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ANNO 4 NUMERO febbraio 2021

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Academic year: 2022

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Supplemento quindicinale di “InCronaca” – giornale del Master in Giornalismo di Bologna

ANNO 4 | NUMERO 17 | 25 febbraio 2021 L'INCHIESTA

La pandemia aiuta il crimine online Che picco durante l'emergenza

ECONOMIA

La seconda vita degli stracci Da spazzatura a risorse

CULTURA

Oltre le porte chiuse Il teatro che vuole rivivere

«IL TEATRO COMUNALE «IL TEATRO COMUNALE SIA LA POLIS DELLA MUSICA»

SIA LA POLIS DELLA MUSICA»

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27 23 20 13 9 4

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SOMMARIO

Direttore Responsabile: Giampiero Moscato

Edizione a cura di: Giampiero Moscato e Tommaso Romanin Desk: Leonardo Petrini e Virginia Pedani

Rivista informativa: Quindici

©Copyright 2020 - Supplemento quindicinale di “InCronaca”

Giornale del Master in Giornalismo dell’Università di Bologna Pubblicazione registrata al Tribunale di Bologna in data 15/12/2016 numero 8446

Piazzetta Morandi, 2 - 40125 Bologna Numero telefonico. 051 2091968 E-mail: red.incronaca@gmail.com Sito Web: www.incronaca.unibo.it

QUINDICI notizie Cronaca

Droghe e alcol durante il lockdown C'è un calo tra i consumatori occasionali di Marco Santangelo

Politica

L'ambiente nella corsa alle Comunali I tanti colori delle politiche verdi di Chiara Marchetti

Intervista

«Il Comunale sia la Polis della musica»

di Matilde Gravili L'inchiesta

La pandemia aiuta il crimine online Che picco durante l'emergenza di Medea Calzana

Sanità

Passaporto sanitario, un'idea che divide di Michele Mastandrea

17

Cultura

Oltre le porte chiuse Il teatro che vuole rivivere di Giulia D'Argenio

Economia

La seconda vita degli stracci Da spazzatura a risorse di Francesco Maria Osculati

Sport

Da passatempo anarchico a sport olimpico Lo skate atterra a Tokyo 2021

di Beatrice Maroni

20 20

27

27

13

13

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La foto di QUINDICI

Franca Gazzotti, classe 1936, è stata la prima vaccinata over 85 a Bologna. Residente in Bolognina, si è prenotata la notte del 15 febbraio con il suo pc, a poche ore dall'avvio delle vaccinazioni. Si è recata poi il 16 febbraio alla Casa della Salute del Navile per la somministrazione.

Foto: Repubblica Bologna. Giornale chiuso alle 16

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di Matilde Gravili

Fulvio Macciardi, sovrintendente del Teatro Comunale, intervistato da Quindici in remoto. Servizio fotografico: Caravelli

MACCIARDI: «SOGNO UN TEATRO COME QUELLO DELL'ANTICA GRECIA»

V iolinista di nascita, legato a Beethoven e Puccini, Fulvio Macciardi è il numero uno del Teatro di Largo Respighi. Padre di due figli che fanno musica elettronica (la sopporta obtorto collo), dopo i palcoscenici internazionali ha deciso di farsi manager, abbandonando il suo strumento dal 2004. «Se continuassi a suonare, cosa succederebbe? Non volevo rispondere a questa domanda, così ho smesso». Ora sogna un teatro post pandemia: «Una tragedia per noi che siamo il luogo d’aggregazione per eccellenza». Lo sogna sempre aperto, luogo di condivisione, come nell’antica Grecia, per contrastare quel nulla che si presenta davanti: piazza Verdi. «Se si riaprono le scuole lo si può fare anche col teatro».

Così si alza il sipario sul vissuto di Macciardi, dalla passione per la musica fino ai rapporti con Comune, città e la politica del Paese

L'intervista

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Da violinista internazionale a manager e sovrintendente del Teatro Comunale. Questa la vita di Fulvio Macciardi, un uomo, oltre che un personaggio, che è riuscito a reinventare il Comunale in tempo di pandemia e che pensa anche al futuro, immaginando un teatro inclusivo, fatto di socialità, condivisione e rapporti fra il pubblico e con gli artisti stessi. Il suo sogno sarebbe quello di un teatro aperto dodici ore al giorno con eventi, visite, presentazioni, spettacoli e prove aperte a tutti.

Macciardi, da dove nasce la sua passione per la musica?

«Da una passione di famiglia.

I miei genitori erano grandi appassionati ed ebbero l’ottima idea di far studiare musica a tutti i loro figli. Io l’ho studiata non al conservatorio, ma alla Scuola civica di musica di Milano, come seconda attività di studio. Diciamo che ho avuto la fortuna di non nascere in una famiglia di musicisti e quindi di vivere il piacere di fare musica, prima di farla diventare una professione».

Qual è il compositore o l’opera che da giovane lo ha legato a questo mondo?

«Essendo un violinista, sono molto legato a un repertorio sinfonico, poi la vita professionale mi ha portato ad approfondire anche la lirica in maniera più forte e dedicata. Il primo nome che faccio è Beethoven, perché amo tutte le sue opere per violino, soprattutto i quartetti, mentre sul canto resto pucciniano, il più amato in tutto il mondo.

Scrive melodie così empatiche che è impossibile non restarne incantati. Questi due nomi hanno influenzato il me violinista e artista e sicuramente anche le mie scelte come manager e sovrintendente».

Il legame fra musica ed esseri umani può essere paragonato a una relazione: c’è stato un momento, per lei, in cui questo rapporto è andato in crisi?

«È stato un susseguirsi di crisi su crisi.

Difficoltà, dubbi, insoddisfazioni.

Mi ha aiutato molto essere sempre alla ricerca di miglioramento. C’è

stato un percorso molto gratificante, dall’essere un insegnante in conservatorio al musicista attivo per poi passare a ruoli gestionali.

Sono sempre stato alla ricerca del miglioramento, con pochi idilli».

Lei continua a suonare molto, anche se ha un ruolo manageriale?

«Io, purtroppo, sono molto determinato quando prendo una decisione: ho smesso di suonare nel 2004 e non suono più. Molto raramente tiro fuori lo strumento ma inorridisco ad ascoltarmi. Ho un’idea precisa del buon livello ed evito di far brutte figure, anche con me stesso».

Non le manca, quindi, suonare il violino? Non ne sente più la necessità?

«Forse è un mio limite, ma quando faccio una scelta sono drastico. Il lavoro che faccio adesso, specialmente da quando sono a Bologna, occupa nella mia vita 13 ore al giorno tutti i giorni, praticamente impossibile suonare.

Dovrei staccare alle 18 e fare qualcos’altro, ma per me è sempre stato impossibile. Poi, ho sempre avuto il dubbio e non volevo darmi una risposta alla domanda:

“Se avessi continuato a suonare il violino cosa sarebbe successo?”. Ho preso, dunque una decisione più drastica: ho smesso. Per cui, non lo saprò mai».

"Se non suono per un giorno me ne accorgo io, se non suono per due giorni se ne accorgono tutti", diceva Niccolò Paganini. Una frase che rappresenta la costante ricerca della perfezione da parte del violinista, eterno insoddisfatto. Allo stesso modo Macciardi, consapevole di non poter dedicare le ore desiderate al suo strumento, ha deciso di abbandonarlo. Non per mancanza di passione o di amore, ma per profondo rispetto dello strumento e dell’ideale di bravura a cui ogni violinista aspira.

Ascolta musica contemporanea?

Che genere?

«Devo ammettere che non l’ascolto.

Ho due figli di 20 anni, per cui ascolto passivamente ciò che rientra nei loro gusti, tenendomi

«I miei genitori erano appassionati di musica ed ebbero

l'ottima idea di farla studiare a tutti i loro figli»

«Il mio compositore

preferito è Beethoven, mentre per il canto

resto pucciniano»

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mediamente informato. Loro mi ritengono incapace di apprezzare i tempi moderni e io sopporto a malapena la musica elettronica che produce uno dei miei figli (ride, ndr). Se devo dire che la apprezzo direi una bugia, però la musica leggera aiuta ad affrontare alcuni momenti della vita. In ogni caso, mi sono sempre piaciuti i cantautori italiani come Guccini, De Gregori e Dalla e il folk, musica impegnata che mi teneva compagnia negli anni ’70 a Milano, momento di lotta politica: ci si sparava per strada, vorrei ricordarlo».

