata e quindi inevitabilmente si ritrovano nel brano.

Esempio di giovane cantante emergente è Gazzelle, che in “Destri”

canta: “All'improvviso sei volata via lasciando indietro una nuvoletta”

Inoltre un’altra parte dei ragazzi del ventunesimo secolo preferisce mettere in cuffia un amore “superficiale”.

Un esempio è la canzone “Cupido” di Sfera Ebbasta che cita testuali parole :”Una tipa chic come te vuole un trap boy come me e io l’ho capito subito”.

C’è da dire però che nonostante oggi il genere musicale sia cambiato e la visione dell’amore sia stata alterata per adattarla alla società di oggi, le bellissime e forti emozioni che questo sentimento provoca rimarranno sempre nel tempo e andranno contro ogni tipo di sfiducia o delusione.

Elisa Banchieri e Francesca Battilana 4^A, Matilde Vanzin 2^B

Pag.8

(9)

Per quanto possa essere diversa la donna di oggi da una Beatrice, Laura o Silvia di ieri, certi atteggiamenti non si sono lasciati consumare dal tempo. Un cambiamento significativo per le figure femminili è stato sicuramente il passaggio da donna angelo smaterializzata alla donna in carne ed ossa protagonista della sua storia. Si arriva quindi, con il tempo, ad avere veri e propri personaggi femminili e non più simboli o muse.

Non è detto però che nella letteratura del 300 non ci siano esempi di femminilità attuali; basti pensare alle donne delle novelle di Boccaccio che, ponendo l’amore al primo posto, distruggono gli schemi di pudicizia e patriarcato. Un esempio significativo è Ghismunda, che per amore va contro a suo padre, cosa impensabile per una donna del tempo che doveva obbedire agli uomini di casa.

Perfino la Beatrice dantesca, che sembra vera e propria donna angelo e pura allegoria della teologia, riesce con la sua figura rigida e altera, a far chinare la testa a uno dei maggiori poeti della letteratura italiana. Vediamo dunque come anche nella mentalità religiosa medioevale, la donna avesse già comportamenti che possiamo ritrovare anche oggi; quante volte capitano scene come quella di Dante e Beatrice, dove lei lo rimprovera e lui risponde distogliendo lo sguardo e restando in silenzio? E quanto è diventato consueto disobbedire ai propri genitori per amore, tanto che ormai non è più un motivo di scandalo come ai tempi di Boccaccio?

Si potrebbe quindi pensare a questi episodi un po’ strani per l’epoca, come un’anticipazione di ciò che oggi è diventata ormai normalità. O per lo meno così speriamo.

Marianella Stecca, Beatrice Merlo 4F

BEATRICE E GHISMUNDA: MUSE MODERNE

Dante e Boccaccio precorrono i tempi

Cultura e società

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In questi giorni, in occasione della festa degli innamorati, abbiamo visto le nostre storie Instagram sommerse da foto di fidanzati che si scambiavano rose, cioccolatini e regali di ogni tipo. C’è una buona parte della popolazione che, però, non ha passato il 14 febbraio tra rose e cioccolatini, chi perché non ha trovato la persona giusta e chi per scelta. Molti infatti preferiscono non fidanzarsi perché trovano la vita da single più appagante. La domanda che ci poniamo è quindi:” Meglio single o fidanzati?”.

Per risolvere questo dilemma ci siamo rivolti a tre studenti della nostra scuola:

Elena e Jay, fidanzati da più di un anno e Barbara, single da 17 anni nonostante qualche storia non sia mancata. Le due parti hanno risposto a diverse domande per fare chiarezza su questa questione.

Elena e Jay affermano :” Avere un moroso, vuol dire essere sicuri di avere una persona al proprio fianco che ti capisca e che ti faccia provare delle emozioni molto forti”. Barbara ribatte:” Essendo single ho più tempo da dedicare ai miei amici, inoltre alcuni ragazzi limitano le loro fidanzate e avere un fidanzato è impegnativo perché richiede del tempo”. Abbiamo anche chiesto loro come il Covid-19 abbia influenzato le loro

relazioni, la coppia risponde:”Non è stato facile, ma il Covid ha rafforzato ancora di più il nostro rapporto “, Barbara, invece, sostiene:” Il Covid mi ha tolto la possibilità di fare nuove conoscenze , ma non completamente infatti tramite i social ho potuto fare delle conoscenze , ma tutte in amicizia “. Tirando le somme entrambe le parti hanno portato delle buone argomentazioni, ma come qualcuno ha detto “ Non c’è un tempo e un momento giusto e non c’è attimo perfetto. C’è solo complicità a due che rende tempo, momento e attimi perfetti”.