Ma scusi: i Beatles? I Pink Floyd?

«Ma certamente. Sono pilastri eterni. The Wall mi è rimasto nella testa e nel cuore».

Come si organizza la vita di un teatro e quanto è cambiata ai tempi del Covid?

«Credo che il teatro lirico sia il modello organizzativo più complicato di tutti perché è una sinergia di musica, regia, scenografia e tanto altro. Dalla genesi dello spettacolo alla messa in scena possono passare dai due ai quattro anni. Quindi pensate quanto lavoro, attività, pensieri, fallimenti ci sono dietro a ciascun percorso di qualsiasi tipo. La distanza sociale per noi è una tragedia. Il teatro è un luogo in cui ci si aggrega, ci si sta accanto sul palcoscenico, si canta. I musicisti devono star vicini per essere un gruppo omogeneo.

In più c’è il fattore pubblico, che viene a teatro per stare insieme, per chiacchierare per stare nei foyer negli intervalli; la pandemia è stata veramente un disastro assoluto».

In alcuni paesi, nonostante l'epidemia sia in corso, gli spettacoli teatrali proseguono senza interruzione con pubblico in presenza e mascherina facoltativa.

Lo trova giusto?

«No! Far finta che non sia successo niente è sbagliato. Il settore ha impiegato tempo ed energia per trovare nuovi modelli di accoglienza del pubblico in sicurezza e di controllo e applicazione dei protocolli sanitari.

Arriverà un giorno in cui diranno

basta ai protocolli, ma non siamo noi a deciderlo. Per esempio, noi ci siamo organizzati smontando le poltrone in platea e ricollocandole in maniera tale da mantenere la distanza. In questi giorni abbiamo anche registrato un’opera ai tempi del Covid con la Rai, con cantanti e orchestra distanziati. Insomma, ci siamo attrezzati. Far finta di niente è ingiusto».

Come ha anticipato, la scorsa settimana il Comunale ha ospitato troupe della Rai per le registrazioni di una produzione che andrà in prima visione nelle prossime settimane. Di cosa si tratta?

«A maggio dell'anno scorso avremmo dovuto fare Adriana Lecouvrer di Francesco Cilea:

un’opera molto bella e una delle produzioni di punta della nostra stagione 2020. Ovviamente non è andata in scena e l’abbiamo spostata al 2021 e avevo deciso che sarebbe stata il titolo inaugurale. I teatri, però, sono stati di nuovo chiusi e così abbiamo trovato un accordo interessante con la Rai, che ci ha proposto di girare l’opera come se fosse un film. Lo spettacolo verrà lavorato molto in post produzione e andrà in onda il 10 marzo alle 21.15. Questo è un modello molto interessante per accattivare un pubblico diverso».

E per quanto riguarda il pubblico in presenza, era d’accordo sul fatto che a Sanremo ci fosse oppure no?

«Il tema va affrontato. È sbagliato considerare teatri e cinema come luoghi non gestibili e credo che un pubblico controllato potrebbe essere una soluzione. Quando abbiamo riaperto, abbiamo dimostrato che i teatri possono essere luoghi molto sicuri e il nostro pubblico si sentiva protetto e ci ringraziava. Se si riapre una scuola, si può riaprire anche un teatro: è più semplice gestire un teatro di un’università in cui ci sono molte più interazioni. Con Sanremo credo si sia persa un’occasione per creare un dialogo propositivo sull’argomento».

Come influirà questo periodo nel debutto dei giovani artisti?

«Con Sanremo si è persa un'occasione

di dialogo sul pubblico in presenza»

«La distanza sociale per noi è una tragedia.

Il teatro è il luogo di aggregazione

per eccellenza»

Sfera di cristallo con violino nello studio di Macciardi

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«In maniera molto negativa.

Sono stati loro i primi a subire le limitazioni e saranno gli ultimi a essere ingaggiati per una futura ripartenza in cui molti, pur di far tornare il pubblico, punteranno molto su artisti conclamati.

Molti dovranno rinunciare alla loro carriera e questo sarà uno degli aspetti più drammatici. È necessario che vengano messe in campo risorse per favorire i debutti giovanili».

In questo tempo di pandemia, però, siamo stati portati verso una nuova comunicazione: quella digitale. Può essere una buona strada per lanciare le nuove leve?

«Sicuramente sì, pensare a nuovi format è assolutamente necessario.

Questa pandemia mi ha fatto cambiare prospettive e idee: è impensabile, d’ora in avanti, che qualsiasi nostro spettacolo non venga ripreso e non diventi uno spettacolo di diverso tipo. Non ci sarà più il vecchio modello, ma un prima e un dopo, in cui si deve assolutamente puntare sul dialogo col pubblico. I nostri teatri dovranno lottare per diventare nuovo luogo di incontro e socialità, per ricreare ordinariamente socialità gestita in sicurezza. Sto già pensando a modelli da proporre a breve in visione delle riaperture prossime».

Crede che il reddito di continuità sia stato uno strumento adeguato per gli artisti?

«Assolutamente no. Gli unici che hanno avuto un sostegno concreto sono stati i teatri più grandi con molti dipendenti.

Non sono assolutamente un anti- governista, ma secondo me chi ha deciso si è occupato più di quelli che erano operatori amatoriali: se dai 600 euro a una persona che, come secondo lavoro, fa anche il cantante è un conto, ma se li dai a un professionista che vive di quella attività allora è abbastanza residuo».

L’assessore regionale alla Cultura, Mauro Felicori, ha sempre sottolineato il valore economico della cultura. Cosa pensa di concetti come industria ed

economia della cultura?

«Per noi operatori sono termini e concetti molto acquisiti. Nel mondo esterno fanno ancora fatica a permeare, ma è l’unica maniera per approcciare le nostre aziende, perché il teatro è un’azienda vera e propria: dove ci sono realtà importanti di spettacolo dal vivo, il Pil della città migliora grazie a queste presenze. Si crea un circuito virtuoso molto importante e positivo, in cui c’è il benessere di molti settori. Il problema è superare le visioni piccole. Il modello sta in piedi se ci sono masse importanti che si muovono».

Per qualcuno esterno alle dinamiche di teatro, infatti, può far quasi impressione che l’arte, la musica e il

canto vengano definiti brand e che il teatro venga definito azienda. L’arte, che nasce libera da ogni logica di mercato, sta diventando una merce di scambio, in cui una performance può attirare migliaia di turisti che vengono a visitare una città e che quindi muovono un sistema legato a hotel, ristoranti, negozi, musei. Il teatro, a questo punto, si trasforma in una vera e propria macchina imprenditoriale, che coinvolge quasi tutto il settore terziario.

Secondo lei, il teatro in Italia viene concepito come arte d’élite?

«Per chi non lo frequenta sì. Tutti i teatri hanno fatto percorsi per uscire da questo stereotipo. È vero che il pubblico delle prime appartiene a un certo tipo di modello, però nel nostro teatro, che conta 4.000 abbonati, i turni dove abbiamo i maggiori numeri sono quelli che costano meno. Ormai viviamo di un pubblico normale e di appassionati che condividono le scelte del teatro. Credo che uno dei messaggi importanti sia far percepire l’ordinarietà di frequentazione, in cui il teatro accoglie chiunque voglia venire da noi».

Com’è il rapporto fra Bologna e il suo Comunale?

«Quando sono arrivato a Bologna, sono stato colpito della disattenzione di questa città nei confronti del suo teatro. Mi ha colpito la scarsa frequentazione degli studenti, il legame inesistente con il conservatorio G.B. Martini e la totale lontananza da qualsiasi circuito turistico. In questi anni, ho cercato di fare un percorso con il fine di far riacquistare il valore che deve avere il teatro per la sua città. Da quando sono qui, ho cercato di fare un lavoro importante rimettendo in ordine gli aspetti finanziari ed economici del teatro. In questo il Comune di Bologna ci ha aiutato molto e adesso, a parte la pandemia, avevamo numeri importanti:

enorme crescita del pubblico, importantissimo aumento dei contributi pubblici e privati. Nel 2019 abbiamo ospitato 620 eventi.

Solo così si può arrivare a far avere al teatro un ruolo centrale nella vita della città, ruolo che aveva perso nei

«Il teatro non è più un ambiente elitario.

Accoglie chiunque voglia venire

da noi»

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Come giudica la scelta del neopremier Draghi di confermare Franceschini al ministero della Cultura?

«Rispondo a questa domanda con una battuta: Franceschini mi ha nominato per ben due volte come sovrintendente! Scherzi a parte, la cosa che riconosco è che il Ministero della Cultura, negli scorsi anni, veniva affidato come rimasuglio.

Franceschini, insieme a pochi altri, ha fatto investimenti importanti cercando di mettere al centro delle strategie politiche anche la cultura.

Il percorso fatto è importante. Si vorrebbe sempre qualcosa di più, ma non ci si improvvisa ministri della cultura».

Mettiamo per ipotesi che lei sia quel ministro. Quali azioni intraprenderebbe per riavviare il mondo culturale in questo momento storico?

«Sicuramente un po’ tutto quello che abbiamo detto fino a ora. Ricreare un rapporto fra popolazione e teatri, che non devono più essere percepiti come luoghi d’élite. Ci dovrebbe essere un’apertura fisica delle porte per far entrare la gente a vedere le prove e frequentare gli artisti.

Questo è solo un incipit che farebbe partire una maggiore conoscenza delle nostre dinamiche. I teatri, per me, dovrebbero stare aperti dalle 10 di mattina alle 22, ma questo ha un costo. Però, creare delle modalità affinché questo diventi semplice, comporta uno sviluppo importante.

Tenere un teatro sempre aperto vuol dire evitare che le piazze si riempiano di fannulloni che magari sono lì per un vuoto dato da scarse opportunità. Per esempio Piazza Verdi è occupata dal nulla, mentre di fronte c’è un teatro che cerca di fare tante cose ma con le porte sempre chiuse. Tenerle aperte senza motivo non si può fare, ma creare sempre più interconnessioni tra il fuori e il dentro e pensare che tutto ciò porti a un’elevazione complessiva del livello della società può essere utile. Nella mia visione utopica, visto che non sarò mai ministro, i teatri dovrebbero tornare ad essere luoghi di incontro e condivisione come nell’antica Grecia. Pensarci ogni tanto sarebbe interessante».

primi anni del 2000. Basta distrarsi e perdi appeal».

Come sono i rapporti, visto che in passato sono stato spesso tesi e al centro di proteste, tra i professionisti che lavorano al Comunale e il Comune?

Ora va bene, Comune e Teatro hanno fatto insieme un percorso importantissimo. È stato da poco indetto un bando pubblico per ristrutturare la parte esterna che afferisce sul via del Guasto. Dopo anni, abbiamo smussato con fatica gli angoli più pungenti nel nostro rapporto».

Nel rapporto tra Comunale e il Comune, infatti, non è corso sempre buon sangue: nel 2016, per esempio, c’era stata una forte protesta dei professionisti del Comunale che sono entrati a palazzo d’Accursio per cantare Va pensiero di Giuseppe Verdi contro i trenta esuberi di impiegati e tecnici destinati senza garanzie alla società ministeriale Ales, per ripianare 1,5 dei 2 milioni del disavanzo del Teatro dovuto ai tagli statali al Fondo unico dello spettacolo.

Pensa che gli amministratori locali di questi anni abbiano valorizzato o meno il valore della cultura e del teatro? Cosa chiederebbe agli amministratori che verranno?

«Le politiche culturali degli ultimi dieci anni sono state policentriste e generaliste. Dal momento che il Comunale è un brand internazionale, vorrei che il Comune facesse un ulteriore sforzo per partecipare maggiormente. Ho sempre detto che il Teatro deve diventare la casa della musica di questa città, la quale ha tutte le caratteristiche per essere una delle più importanti d’Italia. Credo che il nostro teatro possa essere valorizzato, sfruttato e utilizzato meglio».

Quali saranno, secondo i suoi auspici, gli effetti del cambiamento di governo sul mondo della cultura e della musica?

«Questa domanda non è facile.

La parola cultura non campeggia quasi mai, né nelle crisi né nei progetti. Dentro la parola cultura ci

sono tanti sottoprodotti di diverso tipo. Un tema su cui insistiamo molto (e passa poco) è il valore della storia, della cultura, delle tradizioni ed eccellenza storica che rappresentiamo nel mondo. Credo che se l’Italia investisse in maniera convinta su questa eccellenza potrebbe avere un ritorno economico e sociale. Quando noi andiamo in tour per il mondo riempiamo i teatri. Tutti coloro che seguono il nostro mondo sanno l’italiano. Se l’italiano esiste a livello internazionale, molto lo deve alla musica, a Puccini e Verdi».

«I teatri

dovrebbero tornare

a essere luoghi

di condivisione

e incontro come

nell'antica Grecia»

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C omplice l’isolamento a casa nei mesi del lockdown e l’utilizzo massiccio della tecnologia, i reati su internet hanno avuto un aumento esponenziale. A confermarlo sono la Polizia postale di Bologna, che parla di un «picco clamoroso», e le statistiche della Procura generale. È il periodo favorevole per gli Arsenio Lupin della rete, che si ingegnano per truffe sempre più elaborate. Questo perché il mezzo, cioè la rete, non è neutro, ma anzi favorisce determinati comportamenti. I motivi sono due: da una parte la facilità con cui sul web si può rimanere anonimi; dall’altra la distanza emotiva tra vittima e hacker accentuata dalla lontananza fisica. E così la prospettiva di un facile guadagno dal proprio divano con piccoli investimenti (come il Forex trading) ha dato vita a vere e proprie mode e a cyber delinquenti sempre più creativi

di Medea Calzana

L'inchiesta

Internet è sempre più spesso una scena del crimine

LA PANDEMIA AIUTA IL CRIMINE ONLINE

CHE PICCO DURANTE L'EMERGENZA

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no in crescita e data la peculiarità dell’ultimo anno giudiziario per l’emergenza pandemica, che ha determinato un uso massivo dei sistemi informatici, questi dati potrebbero già indicare un’ulte- riore crescita nel futuro della cri- minalità informatica di un certo tipo». Come a dire: questo au- mento, tra l’altro già notevole di per sé, è solo l’anticipazione di un trend che ci si aspetta ancora più in salita a conclusione di questo anno giudiziario, nell’estate del 2021. Ma non solo, questi nume- ri devono essere analizzati con attenzione. A ben vedere, infatti, il +19% per iscrizione a noti di reati informatici è solo la punta dell’iceberg: «Nel periodo di pan- demia i dati riguardanti i reati online che hanno una matrice di sopraffazione sulle persone (come per esempio la diffusione di im- magini intime senza consenso o il cyberbullismo) vanno letti con la consapevolezza che i cittadini facevano più fatica a fare denunce formali recandosi nei nostri uffi- ci, a causa delle misure di conte- nimento del virus. Ma sono state molte le segnalazioni informali», precisa il vicequestore aggiunto della Polizia postale. Secondo l’av- vocato Marco Solferini, in qualità di delegato Aduc Bolgona (Asso- ciazione per i diritti degli utenti e consumatori), c’è da considerare anche l’enorme sommerso che ca- ratterizza queste vicende: «Sono molti che decidono di non fare denuncia perché le truffe online sono architettate in modo tale da essere delle trappole». «Sono fatti- specie di illeciti di ultima genera- immagini da nude. Questi sono

solo due casi, entrambi segui- ti dall’avvocato bolognese Ma- ria Grazia Tufariello, che danno, però, il quadro della situazione che ha caratterizzato questi mesi di lockdown in cui «i reati infor- matici hanno avuto un picco cla- moroso rispetto a quelli che sono i reati ordinari e lo dicono anche i dati nazionali», sottolinea Claudia Lofino, vicequestore aggiunto del compartimento di Polizia postale e delle telecomunicazioni dell’E- milia-Romagna. Revenge porn, cyberbullismo, pedopornogra- fia, diffamazione e truffe online:

sono solo alcune declinazioni dei crimini che possono essere com- messi sul web. Anche secondo le statistiche regionali della Procura generale di Bologna, in quest’ulti- mo anno giudiziario i cyber reati sono aumentati del 19%. Compli- ce la pandemia, che ha costretto a rimanere in casa e passare molto più tempo online, sono cresciute