Auguriamo alla nostra Barbara e a tutti i single di trovare quella persona per cui valga la pena nel momento giusto.

Margherita Contini, Francesca Battilana, 4^A

SINGLE O FIDANZATI, QUESTO E’ IL PROBLEMA

Nel mese dell’amore a confronto con una single, Barbara Bosco, e una coppia, Jay Andrighetti ed Elena Rosan

Speciale San Valentino

Pag.10

(11)

Team Suho o team Seo Jun? Questa è la domanda che si pongono sui social gli appassionati fan del drama che ha spopolato negli ultimi mesi ed è intitolato True Beauty.

La serie televisiva coreana narra la storia Lim Ju-kyung, una ragazza diciottenne. Basato sull’omonimo webtoon (fumetto) di Yaongyi, il programma, disponibile sulla piattaforma “Viki”

parla di temi importanti come l’amore, l’amicizia, la famiglia, ma anche il bullismo. Per questo ha attirato fan di tutte le età, soprattutto adolescenti che si rispecchiano nella storia della protagonista e sono coinvolti nel suo triangolo amoroso.

La ragazza ha infatti ben due affascinanti ragazzi ai suoi piedi: Lee Suho (Cha Eun Woo) e Han Seo Jun (Hwang In-yeop), i più popolari della scuola. In apparenza estremamente diversi ma in realtà più simili di quello che si potrebbe pensare, i due sono di più del classico bel ragazzo della porta accanto e il tipico “bad boy” misterioso e trasgressivo. I ragazzi, infatti, hanno un trascorso complicato e sono più dolci e premurosi di quello che sembra, nonostante siano inizialmente in conflitto tra di loro.

Ma anche Ju-kyung nasconde molte sorprese!

La diciottenne ha un passato buio: sin da piccola, infatti, è stata definita brutta dalla sua stessa famiglia e bullizzata da coetanei superficiali. Un giorno, però, con l’autostima ormai a terra e stanca delle incessanti molestie, Ju-kyung decide di reagire: diventa un’esperta nell’arte del make-up grazie a dei video su Youtube e si trasforma completamente.

Trasferendosi in una scuola diversa, Ju-kyung passa così da una ragazza occhialuta, piena di acne e dal viso acerbo a una vera e propria

“dea” ammirata da tutto il corpo studentesco.

Ma Ju-kyung non è solo questo: è anche una figlia, una sorella e un’amica generosa che, nonostante le varie difficoltà e sfortune, è sempre pronta ad esserci per tutti. È un personaggio molto vero e tridimensionale in quanto mostra le insicurezze di ogni teenager.

Pur essendo considerata bella da tutti, infatti, Ju-kyung non ha il cuore in pace: è terrorizzata dall’idea che qualcuno possa scoprire il suo segreto e che tutti i suoi coetanei possano vedere il suo vero volto. Con il tempo, però, riesce a far pace con sé stessa, soprattutto grazie al supporto delle persone a lei più vicine.

È specialmente sua sorella che la fa riflettere dicendole “Ignora ciò che dicono gli altri, sei tu a decidere il tuo valore. Se sei sicura di te stessa nessuno oserà toccarti”. Ma le paranoie di Ju- kyung non sono forse anche quelle di molte ragazze di oggi che fanno fatica a vedersi struccate e non riescono a stare senza make- up? Il trucco, certo, è uno strumento affascinante che può essere una bellissima forma di espressione, ma non deve diventare una maschera, qualcosa di indispensabile per vivere. Quello che conta è ciò che sta dentro:

come vuole insegnarci questa serie, “il make up può cambiare il tuo aspetto esteriore ma non la tua personalità” e la True Beauty è decisamente quella interiore. Perché alla fine, come dice Ju- kyung, “A chi interessa se sei bella fuori, se sei marcia dentro?”

Elisa Zanchetta e Inane Grimeh, 4^F

TRUE BEAUTY: IL CAMBIAMENTO INIZIA DA SE STESSI

Tra bullismo e incomprensioni, la serie del momento non punta solo a intrattenere

Parliamo di serie TV

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D: Quanti anni avete?

Alessia: Quattordici Elisa: Quindici

D: Quante volte alla settimana fate allenamento?