«le denunce a noti per i reati in- formatici (da 373 a 444 iscrizioni complessive e, quindi, +19,03%) e sono aumentate anche le iscrizio- ni a ignoti per accesso abusivo a sistema informatico o telematico (da 870 a 966, quindi +11,03%) – afferma il procuratore generale Ignazio De Francisci – Visto che già l’anno scorso questi reati era- Ricevere una chiamata nel mezzo

del pomeriggio, mentre si sta la- vorando, e vedere la vita cambiare da un giorno all’altro. «Sei tu la donna che si vede in questo video porno?», è quello che si è sentita chiedere una donna bolognese di 63 anni che aveva intrapreso una relazione di qualche mese con un uomo conosciuto online. La sto- ria, poi, era finita senza partico- lari tensioni e rancori. Purtroppo, però, l’ex partner ha diffuso im- magini e video della donna che, se non fosse stata avvisata da un amico, non avrebbe mai scoperto di essere una delle protagoniste delle piattaforme di intratteni- mento per adulti che vanno per la maggiore. Un caso di revenge porn, ma l’etichetta pensata dal legislatore non riesce a cogliere la sfumatura propria del caso, per- ché qui non si tratta di vendetta. E poi, ancora, un altro caso sempre nei mesi della pandemia. Que- sta volta, però, ci spostiamo dal- la diffusione di immagini intime senza consenso ad adescamento di minori online. E tutto tramite un’applicazione diffusissima nel- la nostra quotidianità: Whatsapp.

Un giorno nella chat di due mi- norenni, infatti, sono comparse foto di parti intime di uno scono- sciuto (si chiama dick pic) con la richiesta di avere in cambio loro

Secondo le statistiche regionali della Procura generale di Bologna, in quest'ultimo anno i cyber reati sono aumentati del 19%

Hacker all’opera e coperto dall’anonimato. Foto: Project

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fettuati – racconta Solferini – La piattaforma sembrava molto pro- fessionale e il risparmiatore in poco tempo si è trovato ad avere un ritorno dagli investimenti an- che di dieci volte superiore a quei 400 euro. Talmente buono, in- somma, che un sedicente consu- lente finanziario gli ha proposto di aumentare l'investimento stes- so per partecipare a un ipotetico importante progetto. A quel pun- to l’inganno: le somme che vengo- no richieste sono sempre più alte e possono facilmente arrivare a 10mila, 20mila o persino 100mila euro». E così chi è stato truffato mangia la foglia e chiede i propri soldi indietro, ma gli hacker gli mettono davanti la realtà: noi, di- cono, il nostro lavoro lo sappiamo fare bene, i nostri conti sono in paradisi fiscali e le tue somme or- mai sono sfumate. Il raggirato di solito a questo punto viene messo di fronte a una scelta, offrendogli di diventare parte del sistema: se rivuoi il tuo denaro puoi adesca- re anche tu altri clienti per fare Forex trading e per ogni nuovo cliente che si aggiunge ti diamo una percentuale. Si crea così non solo un meccanismo piramidale, ma anche una vera e propria com- plicità che induce, ancora di più, a non sporgere denuncia. I reati del web si caratterizzano, inoltre, per una tendenza all’emulazione molto forte: sono molti, infat- ti, quelli che vogliono diventare l’Arsenio Lupin di Internet. E ci sono zone di Internet, ovviamente a pagamento, dedicate ad attività zione che sono andate di pari pas-

so con lo sviluppo tecnologico e rispetto a cui il legislatore si è tro- vato in ritardo», spiega invece la penalista Maria Grazia Tufariello.

I reati del web si caratterizzano per essere “creativi”, cioè per esse- re plasmati sul contesto che si sta vivendo, tanto da potere parlare di mode che hanno caratterizzato i primi mesi del lockdown e che poi sono tramontate, lasciando spazio a trovate più recenti.«Per quanto riguarda febbraio e marzo, le truffe di Internet che andavano per la maggiore erano quelle sulle mascherine, che in quel momento erano poco disponibili – raccon- ta Lofino –. Moltissime sono sta- te, inoltre, le segnalazioni di fake news e bufale. Nei mesi di aprile e maggio, quando la situazione si è consolidata, è scoppiato il caso delle piattaforme online, soprat- tutto quelle utilizzate dalle scuole per la didattica a distanza». Mol- ti istituti bolognesi, infatti, sono stati colpiti dal sabotaggio delle lezioni online da parte dei propri

alunni che ne interrompevano il corso con la proiezione di video porno. Lucignoli 2.0, si potrebbe dire. «Se l’ozio è il padre di tutti i vizi – riflette l’avvocato Solferi- ni – e se questo periodo è stato anche caratterizzato da difficol- tà e incertezze economiche, ecco che non deve stupire come noi di Aduc ci siamo occupati di molti casi di Forex trading che si sono rivelati delle truffe e che ora van- no per la maggiore». Ma di cosa si tratta? Di investimenti di denaro – all’inizio piccole somme – con la sicurezza di un guadagno, ma- gari da seduti sul divano. Il Forei- gn exchange market o Forex è un mercato dove vengono effettuate manovre di scambio fra le varie valute che vi sono presenti, è un mercato enorme e con grande li- quidità. Ed è un po’ come giocare in borsa. Spesso, però, si incappa in inganni architettati a tela di ragno in cui più ci si muove per liberarsi e più si rimane impigliati.

Ma per capire meglio in cosa con- siste questa truffa vediamo un caso tipico di cui la sede di Aduc, cioè l’associazione per i diritti de- gli utenti e dei consumatori, si è occupata a Bologna: un rispar- miatore era stato convinto telefo- nicamente a investire una somma relativamente piccola – circa 400 euro – «con versamento tramite carta di credito in un conto cor- rente online creato appositamente per fare trading e dal quale, ac- cedendo tramite una piattaforma sempre online, avrebbe potuto vedere i presunti investimenti ef-

Teschio con codici di programmazione. Foto: CMOtrading

Il Forex è un mercato dove vengono effettuate manovre di scambio tra le varie valute

che vi sono presenti

Il Forex trading è un mercato valutario. Foto: Vitadaimprenditore

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no, realizzato dal Pew Research Center a inizio 2020: il 19% delle donne uscite con un uomo incon- trato online riferisce di avere su- bito abusi fisici dalle persone co- nosciute attraverso questi siti. Ma le percentuali aumentano quando si parla di messaggi espliciti non richiesti. Come, per esempio, foto di parti intime non desiderate.

Una serie di comportamenti vio- lenti che soprattutto le donne e le persone omosessuali subiscono:

«Sei donne su dieci che usano app di appuntamenti, di età compresa tra 18 e 34 anni, hanno continua- to a ricevere messaggi anche dopo aver dichiarato di non essere in- teressate, mentre il 57% riferisce di avere ricevuto un messaggio o un'immagine sessualmente espli- cita non voluti». La ricerca ame- ricana continua così: «La proba- bilità di incappare in questo tipo di comportamenti varia anche in base all'orientamento sessuale.

Circa il 56% degli utenti Lgbt af- ferma di avere ricevuto un mes- saggio o un'immagine sessual- mente espliciti, mentre lo dichiara solo il 32% degli utenti etero. Inol- tre hanno più probabilità di esse- re chiamati con epiteti offensivi o essere fisicamente molestati».

comportamenti: da una parte, infatti, è possibile mantenere l’a- nonimato e quindi rendere più complesse le operazioni di indagi- ne da parte della Polizia postale, dall’altro aumentano la distanza emotiva tra la vittima e l’autore del reato perché il rapporto è ma- scherato. «Agire dietro uno scher- mo dà una sensazione di maggio- re copertura e questa distanza si traduce anche in comportamenti che, magari, dal vivo non avver- rebbero», riflette Lofino della Po- lizia Postale. Una tendenza però che era già in atto da prima, come si evince da uno studio america- di tutoraggio per l’insegnamento

dei trucchi dell’hackering e delle truffe online. Ma anche facendo una semplice ricerca su YouTube si trovano diversi tutorial su come diventare un hacker. Oppure i corsi base per il deep web. Ovvia- mente lo stare a casa in modo for- zato ha favorito questa tendenza.

Le ore spese su Internet dai giova- ni, infatti, sono molte. Anzi, trop- pe: il ministero dell’Istruzione ri- porta che a causa della pandemia un ragazzo su cinque si definisce praticamente sempre connesso, mentre sei su dieci sono online dalle cinque alle dieci ore al gior- no. Numeri raddoppiati rispetto allo scorso anno, complici anche i periodi passati lontano da scuola o da altre attività di socializzazio- ne. Inoltre per il 59% dei ragazzi gli episodi di cyberbullismo sono aumentanti. Come a dire: se la vita si sposta online, anche gli aspetti più torbidi si manifestano in rete e sempre con più prepotenza. Ol- tre a questo, è da considerare an- che un altro aspetto: ovvero che Internet e le piattaforme social o di condivisione di contenuti non sono un mezzo neutro, tutt’altro.

Hanno caratteristiche precise e che favoriscono un certo tipo di

Una nuova figura di reato entrata in vigore nel 2019 con la legge numero 69 del 19 luglio

A causa della pandemia un ragazzo su cinque si

definisce praticamente

sempre connesso

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di Michele Mastandrea

Sanità

Soluzione o nuovo problema?

Potrebbe essere utile per andare al Gran Premio, ma non dovrebbe impedire di andare in vacanza, dice l'assessore al Turismo dell'Emilia-Romagna Andrea Corsini. Anche perché se il vaccino protegge dalla malattia, non è detto che blocchi il contagio, aggiunge il microbiologo Vittorio Sambri. E poi, sarebbe legale negare ai minori di entrare in un locale poiché non ancora immunizzati, si chiede il costituzionalista Andrea Morrone? L'idea di una sorta di “patente di immunità” è sempre più discussa, ma rischia di distogliere dal vero obiettivo: vaccinare tutti prima possibile

Partiamo da un paradosso. Im- maginate una famiglia, la pros- sima estate. Mamma, papà e due figli adolescenti vogliono godersi una vacanza al mare.

L'idea è di raggiungere un'isola greca. Poi tutto si blocca. I figli della coppia non immunizzati a causa del ritardo nella cam- pagna vaccinale, non possono partire con i propri genitori, che hanno già ricevuto la loro dose. Del resto, le regole per la ripartenza del turismo permet- tono di salire sugli aerei solo a chi è vaccinato. Scatta il piano

B, andare in treno al mare in Puglia. Ma purtroppo, nei prin- cipali luoghi turistici ci sono limitazioni simili a quelle per i viaggi aerei. Solo chi è immune può accedere a campeggi e ho- tel in riva al mare. Anche per- ché se i figli potessero entrarvi, sarebbero a rischio contagio.

Non esiste infatti la sicurezza che il vaccino impedisca la tra- smissione del virus da parte dei villeggianti. E comunque, anche i locali e le discoteche pugliesi, finalmente riaperti, sono ac- cessibili solo ai già vaccinati. I

giovani rinunciano di fatto alle vacanze, a causa di una situa- zione che non dipende da loro.

Questa ipotesi fantasiosa po- trebbe rimanere tale, di fronte a una decisa progressione della campagna vaccinale nei pros- simi mesi. Per l'Emilia-Roma- gna marzo potrebbe significare il mese della svolta, essendo in arrivo oltre 470mila nuove dosi di vaccino. In caso contrario, il nostro esempio potrebbe de- scrivere le conseguenze sociali dell'adozione generalizzata del cosiddetto “passaporto sani-

Passaporto sanitario, un'idea che divide

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tario”, un certificato di immu- nizzazione che permetta a chi è protetto dal Covid-19 di poter tornare a muoversi liberamen- te, permettendo di accedere a teatri, cinema e ristoranti. Il di- battito sul tema è divisivo. Da un lato è un'ipotesi ben vista da chi vuole tornare prima possi- bile a una vita piena o riavviare le proprie attività economiche, come i ristoratori. Ma un tale strumento sembra avere diffi- coltà di applicazione da parte degli stessi esercenti, mentre i medici ne lamentano la scarsa efficacia dal punto di vista del controllo dell'epidemia. Esiste poi il rischio di creare nuove di- scriminazioni, come argomen- tano politici e costituzionalisti.

«È logico che a breve si inizierà, da parte di chi è vaccinato, a chiedere di tornare a una vita normale». Massimo Zucchini, titolare del pub Celtic Druid di Bologna e presidente di Confe- sercenti sotto le Due Torri, in- troduce un tema che rischia di essere ricorrente nei prossimi tempi. Incoraggiato dalla bella stagione e reso sicuro dalla vac- cinazione, chi ha completato il ciclo di immunizzazione dal Covid-19 pretenderà un rapido ritorno alla vita pre-pandemica.

Un interesse comune a chi ha visto con l'emergenza sanitaria sgretolarsi le sue fonti di reddi- to, gestendo un'attività nel set-

tore della ristorazione, dell'o- spitalità, in ambito sportivo o culturale. E in vista dell'aumen- to della popolazione vaccinata, l'ipotesi di introdurre il “pas- saporto sanitario” attira sem- pre più. «Sono assolutamente favorevole alla proposta, chi è vaccinato deve poter viaggiare, continuando a proteggere gli al- tri usando la mascherina», spie- ga Celso De Scrilli, presidente di Federalberghi Bologna, che sottolinea due principali aspet- ti. «Dovrebbe essere una misu- ra almeno europea, da accom- pagnare con un'accelerazione delle procedure di vaccinazio- ne». Il primo tema «eviterebbe la nascita di una competizione

tra paesi nell'attirare i flussi tu- ristici», come spiega l'ammini- stratore delegato dell'Aeroporto Marconi di Bologna, Nazareno Ventola, per cui «il coordina- mento internazionale è necessa- rio per non rendere qualunque misura inefficace». Il rischio è che «alcuni paesi facciano delle fughe in avanti, che potrebbe- ro creare dei problemi». Il se- condo aspetto sarebbe invece cruciale nell'ottica di rilanciare le attività di tutti quei settori economici che fanno parte del- la filiera del turismo. «Si può pensare una misura del gene- re per le compagnie aeree, che possa permettere di riattivare le linee», spiega Andrea Corsini, assessore al Turismo della Re- gione Emilia-Romagna, «ma ci vorrà molto tempo prima che i numeri dei vaccinati siano così alti da rendere di nuovo soste- nibile il business». Insomma, o si accelera con la vaccinazione,

«anche imponendo alle case farmaceutiche di sospendere i brevetti sui vaccini», aggiun- ge DeScrilli, o si rischia di di- scutere del nulla. Per Corsini, il passaporto sanitario sarebbe invece interessante per permet- tere la riapertura al pubblico degli eventi finora tenuti a por- te chiuse. «Potrebbe essere uti- le per accedere al Gran Premio di Imola, o ad uno spettacolo teatrale, non come discrimine invece per andare in vacanza», spiega l'assessore, per il quale quest'ultimo divieto «sarebbe una misura troppo penalizzan-

La patente di immunità potrebbe aiutare con il tracciamento

«Chi è vaccinato deve poter viaggiare,

continuando ovviamente a proteggere gli altri

con la mascherina»

Controlli anti Covid-19 all'aeroporto di Bologna

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l'infezione», ma gli unici lavori scientifici pubblicati in materia

«sono quelli israeliani, la na- zione che ha vaccinato di più al mondo». Sambri si riferisce a quanto esposto su 'MedXriv' da Ella Petter e altre studiose del paese mediorientale, per cui sulla base dei dati raccolti nella prima fase della campagna vac- cinale si stima che (nelle per- sone anche solo parzialmente vaccinate e infettate dal virus) la carica virale sia fino a venti vol- te inferiore rispetto ai non vac- cinati. Motivo per cui sarebbe altamente probabile che meno carica si traduca in meno tra- smissibilità. Per Sambri però si tratta di «studi molto blandi», e servirà ancora tempo, «almeno te». In particolare, potrebbero

essere discriminate quelle ca- tegorie sociali che rischiano di non poter accedere alla vac- cinazione, come i giovani del nostro esempio. Per Corsini diventa invece prioritario, par- lando di rilancio del turismo,