A: Lo facciamo tre volte alla settimana per circa un’ora e mezza alla quale, però, vanno aggiunti i tempi di trasporto dato che giochiamo con il Condor Treviso. E poi, in condizioni normali, ci sarebbero le partite.

D: In quale campionato siete impegnate?

E: Disputiamo il campionato regionale under 17 e se lo vinciamo passiamo a quello nazionale.

D: Che ruolo avete in campo?

E: Io sono difensore centrale A: Io, invece, terzino sinistro statico D: Cosa pensate l’una dell’altra?

A: Secondo me la Eli è forte e farà molta strada, a volte è un po’ cattivella ma è giusto così!

E: La Ale è una scheggia, instancabile e grintosa!

D: Com’è lavorare in squadra?

E: E’ importante capirsi e parlare l’una con l’altra.

Ovviamente, in un gruppo, mi capita che alcune non mi stiano simpaticissime ma in campo bisogna per forza andare tutti d’accordo. Poi fuori ognuno esce con chi si trova meglio.

D: A cosa puntate, qual è il vostro obiettivo?

E: Ovviamente ci si pone sempre l’obiettivo più alto, poi essendoci persone più brave ci sono sempre dei limiti.

D: Come trovate il calcio femminile rispetto a quello maschile?

A: Secondo me sono proprio due mondi diversi e non dipende da maschile a femminile ma da persona a persona.

D: Prima di entrare in una squadra femminile avete giocato in quelle maschili. Com’è stata l’esperienza?

A: E’ completamente diverso. I maschi si credono superiori e snob mentre con le ragazze è anche possibile instaurare un rapporto di amicizia che va oltre allo sport.

E: Prima ero con la squadra del Cornuda Crocetta.

Questo è solo il terzo anno che gioco con le ragazze e di sicuro mi sono trovata meglio con loro.

D: Quando giocavate con i maschi, nei contrasti, vi lasciavano fare o andavano giù di brutto?

E: Andavano giù di brutto... e questa cosa mi faceva arrabbiare, quindi ricambiavo il gesto.

A: Io preferisco che non ci siano differenze e che vadano giù di brutto, cosa che faccio anche io con loro.

D: Per che squadra tifate?

A: Juve E: Juve

D: Datemi un aggettivo per ciascuno dei calciatori che vi nomino: Ibrahimovic

E: Cattivo

A: Sì, trasmette anche a me un po’ cattiveria D: Ronaldo?

A: Determinato E: Tecnico D: Messi A/B: Preciso D: Lukaku?

A: Aggressivo E: Grosso

D: Chi vince il campionato?

E: Inter A: Milan

D: Chi vince la Champions?

E: Liverpool o Juve

A: Io spero Juve ma sinceramente non lo so

D: Quanto ritenete che il Covid vi abbia ostacolato nel vostro percorso?

A: Sinceramente mi ha ostacolato molto, soprattutto perché stavo imparando tanto in questa nuova squadra di cui faccio parte ora (di sicuro di più di quanto abbia imparato in tre anni nell’altra). Mi è dispiaciuto anche perché consideravo l’allenamento come un modo per sfogarmi e invece mi sono dovuta fermare per ragioni di salute.

E: Anche io sono molto dispiaciuta, mi manca fare le attività che una volta era possibile svolgere.

D: Da quanto tempo non fate gare per colpa della situazione Covid?

E: Sfortunatamente da settembre

Marta Guizzo, Angelica Filippin, Beatrice Guarnier 4^F (Intervista collettiva del gruppo del giornalino)

ALESSIA DAL MASO ED ELISA DE BORTOLI: UN CALCIO AI PREGIUDIZI Le promesse del Condor Treviso impegnate in una squadra femminile

Le atlete si raccontano

Sport, famiglia e amici: queste tre alunne della nostra scuola riescono a conciliare tutti gli aspetti della vita quotidiana e al contempo praticare uno sport a livelli agonistici. Siamo tutti curiosi di sapere come facciano queste ragazze ad allenarsi così tante volte nella settimana e a realizzare lo stesso i loro hobbies, a dedicare del tempo alla famiglia e – last but not least – ad ottenere degli ottimi risultati anche nella scuola. Ecco a voi Elisa e Alessia!