«vaccinare gli operatori turi- stici, chi lavora nei campeggi, negli stabilimenti balneari, ne- gli alberghi, rassicurando così la clientela». Condivide questa ultima considerazione di Cor- sini anche Fulvio Macciardi, so- vrintendente del Teatro Comu-

nale di Bologna. Per Macciardi, usare il passaporto sanitario

«per selezionare il pubblico da ammettere agli eventi è com- plicato. Sarebbe invece utile per proteggere chi va sul palco, tec- nici, cantanti, ospti, sarte e così via». Si potrebbe così riaprire in sicurezza gli spettacoli, dato che i lavoratori del settore «potran- no riguadagnare una sorta di normalità solo quando saran- no tutti vaccinati». Macciardi è però scettico sulla fattibilità di una simile patente di immunità, anche perché resta l'incognita di «capire cosa succede in ter- mini di trasmissione della ma- lattia dopo il contagio, anche se si è vaccinati». È la doman- da chiave, che giustifica molti dei dubbi intorno all'efficacia di un simile provvedimento. Tra gli scettici c'è Vittorio Sambri, medico infettivologo a capo dell’Unità di Microbiologia del Centro Servizi Ausl Romagna di Pievesestina, provincia di Forlì-Cesena. Per Sambri, stan- do agli studi disponibili a oggi,

«la vaccinazione è in grado di impedire lo sviluppo della ma- lattia nel soggetto vaccinato, ma non dell'infezione». Ne conse- gue, suggerisce Sambri, che «è probabile che vaccinare influirà sulla riduzione della circolazio- ne virale, perché ridurrà anche

«L'idea del

passaporto sanitario è stata bocciata anche dall'Oms, il numero delle persone vaccinate è troppo esiguo»

Un operatore sanitario mostra il passaporto vaccinale

Uno scorcio della riviera romagnola. Foto: Pinterest

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cinazione contro il Covid-19 non è obbligatoria, dal punto di vista medico e giurispruden- ziale l'esigenza di proteggere la salute collettiva rende legittimo limitare alcune libertà di fronte a una ragione superiore». Solo in questo senso un passaporto sanitario che assicuri privilegi e limitazioni rispetto all'acces- so alla sfera pubblica potrebbe avere basi legali. Tornando sulla legittimità di un provvedimento come la patente vaccinale, non tutti gli esercenti sono alline- ati sulla necessità di un simile provvedimento. Per Zucchini di Confesercenti, sarebbe piut- tosto utile ora «non buttare via il protocollo adottato finora dai gestori, controllando che uno abbia la mascherina, che si sa- nifichi le mani, che stia a di- stanza e così via», ma anzi an- drebbe esteso ad altri titolari,

«come per esempio quelli dei cinema». Il rischio per Zucchi- ni di fronte all'accoglienza di persone dotate di passaporti sanitari è di «rendere difficile la gestione tecnica». Ad esempio,

«come facciamo a controllare se chi viene a un ristorante è con- giunto di un vaccinato o meno?

Escludiamo chi non è vaccinato e che magari abita insieme a una persona che lo è?». Insomma, un conto è tracciare gli immuni, un altro è costruire un'organiz- zazione della società sulla base di cosa è concesso fare a una ca- tegoria di persone piuttosto che a un'altra. La proposta del pas- saporto sanitario, a oggi, sem- bra sollevare più dubbi che con- sentire effettive opportunità.

pubblici poiché privi di vac- cinazione». Il rischio sarebbe quello di una discriminazione basata sulle conseguenze di un comportamento involontario.

Discorso diverso per il docen- te è da fare però per chi sceglie di non vaccinarsi. Nonostante non sia stato sancito un obbligo vaccinale, per queste persone, secondo Morrone, «potrebbero essere legittime conseguenze negative in termini di accesso a luoghi pubblici». Del resto, la Costituzione detta all'art.32 la disciplina per affrontare questo nodo, occupandosi di «tutte le situazioni rilevanti di fronte al valore della salute, intesa come diritto soggettivo di libertà (di curarsi o no), diritto di presta- zione sociale (a tutti è garantito l'accesso alle cure), ma anche come interesse della collettivi- tà». La salute, sottolinea Morro- ne «è un bene pubblico, un bene comune che può giustificare li- miti alla libertà individuale». È sul bilanciamento di queste tre prospettive che bisogna ragio- nare, prosegue il costituziona- lista, per cui «anche se la vac- alcuni mesi», per avere a dispo-

sizione studi clinici costruiti in maniera rigorosa, in cui si con- frontino «i dati su campioni di popolazione vaccinata e no, per capire se questa diminuzione della trasmissione si verifichi effettivamente». Proprio per questo motivo recentemente l'Organizzazione Mondiale del- la Sanità ha sconsigliato l'ado- zione del passaporto sanitario, spiega l'ad del Marconi Ventola:

«L'Oms non ha ritenuta oppor- tuna l'idea, perché il numero delle persone vaccinate è troppo esiguo». Probabilmente, con- tinua, «sarà possibile pensarci più avanti, quando il progresso della vaccinazione sarà maggio- re». Il passaporto sanitario per Ventola diventa di fatto inutile in mancanza di un aumento so- stanziale della popolazione vac- cinata, «il vero obiettivo da rag- giungere prima possibile, anche decentralizzando la produzione dei vaccini». Ma ci sono anche altri problemi aperti. Ad esem- pio, l'insorgere di possibili di- scriminazioni nei confronti di chi non potrà accedere in tempi brevi al siero, in quanto sogget- to non a rischio. Magari a causa di ritardi nelle campagne vacci- nali. «La situazione è del tutto nuova», spiega Andrea Morro- ne, docente di diritto costituzio- nale all'Università di Bologna.

«Potrà creare discriminazioni, ma servirà analizzare caso per caso». Nei confronti di cate- gorie come i minori, «sarebbe irragionevole prescrivere una tessera vaccinale per l'accesso a teatri, cinema e altri luoghi

«Nonostante il vaccino non sia obbligatorio, l'esigenza di proteggere la salute collettiva rende

legittimo limitare alcune libertà»

Il passaporto sanitario può aiutare a riaprire i ristoranti in sicurezza

«L'accoglienza di persone dotate

di passaporto sanitario

renderebbe difficile

la gestione tecnica

dei locali»

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di Marco Santangelo

alcol, cannabis, cocaina e mdma, come chetamina e speed, tra i consumatori “socialmente integrati”. I risultati dell’analisi, infatti, non coincidono con gli studi eseguiti sul tema a livello nazionale, europeo e mondiale, nei quali si evidenzia, invece, un potenziale maggiore utilizzo di sostanze psicoattive e il pericolo che le misure di contenimento per affrontare il Covid-19 potrebbero aver aggravato i fattori di rischio per l’avvio, il mantenimento, il peggioramento e la ricaduta nell’uso di droghe e di disturbi connessi alla dipendenza. E, infatti, mentre Pavarin parla di

«dimezzamento degli episodi di ubriachezza», dalla rivista scientifica inglese “The Lancet” suggeriscono che il periodo di isolamento potrebbe portare a un

«Bisogna analizzare la realtà per poterla descrivere, perché la letteratura scientifica sull’utilizzo di sostanze stupefacenti di cui si è fatto uso durante il lockdown si concentra su utenti che hanno già una dipendenza». A parlare è Raimondo Maria Pavarin, il responsabile dell'Osservatorio epidemiologico sulle dipendenze, dipartimento di salute mentale e abuso di sostanze dell’Ausl di Bologna. Lo scorso giugno, per il blog accademico “ParliamoneOra”, ha realizzato e pubblicato uno studio con l’obiettivo di individuare eventuali cambiamenti nell’uso di sostanze illegali e abuso di alcol, nell’area metropolitana di Bologna, nel periodo marzo/aprile 2020. Dall’indagine emergono dei dati inaspettati: calo nell’abuso di

Droghe sintetiche. Foto: Sanità Informazione

Cronaca

Droghe e alcol durante il lockdown lockdown

C'è un calo tra i consumatori occasionali

Un’indagine del professor Pavarin (Ausl) evidenzia una diminuzione nell’uso di sostanze nell’area metropolitana di Bologna tra i cosiddetti socialmente integrati. In flessione anche gli accessi ai centri di recupero e in pronto soccorso. Mentre altri studi, condotti a livello nazionale ed europeo, paventano il rischio di nuove dipendenze.

Gli esperti sono preoccupati dallo spettro delle Nps, le nuove sostanze psicoattive

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Elia Del Borrello. Foto: Marco Santangelo

significa che calano gli accessi collegati a un consumo di droghe contestuale - ragiona Pavarin - e associato a momenti di socialità e divertimento, e aumentano, invece, sia gli accessi di persone che non si vogliono rivolgere ai servizi, che quelli di utenti o ex utenti Serd». Per quanto riguarda i nuovi accessi ai servizi, gli utenti hanno fatto maggiore riferimento a quelli territoriali di riduzione del danno (unità mobile metadone e unità di strada) rispetto ai Serd e si tratta, soprattutto, di persone che consumano eroina.