Lorenzo Dal Maso 4^D

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In questo periodo di emergenza molti ragazzi che prima cercavano nello sport un motivo di svago e divertimento si sono trovati in difficoltà perché i centri sportivi sono stati chiusi e le gare annullate. Federica Groppo, 15 anni, alunna di seconda f al Liceo linguistico, invece, in quanto atleta di alto livello, non si è mai fermata. Per lo meno per quanto riguarda gli allenamenti. “Da quando avevo cinque anni - spiega- sono cresciuta praticando nuoto. Prima del blocco effettuavo sei allenamenti a settimana durante l’anno scolastico, mentre durante le vacanze di Natale/estive addirittura due al giorno, uno al mattino e il secondo al pomeriggio. Poteva anche capitare che, sempre durante l’anno scolastico, facessi per due volte a settimana un doppio allenamento, uno prima di andare a scuola e uno subito dopo averla finita”. Molti di noi possono pensare che per lei sia quasi impossibile conciliare scuola e sport, ma Federica cerca di fare chiarezza a proposito: “è sicuramente una scelta difficile - afferma- ma è una scelta personale, lo faccio da quando sono piccola e per me lo sport è una quotidianità…riesco ad organizzare lo studio, sacrificando il mio tempo libero per sfruttarlo al massimo”. Il suo sport è prevalentemente individuale, infatti i nuotatori devono pensare ai loro obiettivi, non a quelli della squadra; ma comunque il gruppo che tutti i giorni va in piscina ad allenarsi con lei è determinante. “Se dovessi andare in piscina per allenarmi senza il supporto dei miei compagni -racconta l'atleta- non ce la farei. Ho bisogno come tutti di ridere, soprattutto con loro perché condividono la mia stessa passione; inoltre ci troviamo spesso fuori dalla piscina”.

I suoi compagni di squadra sono diventati anche compagni di vita, senza di loro nei momenti in cui pensava di mollare, non ce l’avrebbe fatta. “Del resto, penso di lasciare circa 4/5 volte all’anno perché è un impegno molto duro, ma non riesco proprio ad immaginare la mia vita senza la piscina e senza rivedere i miei compagni. Inoltre nuotare per me è diventata una valvola di sfogo, sono molte di più le volte in cui torno a casa con il sorriso nonostante abbia una brutta giornata anziché il contrario: in questo momento non mi vengono in mente più di un paio di esempi di quando è accaduto l'opposto." Federica ci racconta anche che questa pandemia probabilmente ha anche un po’ frenato i suoi obiettivi. “Quando ero un po’ più piccola -spiega- sono riuscita a realizzare il sogno di partecipare ai campionati italiani; per ora aspetto che si sblocchi questa situazione ma non credo che potrà arrivare oltre le regionali. Ammetto che è stata dura soprattutto durante la prima quarantena riuscire ad allenarmi con costanza attraverso uno schermo. Non c'è stato solamente un episodio in cui ho pensato di non tornare più a quella che era la mia quotidianità perché a stare a casa sul divano si sprecano molte meno energie. Sono però contenta di essere tornata a nuotare e incontrare i miei compagni che specialmente durante questo periodo sono stati e sono tutt'ora fondamentali per me. A volte è bello anche poter sperimentare senza avere un obiettivo specifico".

Federica Camerini 3^A (Intervista collettiva del gruppo giornalino)

FEDERICA GROPPO: “SONO CRESCIUTA IN PISCINA”

La nuotatrice di 2^F pratica questo sport da dieci anni

Le atlete si raccontano

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Perché questo fenomeno avviene in particolar modo sui social?

“Possiamo paragonare i social ad un palcoscenico senza un vero e proprio pubblico, dove possiamo recitare il ruolo che più ci piace. Tutto questo è garantito dal fatto che sui social è presente l’anonimato che permette alle persone di essere un qualcosa di diverso da ciò che sono realmente.

Soprattutto nei primi anni dell’adolescenza, molti ragazzi utilizzano i social come via Perché molte volte noi adolescenti non ci mostriamo per quello che siamo? Tutto ciò è un segno di insicurezza?

“Non essere in grado di esprimere noi stessi è normalissimo, soprattutto per voi adolescenti che siete in un periodo evolutivo. Siete costantemente in

“work in progress”, alla ricerca di voi stessi e del vostro ruolo nel mondo. Non dovete assolutamente preoccuparvi se alla fine delle scuole superiori non avete ancora le idee ben chiare perché, chi prima e chi dopo, tutti raggiungono i propri obiettivi. Dunque è molto comune che alcuni adolescenti non si mostrino per quello che sono, perché da un lato stanno formando la loro identità, mentre dall’altro cercano di essere migliori per essere accettati”.

migliore per sentirsi accettati dagli altri coetanei, ma mostrando solo i lati meno vulnerabili di sé.”

Perché siamo così insicuri di noi stessi? Forse è a causa della società in cui viviamo?

“L’insicurezza è qualcosa di innato che è sempre presente in noi; si manifesta maggiormente durante gli anni dell’adolescenza. Noi tutti siamo insicuri di fronte alle nuove cose, ma una volta che impariamo a scoprirle e a comprenderle acquisiamo la sicurezza, come frutto dell’esperienza. Per capire meglio questo concetto, prendiamo come esempio l’acne adolescenziale che per tutti voi teenagers è un complicato ostacolo da superare. Alla prima comparsa di un brufolo sul vostro viso, scatta una sorta di campanello d’allarme: 1. “Aiuto e adesso come faccio ad uscire di casa! 2. “Devo cercare di coprirlo! (sciarpe foulard, mascherina, fondo tinta) 3.

“Adesso ci penso io! e qui inizia un lavoro di cura:

pulizia del viso, crema idratante alla bava di lumaca o all’aloe vera, magari riduco un pochino le patatine fritte e le bibite gassate.

La sicurezza, quindi, è fortemente legata alla conoscenza di noi stessi, alle nostre relazioni ed al sapere, alla cultura. per questo l’apprendimento è importante al di là del voto e della mera professionalità.

La cultura ci offre strumenti del sapere ma ci costruisce dentro. Infine la sicurezza non nasce dalla perfezione, ma dal costante esercizio di perdono e accettazione verso noi stessi.”

Perché abbiamo il bisogno di essere accettati da tutti?

“Fin dalla nascita noi cerchiamo di riprodurre la sicura e accogliente situazione del grembo materno, in cui ognuno si sentiva coccolato, protetto e accettato. Da questa spontanea e amorevole unione tra madre e figlio scaturisce in ognuno di noi la ricerca, quasi istintiva, del contatto profondo con l’altro e con l’universo. Durante la fase dell’infanzia questa ricerca si limita all’interno della famiglia, con l’adolescenza i confini si allargano verso gli amici e i partners ed i grandi ideali e valori universali.

In una relazione affettiva è fondamentale stare bene essendo noi stessi e se la persona scelta è quella giusta questa riuscirà a renderti felice, nonostante i limiti reciproci. È fondamentale, però, sottolineare che prima di tutto dobbiamo essere noi stessi ad amarci per ciò che siamo e, di conseguenza, ci sentiremo accettati da tutti gli altri.”

Enrica Baseggio, Elena Morello, Luca Pasquetti, 4^B

ALLA RICERCA DI NOI STESSI: LA CHIAVE PER LA FELICITA’

La classe quarta b, nell'ambito del PCTO, sta realizzando una rubrica settimanale nella quale la psicologa dello spazio ascolto, Mirti Agostinetto, interviene su vari temi. Altri due temi affrontati

sono stati la ricerca di noi stessi e l’amicizia e l’amore al tempo del covid. Ecco le interviste.

Parla la psicologa

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Nel terzo numero della rubrica dedicata alle interviste alla psicologa dello spazio ascolto, Mirti Agostinetto, Filippo Caverzan si sofferma su tematiche particolarmente sentite soprattutto dai ragazzi: amore e amicizia. Sentiamo come è andata.

D: Ha notato cambiamenti nelle relazioni di amicizia e di amore prima e dopo il Covid? Se sì quali?

R: Il Covid a livello di amicizie ha modificato la parte del contatto e una gran parte della comunicazione. La mascherina in particolare ha tolto e sta togliendo molto alle relazioni: fa passare delle informazioni che sono diverse da quella che effettivamente è la realtà poiché nasconde tutta la parte di comunicazione non verbale che ci permette di capire cosa l’altra persona stia dicendo e con quale tono. Sento di citare il documentario “Fuori era primavera” il quale parla di quello che è successo in primavera nel nostro paese attraverso due testimonianze di due coppie di giovani innamorati: una nata pochi giorni prima del lockdown la quale riesce ad andare avanti grazie a incontri fugaci al supermercato e l’altra nata ben prima della pandemia e alimentata dalla possibilità di vedere in lontananza la casa del partner.

D: Come amarsi e amare al meglio in questo periodo di Covid?