Questo significa che una particolare categoria di consumatori di stupefacenti, caratterizzata da disagio sociale e abitativo, si è ritrovata in maggiori difficoltà durante il lockdown. Una parte di questi ha deciso, infatti, di rivolgersi ai servizi, molto probabilmente anche a causa delle complicazioni nel procurarsi le sostanze. A confermarlo è anche Claudio Comaschi, dirigente medico di Farmacologia e Tossicologia clinica dell’Ausl e Responsabile dei Serd di Bologna: «L’unico reale incremento registrato presso le strutture territoriali riguarda persone con dipendenza d’eroina che vivono in contesti marginali, spesso senza fissa dimora. Persone che generalmente non si rivolgono mai ai nostri centri ma che durante la pandemia, a causa dell’irreperibilità delle sostanze, hanno capito che l’unica strada per combattere l’astinenza era proprio quella di chiedere aiuto a noi. Si tratta di un incremento tra il 5 e il 10%».

Attenzione, però, ai dati forniti sull’uso di alcol, perché sia Comaschi che Pavarin tendono a precisare un’importante peculiarità: e cioè che il calo di utilizzo di alcol è diminuito, ma questo vale per il consumo occasionale, mentre «quello cronico - spiega Comaschi - è rimasto invariato, forse leggermente aumentato». In sintesi calano l’uso di sostanze e l’abuso di alcolici. In particolare, diminuisce l’utilizzo contestuale collegato al divertimento (probabilmente anche a causa della chiusura dei locali), ma aumenta quello solitario, motivato soprattutto, da noia e abitudine. E Pavarin ci tiene a mostrare il traguardo della sua indagine: «Esclusi particolari target di aumento degli episodi di abuso di alcol e di ricadute nel

bere problematico. «Va fatta la giusta interpretazione dei dati raccolti da me e da quelli raccolti da altri studi. Non è un discorso di tesi e antitesi ma di due facce della stessa medaglia - chiarisce il professore - Le ricerche condotte a livello nazionale, europeo e mondiale si concentrano sugli utenti dei servizi di cura per le dipendenze. Nessuno studio - sottolinea - ha invece indagato i possibili cambiamenti nell’uso di sostanze o nel consumo di alcol per i consumatori non problematici da un periodo normale senza restrizioni rispetto a un periodo di blocco». Lo studio condotto da Pavarin, unico in Italia, non si è concentrato su un campione di utenti con un serio problema di dipendenza, ma su un bacino di 183 persone che ha fatto uso di sostanze illegali, ma che non si è mai rivolto a servizi come il Serd (Servizi per tossicodipendenze e dipendenze patologiche).

I soggetti in questione, poi, hanno tutti un’elevata scolarità, un’abitazione regolare, sono lavoratori o studenti e non hanno mai fatto uso di eroina.

Sono questi i consumatori “socialmente integrati”.

Occasionali, insomma. Quelli che, generalmente durante il weekend e in ambienti ricreativi, alzavano un po’ troppo il gomito, fumavano qualche spinello, sniffavano cocaina o buttavano giù qualche acido per poi rinvigorire la domenica e ritornare a scuola, in università o al lavoro il lunedì conducendo una vita regolare durante la settimana, anche senza l’utilizzo di queste sostanze. «Molti consumatori durante la quarantena - spiega Pavarin - hanno modificato le proprie abitudini, ma attenzione a non attribuire i comportamenti di una minoranza alla maggioranza delle persone che consumano sostanze».

E, chiarita questa distinzione, ecco che a Bologna l’accesso di nuovi utenti ai Serd cala rispetto ai mesi precedenti e allo stesso periodo del 2019. Riguardo gli accessi ai reparti di pronto soccorso per consumo problematico di sostanze illegali, il tasso di visite su mille accessi è sempre più elevato nel 2020 rispetto all’anno precedente. In particolare, nei mesi di marzo/aprile 2020 sono calati gli accessi di notte e nel fine settimana ed è diminuito il numero di accessi di persone con meno di 30 anni. Mentre rimane stabile il numero di accessi di 40enni e aumenta il numero di quelli con età superiore o uguale a 50 anni.

Un lieve aumento è stato registrato, invece, sulle visite collegate a sindrome di astinenza (undici nel 2020, otto nel 2019) durante il lockdown. «Questo

L’accesso di nuovi utenti ai Serd è calato rispetto ai mesi precedenti e allo stesso periodo del 2019

Un esempio di abuso d’alcol. Foto: Medical News

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del laboratorio di tossicologia forense dell’Università di Bologna, conferma che il lockdown ha causato una maggiore richiesta di Nps: «Queste sostanze vengono sintetizzate continuamente e puntano a dare lo stesso effetto della sostanza vera. Ed ecco che chi non ha trovato cocaina o eroina, perché lo spaccio da strada era quasi scomparso, ha dovuto trovare dei sostitutivi». Lo spettro delle Nps, probabilmente cresciuto durante il lockdown, ora spaventa gli esperti.

Da un’analisi condotta da Snap (Sistema nazionale allerta veloce) è emerso, infatti, che durante la quarantena sono aumentate le intossicazioni da Nps. Il centro antiveleni della fondazione Salvatore Maugeri di Pavia ha evidenziato come da marzo a ottobre 2020 siano stati registrati sedici casi d’intossicazione, rispetto ai quattro del 2019. Nello stesso periodo sono state individuate trentatré nuove sostanze Nps e 137 sono state le segnalazioni di sequestri nel periodo post-lockdown, dato triplicato rispetto allo stesso periodo del 2019. E le complicazioni causate dalle Nps sono diverse. Innanzitutto la pericolosità, perché «essendo nuove sostanze - ribadisce Del Borrello - non se ne conoscono gli effetti ed è questo il vero dramma. Si vedono gli effetti immediati ma non quelli a lungo termine». Un altro rischio è quello delle poli-dipendenze: chi utilizza Nps per sostituire una classica droga potrebbe ritrovarsi a essere dipendenti da entrambe. Infine resta il problema della tassonomia del fenomeno. Dall’Iss la dottoressa Pichini spiega: «Abbiamo numeri sui sequestri ma non sugli utilizzatori, perché vengono rivendute attraverso il dark web e riuscire a tracciare piste, contatti, utenti e indirizzi è un lavoro arduo».

E ora un altro quesito al quale gli esperti cercano risposta è se in questo periodo di reclusione domestica gli utenti abbiano sviluppato o consolidato un’abitudine, o in alcuni casi una dipendenza, da Nps, soprattutto grazie alla loro facile reperibilità e disponibilità. Prova a risponde la dottoressa Del Borrello: «Ci sono due tipi di consumatori. Il consumatore standardizzato, 40/45 anni, che si è sempre fatto di eroina, non si accontenta di Nps e ha dei canali già consolidati per evitare di rimanere a secco. Le nuove generazioni, invece, sono più curiose e hanno minori esigenze rispetto a chi ha acquisito abitudini da abuso di sostanze. Chi è abituato a bucarsi o a sniffare non sostituirà queste abitudini con le Nps».

consumatori problematici, l’uso di droghe e alcol non è stato ritenuto necessario dalla maggior parte dei giovani, che considerano invece tali sostanze come strettamente associate a particolari contesti e situazioni». Tradotto: i consumatori socialmente integrati sono in grado di gestire il proprio consumo di sostanze o, addirittura, di farne a meno.

Eppure dall’Unità operativa farmacotossicologia analitica dell’Istituto superiore di sanità spunta l’altra faccia dell’indagine sull’utilizzo di sostanze stupefacenti durante il lockdown a livello nazionale ed europeo. «C’è stata una variazione nel mercato - è la prima cosa che segnala la direttrice dell’Unità Operativa, Simona Pichini - gli acquisti si sono spostati, principalmente, verso le Nps, nonostante queste rappresentino non più del 5% delle sostanze d’abuso commercializzate. Ma è un fenomeno che sta assumendo rilevanza di sanità pubblica - aggiunge - affiancandosi e spesso sovrapponendosi alle droghe tradizionali adulterandole». L’acronimo a cui fa riferimento Pichini sta per Nuove sostanze psicoattive, le nuove sostanze chimiche che, al momento dell’uscita, non sono inserite nelle tabelle delle convenzioni internazionali e in quelle delle leggi nazionali. Appartengono a particolari gruppi strutturali: cannabinoidi e cationi sintetici, oppioidi, triptamine, piperazine, aricicloesilammine e soprattutto fenetilammine. E sono, quindi, in grado di replicare, con risultati variabili, gli effetti di quasi tutte le droghe “da strada” tradizionali. È proprio come nel film “Smetto quando voglio”, di Sydney Sibilia, dove il protagonista sintetizza, con l'aiuto di un suo amico chimico, una nuova sostanza stupefacente tra quelle non ancora messe al bando dal ministero. La cosa in sé è legale, lo spaccio e il lucro che ne derivano no. E dal film alla realtà il passo è breve. Anche la dottoressa Elia Del Borrello, per anni responsabile

Gli esperti sono preoccupati

dalla crescita del

fenomeno delle Nps, le nuove sostanze

psicoattive

Elia Del Borrello. Foto: Marco Santangelo

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razioni di intenti: per tutti la questione ambientale sarà la priorità, ma con sfumature diverse. Sulla scia del nuovo Ministero della transizione ecologica, i protagonisti della scena politica bolognese hanno le idee chiare per fronteggiare l’emergenza climatica.

Coalizione Civica punta al trasporto pubblico gratu- ito ed è favorevole al progetto del tram, così come il Movimento 5 stelle. Secondo i pentastellati le tre priorità sono il settore edilizio, la mobilità sostenibi- le e la rigenerazione della natura, mentre per Forza Italia è fondamentale l’efficientamento energetico e la I Prati di Caprara, il Passante di mezzo, il tram. Le

piste ciclabili, la forestazione urbana, il servizio fer- roviario metropolitano, l’inquinamento dovuto alle polveri sottili e allo smog. La lista potrebbe conti- nuare. Sono solo alcuni dei temi green che Bologna – e quindi il successore di Virginio Merola – dovrà affrontare nei prossimi cinque anni. Mancano pochi mesi alle elezioni amministrative che decreteranno chi sarà il nuovo inquilino di Palazzo d’Accursio e, nonostante la poca chiarezza sui possibili candida- ti, una cosa appare certa, quantomeno nelle dichia-

Politica

L’ambiente nella corsa alle Comunali I tanti colori delle politiche verdi

di Chiara Marchetti

Autobus in transito nella T. Foto: Marchetti

A pochi mesi dalle elezioni amministrative che stabiliranno chi governerà la città di

Bologna, si comincia a parlare di programmi elettorali. La nascita del Ministero della

transizione ecologica nel nuovo governo Draghi fissa ulteriormente l’attenzione

sul tema ambiente, ora più che mai una questione della massima urgenza e non più

rimandabile. Tra vecchi e nuovi problemi del territorio, i candidati, i partiti politici e le

coalizioni fanno il punto sulle loro priorità. L’obiettivo di tutti è il medesimo: rendere

Bologna sempre più ecologica e sostenibile. I modi per raggiungerlo sono diversi

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dei risultati ottenuti durante il suo mandato. «Come giunta – dichiara – abbiamo lavorato bene e se mi guardo indietro sono contenta, sebbene ci sia ancora tanto lavoro da fare». Secondo Orioli, una delle sfide vinte è quella legata alla qualità delle acque, al centro di lavori significativi come quelli lungo l’asse del ca- nale Navile. «Quando si aprono i cantieri gli obiettivi sono chiari, ma queste trasformazioni vanno per- seguite. Serve molta tenacia». La piantumazione di alberi con la forestazione delle aree adiacenti all’ae- roporto Marconi e al Passante di mezzo, la “bicipoli- tana”, la decarbonizzazione edilizia, il tram. L’agenda della vicesindaca è ancora piena di idee e proposte da attuare. Ma cosa lascerà in eredità alla prossima amministrazione? «Bologna si è sempre confermata attenta ai temi ambientali – riepiloga – e sono orgo- gliosa di questo. Stiamo lavorando per consegnare a chi verrà dopo di noi la possibilità di organizzare as- semblee cittadine sui temi della transizione ecologica e dell’emergenza climatica. Serve la partecipazione di tutti per vincere questa guerra». «Sono d’accordo che il problema a Bologna non sia la coscienza dei cittadini, che giudico presente e molto positiva, ben- sì il poco coraggio delle persone ai vertici – provoca Emily Marion Clancy di Coalizione Civica – Siamo ancora abbastanza indietro e i passi in avanti sono partiti grazie a movimenti come Extinction Rebellion, Fridays for Future, Aria Pesa e il comitato No Passan- te di Mezzo». Per Coalizione Civica, alcune priorità green non più rimandabili sono il completamento del servizio ferroviario metropolitano, l’efficientamento energetico degli edifici pubblici e privati e un piano di forestazione a partire da tutte le ex caserme mi- litari. In cima alla loro lista c’è il trasporto pubblico gratuito. «Non stiamo dicendo che da domani deve essere gratis per tutti – argomenta Clancy – ma bi- sogna cominciare a parlarne seriamente». Un altro spunto del loro programma, ripreso anche dall’asses- sore alla Cultura Matteo Lepore, è l’idea di candidare Bologna tra le cento città europee che hanno l’am- bizione di diventare carbon neutral. «Si tratta di un ristrutturazione senza vincoli. I Verdi, l’ultima novi-

tà scesa in campo, ritengono imprescindibile il ser- vizio ferroviario metropolitano e bocciano progetti come il Passante di mezzo. «L’ambiente è un tema cruciale per ciascuno di noi, ma non voglio cadere in banalità alle quali non faranno seguito politiche concrete», dice Fabio Battistini, al momento unico candidato ufficiale in corsa per le Comunali con un movimento civico. «Ritengo che l’amministrazione uscente – continua l’imprenditore – abbia avuto un approccio un po’ bucolico: due alberi in più o due alberi in meno, il punto non è mettere toppe ai buchi, ma studiare un piano più ampio per rendere la città sostenibile». Nel suo programma elettorale sono pre- senti temi quali la mobilità elettrica, gli investimenti nella geotermica e la cogenerazione per ridurre gli impianti di riscaldamento a combustione fossile.

«Credo in un’economia circolare e, più degli obblighi e dei divieti, dobbiamo lavorare per fornire altre op- zioni ai cittadini: è inutile vietare le auto inquinanti, se non ci sono per loro alternative valide. Non tut- ti possono comprarsi un veicolo ibrido o elettrico».

Anche secondo Valentina Castaldini, coordinatrice di Forza Italia per Bologna e unica consigliera eletta in Regione, è evidente che «la strada verso la tran- sizione elettrica sia irreversibile, come dimostrano i dati Unrae di gennaio, dove l’immatricolazione di auto ibride è cresciuta del 127%, rispetto allo scorso anno». Tuttavia, la consigliera denuncia una carenza di infrastrutture di ricarica delle automobili elettriche e propone di «incentivare anche veicoli euro 6 di ul- timissima generazione, universalmente riconosciuti come poco inquinanti». Ma la questione automobi- listica non sembra essere la sola causa legata al fe- nomeno delle polveri sottili. Come dimostrano i dati raccolti durante il lockdown di marzo 2020, periodo in cui circolavano pochissime macchine a causa delle restrizioni, i livelli di Pm10 nell’aria bolognese sono calati, ma non in maniera significativa e soprattutto non come ci si aspettava. «Sappiamo che l’inquina- mento – prosegue Castaldini – è in gran parte legato agli immobili. Dobbiamo immaginare un piano per l’efficientamento energetico e la ristrutturazione sen- za vincoli, eliminando le misure obsolete messe in campo dall’attuale amministrazione».

Le critiche più o meno velate provenienti dalle op- posizioni non sono certo una novità e fanno parte del gioco politico. Negli ultimi cinque anni, la dele- ga all’ambiente nella giunta di centrosinistra è stata responsabilità della vicesindaca Valentina Orioli, che si dice positiva ma non pienamente soddisfatta

Segnaletica stradale contro l'inquinamento

«I cittadini sono

molto consapevoli,

manca il coraggio

di chi si trova

ai vertici»

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