R: Il consiglio che mi sento di dare è di prestare ancora più attenzione a quello che si dice perché, dal momento in cui tutte le informazioni e le emozioni che vogliamo trasmettere alle altre persone passano attraverso uno schermo, diventano molto più fraintendibili. Inoltre consiglio di chiarire subito qualsiasi cosa sembri andare storto, anche delle banalità, perché rimanendo sempre chiusi nella propria stanza a rimuginare tutto si rischia di far diventare veri e propri problemi dei piccoli fraintendimenti>>.

D: Più in generale, che consigli darebbe per affrontare una "sconfitta" d'amore?

R: In una relazione entrambi condividono una parte di se stessi con l’altra persona per cui si crea un legame che unisce i due partner. Il primo consiglio che sento di dare è di coltivare amicizie esterne anche quando si è impegnati in una relazione in modo tale da non ritrovarsi soli nel momento in cui questa relazione dovesse finire poiché in momenti come questi gli amici e la famiglia sono fondamentali per riuscire a “tirarsi su” usandoli come ancora>>.

D: Crede nell'amicizia profonda tra maschio e femmina? Perché?

R: L’amicizia profonda tra maschio e femmina esiste ma equivale a camminare sul filo di un rasoio perché appena uno dei due mette l’amore sulla propria bilancia ecco che si perde l’equilibrio. Non credo però che esistano amicizie maschio-femmina nelle quali nessuno dei due si sbilancia poiché non è solo una questione di

“testa” ma è anche una questione fisica e ormonale: tendenzialmente è il ragazzo che non si limita ad un sentimento di amicizia verso l’amica.

D: Cosa pensa dell'amore alla nostra età?

Basandosi sulla sua esperienza lavorativa, secondo lei porta più benefici o sacrifici?

R: l’amore alla vostra età è una cosa innata, un segno di salute e di crescita; ciò non significa però che chi non lo trova stia male. Le relazioni durante l’adolescenza servono a sperimentare voi stessi, a conoscervi, a conoscere gli altri e il modo in cui ci si relaziona con le altre persone.

Più esperienze avrete, più vi aiuteranno a capire quale sarà la persona che vorrete al vostro fianco per il resto della vostra vita. Per concludere l’amore alla vostra età è un bene e non una cosa sbagliata nonostante, come tutte le cose, porta a dei sacrifici e a delle difficoltà.

Filippo Caverzan, 4^B

AMICIZIA E AMORE...IN TEMPO DI COVID E NON SOLO

Parla la psicologa

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Un prof molto giovane ed allegro, con una grande passione per la matematica. Tale è prof di matematica e fisica Paolo Noal.

Un po’ incuriosite da tale figura, abbiamo cercato di entrare nel suo mondo per capire cosa lo ha legato così tanto a questa materia, da molti ragazzi considerata complicata e forse un po’ noiosa.

Da dove è nata la passione per la matematica?

“Mia mamma è una maestra delle elementari ed è sempre stata molto appassionata di matematica e la stessa cosa mio papà. Quindi è sempre stato naturale farla, non so il perché di preciso. Mi piace risolvere problemi. Mi piace mettermi davanti ad un problema, guardarlo e cercare la soluzione”.

E i suoi amici cosa ne pensano? È mai capitato che abbiano scherzato su questa sua passione?

“Per la precisione direi che lo fanno di continuo.

Sono l’unico tra i miei amici laureato e in più con una laurea così strana, è naturale che le prese in giro ci siano sempre. Il mio soprannome è stato “tabeina”

per diversi anni. Però diciamo che la laurea in matematica, specialmente teorica porta un alone di difficoltà perciò c’è sempre stato anche rispetto per quello che faccio”.

Lei è nuovo in questa scuola, come si trova e cosa pensa degli alunni e degli insegnanti?

“Mi trovo bene, è una buona scuola e i ragazzi si comportano bene e sono piuttosto rispettosi, cosa che non è scontata. Vengo da esperienze in altre scuola dove certe volte non c’è un bel comportamento. Certo le mie materie sono complicate ed è ovvio che preferirei insegnare in un liceo scientifico, per esempio, perché i ragazzi vogliono studiare di più queste materie. Ed è anche ovvio che non si crei un rapporto solido cambiando di anno in anno classi; però sto bene sia coi ragazzi sia coi colleghi. Diciamo anche che il rapporto con i colleghi passa perché quello che mi interessa di più è quello con i ragazzi”.

Come abbiamo visto lei è molto giovane. Che rapporto comporta questo con gli allievi?

“Sicuramente è più facile relazionare con loro: riesco a scherzarci, so come funziona il mondo di Instagram, di Facebook, che sono molto importanti per i ragazzi di adesso, cosa che non era invece vent’anni fa, quando ero io alunno. Il fatto di essere giovane mi aiuta per capire meglio il mondo e per ricordarmi come ero io”.

Solitamente alle scienze umane, ma anche negli altri indirizzi di questa scuola, le materie come la matematica e la fisica non vengono trattate in modo approfondito come magari viene fatto in altre scuole e di conseguenza gli alunni non ne vanno pazzi. Come reagisce?

“In realtà nelle altre scuola non si fa molta più matematica. Io stesso ho fatto il Liceo Levi ma non ero un genio in matematica. Parto dal presupposto che tutti possono studiare questa materia, la vedo come il linguaggio della natura: comprensibile a tutti. Quello che cambia è la volontà di spenderci del tempo.

Qui sta la differenza che c’è tra una scuola e l’altra.

Questo a volte scoraggia, specialmente sapendo di rimanere in una classe solo un anno e di non avere quindi il tempo per creare un percorso, ma questi sono solo momenti, poi bisogna tornare ad essere positivi”.

Immagini di essere un alunno, cosa penserebbe di se stesso? Si starebbe simpatico?

“Non ne ho idea, non ho mai avuto insegnanti giovani quindi non so di preciso come sia averne uno della mia età. Il fatto di essere un insegnante disponibile lo vedo come qualcosa di positivo, questo è quello che chiedevo io ai miei professori”.

E per caso ha qualche altra passione oltre alla matematica, per esempio in ambito sportivo, artistico..?

“Io sono innamorato della formula 1. Può esserci qualsiasi cosa la domenica pomeriggio ma non salterei mai le qualifiche, le prove, le gare. Per quanto riguarda il calcio sono interista ma seguo le partite solo per avere qualcosa di cui parlare con altri ragazzi, a cui interessa maggiormente questo sport. Ma sono appassionato anche di film e serie”.

“E che genere di film/serie guarda solitamente?”

“L’unica tipologia di film che non sopporto è l’horror, non è un motivo di paura, ne ho visti alcuni ma non vedo il senso di guardarli. Per il resto cerco di seguire film/serie di tutti i generi, preferisco le serie impegnate.

Ora sto riguardando per la terza volta Breaking Bad ma la mia preferita resterà in eterno House of Cards”

E la ragazza? Ce l’ha?

“Certamente”.

Angelica Beltrame, Elisa Banchieri, 4^A

Il prof Paolo Noal a ruota libera sulla disciplina che insegna e sulla nostra scuola

“LA MATEMATICA MI VIENE NATURALE”

La parola al Prof

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Elisa Viviani è una professoressa di inglese di 48 anni. Si è laureata a Trieste nel 98 dopo aver trascorso un anno all’università di Aberdeen grazie ad una borsa Erasmus.

“Nell’insegnamento trasferisco anche le altre mie passioni, in particolare quella per l’arte, i viaggi e gli scambi culturali”, dice la prof, che prima di dedicarsi all’insegnamento, ha lavorato in varie aziende occupandosi di commercio estero e mostre d’arte. Dal 2009 ha inoltre ottenuto il patentino di guida turistica del Veneto, professione che pratica saltuariamente e che l’aiuta a trovare modi sempre nuovi e avvincenti di raccontare storie e luoghi della nostra regione.

Cosa l’ha portata all’insegnamento? “La tradizione di famiglia -dice- anche se mi sento imperfetta e non sempre all’altezza di un compito così alto come quello del docente”. Nonostante ciò, lei è convinta nell’affermare che siano “il sostegno, la curiosità e la grinta che doni agli studenti a fare di te un eccellente educatore”.Un consiglio per chi studia lingue? “Affidatevi ai vostri professori, mettetecela tutta, non sentitevi frenati da nulla, andate avanti con impegno che i risultati non vi deluderanno”.

Una lezione che ha imparato? “Non dare mai niente per scontato”. La docente racconta di un episodio per lei molto doloroso avvenuto durante uno scambio in California. “Una studentessa si è sentita molto male -rivela- e ringrazio il cielo di aver avuto l’istinto di capire che qualcosa non andava; l’ho infatti subito soccorsa in ospedale. Ricordatevi, se qualcosa non vi torna, andate in fondo alle cose e chiarite i vostri dubbi: non siate superficiali”.

Concorda con chi dice che certe materie non serviranno nella vita quotidiana? “Respingo questa visione utilitaristica della scuola -dice la prof- tutto ciò che si studia aiuta a far ragionare e mettere in moto il cervello”.

Secondo la sua opinione a scuola viene insegnato un livello di “problem solving”

molto avanzato, che sarà poi molto utile in tutti i piccoli e grandi problemi della vita d’ogni giorno. “Ognuno di voi ha una Ferrari nella propria testa -conclude- gli insegnanti vi aiutano solo a metterla in moto”.

Jacopo Torresan, Rachele Santos Pacheco 1^E

“L’IMPORTANTE NON E’ QUELLO CHE SAI MA QUELLO CHE SEI”

La prof di inglese Elisa Viviani si racconta a tutto tondo.

La parola al Prof

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E’ giunto finalmente il momento tanto atteso di ritorno nelle nostre aule.

Un po’ di sonno, la paura e l’ansia non sono bastate però ad abbattere la gioia e la nostalgia nel rivedere i nostri compagni e i nostri insegnanti.

Non possiamo negare infatti che la nostra quotidianità, che ci è stata negata ancora una volta, ci fosse mancata: soprattutto i momenti di confronto tra sorrisi, risate ma anche consolazione.

Dopo molto tempo abbiamo potuto notare anche i dettagli più semplici di cui prima non ci accorgevamo; come il rumore delle pagine che sfogliavamo tutti insieme, chi dice di fare silenzio e chi invece provoca la confusione, penne che cadono e prof che ci rimproverano.

Inoltre abbiamo fortunata-

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mente potuto riprovare la felicità nello stare insieme ai nostri compagni: non importa più per quanto tempo, ciò che conta di più in questo periodo è il poterlo fare.

Ammettiamo però che ci sono dei lati negativi, come non poter più svegliarci dieci minuti prima della lezione, poter stare comodi e al caldo con i pantaloni del pigiama. Non dimentichiamo la fretta dei professori nel fare più verifiche possibili in presenza.

Anche se la paura per un virus che è ancora in circolazione rimane, speriamo di poter continuare così per più tempo possibile perché, appunto, questo è la nostra vera scuola, quella che vogliamo vivere tutti insieme.

Angelica Beltrame, Elisa Banchieri, Francesca Battilana, 4^A

IL RUMORE DELLE PAGINE SFOGLIATE TUTTI ASSIEME

A ruota libera sul Covid

IN CLASSE DAL PRIMO FEBBRAIO: INCREDULI E FELICI

First reaction: shock! Ebbene sì, questa è stata la nostra reazione non appena ci siamo sedute tra i banchi di scuola. Ormai ci eravamo quasi rassegnate all’idea di poter vedere i nostri compagni solo attraverso uno schermo, e, incontrarli finalmente dal vivo è stato davvero emozionante!

Di certo la differenza l’hanno notata anche gli insegnanti, i quali sono arrivati in classe increduli, ma molto felici. Passare dallo spiegare a dei piccoli “francobolli” sullo schermo (proprio come direbbe una delle nostre professoresse) a degli studenti in carne ed ossa, è stato per loro molto più soddisfacente. Si capiva dai loro occhi come fosse gratificante poter parlare senza alcun ostacolo che interrompesse le emozioni di una vera lezione.

Tornando a noi studenti, non è peró tutto oro ciò che luccica!

Ricominciare a svegliarci alle sei del mattino è stato traumatico, poiché eravamo abituati ad alzarci il minuto prima della video lezione, passando la prima ora a sbadigliare tra un sorso e l’altro di caffè.

Non che ora sia cambiato molto! ;)

L’unica differenza è che ora la colazione la consumiamo in compagnia in uno dei tanti bar qui in zona.

C’è chi preferisce una spremuta d’arancia, chi il succo, anche se la tradizione vuole il classico cornetto accompagnato dal cappuccino. Ma nonostante ciò quello che realmente conta è scambiare qualche gossip con le amiche!

Ovviamente, però, per il primo giorno la preoccupazione maggiore non è di certo dove poter andare a fare colazione!

Come ogni primo giorno che si rispetti, infatti, la corsa per accaparrarsi i banchi più “tattici”

non manca mai!

E così abbiamo fatto anche noi, presentandoci davanti ai cancelli già alle 7.30 del mattino, perché come si sa in prima fila è difficile sia suggerire che farsi aiutare dai compagni!

Che dire! Noi siamo davvero contente di tornare pian piano alla normalità, perché anche se piccolo, è un grande passo per la maggior parte di noi studenti desiderosi di divertirci!

Greta Bianchin, Anna Bassetto e Anna Campello 3^E

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